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Tecnologia
Un Google dedicato
all'archeologia. Lo vuole l'Ue
Il progetto Ariadne si propone di mettere online sei milioni di reperti.
La Commissione Europea ha stanziato otto milioni di euro per la sua
realizzazione. E l'Italia partecipa con tre presenze importanti
16 novembre 2014
LO HA VOLUTO l'Ue ed entro il 2017
metterà online sei milioni di reperti
archeologici. Il progetto di chiama Ariadne e
vede coinvolti 23 partner e 7 associati di 19
Paesi sotto la guida dell'italiano Franco
Niccolucci del Pjn­Polo Universitario Città di
Prato. Sarà una sorta di "Google"
dell'archeologia che porterà in rete pezzi, siti
e reperti tra i più importanti della storia: "Con
Ariadne, attivato nel 2013 e che durerà
quattro anni, contiamo di mettere on line
circa sei milioni di schede di oggetti o siti
archeologici entro il 2017 in tutta Europa",
anticipa Niccolucci. "Con questo progetto
stiamo facendo un 'Google' più intelligente per l'archeologia perché mentre Google lavora
sui testi, noi puntiamo a mettere online i database, cioè informazioni digitali specifiche,
archiviate in modo strutturato", spiega Niccolucci. Come dire, l'archeologia sarà a portata
di un click, con la sua storia, le sue scoperte, i suoi straordinari reperti, gli affascinanti siti a
cominciare da Pompei. L'obiettivo, continua Niccolucci, è di "rendere interoperabili i dati, di
offrire cioè a studiosi, ricercatori o appassionati, l'accesso a tutti gli archivi archeologici
europei". Ora, "tutti gli stati europei hanno un loro archivio digitale, ci sono in totale in
Europa circa 4,5 milioni di schede di materiali archeologici, e anche l'Italia ne ha uno con
circa 400mila schede. Il nostro obiettivo è rendere fruibile in versione 2.0 tutta questa
ricchezza culturale", spiega Niccolucci.
L'obiettivo di Ariadne (l'acronimo sta per Advanced Research Infrastructure for
Archaeological Dataset Networking in Europe) è quello di realizzare una "infrastruttura
avanzata di ricerca per la messa in rete degli archivi digitali archeologici in europa", dice
Niccolucci. E, spiega, proprio "il nome greco della principessa di Creta, Arianna in italiano,
che dette a Teseo il filo per uscire dal labirinto. Nel nostro caso vogliamo realizzare 'filo'
virtuale che consenta di uscire dalla frammentazione e dalla dispersione attuale degli
archivi archeologici europei". Ma cosa cambierà fra pochi anni con la realizzazione di
Ariadne? "È semplice. Se oggi", dice Niccolucci, "cerco su Google un'informazione sui
Promessi sposi, trovo Amazon che mi vende la copia del libro, saggi critici di professori,
magari trovo anche qualche foto di un pranzo di nozze dove è citato il capolavoro del
Manzoni, non trovo però il volume che è nella Biblioteca di Roma. Quindi", continua, "il
salto è passare da informazioni disordinate a dati e informazioni strutturate, organizzate
bene per consentire a chi fa ricerca di confrontare e integrare le proprie scoperte con
quelle di altri studiosi. È così che si crea nuova conoscenza. A fare avanzare la conoscenza nell'archeologia saranno quindi ambienti digitali e nuove
tecnologie come le stampanti in 3D. Insomma, il futuro che svela il passato perché
Ariadne sarà solo "un primo passo" evidenzia lo studioso. Per questo obiettivo si
svilupperanno tecnologie tipiche del web 2.0, come ad esempio la navigazione basata sui
cosiddetti Linked Data, cioè l'individuazione di contenuti comuni che collegano archivi
differenti. Una parte consistente di questi dati è costituita dalla cosiddetta "letteratura
grigia", cioè le relazioni prodotte durante l'esecuzione di scavi di emergenza, "un
patrimonio di informazioni non pubblicate e destinate per questo a non essere
recuperabili", ricorda Niccolucci. Questi documenti saranno quindi indicizzati usando
tecniche di elaborazione del linguaggio naturale, cioè privo di codifica informatica. Per
realizzare Ariadne, la Commissione Europea ha stanziato 8 milioni di euro nell'ambito del
programma "Infrastrutture di ricerca" e l'Italia conta tre presenze di rilievo, il Cnr, il Mibact
e l'Università di Firenze, contro una isitutzione della Francia, due della Grecia, una della
Germania, una della Gran Bretagna e due dell'Olanda. "Abbiamo il più alto numero di
presenze nell'ambito del progetto perché", dice Niccolucci, " noi italiani nel settore
dell'archeologia siamo decisamente al top".
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