- "UtMusica" per suonare e cantare da autodidatti

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- "UtMusica" per suonare e cantare da autodidatti
Il cantante, una macchina perfetta
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Prefazione
A chi si rivolge questo e-book?
A tutti coloro che vogliono fare del canto una fonte di soddisfazione
personale. Sia che tu intenda intraprendere la carriera di cantante o
più semplicemente tu voglia cantare per hobby, potrai trovare qui
consigli, risposte e riflessioni che ti saranno utili nel prosieguo del tuo
cammino.
In 25 anni di militanza musicale ho conosciuto ed impiegato nei miei
gruppi moltissimi cantanti, uomini e donne, più o meno bravi, più o
meno dotati e più o meno disposti ad accettare consigli (l'umiltà è una
prerogativa che molto spesso la categoria dei musicisti, e in particolar
modo dei cantanti, si scorda di coltivare!).
Ed ho riscontrato dubbi e lacune più o meno marcati in molti di
coloro con cui ho avuto il piacere di collaborare.
Taluni avevano carenze in fatto di teoria musicale, altri nella gestione
della respirazione, altri ancora riguardo alle conoscenze anatomiche e
fisiologiche delle corde vocali, e poi ancora il “senso del palco”, il
feeling con il pubblico (importantissimo!), la coscienza dei propri
mezzi e limiti, l' utilizzo corretto del microfono.
E soprattutto ho avuto modo di intuire che probabilmente ci sono
maestri di canto che non fanno bene il loro lavoro.
D'altra parte non è detto che bravi cantanti riescano ad insegnare
altrettanto bene, come non è detto che un bravo calciatore diventi poi
un bravo allenatore.
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È anche vero che il canto, e soprattutto l'insegnamento del canto, è
terra di nessuno, prevalgono le teorie del singolo ed ognuno ha la sua
ricetta miracolosa, per sé e per i suoi allievi.
Ed allora con questo e-book ho cercato di entrare nel merito di quelle
che io ritengo essere le questioni più importanti: dall'anatomia delle
strutture preposte all'emissione della voce, all'indagine su alcune
tecniche di canto che a mio avviso sono le più efficaci, ai consigli sulla
gestione del fiato, fino alla conoscenza elementare della tastiera del
pianoforte e della teoria musicale.
Ho inserito anche un capitolo riguardo al mixer e alla tecnica di
missaggio, e un altro riguardo al microfono (tipi di microfono,
caratteristiche ecc..) e alla sua utilizzazione corretta, perchè è
quantomai paradossale che chi canta molto spesso non abbia nessuna
nozione dello strumento che usa.
È inutile fare sacrifici, anche economici, per rendere la propria voce
attraente e suggestiva, se poi viene tutto vanificato da una cattiva
regolazione del mixer o da un microfono scadente.
Inoltre troverai dei semplici ma importanti accorgimenti per
salvaguardare la tua voce che è, ricordalo sempre, lo strumento più
bello che esista.
Spero che tutto questo possa esserti utile.
Buona lettura
Mirco Conforti
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Capitolo I
Prima di tutto
Consigli generali e considerazioni
Chunque sappia parlare in modo corretto dal punto di vista meccanico,
sappia cioè disporre correttamente la glottide durante il normale regime
di conversazione, è sicuramente e assolutamente in grado di ripetere tale
operazione durante il canto.
Ecco il primo grande segreto. Forse nessuno te lo ha mai detto, ma
questa è la prima cosa che devi ricordare.
Non c’è nulla che possa impedirti di raggiungere il tuo traguardo se
veramente vuoi diventare un cantante.
La maggior parte di noi ha cominciato a cantare quasi esclusivamente
da autodidatta, magari con poche lezioni alle spalle (ma le lezioni
richiedono tempo e denaro e poi i maestri di canto non si trovano
sotto casa!). E si continua così, cantando in maniera approssimativa
fino a quando non ci accorgiamo che la nostra voce si sta abbruttendo,
deteriorando, che gli acuti non ci riescono più tanto bene e gli errori
che ci siamo portati dietro per mesi o per anni, si sono ormai
fossilizzati.
E non riusciamo più a venirne fuori.
Le nostre canzoni si sono abbassate di tonalità e le nostre
soddisfazioni anche.
Abbiamo sbagliato tutto!
Anch’io ho cominciato così e sono andato avanti per troppo tempo
prima di rendermi conto che lo “strumento voce” è così delicato e
sensibile che se viene utilizzato male si rompe.
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E allora non c’è nulla che possa impedirti di diventare un cantante ma
sappi che non è una passeggiata. Serve studio e applicazione, ma alla
fine vedrai che i risultati verranno fuori. Non fare l’autodidatta solo
perché studiare canto è impegnativo.
“Tutte le cose sono difficili prima di diventare facili”
(John Norley)
A questo proposito voglio raccontarti una storia emblematica per
capire quanto la caparbietà, la volontà, la voglia di riuscire possono
cambiare la vita di una persona.
È una storia molto cara agli insegnanti di P.N.L. (Programmazione
Neuro Linguistica) che la usano spesso nei loro seminari di
motivazione personale.
Tra l’altro potrebbe tornare utile partecipare a seminari di questo tipo
(PNL, autostima ecc..) o anche solo leggere dei libri sull'argomento,
per imparare a vincere tutte quelle paure e quelle convinzioni (loro le
chiamano “credenze”) negative che sono alla base di insuccessi nella
vita di tutti i giorni.
Specialmente un cantante ne deve abbattere molte di queste credenze:
dalle prime lezioni di canto al primo impatto col pubblico quante
volte ti dirai o ti sei detto: “io non ce la farò mai” oppure “sono troppo
timido/a, questo non fa per me” e via di questo passo.
Sappi però che qualunque cosa ti piaccia fare la puoi fare, non c’è
niente e nessuno che possa impedirti di ottenere quello che vuoi,
l’unico ostacolo sei tu stesso.
“Sia che tu creda di farcela,
sia che tu creda di non farcela,
avrai comunque ragione”
(Henry Ford)
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Ma torniamo alla storia.
Si tratta di Wilma Rudolph. Te la faccio breve:
Wilma nacque prematura il 23 giugno 1940. La sua salute cagionevole
le causò nei primi anni di vita una lunga serie di malattie tra le quali
anche la poliomelite.
I medici dissero che non sarebbe mai riuscita a camminare ma la
madre non si dette per vinta e dopo anni di riabilitazione, a 12 anni
Wilma era finalmente in grado di camminare. Questo poteva già
essere considerato un miracolo, ma la bambina non si fermò e decise
di diventare un’atleta specializzandosi poco per volta nelle gare su
pista.
Naturalmente per mesi continuò ad arrivare ultima, ma non si arrese
nonostante tutti le consigliassero di smettere, finchè finalmente vinse
una gara. E poi un’altra. E un’altra ancora.
Nel settembre 1960 Wilma Rudolph entrò nella storia diventando la
prima donna americana ad aggiudicarsi tre ori olimpici: nei cento
metri, nei duecento e nella staffetta 4 x 100.
La ragazza a cui avevano detto che non avrebbe potuto camminare
diventò una delle atlete più famose di tutti i tempi!
Da questa storia si ricava che imparare a gestire le proprie paure e le
proprie emozioni, e convincersi che non ci sono limiti alle potenzialità
di ciascuno di noi è determinante per percorrere una strada che in
certi momenti può mostrarsi tortuosa.
Esci dalla tua “zona di comfort”
Se studiassimo attentamente le giornate tipo delle persone
scopriremmo senza il minimo dubbio che la maggior parte di noi
tende a vivere giornate che sono per lo più l’esatta copia l’una
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dell’altra. Tutti i giorni vengono fatte le stesse cose, più o meno ai
soliti orari, più o meno con le solite persone. Questo perché tutti noi
tendiamo a sviluppare una “zona di comfort”, cioè una serie di
comportamenti e di attività che sono in qualche modo abituali e ci
danno così sicurezza. Molti di noi evitano in questo modo di dare
sfogo alle proprie aspirazioni per la paura di uscire dalla propria zona
di comfort.
Ma se vogliamo crescere e imparare non possiamo farlo rimanendovi
dentro, ma dobbiamo necessariamente uscirne, esplorando nuove
possibilità e accedendo a nuove informazioni.
Nel disagio c’è crescita!
Troppe persone rinunciano pochi attimi prima che le cose diventino
alla loro portata.
E allora se vuoi veramente cantare, se vuoi intraprendere questa
strada oppure se l’hai già intrapresa ma sei davanti ad un ostacolo,
non mollare. Esci dalla tua zona di comfort, non ti adagiare dicendo:
“Ma si, tanto lo sapevo che non ci sarei riuscito!” perché non è vero! Tu
puoi riuscirci come ci sono riusciti tutti quelli che lo hanno voluto.
E qui chiudo questa breve parentesi sulla motivazione personale,
ricordandoti però che è fondamentale per acquisire sicurezza e
autorevolezza tanto che alcune tecniche di canto si avvalgono proprio
degli insegnamenti delle tecniche di autostima nei loro corsi con
ottimi risultati.
Il cantante: una macchina perfetta.
Il cantante è obbligato a diventare una macchina perfetta proprio per
contrastare tutti i fattori esterni che possono minare la sua
performance, deve cioè riuscire a sfuggire a tutte quelle influenze
dell’ambiente, della stanchezza, delle critiche ……
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E per questo deve avere un’unica sicurezza capace di annullare tutte
le influenze negative: la sicurezza della sua tecnica.
Se sei sicuro di te, delle tue capacità, se sei cosciente delle tue
potenzialità e dei tuoi limiti, non ci sarà niente che possa impedirti di
portare a termine il tuo spettacolo in maniera eccellente anche in
situazioni critiche.
Ecco perché per cantare bene ci vuole studio e costanza: niente
avviene per caso e men che mai nel canto!
Perché durante una performance non devi sperimentare nulla, ma
devi essere sicuro e cosciente per garantirti una vigilanza costante,
automatica e sicura dell’emissione vocale.
Certo, ci sono dei cantanti famosi sia nella musica leggera che nel
canto lirico, che non hanno avuto bisogno di troppe lezioni per
diventare delle star. Hanno avuto la fortuna di nascere con il
“patrimonio genetico del cantante”, come d'altra parte abbiamo esempi
famosi nella storia della musica di geni che già in tenera età sapevano
comporre e suonare svariati strumenti.
Ma quelle sono “fortune” che non devono farci desistere dal nostro
intento.
Il canto non è per pochi fortunati, chiunque può imparare a cantare
bene e ad ottenere grosse soddisfazioni con la propria voce, purchè si
applichi con impegno e costanza.
Ogni grande interpretazione è frutto di due fattori: la tecnica e
l’espressione.
Se riesci a controllare, ad automatizzare e ad interiorizzare la tua
tecnica sarai poi in grado di dare all’interpretazione tutte quelle
sfumature artistiche che la renderanno bella e forse anche
indimenticabile alle orecchie di chi ti ascolta.
Naturalmente ci sono delle sostanziali differenze tra chi decida di
intraprendere la carriera operistica e chi invece decida di cimentarsi
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nella musica cosiddetta leggera.
La bravura dei cantanti d’opera è classificata entro limiti estetici e
tecnici ormai tramandati da quattro secoli di tradizione, e l’estrema
esigenza del pubblico impone all’artista di non discostarsi troppo da
questi canoni.
Nella musica leggera, al contrario, spesso è maggiormente apprezzato
chi si allontana a volte anche in maniera estrema dai parametri estetici
di valutazione della voce.
Pensiamo ad esempio a tutte le voci cosiddette “sporche” o “graffiate”
che non sarebbero certo accettate in un teatro d’opera, ma che hanno
trovato grande appeal nel pubblico. Oppure a voci non perfettamente
intonate che hanno avuto nel passato come adesso consensi forse ben
oltre i loro meriti!
Inoltre chi canta repertori non operistici può avvalersi di tutti ti
trucchi che la tecnologia mette a disposizione e che riescono ad
“aggiustare” anche le voci più improbabili. Ma a questi livelli il canto
non c’entra più nulla, e non so quanto siano soddisfatti quei
“cantanti” che hanno manipolato in sala d’incisione la propria voce
(ma poi per quale motivo, se vuoi cantare basta studiare e piano piano
ci arrivi da solo!) ma che poi alla resa dei conti non sarebbero in grado
di reggere un confronto con un pubblico pagante. (Se poi usano il
play back allora mi arrendo!)
Trasmettere emozioni
Se pensiamo all’universo dei cantautori, ci sono tanti esempi di grandi
comunicatori con poca tecnica e non per questo meno efficaci e meno
amati anzi, queste voci non proprio “limpide” ottengono spesso un
notevole successo.
Piacciono a prescindere. Allo stesso tempo altri, magari dotati di voce
e tecnica non “arrivano” e non conquistano nessuno.
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D’altra parte Lucio Battisti in un famoso battibecco avvenuto molti
anni fa in un programma di Renzo Arbore, ad un giornalista che lo
criticava per la voce imperfetta rispose: “Quel che conta non è la bella
voce ma la capacità di trasmettere emozioni”.
E qui arriviamo ad un punto cruciale: trasmettere emozioni.
È un dato di fatto prima di tutto che i cantanti con una voce
“imperfetta” sono tutti dei cantautori, perché nessuno darebbe la
propria canzone ad uno che la canterebbe maluccio (lasciami essere
un po’ cattivo).
Ma è un dato di fatto anche che questi cantautori hanno una così
grande forza espressiva e capacità di comunicazione, di comunicare
emozioni, che mettono in secondo piano le loro lacune più o meno
evidenti.
Molti di questi (o forse tutti) ormai, se cambiassero la loro vocalità, se
la rendessero più perfetta, probabilmente perderebbero la loro unicità,
il loro “marchio” che li rende distinguibili e amati dal pubblico.
Ci sono addirittura cantanti che abbruttiscono volontariamente la
propria voce pur di uscire dall’anonimato!
Dunque, ritornando al discorso di partenza, la capacità di emozionare
è così importante da far passare in secondo piano anche più o meno
marcate imperfezioni nell’esecuzione.
Questo ci insegna che quando eseguiamo una canzone, sia questa una
nostra composizione o sia di altri, non dobbiamo limitarci a “fare il
compitino” da bravi scolaretti. Non è solo cantandola bene, con
l’emissione giusta, con la giusta intonazione e quant’altro che le
rendiamo giustizia.
La canzone deve entrare dentro di noi e noi dentro di lei. Dobbiamo
farla nostra, comprenderla, amarla ed emozionarci noi per primi
lasciandoci trasportare dalla sua melodia e dal suo contenuto. Questo
fa la differenza tra un bravo cantante ed un artista. Questo fa la
differenza tra l’anonimato ed il successo.
E attento perché non sto parlando del “Grande Successo”, quello che ti
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proietta in alto tra televisioni e radio.
Puoi fare anche il cantante per hobby nei fine settimana o viaggiare
tra una balera e l’altra con la tua band di musica da ballo. In ogni caso
quello che ti renderà unico è la capacità di emozionarti e di
conseguenza di emozionare.
Certo, se fai ad esempio piano bar non puoi rendere tutto il tuo
repertorio unico e indimenticabile, ma le “tue” canzoni si. Quelle che
ti sei scelto perché le senti più tue, perché ti somigliano, perché avresti
voluto scriverle tu, quelle devono essere “diverse”.
E vedrai che il pubblico ti premierà.
D’altra parte la natura ti ha donato lo strumento più bello che esista
ed è anche il primo che hai usato appena sei venuto al mondo
gridando a squarciagola con tutto il fiato che avevi.
Utilizzalo al meglio, ricorda che non esiste uno strumento più perfetto
della tua voce, capace di riprodurre melodie indimenticabili e
contemporaneamente su quelle melodie pronunciare frasi (pensa la
grandezza! Non c’è strumento al mondo in grado di esprimere
concetti mentre emette suoni).
E non hai nemmeno dovuto pagarlo, lo hai avuto gratis, non hai
dovuto fare giri interminabili per negozi di strumenti musicali, è
gratis ed è unico, non ci sono al mondo altri strumenti con le stesse
caratteristiche del tuo.
E allora non permettere che suoni così, tanto per fare. Svelane tutti i
segreti e tutte le potenzialità e vedrai che ne otterrai immense
soddisfazioni.
La presenza scenica
Naturalmente il carisma e la “presenza” sul palco non si imparano a
tavolino, sono frutto di esperienze che si fanno esclusivamente “dal
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vivo”. La vera presenza scenica emerge dopo un po’, quando si è
acquisito sicurezza attraverso i successi ma anche gli insuccessi,
attraverso le serate indimenticabili ma anche quelle con i fischi. Non
esiste al mondo un cantante che nella sua carriera non abbia subito
fallimenti, ma sono proprio questi che temprano la forza di volontà.
Molti cantanti alle prime armi per acquisire sicurezza, spesso cercano
di imitare lo stile o addirittura la voce di personaggi del mondo dello
spettacolo.
L’osservazione attenta di cantanti noti è certamente importante per
captare e rubare segreti e particolari accorgimenti che adottano e che
potrebbero tornarci utili, tuttavia è sconsigliabile tentare di imitarne le
caratteristiche vocali, perché un suono che è appropriato per la voce
di una persona potrebbe non esserlo per un’altra. Quando si cerca di
adottare sonorità che il proprio equipaggiamento vocale non è in
grado di supportare, si rischia di sforzare e rovinare le corde.
Se sei sicuro della tua bravura non ci sarà bisogno di imitare nessuno,
anche perché il mondo non ha bisogno di “gemelli” di cantanti già
famosi. E non ci saranno ostacoli capaci di fermarti, anzi ogni battuta
d’arresto ti vedrà ripartire più forte di prima e con un’esperienza in
più da trasmettere sul palco. In questo modo acquisisci autorevolezza
e carisma.
Attenzione però a non fare l’errore di ignorare il pubblico per paura di
captare segnali negativi. Molto spesso, soprattutto gli artisti alle prime
esperienze, pensano che estraniarsi completamente da ciò che li
circonda possa infondere loro sicurezza.
Questa è un’arma a doppio taglio perché se è vero che non “sentire”
nell’aria eventuali segnali di un insuccesso che d’altra parte
potrebbero anche rivelarsi falsi (quante volte la “sensibilità
dell’artista” ha giocato brutti scherzi), permette di condurre a termine
una serata senza che venga intaccato il proprio morale, è altresì vero,
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anzi è una regola che dovresti tenere a mente, che essere focalizzato
su ciò che ti circonda è un’operazione fondamentale nel canto.
Perché il tuo compito è quello di reinventare la canzone sia
vocalmente che espressivamente ogni volta che la canti , per renderla
tutte le volte “unica”.
“Non canto mai una canzone allo stesso modo,
tutto dipende da come mi sento al momento”
(Ray Charles)
E questo ti sarà più facile se vivrai quello che ti accade intorno in
maniera attiva e positiva. Ho visto cantanti e attori far volgere in
questo modo a proprio favore serate che si stavano incanalando verso
un possibile insuccesso.
E' un’attitudine che si acquisisce solo dopo un certo tempo, ma il
punto focale è sempre lo stesso:
“Se sei sicuro di te, delle tue capacità, se sei cosciente delle tue potenzialità e
dei tuoi limiti, non ci sarà niente che possa impedirti di portare a termine il
tuo spettacolo in maniera eccellente anche in situazioni critiche”.
Come muoversi sul palcoscenico
Il successo non richiede solo una perfetta tecnica vocale, ma vi
concorrono anche tutta una serie di fattori come lo stile, il carisma, e
non ultimo il modo di comportarsi, di muoversi sul palcoscenico.
Tutto questo lo apprendi con la gavetta e il duro lavoro. Solo la
gavetta può darti la fiducia necessaria ad affrontare il palcoscenico in
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completa sicurezza, anche se incontrerai inevitabilmente tutta quella
quantità di ostacoli che questo ambiente sa creare molto abilmente.
Per quello che riguarda i movimenti sul palco, essi possono essere
ridotti a semplici schemi ripetitivi, che una volta imparati riusciranno
a farti muovere con disinvoltura di fronte a qualsiasi pubblico.
Lo schema qui sotto può essere adattato su palcoscenici di qualsiasi
dimensione e una volta memorizzato avrai a disposizione un
potentissimo strumento.
Punto uno: la posizione iniziale è posta al centro del palcoscenico e dà
al pubblico la possibilità di vederti e di ascoltarti.
Stai bene attento: mentre ti avvicini al microfono è importante
comunicare e trasmettere un forte carisma e una forte presenza,
quindi non muoverti nervosamente prima di iniziare una canzone, il
pubblico ne sarebbe influenzato negativamente. Al contrario, è meglio
restare fermi sul palcoscenico con i piedi ben piantati a terra nella
posizione 1 della figura. Al limite muovi il resto del corpo.
Il pubblico in questa fase vuole avere tutto il tempo per capire chi sei,
come ti vesti e come è il tuo aspetto complessivo. Vuole capire anche
se tu e la tua canzone potete interessare e divertire.
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Mentre guardi verso il pubblico, dirigi lo sguardo subito sopra le
teste. In questo modo dai loro l'illusione di essere completamente a
tuo agio. Devi riuscire a coinvolgere il pubblico senza intimidirlo o
imbarazzarlo, quindi non usare il contatto visivo diretto se non per
pochi istanti.
Questa prima fase serve in definitiva per comunicare al pubblico :
“Questo sono io, dedicatemi qualche minuto e vi farò divertire e
emozionare”.
Una volta fatto questo, sarà la musica a dirti quando è il momento di
muoversi da quella posizione.
Punto due: non appena la canzone cambia l'emozione che vuole
esprimere, ad esempio nel ritornello, in un cambio di tonalità o altro, è
arrivato il momento di passare al punto 2.
Non appena la musica o le parole (o entranbi) accennano ad un
cambio di emozine, vai al punto due e concentra la tua attenzione su
quel lato della sala.
Devi solo volgere leggermente il corpo verso destra in modo che il
pubblico che si trova al centro della sala o a sinistra, continui a vederti
e non si senta escluso.
Naturalmente non è obbligatorio fare la prima mossa verso destra,
puoi anche scegliere di andare a sinistra e continuare nello schema al
contrario.
Punto tre: nel susseguente significativo cambio di emozioni della
musica, cambia direzione e muoviti dall'altra parte del palcoscenico.
Stai sempre attento ad essere sempre visibile da ogni lato della sala,
cerca di non volgere le spalle a nessuno.
Punto quattro: questo nuovo spostamento ti porterà ancora al centro
del palcoscenico, ma più vicini al pubblico. Giunti a questo punto la
canzone sarà vicina alla conclusione.
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Punto cinque: la maggior parte delle canzoni finisce a questo punto,
cioè in una posizione centrale ma ancora più vicino al pubblico, che
ora ti conosce meglio e ti vuole vedere più da vicino.
Questa è la posizione di rilievo: hai conquistato tutto il pubblico da
destra a sinistra e sul palcoscenico ci sei solo tu. Tutti guardano
solamente te e stanno per applaudirti.
Punti da sei a otto: questi ulteriori movimenti servono per canzoni
più lunghe e non sono altro che la copia dei movimenti da 2 a 4, ma
spostati più avanti.
Tutti i movimenti che devi fare sul palco possono essere riassunti in
questo semplicissimo schema. Per avere conferma, ora che lo hai
appreso, prova ad osservare come si muovono i cantanti, dalle rock
star agli interpreti di musica leggera, e vedrai che tutti utilizzano
questi movimenti base.
La paura del palcoscenico
Non ti preoccupare: tutti hanno paura del palcoscenico. Anche i
cantanti più affermati. È positivo avere paura, anzi è un aspetto
naturale dell'esibizione. È addirittura necessaria, perchè attraverso la
paura il tuo corpo inizierà a produrre adrenalina, la quale è
indispensabile per darti tutta l'energia di cui hai bisogno.
Quindi non aver paura della paura! L'unica cosa che devi fare è
impedire che la paura ti blocchi e utilizzare le sensazioni che provi
per elevarti ad un livello di energia più alto.
Imparare la dizione
La dizione va imparata assolutamente, a meno che non si vogliano
cantare intenzionalmente canzoni dialettali.
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In questo campo però non siamo messi troppo bene, anche per colpa
della scuola primaria e secondaria. Quanti maestri e professori, di
scuole elementari e medie parlano e spiegano le materie nel loro
dialetto di provenienza incuranti di pronunciare in italiano corretto le
parole!
Pensate se un professore di inglese ci spiegasse la lezioni di inglese
nel dialetto di un sobborgo di Londra, o di un'altra zona
dell'Inghilterra.
Inoltre, c'è tra i giovani un ulteriore ostacolo all'apprendimento della
dizione corretta: i ragazzi in genere hanno delle remore per paura di
essere presi in giro quando sono in comitiva con i propri amici.
Ma la risposta da dare loro è estemamente semplice. Se uno impara la
lingua inglese e poi va a fare visita ad un parente che parla solo in
dialetto, instaura una discussione in inglese? Certamente che no!
Quando si impara una lingua o più di una si può scegliere quale
parlare, per cui, considerando una corretta dizione una vera e propria
lingua a se stante, possiamo decidere quando vogliamo se parlarla
oppure no.
Allora quando si deve parlare in italiano perchè si è intervistati
oppure si è sul palco a presentare la propria canzone ecc. si parlerà
correttamente in italiano, poi quando si esce con gli amici, si parlerà
nel nostro bel dialetto.
Particolare importanza riveste anche l'articolazione della bocca, cioè la
giusta apertura delle vocali quando vengono pronunciate. E'
importantissimo specificare bene il suono di ogni vocale. Più la nota è
acuta e più bisogna dare spazio alla voce, occorre quindi aprire
maggiormente le vocali e assumere un'espressione del viso sorridente.
L'articolazione del viso è molto importante anche nel parlato. Prova a
guardare attentamente i movimenti della bocca dei giornalisti dei
telegiornali (almeno quelli che parlano in un corretto italiano) .
Possono sembrare esagerati, ma sono essenziali per pronunciare
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correttamente ciò che si stanno dicendo e per rendere comprensibile
ciò che si dice. Se non si articola correttamente la bocca, tutte le vocali
hanno un suono analogo e il risultato è che certe parole sono
incomprensibili.
Per dizione in definitiva si intende un parlare che segua correttamente
le regole fonetiche. Quando parliamo di dizione ci riferiamo ad un
modo corretto di pronunciare le parole, le quali devono essere
intellegibili e rispettare la fonetica. Ma soprattutto ci riferiamo ad un
modo di comunicare in grado di catturare l'attenzione dei nostri
interlocutori.
Saper parlare correttamente è uno strumento necessario non solo nel
canto, ma in qualsiasi relazione. Il modo giusto di porsi si trasforma
spesso in un'arma vincente sia nella vita professionale sia in quella
privata. Inoltre è fondamentale l'intonazione della voce. Molte
persone, che hanno imparato ad usare le parole appropriate, spesso
non riescono a raggiungere l'intonazione giusta.
Studiosi della comunicazione hanno accertato che il 40% di ciò che gli
altri pensano di noi è determinato dal modo in cui usiamo la voce.
Il risultato della nostra comunicazione è generato quindi certamente
da COSA diciamo ma, soprattutto, da COME lo diciamo.
"il COSA" incide per il 7% e "il COME" per ben il 93%
In questo 93% l'uso e l'impostazione corretti della voce sono
fondamentali.
Ti sarà successo, parlando con qualcuno, di non ascoltare del tutto ciò
che stava dicendo perché eri colpito più dalla sua marcata cadenza
dialettale che dal contenuto delle sue parole, o, peggio ancora, di
annoiarti dopo pochi minuti perché la voce che ascoltavi era priva di
espressività.
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La conversazione dovrebbe sempre indurre l‘attenzione visiva,
uditiva e cinestetica di chi ascolta.
Per concludere, chiunque abbia intenzione di utilizzare la propria
voce in modo professionale, sia esso un cantante, un attore, o un
oratore, se vuole ottenere dei risultati soddisfacenti, deve
assolutamente studiare la dizione.
Esistono ottime scuole di dizione o corsi, anche on line attraverso i
quali con una esigua spesa si ottengono ottimi risultati.
• Nel capitolo IV trovi alcune importanti regole ed esercizi di dizione.
Rispettiamo le corde vocali
Nessuno vorrebbe rovinare la propria voce, e uno dei migliori modi
per evitare questo pericolo è applicare alla didattica le conoscenze
della fisiologia e delle regole acustiche associate alla produzione del
canto per evitare di stressare il meccanismo vocale.
All’origine di eventuali carenze vocali ci sono poi anche moltissimi
fattori legati a tutto il fardello di problematiche che fanno della strada
dell’artista una strada forse di gloria, ma sicuramente anche di
sofferenza.
Questo è quello che dice una famosa insegnante di canto milanese:
“Nel primo incontro che ho con un allievo gli tolgo subito tutte le illusioni e
gli dico che questa è la carriera della sofferenza e non della gloria. Se resiste a
questo impatto allora si comincia con tutto il resto, la conoscenza della
musica e della storia della musica, che sono fondamentali, la respirazione
ecc…”
Il cantante in definitiva è uno zingaro del mondo, senza radici, in giro
per alberghi e posti nuovi, il suo rapporto con il partner è per forza
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discontinuo, deve farei conti con cambiamenti climatici che minano le
corde vocali, l’alimentazione è irregolare per i continui
spostamenti….. entrano in gioco spesso fattori come gli stati d’animo e
le situazioni personali di quel particolare momento…. Insomma non è
una strada facile perchè il tuo strumento è lo strumento più bello, più
difficile, più complesso che esista e non è semplice riuscire sempre a
farlo suonare nel modo migliore.
La statistica dice che il 20% dei cantanti e il 40% degli attori lamentano
sintomi di stanchezza vocale. È chiaro che può essere saltuariamente
accettabile un certo grado di affaticamento in base alla durata e alla
frequenza delle esibizioni, ma quando la sua comparsa è costante e
durevole nel tempo significa che c’è qualcosa che non va e si deve
correre ai ripari.
E a volte succede tutto questo perchè la tecnica adottata non è forse la
migliore per salvaguardare le corde vocali …….
Che cosa può danneggiare le corde vocali?
Spesso si abusa della propria voce senza rendersene conto. Molte
abitudini che abbiamo possono influenzare il corretto funzionamento
delle corde vocali e possono essere tanto dannose quanto una tecnica
sbagliata.
Il fumo per esempio asciuga le mucose delle corde vocali, i bordi delle
quali, senza questa naturale lubrificazione si gonfiano rendendo
difficile la vibrazione. In questo modo parte dell’aria fuoriesce senza
essere utilizzata con conseguente imbruttimento della voce.
Alcool o droghe influenzano e disturbano il sistema neuromuscolare,
riducendo la capacità delle corde di funzionare correttamente.
Mangiare prima dello spettacolo può essere dannoso perché la digestione
rallenta tutte le altre funzioni dell’organismo e quindi si potrebbe non
avere la prontezza mentale e la coordinazione indispensabili per
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un’esibizione.
Inoltre durante la digestione si deposita del muco in eccesso sulle
corde vocali che può interferire con la loro vibrazione.
Gli sbalzi ormonali che hanno le donne durante la gravidanza, i cicli
mestruali o la menopausa, fanno inspessire i tessuti delle corde vocali
che quindi non rispondono in questi periodi in modo ottimale alle
sollecitazioni. (In questi casi naturalmente non c’è da fare altro che
avere più attenzione durante l’esibizione).
Il reflusso gastro – esofageo, che non è altro che il contenuto acido dello
stomaco che refluisce nell’esofago, può essere asintomatico oppure
vissuto solo come un leggero fastidio, ma può danneggiare la mucosa
delle corde vocali in modo talvolta irreversibile. È consigliabile quindi
in caso di presenza di questo disturbo consigliarsi con il proprio
medico per una terapia anti-reflusso.
Il reclage. Si può tradurre in “suono sporco”e viene utilizzato nel canto
moderno per interpretare alcuni passaggi di un brano musicale. Ci
sono cantanti che lo adottano a tempo pieno per dare alla loro voce
una timbrica “graffiata”. Bisogna ricordarsi però che il reclage è una
pratica scorretta e danneggia le corde vocali provocando, se usato in
modo improprio e eccessivo, polipi e noduli. Serve porre molta
attenzione quindi al senso di riscaldamento della gola durante l'uso di
questa pratica, che è un segnale di sofferenza delle corde vocali.
Un cattivo stato di forma fisica. La voce non è qualcosa di isolato dal
corpo. Il canto coinvolge l'azione di molti muscoli che possono
affaticarsi e perdere la forma a causa di mancanza di esercizio fisico e
di cattiva alimentazione.
Perchè la voce possa funzionare in modo ottimale, il corpo deve
mantenere un livello buono di efficienza. È quindi indispensabile per
un cantante mantenersi in uno stato fisico ottimale e seguire
un'alimentazione sana.
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Alcuni accorgimenti per la salvaguardia delle corde vocali.
Identifica la tua estensione e parla e canta entro un range di altezze
adatto al tuo strumento vocale.
Forzare la voce, a lungo termine danneggia le corde vocali.
Nel canto moderno, la possibilità di fare trasposizioni (cambiare la
tonalità del brano), dà modo di adattare la canzone alle proprie
caratteristiche esaltando al meglio le proprie dinamiche.
L'estensione può naturalmente essere ampliata con esercizi e con una
buona tecnica, ma ricorda che raggiungere una nota particolarmente
acuta in vocalizzo non significa poter tenere quella nota su lunghe
frasi ogni sera della settimana.
Ricorda che i limiti di estensione possono variare dal mattino alla
sera, e da un giorno ad un altro, in base allo stato di salute delle
mucose, all'umore e al livello di stress.
Non limitarti a bere solo quando hai la sensazione di gola secca, o
prima della performance, ma bevi almeno due litri di acqua al giorno
per mantenere il corpo e le corde in buona salute.
Evita l'assunzione di pastiglie balsamiche o antidolorifiche se non
prescritte da un medico. La maggior parte delle pastiglie balsamiche
contiene mentolo che secca le mucose della faringe e della laringe.
Ricorda di assegnare una parte del tuo tempo al sonno e al riposo.
Ignorare la stanchezza provoca, dopo una settimana di
compensazioni, riduzione dei toni acuti e raucedine, molto spesso
scambiata per infiammazione delle vie aeree.
Prima di ogni performance è importantissimo eseguire degli esercizi
di riscaldamento vocale. Sarà il tuo maestro di canto ad indicarti le
modalità e i tempi di riscaldamento, ma qui sotto voglio indicarti
alcuni passi fondamentali.
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Prima dello spettacolo:
1 – scegliere un posto dove sia possibile concentrarsi, e cercare di
rilassarsi eliminando le tensioni accumulate nella giornata.
2 – fare qualche esercizio di stretching con la testa, le spalle, le braccia
e i fianchi. Compiere anche alcuni sbadigli e scrollare le braccia per
liberarle dalle tensioni.
3 – controllare la respirazione inspirando e espirando lentamente con
atto profondo e completo, verificando nel contempo le capacità di
controllo sulle dinamiche di appoggio e sostegno diaframmatici.
4 – eseguire scale e arpeggi per cominciare a “muovere” la voce e
raggiungere con gradualità le note più acute.
5 – se la voce è pesante o sporca eseguire vocalizzi nasalizzati con le
sillabe “mi” e “ni”. Se la voce è stridula, aumentare l'ampiezza del
cavo oro – faringeo attraverso vocalizzi con le sillabe “lo” e “go”.
Tutto questo non ti prenderà più di 10 – 15 minuti ed è fondamentale
per rendere al massimo mantenendo le proprie corde in buona salute.
Specialmente in situazioni di debolezza o malattia, un buon
riscaldamento vocale è fondamentale per ridurre il rischio di danni.
Breve digressione sulla respirazione nel canto
Il controllo della respirazione è un fattore fondamentale per chiunque
voglia cantare correttamente e sarà la prima cosa (spero!) sulla quale il
tuo insegnante di canto cercherà di focalizzare la tua attenzione.
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Oggi in quasi tutte le scuole di canto è universalmente riconosciuta
l’importanza della respirazione addominale nell’emissione cantata (in
seguito vedremo nel dettaglio come si esegue in modo corretto e
perché potrebbe essere preferita rispetto ad altri metodi di
respirazione), ma non è stato sempre così.
Il punto di svolta è avvenuto nel 1853 ad opera del foniatra ungherese
Mandl, il quale sferrò un violento attacco contro le modalità
respiratorie adottate fino a quel periodo. Tali modalità erano quelle
del “Metodo del Conservatorio di Parigi” scritte per volere di Luigi
Cherubini dal tenore Bernardo Mengozzi.
Il quale Mengozzi, nel suo trattato, distingueva due tipi di
respirazione, quella normale nella quale si gonfia l’addome senza
coinvolgere il torace e che viene usata abitualmente nel parlato, e
quella associata al canto, dove al contrario l’addome deve rientrare
mentre il petto deve gonfiarsi.
In poche parole un cantante che volesse utilizzare al meglio le sue
capacità vocali, secondo Mengozzi doveva respirare esclusivamente
con il torace senza coinvolgere attivamente l’addome.
Nella sua invettiva contro questa tecnica, quindi Mandl dette impulso
al fiorire di tecniche respiratorie opposte (esclusivamente addominali)
nell’eterno gioco dei contrari che provoca la nascita di due ideologie
estreme, quando a volte sarebbe invece più logico cercare la verità in
mezzo.
Al giorno d’oggi, infatti, anche chi promuove tecniche respiratorie
“basse”, non predica più il solo ed esclusivo coinvolgimento
dell’addome, ma un lavoro coordinato insieme alle costole inferiori
(fluttuanti) per l’attivazione di una respirazione cosiddetta “costodiaframmatica”.
Questa respirazione è determinante per ottenere il rilassamento delle
strutture (muscoli, tendini e quant’altro) della parte alta del petto, che
in caso contrario andrebbero ad interagire con la muscolatura delle
corde vocali impedendone il corretto funzionamento.
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Comunque, indipendentemente dai dettami delle varie scuole, c’è una
cosa importante da tenere in mente: in natura non esistono organi
vocali che non abbiano la possibilità di emettere almeno due ottave di
estensione come richiesto in genere dal canto, e non esistono
(nonostante il credere comune) nemmeno voci stonate, perché il
corretto dosaggio del fiato cancella ogni difetto di intonazione
rendendo agile l’emissione cantata.
Il dosaggio dell’emissione del fiato è un fattore determinante anche
per il controllo della postura della laringe, in quanto una laringe che
tende a salire nelle note acute (movimento assolutamente fisiologico
ma che deve essere ostacolato nel canto), tende ad invertire direzione
se sollecitata da una maggiore erogazione del fiato.
In definitiva ogni difetto di emissione è quindi quasi sempre
riconducibile al una scorretta respirazione.
I registri vocali
L’insieme delle note che una voce umana può emettere dalla più
grave a quella più acuta è detta “estensione”.
Questa è divisa in due settori, uno che comprende le note centro-gravi
e l’altro le note acute, prodotti da attività muscolari diverse.
Il primo settore (note centro-gravi) è definito “registro di petto”, il
secondo settore (note acute) “registro di testa”. Entrambi vengono
definiti “registri fondamentali”.
Il registro di petto è quello fondamentale della voce parlata , quello
che caratterizza ognuno di noi fin dalla nascita, cioè quello che
adoperiamo normalmente nel parlare.
Il registro di testa è prodotto da una diminuzione di spessore delle
corde vocali che dà alla voce una sonorità particolare che è detta
“falsetto”.
Il falsetto non è come alcuni affermano prerogativa delle voci maschili
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ma anche le voci femminili sono in grado di produrlo, di separare cioè
il registro di petto da quello di testa. Nei maschi è solo più evidente a
causa della maggiore frequenza vibratoria della voce.
Come vedremo tra poco analizzando la laringe, le coppie muscolari
più importanti per l’emissione vocale sono la tiroaritenoidea e la
cricotiroidea le quali possono agire in antagonismo o in collaborazione
tra loro. Quando le due coppie muscolari agiscono in antagonismo (se
si contrae una si rilascia l’altra), i registri si mostrano separati
all’interno dell’estensione.
Quando
invece
vengono
contratte
volontariamente
e
simultaneamente si dà vita ad un terzo registro che prende il nome di
“registro misto”. La voce in questo caso non essendo né completamente
di petto né completamente di testa assume un colore diverso e ben
definito rispetto a quello ottenuto impiegando un solo registro.
Quando una voce è ben addestrata ad impiegare il registro misto per
almeno due ottave della sua estensione viene detta impostata.
Quindi in definitiva il registro misto non è altro che la somma,
l’intersezione dei due registri fondamentali.
Naturalmente il dosaggio dei due registri non è uniforme per tutta
l’estensione vocale ma varia nel passaggio dal grave all’acuto.
In particolare:
• nella zona grave predomina il registro di petto;
• nella zona media la percentuale dei due registri è pressappoco
uguale;
• nella zona acuta predomina il registro di testa.
Per quanto riguarda le voci non impostate invece i registri
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fondamentali vengono intersecati in percentuali diverse rispetto alle
voci liriche, ma nessun cantante può sottrarsi alla regola della
distribuzione dei registri all’interno della propria estensione.
In particolare le voci non impostate (o incolte) hanno la possibilità di
sfruttare separatamente i registri (potendo in questo modo produrre
una estensione maggiore rispetto alle voci liriche) e di manipolare i
passaggi di registro e la loro miscelazione a seconda
dell’interpretazione personale del brano.
I cantanti non impostati non sono sottoposti in definitiva come i
cantanti lirici a regole rigide.
In genere anzi il cantante di musica leggera tende a posticipare il più
possibile il passaggio tra il registro di petto e il registro misto o quello
di testa per dare maggiore aggressività all’interpretazione
riservandosi di passare agli ultimi due registri solo in casi estremi.
ESTENSIONE VARIABILE DI OGNI VOCE NON IMPOSTATA
Registro grave
emesso esclusivamente
di petto
Registro medio Registro acuto,
misto a
eventuale di
percentuale
solo falsetto
varia
ESTENSIONE DI 2 OTTAVE PER OGNI VOCE IMPOSTATA
Registro grave misto a
predominanza di petto
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Registro centrale misto
50% petto e testa
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Registro acuto misto a
predominanza di testa
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È sicuramente utile anche per le voci non impostate, approfondire il
registro misto ed estenderlo il più possibile all'interno della propria
gamma vocale.
Ne trova giovamento il timbro, la ricchezza e la bellezza del suono, e
porta anche ad un aumento dell'estensione.
Un esercizio interessante a questo scopo è il vocalizzo anche con tre
sole note in fase discendente, cioè dall'acuto al grave (es. Do Re Do; Si
Reb Si, ecc...). In questo modo si passa dal registro di testa via via a
quello di petto, intersecando i registri in diverse percentuali man
mano che si scende, troncando così sul nascere ogni tentativo di
prevaricazione del registro di petto rispetto a quello di testa.
Il registro misto, in definitiva è il registro di passaggio, il ponte che ti
permette di accedere alle note più alte della tua estensione.
Ma dove si trova di preciso il registro misto? A quali note
corrisponde?
Di seguito trovi una illustrazione che ti permette di localizzare con
buona approssimazione la posizione del registro misto sia per le voci
maschili che per quelle femminili:
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Le donne incontrano il registro misto prima degli uomini perchè
hanno meno registro di petto a disposizione a causa delle corde vocali
che sono più corte e più sottili rispetto a quelle degli uomini. Ma di
conseguenza hanno a disposizione più voce di testa.
Per gli uomini perciò, proprio a causa della maggior estensione dalla
prima nota di petto all’ultima di misto, è possibile gestire il parlato e il
cantato senza mai usare la voce di testa.
Ti sarai accorto, probabilmente con una certa sorpresa, che il registro
misto è molto limitato rispetto a tutta l’estensione umana: come
abbiamo visto comprende solo circa sei semitoni.
Ma è tutto quello che serve: senza il registro misto non si riuscirà mai
a salire oltre le note estreme del registro di petto, ma solo a scendere
di tonalità. Il registro misto sposta il limite superiore verso l’alto, in
modo che si possa salire e scendere lungo la nostra estensione senza
limiti.
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Registri e risonanze
La vibrazione delle corde vocali determina il timbro iniziale del
suono, ma la risonanza ne determina il timbro finale, quella qualità,
cioè, che rende unica ogni voce. La differenza è principalmente
dovuta alla forma e alle dimensioni uniche del sistema di risonanza di
ogni persona.
Le cavità di risonanza, come vedremo tra poco, sono tutte quelle che
si trovano tra la laringe e l’esterno:
• la faringe
• la cavità orale
• le fosse nasali
Tutte le sensazioni fisiche che un cantante avverte durante l’emissione
del suono sono quindi un prodotto dell’attività di risonanza. Le note
gravi sembrano trovarsi nella gola, nella bocca e nel petto (per questo
si parla di voce di petto), mentre mano a mano che si sale verso le note
acute, la voce sembra spostarsi sempre più indietro rispetto al palato
molle, finchè finalmente sembra uscire dalla parte posteriore della
testa (da qui il termine voce di testa).
Ma le sensazioni fisiche che si provano non hanno niente a che vedere
con quello che in effetti sente l’ascoltatore. Ciò che invece queste
sensazioni possono fare, è aiutare il cantante ad utilizzare la voce in
maniera corretta.
Se si riesce a capire quello che sta avvenendo nel nostro corpo mentre
si canta (o anche mentre si parla solamente), si riesce a gestire meglio
il tutto.
Un espediente interessante e che dà ottimi risultati, è quello di cercare
di visualizzare mentalmente quello che accade, per creare una forte
motivazione e eseguire i passaggi necessari per spostarsi dal registro
di petto a quello misto. Si deve prima di tutto rendersi conto che la
parte posteriore della gola deve essere molto aperta nel registro di
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petto, e avvertire un intenso flusso d’aria provenire dalle corde vocali,
che peraltro non hanno difficoltà a sopportare. Quando ci spostiamo
nella parte alta del registro di petto, si deve iniziare ad inviare l’aria
nei seni paranasali. Mentre siamo nel pieno del registro di petto,
cerchiamo di visualizzare l’aria che sale nella gola, arriva fino alla
bocca e poi fuoriesce attraverso le labbra. Proviamo ad immaginare
l’aria colorata, magari di un bel colore intenso.
Quando si passa nel registro misto dobbiamo visualizzare l’aria
colorata concentrarsi verso la parete posteriore della gola ed entrare
nell’area posteriore del naso. I colori devono vibrare in quella zona.
Questo esercizio di visualizzazione aiuta a percepire i cambiamenti
che avvengono all’interno del corpo quando si passa dal registro di
petto a quello misto, dopo sarà più facile concentrarsi sulla potenza
dei suoni.
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Pillole di teoria: La tastiera del pianoforte
Anche se non è necessario per un cantante saper suonare uno
strumento, è consigliabile conoscere almeno la tastiera del pianoforte.
Vedrai che ti tornerà utile in molte situazioni, negli esercizi e nei
vocalizzi ed anche per controllare la tua estensione e la tua
intonazione.
La tastiera è costituita da tasti bianchi e neri. Se guardi attentamente, i
tasti neri sono suddivisi in gruppi di due o tre intervallati da uno
spazio.
Quindi vedrai due tasti neri – spazio - tre tasti neri – spazio e così via.
Ogni tasto bianco subito a sinistra di ogni gruppo di due tasti neri è
un DO. Semplice, no?
Partendo da un qualsiasi DO e andando verso destra avremo così la
scala ascendente: DO RE ME FA SOL LA SI fino ad arrivare al DO
successivo (ottava sopra).
Partendo da un qualsiasi DO e andando verso sinistra avremo la scala
discendente DO SI LA SOL FA MI RE fino al DO precedente (ottava
sotto).
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Tra due tasti bianchi adiacenti (es: DO RE o RE MI) c'è un intervallo di
un tono.
Tra un qualsiasi tasto bianco e il tasto nero successivo o precedente c'è
un intervallo di un semitono.
A questo fanno eccezione gli intervalli MI FA e SI DO tra i quali c'è già
un semitono di differenza e quindi non hanno tasti neri che li
separano.
Partendo da un qualsiasi DO sulla tastiera e suonando tutti i tasti
verso destra avremo le note:
DO DO# RE RE# MI FA SOL SOL# LA LA# SI DO successivo.
Verso sinistra:
DO SI Sib LA Lab SOL SOLb FA MI Mib RE Reb DO precedente.
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Come vedi lo stesso tasto nero può cambiare di nome (diesis# o
bemolle b), ma la nota è sempre la stessa. Per es: il DO# (DOdiesis) e il
Reb (REbemolle) non sono altro che la medesima nota.
Questo per quanto riguarda la pratica comune, perchè in realtà le due
note sono diverse, la prima cioè è più alta della seconda di circa un
nono di tono. Questa differenza viene detta comma ed è una delle
misure usate dagli accordatori.
Chiaramente questa differenza ha provocato non pochi problemi ai
musicisti del passato e ci sono voluti parecchi secoli per trovare una
via d'uscita. Alla fine la soluzione è arrivata con il temperamento, che
ha definito i rapporti tra le note che conosciamo oggi.
Il famoso clavicembalo ben temperato di J.S. Bach è stato composto
proprio per dimostrare che con il temperamento equabile si aveva la
libertà di suonare in una tonalità qualunque.
Ma torniamo a noi:
la prima scala che abbiamo eseguito, quella con i soli tasti bianchi
viene definita “scala diatonica”.
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La seconda, nella quale abbiamo utilizzato anche i tasti neri viene
definita “scala cromatica”.
Ogni DO costituisce un armonica degli altri DO. Se suonate
contemporaneamente il DO più basso e quello più alto, sentirete che
armonizzano tra loro. Una volta trovato il DO, potete localizzare le
altre note scorrendo le dita sulla tastiera.
Un'ottava costituisce una frequenza esattamente doppia rispetto a
quella fondamentale. Ecco perchè quando si suona il primo DO e poi
quello seguente, sono simili ma di tonalità diversa.
Sedendoti all'incirca al centro della tastiera del pianoforte il DO che ti
trovi davanti è il “DO centrale” o mediano. Questo ha una frequenza
di 256 herz, il DO successivo ha una frequenza esattamente doppia:
512 hertz.
Una melodia può essere descritta come una successione di intervalli.
Il pianoforte ti aiuta a riconoscere gli intervalli. L'intervallo tra due
toni o note adiacenti, si chiama “seconda”, quando c'è una nota in
mezzo l'intervallo è di “terza”, e così via.
Le terze, le quinte e le ottave vengono definite “intervalli concordanti”
perchè armonizzano tra di loro cioè “suonano bene insieme”.
La tonalità
La successione di note che si ottiene suonando tutti i tasti bianchi dal
DO a quello successivo non è altro che la scala di DO MAGGIORE
(DO+) la quale, se la osservi attentamente è costituita da una precisa
successione di toni e semitoni. Ed in particolare:
tono – tono – semitono – tono – tono – tono - semitono
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Possiamo eseguire tante scale in maggiore quante sono le note,
mantenendo la stessa successione di toni e semitoni sopra descritta.
Quindi una scala ad esempio di Re maggiore (Re+) sarà costituita dalle
note: RE MI FA# SOL LA SI DO# fino al RE successivo.
Come vedi i due semitoni sono ancora in terza e settima posizione
come nella scala di DO+.
Oltre alle scale in “maggiore”esistono anche quelle in “minore”.
Un esempio semplice di questo tipo di scale da eseguire utilizzando
solamente i tasti bianchi del pianoforte è la:
scala di LA MINORE NATURALE (LA -)
Puoi constatare che nelle scale in minore la successione dei toni e
semitoni è diversa rispetto a quelle in maggiore.
Oltre alla scala maggiore e minore naturale esistono anche: la scala
minore armonica, la scala maggiore armonica, la scala minore melodica ed
anche altre come la scala minore di Bach. Questo per dovere di cronaca,
ma non voglio dilungarmi in questo campo per non confonderti le
idee.
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Torniamo alla tonalità.
La tonalità di una canzone non è altro che la scala con la quale questa
viene eseguita, utilizzando quindi le note della scala stessa.
Si dice allora che una canzone è in tonalità di DO + quando viene
eseguita in quella scala. Una canzone in SOL – sarà eseguita nella
scala di SOL minore e così via.
Mentre nel canto lirico le tonalità in genere sono blindate e si può
intervenire eventualmente accordando gli strumenti un po' più bassi
nel caso di problemi vocali del cantante, nella musica leggera tutto è
lecito.
È possibile quindi abbassare o alzare tonalità a piacimento in base alle
proprie caratteristiche vocali. Le donne possono cantare canzoni
composte originariamente per uomini e viceversa semplicemente
cambiando la tonalità.
Con gli strumenti oggi in commercio per riprodurre basi musicali o
con i computer, è semplice adattare le tonalità alle proprie
caratteristiche agendo sul comando predisposto. Naturalmente ogni
unità che appare sul display corrisponderà ad un semitono, quindi se
vuoi alzare una canzone di un semitono (es. da Do a Do#) dovrai
impostare il comando su +1, se la vuoi abbassare di un tono (es. da Do
a Sib) dovrai impostare il comando su – 2.
Utilità del cambio di tonalità
Oltre alla possibilità di cantare brani che altrimenti non sarebbero alla
nostra portata, il cambio di tonalità è utile anche come “allenamento”
vocale in sede di preparazione del brano.
Infatti capita molto spesso di trovarci in difficoltà davanti ad alcuni
passaggi di una canzone, specialmente su note particolarmente alte al
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limite delle nostre capacità vocali. Difficoltà che poi durante lo
spettacolo provocano un atteggiamento di disposizione psicologica
sbagliata, la quale porta quasi inevitabilmente alla “stecca”.
È utilissimo in questo caso, durante le prove, alzare la tonalità di un
semitono in modo da studiare su note ancora più difficili rispetto a
quelle originali, un po' come fanno certi atleti che si allenano con
carichi di lavoro più alti per rendere poi al meglio durante la gara.
Questo espediente infonde una maggiore fiducia nelle proprie forze e
nelle proprie capacità vocali con conseguente atteggiamento di
sicurezza durante la performance.
Riconoscere la tonalità di una canzone
La tonalità di uno spartito musicale si riconosce immediatamente
tramite l'osservazione delle alterazioni (diesis # o bemolle b) poste
all'inizio del brano.
Riconoscere una tonalità ti servirà per sapere in quale tonalità è stata
scritta la canzone originale, e in quale tonalità eventualmente deve
essere trasportata per adattarla alle tue caratteristiche vocali.
Quindi osserva le alterazioni sullo spartito subito dopo la chiave e
l'annotazione del tempo e avrai immediatamente la tonalità del brano.
Ho tralasciato qui volontariamente tutti i discorsi sul circolo delle
tonalità e la successione delle quinte, ma se interessa approfondire
l'argomento, puoi consultare sul mio sito www.ut-musica.com la
pagina:
http://www.ut-musica.com/teoria-musicale/teoria-musicale-letonalita-seconda-parte
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e tutte le altre che trattano di tonalità e trasporto.
Di seguito ti ho elencato le tonalità più utilizzate. Puoi provare a
memorizzarle tutte, ma intanto questa pagina può servirti da
consultazione ogni volta che ti trovi davanti ad uno spartito:
Se non hai nessuna alterazione in chiave, ti trovi davanti alla tonalità
di Do maggiore o La minore
Se hai due diesis in chiave la tonalità è Re maggiore o Si minore
Se hai quattro diesis in chiave sei in Mi maggiore o Do# minore
Se hai un bemolle in chiave sei in Fa maggiore o Re minore
Con un diesis in chiave la tonalità è Sol maggiore o Mi minore
Tre diesis in chiave indicano la tonalità di La maggiore o Fa# minore
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Con cinque diesis in chiave la tonalità à Si maggiore o Sol# minore
Se hai due bemolle in chiave la tonalità è Sib maggiore o Sol minore
Se hai tre bemolle in chiave sei in Mib maggiore o Do minore
Se hai quattro bemolle in chiave sei in Lab maggiore o Fa minore
•
Uno studio più approfondito sulla Teoria Musicale lo trovi al capitolo V.
Bene, abbiamo fatto delle importanti riflessioni e delle considerazioni
riguardo al canto, le corde vocali e la respirazione. È ora arrivato il
momento di procedere nella conoscenza delle strutture che ci
permettono di emettere la voce.
Il primo passo quindi che dobbiamo fare è quello di addentrarci nello
studio approfondito del nostro “strumento”, cioè di analizzare il
meccanismo della voce parlata in modo da riprodurlo nel canto.
Perché se è vero che è impossibile affacciarsi al canto senza un buon
maestro (e sottolineo un buon maestro), che ti indirizzi verso l’uso
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corretto dello strumento più bello che esista, è altresì vero che non si
può utilizzare uno strumento, qualunque esso sia, senza conoscerne
appieno il funzionamento.
E come il bravo medico sarà diventato tale solo dopo una lunga
esperienza sul campo, ma anche e soprattutto dopo aver studiato a
fondo sui libri la sua materia, così il cantante che si accinga ad
intraprendere una carriera così difficile ma anche piena di
soddisfazioni (perché anche solo scoprire le immense potenzialità
della propria voce è fonte di grande soddisfazione), deve conoscere
perfettamente la funzione di tutte le componenti anatomiche che
regolano l’emissione, e come utilizzare correttamente queste
componenti, giacchè raramente ho trovato maestri, pur bravi, che
sapessero spiegarmi la meccanica, la fisiologia, la fisica di quello che
materialmente volevano mettessi in pratica.
In definitiva quindi voglio dire che conoscere perfettamente
l’anatomia, la fisiologia e il comportamento dei comparti che
producono la voce cantata è una base indispensabile per chi si accinge
a studiare canto. Ma anche chi già si sta cimentando in questa
disciplina dovrà prima o poi giocoforza documentarsi e saldare nella
memoria quelle precise meccaniche.
Immagina di avere un pianoforte, o un sassofono, o qualsiasi altro
strumento, e immagina di smontarlo, di portarne alla luce tutti i suoi
meccanismi in modo da vedere come sono fatti, con quale materiale
sono costruiti, come si muovono durante l'emissione del suono, quali
sono le parti che si sono consumate nel tempo e quali parti
necessitano di una manutenzione più o meno continua. Pensi che
potrebbe esserti utile per mantenere questo strumento sempre al top?
E se riesci a scoprire come le varie componenti di quel particolare
strumento rispondono meccanicamente alle varie sollecitazioni delle
tue dita, del tuo fiato, della tua forza muscolare, pensi che potrebbe
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esserti utile per utilizzarlo al meglio?
Certo che si!
Qualsiasi cosa utilizziamo, che sia uno strumento o un'automobile, se
la conosciamo a fondo, se siamo cioè dei bravi meccanici, siamo anche
in grado di utilizzarla al massimo, ma sapendo che esiste un massimo,
un punto oltre il quale quello strumento o quell'automobile non può
arrivare. Giusto?
E allora perchè tutto questo no lo facciamo anche per la voce?
Perchè rischiare di utilizzarla oltre le proprie possibilità oppure (cosa
altrettanto grave) accontentarsi di sottoutilizzarla?
Per pigrizia!
Perchè le persone quando non pagano una cosa poi non le danno
importanza.
E la voce non l'abbiamo pagata nulla.
Se ci fossimo dannati a cercare il pianoforte che più ci piace in giro per
negozi e poi avessimo dato fondo a tutti i nostri risparmi magari
facendoci prestare qualcosa dai genitori, è sicuro che il giorno
successivo saremmo davanti ad un insegnante a seguire la nostra
prima lezione. Con la voce questo no lo facciamo.
Basta essere intonati e magari intendersene un po' di musica che ci
sentiamo immediatamente in grado di cominciare a cantare. Poi
quando la cosa comincia a piacerci ci concediamo addirittura anche
due o tre lezioni di canto (“Ma che noia però! E poi non ho tempo per
tutte quelle cose sul diaframma, vocalizzi, scale ...”).
E invece da oggi hai deciso di fare le cose sul serio!
Il fatto che tu sia qui a leggere ne è una prova. Quindi cominciamo
con l'anatomia.
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Naturalmente ho ridotto tutto all'essenziale. Quello che devi sapere
sull'anatomia e la fisiologia della respirazione è tutto qua sotto. Non
importa che ti ricordi a mente tutti i nomi (sarebbe meglio però) ma la
localizzazione delle muscolature, degli organi, e le loro funzioni
nell'emissione della voce, quello si.
Detto questo andiamo senza ulteriori indugi a studiare il nostro
“strumento”, andiamo cioè a smontarlo per capire come funziona.
Capitolo II
ANATOMIA DELLE STRUTTURE PREPOSTE AL CANTO
Ovvero: smontiamo il nostro strumento e guardiamo come è fatto
Nota: in questo capitolo si parla di “pressione sottolaringea” e di “appoggio e sostegno”
respiratori che sono argomenti tipici della Tecnica di Affondo (T.d.A.) la quale verrà analizzata
in seguito. Questa tecnica di canto presuppone un coinvolgimento attivo delle muscolature
addominali per pressurizzare l'aria prima di convogliarla verso le corde vocali. Si tratta quindi
di una respirazione atletica, muscolare, che però non è prevista in altre tecniche, tutte
validissime, le quali invece indirizzano verso una respirazione rilassata e morbida.
Le seguenti nozioni vanno prese quindi solo come dimostrazione e apprendimento di tutte le
strutture che entrano in ballo durante l'emissione vocale. L'attivazione poi più o meno marcata
e cosciente di tutte le muscolature, specialmente addominali, preposte alla respirazione sarà
implicita nel tipo di tecnica di canto che si vorrà adottare.
Si possono inquadrare tre sezioni preposte al canto professionale in
base al cammino che percorre il suono:
• la sede della presa di fiato che funge da “mantice”;
• la rima glottica che funge da ancia produttrice del segnale
sonoro;
• le cavità di risonanza che fungono da casse armoniche per
l’esaltazione del suono.
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Il mantice
I polmoni possono essere immaginati come due sacchi elastici la cui
cavità è permanentemente in comunicazione con l’aria atmosferica
tramite le vie aeree.
Il muscolo respiratorio più importante è il diaframma senza il quale
non è possibile respirare in modo adeguato. I muscoli ausiliari e quelli
della parete addominale intervengono in modo evidente nel corso
dell’inspiro e dell’espiro forzati.
Nel corso dell’ inspirazione la cupola diaframmatica si abbassa per la
contrazione delle fibre del muscolo accrescendo in tal modo il
diametro verticale della cavità toracica; nello stesso tempo i muscoli
intercostali si contraggono spostando le costole verso l’alto e l’esterno
e incrementando in tal modo i diametri in senso orizzontale della
cavità toracica.
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Parete toracica
Espirio
Inspirio
Diaframma
Parete
addominale
Questo aumento attivo delle dimensioni della cavità toracica
determina l’espansione dei polmoni e l’immissione di aria
dall’esterno.
In condizioni normali l’espirazione invece è del tutto passiva ed è
conseguente al rilasciamento dei muscoli inspiratori contrattisi
precedentemente.
Nel corso dell’espirazione il diaframma non interviene attivamente
ma è sospinto passivamente verso l’alto dai visceri addominali, a loro
volta mossi dalla contrazione dei muscoli della parete addominale.
L’espiro può anche essere forzato grazie all’intervento attivo dei
muscoli respiratori ausiliari, la cui contrazione riduce tutti i diametri
della cavità toracica.
Alla luce di questo possiamo fare due importanti considerazioni:
1- il diaframma ha funzione di stantuffo, cioè di risucchiare l’aria
nei polmoni;
2- non può in nessun modo esercitare pressioni che innalzino il
pavimento
polmonare perchè le sue funzioni si concludono
una volta che i polmoni sono riempiti.
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La pressione dell’aria sotto la laringe si ottiene quindi con l’attivazione
di altre muscolature, dunque si dovrebbe rivedere la definizione
classica di “appoggiare sul diaframma” sostituendola con “appoggiare
sulla cintura addominale”.
I muscoli che entrano in campo durante l’espirazione forzata
comprimendo il contenuto addominale sono:
l’obliquo esterno, l’obliquo interno, il traverso dell’addome e il retto
dell’addome, il gran dorsale e il quadrato dei lombi.
Non preoccuparti dei nomi, avrai tutto il tempo per memorizzarli,
ora guarda la figura e cerca di localizzarli. Per “sentirli” c'è un
esercizio semplicissimo, quello con la “s” che ti spiegherò più avanti.
Gran pettorale
Dentato anteriore
Intercostali esterni
Retto dell'addome
Obliquo interno
Trasverso dell'addome
Obliquo esterno
Lamina posteriore della
guaina del m. retto
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Interessante un dato su di una ricerca riguardo alle variazioni di
consumo del fiato tra le differenti categorie di cantanti fatta dal
foniatra M. Rossi nel 1985 che dice tra le altre cose:
- le voci gravi consumano molti centimetri cubi di aria in più
rispetto alle voci acute;
- si è potuto dimostrare che i bravi cantanti professionisti riescono
a consumare quantità di fiato molto contenute, mentre i meno
esperti ne sprecano molta di più;
- nel “registro misto” ottenuto dalla somma dei registri di petto e
di testa il consumo di fiato è maggiore che nei registri inferiori di
ogni voce.
A questo punto è bene introdurre due concetti importanti che sono
l’appoggio e il sostegno respiratorio.
L’appoggio è quella componente del controllo dell’espirazione con la
quale si rallenta la salita del diaframma attraverso la contrazione dei
muscoli intercostali interni e del dentato posteriore superiore.
Il sostegno è quella componente del controllo dell’espirazione con la
quale si produce un aumento della pressione addominale che facilita
la risalita del diaframma.
L’appoggio, quindi è quella condizione che a fine inspirazione
controlla il diaframma verso il basso e lo “allarga” attraverso l’azione
dei muscoli intercostali esterni. Questi ne controllano la sua spontanea
tendenza a risalire facendo sì che il ritorno non sia veloce ma legato
alle esigenze dell’emissione vocale.
In seguito, nel corso della frase musicale la pressione aerea diminuisce
a causa del consumo d’aria durante il canto, quindi a questo punto per
mantenere la pressione aerea desiderata il diaframma inizia a salire
accompagnato dall’azione dei muscoli addominali.
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Questi intensificano sempre di più la loro azione mano a mano che la
frase si conclude, accompagnando la riduzione del volume
polmonare.
Quindi all’appoggio iniziale, nel dipanarsi della frase musicale, si
sostituisce gradatamente un maggior sostegno.
Questi due fattori (appoggio e sostegno) devono essere ben bilanciati
ed equilibrati in quanto utilizzando la sola funzione dell’appoggio il
diaframma è forzato nell’abbassamento e non è in grado di
controllare la pressione aerea al di sotto della glottide. La
conseguenza è una vocalità “pesante” e la sensazione di una sorta di
oppressione del torace.
Al contrario chi eccede nel sostegno e “spinge” solamente, per
ottenere una pressione sufficiente è costretto ad impegnare la
muscolatura della laringe, cioè a “stringere la gola”.
Nel dettaglio, all’azione dei muscoli espiratori si contrappone, in
funzione antagonista, quella del diaframma che è mantenuto in
posizione inspiratoria.
Su come deve avvenire tutto questo i libri sono pieni di metodologie
respiratorie a volte anche in contraddizione tra di loro, ma comunque
quasi tutte concordanti sul fatto che non deve essere coinvolta la parte
più alta della muscolatura toracica.
Se durante il canto la pressione espiratoria aumenta o diminuisce
improvvisamente il suono cresce o cala, quindi una intonazione non
perfetta deriva spesso dal cattivo dosaggio del fiato.
La laringe
Tutti gli organi dell’apparato respiratorio concorrono alla produzione
di suoni, ma le corde vocali e la laringe vi svolgono un ruolo di
primaria importanza.
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La laringe è un condotto situato nella parte mediana del collo e dal
suo diametro dipendono i caratteri vocali di ciascun soggetto. La
misura della sua circonferenza dipende dal sesso (è maggiore
nell’uomo rispetto alla donna) e dall’età dell’individuo. Infatti durante
lo sviluppo dell’apparato genitale la laringe subisce una veloce
crescita che è più marcata nel maschio mentre nella femmina è più
uniforme.
La laringe gode di una buona mobilità all’interno del collo e può
subire spostamenti volontari a seconda delle funzioni che si trova a
dover espletare, come la deglutizione, la fonazione ecc…
La laringe è formata da uno scheletro cartilagineo suddiviso in diversi
segmenti i quali sono messi in movimento da un complesso di
muscoli intrinseci e di legamenti estrinseci.
La cavità laringea è suddivisa in due parti da due pieghe mucose che
delimitano una fessura allungata, la glottide che è il punto più ristretto
di tutte le vie aeree.
In corrispondenza dei margini della glottide sono presenti due coppie
di legamenti saldamente connessi da entrambi i lati con le cartilagini
laringee e sono denominati corde vocali inferiori o vere, dato che la loro
funzione è quella di articolare la voce.
Laringe
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I muscoli intrinseci hanno la funzione di sollecitare le corde vocali
restringendo o allargando la rima glottica.
Per questo si dividono in muscoli adduttori e muscoli dilatatori.
Durante la fonazione i muscoli intrinseci più attivi sono:
• la coppia TIROARITENOIDEA che contraendosi accolla le corde
vocali accorciandole e ispessendole.
• la coppia CRICOTIROIDEA che contraendosi assottiglia il bordo
libero delle corde.
La prima delle due coppie muscolari produce il “registro di petto”
mentre la seconda produce il “registro di testa” (il concetto di registro
lo abbiamo visto nel dettaglio poco fa).
Laringe
Alla luce di questo, il processo di fonazione può essere schematizzato
in questa maniera: durante la respirazione le corde vocali sono
divaricate nella parte posteriore, tutti i muscoli vocali sono a riposo e
l’aria transita dall’ambiente esterno ai polmoni e viceversa senza
incontrare ostacoli.
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In questo caso la glottide presenta una forma a V maiuscola e nel
corso di un respiro profondo diviene pressoché rotonda.
Quando vengono messi in funzione i muscoli adduttori si verifica un
accostamento delle corde vocali che si tendono e si inturgidiscono.
L’aria a questo punto durante il suo passaggio trova un ostacolo (le
corde accostate) e per passare oltre deve essere spinta dalle
muscolature collocate nel busto.
Dal canto loro le corde frazionano in onde il flusso aereo che le valica,
onde che vengono assorbite dal timpano che le elabora e le trasmette
al cervello sotto forma di suoni.
Quindi le corde vocali producono la voce grazie al passaggio
attraverso la rima glottidea dell’aria espirata che le mette in
vibrazione. Le vibrazioni delle corde vocali sono trasmesse alla
colonna d’aria che le sovrasta generando quei suoni che chiamiamo
voce.
Il volume e la velocità del transito dell’aria espirata e l’ampiezza delle
vibrazioni delle corde vocali determinano il grado di intensità
dell’emissione vocale.
L’altezza della voce dipende dalla frequenza delle vibrazioni dell’aria
che, a sua vota, è in rapporto diretto con la lunghezza, lo spessore,
l’elasticità, e il grado di tensione delle corde vocali.
I suoni più alti sono prodotti quando le corde vocali sono stirate al
massimo e la rima glottidea è quasi del tutto chiusa.
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La glottide (a sinistra) e le corde vocali (a destra) in situazioni diverse.
In alto mentre viene emessa una nota col
canto.
Al centro nel corso del respiro normale.
In basso nel corso di una inspirazione
profonda.
l: radice della lingua,; e: margine superiore
libero dell'epiglottide; e': parte inferiore
dell'epiglottide;
ph: parte anteriore della parete faringea ; tr:
trachea.
Succede quindi una cosa simile al funzionamento degli strumenti a
bocchino.
Come accade con le labbra di chi suona questi strumenti, per produrre
suoni acuti le corde vocali devono tendersi maggiormente.
La stessa cosa accade nel parlato: per farsi sentire più lontano serve
un incremento di pressione del fiato, che porta come conseguenza ad
una tensione delle corde vocali. Il risultato di questo processo di
aumento della pressione – aumento della tensione è l’innalzamento
della tonalità della voce.
Molto spesso nel canto la funzione della laringe e delle corde vocali è
messa in secondo piano rispetto alla ricerca di una corretta
respirazione e gestione del fiato, o rispetto alla ricerca delle risonanze.
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Questo perché l’attività larngea è inconsapevole, si hanno cioè molte
meno sensazioni coscienti delle funzionalità dei complessi
meccanismi che la regolano contrariamente a quanto avviene nel
controllo del fiato (con la contrazione della muscolatura
perfettamente avvertibile) o delle risonanze (con le sensazioni
vibratorie percettibili coscientemente).
Ma l’attività laringea è inconsapevole solo perché abbiamo imparato
ad automatizzarla fin dalla nascita e la gestione delle sue funzioni è
passata agli strati più profondi del cervello.
Bisogna ricordarsi però che la mente ha la capacità di individuare
nello spazio le parti del corpo e mandare impulsi alla periferia con
molta precisione.
Con la dovuta attenzione allora si può, mano a mano che
sperimentiamo nuovi esercizi, orientare sulle corde vocali la
necessaria attenzione, scoprendo così quanta capacità di manovra
abbiamo anche a quel livello.
Le cavità di risonanza
Le fosse nasali, i seni frontali, mascellari ecc.. anche se cavità piccole
rivestono una funzione fondamentale per ottimizzare la voce cantata
arricchendola di armonici superiori. (Questo è quello che dice la
didattica ufficiale, ma vedremo che la foniatria non dà troppa
importanza alle piccole cavità della testa nell’amplificazione del
suono).
Ma l’area di risonanza più capiente di cui il corpo umano è fornito è la
cavità oro-faringea. È qui che la voce riesce a timbrarsi ed inspessirsi,
anche se bisogna tenere conto che questa cavità offre all’onda sonora
un urto elastico per la natura carnosa delle sue pareti, mentre nelle
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cavità ossee rigide l’urto è più efficace per riverberare le onde sonore.
Quindi la voce si arricchisce maggiormente di armonici:
- nel cavo oro-fringeo
- nelle fosse nasali
LE FOSSE NASALI sono due cavità a forma di cuneo separate nel
mezzo dal setto nasale. Comunicano anteriormente con l’esterno
mediante le narici e posteriormente con la cavità rino-faringea.
LA FARINGE è un organo muscolo-membranoso conformato a mo’ di
tubo conico con la porzione più ampia rivolta verso l’alto mentre la
sua porzione più ristretta si continua in basso direttamente con
l’esofago.
Dall’alto in basso la faringe si suddivide in tre parti, una nasale
(rinofaringe), una orale (orofaringe) ed una inferiore (ipofaringe).
Comunica con le fosse nasali, la cavità dell’orecchio medio, la cavità
orale e la laringe.
La faringe presenta una varietà di configurazioni in base ai caratteri
etnici e individuali.
È soggetta naturalmente ad un gran numero di disturbi che ne
possono alterare sensibilità e motilità, quest’ultima importantissima
nell’attività vocale.
Quindi la faringe in grado di mutare volume e configurazione,
l’estrema mobilità della lingua, la laringe in grado di posizionarsi
volontariamente a diverse altezze, il palato molle strutturato in modo
da eseguire sensibili escursioni in altezza sono tutti elementi che
concorrono a far sì che la cassa di risonanza della voce sia in grado di
cambiare volume e conformazione a nostro piacimento.
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Per questo motivo la terza tratta della voce, la tratta oro-faringea deve
essere oggetto di studio e di attenzione molto accurati da parte del
cantante.
Quando parliamo di difetti di emissione legati al timbro, di suono
“nasale”, di suono “ingolato”, suono “indietro”, non ci riferiamo
infatti che alla gestione di queste cavità nella loro attività di rinforzo
armonico.
La risonanza è un processo nel quale il suono dà luogo attraverso il
passaggio nelle cavità a quello che è definito il timbro della voce.
Naturalmente ciò che risuona realmente è l’aria contenuta nelle cavità
e non le cavità in quanto tali. Da sottolineare che i risonatori sono
soltanto quelli posti al di sopra della glottide, cioè fra sorgente sonora
ed esterno. È infatti impensabile che una cavità che si trovi prima del
punto di origine del suono possa risuonare!
Ecco perché è sbagliato (anche se accettato dal punto di vista
didattico) parlare di risonatori toracici. Le vibrazioni che si avvertono
nel petto non sono dovute a fenomeni di risonanza ma a fenomeni
vibratori causati dalla trasmissione del suono nei tessuti. In altre
parole il petto non amplifica il suono, ma ne trasmette le vibrazioni.
Spesso si sentono molti cantanti (soprattutto lirici) che anche durante
il colloquio abituale utilizzano atteggiamenti di proiezione in
maschera della voce su tonalità mediamente più elevate del normale.
Questo non è una sorta di fanatismo da cantante lirico ma ma una
necessità di allenamento delle posizioni, in modo da farle diventare
abituali e quindi più semplici da riprodurre durante il canto.
Abbiamo detto prima dell’estrema capacità della cavità oro-faringea
di mutare di forma e di volume anche attraverso i movimenti della
lingua.
A questo proposito certe volte l’estrema ricerca di volume da parte del
cantante può provocare per esempio fenomeni come la voce ingolata,
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caratterizzata da un arretramento della base della lingua. Oppure
nella ricerca di un colore uniforme della voce si può cadere nell’errore
di innescare processi di tensione alla base della lingua e della laringe.
Certi atteggiamenti estremi danneggiano anche la dizione in quanto
più tentiamo di limitare i movimenti della lingua più ne risentirà
l’intelligibilità delle parole, viceversa però, lasciando troppa libertà
alla lingua si provocano mutamenti di ampiezza dello spazio orofaringeo con conseguenti cambiamenti di colore della voce.
Come vedi il punto di equilibrio non è facile da ottenere!
La funzione del naso nell’emissione della voce cantata
A questo punto credo sia importante andare a vedere quello che dice
la foniatria riguardo all’uso del naso nel canto. Infatti alcuni cantanti e
anche alcuni maestri di canto identificano la “maschera” con la ricerca
delle risonanze nelle fosse nasali e paranasali.
Innanzi tutto abbiamo visto in precedenza che il palato molle può
alzarsi e abbassarsi a nostro piacimento ed ha una funzione molto
importante nella produzione delle parole. Quando noi respiriamo a
bocca chiusa il palato molle è abbassato permettendo così il passaggio
dell’aria attraverso il naso. Quando invece parliamo il palato molle è
quasi sempre alzato impedendo così il flusso dell’aria all’interno delle
cavità nasali.
Ho detto quasi sempre perché a questa regola fanno eccezione solo tre
fonemi nasali che sono m, n, e gn che si ottengono per accoppiamento
delle cavità nasali alle risonanze orali mantenendo una posizione
bassa del palato molle. Le vocali che vengono emesse subito dopo una
di queste consonanti nasali possono mantenere un certo grado di
nasalità a seconda della velocità con la quale il palato molle viene
richiamato verso l’alto.
Gli esercizi quindi che tendono a tenere costantemente basso il palato
molle (vocalizzi con “ma, me, mi, mo, mu”) hanno lo scopo di
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prolungare il più possibile durante la frase cantata il passaggio
dell’aria attraverso il naso oltre che nella cavità oro-faringea pensando
che lo sbilanciamento dell’emissione nel risonatore nasale migliori la
qualità dell’emissione stessa e l’impostazione.
In realtà da studi di foniatria si evince invece che la nasalizzazione di
un suono riduce l’intensità delle frequenze armoniche (e qui tralascio
volontariamente i concetti di “frequenze formantiche” e
“antirisonanze” per non annoiarti) provocando una distorsione vocale
e una perdita di portanza del suono con relativa sensazione di voce
ottusa.
Quella che viene quindi definita “maschera”, “portare la voce in
maschera” ecc… non è la ricerca delle risonanze all’interno delle fosse
nasali, ma bensì la percezione vibratoria che si ottiene, quando l’onda
sonora è ben direzionata, sulle strutture ossee del viso.
Infatti quando la voce viene prodotta correttamente si forma una
grande quantità di energia di cui solo una parte fuoriesce dalla bocca
mentre la restante si propaga nelle strutture facciali producendo
vibrazioni che non devono essere quindi scambiate con un ruolo reale
del naso alla formazione di un suono equilibrato e corretto.
Un curioso esperimento fatto a questo proposito ha evidenziato che
ostruendo il naso di un cantante con del cotone o riempiendo le fosse
nasali e paranasali di acqua, le analisi acustiche non sono state in
grado di evidenziare nessuna differenza rispetto all’emissione con
naso libero.
Esistono alcuni esercizi che hanno lo scopo di correggere emissioni
troppo nasali come per es. assumere la posizione dello sbadiglio che
obbliga il palato molle verso l’alto, oppure le vocalizzazioni con le
consonanti dove si richieda che la vocale emessa subito dopo
mantenga la stessa elevazione del palato molle.
Questo è quello che dice il foniatra per quello che riguarda la corretta
impostazione della voce secondo le regole estetiche classiche.
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Va detto, a onor del vero, che nella musica leggera spesso si ricorre
allo sfruttamento dei risonatori superiori (fosse nasali) con
conseguente nasalizzazione del suono per evitare il fenomeno della
voce cosiddetta “spinta”, che non è altro che quello stato di
contrazione muscolare che si avverte man mano che si sale lungo
l’estensione vocale e che viene avvertito come uno stato di fatica
fonatoria.
Contrazione muscolare che porterebbe (nelle voci non impostate) ad
un punto in cui è impossibile risolvere l’equilibrio delle forze
muscolari senza incorrere nella “rottura della voce”.
Anche il fenomeno della voce spinta, però, può essere in certi casi una
scelta stilistica nelle frasi più tese dei cantanti di musica leggera.
Capitolo III
ANALISI SULLE TECNICHE DI CANTO
Come ho già detto nella prefazione, il canto è una terra di nessuno
dove prevalgono teorie del singolo, ed ognuno ha la sua ricetta.
Ma allora come fare per sapere se il nostro insegnante ci sta
proponendo una qualche ricetta personale o una tecnica
universalmente riconosciuta i cui vantaggi sono verificabili?
Qui di seguito ci sono i tratti salienti di alcune tecniche di canto
utilizzate dai migliori cantanti in circolazione, avrai così un'idea
abbastanza esaustiva di che cosa insegnano e come lo insegnano.
Potrai così anche farti un'idea di quale potrebbe essere la più
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appropriata per le tue caratteristiche.
Attento però! Non è mia intenzione insegnarti a cantare, diffida dei
libri che promettono di insegnare canto. Possono darti dei ragguagli e
delle chiarificazioni, anche importanti, come del resto spero di riuscire
a fare io. Ma:
Per imparare a cantare devi rivolgerti ad un insegnante valido, serio
e professionale. Ci sono dei parametri per riconoscere un buon
insegnante, che ti svelerò più avanti. Ma per la tua voce non puoi
prescindere dalle cure di un maestro di canto.
E allora iniziamo questo nostro viaggio con:
La Tecnica di Affondo
La tecnica di affondo (T.d.A.) è un metodo di insegnamento del canto
promosso dal pianista e compositore Arturo Malocchi.
Ha avuto grande riconoscimento a livello internazionale grazie anche
alla notorietà dei suoi allievi tra i quali Mario del Monaco (che lo
definì Maestro Eccezionale).
Mario del Monaco
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Arturo Malocchi
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Altri illustri seguaci di questa tecnica sono Costantina Vitali, Roberto
Paglierani, Franco Corelli e anche il grande Andrea Bocelli.
La tecnica di affondo, come si desume dalla parola stessa consiste
nella ricerca della cavata del suono, dell’ampliamento degli spazi di
risonanza insieme all’adozione per ogni tipologia di voce delle
medesime formule, degli stessi esercizi e degli stessi vocalizzi.
È una tecnica quindi che fornisce un programma di lavoro valido per
tutti indipendentemente dalla categoria musicale, dai registri vocali e
dalle conformazioni della laringe.
Non esistono ostacoli di genere per intraprendere lo studio di questa
tecnica, possono utilizzarla sia i cantanti lirici sia quelli di musica
leggera o rock ecc..
Vorrei qui sottolineare che dal punto di vista meramente meccanico
sia l’impostazione lirica sia quella moderna sono corrette.
Contrariamente a quanto qualcuno afferma quindi un cantante rock
non mette a repentaglio le sue corde vocali più di un tenore o un
soprano se la sua meccanica è corretta.
La Tecnica di Affondo (T.d.A) ha come prerogativa quella di avvalersi
di esercizi rivolti a:
• sviluppare e rafforzare tutte le fasce muscolari del basso busto
che saranno poi delegate a fare da mantice alla produzione del
suono;
• contrastare l’ascesa istintiva della laringe ogni volta che si
emettono note acute;
• abbassare coscientemente tutte quelle strutture delegate alla
fonazione ed anche quelle adiacenti o connesse marginalmente
all’apparato fonatorio (labbro superiore, lingua, mandibola,
spalle, clavicole ecc..).
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Quindi un cantante che affonda ha come elementi distintivi l’immobilità
della laringe indipendentemente dall’altezza delle note che emette, il
caratteristico atteggiamento della mandibola che rientra e si abbassa, e
l'appoggio collocato nell’area addominale e lombare.
La Tecnica di affondo non ha controindicazioni rispetto alla tipologia
della voce e all’età del soggetto ed è in grado di risanare atteggiamenti
vocali rischiosi.
Necessita solo di un particolare assetto nella disposizione
dell’apparato vocale che consenta un rendimento ottimale delle corde,
quindi non è assolutamente necessario essere in possesso di corde
eccezionali per metterla in pratica e per saggiarne i benefici. Tutti
possono decidere di intraprenderne lo studio.
Gestire l’appoggio, cioè la sede della presa di fiato è uno dei punti
fondamentali di questa tecnica ed è individuato esclusivamente e
solamente nella zona interessata dalle costole fluttuanti (quelle più
basse), i muscoli addominali e quelli lombari.
Questo per un motivo molto semplice: l’eventuale presa di fiato più
alta (toracica o clavicolare) comporta inevitabilmente un
interessamento, quindi una tensione, della muscolatura e di tutte le
strutture adiacenti alla laringe con conseguente interessamento della
laringe stessa.
Mentre è fondamentale durante il canto mantenere una posizione di
rilassamento del collo per permettere alla laringe ed alle corde vocali
di rispondere correttamente alle sollecitazioni del flusso aereo.
Inoltre una inspirazione alta permette l’ampliamento solo della parte
superiore dei polmoni, con utilizzo parziale della loro capacità e
conseguentemente un insufficiente autonomia di fiato.
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Individuazione delle muscolature lombo –addominali
Ma allora, come si fa per affondare la voce?
Come si individuano le muscolature da utilizzare?
Come si fa a capire quando la pressurizzazione dell’aria mediante
appoggio addominale è corretta?
Sicuramente ascoltare i cantanti che già usano questa tecnica e
avvalersi di esercizi fisici allo scopo di rafforzare le muscolature del
basso ventre non guasta.
Ma il primo esercizio raccomandato dai maestri di canto che
propongono questa tecnica e che serve per individuare le muscolature
indispensabili all’affondo (e non per rafforzarle, attenzione!) è il
famoso esercizio con la “s”.
Questo consiste nel pronunciare appunto una “s” forzata senza far
rientrare l’addome durante il processo di espulsione del fiato.
In questo modo vengono coinvolti proprio quei muscoli che servono
per la propulsione del suono nella T.d.A.
In particolare il procedimento da seguire è questo:
1. Ci si mette con la schiena, I talloni e la nuca ben appoggiati
ad una parete.
2. Si inspira aria asclusivamente con la parte bassa del busto
stando attenti a non far partecipare al movimento il torace.
3. Quando abbiamo riempito i polmoni si pronuncia una “s”
dura come quella di “sonno” molto vigorosa.
4. Si continua fino a quando tutto il fiato non è stato espulso.
L’espulsione completa di tutto il fiato inspirato non deve
durare più di quattro o cinque secondi. Durante lo
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svuotamento del fiato l’addome non deve rientrare (lo
ripeto perchè questo è un fattore importante), anzi si
dovrebbe tentare di espanderlo ulteriormente.
In questo esercizio il movimento è tutto a carico delle muscolature
lombari e le modalità di pressurizzazione dell’aria e della sua
espulsione ricordano da vicino l’emissione di una nota acuta.
Ora che abbiamo individuato le muscolature che ci interessano, con
gli esercizi successivi andiamo ad allenarle.
Stai bene attento, non si tratta di una sorta di body building, non
dovremo cioè arrivare all'indolenzimento della parte interessata. Gli
esercizi vanno fatti con moderazione, lo scopo è quello di allenare e
memorizzare il movimento in modo che diventi automatico.
Il primo esercizio consiste nel praticare almeno 10 – 12 introflessioni e
estroflessioni forzate della zona addominale svolte in apnea e a
polmoni pieni, in questo modo:
si inizia con alcune respirazioni profonde per ossigenare bene il
sangue, poi si inspira profondamente e si trattiene il fiato.
A questo punto con le gambe leggermente divaricate, si piegano un
poco le ginocchia appoggiandosi con le mani sulle cosce, appena
sopra le ginocchia, avendo cura di mantenere le braccia ben distese.
Il peso del busto viene scaricato in questo modo sulle ginocchia,
mentre i muscoli lombari sono sgravati dal loro compito abituale di
mantenere eretta la colonna.
A questo punto, sempre in apnea, comprimiamo i muscoli addominali
cercando di “spostare il fiato” dall'addome ai lombi in senso
orizzontale (e non dall'addome al torace).
Questa manovra mette in evidenza tutta la capacità di intervento dei
muscoli lombari nell'appoggio e il loro virtuale collegamento con gli
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addominali.
Il secondo esercizio va praticato con le stesse modalità del primo,
sempre nella stessa posizione e sempre in apnea, ma a polmoni vuoti.
Questo lo rende leggermente più faticoso ma molto più efficace in
quanto il movimento dei muscoli lombari risulta più evidente.
I due esercizi devono essere praticati almeno tre volte al giorno nel
primo mese di studio, ma può essere conveniente eseguirli anche
prima di ogni impegno importante
Esistono anche particolari esercizi ed espedienti per controllare la
corretta manovra di richiamo dell’aria nei polmoni:
1. Il gesto del singhiozzo
2. Lo sbadiglio
3. La cosiddetta “postura del corazziere”
4. Il famoso libro sulla pancia
Il singhiozzo è un movimento che riproduce molto da vicino sia la
collocazione della presa di fiato, sia la durata effettiva dell’operazione
quando il ritmo musicale durante uno spettacolo non consente di
inalare l’aria attraverso il naso (e questo avviene nella maggior parte
dei casi). In questo caso l’inspirazione va fatta attraverso la bocca
repentinamente ed il più velocemente possibile proprio come avviene
nel singhiozzo.
Lo sbadiglio è un’ottimo riferimento per una presa d’aria decisa ma
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rilassata che avviene sempre attraverso la bocca. (Abbiamo visto come
lo sbadiglio sia importante anche per correggere eccessive
“nasalizzazioni”).
La postura del corrazziere non è altro che quella assunta per
l’esercizio con la “s” (appoggiandosi ad una parete) che ha la funzione
di concentrare tutto il lavoro nella parte addominale costringendo
all’inerzia la zona toracica.
Il libro sulla pancia (naturalmente in posizione sdraiata) è il metodo
più classico utilizzato allo scopo di controllare che durante i cicli
respiratori sia solo l’addome a muoversi e non la cassa toracica.
Ricapitoliamo:
la T.d.A. ha come prerogativa quella di “pensare in basso”.
Pone particolare attenzione alla presa di fiato esclusivamente a carico
dell'addome e delle costole fluttuanti senza impiegare la parte alta del
busto, la quale deve rimanere assolutamente rilassata. E' una presa di
fiato dinamica in cui le muscolature addominali sono attivamente e
volontariamente impiegate, e vanno allenate a questo scopo.
Pone particolare attenzione all'abbassamento cosciente e volontario
della lingua e della mandibola, nonché del labbro superiore, per
aumentare il volume delle cavità di risonanza.
La laringe invece non deve essere trattenuta verso il basso (questo è
un errore comune di chi interpreta erroneamente la tecnica), ma deve
essere mantenuta in posizione mediana impedendone la spontanea
risalita durante l'emissione delle note acute.
Questi sono i passi fondamentali. Pensare in basso significa anche
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iniziare dal basso nell'installazione della tecnica. Le prime lezioni
saranno cioè incentrate sulla respirazione e sulla memorizzazione e
automatizzazione dei giusti movimenti respiratori. In seguito si
passerà agli altri comparti.
Per la sua attività muscolare e la dinamicità che apporta all'emissione
vocale, è molto utilizzata dai cantanti lirici, ma il suo campo di
applicazione è a 360 gradi. Viene impiegata con ottimi risultati da
cantanti appartenenti ad ogni genere musicale.
Speech Level Singing
Di Seth Riggs
Questa tecnica di canto è molto popolare in tutto il mondo ma
soprattutto negli USA dove ha avuto nel corso degli anni grande
popolarità e allievi famosi.
La lista dei cantanti che la adottano è lunghissima, tra gli altri:
Madonna, Ray Charles, e Steve Wonder. Quest'ultimo, a metà di un
concerto al Forum di Los Angeles, ha interrotto lo spettacolo per
ringraziare davanti a tutta la platea il suo maestro di canto.
La S.L.S., che in italiano significa “cantare a livello parlato”, è nata per
salvaguardare le voci degli artisti sottoposte a continuo stress per il
gran numero degli impegni (e abbiamo visto quanto il nostro
strumento è delicato e sensibile a una serie infinita di fattori che ne
minano il suo corretto funzionamento), che devono essere quindi in
grado di funzionare con facilità in ogni momento, in ogni ambiente e
soprattutto in condizione di stress da superlavoro.
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Seth riggs
Steve Wonder
Chiaramente la frase “canto a livello parlato”non deve essere presa
alla lettera, in quanto tra la normale conversazione e l'emissione
cantata c'è la stessa differenza che intercorre tra la deambulazione e la
corsa. Chi sa camminare in modo corretto e con la giusta postura è
anche in grado di correre perchè le muscolature utilizzate sono le
stesse, con però una differenza sostanziale: tutte le strutture devono
lavorare con una maggiore dinamicità.
Si dice che Set Riggs abbia circa mille nuovi studenti l'anno e il 40 %
di questi è costituito da cantanti lirici. Quindi la S.L.S. È adatta anche
per il repertorio operistico.
All'inizio della sua carriera, Riggs è stato espulso dal corpo insegnanti
di diverse università proprio per aver voluto considerare
l'insegnamento del canto moderno allo stesso livello della lirica. La
quantità però degli allievi “impostati” che nel corso degli anni si sono
rivolti a lui gli ha dato ragione.
Il canto al livello parlato è un metodo che permette di cantare
facilmente e chiaramente in ogni punto del registro in modo che tutte
le parole cantate vengano intese chiaramente.
Entriamo nel merito, vedrai che ci sono delle differenze ma anche
delle convergenze rispetto alla T.d.A.
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Innanzi tutto la respirazione deve essere un processo rilassato. Non è
necessario impegnarsi a respirare correttamente a meno che non si
abbiano delle posture sbagliate, e non si tenda ad elevare le spalle e il
torace durante l'atto respiratorio. Non sono necessari esercizi per
rafforzare le muscolature addominali e lombari in quanto queste
posseggono già la forza sufficiente a supportare le necessità
dell'emissione cantata.
Non si controlla la voce lavorando sul sostegno del fiato, sulle corde
vocali o sulla ricerca delle risonanze, questi sono tutti eventi secondari
in questa tecnica. Avvengono automaticamente quando si canta
rilassando tutta la muscolatura esterna alla laringe, condizionandola
così a non muoversi né verso l'alto né verso il basso.
Non bisogna tentare di modificare la posizione della lingua o della
mandibola, o cercare di alzare il palato molle. Questi espedienti
creano tensioni che sono in contrasto con la prima regola della S.L.S.:
cantare in maniera rilassata.
È necessaria poca aria per produrre un buon suono anche ad un
volume elevato. La pressione deve essere sufficiente a far vibrare le
corde vocali e niente di più. Il segreto sta nel fare di meno per ottenere
il massimo.
Quanto più sono acute le note che si cantano, tanto minore deve
essere la quantità d'aria che si utilizza, perchè i muscoli esterni
interferiscono con la vibrazione delle corde ogni volta che usiamo più
aria di quella che i muscoli interni possano controllare.
In dettaglio:
quando le corde vocali sono tese iniziano ad assottigliarsi. Quando
arrivano al punto massimo di assottigliamento avviene un fenomeno
molto interessante, si accorcia il loro tratto vibrante. In altre parole,
quando si usa sempre meno aria oltre il punto in cui le corde sono
assottigliate il più possibile, le loro estremità posteriori rimangono
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attaccate mentre una parte sempre più piccola dell'estremità anteriore
si apre e si chiude.
Questo significa anche che le corde si aprono e si chiudono molto più
velocemente aumentando la frequenza della vibrazione, e quindi
l'altezza del suono emesso.
Questo meccanismo porta ad un sistema di risonanza in cui la voce
contiene sempre una certa percentuale di registro medio
indipendentemente dalla nota sull'estensione che viene emessa.
La respirazione rilassata
Il primo passo è quello di liberare il percorso dell'aria in modo che
possa giungere indisturbata ai polmoni.
Mettiti in piedi eretto con le gambe divaricate. Per rilassare il collo
inclina la testa verso una spalla e poi ruotala in avanti verso l'altra
spalla (non ruotarla all'indietro).
Ora metti la testa in posizione normale, con il mento parallelo al
pavimento. Lascia che le scapole si rilassino sulla schiena in modo che
riescano ad arretrare naturalmente. In questo modo la cassa toracica si
espande senza sforzo.
Quello che devi ottenere è un buon allineamento del corpo che non
richieda nessuno sforzo muscolare.
Molleggiati leggermente sulle ginocchia in modo che il bacino si possa
allineare perfettamente sotto la cassa toracica.
L'equilibrio, una volta ottenuto, viene mantenuto senza sforzo, e l'aria
è libera di circolare all'interno dei polmoni.
Ora appoggia una mano sul ventre in modo che il palmo sia in
corrispondenza dello stomaco e che il dito medio cada dentro
l'ombellico: tutte le azioni respiratorie devono riprodursi in questa
area, tra la base delle costole e l'ombellico.
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Concentrati nel riempire solo questa area (immagina di avere dentro
la pancia un palloncino) e quando lo senti pieno lascia che si sgonfi da
solo espirando attraverso la bocca. Ricordati che non devi sollevare le
spalle o il torace, ma solo il “palloncino” interno.
Mentre stai gonfiando il palloncino non devi compiere nessuno sforzo
muscolare o mentale sui muscoli addominali per ingrandire il ventre.
Non preoccuparti se senti lo stomaco muoversi solo di pochi
centimetri, molte persone hanno una fascia addominale molto
sviluppata, e quando inspirano il movimento in avanti del ventre è
veramente minimo, ma in compenso espandono maggiormente l'area
posteriore. Non dimenticare che il diaframma si estende fino alla
spina dorsale e il suo utilizzo ottimale coinvolge il corpo nella sua
interezza.
Non preoccuparti se senti la testa leggera o avverti qualche giramento:
queste sensazioni sono legate alla maggiore ossigenazione del sangue
dovuto all'aumento del flusso d'aria nei polmoni.
Dopo aver inspirato correttamente, l'aria ora deve fuoriuscire dai
polmoni. Questa è la parte più semplice della respirazione, perchè
non devi fare altro che rilassare il diaframma in modo che l'aria venga
espulsa senza problemi. Non è richiesta nessuna energia, ma in realtà la
maggior parte dei cantanti ne forza l'uscita attraverso la contrazione
delle muscolature addominali.
Questa tensione muscolare impedisce l'espulsione corretta dell'aria e
l'utilizzo ottimale della voce.
Non c'è bisogno di svuotare completamente i polmoni, c'è sempre
dell'aria residua dentro i polmoni e quando la muscolatura è
completamente rilassata, contengono ancora il quaranta per cento
dell'aria inspirata.
La respirazione è il fondamento della tecnica vocale, e se il tuo
insegnante di canto ha saltato a piè pari questo passaggio, allora è
bene lasciarlo perdere.
È provato scientificamente che l'unico modo per dare forza, resistenza
ed estensione alla voce passa attraverso la respirazione.
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In definitiva, tra la T.d.A. e lo Speech Level Singing ci sono delle
differenze marcate per quanto riguarda il controllo della respirazione
e la ricerca delle risonanze, che nella prima sono passaggi
fondamentali e argomento di studio approfondito, mentre nella
seconda devono avvenire in modo naturale e rilassato.
Entrambe convergono sull'importanza del rilassamento delle
muscolature esterne alla laringe per non ostacolare l'emissione
cantata. In entrambe la laringe non deve muoversi in senso verticale,
ma mantenere la stessa posizione del parlato.
Metodo Estill Voicecraft
Il metodo VoiceCraft non è una vera e propria tecnica vocale, ma lo
studio della meccanica della voce.
È elaborato e promosso dalla cantante e ricercatrice Jo Estill.
Educata originariamente al canto lirico, Estill ha cominciato la sua
attività di ricerca scientifica della voce nel 1970. Da allora ha iniziato
ad elaborare il metodo VoiceCraft E.V.T.S. e dal 1985 ha tenuto
seminari in tutto il mondo.
In Italia la maggiore esponente di questa tecnica è la cantante ed
insegnante Elisa Turlà.
Jo Estill con Elisa Turlà
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Liza Minnelli
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VoiceCraft in poche parole insegna a riconoscere, “sentire” ed allenare
tutte le strutture che concorrono all'emissione del suono: lingua,
palato molle, mandibola, laringe ecc...
L'insegnamento del metodo si basa su alcune cosiddette “figure
obbligatorie” che mirano ad isolare ed addestrare le componenti
fisiche che fanno la voce, e su esercizi di rilassamento mirato a quelle
strutture la cui interferenza andrebbe a discapito dell'esecuzione.
Il metodo si occupa quindi della voce nei suoi vari aspetti, uno di
questi è che noi non abbiamo una sola “qualità vocale”, ma abbiamo la
possibilità di produrne tante e combinarle tra loro. Già lo facciamo in
maniera naturale quando, a seconda del nostro stato d'animo, la voce
prende la caratteristica di ciò che proviamo in quel preciso momento:
tristezza, rabbia, malinconia, gioia … Ciò succede grazie ad un fattore
emotivo che innesca un fattore fisiologico, cioè variazioni a livello
muscolare e cartilagineo della laringe.
Il nostro timbro non è dato solo dalle nostre caratteristiche fisiche, ma
anche dal modello che si copia, come una bambina copia in genere il
modello vocale della madre (sicuramente possono esservi anche
caratteristiche anatomiche simili, ma se la bambina venisse
allontanata in tenera età dalla madre, probabilmente la sua voce
muterebbe).
Uno strumento, in definitiva, produce un suono perchè è stato
costruito per quel suono, noi invece dobbiamo allenare la nostra
muscolatura perchè sia in grado di produrre il suono che vogliamo, la
qualità vocale che più si addice a ciò che stiamo cantando.
Analizziamo le varie qualità vocali:
Qualità Discorso: è un registro della voce medio basso dove non c'è
bisogno di troppo lavoro muscolare. Il tratto vocale è in posizione
neutra e rilassato. Il lavoro è localizzato nella laringe.
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Qualità Falsetto: le corde sono inclinate posteriormente a causa delle
aritenoidi che vengono tirate indietro. Il tratto vocale è rilassato e le
corde vocali sono sottili e rigide.
Qualità Sob: qui il suono acquista una rotondità ed un calore tipico
delle belle voci, a causa dell'inclinazione in avanti della cartilagine
tiroidea che permette uno smussamento dei toni alti. Il tratto vocale è
espanso al massimo e il lavoro è localizzato nei muscoli estrinseci del
collo necessari a mantenere la laringe bassa. Il flusso d'aria è molto
basso.
Qualità Twang: è utilizzata per esaltare i medi della voce e permette di
farsi udire anche in ambienti grandi senza bisogno di amplificazione.
Il tratto vocale è molto piccolo, la laringe e la lingua sono alte e il
lavoro è concentrato nel retro della bocca. Eros Ramazzoti è uno dei
cantanti che utilizza questa caratteristica.
Qualità Belting: qui la voce è aggressiva e ben presente, con un suono
ben proiettato in avanti e con grande lavoro muscolare che aumenta
con l'altezza delle note. La laringe è alta , le corde vocali spesse e il
tratto vocale molto piccolo. Il lavoro è concentrato nella testa, nel collo
e nel busto. Tipica vocalità in Belting è Liza Minnelli.
Qualità Opera: è quella usata dai cantanti lirici e provoca un suono
rotondo udibile senza amplificazione. La laringe sembra essere in
posizione neutrale ma non è rilassata, viene tirata verso l'alto per la
qualità di twang e verso il basso per la qualità di sob.
Secondo le ricerche di Jo Estill, il fiato e la sua gestione non sono gli
unici responsabili dei problemi canori. Vi sono infatti enormi
possibilità di controllo che si possono ottenere agendo sui muscoli che
determinano i movimenti della laringe.
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Il capitolo sulle tecniche vocali è stato volutamente ridotto
all'essenziale. Mi sono soffermato sui tre metodi secondo me più
importanti, se non altro perchè più seguiti dai professionisti con
risultati tangibili.
Ti sarai accorto che ci sono delle differenze talvolte abissali, ma come
ti ho già detto, il canto non è una scienza esatta e ognuno deve seguire
la strada che più gli si addice.
Purchè sia informato su ciò che sta facendo!
Avrei potuto inserire nell' e-book anche delle tracce audio con esercizi
e vocalizzi, ma non l'ho fatto perchè apprendere una disciplina così
delicata senza la supervisione di un bravo maestro, a mio avviso può
essere dannoso e pericoloso per le corde vocali.
Quindi per tutto ciò che riguarda l'installazione della tecnica rivolgiti
ad un insegnante.
(Lo so, sono ripetitivo, ma questa è una cosa che mi sta a cuore, ho
sentito troppe voci rovinate dal “fai-da-te”).
Ma come si sceglie un insegnante di canto?
A questo proposito riporto senza aggiungere nulla ciò che dice Seth
Riggs. E' tutto ciò che devi sapere per giudicare l'operato del tuo
insegnante:
“Innanzi tutto dovete essere in grado di capire se un insegnante è
principalmente un insegnante di tecnica vocale, cioè vi mostra come cantare,
o se è un voice coach cioè vi mostra cosa cantare. Dei due tipi, l'insegnate di
tecnica vocale è il più importante, poiché senza la capacità tecnica di cantare
in maniera flessibile e chiara in tutte le parti della vostra estensione sarete
molto limitati nella scelta del materiale da eseguire.
Per coloro che sanno cosa cercano, è difficile trovare un buon insegnante di
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tecnica vocale. Molti cosiddetti insegnanti di canto sono soltanto
accompagnatori che usano il pianoforte mentre voi cantate. Questo non è
insegnare come cantare: è solo un modo per imparare a seguire il pianoforte
per memorizzare le note di un pezzo. […] Se non sentirete che la vostra voce
sta migliorando nella produzione e nell'estensione del registro nell'arco di
qualche settimana, farete meglio a cercarvi un altro insegnante, e in fretta!
Molti insegnanti passano ai loro studenti gli stessi problemi di voce che
hanno mutilato le loro carriere facendoli diventare insegnanti. Prima di
iniziare a studiare, chiedete una semplice dimostrazione della loro capacità di
affrontare i punti di passaggio. Fate un'audizione all'insegnante!
[…] Se la voce dello studente trema, deve lasciare l'insegnante. Se i
muscoli sotto il mento si tendono al salire delle note, lo studente deve
lasciare l'insegnante. Se la voce non ha vibrato, deve lasciare
l'insegnante. Se una voce femminile ha solo voce di testa e non ha voce
collegata di petto, la cantante deve lasciare l'insegnante. Se una voce
maschile ha solo voce di petto e non ha voce collegata di testa, lo studente
deve lasciare l'insegnante.
Queste sono le situazioni che io definisco di lealtà degli studenti, cioè di
lealtà al buon senso. Non ci deve mai essere lealtà nei confronti di un
insegnante che non porta a dei miglioramenti in tempi piuttosto brevi”.
Ti sarai chiesto mille volte a quale tipologia di voce corrisponde la tua
estensione.
Naturalmente la capacità vocale varia da individuo a individuo, ma
nelle pagine seguenti sono riportate approssimativamente le
classificazioni con relative estensioni secondo Seth Riggs:
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In media i bassi dovrebbero essere in grado di cantare:
I baritoni dovrebbero essere in grado di cantare:
I tenori dovrebbero essere in grado di cantare:
I contralti dovrebbero essere in grado di cantare:
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I mezzo soprano dovrebbero essere in grado di cantare:
I soprani dovrebbero essere in grado di cantare:
Il microfono – Uso del microfono
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Capitolo IV
Il microfono – Il mixer
Caratteristiche dei microfoni
La riproduzione perfetta del suono originale dipende dalla qualità del
microfono, ma anche dalla sua tipologia e dal suo posizionamento.
Prima di tutto è bene allora conoscere un po' di nozioni generali. Sarò
molto breve per non annoiarti.
Dunque: il microfono è un trasduttore elettro-acustico che è in grado
di convertire le onde di pressione sonora in segnali elettrici, i quali poi
vengono riconvertiti in onde sonore con le stesse caratteristiche
originarie da un sistema di amplificazione.
Trasduttore è quindi un dispositivo che trasforma una grandezza
fisica in un'altra. Nel caso del microfono vengono convertite le onde
sonore della voce in impulsi elettrici.
È importante che un microfono sia particolarmente sensibile a
pressioni sonore molto piccole per riuscire a trasformare anche le note
sussurrate, le sfumature della voce, le coloriture dell'interpretazione
in un segnale che sia in tempo reale e istante per istante fedele alla
pressione sonora esercitata.
Questo lavoro può essere espletato in due modi, e per questo esistono
due principali categorie di microfoni:
1. Microfoni dinamici
2. Microfoni a condensatore
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1 - Il microfono dinamico (o magnetico) utilizza il fenomeno
dell'induzione elettromagnetica. È praticamente simile ad un
piccolissimo altoparlante, ma con funzionamento esattamente inverso
(l'altoparlante trasforma gli impulsi elettrici in onde sonore, al
contrario del microfono).
È costituito da un piccolo diaframma collegato ad una bobina mobile
immersa in un campo magnetico. Le onde sonore che impattano sul
diaframma fanno vibrare la bobina mobile che genera una corrente
elettrica proporzionale alla variazione di pressione dell'aria causata
dai suoni prodotti dal cantante o dallo strumento. Questa corrente
elettrica (segnale) viene inviato via cavo o via radio (nel caso si utilizzi
un radiomicrofono) al mixer per essere poi riconvertito in segnale
acustico.
Il microfono dinamico è particolarmente indicato nelle performances
dal vivo perchè è robusto, semplice da usare, e la qualità del suono è
soddisfacente. Non è troppo sensibile, quindi poco adatto alla
rilevazione di suoni molto deboli. Questo, che in generale è un difetto,
diventa un pregio nelle situazioni dal vivo dove è necessario evitare
di riprodurre suoni e rumori ambientali.
Il microfono dinamico è il più utilizzato nella musica dal vivo per la
sua buona resa, robustezza e semplicità di impiego, e anche per il
prezzo abbordabile.
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2 – Il microfono a condensatore basa il suo funzionamento su un
principio elettrostatico, cioè sulla variazione di un campo elettrico. È
costituito da due lamine metalliche o di plastica con rivestimento
metallico, una fissa e l'altra mobile e sensibile alla pressione sonora.
Per funzionare ha bisogno di un'alimentazione che generi il campo
elettrico necessario (48V) la quale viene fornita nei mixer di qualità
medio-alta dall'alimentazine “Phantom” (fantasma), che genera
l'energia necessaria al preamplificatore presente all'interno del
microfono.
Nel caso si utilizzi quindi un microfono a condensatore durante una
performance, ricordarsi di attivare l'interruttore phantom sul mixer
altrimenti il microfono non funziona.
Il microfono a condensatore è sicuramente molto più sensibile di
quello dinamico. È utilizzato in genrere nelle registrazioni in studio
per la sua capacità di riprodurre qualsiasi strumento e la voce con
estrema fedeltà.
È un po' meno utilizzato nelle performances dal vivo a causa della sua
delicatezza (va maneggiato con più cura del dinamico, attenzione alle
botte e alle cadute!). È anche molto più costoso del dinamico.
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Diagramma polare
I microfoni si distinguono anche in base alla loro specifica risposta
direzionale, cioè alla sensibilità alla pressione sonora nelle varie zone
dello spazio.
Per questa loro
distinguono in:
•
•
•
•
•
•
•
capacità
direzionale
(diagramma
polare)
si
omnidirezionale
subcardioide
cardioide
supercardioide
ipercardioide
bidirezionale
direzionale (mezzofucile)
Di seguito vedi come si presentano i diagrammi polari dei microfoni
più utilizzati:
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Il diagramma polare si sceglie in base alla tecnica di ripresa e
all'ambiente.
Iper e supercardioide ad esempio riprendono suoni anche dal retro
della capsula, come puoi vedere in figura, cioè suoni che possono
provenire anche dal pubblico, permettendo riprese dell'ambiente e
rientri di chi suona vicino.
Questi microfoni in tecniche combinate con gli omnidirezionali
vengono utilizzati in riprese stereofoniche o d'ambiente, come
concerti classici in teatri, chiese ecc..
I microfoni direzionali hanno una risposta maggiore alle basse
frequenze e riducono il problema dei rientri e il suono d'ambiente, ma
hanno la tendenza a riprendere di più le vebrazioni da impugnatura e
percepiscono la “p” e la “b”, inconveniente che può essere risolto con
un filtro “antipop” e un'asta con gabbia metallica.
Ma alla fine, qual'è il miglior microfono per cantare?
Concludendo ti consiglio per la voce un cardioide dinamico come lo
Shure SM 57 (ottimo anche per chitarre e tamburi) o SM 58 usato
anche da Freddie Mercury per le registrazioni nella sua casa e dal
vivo.
Quest'ultimo è più specifico per la voce ma non troppo diverso dal 57.
Esistono anche ottimi modelli della Sennhaiser come l'Evolution che
rientra più o meno nella stessa fascia.
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Microfono dinamico Shure SM 58 tra i più usati per la voce
Se invece preferisci il microfono a condensatore ci sono ottimi modelli
marca AKG, Beyer, Beringer, per arrivare ai costosissimi Neumann
(come l'U-67), ma in questo caso il costo lievita di molto.
Microfono a condensatore Behringer C-3
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Microfono Neumann KMS 104
Come si utilizza il microfono
In linea di massima quando si canta con un volume basso si deve
tenere il microfono accostato alle labbra, fino quasi a toccarle. Quando
canti una nota bassa ad un volume basso o medio avvicinalo ancora di
più, fai toccare il microfono alla bocca, questo permetterà di ottenere
dei bassi più corposi e timbricamente belli e corretti.
Man mano che il volume aumenta allontana lievemente e
proporzionalmente il microfono. La distanza massima della bocca dal
microfono non deve superare un palmo (ovviamente questa è una
misura di massima in quanto tutto dipende dal tipo di microfono e
dal tipo di voce).
Ricorda che abbiamo detto che i microfoni per cantare dal vivo sono
poco sensibili e sono stati costruiti per percepire solo i suoni molto
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vicini al microfono. Se così non fosse nel microfono, oltre alla voce del
cantante, entrerebbe anche il suono degli strumenti sul palco, della
gente in sala ecc. ecc. .
Per cui se ci allontaniamo troppo dal microfono la voce non si sentirà.
Ma anche se non ci allontaniamo così tanto, potrebbe essere sempre
troppo rispetto alla corretta distanza da tenere. In questo caso si potrà
anche percepire qualche suono della nostra voce, ma sicuramente non
tutti. E dopo tutta la fatica fatta per ottenere una voce timbricamente
ottimale, tutti i nostri studi, tutte le nostre prove, vanifichiamo il tutto
facendo arrivare al microfono solo alcune delle frequenze che
compongono la nostra voce, con effetti disastrosi.
Altra cosa importantissima, come la distanza, è l'angolazione con la
quale si utilizza il microfono. Il microfono deve essere tenuto dritto
davanti alla bocca, in modo che la parte alta della capsula del
microfono sia proprio di fronte alla bocca. Se si inclina il microfono, il
suono prodotto dalla nostra voce non andrà più ad impattare sul
fronte della membrana della capsula e i risultati non saranno quelli
desiderati. Per individuare la capsula di un microfono, prova a svitare
delicatamente la gabbietta di protezione. Nello Shure SM58 è un
piccolo cilindro rivestito sulla parte superiore da una specie di
spugna. Sotto si trova una membrana che vibrerà quando gli impulsi
prodotti dalla voce vi andranno contro.
Non coprire la gabbietta di protezione con la mano. Afferra il
microfono per l'impugnatura. Non mettere il pollice sopra la
gabbietta, è una bruttissima abitudine che purtroppo hanno in molti,
ma l'effetto è intuibile: si copre una parte del microfono e se ne
limitano le prestazioni. Tra l'altro se ci badate bene dentro la
confezione dello Shure SM58 c'è un ridottissimo manuale delle
istruzioni. Ridotto perchè non c'è molto da dire oltre alle
caratteristiche e al modo di utilizzarlo.
Infatti, c'è solo un disegno che raffigura la corretta impugnatura del
microfono. Pensa un po', Mr. Shure ci deve tenere particolarmente al
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modo in cui si impugna il microfono, eppure nonostante ciò, c'è
ancora chi il microfono lo impugna in modo a dir poco indecoroso!
Non fischiare nelle capsule dei microfoni e non tamburellarci sopra
per sapere se funzionano o meno, potrebbero danneggiarsi....
Insomma, devi familiarizzare con il microfono e renderti conto di
avere tra le mani un alleato mentre canti e non un oggetto sconosciuto
che ti mette in soggezione e in difficoltà..
I parametri dei microfoni
Naturalmente il consiglio per tutti, prima di acquistare un microfono,
anche di qualità, è quello di fare la classica “prova sul campo” in
modo da eliminare dubbi e incertezze.
È opportuno però anche conoscere e saper esaminare i dati tecnici
forniti dal produttore, attraverso i quali si può stabilire a priori la
qualità di un qualsiasi microfono.
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I parametri su cui basarsi principalmente sono:
•
•
•
•
•
•
•
•
dimensione del diaframma
risposta in frequenza
SPL massimo
sensibilità
impedenza
rumore equivalente
rapporto segnale/rumore
caratteristiche extra
1. Diaframma
Il diaframma, come abbiamo visto, è la parte del microfono
direttamente esposta alle vibrazioni dell'aria. Nei microfoni a
condensatore, a maggiori dimensioni del diaframma, corrispondono
maggiori livelli del segnale.
La sensibilità aumenta considerevolmente in funzione della
dimensione.
Non essendo necessario aumentare il guadagno di ingresso del mixer,
ne beneficia il rapporto segnale/rumore.
2. Risposta in frequenza
Durante la ripresa di suoni in un ambiente musicale, come quello di
un concerto, un microfono ideale dovrebbe essere in grado di
trasdurre l'intero spettro udibile, ovvero le frequenze da 20 Hz (Hertz)
a 20 kHz (chilohertz). Non solo, ma dovrebbe anche rispondere a tutte
le frequenze dello spettro udibile discostandosi di poco dal livello di
energia acustica della sorgente. In altre parole la risposta in frequenza
dovrebbe essere lineare.
Nella realtà però quasi sempre non è così.
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Per esempio se si legge nei dati tecnici un valore di risposta in
frequenza:
45 Hz – 16 kHz +/- 1 dB
significa che il microfono può riprendere lo spettro sonoro
nell'intervallo di frequenze che va da 45 Hz (suono più grave) fino a
16000 Hz (suono più acuto) discostandosi dall'originale nell'intervallo
di + o – un decibel.
Dato che l'orecchio umano percepisce differenze apprezzabili di
energia acustica a passi di 3 dB, una curva di risposta in frequenza
entro 1 decibel può definirsi quasi lineare, entro i limiti di frequenza
da 45 a 16000 Hertz.
Un buon microfono per riprodurre la voce dovrebbe avrere una
risposta in frequenza da 80 Hz a 12 kHz.
3. SPL massimo
La sigla SPL sta per Sound Pressure Level e iindica il livello massimo di
pressione sonora. È facile capire che se un microfono riporta ad
esempio un valore di SPL massimo di 120 dBSPL (decibel SPL),
significa che può sopportare pressioni sonore fino a 120 dBSPL, e oltre
questa soglia inizia a distorcere.
Di solito i microfoni a condensatore sono più propensi alla distorsione
dei microfoni dinamici.
Ecco alcuni parametri di valutazione per la scelta di un microfono:
• SPL massimo fino a 125 dBSPL: microfono buono
• SPL massimo fino a 130 dBSPL: microfono ottimo
• SPL massimo fino a 150 dBSPL: microfono eccellente
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4. Sensibilità
A parità di emissione sonora, un microfono molto sensibile produce
un segnale in uscita molto elevato rispetto ad un microfono poco
sensibile.
Può sembrare banale, ma questo fattore in realtà presenta non pochi
inconvenienti. Se un microfono è poco sensibile bisogna alzare il
guadagno all'ingresso del mixer con conseguente aumento
considerevole del rumore. I microfono a condensatore, come già
sappiamo, sono molto più sensibili di quelli a condensatore.
5. Impedenza
Viene in genere abbreviata con la lettera Z.
Di solito è preferibile utilizzare microfoni con impedenza bassa. Ciò
consente di stendere cavi di collegamento al mixer anche piuttosto
lunghi senza raccogliere rumore di fondo.
• Impedenza da 150 a 600 ohm: bassa
• Impedenza da 1.000 a 4.000 ohm: media
• Impedenza oltre i 25 kohm: alta
6. Rumore equivalente
In genere viene indicato come Self Noise e non è altro che il rumore, il
fruscio di fondo prodotto dal microfono. Viene calcolato in dB ed è
presente solo nei microfoni a condensatore in quanto possiedono nel
loro interno un dispositivo di preamplificazione del segnale.
Qui di seguito alcuni valori di Self Noise per la valutazione di un
microfono:
•
•
•
•
fino a 14 dB: eccellente
fino a 20 dB: ottimo
fino a 28 dB: buono
fino a 35 dB: scarso
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7. Rapporto segnale/rumore
La sigla abbreviata è S/N (Signal/Noise)e rappresenta la differenza in
dB tra la sensibilità del microfono e il suo rumore equivalente. In
pratica più elevato è il valore (in dBSPL) della sorgente sonora sul
diaframma del microfono, maggiore sarà il rapporto segnale/rumore.
A valori elevati di S/N si ottengono suoni più intidi, senza rumore. In
altre parole un microfono con un rapporto S/N elevato è tanto
sensibile da poter riprendere suoni deboli e distanti senza produrre
rumore di fondo udibile. Qui di seguito alcuni valori di rapporto
segnale/rumore per la valutazione di un microfono:
• rapporto segnale/rumore di 74 dB: eccellente
• rapporto segnale/rumore di 64 dB: buono
• rapporto segnale/rumore di 58 dB: scarso
8. Carattersitiche extra
Alcuni microfoni possiedono caratteristiche extra che permettono di
risolvere diversi problemi sia dal vivo sia in studio:
• pad di attenuazione (- 10 dB) per attenuare segnali troppo
intensi
• interruttore per cambiare il diagramma polare, ovvero la
direttività del microfono. In questo modo con uno stesso
microfono si possono effettuare riprese con direttività cardioide,
omnidirezionale e bidirezionale
• interruttore per inserire un filtro per il taglio delle frequenze
basse (Low Cut Filter) utile per eliminare rimbombi o ronzii di
fondo.
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Il mixer
Anche se in genere si delega al fonico la regolazione e l'equalizzazione
del mixer, è opportuno che un cantante non sia completamente
all'oscuro rispetto a questo componente importantissimo per la buona
riuscita della performance musicale.
Devi sapere che cosa ti aspetti dalla tua voce amplificata e devi poter
interagire con il fonico in maniera professionale e precisa per ottenere
il massimo.
Il mixer audio ha il compito di miscelare e sommare i segnali in
entrata (strumenti, voci ed altro) e inviare il segnale risultante agli
amplificatori di potenza, detti anche finali. Ci sono anche mixer dotati
di amplificazione interna che vanno collegati ad un sistema di casse
passive.
Esistono tre tipologie di mixer: analogico, digitale o misto analogicodigitale. Qui parleremo del mixer analogico.
Capisco, per esperienza personale, che per una band, specialmente
alle prime armi, è di primaria importanza economizzare sulle spese.
Per evitare di comprare mixer scadenti a prezzi bassi, il consiglio è
sempre quello di fare un giro nel reparto “usati” dei negozi. Si
possono trovare veramente delle occasioni con costi molto molto
contenuti.
Porre particolare attenzione alla sezione equalizzazione del mixer. I
modelli più semplici hanno controlli a due o tre bande che
permettono la regolazione dei toni alti e bassi in modo grossolano.
Per una band che voglia avere un sound accettabile è consigliabile
acquistare mixer con equalizzatore parametrico o semiparametrico
anche se sono un pò più difficili da controllare.
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Il mixer è un dispositivo modulare, cioè è costituito da una serie di
“strisce di canale” identiche, per cui una volta compreso il
funzionamento di una singola striscia, si è praticamente compreso il
funzionamento dell’intero mixer.
Andiamo dunque a vedere come è costituito e quali elementi
possiamo trovare su ogni canale di un mixer analogico.
In genere le prese di ingresso”Input”del canale sono poste nel
pannello posteriore, ma esistono alcuni modelli di mixer che le hanno
sul pannello frontale.
Il microfono del cantante va collegato ad un ingresso XLR (Cannon)
con il selettore Mic/Line su Mic.
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Non è necessario essere dei tecnici del suono per riuscire a regolare il
mixer in maniera soddisfacente, basta seguire alcuni semplici ma
importanti accorgimenti.
Intanto: non si regolano mai i livelli quando più strumenti suonano
insieme. La regolazione va fatta canale per canale e uno alla volta,
iniziando dallo strumento con il picco di volume più elevato e più
difficile da controllare, che è (naturalmente) la batteria.
Lo scopo del missaggio è quello di ottenere un suono in uscita il più
uniforme possibile e ben distribuito nel panorama strereo.
Il primo passo ed il più importante per la corretta regolazione del
mixer è la Regolazione del Gain.
Il Gain ha la funzione di adattare l’ampiezza del segnale in ingresso
senza distorsioni e senza creare rumori di fondo.
Durante la regolazione del Gain lo strumento deve suonare al
massimo del volume. Un problema potrebbe sorgere quando il
chitarrista o il tastierista utilizzano effetti o preset con volumi di uscita
troppo diversi tra loro. Lo stesso dicasi per il bassista che usa una
pedaliera effetti. E’ buona regola per questi strumenti uniformare sia
gli effetti che i preset usati nel repertorio, in modo che non ci siano
grosse differenze di volume tra i vari suoni e i vari effetti utilizzati in
serata.
Per regolare il microfono della voce, il cantante dovrebbe cantare
normalmente alcune parti dei brani in repertorio. Evitare frasi del
tipo “uno, due, tre prova”, “si, prova”, oppure schioccare la lingua o
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picchiettare sul microfono. Sono tutti suoni che non vengono eseguiti
in serata e sono quindi perfettamente inutili per la regolazione del
microfono. Per prima cosa portare il potenziometro del Gain al
minimo e mentre il cantante prova, alzarlo gradualmente fino a
quando non si accende il led o i VU – Meter entrano nella zona rossa.
A questo punto abbassare di almeno due tacche il potenziometro.
Dopo la regolazione degli ingressi si impostano i singoli volumi di
uscita attraverso i “fader” di ogni canale.
La posizione ottimale dei fader dovrebbe essere intorno allo zero
(0dB della scala graduata).
Se durante la serata il fader di canale viene spostato di molto dalla
posizione di odB, rivedere il Gain di ingresso. Anche i fader principali
di uscita (master) dovrebbero stare in una posizione vicina a 0dB per
ottenere una amplificazione ottimale. Se nel corso della serata i fader
principali vengono spostati di molto rispetto a 0dB, rivedere i fader di
canale e la regolazione dei singoli Gain.
La sezione EQ (equalizzatore) di un mixer permette di intervenire sul
suono in relazione all’ambiente in cui viene diffuso per esaltare o
attenuare alcune frequenze che lo compongono e per renderlo più
piacevole all’ascolto. Ripeto che se non è possibile acquistare un mixer
con equalizzatore parametrico, è bene utilizzare almeno un mixer
semiparametrico.
Ogni banda dell’equalizzatore parametrico agisce su tre parametri
fondamentali:
• Frequenza. Permette di scegliere la banda di frequenza su cui
intervenire.
• Campanatura. Permettere di allargare o stringere la campana
delle frequenze adiacenti a quella scelta.
• Guadagno. Permette di esaltare o attenuare la frequenza
impostata o quelle adiacenti.
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Nell’equalizzatore semiparametrico manca il parametro di controllo
della campanatura.
Nella figura è riportato un mixer standard:
Non si deve esagerare mai nell’equalizzazione. Ci saranno situazioni
in cui ci sarà bisogno di tagliare alcune frequenze, ma l’enfatizzazione
delle frequenze va usata con parsimonia e attenzione. Il corretto
impiego dell’EQ può eliminare l’interferenza fra gli strumenti e dare
al suono una migliore definizione globale, ma una cattiva
equalizzazione o più comunemente un eccesso di accentuazione delle
frequenze risulta semplicemente terribile!
Il Pan Pot è il potenziometro panoramico. Regola il posizionamento
del canale mono sul fronte destro/sinistro del panorama stereo. E’
possibile spostare il suono di ogni singolo strumento tutto a destra o
tutto a sinistra o in una qualsiasi posizione intermedia
Il Balance agisce in modo simile al Pan Pot, ma interviene sul segnale
del canale stereo.
Per poter sentire correttamente quello che la band sta suonando,
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vengono disposti vari monitor sul palco, detti anche spie o casse spia.
In alternativa si possono utilizzare degli auricolari collegati ad un
sistema di trasmissione radio.
In genere un mixer che si rispetti possiede le prese Aux Send
(mandata) e Aux Return (ritorno). Il monitor va collegato alle uscite
ausiliarie Aux Send.
La soluzione minima è di possedere almeno due “mandate” Aux,
anche se è preferibile disporre di una mandata Aux per ogni elemento
del gruppo. Il potenziometro per la mandata serve a regolare la
quantità di segnale da inviare al monitor.
Bene. A questo punto sei arrivato ad un buon livello di conoscenza del
tuo “strumento” e dei dispositivi tecnici di cui ti servi per cantare.
Credimi se ti dico che la maggior parte dei cantanti non ha la minima
idea di che cosa sia il diagramma polare, l'induzione elettromagnetica
o il principio elettrostatico.
E non conosce minimamente il funzionamento del mixer. In genere si
affidano ciecamente ai fonici o a chi fa loro le veci per regolare il
proprio microfono, e comprano microfoni di prestigio che sono
entrati nella storia per le loro peculiarità, ma non ne conoscono le
caratteristiche.
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La scheda tecnica
Una volta acquisite tutte le conoscenze tecniche della strumentazione
base e apprese tutte le caratteristiche e le capacità che faranno di te un
cantante, arriva l'ora tanto attesa di esibirsi finalmente sopra ad un
palco e davanti ad un pubblico.
Puoi decidere di formare una band tutta tua, di entrare a far parte di
un gruppo già costituito, oppure esibirti come solista.
Nei primi due casi spesso all'aspetto della strumentazione e
amplificazione del suono si fa carico la band stessa, dotandosi di tutta
l'attrezzatura necessaria allo scopo. In altri casi (professionisti di
levatura medio-alta), la band invia all'organizzazione dell'evento
musicale la cosiddetta “scheda tecnica”.
La scheda tecnica è altresì indispensabile nel caso tu voglia esibirti
come solista. Ti capiterà infatti molto spesso di esibirti all'interno di
manifestazioni che non sono prettamente musicali (meeting, sfilate di
moda, feste di piazza ecc...) nelle quali molto spesso l'organizzazione
non conosce le esigenze tecniche dei cantanti. Peggio ancora di
sovente pensano che per cantare basti un lettore CD, un paio di casse
acustiche qualsiasi ed un microfono a caso da attaccare da qualche
parte nel mixer!
Perciò è l'artista stesso, in genere tramite il suo manager, che deve far
conoscere quali siano le proprie esigenze e quali apparecchiature gli
occorrono, attraverso la scheda tecnica, che verrà recapitata
all'organizzazione con sufficiente anticipo rispetto alla data
dell'esibizione.
Dal canto suo l'organizzazione si rivolgerà ad un service audio
professionale, il quale non avrà problemi nell'esaudire le tue richieste.
Qui di seguito sono indicate le attrezzature minime e indispensabili
da richiedere per una esibizione e il loro impiego:
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Microfono. Ti consiglio vivamente di possederne uno tutto tuo, già
testato per la tua voce e che conosci bene. Se non possoedi un
microfono e sei inesperto in materia puoi chiedere il più classico dei
microfoni: lo Shure SM 58. Abbiamo visto che è un ottimo microfono e
tutti i service audio lo posseggono.
Effetto per la voce. È un’apparecchiatura che aggiunge alla voce
particolari effetti. Nessuno canta più da anni senza utilizzarlo. Tanto
per capirci, pensa a come cambia la tua voce se canti nell'atrio di
alcuni condomini o di ambienti molto ampi e riflettenti dal punto di
vista acsustico. La voce in questi contesti sembra molto più bella di
come lo sia in realtà a causa della risposta acustica dell'ambiente.
Questo tipo di apparecchiature riproduce artificialmente questo
genere di effetti.
Compressore agisce prevalentemente sul volume della voce. Quante
volte la tua canzone prevede dei passaggi appena sussurrati e altri
cantati a tutto volume. Il compressore, adeguatamente regolato,
rende automaticamente omogeneo il volume della voce
comprimendolo ed esaltandolo quando occorre. Ogni buon service
audio ne possiede vari modelli.
Monitor o spie sono dei diffusori che vengono piazzati sul palco e
hanno lo scopo di farti ascoltare la tua voce e la musica,
indipendentemente dalle regolazioni che verranno eseguite sui
diffusori per il pubblico.
A livello professionale c’è addirittura un fonico in più oltre a quello di
sala, a disposizione degli artisti sul palco.
In tutte le altre situazioni minori il fonico è sempre lo stesso, che
esegue quindi le regolazioni sia dei monitor sul palco che le
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regolazioni per il pubblico che ascolta. A questo punto diventa
indispensabile fare delle prove di ascolto (sound check) prima
dell’inizio dello spettacolo, per assicurarsi che l’ascolto sul palco sia
esattamente quello che tu desideri.
A livelli bassi spesso il proprietario del service e il fonico sono la
stessa persona. Naturalmente poi c'è tutto il resto: lettore CD, mixer,
sistema di diffusione del suono, cablaggio ecc... Ma in una scheda
tecnica, almeno ad inizio carriera, quelle appena illustrate sono le cose
da richedere assolutamente. Per farti un esempio pratico, qui di
seguito ho riportato una scheda tecnica reale di una compagnia
professionale di canto-cabaret:
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Questa è naturalmente una scheda ultra-professionale. Per i primi
tempi per te basterà specificare quelle tre-quattro apparecchiature
indispensabili per ottenere una performance sufficientemente
gradevole.
Ricorda che il pubblico che ti ascolterà non è un pubblico esperto, e
non è in grado di capire se l'effetto disastroso della performance è da
imputare a te o all'incapacità dell'organizzazione. Per questo, se
l'organizzazione non è seria e non fa in modo di esaudire le tue
richieste, dovresti seriamente valutare la possibilità di non partecipare
all'evento.
Per farsi un nome ci vuole molta gavetta, ma per rovinarselo basta
una sola serata!
CapitoloV
Cenni di Teoria Musicale
Un buon cantante dovrebbe conoscere almeno i rudimenti di teoria
musicale, conoscere gli accordi e il concetto di tonalità.
Quante volte si sentono cantanti in erba che alla terribile domanda:
“In che tonalità la canti?” non sanno che cosa rispondere?
Io sono dell'avviso che almeno l'ABC della musica deve essere nel
bagaglio di conoscenza di ogni cantante. Non è possibile cantare
senza sapere che cosa stiamo facendo, che note stiamo emettendo e in
quale tonalità!
Inoltre saper riprodurre gli accordi di uno spartito su un pianoforte o
su di una chitarra è fondamentale se si vogliono provare canzoni
senza dover fare affidamento sempre a qualcun'altro.
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Concetto di suono
E allora vediamo di cominciare approfondendo prima di tutto il
concetto di suono.
La parola deriva dal latino sonus cioè una sensazione percepita
dall’udito, ed è prodotto dalla vibrazione di corpi elastici.
Il suono può essere determinato nel caso che questa vibrazione sia
regolare, oppure indeterminato nel caso sia irregolare (produzione di
rumori).
La musica e il canto non sono altro che una produzione di suoni
determinati.
I caratteri del suono sono:
1.
2.
3.
4.
L’Altezza
L’Intensità
Il Timbro
La Durata
L’Altezza del suono
Acuto, alto, grave, basso, sono i termini usati per indicare questo
carattere del suono. Nel pianoforte e negli strumenti a tastiera
otteniamo suoni sempre più acuti abbassando i tasti da sinistra verso
destra. In tutti gli strumenti a corda (pianoforte compreso), ogni corda
dà un suono di altezza diversa a seconda di quanto la corda sia sottile,
tesa e corta. Nel flauto il suono più basso si ottiene tenendo chiusi
tutti i fori. Questo perchè negli strumenti a fiato il suono è tanto più
grave quanto più lunga è la porzione di tubo in cui l’aria viene fatta
vibrare.
L’altezza di un suono dipende dal numero delle vibrazioni che il
corpo vibrante produce in un minuto secondo (frequenza). Il suono è
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tanto più acuto quanto maggiore è il numero delle vibrazioni e tanto
più grave quanto minore è il numero delle vibrazioni.
Il numero di vibrazioni che un corpo elastico può realizzare è
praticamente illimitato e quindi all’uomo è teoricamente possibile
produrre una gamma di suoni vastissima. Il problema però è che
l’orecchio umano non percepisce tutti i suoni, ma solo una piccola
parte e precisamente quelli che vanno da un minimo di 16 vibrazioni
al secondo ad un massimo di 20.000. Nella pratica musicale
comunque i suoni usati sono quelli compresi tra un minimo di circa
27 vibrazioni al secondo ed un massimo di circa 5.000.
Tutti i suoni oltre le 20.000 vibrazioni al secondo vengono detti
ultrasuoni.
A titolo di curiosità: il cane può percepire suoni fino a 40.000
vibrazioni al secondo, il pipistrello fino a 120.000!
L’Intensità del suono
Con questo termine si indica la forza con cui si sente il suono che può
essere perciò debole o intenso. Se ad esempio un tasto di un
pianoforte viene abbassato delicatamente il suono prodotto sarà
debole, al contrario sarà intenso se viene colpito con energia. In
musica i termini utilizzati per indicare i vari livelli di intensità sono
nell’ordine:
pianissimo – piano – mezzopiano – mezzoforte – forte – fortissimo
Il Timbro del suono
Per Timbro si intende quella qualità che ci permette di distinguere
quale sia la fonte sonora del suono prodotto.
In altre parole, noi siamo in grado di riconoscere i vari strumenti, per
esempio il suono del violino o del pianoforte, proprio grazie ai loro
diversi timbri. Questo dipende dalla forma e dalla materia dello
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strumento stesso indipendentemente dall'intensità e dall'altezza del
suono prodotto.
Ogni persona ha il proprio particolare timbro di voce anche grazie alla
conformazione delle ossa e delle cavità della testa.
Inoltre, acusticamente, il timbro dipende dalla forma delle vibrazioni
e dal fenomeno dei suoni armonici o concomitanti.
La Durata del suono
Naturalmente la durata dipende dalla permanenza nel tempo del
suono stesso. Ad esempio un battito secco su un legno produrrà un
suono corto, breve. Mentre un gong lasciato vibrare dopo la
percussione produrrà un suono lungo.
Le note musicali
A questo punto per trascrivere nella pratica della musica i suoni che
vengono usati, serve un sistema che ne indichi l’Altezza, la Durata e
l’Intensità. Il Timbro viene invece di solito specificato a parole, cioè si
indica il nome dello strumento che deve suonare e, in certi casi, il
modo particolare con il quale il suono deve essere prodotto, per
esempio per il violino si può scrivere: col legno, sul ponticello ecc..
Ogni suono viene rappresentato da un segno detto nota o figura o
valore musicale che ne indica la durata.
Attenzione: le note non indicano una durata assoluta, per esempio
due secondi cinque secondi e così via, ma una durata relativa (il
doppio, la metà, il quarto ecc…). Più precisamente ognuna delle
figure indica una durata doppia della figura immediatamente più
corta.
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•
•
•
•
•
•
•
Semibreve = intero doppia di:
Minima = metà doppia di:
Semiminima = quarto doppia di:
Croma = ottavo doppia di:
Semicroma = sedicesimo doppia di:
Biscroma = trentaduesimo doppia di:
Semibiscroma = sessantaquattresimo
Naturalmente la musica non è fatta solo di suoni, ma anche di silenzi,
che vengono detti pause.
Anche le pause tra un suono e l’altro si indicano con un identico
sistema di figure di durata.
Qui di seguito le figure di durata (note) con le rispettive pause:
Semibreve
Minima
Semiminima
Croma
Semicroma
Biscroma
Semibiscroma
Ora, in musica c’è la necessità di indicare anche durate intermedie tra
quelle che abbiamo visto, ad esempio un suono che duri tre
semiminime, ossia una minima (che abbiamo visto ha una durata
doppia rispetto alla semiminima) più una semiminima.
Minima: 2/4 + Semiminima: 1/4 = ¾
In questo caso si ricorre a due segni integrativi: la legatura di valore e
il punto di valore.
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La legatura di valore.
E’ una linea curva che unisce due o più note dello stesso valore e
della stessa altezza; il suono si prolunga oltre il valore della prima
nota, anche per il valore delle note legate.
Nella figura l’esempio che ho citato prima, cioè un suono di durata 3/4
attraverso la legatura di valore tra una minima e una semiminima.
Il punto di valore.
Il punto di valore viene sempre posto a destra della nota e aumenta la
nota stessa della metà del suo valore.
Per produrre ad esempio ancora un suono di durata 3/4 utilizzando il
punto di valore, i segni da utilizzare saranno:
Cioè una Minima = 2/4 più un punto di valore = 1/4 . Il risultato è
naturalmente ancora 3/4.
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Il pentagramma
Ma per indicare graficamente l’altezza del suono, cioè di che tipo di
nota si tratta, che nome ha quella nota, se è un Do o un Fa o un Si
bemolle, come si fa?
Fino dal Medioevo per indicare l’altezza di un suono si usa un sistema
di linee orizzontali poste una sopra all’altra. Le note, cioè le figure di
durata, vengono collocate sulle linee o negli spazi tra le linee per
determinarne l’altezza.
Il problema è che per contenere tutti i suoni praticati dagli strumenti
serve un numero di linee così grande da rendere impossibile la lettura
della musica. Per esempio per indicare tutte le note della tastiera del
pianoforte ci vorrebbero almeno 25 linee, ed è facile immaginare che
leggere uno spartito con 25 linee e 24 spazi sarebbe davvero
un’impresa ardua!
Allo stesso modo, ogni strumento e ogni voce usa una propria fascia
di altezze, una propria estensione, che può essere diversa da quella
degli altri. Ad esempio un violino usa una fascia di suoni molto più
acuti di quella del contrabbasso.
Quindi, per poter rendere agevole la lettura della musica, si è scelto di
selezionare solo cinque linee dal sistema complessivo. Ogni gruppo
di cinque linee si chiama pentagramma (dal greco pente = cinque, e
gramnnma = linea) o rigo musicale.
Attenzione a non confondere il rigo musicale con la linea del
pentagramma. Quando si parla di “linea” si intende una singola linea
del pentagramma (la prima, la terza ecc..), quando si parla di “rigo
musicale” si intende l’intero pentagramma.
In un pentagramma possono trovare sede 11 note, cinque sulle linee e
quattro negli spazi, una sopra la linea superiore e una sotto la linea
inferiore. Per indicare le note più ate e più basse si traccia di volta in
volta un trattino di linea corrispondente, rispettivamente superiore o
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inferiore al pentagramma. Questo trattino viene detto taglio, che può
essere posto in testa o in gola.
Esempio di tagli in testa
Esempio di tagli in gola
Per sapere quali siano esattamente le linee scelte, cioè quale parte del
sistema complessivo di linee viene preso di volta in volta inin
considerazione, si usa collocare un segno convenzionale all’inizio del
pentagramma: una chiave.
Dunque l’uso della chiave è determinante, perchè senza di essa non
potremmo sapere quale gruppo di cinque linee è stato estrapolato dal
sistema complessivo, e non potremmo di conseguenza dare un nome
(cioè un’altezza) alle note.
Le chiavi usate sono tre:
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La Chiave di Sol o Chiave di violino
La Chiave di Fa o Chiave di basso
La Chiave di Do
Nel doppio pentagramma (detto anche endecalineo, cioè di 11 linee,
dal greco èndeca che significa undici) la Chiave di Do è posta al centro
dei due pentagrammi e fissa la posizione del Do centrale.
Il Do centrale ha la caratteristica di essere un suono comune a tutte le
voci e a tutti gli strumenti.
Do centrale
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Ricapitolando:
l’endecalineo è un sistema di undici linee nel quale il Do centrale è
posto sulla linea centrale, ossia la sesta.
Il doppio pentagramma, tipico degli spartiti per pianoforte, non è
altro che l’endecalineo senza la linea del Do centrale, sostituita da
un taglio in testa sulla nota. Nella figura sopra, il Do centrale è la
prima nota sia nel pentagramma superiore sia in quello inferiore.
Le note del pentagramma superiore sono determinate dalla chiave di
Sol e sono più alte rispetto al Do centrale. Le note del pentagramma
inferiore sono determinate dalla chiave di Fa e sono più basse rispetto
al Do centrale.
Per il pianoforte il rigo superiore indica le note da suonare con la
mano destra e il rigo inferiore le note da suonare con la mano sinistra.
Leggere le note
Quindi per il pentagramma superiore in Chiave di violino o di Sol, la
seconda nota sarà un Re, la terza un Mi, la quarta un Fa e così via. Per
il pentagramma inferiore in Chiave di basso o di Fa la seconda nota
sarà un Si, la terza un La, la quarta un Sol e così via.
Si possono così memorizzare le note in chiave di violino e in quella di
basso in questo modo:
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Più una nota appoggiata sopra l’ultima linea e una appesa sotto la prima
linea, che sono rispettivamente il Sol e il Re per la chiave di violino, e
il Si e il Fa per la chiave di basso.
Nella figura sotto puoi visualizzare tutte le note (9 + 2) che stanno sul
pentagramma in chiave di violino e in chiave di basso.
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Ti ricordo che prima che Guido d'Arezzo desse il nome che oggi
conosciamo alle note, queste erano indicate con le lettere dell’alfabeto
partendo dal La:
LA, SI, DO, RE, MI, FA, SOL = A, B, C, D, E, F, G
Nei paesi anglosassoni è ancora in uso chiamare le note con le lettere
dell’alfabeto.
Anche in Germania si usa questo sistema, ma con una variante: la
lettera B indica il Si bemolle, mentre il Si naturale viene indicato con
la lettera H.
E ora.... mettiamo le mani sul pianoforte
Prima di proseguire nella lettura di questo capitolo, torna indietro al
Capitolo I, in “Pillole di Teoria”, e memorizza bene le nozioni di base
che vi vengono illustrate. Ti serviranno per comprendere meglio la
costruzione degli accordi sul pianoforte.......
Fatto? Bene. Un altro concetto che è indispensabile conoscere è quello
di “intervallo”.
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Gli intervalli
Nella teoria musicale gli intervalli si misurano contando le note da
quella di partenza a quella di arrivo.
Prendendo come esempio la scala di Do, gli intervalli saranno così
composti:
•
•
•
•
•
•
•
di seconda: Do – Re
di terza: Do – Mi
di quarta: Do – Fa
di quinta: Do – Sol
di sesta: Do – La
di settima: Do – Si
di ottava: Do – Do (ottava sopra)
L’intervallo di prima (Do con sé stesso) viene detto unisono.
Si possono avere anche intervalli oltre l’ottava, ad esempio
undicesima, dodicesima, tredicesima ecc…
Sembra tutto facile, ma non finisce qui (i musicisti amano complicarsi
la vita), infatti ora la storia si fa un po’ più complicata.
Osserviamo ancora una volta la nostra tastiera del pianoforte.
Rimanendo sulla scala di Do che è il nostro punto di riferimento (Do,
RE, Mi, Fa, Sol, La, Si, Do) possiamo notare che sia l’intervallo Do –
Mi, sia l’intervallo Mi – Sol, sono fondamentalmente delle terze.
Ma suonano all’orecchio in maniera diversa!
Se osserviamo bene, infatti noteremo che nel primo caso ci sono
quattro semitoni tra le note, e nel secondo caso solo tre.
Osserva l’immagine alla pagina successiva:
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Il primo intervallo viene allora definito maggiore mentre il secondo
minore.
Non tutti gli intervalli hanno però questa particolarità: gli intervalli di
quarta, di quinta e di ottava sono sempre uguali e vengono per questo
definiti giusti.
Un intervallo può anche essere eccedente quando è più che maggiore
o diminuito quando è meno che minore.
Come vedi la storia è un pò complicata, ma non scoraggiarti. Rileggiti
la pagina e metti in pratica sulla tastiera ciò che hai letto. (Se non hai
una tastiera spero che le immagini e i disegni siano esaustivi per la
comprensione dell’argomento).
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Sediamoci davanti al pianoforte
Ora che abbiamo digerito i primi rudimenti di teoria musicale,
possiamo sederci davanti al nostro pianoforte (o ad una qualsiasi
tastiera elettronica), e provare finalmente ad eseguire gli accordi, per
essere così in grado di accompagnare qualsiasi tipo di canzone.
In genere nei brani per pianoforte è la mano sinistra che ha il compito
di accompagnare (con accordi, arpeggi, linee di basso) la mano destra,
che esegue invece la melodia. Tuttavia, all’interno di un gruppo o di
un’orchestra, anche la mano destra accompagna insieme alla sinistra.
Le combinazioni di accordi sono moltissime, ma qui prendiamo in
considerazine le semplici “triadi”, accordi di tre note, utilizzate in
genere nella musica pop.
Il jazz invece fa largo uso di accordi spesso dissonanti a quattro o
cinque note che in questa sede possiamo benissimo tralasciare di
esaminare.
Gli accordi, negli spartiti che si trovano normalmente in commercio,
sono posti sopra o sotto il pentagramma e vengono indicati con delle
sigle che vedremo man mano.
Sempre più spesso ormai queste sigle si rifanno alla notazione
anglosassone che, ti ricordo, non chiama le note al nostro stesso
modo, ma con le lettere dell’alfabeto cominciando dal La. E’ quindi
bene memorizzare questo schema, per non trovarsi in difficoltà in
seguito:
LA SI DO RE MI FA SOL
A
B
C
D
E
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F
G
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E’ buona regola, quando si suona in una band (ma anche se si
strimpella da soli) eseguire gli accordi il più vicino possibile al Do
centrale (C4) per evitare interferenze con le note suonate dal basso, o
all’opposto per evitare di eseguire suoni troppo acuti che andrebbero
a cozzare con la melodia o con gli eventuali “assolo”di strumenti
solisti.
Gli accordi
Accordo di Do maggiore (Do, C)
Do, Mi, Sol, sono le note da suonare. Cioè alla prima nota
dell’accordo, la tonale o fondamentale, si aggiunge una terza
maggiore e sopra a questa una terza minore, quindi una quinta sopra
la fondamentale.
Accordo di Do minore (Dom, Cm)
Do, Mib, Sol sono le note da suonare. E’ al contrario dell’accordo
maggiore. Si aggiunge prima una terza minore alla fondamentale e
poi una terza maggiore. L’intervallo tra le note estreme è sempre di
quinta.
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Ora possiamo definire tutti gli altri accordi:
• Re maggiore (Re, D): Re, Fa#, La
• Re minore (Rem, Dm): Re, Fa, La
• Mi maggiore (Mi, E): Mi Sol#, Si
• Mi minore (Mim, Em): Mi, Sol, Si
• Fa maggiore (Fa, F): Fa, La, Do
• Fa minore (Fam, Fm): Fa, Lab, Do
• Sol maggiore (Sol, G): Sol, Si, Re
• Sol minore (Solm, Gm): Sol Sib, Re
• La maggiore (La, A): La, Do#, Mi
• La minore (Lam, Am): La, Do, Mi
• Si maggiore (Si, B): Si, Re#, Fa#
• Si minore (Sim, Bm): Si, Re, Fa#
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Passiamo adesso agli accordi in diesis (#) o bemolle (b):
•
Do# (Reb) C# (Db): Do# (Reb), Fa, Sol# (Lab)
•
Re# (Mib) D# (Eb): Re# (Mib), Sol, La#(Sib)
•
Fa# (Solb) F# (Gb): Fa# (Solb), La# (Sib), Do# (Reb)
•
Sol# (Lab) G# (Ab): Sol# (Lab), Do, Re#(Mib)
•
La# (Sib) A# (Bb): La# (Sib), Re, Fa
Naturalmente per gli accordi minori basta abbassare di 1/2 tono la
seconda nota dell'accordo.
L'accordo di settima
L'accordo di settima (settima di dominante) è un accordo che ha una
forte attrazione verso l'accordo tonale (l'accordo principale, quello su
cui ruota tutta la canzone). Viene usato in genere per tornare su
questo accordo, ma non è una regola fissa, i campi di applicazione
sono molto ampli.
Compore questo accordo è molto semplice. Mettiamo ad esempio di
voler eseguire l'accordo di settima di dominante rispetto all'accordo di
Do maggiore:
Si cerca il 5° grado della scala di Do maggiore (nota Sol).
1. Dal Sol si forma l’accordo che già conosciamo costituito da una
terza maggiore + una terza minore (Sol, Si, Re).
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2.
All’accordo che abbiamo formato si aggiunge un intervallo di
terza minore (nota Fa). Attenzione, quindi l’accordo di settima è
un accordo di settima minore, da non confondere con l’accordo
di settima maggiore.
L’accordo di settima che abbiamo ottenuto (Sol 7) è quindi formato da
una sovrapposizione di tre intervalli di terze partendo dal 5° grado
dell’accordo di Do.
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Capitolo VI
La dizione
I suoni di "S" - "Z" - "C" - "G" sono suoni che possono essere
pronunciati solo appoggiandosi ad una vocale, e come dice il loro
nome, “consonanti”, suonano solo con l'aiuto di una vocale, ma non
sempre nello stesso modo. Vediamo allora di conoscere i due suoni di
queste consonanti.
Le lettere S e Z possono avere due suoni, uno sordo o aspro, come in
“seta” e in “danza” e uno sonoro o dolce come in “rosa” e “zeta”.
La “S” sorda
La S si pronuncia sorda o aspra , come in seta:
· quando è all’inizio di parola seguita da vocale: sapere, santo, sale;
· all’inizio o nel corpo della parola, quando è seguita dalle
consonanti sorde c, p, t, f, q: scale, spada, staffa, sfera, squadra,
trasferire;
· quando, nel corpo della parola, è preceduta da una consonante:
polso, borsa, psicologo;
· quando, nel corpo della parola, è doppia: rosso, disse, fossa.
La “S” sonora
La S si pronuncia sonora o dolce, come in rosa:
· quando è all’inizio o nel corpo della parola ed è seguita dalle
consonanti sonore b, d, g, l, m, n, r, v: sbandare, disdire, sgusciare,
slavato, snaturare, sradicare, sveglia;
· quando si trova tra due vocali: mese, viso, esami. Ma sono frequenti
anche i casi di S intervocalica sorda anche se queste eccezioni
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ormai non sono più molto rispettate nemmeno da coloro che
fanno uso professionale della voce: casa, cosa, naso, riso;
· nelle parole per lo più di registro dotto, in –asi, -esi, -isi, -osi:
stasi, genesi, dialisi, nevrosi.
La “Z” sorda
La Z si pronuncia sorda o aspra, come in danza:
· quando è seguita dai gruppi ia, ie, io: mestizia, grazia, lezione;
· quando è doppia: pazzo, ruzzolare;
· nelle parole terminanti in –anza, -enza, -ezza: costanza, frequenza,
bellezza.
· molto spesso in principio di parola se la sillaba successiva inizia
con : c – f – p – t: zucche – zucchero – zolfo – zuppa – zampa – zappa
– zitella – zitto
La “Z” sonora
La z si pronuncia sonora o dolce, come in zero:
· quando si trova in principio di parola: zefiro, zeta, zaino. Fanno
eccezione: zampa, zappa, zolla;
· quando si trova tra due vocali: azalea, azoto;
· nei suffissi -izzare, e izzazione: nazionalizzare, nazionalizzazione.
Le lettere “C” e “G” possono avere due suoni:
· un suono duro o velare o gutturale davanti alle vocali a, o, u,
davanti a un’altra consonante e in fine di parola: cane, corvo,
curvo, gatto, gufo, golfo, grave, basic;
· un suono dolce o palatale, davanti alle vocali palatali e, i: cena,
ciliegio, giro, gelato;
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Per indicare che una C o una G sono dure o velari anche se sono
seguite da e, i, si inserisce tra la consonante e la vocale una H : pochi,
chitarra, luoghi, ghepardo. Per indicare invece che una C o una G sono
dolci o palatali anche davanti ad a, o, u, si inserisce tra la consonante
e la vocale solo una i, che ha solo funzione grafica e quindi non
viene pronunciata e che da vita ai digrammi ci e gi: caccia, bacio,
ciurma, giallo, giocare, giurato.
Bene, queste sono le regole di base per avere una corretta dizione. Se
le hai già assimilate, possiamo provare ad esercitarci con la famigerata
“S”
Prima però di
fondamentali:
cominciare
a
leggere
ricorda
queste
regole
Stai bene attento a respirare correttamente. Varia la velocità del
parlato: leggi a volte più lentamente a volte più velocemente,
cercando di rendere più avvincente l' interpretazione.
E' consigliabile leggere il racconto stando di fronte ad uno specchio
per controllare l’articolazione della bocca durante il parlato e i
movimenti delle spalle durante la respirazione.
Le spalle devono rimanere immobili, l’aria deve essere convogliata
nella parte bassa dei polmoni, provocando il rigonfiamento
dell’addome.
L’articolazione della bocca deve essere esasperata. Immagina di
parlare con una persona che non sente e deve comprenderti attraverso
i movimenti delle labbra.
Se puoi, registrati e riascoltati attentamente.
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ESERCITIAMOCI CON LA "S"
Di Luigi Rasi "Dell'arte del dire"
Di subito si scosse essa la sposa, e ansiosa insieme e sospettosa
mosse il passo verso l’uscio della stanza dove stava lo sposo.
In forse stette un solo istante, poscia un osso spinse sporgente di su
l’uscio, e l’uscio tosto si schiuse.
Ahi, vista ! Il misero consorte sanguinoso si stava steso al suolo e
semispento. Un indistinto suono messe e un sospiro affannoso…. poi
fattosi sostegno della man, s’alzo sul fianco, un secondo si resse, e
disse a stento: assassina …. assassina !…. Ad uno sforzo anche
lasciossi e ad un sospiro estremo, poscia spiro….
La misera superstite spassionandosi sola in su la salma dello sposo, al
Signor spesso spossata, il pensiero volgeva, indi: Susanna ! Esclamò,
Susanna !…. Nessuno rispose. Su, sii presta !…. sollecita, Susanna !
Sempre nessuno.
La Contessa estatica, fuor di se stessa uscì da quella stanza, e corse
per la casa, non cessando mai di esclamar: Susanna ! Era silenzio
altissimo dovunque. Un reo sospetto la vinse…. il sangue le corse alla
testa …. le scale ascese, penetrò d’un salto la stanza della serva ….
era deserta ! ma sulla sedia presso la finestra stava un foglio…. lo
lesse:
“non si stia a prender pensier di me, signora. Lascio la casa sua per
sempre… sono io sola l’assassina del suo sposo; ma sono sicura che il
Signore stesso sarà meco pietoso…. son decisa."
La serva questa lettera d’avviso che Susanna morì, ma vendicata !”
Oh, Signore…. Signore !…. il tuo soccorso presto…! la testa si
smarrisce !….. oh scendi Signore !…. i sensi…. i sensi miei ….
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pag.123
Prima di chiudere un'ultimissima cosa. Abbiamo visto in fondo al
cap. III le estensioni che approssimativamente ci si aspettano da ogni
tipologia di voce.
Credo che possa esserti utile anche conoscere le estensioni che
riguardano le voci professionistiche e impostate:
Le note all'interno del rettangolo rosso rappresentano la tessitura
media per ciascun tipo di voce, mentre le note fuori dal rettangolo
rappresentano i limiti massimi per ciascun tipo di voce, sia nel grave
che nell'acuto. Per tessitura si intende quella parte dell'estensione
vocale nella quale si ottiene il massimo risultato senza alcuno sforzo.
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pag.124
Epilogo
A questo punto credo proprio che possiamo mettere la parola fine.
Siamo giunti alla conclusione di questo breve ma intenso cammino, e
spero che le informazioni che ho cercato di trasmetterti siano state, e
siano in seguito, di grande utilità.
Ricordati sempre che non si smette mai di imparare. Ogni volta che si
canta davanti ad una persona o ad un teatro pieno, si impara qualcosa
di nuovo e si accumula esperienza da usare la volta dopo.
La strada che conduce alla completa padronanza vocale è piena di
piccoli e grandi ostacoli, ma se li affronti uno alla volta riuscirai
sempre a superarli.
La voce è lo strumento più difficile da gestire e da usare
correttamente, ma l'obiettivo del tuo impegno deve essere quello di
riuscire ad ottenere una voce del tutto naturale, capace di rispecchiare
la tua essenza, e di farti sentire a tuo agio con te stesso. Una volta che
ci sarai riuscito, avrai anche la possibilità di cercare il successo.
Cantare non può fare altro che bene. Inizia a cantare con un sorriso e
terminerai la canzone più felice. Tutto il resto sarà solo conseguenza
di questo grande miracolo.
Credo che i benefici della musica e della voce penetrino
profondamente nella vita delle persone in modi che forse possiamo
solo intuire.
Se senti questa vocazione, seguila.
Buona fortuna.
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Precisazioni e breve bibliografia
Alcuni passaggi del capitolo sulla Tecnica di Affondo sono stati tratti dal
libro: “Scuola di canto lirico e moderno – Indagine sulla Tecnica di
Affondo” Omega edizioni, del Maestro Delfo Menicucci.
Il libro, molto accurato ed esaustivo, analizza tutti gli aspetti della TdA in
relazione all'apparato fonatorio, del quale approfondisce ulteriormente
l'anatomia e la fisiologia.
È corredato da un utilissimo CD che ne chiarisce esemplificandoli i vari
concetti.
Un importante sostegno per chi voglia approfondire una volta per tutte gli
aspetti di una tecnica che ha prodotto voci indimenticabili.
Il capitolo sulla SLS ha tratto spunto da “Cantare con le stelle” di Seth
Riggs con gli adattamenti di John Dominick Carratello.
Anche questo libro, seppur in maniera più superficiale del primo (ma in
compenso è di più semplice lettura), approfondisce le caratteristiche dello
Speech Level Singing, adottato da molti cantanti moderni di successo.
In appendice da leggere attentamente l'intervista a Seth Riggs nella quale
regala importanti consigli.
Anche qui troverai l'utilissimo CD di corredo.
Per ciò che riguarda invece l'autostima e la crescita personale, esistono
moltissimi libri in commercio a prezzi estremamente accessibili. Il mio
consiglio è di iniziare con “Leader di te stesso” di Roberto Re, il numero
uno nel settore della motivazione personale.
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Sommario
Prefazione........................................................................................................................................2
Capitolo I.........................................................................................................................................5
Prima di tutto...................................................................................................................................5
Esci dalla tua “zona di comfort”.................................................................................................7
Il cantante: una macchina perfetta..............................................................................................8
Trasmettere emozioni................................................................................................................10
La presenza scenica .................................................................................................................12
Come muoversi sul palcoscenico..............................................................................................14
La paura del palcoscenico.........................................................................................................17
Imparare la dizione...................................................................................................................17
Rispettiamo le corde vocali......................................................................................................20
Che cosa può danneggiare le corde vocali?..............................................................................21
Alcuni accorgimenti per la salvaguardia delle corde vocali.....................................................23
Breve digressione sulla respirazione nel canto.........................................................................24
I registri vocali..........................................................................................................................26
Pillole di teoria: La tastiera del pianoforte...............................................................................33
La tonalità.................................................................................................................................36
Riconoscere la tonalità di una canzone.....................................................................................39
Capitolo II......................................................................................................................................44
ANATOMIA DELLE STRUTTURE PREPOSTE AL CANTO...................................................44
Il mantice..................................................................................................................................45
La laringe.................................................................................................................................49
Laringe.................................................................................................................................50
Le cavità di risonanza...............................................................................................................54
La funzione del naso nell’emissione della voce cantata...........................................................57
Capitolo III....................................................................................................................................59
ANALISI SULLE TECNICHE DI CANTO.................................................................................59
La Tecnica di Affondo..............................................................................................................60
Individuazione delle muscolature lombo –addominali.............................................................63
Speech Level Singing ..............................................................................................................67
La respirazione rilassata...........................................................................................................70
Metodo Estill Voicecraft...........................................................................................................72
Capitolo IV....................................................................................................................................79
Il microfono – Il mixer..................................................................................................................79
Caratteristiche dei microfoni....................................................................................................79
Diagramma polare....................................................................................................................82
Come si utilizza il microfono...................................................................................................85
I parametri dei microfoni..........................................................................................................87
Il mixer......................................................................................................................................92
La scheda tecnica......................................................................................................................98
CapitoloV....................................................................................................................................101
Cenni di Teoria Musicale.............................................................................................................101
Concetto di suono...................................................................................................................102
Le note musicali......................................................................................................................104
Il pentagramma.......................................................................................................................107
Leggere le note........................................................................................................................110
Gli intervalli............................................................................................................................113
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Sediamoci davanti al pianoforte
...............................................................115
Gli accordi...............................................................................................................................116
Capitolo VI..................................................................................................................................120
La dizione....................................................................................................................................120
Epilogo........................................................................................................................................125
Precisazioni e breve bibliografia.................................................................................................126
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