Comunicato del 25 giugno 2012

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Comunicato del 25 giugno 2012
Studi di settore, di nuovo penalizzate le piccole e micro imprese
I parametri di quest'anno appena emanati, anche dopo l'adozione di tutti i correttivi anticrisi, aumentano i ricavi minimi soggetti a tassazione di una percentuale
media che va dall'8 al 10% per le aziende di servizi. Intanto, lo scorso anno oltre il 40% delle imprese artigiane è risultata sotto i parametri e solo una su tre si è
adeguata. Il segretario dell'Unione artigiani di Milano Marco Accornero: Questo vuol dire che se l'obiettivo degli studi di settore è quello di scovare l'evasione
fiscale, c'è qualcosa che non va nel meccanismo e nello strumento adottato perché di fatto chiede maggiori imposte per redditi non ottenuti . Del resto che il settore
sia in crisi lo dicono i numeri: solo a Milano le ore di cassa integrazione in deroga nel 2011 sono state quasi un milione.
Con i nuovi studi di settore appena emanati, peggiora la situazione di molte piccole e micro imprese. Da una prima simulazione realizzata
dall'Unione artigiani di Milano utilizzando gli stessi parametri aziendali dello scorso anno emerge infatti che gli sgravi anticrisi non
compensano l'aumento dei presunti ricavi minimi da congruità operato con gli studi di settore in vigore per la dichiarazione dei
redditi di quest'anno.
L'aumento è particolarmente sensibile per le imprese di servizi. "Così i piccoli imprenditori - spiega il segretario dell'Unione artigiani Marco
Accornero - si troveranno a versare Iva mai incassata e tasse su ricavi che lo scorso anno non hanno avuto: i parametri di quest'anno,
infatti, anche dopo l'adozione di tutti i correttivi anticrisi previsti, aumentano i ricavi minimi soggetti a tassazione di una percentuale
media che va dall'8 al 10% a parità di dati di riferimento con lo scorso anno".
Nel dettaglio, ad essere maggiormente penalizzate risultano essere le aziende del settore dei servizi (ad esempio idraulici, elettricisti,
edili, acconciatori, estetiste, installatori) rispetto a quelle di produzione. Senza contare che anche quest'anno si tratta di una sorpresa
dell'ultimo momento: "I modelli degli studi di settore dovrebbero essere definiti e comunicati addirittura nel dicembre dell'anno precedente
rispetto alla denuncia dei redditi (i correttivi anticrisi sono stati pubblicati in Gazzetta Ufficiale solo il 16 giugno). Un impegno che continua
a non essere rispettato e i nostri artigiani continuano a rendersi conto dei trovarsi pesanti adeguamenti a pochissimi giorni dalla scadenza
dei pagamento".
Insomma, aggiunge Accornero, anche se il decreto Sviluppo varato dal Consiglio dei ministri da una parte può rappresentare "un primo
passo verso una politica di rilancio delle attività produttive in Italia", in particolare per "le misure come le agevolazioni fiscali per i lavori di
ristrutturazione, di riqualificazione energetica, le semplificazioni in materia di autorizzazioni e pareri per l'esercizio dell'attività edilizia e il
ripristino dell'Iva per le cessioni e le locazioni di nuove costruzioni, che possono rappresentare una boccata d'ossigeno", tutto ciò non può
bastare. E spiega: "Non si può dare con una mano e togliere con l'altra: sulle piccole e micro imprese così continuano a gravare nuove
forme di imposta o comunque costi che le mettono continuamente a rischio. Ecco perché chiediamo nuovi interventi che riducano la
pressione fiscale e sostengano gli investimenti. L'artigianato è stato duramente colpito dalla crisi, solo a Milano lo scorso anno ha
fatto ricorso a quasi un milione di ore di cassa integrazione in deroga (947.198). Per questo crediamo che questi meccanismi di
presunzione fiscale, che abbiamo sempre ritenuto non corretti e inopportuni, non facciamo altro che penalizzare uno dei settori che
comunque ha cercato di reagire a questi tre anni difficilissimi". "Già negli anni scorsi - conclude il segretario generale - oltre il 40% delle
imprese artigiane è risultata sotto i parametri e solo una su tre si è adeguata. Le altre hanno scelto di rischiare l'indagine fiscale
perché non la temono, sono sicure di poter dimostrare le loro ragioni. Questo vuol dire che se l'obiettivo degli studi di settore è quello di
scovare l'evasione fiscale, c'è qualcosa che non va nel meccanismo e nello strumento adottato perché di fatto chiede maggiori imposte
per redditi non ottenuti".
I dati
L'ufficio fiscale dell'Unione artigiani ha applicato, su un campione casuale di aziende, ai nuovi studi di settore costi e ricavi del 2010 e li ha
confrontati con le dichiarazioni dello scorso anno. Ecco alcuni risultati:
Idraulico: a fronte di un ricavo di 41.000 euro annui, l'anno corso gli studi di settore prevedevano un ricavo minimo di 56.900 euro che con
i correttivi anticrisi diventavano 48.550 euro. Quest'anno (a parità di dati) sarebbero 55.900. Questo significa che dovrà pagare circa 2620
euro di Iva contro i 1.400 dello scorso anno, e tasse su ricavi per 15.500 euro in più contro gli 8.250 dello scorso anno.
Barbiere: a fronte di un ricavo dichiarato di 52.000 euro, il ricavo minimo da congruità sale da 75.600 a 76.200. Tolti i correttivi anticrisi,
dovrà versare 5.100 euro di iva e tasse su un maggio ricavo di 25.500 euro. A fronte di un ricavo di circa 18 mila euro, invece, il ricavo
minimo da congruità sale da 25.500 a 31.550. Fatte tutti i correttivi, dovrà pagare 2.900 euro di Iva (contro il 1660 dello scorso anno) e
tasse su un maggior ricavo che sale da 8.330 a 14.550.
Edile: a fronte di un ricavato dichiarato di 66.270 euro, il ricavo minimo di congruità sale da 65.300 a 68800. Dopo tutti i correttivi dovrà
pagare in più circa 650 euro di Iva e il tasse su un maggior ricavo pari a 3450 euro.
Carrozziere: a fronte di un ricavo dichiarato di 422.416 euro, il ricavo minimo da congruità passa da 476.700 a circa 485.000. Dopo tutti i
correttivi il carrozziere vedrà il suo ricavo presunto aumentare dai 35.760 del 2010 a 67.000. Con 13.400 euro di Iva "presunta" contro i
Carrozziere: a fronte di un ricavo dichiarato di 422.416 euro, il ricavo minimo da congruità passa da 476.700 a circa 485.000. Dopo tutti i
correttivi il carrozziere vedrà il suo ricavo presunto aumentare dai 35.760 del 2010 a 67.000. Con 13.400 euro di Iva "presunta" contro i
7.100 dello scorso anno.
Orafo: a fronte di un ricavo dichiarato di quasi 24 mila euro, nel 2010 il minimo da congruità richiesto era di 21.400 euro (e quindi era
congruo), nel 2011 di 37.200 euro (non è più congruo). Applicati i correttivi anticrisi, si scende a 31.200 contro i 23.400 del 2010. Oltre a
quasi 2.500 euro di Iva "presunta" (niente lo scorso anno).
Simonetta Cotellessa
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