Autismo: più informazione per una maggiore

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Autismo: più informazione per una maggiore
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Autismo: più informazione
per una maggiore qualità di vita
di Paola Cavallero
re a contratto nel corso di Logopedia della
II Università di Roma “Tor Vergata”. Dal
1998, docente al corso di laurea in Psicologia della Libera Università Maria Santissima Assunta, Roma. Per diversi anni è stato ospite di prestigiosi centri di ricerca all’esterto, tra cui Center for research in Language of the University of California, San Diego, ed Institute for Basic Research in Developmental Disabilities di New York. Inoltre, ha coordinato numerosi studi, in qualità di responsabile di Unità Operativa si è occupato del progetto finalizzato del Ministero della Sanità: “Diagnosi neuropsicologica
e trattamento di bambini con Sindrome di
Down e di Williams”. È autore di pubblicazioni scientifiche di rilievo internazionale.
Il professore Stefano Vicari, neurologo, è responsabile del Servizio di Neurologia e Riabilitazione I.R.C.C.S. Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù, Santa Marinella, Roma, e docente di Psicobiologia e Psicologia Fisiologica L.U.M.S.A., Roma. Si è sempre interessato delle patologie croniche più complesse, con componenti genetiche, a carico del sistema nervoso. Nel corso degli anni degli studi di medicina, e poi nella tesi di
specializzazione, il suo interesse era rivolto
all’Alzheimer e Sindrome di Down. Entrato
giovanissimo al Servizio di Neurologia e Riabilitazione dell’IRCCS Ospedale Pediatrico
Bambino Gesù di Roma, ha percorso tutto
il cursus, da assistente al ruolo di responsabile. Nel frattempo, è diventato professo-
Stefano Vicari
Secondo le Linee guida dell’Istituto Superiore della Sanità,
un documento “che deriva da un’analisi rigorosa di studi
scientifici” - come l’incipit precisa - consultabile sul sito in
una versione più divulgativa per il pubblico ed in quella specifica per gli operatori, nello “spettro autistico” rientrano forme tipiche ed atipiche di autismo e la Sindrome di Asperger. “In tutti i casi si tratta di un disordine organico, dello
sviluppo”, che coinvolge “l’interazione sociale e le capacità di comunicazione, le modalità di comportamento, ed il
tipo di interesse ed attività”. Colpiti più spesso i maschi, “34 volte di più rispetto alle femmine”.
Professore Stefano Vicari, nell’età infantile le capacità di apprendimento sono senza alcun dubbio superiori. Quanto è importante una corretta diagnosi precoce per aiutare i bambini
autistici?
“È fondamentale, una diagnosi precoce consente di correggere disturbi e comportamenti correlati allo spettro autistico allo stesso modo in cui, comunemente, si raccomanda attenzione a che il bambino impari a camminare bene, poiché risulterà in seguito più difficile modificare l’abitudine ad un comportamento ‘viziato’.”
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Si sente sempre più spesso parlare di autismo e con dati che
fanno pensare ad un’epidemia silenziosa di casi. L’eziologia non
è ancora chiara. Secondo le attuali conoscenze scientifiche,
quali sono i casi ricorrenti di comparsa della malattia?
“I fratelli di bambini autistici hanno probabilità del 10% di esser a propria volta autistici, perciò vengono definiti ‘soggetti ad
alto rischio’. La probabilità per la popolazione in generale è dello 0,63%. L’autismo è ormai un’emergenza sociale. Uno su
150 nati soffre di disturbi che rientrano nello spettro autistico,
ed è una stima prudente. Lo spettro autistico non solo colpisce quanto l’epilessia, ma diventa più insidioso in quanto c’è
ancora una cattiva conoscenza e poche strutture dedicate alla cura. Faccio un esempio: esistono interi reparti dedicati alla cura dell’epilessia, invece l’autismo è misconosciuto. Eppure
chi è autistico da bambino tendenzialmente lo è anche da adulto. La società richiede un intervento dei servizi per il neonato,
per il bambino in età scolare, per il ragazzo e per l’adulto. Dunque un carico assistenziale enorme. E tutti questi servizi attualmente non ci sono.”
Incidenza di casi in aumento e scarsa conoscenza della malattia: Lei che è autore di numerose pubblicazioni scientifiche
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in materia, che cosa si sente di consigliare alle famiglie?
“Rivolgersi ad un buon centro pubblico specializzato, diffidare di chi s’improvvisa a curare un po’ tutte le patologie, tantopiù se svolge attività privatistica. Il Bambin Gesù è un centro di eccellenza non tanto perchè lo dirigo, ma perchè ci sono specialisti come il dottor Gianni Valeri ed il dottor Luigi Mazzone che si occupano di autismo da anni. Io ho solo
la fortuna di coordinarli. Abbiamo aperto centri di trattamento a Roma e Salerno.
Il dottor Mazzone e Gianluca Nicoletti,
giornalista ed autore televisivo, che ha
scritto il libro autobiografico ‘Una notte
ho sognato che parlavi. Così ho imparato a fare il padre di mio figlio autistico’, hanno avviato il progetto di aprire a
Roma una città per i bambini autistici.
Abbiamo pensato che sarà un bene fare socializzare i bambini, i ragazzi, che
soffrono di disturbi correlati all’autismo,
avendo a disposizione servizi studiati con
severità scientifica. Il Comune di Roma
ci darà un edificio al Bioparco, Google
interverrà con un finanziamento di 2 milioni in euro. Inoltre, i diritti d’autore del
libro sono interamente devoluti alla realizzazione di questo progetto.”
tollerabile che si speculi sulla salute e sulla disperazione del
genitore che vede il figlio soffrire di un disturbo che con la
psicanalisi non si cura.”
La Sanità pubblica come considera i pazienti affetti da autismo?
“Mi chiede se esistono reparti dedicati
a questi malati? Nessuno. In pediatria
o neuropsichiatria infantile, tra cui quelli per l’autismo, in Italia ci sono 79 posti letto. I malati autistici non hanno una
loro particolare collocazione.”
“Più
precocemente
si interviene,
più si riduce
il rischio
che
comportamenti
caratteristici
dell’autismo
diventino
non più
modificabili”
Quando prevedete l’apertura?
“Ci vorranno, credo, non meno di due
anni. Ma contiamo di dare veramente
una forte risposta di incoraggiamento
e sostegno alle famiglie. Spesso i genitori
ci confidano che la loro preoccupazione è ‘che cosa ne sarà di mio figlio quando io non potrò più seguirlo?’. Un altro
grosso problema sono oggi i costi delle terapie e la mancanza
di centri specializzati su tutto il territorio nazionale.”
Lei ha dichiarato che l’Italia è un Paese a più velocità nella cura dell’autismo.
“Perchè per il trattamento dell’autismo esistono centri di eccellenza in Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Campania, Marche, Sardegna, ma in altre regioni non c’è alcun punto di riferimento. La neuropsichiatria italiana non è così famosa nel mondo. Il resto è fatto un po’ da malfattori, detto
in modo colorito. Ho visto famiglie pagare 400 euro per una
dieta senza glutine ed a livello scientifico si sa che la dieta
non serve. Anzi, secondo il disposto del ministro della Salute Renato Balduzzi le famiglie possono chiamare in giudizio
coloro che non applicano le Linee Guida. Tutti coloro che hanno seguito il consiglio di sottoporre a psicanalisi i figli che soffrono di autismo o disturbi dello spettro autistico e pagano
magari 1500 euro al mese possono chiedere il rimborso. Basta rivolgersi ad un buon avvocato. Scusi il tono, ma non è
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Un numero frutto di tagli?
“No, piuttosto frutto di una cultura arretrata. Il fratello di bambini autistici ha
il 10% di probabilità di esser autistico,
e non è poco. All’interno di altre generazioni non si conosce il dato. A livello
preventivo, non ci sono evidenze che dicano che un intervento terapeutico precoce su ‘bambini a rischio’ di esser autistici possa diminuire il rischio. Anzi, questi dati, sempre secondo le Linee Guida dell’Istituto Superiore della Sanità, sono piuttosto negativi. Quindi si può solo fare monitoraggio e follow-up.”
Perché?
“La mia opinione è che la biologia è più
forte. Rispetto al rischio di sviluppare la
malattia i percorsi attualmente conosciuti
risultano, sotto questo aspetto, non abbastanza efficaci.”
Lo scorso maggio la rivista Biological Psychiatry ha pubblicato
la ricerca della Yale School of Medicine sulla scoperta di un’alterazione del trofloblasto, il tessuto cellure che serve alla nutrizione dell’embrione, coinvolta nell’insorgenze dell’autismo. A questo risultato si è giunti esaminando 117 placente di bambini nati in famiglie ‘a rischio’ confrontandole con 100 placente di nati senza familiarità con l’autismo. L’autore dello studio, Harvey Klisman, ha commentato che d’ora in poi si potranno fornire cure
tempestive ai bambini per migliorare la qualità della vita.
“È una scoperta che s’inserisce in uno dei grandi filoni di ricerca finalizzati al benessere dei bambini autistici. Pensiamo
che è possibile ‘intercettare’ le mamme di bambini autistici proponendo di registrare sia il pianto sia i movimenti del neonato, che sembrerebbero in qualche modo preduttivi di un possibile problema legato all’autismo. C’è un filone di ricerca molto attivo sull’individuazione precocissima di possibili nascituri
con problemi autistici. La comunità scientifica internazionale
è d’accordo che prima si interviene e più alta è la probabilità
di recupero. La notizia divulgata da Biological Psychiatry è legata all’individuazione di indicatori biologici (biomarcatori, mar-
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kers) per la diagnosi precoce. La rivista è di altissimo prestigio, se ha pubblicato lo studio ne ha verificato il fondamento.
Oggi riusciamo a fare la diagnosi intorno ai 2 anni di età, ma
si sta cercando di scendere ulteriormente in modo da intercettare il disturbo il più presto possibile.”
Quali sono gli altri filoni di ricerca?
“Sulla genetica dell’autismo: allo stato attuale, sappiamo che
la patologia ha un’origine genetica, ma siamo in grado di individuare un terzo delle cause. Tutto il resto è ancora una
nebulosa, su cui si sta lavorando. Terzo filone, oltre a diagnosi precoce e genetica, è sul trattamento, per individuare
terapie efficaci per ogni singolo paziente. Un altro filone di
ricerca è cercare il marker biologico della malattia, che è un
po’ il ‘Santo Graal’ di tutte le malattie psichiatriche. Per nessuna di queste malattie abbiamo la ‘prova’ nel sangue che
evidenzia depressione, psicosi... Questo è un tentativo della Scienza che richiederà molti anni ancora.”
L’alterazione del trofloblasto non sarebbe sufficiente per creare un marker?
“Io penso che non arriveremo ad avere un indicatore unico.
Forse perchè sono un po’ pessimista. Esisteranno una serie
di fattori che correlati tra loro potranno dare un’alta percentuale di conoscenza del rischio di insorgenza del disturbo.
Un esame da solo, a mio parere, non è definitivo. Incrociando
vari dati di più esami avremo una buona probabilità di fare
una diagnosi certa.”
Una diagnosi precocissima fornisce quale strumento ai clinici
ed alle famiglie?
“Apre la porta principale ad un intervento riabilitativo, poiché
ad oggi non c’è una medicina, una ‘pillola risolutiva’, che cura l’autismo. La terapia è quasi esclusivamente di tipo riabilitativo, più precocemente s’interviene, più si riduce il rischio che
comportamenti caratteristici dell’autismo diventino strutturati,
non più modificabili. Prima s’interviene e maggiori possibilità
si hanno di agire sia grazie alla plasticità cerebrale, sia grazie
al fatto che i comportamenti non diventano abitudine rigida.”
Allo stato attuale quali sono i migliori esercizi correttivi?
“La riabilitazione non è una riabilitazione fisica come s’intende
la fisioterapia, con esercizi strutturati. Esistono interventi educativi, percorsi di apprendimento, su questo si è espresso l’Istituto Superiore della Sanità pubblicando, nel 2012, le Linee
Guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico. Le
Linee Guida sono la raccolta dei dati con valore scientifico,
ovvero che separano un metodo che ha dimostrato di essere efficace da un altro che non lo è. Dunque, sono classificati trattamenti di sicura efficacia nel disturbo comportamentale,
altri che sono dubbi, altri che sono inutili.”
Come si spiega l’aumento di casi riconducibili allo spettro autistico?
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“Si pensa che una volta non venissero correttamente diagnosticati. Eravamo ancora ‘vittime’ di uno psicanalismo che
liquidava il discorso con l’affermazione che ‘un bambino è
autistico perchè la mamma è un frigorifero’, riversando tutta l’attenzione sul rapporto mamma-bambino. Dopo tanto tempo inutilmente sprecato, è stato affermato che ci troviamo di
fronte ad un disturbo biologico, solo chi è in malafede continua a sostenere altro. In passato esistevano diagnosi di tutti i tipi: disturbo dell’umore, psicosi, ritardo mentale. I casi
erano classificati in modo improbabile. Oggi c’è maggiore rigore metodologico.”
I nuovi approcci terapeutici quali possono essere?
“Trattamenti riabilitativi psicoeducativi. Alcuni particolarmente
efficaci. Il discorso è analogo a quello che si può fare sui
farmaci per le patologie più comuni. Prendiamo ad esempio il farmaco anti-ipertensivo, che controlla la pressione:
una certa molecola non è efficace in tutta la popolazione,
ma sul 60-70% dei casi. Così gli antibiotici più potenti arrivano a coprire l’80% di successo. Allo stesso modo, i trattamenti sull’autismo non hanno un effetto standard, ma possiamo dire che quelli che hanno maggiore successo sono
Applied Behavioral Analysis (ABA) e Denver Model. ABA punta ad ‘addestrare’ il bambino ad una serie di comportamenti
positivi. Il bambino, in spazi fortemente ristretti, viene premiato dal terapista se risponde senza ‘distrattori’ particolari. Viene praticato anche a domicilio ed a scuola, è un intervento intensivo. Quello che funziona è fare tante ore di
trattamento, sino a 20 ore la settimana. Nel nostro Centro,
iniziamo su bambini dai 18 ai 24 mesi di età e continuiamo sino ai 12 anni. Si preferisce iniziare l’ABA entro i 4 anni di età. Il Denver, invece, è un metodo di tipo più psicoeducativo, coinvolge maggiormente il bambino in una serie
di percorsi formativi. È praticato negli asili nidi, dove il bambino lavora in piccoli gruppi e tende a correggere la tendenza
a non relazionarsi, ad isolarsi, o a ridurre comportamento
ripetitivi, mostrandogli comportamenti migliori e modulando l’esercizio secondo la risposta del bambino. Diciamo che
è più indicato per correggere l’aspetto relazionale.”
Ha maggiore riuscita l’esercizio nell’ambiente domestico?
“L’ambiente non è una variante specifica. Sappiamo, inoltre, che in sei mesi avviene un miglioramento di performance
nei bambini sia con ABA che con Denver, ma non esistono dati sulla specificità del risultato dell’uno in confronto
all’altro. Il punto è che non tutti i bambini rispondono allo
stesso modo. Quello che non solo noi, al Bambin Gesù, ma
tutta la comunità scientifica internazionale sta cercando di
capire è se ci sono dei predittori specifici, ossia vedendo
un bambino che deve iniziare la terapia posso dire che egli
risponderà meglio alla terapia ABA piuttosto che Denver,
in modo da indirizzarlo direttamente all’una piuttosto che
all’altra. La ricerca dovrà darci risposte. Abbiamo più dubbi che certezze, ma questa è la strada. E su questo sono
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ottimista poiché, io che ho una formazione da neurologo,
vedo che oggi nella ricerca sull’autismo c’è lo stesso entusiasmo che trent’anni fa ci animava sull’Alzheimer, di cui
non si conosce ancora la cura, ma che è diventato un bersaglio terapeutico.”
L’aspetto biologico dell’autismo potrà un giorno essere corretto?
“La prospettiva è che si arrivi ad una terapia individualizzata
anche sotto l’aspetto ‘chimico’. In generale, si parla di terapia
indivualizzata in base alle caratteristiche di ‘quel’ bambino. Alcune anomalie genetiche sono note. Se io so che quel bambino ha un problema su un gene posso intervenire con dei
motivatori che agiscono su quella alterazione.”
Intervenire quando?
“Appena lo so. Se so che quel gene è responsabile di un errato comportamento di Giovanni e non di Francesco, farò una
terapia per Giovanni diversa da quella per l’altro bambino e la
scelta tra ABA e Denver. Le forme che noi siamo in grado di
riconoscere come direttamente di origine genetica sono intorno
al 25-30 % dei casi, cioè circa un terzo. Il resto è mare magnum. Credo che ci vorranno ancora almeno dieci anni per
metter a fuoco le conoscenze.”
Più geni concorrono a determinare i disturbi autistici?
“Assolutamente sì, è certo. Non c’è il gene dell’autismo, c’è
una diagnosi multigenica. È talmente alterato il processo cerebrale che non è possibile che sia un solo fattore a determinare il disequilibrio. Cominciamo a saperne parecchio, non
è che siamo proprio all’anno zero.”
La Scienza ha elaborato ipotesi sull’esordio?
“Le ipotesi sono molte, differenziate, e tutte vere. Per esempio, se vediamo quali sono le aree del cervello coinvolte nell’autismo, così come nella schizofrenia, risulta chiaro che più
componenti devono essere coinvolte nell’esordio. È un disturbo
diffuso del neurosviluppo. Colpisce, probabilmente, la formazione del sistema nervoso, e quindi è molto distribuito. Individuare se ci sono delle strutture bersaglio, appunto, fa parte
degli studi. Strutture vulnerabili rispetto ad altre, su cui possiamo intervenire per rafforzarle.”
Che cosa si può dire alle famiglie che hanno il dubbio che casi di autismo non siano stati riconosciuti?
“Oltreché rivolgersi al più vicino Centro specializzato, consiglierei di contattare le associazione di genitori. In base alla mia
esperienza, sono sempre buoni veicoli. I genitori sono molto
ferrati in materia, talvolta arrivano da noi segnalando un nuovo studio, la notizia di... Le famiglie devono sapere che fare
una corretta diagnosi precoce si può, la patologia si può curare e con buona possibilità di migliorare le condizioni di vita
del bambino. Certo, la malattia è cronica e rimane una patologia fortemente invalidante, però si può migliorare la condizione. Talvolta anche in modo davvero sorprendente. Non vo-
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glio dare un messaggio ottimistico inconsciente, ma è anche
vero che c’è ottimismo poiché con una tempestiva diagnosi
interventi correttivi possono essere fatti.”
Secondo la Sua esperienza, in quale dei disturbi è più facile
avere un miglioramento con un correttivo precoce?
“Partiamo dall’inverso, dall’ultimo posto nella scale di successo. Certamente le forme più difficili da curare sono quelle di autismo conclamato, laddove c’è anche un ritardo mentale, che si associa per di più all’epilessia, a differenza dello spettro autistico. Quando c’è un quoziente intellettivo alto, non arriviamo alla remissione dei sintomi, ma ad un buon
contenimento della sintomatologia sì. L’incidenza di spettro
autistico è 1 su 150, l’autismo in quanto tale è 1 su 1000.
Tutto il range intermedio è trattabile, dunque si può essere
moderatamente ottimisti rispetto a dieci anni fa. L’aspetto che
è difficile correggere è l’isolamento. Si affrontano meglio aspetti legati alle stereotipie: il bambino che sfarfalla con le mani, cammina sulla punta dei piedi, si fissa su cose particolari, ha interessi limitati, la rigidità del pensiero, ed il disturbo della comunicazione, quando egli mostra che non è interessato a comunicare.”
L’isolamento persiste nonostante un intervento precoce?
“Sì. È più ostico al trattamento.”
Che spiegazioni vi date?
“Che è il ‘nocciolo duro’ dell’autismo. È un po’ come nei quadri psicotici, il ritiro sociale nella schizofrenia è l’aspetto più difficile da trattare. Non è impossibile, ma lo metterei all’ultimo
posto nella scala degli aspetti che possono migliorare, al momento attuale delle conoscenze scientifiche.”
Per una mamma qual è il messaggio di un esperto?
“Che si può fare molto, ci sono motivi di speranza e possibilità di fare stare meglio i loro figli. La normalità non prevede il bambino autistico, ma consulenze genetica e neuropsichiatrica laddove esistono casi in famiglia possono essere
senz’altro utili.”
Ha incontrato mamme che si sentono ‘in colpa’ per i disturbi
comportamentali dei figli autistici?
“No, in colpa no. Spesso deluse, poichè hanno creduto in interventi di psicoterapia, psicodinamica, e non hanno visto risultati. Purtroppo dobbiamo mostrare loro dati di letteratura
scientifica che parlano di disturbo biologico.”
Una mamma depressa è correlabile al rischio di figlio con spettro autistico, con tendenza all’isolamento?
“No, non c’è un rapporto causa-effetto. Ci sono incidenze
tra familiarità di primo grado con un caso di autismo o di schizofrenia, o anche, sembrerebbe, con diabetici ed epilettici.
Il diabete è una correlazione epidemiologica, ha una riflessazione anche sul sistema nervoso.”
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