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Tesi 11
La polifonia in Italia nel '500, Riforma e Controriforma
Tesi 11
Le scuole polifoniche italiane del sec XVI.Teorici e compositori.
Semplificazione e purificazione della polifonia vocale.
Riforma e controriforma: il Corale.
La progressiva tendenza espressiva, drammatica, rappresentativa.
Il Cinquecento e la musica vocale sacra e profana
L’arte musicale del Cinquecento appare come una sintesi delle tendenze culturali e stilistiche che
si erano manifestate fin dai primi decenni del secolo precedente.
Nel ‘500 la musica doveva rispondere alle esigenze delle corti e degli ambienti accademici.
La musica dunque, veniva impiegata negli spettacoli scenico teatrali e doveva servire come mezzo
di formazione dell’ individuo. Si cerca di trasmettere il linguaggio poetico del testo.
In questo periodo tra l'altro furono diffuse per la prima volta le stampe delle opere di Platone.
I teorici
La teoria musicale di questo periodo, fu particolarmente ricettiva nei confronti della riscoperta del
pensiero classico greco.
Tra questi si ricorda la teoria del cromatismo di Nicola Vicentino (1511-1576) , il quale si basava
sulla convinzione, che la musica degli antichi greci, derivasse dalla mescolanza di tutti i tre generi
del tetracordo e cioè diatonico cromatico ed enarmonico.
Vicentino sollecitò pertanto i compositori, a liberare la musica dalle stranezze diatoniche del
sistema modale, favorendo l’utilizzo dei cromatismi. Si fece costruire uno strumento chiamato
archicembalo, che permetteva l’esecuzione dei quarti di tono e dei microtoni, dividendo l’ottava
in 31 suoni.
C’è poi Gioseffo Zarlino, (1517 – 1590), che collegò la tradizione musicale scientifica antica, con
la pratica compositiva a lui contemporanea. Per Zarlino quindi, il richiamo al passato non era
solo di pura contemplazione, ma ci doveva essere un integrazione tra il presente del suo tempo e
l’antico.
Zarlino ad esempio, prevedeva l'inclusione, all'interno delle consonanze pitagoriche di ottava
quinta e di quarta, anche le terze e le seste adoperate frequentemente dai compositori del tempo.
Zarlino scrisse Istitutioni harmoniche, dove fissò le premesse scientifiche per la cosiddetta
armonia accordale, introducendo la concezione di accordo, sia maggiore che minore.
Questo procedimento, di natura quindi bi- modale, lentamente portò alla sostituzione dei sei modi
ecclesiastici autentici e plaglali.
Zarlino per altro, si contrappose il suo allievo Vincenzo Galilei, (1520-1591) nel Dialogo della
musica, dove afferma che la polifonia moderna non aveva il potere di scuotere e di commuovere
l’ascoltatore, qualità che invece possedeva la musica della Grecia Antica.
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Galilei propose un sistema di intonazione basato su calcoli aritmetici che si avvicina molto al
temperamento equabile moderno.
Il temperamento equabile, è il sistema musicale di costruzione della scala musicale, fondato sulla
suddivisione dell'ottava in intervalli tra di loro uguali.
Nell'uso più frequente, l'ottava è suddivisa in 12 parti definite semitoni.
Questo sistema fu già descritto da Aristosseno di Taranto intorno al 320 a.C.
I mezzi di diffusione
Diversamente dall’arte polifonica complessa dei franco fiamminghi, la musica prodotta in Italia
dagli esecutori – improvvisatori del ‘400, era fondata sull’uso di una singola linea melodica
accompagnata da uno strumento, che veniva memorizzata ed elaborata senza essere scritta.
Ma nel ‘500 la nascita di composizioni polifoniche, come ad esempio la frottola, dovette
appoggiarsi alla notazione scritta.
Gli scritti di questo periodo non erano decorati come quelli dei secoli passati, ma assai più agevoli.
Madrigali e frottole venivano scritti in Libri parte, ossia un fascicolo per ciascuna parte vocale,
comodamente utilizzabile dai singoli cantori.
Un ruolo decisivo in questo periodo, lo ebbe la divulgazione della stampa musicale, legata ai
caratteri mobili di Guttemberg ideati nel 1438. Ma per quanto riguarda la musica, fu
Ottaviano Petrucci ad ideare un sistema di impressione multipla impiegando un sistema di
caratteri metallici mobili.
Questo sistema permise per la prima volta di pubblicare con precisione i brani polifonici in
notazione mensurale, completi del testo letterario. In questo periodo la città di Venezia era il centro
più importante per la pubblicazione musicale.
Il sistema di Petrucci era però assai complesso e inizialmente richiedeva ben tre passaggi. Il primo
passaggio consisteva nell’impressione del rigo, poi si procedeva con l'impressione delle note ed
infine, si arrivava all'impressione del testo.
Nel 1528, Pierre Attaignant, ideò un sistema di stampa nel quale, una stessa nota aveva già su di
se il pezzo di rigo a se corrispondente. Questo favorì un numero di tirature più ampio e costi più
bassi.
Si diffusero quindi i primi Volumi Antologici di tutti i repertori e di li a poco anche i volumi
dedicati ad un solo autore, permettendo cosi una larga divulgazione della musica.
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Il Mecenatismo
Alfonso e Ippolito d'Este, furono produttori di molte stampe musicali.
Ma anche la stessa Isabella d'Este, finanziò numerose pubblicazioni di genere frottolistico, ed ebbe
per questo, al suo servizio i compositori più importanti di questo genere, vale a dire
Bartolomeo Trombicino e Marchetto Cara.
Mantova e Ferrara divennero quindi dei centri molto importanti per la produzione musicale.
Chiaramente anche Roma mantenne un ruolo di primo piano, con i cantori e strumentisti della
Cappella Papale.
Frottola
Questo termine, viene usato in senso generico dai musicologi, per designare un tipo di
composizione strofica, che fu coltivato nelle corti italiane del nord, alla fine del ‘400 e fino ai primi
decenni del ‘500.
La frottola, ha uno stile poetico musicale semplice e fortemente sillabico, quasi declamatorio.
Nella frottola, un solista esegue la parte più acuta definita cantus, accompagnato dal liuto che
suona le parti del tenor e del bassus.
La frottola, prosegue la strada segnata dai cantori e improvvisatori medievali, ma si differenzia da
quelle composizioni e dalle chansons, poiché si presenta come un prodotto scritto, cioè finito e non
improvvisato.
Nella frottola, la linea del canto prevale sulle altre parti, ed inoltre prevalgono le progressioni
armoniche costruite principalmente sui gradi I -IV- V, della scala tonale moderna.
Nella frottola, ci sono anche brevi melismi, che cadono sugli accenti più importanti e fioriture
melodiche verso la fine della frase.
I temi sono amorosi, umoristici e buffoneschi. Talvolta anche ispirati a un certo senso religioso.
Lo schema della frottola, richiama la ballata trecentesca, ed è formata da quattro versi ripetuti dalla
struttura ABBA
Il madrigale del ‘500
I madrigali di questo periodo, si diffusero tra il 1520 e 1530, e furono contemporanei al genere
letterario poetico chiamato Petrarchismo.
I compositori preferivano, infatti, musicare i versi di Petrarca ed anche Ariosto.
Spesso, infatti, furono musicate le strofe dell’Orlando furioso.
Il testo poetico quindi, ebbe un ruolo fondamentale, sia sotto il profilo fonetico, che su quello
semantico.
A questo proposito, fu di rilevante importanza la pubblicazione letteraria di Pietro Bembo
Le Prose della volgar lingua, nel 1512. Solitamente quindi il musicista mette in musica un testo
poetico già scritto o comunque indicato dal committente.
Il madrigale non ha dunque ripetizioni strofiche ed è composto da versi liberi.
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Brembo dunque, richiama l'attenzione sul fatto, che in poesia la sonorità e il ritmo delle parole,
possiedono una diretta ripercussione sul significato stesso.
Secondo Brembo, cioè, una parola non è intercambiabile con un suo sinonimo, poiche altrimenti
la composizione poetica, perderebbe l'aspetto fonetico originario, oltre comunque a perdere
anche, parte del senso stesso della frase.
Si iniziò dunque come detto, a riconsiderare la parola, riconsiderandola nella sua foneticità.
Si stampa a Roma nel 1530 una grande raccolta dal titolo Madrigali de diversi musici.
La varietà metrica dei testi poetici, stimola i compositori a trovare soluzioni musicali sempre
diverse, per esaltare le capacità espressive della parola.
Il madrigale quindi, ha una struttura dalla forma aperta o durchcomponiert, cioè senza
ripetizioni.
Si creano quindi i cosidetti madrigalismi ossia, delle rappresentazioni quasi pittoriche di singole
parole, mediante la musica. Un ampio melisma ad esempio per le parole vento e aria, un registro
alto per la parola cielo, o grave per la parola terra, creando quindi una sorta di musica visiva.
Nel madrigale del '500 inoltre, tutte le voci sono comparate tra loro.
La particolarità dei madrigali, era data dal fatto che essi, non venivano composti per l’ascolto di
un pubblico, ma invece venivano scritti ed eseguiti esclusivamente, per il piacere stesso degli
esecutori.
Ciò è testimoniato da molti dipinti del tempo, che raffigurano solamente cantori senza ascoltatori
intorno.
Oppure i madrigali venivano composti, per particolari eventi o celebrazioni di rilievo, od anche
venivano scritti come intermezzi per una rappresentazione teatrale.
Si sviluppa poi un genere di madrigale definito alla breve con ritmi rapidi e sincopati.
Si sviluppa inoltre un altro genere di madrigale definito arioso, con un tono molto declamatorio.
Successivamente, si sviluppa anche un ulteriore altro genere, chiamato genere di canzoni
villanesche alla napoletana, caratterizzato da ritmi vivaci e irregolari.
Queste composizioni erano definite quindi villanesche o canzonette.
Tra i musicisti compositori di madrigali si ricordano L.Marenzio e de Wert che musica i versi del
Tasso.
Un altro importante compositore, fu il napoletano Carlo Gesualdo, il quale però lavorò molto
anche a Ferrara. I madrigali di Gesualdo, sono composizioni contraddistinte da arditezze e
stravaganze armoniche, con ritmi e melodie estreme, contrapposte a stati d’animo lieti e sereni.
I suoi testi sono abbastanza brevi. Ne è un esempio il madrigale Moro il Lasso raccolto nel Sesto
libro di madrigali.
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Ci sono poi i madrigali del veneziano Andrea Gabrieli, che impiegano ritmi semplici e incalzanti,
ed anche dialoghi tra più cori. Si trattava di lavori, che si adattavano agli esuberanti ambienti
conviviali di intrattenimento che si crearono a Venezia del tempo, per la celebrazione della vittoria
di Lepanto sui Turchi.
Un altro tipo di madrigale, che si sviluppò a Venezia, fu quello di tipo cromatico, con i madrigali
cromatici di Cipriano de Rore.
Esistono poi le commedie madrigalesche o i madrigali drammatici.
In questi casi si rappresentano, scene di vita quotidiana ed episodi drammatici e comici popolari.
Questi tipi di madrigali, potevano essere anche dialogici, creando una specie di azione
drammatica puramente sonora (e non scenica), in cui i personaggi erano rappresentati uno dopo
l'altro, dalle varie voci madrigalesche.
La musica della Riforma: il Corale
Martin Lutero affisse nel 1517 le sue tesi sulla porta del duomo di Wittemberg, dando inizio
alla Riforma.
Momento culminante della pratica luterana, è la recita del sermone.
Lutero, voleva far rendere accessibili a tutti, i testi religiosi, e per far ciò li tradusse dal latino al
tedesco.
Nel 1522, pubblicò quindi la Bibbia in tedesco e con l’aiuto dei compositori Conrad Rupsh e
Johann Walter, rielaborò delle melodie gregoriane preesistenti in lingua nazionale.
Nacquero così i corali o Kirchenlieder.
Lutero era particolarmente sensibile alle sensazioni d’animo, che la musica poteva donare,
pertanto, diede ampio spazio e importanza alla musica, anche sotto il profilo della formazione
educativa.
Appaiono così le Compendium musices, di Lampadius cioè dei piccoli libri pratici per la
divulgazione della musica nelle scuole.
Viene poi pubblicato il Piccolo libro di canti spirituali, di Walter.
Una delle pratiche più comuni, era quella far alternare nelle esecuzioni, sia cantori professionisti
sia i fedeli.
Tra le composizioni più famose ci sono Ein’feste Burg its unser Gott, (parafrasi del salmo 46 Deus
Noster Refugium)e Christ lag in Todesbaden che è una rielaborazione della celebre sequenza
Victimae Paschali laudes.
Con l’affermarsi del sistema tonale, maggiore-minore, le antiche melodie corali, vennero adattate
alle nuove necessità, e seccessivamente anche Jhoan Sebastian Bach, contribuì all’armonizzazione
a quattro voci dei Canti Spirituali o Geistliche Lieder.
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La musica della Controriforma
La diffusione delle idee della riforma, aveva messo in pericolo l’unità della chiesa Romana.
La Chiesa quindi, decise di attuare un piano di Controriforma, che culminò con il Concilio di
Trento, tra il 1545 – 1563, dove tra le altre cose, furono definite anche, le nuove modalità per la
corretta fruizione delle forme liturgiche.
I padri conciliari, stabiliscono innanzitutto una separazione tra il sacro e il profano.
Venne poi istituita la censura, per eliminare elementi profani in campo liturgico, come le
musiche parodie.
Furono eliminati anche i tropi e le sequenze e gli elementi contrappuntistici dati dall’uso
contemporaneo di più testi.
Un esempio pratico di questa applicazione, fu il cardinale Borromeo che ordinò al maestro di
cappella del Duomo Vincenzo Ruffo, di comporre musiche caratterizzate dalla massima semplicità
dell’impianto contrappuntistico.
Giovanni Pierluigi da Palestrina (1525 -1594) e la scuola polifonica romana
Palestrina occupa una posizione centrale, nella cornice della storia della polifonia sacra del
secondo Cinquecento. Scrisse tantissime messe mottetti e anche madrigali spirituali.
Divenne anche il modello dello stile contrappuntistico definito alla Palestrina fondamento anche di
contrappuntistiche.
Palestrina, godette soprattutto i favori dei Papa Giulio III, e lavorò anche presso la cappella Giulia
di San Pietro.
Palestrina ebbe un linguaggio polifonico, fondato sulla purezza della sonorità vocale, ed anche
sull’uso controllato, di un contrappunto levigato alla maniera fiamminga.
Più della metà delle sue messe sono messe parodia, 34 su temi gregoriani e 11 su temi profani.
Esse erano basate sui autori francesi della prima metà del secolo.
Comprensione delle parole e corretti accenti, sonorità ordinata per evitare sovrapposizioni di
testi, linee melodiche influenzate dal gregoriano, sono questi i caratteri fondamentali dello stile di
compositivo di Palestrina.
Non scrisse mai intervalli superiori a una quinta, bilanciati da gradi congiunti, dissonanze molto
rare.
I mottetti di Palestrina, sono costruiti per lo più su temi originali, uno su cui spicca l’intensità
espressiva è il Super Fulmina Babylonis, dove la cupa frase di apertura, sembra condensare
vividamente il dolore senza speranza degli ebrei esiliati.
Inoltre compose la Messa Papae Marcelli, che pare abbia convinto i padri conciliari a non
escludere il contrappunto e la polifonia dalle funzioni liturgiche.
Un esempio del suo rigore compositivo di Palestrina è il mottetto Sicut cervus.
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Tra i suoi discepoli, ci fu lo spagnolo Tomas Luis de Victoria
Dello stesso, periodo spicca anche la figura di Orlando di Lasso, che nelle sue composizioni
polifoniche di messe e mottetti, evidenzia da una forte espressività, data anche da un'arte
innovativa nell'utilizzo del contrappunto.
Orlando di Lasso inoltre evidenzia il significato delle singole parole, sottolineato da accentuazioni
ritmiche, modulazioni e inversioni armoniche.
La Scuola Veneziana
Mentre i compositori della scuola romana, utilizzavano lo stile a Cappella di tipo omogeneo, ed
equilibrato, invece i maestri veneziani, coltivavano uno stile più discontinuo e maggiormente
composito, fondato sul contrasto dei colori timbrici e sonori, vocali e strumentali.
Nasce a Venezia la Policoralità data dai cori spezzati, favoriti dalla struttura poli absidale della
basilica di San Marco. Va da notare che la liturgia veneziana rimase pressoché inalterata
nonostante la Controriforma. Il principio del contrasto sonoro era di derivazione franco fiamminga.
Il capostipite della scuola veneziana era, infatti, il fiammingo Adrian Willaert, che fu maestro
di cappella in San Marco dal 1527.
Adriano Willaert con la raccolta Salmi a uno e due cori, darà seguito a numerose composizioni del
genere policorale.
A S.Marco a Venezia, si formò quindi un repertorio sacro molto diverso: più dello stile a
cappella, pur coltivato, erano apprezzate le composizioni nelle quali alle voci si mescolavano gli
strumenti, che potevano essere due organi, degli strumenti a corda come le viole e a fiato come i
corni e i tromboni.
Molto spesso le composizioni polivocali venivano eseguite a cori divisi, cioè due, tre o quattro
gruppi cantavano e suonavano insieme ma in spazi distanti all'interno della chiesa.
Le musiche veneziane avevano caratteri di fastosità, di colore e di ricchezza sonora perché le
esecuzioni non erano abbinate solo ad eventi sacri, ma anche politici. La cappella musicale di
S.Marco aveva il compito di celebrare i maggiori eventi della Repubblica Veneziana. Venezia, nel
XVI secolo, era ancora il centro economico più ricco d'Italia ed era molto influente
politicamente.
La musica non doveva essere da meno. Tra i maestri della Cappella si ricordano oltre a Willaert
anche: Cipriano de Rore, Zarlino, Croce , Monteverdi, Cavalli e Legrenzi;
tra gli organisti: Buus, Parabosco, Merulo, Padovano, Andrea Gabrieli (1566-86) e Giovanni
Gabrieli (1584-1612).
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Gabrieli
Giovanni Gabrieli(Venezia 1554 ca.-1612), nipote di Andrea, proseguì l'opera di suo zio
rendendola ancora più varia.
Anche lui fu molto stimato dai contemporanei oltre che per la sua tecnica organistica, anche per le
sue composizioni. La maggior parte delle sue opere sono di destinazione sacra con struttura
policorale.
Egli accrebbe, nei confronti di Andrea, l'osservanza attenta del ritmo delle parole e della
declamazione delle frasi. La sua concezione musicale appartiene già al barocco, la sua policoralità
mista di voci e di strumenti è già un compiuto esercizio di “stile concertante”.
Le composizioni di Gabrieli, sono sempre caratterizzate da un estrema varietà di effetti sonori sui
cori spezzati, ed inoltre utilizza la polifonia di tipo imitativo, e fu tra i primI compositori ad
indicare il dinamismo nelle partiture.
Banchieri
Adriano Tommaso Banchieri (1568-1634)
La sua attività d'organista cominciò presso il monastero di San Michele in Bosco, a Bologna.
Qui divenne la figura centrale della vita musicale bolognese: fondò l'Accademia dei Filomusi, ove
Banchieri prese il soprannome di Dissonante. Ebbe il titolo di abate onorario.
Ricchissima e multiforme fu la creatività di Banchieri, come musicista, insegnante, organista e
compositore, ma anche come organizzatore delle manifestazioni liturgiche-musicali. Si occupò,
infine, anche della costruzione di strumenti musicali, sua invenzione è l'arpichitarrone
(o arpitarrone) citato nell'edizione de L'organo suonarino.
Come Orazio Vecchi, Banchieri era interessato trasformare il madrigale per uso drammatico.
Fu uno degli autori che svilupparono la cosiddetta commedia madrigalistica anche detta
commedia harmonica.
La commedia madrigalistica era formata da delle raccolte di madrigali che, se eseguiti uno di
seguito all'altro, raccontavano una storia, come ad esempio il
Festino nella sera del giovedì grasso avanti cena e la Barca di Venetia per Padova
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Vecchi
Orazio Vecchi ( 1550-1605), musicista e monaco modenese, si trasferì poi a Venezia, ove pubblicò
una raccolta di canzonette ed una nutrita serie di altre composizioni, Una delle più importanti
composizioni, che poi rimarrà la più nota, è l'Amfiparnaso, una via di mezzo tra che era una via di
mezzo tra madrigale e melodramma
Orazio Vecchi eccelse nella composizione di madrigali, che sviluppò in una forma particolare,
cioè la commedia madrigalistica, nella quale più madrigali sono riuniti assieme per formare
una storia completa e coerente.
Una delle più importanti è Amfiparnaso, che fu fonte d'ispirazione per tanti altri madrigalisti
successivi.
Quest'ultima mostra tendenze stilistiche molto vicine alla scuola Veneziana, con scritture a cori
battentie ritmate dal contrasto tra tempi bipartiti e tripartiti.
L'Amfiparnaso di Vecchi, nacque come una commediola di maschere.
Il lavoro costituì una esemplare fusione tra teatro e musica in base allo stile polifonico, quindi entrò
nella storia della musica come ultimo e definitivo sviluppo del madrigale dialogico.
Nelle opere sacre mantenne rigorosamente sempre un carattere contrappuntistico, mentre la chiara
semplicità emerse soprattutto nella musica profana: lui stesso si prefiggeva di trattare nello stesso
modo il “piacevole” ed il “grave”, che rappresentano i due poli della vita umana.
Marenzio
Luca Marenzio (1553-1599) Fu il più acclamato autore di madrigali del suo tempo.
Iniziò la carriera musicale come fanciullo cantore nella scuola del Duomo di Brescia. Divenne poi
maestro di cappella, di Luigi D'Este. Girò anche per varie corti Europee e Si spostò a Firenze dove
fu alla corte dei Medici per due anni. Tornato a Roma nel 1859 fu maestro di cappella del cardinale
Aldobrandini e della famiglia Orsini.
Conosciuto anche come Marentius, scrisse nove libri di madrigali a cinque voci, sei libri di
madrigali a sei voci e numerosi madrigali spirituali.
Le sue composizioni sono caratterizzate da una scrittura polifonica ricca e complessa e da una
notevole aderenza alle immagini contenute nei testi.
La sua opera può essere considerata una delle più mature e perfette testimonianze dei caratteri
peculiari della polifonia vocale rinascimentale, e in particolare del genere del madrigale serio:
procedimento astrofico ed imitativo;
notevole utilizzo di madrigalismi;
equilibrio tra le sezioni;
scrittura per voci sole senza strumenti;
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quegli stessi caratteri, che saranno poi ripresi da Claudio Monteverdi.
Marenzio utilizzò spesso i versi di Francesco Petrarca. Degni del massimo risalto sono, tra gli altri,
i suoi madrigali Zefiro torna e Solo e pensoso a 5 voci, basati sugli omonimi, celeberrimi sonetti
del Canzoniere
Gastoldi
Giacomo Gastoldi (1555-1609) divenne famoso principalmente per i suoi balletti, molto in voga ai
suoi tempi. Infatti il balletto, dal quale nasceranno successivamente le canzoni ballate, ebbe proprio
origine nel Cinquecento presso le corti rinascimentali italiane.
Nati dalle canzonette e dalle villanelle popolari, i balletti venivano impiegati per accompagnare
spettacoli di danze mimate. Tra i più famosi balletti del Gastoldi si ricordano:
Amor Vittorioso, Lo Schermito, Il Contento, Il Ballerino, Lo Spensierato.
Affini alle commedie madrigalistiche, i suoi balletti presentano le seguenti caratteristiche: ritmo
teso, accenti regolari, musica quasi completamente diatonica, presenza di modulazioni ai toni vicini,
forma AABB.
I balletti esercitarono un grande influsso sui madrigali drammatici, dei quali vengono considerati
precursori.
Bibliografia:
M.Carrozzo C.Cimagalli, Storia della Musica Occidentale Volume 1, Armando Roma 2008
pp.214, 223-231, 243
E.Surian, Manuale di Storia della Musica Volume 1, Rugginenti Torino 2006,
pp.211-214, 239-254
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