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106 LA MOGLIE DEL PROCURATORE «Quella sera», cominciò piano la signora, «avevo cenato in compagnia del Procuratore. Non sempre accadeva; di solito io lo lasciavo libero con chi più gli piacesse: uomini politici o altro. Egli aveva sempre il garbo di insistere perché fossi presente e io avevo sempre cura di accogliere l’invito solo quando la mia presenza potesse essere utile o la mia assenza non conveniente. Non devi pensare da questo, Seneca, che i nostri rapporti non fossero altro che un formale rispetto di obblighi di rappresentanza; era un’amicizia sincera, da tutte e due le parti, credo, e perfettamente cortese. Pilato era davvero quell’uomo che ricordate con piacere: amabilissimo, capace di corteggiare la moglie, come il primo giorno e al pari delle altre donne. Quella sera noi cenavamo soli. Il merito era forse di un nuovo vestito che indossavo... egli aveva disdetto subito gli impegni presi per la serata, dopo avermi incontrata per caso in biblioteca... o caso forse non era da parte mia... non so... a volte mi divertivo a giocarlo un poco. Durante la cena fu con me di una vivacità squisita, di una tenerezza deliziosamente ironica... parlava molto, quella sera, nella sua maniera scintillante, che ogni volta riusciva ad incantarmi e quasi a darmi l’illusione di amarlo... come uomo, intendo, perché di solito mi pareva di avere un sentimento un po’ materno per lui, sebbene fossi assai più giovane. Non avevamo figli. Perdonami, sto raccontando delle sciocchezze, delle cose da donna... ma voglio che tu comprenda tutto: chi eravamo prima e cosa siamo diventati dopo quella sera. Noi ridevamo quella sera e ci pareva di esser contenti l’uno dell’altra e della vita. Forse eravamo semplicemente contenti del mio vestito... non so... non mi chiedevo quasi nulla allora... Fin da bambina, a cominciare dal soprannome che mi avevano dato, s’era voluto far di me un essere il più possibile gradevole, riposante, come diceva la mia maestra di canto. Adeguarmi non mi costò mai molto sforzo. Ero naturalmente tranquilla, come altri è naturalmente inquieto. Accettavo le cose come sono... non per viltà, credo, o perché il brutto, l’ingiusto che c’è al mondo mi lasciasse indifferente, o come Pisone non volessi farmi turbare da nulla; ma perché non stimavo la mia mente di donna capace di trovare LA MOGLIE DEL PROCURATORE 107 un ordine diverso; e la critica, la sola critica, mi sembrava cosa troppo facile ed anche pericolosa. Mi pareva che se avessi cominciato, forse non avrei potuto fermarmi e a un certo punto forse non sarebbe più stato un camminare, ma lasciarsi andare, come dice Domitilla. Eppure, confesso che lo scetticismo di Pilato mi divertiva... in un uomo mi piaceva; lo sapevo controllato e senza conseguenza. Voglio dire che non gli impediva di essere un buon funzionario, come forse avrebbe impedito a me, se fossi stata io al suo posto. Spesso mi sorprendevo a pensare che l’essere un serio funzionario... un uomo d’azione... avrebbe dovuto escludere, a rigor di logica, il poter essere un vero scettico e viceversa. E non sapevo allora se dovessi ammirare o meno mio marito per il modo in cui riusciva a far coesistere le due cose... e non queste due soltanto. Naturalmente egli ignorò sempre questo mio genere di pensieri; non gli lasciai mai scorgere altro che il piacere... era veramente un piacere per me... della sua conversazione. Stasera, quando Pisone parlava, mi pareva un poco di riudirlo... sì con quella sua cadenza... era un’impressione terribile». La voce le vacillò, ma subito ritornò uguale. «Quanto a lui, credo che il mio tradizionalismo tranquillo gli fosse gradito. Ho notato che non corteggiava mai, per belle che potessero essere, le donne del tipo di Domitilla... come infatti mi pare non la corteggi Pisone. Però scherzando mi diceva che certe signore che nessuno riesce a scuotere dalle loro placide convinzioni, le convinzioni della balia, come le chiamava lui, sono in realtà degli scettici formidabili, perché scettiche dello stesso scetticismo. Mi chiamava piccolo sorriso sapiente... ed anche... ma questo non ha importanza. Dirai che fin qui niente di quel che ho detto ha importanza. Racconto così come mi vengono i pensieri...». «Tutto ha importanza», mormorò il vecchio dall’ombra. «Tutto è umano». «Dopo cena», riprese la signora, «ci eravamo messi a giocare... mi ricordo, era un giuoco che si faceva con delle cannucce diversamente colorate. L’ora era già tarda, ma noi continuavamo a giocare, stuzzicandoci con scherzi e piccole scommesse 108 LA MOGLIE DEL PROCURATORE quali possono correre fra un marito e una moglie, quando provano la gioia di stare insieme. Entrò, mentre ridevamo di non so quale battuta di Pilato, il centurione di servizio. Veniva a riferire qualcosa al Procuratore. Io mi disinteressai come sempre, ero abituata a non udire quel che si diceva pur essendo presente. Vidi però che il Procuratore s’era turbato. Mi disse che doveva rimanere a sistemare alcune noie che gli aveva tirate fuori il Gran Sinedrio, “squisitamente ammannite per la Pasqua”, usò questa espressione, mi ricordo. Sperava però di raggiungermi presto; in ogni caso dormissi pure, senza aspettarlo. “Buoni sogni”, mi disse. Disse proprio così. Eravamo ai piedi della scala che portava alle mie stanze, lui si fermò un poco per vedermi salire. Mi voltai dopo qualche gradino e lui sorrise e alzò la mano. Fu l’ultima volta che ci salutammo come si salutano due esseri conosciuti».