Il negozio «itinerante» per combattere la crisi
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Il negozio «itinerante» per combattere la crisi
Già due casi in città: l'abbigliamento provenzale de «Le Petit Grimaud» e i coni di «Mami». Ogni sera su internet i percorsi dei giorno dopo. Ed è boom Il negozio «itinerante» per combattere la crisi Ve t t e el t « Meno cost i s i i g a i, ® ® ® PADOVA - Un po' di ingegno ci vuole, per affrancarsi dalla morsa della crisi e della disoccupazione. Se ne esce con un po' di astuzia, con uno sguardo alla tradizione, ad attività che solo qualche anno fa sembravano sull'orlo dell'estinzione. E così il fai-da-te torna sulle strade padovane, e crea nuovo mercato e nuovo lavoro. Un esempio? La Provenza, cioè, sbarca a Padova con un nome, «Le Petit Grimaud - L'Ape boutique», e con tanti abitini malva, grigio, violetto. Ma che cos'è, in effetti, un'ape boutique? E una fase intermedia tra lo stabile e l'errante, con il vantaggio della mobilità e l'handicap delle giornate troppo uggiose; ma soprattutto con il favore dell'abbattimento dei costi, e quindi di margini più elevati. E come è nata? Con la «mobilità», non del mezzo, ma dal mondo del lavoro. Quello ufficiale, quello che non fa sconti. «Io e Sara - afferma Monica - abbiamo lavorato entrambe nell'abbigliamento, come commesse. E entrambe ci siamo trovate disoccupate. Capita. Ma, anche a seguito di un viaggio in Provenza (Grimaud è un borgo del dipartimento del Var), ci è venuta in mente questa idea di fare di una passione un mezzo per il riscatto.Solo che se apri un negozio vero e proprio, di questi tempi rischi un rapido tracollo, a causa dei costi fissi», Dunque? «L'ape - continua - che poi abbiamo "ristrutturato" per l'occasione, con colori tipici e altro, ci è costato 15mila euro; più di quanto pensassimo, ma certo meno di un negozio. E ora siamo itineranti; non possiamo sostare per più di due ore. Poco male: abbiamo le no1 casi A sinistra l'«ape» de «Le Petit Grimaud», negozio ambulante di vestiti ispirati ai temi della Provenza; a destra Matilde Piccolomini, dietro al suo camioncino di gelati (Bergamaschi) ® c rnbulante ® ente » a s stre zone, tra i vicoli della città, le piazze o vi- cino ai centri estetici e agli uffici. Dalle due alle tre tappe al giorno. Il momento migliore, per le vendite, è la pausa pranzo. La sera prima sul nostro sito indichiamo le vie in cui saremmo presenti». Si, insomma, «le cose vanno bene». E cominciano a funzionare anche per Margherita Piccolomini, senese a Padova dal 197o e per le figlie Alessandra e Matilde, di 34 e 25 anni. Rispettivamente, laureata in tecnologie alimentari e laureanda in antropo- logia. E ora «in ruoli interscambiabili» nell'attività messa in piedi dalla madre: «Mauri gelato al volo». Con una struttura fissa, un laboratorio in Sacra Famiglia, e una «volante», un carrettino attrezzato. Il gelato è artigianale: e cioè «di alta qualità,senza grassi idrogenati, emulsionanti e additivi chimici; fatto con materie prime selezionate: latte e panna freschi, tuorli d'uovo freschi e pistacchi»; mentre il vantaggio della formula mista stabile-mobile è evidente nel portafoglio. «Il laboratorio in una zona decentrata - concede la Piccolomini - ha costi molto minori che un negozio-laboratorio nelle piazze. Il camioncino, la Mami car, tecnologicamente molto attrezzato, è costato 3omila euro». Com'è nata l'idea? «Avevo un Bed&Breakfast - continua la Piccolomini - poi l'ho venduto, e alla fine ero rimasta senza attività, senza fare nulla. Ma poi mi sono ricordata di quando, da piccola a Porto San Giorgio (Fermo) il gelato arrivava in spiaggia con il carretto spinto a pedali. In fondo, la nostra è solo una forma più moderna, ma lo spirito è quello». Di qui, un corso di specializzazione. «Mami è l'acronimo dei nomi di tutte e tre». E come vanno gli affari? «Per adesso - precisa - due stipendi sono pieni, quelli di Alessandra e Matilde; il mio, un po' ridotto. Ma vendiamo abbastanza, le cose si stanno muovendo; ci chiamano anche le aziende per i meeting. E i privati, per festività varie. Insomma, sono molto fiduciosa, anche con uno sguardo al portafoglio». Marco de' Francesco