l`illuminismo giuridico in europa
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“L’ILLUMINISMO GIURIDICO IN EUROPA” PROF. FRANCESCO MASTROBERTI L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso Indice 1 L’ILLUMINISMO ------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 3 2 FASI E AREE DELL’ILLUMINISMO EUROPEO -------------------------------------------------------------------- 5 3 MONTESQUIEU --------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 8 4 IL TEORICO DEL COSTITUZIONALISMO MODERNO: JEAN-JACQUES ROUSSEAU ---------------- 12 5 ILLUMINISMO E CODIFICAZIONE DEL DIRITTO --------------------------------------------------------------- 16 BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 18 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 2 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso 1 L’Illuminismo Secondo Immanuel Kant: L'illuminismo è l'uscita dell'uomo da uno stato di minorità il quale è da imputare a lui stesso. Minorità è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro. Imputabile a se stessi è questa minorità se la causa di essa non dipende da difetto di intelligenza, ma dalla mancanza di decisione e del coraggio di servirsi del proprio intelletto senza esser guidati da un altro. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti della tua propria intelligenza - è dunque il motto dell'illuminismo (da Risposta alla domanda che cos’è l’Illuminismo, 1784). La definizione Kantiana descrive perfettamente ed in maniera chiara la natura e lo spirito dell’Illuminismo che, durante tutto il Settecento, non rappresentò soltanto una filosofia ma un modo di essere e di pensare per milioni di individui che riconobbero nella ragione l’unica fonte del vero. Da un punto di vista filosofico l’Illuminismo rappresenta l’incontro tra le due correnti di pensiero che avevano dominato la scena durante il Seicento: l’empirismo e il razionalismo. Il primo si fondava sul giudizio sintetico a posteriori e riconosceva nell’esperienza e nel metodo empirico le basi per di ogni processo gnoseologico; il secondo invece fondava la conoscenza sul giudizio analitico a priori, ossia sulle idee e sull’intuizione. L’Illuminismo, con Kant, riuscì a conciliare queste due filosofie mettendo d’accordo ragione ed esperienza. L’ illuminismo, come si è detto, permeò di sé tutto un secolo caratterizzando anche la politica e il diritto del Settecento che, sotto la spinta dei philosophes, si indirizzarono verso una riforma su basi razionali dello stato e dei sistemi giuridici d’antico regime. Sotto questo profilo la corrente di pensiero cui l’Illuminismo appare più legato è senza dubbio il giusnaturalismo. Proprio i maggiori esponenti del giusnaturalismo – Grozio, Hobbes e Locke - avevano fondato su basi razionali una nuova teoria dello stato e del diritto individuando nel contratto sociale l’origine della società e il fondamento del diritto. L’assolutismo di Hobbes e il liberalismo di Locke rappresenteranno le due anime dell’Illuminismo: il primo influenzerà la stagione del cosiddetto “Assolutismo Illuminato” mentre il secondo influenzerà l’Illuminismo liberale e democratico. Da queste brevi premesse appare chiaro che gli Illuministi si occuparono e molto di stato e di diritto proponendo un vasto piano di riforme che avrebbe trovato molti riscontri nella legislazione del periodo rivoluzionario. Tuttavia parte della storiografia giuridica italiana ha negato all’Illuminismo il carattere giuridico sostenendo la mancanza di elaborazioni dottrinali e l’insistenza della polemica su aspetti politici ed istituzionali (cfr. G. Astuti). Tuttavia, come tra breve si vedrà, il carattere Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 3 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso giuridico dell’Illuminismo sarà evidente soprattutto in Italia dove spiccano figure come Cesare Beccaria, Gaetano Filangieri e Francesco Mario Pagano che con le loro conosciutissime opere approfondirono aspetti e problemi della crisi del diritto nel Settecento ed indicarono un organico piano di riforme. Bisogna anche dire che l’Illuminismo è stato oggetto di critiche serrate a partire dall’Ottocento: dalla critica storicistica di F. C. von Savigny a quella marxista che vedeva nel movimento dei Lumi l’espressione dell’ideologia borghese fino alla critica idealistica crociana. La storiografia giuridica italiana degli ultimi decenni ha invece rivalutato l’Illuminismo dedicando ad essi numerosi studi: in particolare Raffaele Ajello ha insistito sulla rivolta contro il formalismo di cui si resero protagonisti gli Illuministi. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 4 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso 2 Fasi e aree dell’Illuminismo europeo E’ possibile individuare una periodizzazione dell’Illuminismo europeo. La prima fase va dal 1700 – 1750. In questo periodo troviamo una decisa influenza di Newton in tutti gli ambienti culturali europei che si traduce in una fiducia nella scienze esatte e nel metodo scientifico. Si tendono ad escludere indagini metafisiche mentre vi è una particolare attenzione per l’economia vista quale scienza in grado di elaborare soluzioni in grado di raggiungere la felicità comune, il benessere per il maggior numero. Si può in proposito considerare la diffusione della fisiocrazia e delle teorie utilitariste. Sotto il profilo giuridico-istituzione la prima fase si caratterizza per la critica alle istituzioni e al diritto che tuttavia è «interna al sistema»: gli autori criticano alcuni aspetti del sistema istituzionale e giuridico – in particolare gli abusi della chiesa e della feudalità, l’arbitrio giudiziario, l’incertezza del diritto, la venalità delle cariche giudiziarie e propongono una razionalizzazione di cui si deve rendere protagonista il sovrano ed indicano le opportune soluzioni. In alcuni autori è molto forte in cd. Antiromanesimo, la critica serrata al diritto romano che, riprendendo argomenti umanistici, dai pratici risale fino ai commentatori e ai glossatori ed investe lo stesso Giustiniano accusato di essere stato il primo “corruttore” del diritto romano classico. Il 1748 può considerarsi un anno fondamentale nella storia dell’Illuminismo ed in particolare dell’Illuminismo giuridico: è l’anno della pubblicazione dell’opera di C. L. Secondat de Montesquieu, Esprit des lois. L’evento rappresenta un vero e proprio spartiacque tra la prima e la seconda fase dell’Illuminismo poiché l’Esprit fissando una griglia interpretativa di tutte le questioni di tipo istituzionale e giuridico stabilisce le linee fondamentali del dibattito dei decenni successivi. Dopo il 1748 tutti gli Illuministi si confronteranno con il maestro Montesquieu per condividerne le tesi o per criticarle: in ogni caso l’opera divenne la “pietra miliare” dell’Illuminismo giuridico. La seconda fase dell’Illuminismo è quella che va dal 1750 alla fine del secolo ed è caratterizzata, sotto il profilo filosofico, dal “sistema” di Immanuel Kant. Sul piano giuridico istituzionale, mentre in Germania e in Italia si sperimenta una collaborazione degli Illuministi con le corti europee (assolutismo illuminato), in Francia si sviluppa un forte orientamento di rottura col passato che, soprattutto grazie alle opere di Voltaire e di Rousseau, assumerà un deciso carattere rivoluzionario. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 5 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso L’Illuminismo non ebbe dovunque la stessa fisionomia: in Europa possiamo considerare quattro aree: Germanica (Austria, Prussia e Baviera), Francese, Italiana, Inglese. Nel paesi dell’area germanica prevalse l’aspetto filosofico che ebbe la sua massima espressione nella figura e nell’opera di Kant. Molto importante fu il razionalismo che, grazie a Leibeniz, Wolf e Pufendorf e ai loro allievi esercitò una grande influenza sull’Illuminismo. Nell’area germanica troviamo le migliori espressioni del cd. Assolutismo illuminato: sovrani come Federico II di Prussia – amico e corrispondente di Voltaire – sono convinti illuministi e si impegnano a realizzare riforme all’altezza dei tempi e della ragione. In questo clima vedrà la luce la prima grande codificazione l’ALR, il codice civile prussiano del 1794. In Austria riscontriamo una situazione simile: Giuseppe II e Leopoldo II avviano una intensa collaborazione con intellettuali riformatori di formazione giusnaturalistica e razionalistica (Martini e Zeiller) per realizzare una moderna codificazione. Comune è l’idea che le leggi devono tendere a garantire la felicità dei sudditi (eudemonismo etico) che rappresenta il bene comune. Questi generosi tentativi saranno poi superati, anzi travolti, dalle grandi riforme della rivoluzione francese che Napoleone esporterà in tutte Europa grazie alle sue vittoriose campagne militari. L’area francese manifesta caratteri profondamente diversi da quella germanica. L’Illuminismo è pressoché rifiutato dai sovrani e nasce e si sviluppa come un movimento di fronda, fortemente polemico nei confronti della società, del diritto e delle istituzioni d’antico regime: è l’Illuminismo dei libertini o dei philosophes, dell’Enciclopedia, di Voltaire, sul quale, grazie anche alla mediazione di Montesquieu esercita una forte influenza il pensiero di Locke ed Hobbes. Da questo punto di vista uno degli aspetti maggiormente rilevanti dell’Illuminismo francese si deve ravvisare negli sviluppi del pensiero costituzionale che con il Contrat social di Jean-Jacques Rousseau arriva ad una compiuta elaborazione teorica che influenzerà tutto il costituzionalismo moderno. L’area Italiana non denota un connotato specifico ma una confluenza di diverse suggestioni provenienti in particolare dalla Francia. Significativa la prima fase illuministica dove troviamo le importanti opere di Pietro Giannone, Istoria civile del Regno di Napoli, di Ludovico Antonio Muratori (Dei difetti della giurisprudenza) e altre figure di primo piano come Paolo Mattia Doria, Carlo Antonio Pilati, Antonio Genovesi. A partire dalla seconda metà del secolo Milano e Napoli assurgono a centri propulsori dell’Illuminismo giuridico, per merito di Cesare Beccaria (Del delitti e delle pene) e di Gaetano Filangieri (La scienza della Legislazione). Anche in Italia troviamo una collaborazione tra regnanti e illuministi per realizzare riforme considerate ormai Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 6 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso improcrastinabili: il granduca Leopoldo in Toscana col codice penale Leopoldino recepisce alcune riforme suggerite dal Beccaria (abolizione della pena di morte), in Piemonte Vittorio Amedeo II promulga le sue costituzioni (con il divieto di citazioni dottrinali ma la possibilità di riferimento agli usus fori, référé legislatif ma solo nell’ed. del 1770), a Modena Francesco III pubblica il Codice estense ( che contiene il divieto delle citazioni nei tribunali e l’obbligo del référé legislatif), a Napoli Bernardo Tanucci progetta la realizzazione di un codice e nel 1774 emana due importanti dispacci con i quali si impone ai magistrati di motivare le sentenze sulla base della “legge espressa e manifesta del regno” e si impone l’obbligo di pubblicare le sentenze. Nell’Area inglese prevale l’utilitarismo e la figura di J. Bentham che critica il sistema della common law (proponendo una codificazione), la costituzione inglese e il contrattualismo di Locke (il contratto sociale è una fola priva di riscontro nella storia, il diritto di resistenza non si deve basare su di esso ma solo sull’utilità). Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 7 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso 3 Montesquieu Con Charles Louis de Secondat de Montesquieu (1689-1755) e la sua opera principale L’esprit des lois si confronta tutta la cultura giuridica europea. L’Esprit è un’opera maestosa con la quale l’Autore abbandona suo seggio di presidente del parlamento di Bordeaux per diventare presidente del tribunale della regione: egli si propone di indagare sulla ratio di tutte le leggi, ovvero di spiegarne il loro fondamento razionale. Punto di partenza è il concetto che leggi e istituzioni non rappresentano qualcosa di arbitrario ma esprimono una naturale razionalità. E’ possibile dunque per Montesqueu individuare questa razionalità considerando che: «Le leggi sono i rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose». Le leggi possono essere sia naturali, sia positive. Le leggi naturali sono: sentimento della debolezza, sentimento dei propri bisogni corporali, ricerca di Dio e ricerca della società. Queste leggi naturali cessano di essere tali quando inizia la società, dove possono riconoscersi tre tipi di leggi positive: diritto delle genti, diritto pubblico e diritto civile. Ma tutte le leggi positive devono esprimere una razionalità: «La legge in generale è la ragione umana, in quanto governa tutti i popoli della terra, e le leggi politiche e le leggi civili di ogni nazione non devono costituire che i casi particolari ai quali si applica questa ragione umana. Devono essere talmente adatte ai popoli per i quali sono state istituite, che è incertissimo se quelle di una nazione possano convenire ad un’altra». Per Montesquieu la Legge deve essere chiara, semplice, concisa (Esprit, T.II, lib. XXIX dove si indicano questi elementi nella «maniera di comporre le leggi»). La parte più nota dell’opera di Montesqueu è quella relativa alla separazione dei poteri. Partendo dalla considerazione che “Il potere assoluto corrompe assolutamente” Montesquieu afferma che per assicurare la libertà del cittadino è necessario che i tre poteri fondamentali dello stato restino assolutamente divisi: il potere legislativo, il potere esecutivo e il potere giudiziario. La separazione dei poteri è propria delle repubbliche che si fondano sul principio della virtù; le altre forme di governo, monarchia e dispotismo, si fondano invece rispettivamente sul principio dell’onore e della paura. Sempre con riguardo alla divisione dei poteri Montesquieu, riferendosi al potere giudiziario, afferma che si tratta di un potere “nullo” in quanto i giudici e i tribunali altro non devono essere che la “Bouche qui prononce les paroles de la lois”. E’ una teoria importante che caratterizzerà tutto l’illuminismo e le riforme rivoluzionarie e napoleoniche. La legge, chiara semplice, concisa, espressione del potere legislativo, non può e non deve essere interpretata: l’interpretazione di giuristi e tribunali che nel medioevo e in età moderna era stato il cuore del Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 8 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso diritto, viene considerata in modo assolutamente negativo come un elemento di corruzione e snaturamento della legge. Durante tutto il Settecento una serie di provvedimenti di sovrani assoluti (ad esempio a Napoli di dispacci di Tanucci del 1774 o l’obbligo del référé legislatif previsto dal codice estense) cercheranno di sottrarre ai tribunali l’interpretazione della legge. Il meccanicismo giudiziario ipotizzato da Montesqueieu rappresenterà un topos illuministico, anche se non mancarono voci contrarie: se Pietro Verri si esprime chiaramente a favore di Montesquieu nel saggio Sull’interpretazione delle leggi, pubblicato sul Caffè, Rousseau concede un margine di intervento interpretativo ai giudici in ordine alla legge e Antonio Genovesi sostiene che i giudici necessariamente debbano operare un’interpretazione equitativa e non meccanica della legge. Filangieri nella Scienza individua anche un significato nuovo e neutro di interpretazione come di esame letterale, ma poi segue gli altri illuministi nella considerare il significato negativo di interpretazione. La posizione di Montesqueu condizionò la legge del 16-24 agosto 1790 che introdusse il référé legislatif facoltativo ed è alla base del Tribunal de Cassation, organo istituito con la 27 novembre-1 dicembre 1790 con il compito di valutare la corretta applicazione della legge in ultimo grado. Montesquieu (XI, 6), richiamandosi al modello ateniese, ritiene che in un governo che ha di mira la libertà del cittadino il potere giudiziario deve essere affidato ad un organo non permanente formato da persone «tratte dal grosso del popolo». Prevede altresì la possibilità di una ricusazione dei giudici da parte dell’imputato nel caso di accuse gravi. Con questa Da quanto si è detto emerge un altro aspetto importante di Montesquieu: egli afferma la centralità del diritto pubblico (diversamente da Domat che riteneva immutabili e naturali solo le leggi civili) e offre la griglia interpretativa per la questione costituzionale, che rappresenterà il “cuore” della Rivoluzione. Montesquieu affronta anche il “problema penale” che sarà sviluppato soprattutto in Italia, grazie alla famosa opera di Cesare Beccaria. Le questioni fondamentali ruotavano intorno a queste domande: Perché punire? Come punire? Inoltre c’era la consapevolezza dell’assoluta necessità di riformare i giudizi penali, che – in virtù di sistemi fortemente inquisitori – erano diventati luoghi di arbitrio e di abusi. Il sistema delle prove legali – che vincolava il giudice alle prove raccolte, spesso con la tortura, nella fase inquisitoria – di frequente determinava condanne ingiuste che suscitavano sdegno e clamore. Perciò gli illuministi iniziarono a guardare al modello accusatorio romano e a quello inglese nel quale accusa e difesa erano sullo stesso piano e le prove si discutevano davanti al giudice in dibattimento. Con riferimento al fondamento della pena Montesquieu aderisce alla posizione utilitarista, secondo la quale la pena è necessaria perché utile alla società e fa propria la Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 9 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso teoria proporzionalistica che afferma l’esigenza di graduare la pena a seconda del reato commesso. Con riguardo alla procedura Montesquieu mostra una preferenza per il processo accusatorio connettendolo alla forma repubblicana poiché in una monarchia poteva rivelarsi pernicioso. E’ Montesquieu a fissare le linee del dibattito in un famoso passo de L’Esprit des Lois: «A Roma era permesso a un cittadino di accusare un altro. Ciò era stabilito secondo lo spirito della repubblica, in cui ogni cittadino deve avere uno zelo illimitato per il bene pubblico; in cui ogni cittadino è tenuto a conservare nelle proprie mani tutti i diritti della patria. Si seguirono, sotto gli imperatori, i sistemi della repubblica; e subito si vide comparire una genia di uomini funesti, una schiera di delatori. Chiunque aveva in copia vizi e talento, un animo veramente vile e uno spirito ambizioso, cercava un criminale la cui condanna potesse riuscir grata al principe; era la via per arrivare agli onori e alla ricchezza, cosa che non vediamo fra noi. Noi abbiamo oggi una legge ammirevole: è quella che vuole che il principe, creato per far eseguire le leggi, proponga un funzionario in ogni tribunale affinché indaghi, a suo nome, tutti i reati, di modo che la funzione del delatore è sconosciuta fra noi; e se queto pubblico delatore fosse sospetto di abuso di potere, lo si obbligherebbe a nominare il suo informatore. Nelle leggi di Platone, quelli che trascurano d’avvertire i magistrati o di aiutarli, devono essere puniti. Oggi ciò non converrebbe. La parte pubblica veglia per tutti i cittadini; quella agisce, e questi se ne stanno tranquilli». Montesquieu traccia dunque le linee generali del rapporto tra i due modelli e tra ciascuno di essi e le forme di governo: il sistema accusatorio sarebbe idoneo in uno stato repubblicano, mentre quello inquisitorio meglio si adatterebbe al regime monarchico e a quello dispotico. Ciò non solo per la più estesa possibilità di delazioni infondate in queste ultime due forme di governo ma anche per la posizione passiva che i cittadini (o, meglio, sudditi) ricoprono in esse. Montesquieu (XI, 6,) afferma la necessità di giudici temporanei tratti «dal grosso del popolo», ma non specifica se questi debbano decidere tutta la causa oppure solo il fatto: Tale vaghezza condizionerà tutto l’illuminismo penale con riferimento al problema delle giurie. E’ tuttavia chiaro che il modello di riferimento di Montesquieu sia quello del giudizio dei pari recepito dalla tradizione inglese. Su questa linea infatti la voce «pairs» dell’Encyclopédie (de Jaucourt) ed anche Voltaire. Non così Rousseau che invece indica chiaramente giudici non togati estratti a sorte e competenti sia sul fatto che sul diritto (quando questo sarebbe stato riformato). Beccaria, nel XIV capitolo aggiunto nella terza edizione della sua famosa opera, elogia le giurie ma non supera l’ambiguità di Montesquieu. La traduzione in francese e la diffusione in tutta Europa dopo il 1776 dei Commentarii di Blackstone contribuirono al favore degli illuministi verso la giuria penale Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 10 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso secondo il modello inglese. Ma in Francia negli anni ’70 e ’90 del ‘700, come ha sottolineato A. Padoa Schioppa ( La giuria penale in Francia : dai philosophes alla Costituente. Milano 1994), il dibattito fu intenso ed investì l’opportunità di affidare al popolo la giustizia penale, la sfera di competenza (solo il fatto o fatto e diritto) delle giurie e le modalità di scelta dei giurati (per censo o per elezione). Filangieri esaminò compiutamente la questione distinguendo giudici di fatto (scelti tra i proprietari residenti nelle province) e giudici di diritto togati. Le giurie furono introdotte in Francia durante la Rivoluzione e recepite nel codice di procedura penale napoleonico nonostante il malcelato dissenso dello stesso Napoleone, ma la loro attività fu esclusa nelle ipotesi di reati gravi e turbativi dell’ordine pubblico (per questi c’erano le corti speciali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 11 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso 4 Il teorico del costituzionalismo moderno: JeanJacques Rousseau Il pensiero cui è maggiormente debitore il costituzionalismo moderno è quello di JeanJacques Rousseau. Discusso e contrastato dagli stessi illuministi Rousseau è il teorico della frattura con l’antico regime cui giunge portando alle estreme conseguenze il pensiero giusnaturalistico. Secondo Giovanni Tarello il Contrat social (1762) è «una delle opere più cospicue e più influenti della letteratura politica e giuridica dell’Occidente e dal quale derivano in modo diretto o indiretto la maggior parte delle idee costituzionalistiche moderne». Dello stesso parere anche Gianni Ferrara per il quale non è possibile pensare alle costituzioni moderne senza considerare Rousseau. In genere si parla della forte influenza del ginevrino sull’acte consitutionnel del 1793, varato dalla costituzione montagnarda: questa ineccepibile considerazione non può e non deve “confinare” Rousseau al 1793 in quanto tutta la rivoluzione e tutto il moderno costituzionalismo sono a lui strettamente legati. L’Idea della sovranità popolare – che come si è visto trae origine dalle idee dei giusnaturalisti e che abbiamo considerato l’aspetto caratterizzante del costituzionalismo moderno in senso stretto – arriva alla sua più compiuta elaborazione nel Contrat social: Se si scarta dal patto sociale tutto ciò che non è essenziale, si troverà che esso si riduce ai termini seguenti: “Ognuno di noi mette in comune la sua persona e ogni suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale; e inoltre riceviamo ogni membro come parte indivisibile del tutto”. Subito al posto della persona fisica di ogni contraente, questo atto di associazione produce un corpo morale e collettivo composto di tanti membri quanti sono i voti dell’assemblea, ed esso riceve da quell’atto stesso la sua unità, il suo io comune, la sua vita e la sua volontà. Questa persona pubblica, che si forma così con l’unione di tutte le altre, prendeva in altri tempi il nome di città, ed ora prende quello di repubblica o corpo politico, il quale dai suoi membri è chiamato Stato come passività, sovrano come attività, potenza nei confronti dei suoi simili. Per quanto riguarda gli associati, essi prendono collettivamente il nome di popolo, e si chiamano cittadini, in quanto partecipano all’attività sovrana, e sudditi in quanto sono sottoposti alle leggi dello Stato. Ma sovente questi Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 12 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso termini si confondono e si scambiano l’uno con l’altro: basta però saperli distinguere quando sono adoperati in tutta la loro precisione1. Per Rousseau lo stato di natura è caratterizzato dall’illimitata libertà degli uomini che nel momento in cui addivengono al contratto sociale formano un tutt’uno con lo Stato-sovrano: il corpo morale che ne nasce è un io collettivo che prende forma, vita e volontà da tutti. Il popolo, o meglio, tutti i cittadini, sono lo Stato: le individualità che lo formano si disperdono in esso. Con il contratto – che rappresenta una necessità - l’uomo perde «la sua libertà naturale ed il diritto illimitato a tutto ciò che tenta e che può essere da lui raggiunto» ma guadagna «la libertà civile e la proprietà di tutto ciò che possiede». Si tratta dell’asse portante della nuova stagione costituzionale che si ritrova nelle costituzioni americane e delle costituzioni francesi del periodo rivoluzionario. La sovranità per Rousseau è «l’esercizio della volontà generale» ed è necessariamente diretta «secondo il fine della propria istituzione, che è il bene comune». Tale bene comune è l’oggetto della costituzione dello Stato e non è in alcun modo legato ad uno o a tutti gli interessi particolari: esso è «l’interesse comune» che ha portato gli uomini al contratto sociale e, come categoria ideale, deve dirigere l’attività dello Stato. Tuttavia Rousseau non si mantiene nel vago e indica gli obiettivi cui deve pervenire ogni sistema di legislazione: la libertà e l’uguaglianza. Sull’uguaglianza il ginevrino aveva già esposto le sue idee nel Saggio sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini (1755); egli, dando per certa un uguaglianza formale tra gli individui che consenta a tutti di partecipare alla formazione della volontà generale, si pone il problema dell’uguaglianza sostanziale: «per quanto riguarda l’uguaglianza non bisogna intendere con questa parola che i gradi di potenza e di ricchezza siano assolutamente gli stessi: ma che, quanto alla potenza ella sia al di sopra di ogni violenza, e non si eserciti mai se non in virtù del grado e delle leggi: e quanto alla ricchezza che nessun cittadino sia tanto opulento da poterne comprare un altro, e nessuno tanto povero da essere costretto a vendersi». La legislazione, perseguendo il bene comune, doveva porre rimedio alle ineguaglianze intervenendo con saggezza. La Sovranità per Rousseau è inalienabile e indivisibile: «Poiché la volontà è generale o non lo è; essa è quella del corpo del popolo, o solamente di una parte di esso. Nel primo caso, questa volontà dichiarata è un atto di sovranità e costituisce legge; nel secondo caso è solo una volontà 1 G. G. Rousseau, Il contratto sociale, traduzione con introduzione e commento di Giuseppe Saitta, Bologna 1947, p. 52 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 13 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso particolare, o un atto di magistratura; è tutt’al più un decreto». Contro Aristotele e Montesquieu, Rousseau afferma a chiare lettere il carattere indivisibile della sovranità che può volere solo attraverso la legge che è la volontà generale: a suo giudizio coloro che sostenevano la necessità di separare i poteri dividevano non la sovranità ma l’oggetto di essa, facendo «del sovrano un essere fantastico e formato di pezzi messi insieme; come se componessero l’uomo di parecchi corpi, dei quali uno avesse gli occhi, l’altro le braccia, l’altro ancora i piedi e nulla più». Pertanto chi credeva nella divisione dei poteri si ingannava: «che i diritti che si prendono per parti di questa sovranità sono a lei subordinati tutti, e suppongono sempre delle volontà supreme di cui questi diritti non danno che l’esecuzione». La sovranità si esprime solo ed esclusivamente attraverso la legge che essendo la volontà generale garantisce tutti ed assicura il perseguimento del bene comune. Molto si è detto sul legicentrismo di Rousseau e sul carattere assoluto della legge: si è parlato anche di legolatria e considerando la parte del Contrat relativa alla Religione civile il termine non appare fuori luogo. La legge per Rousseau è l’essenza dello Stato e della sovranità e se ben formata è sempre retta e tende al pubblico bene. Per il formarsi di questa volontà non è necessario che ci sia unanimità ma è necessario che tutti i voti siano contati poiché ogni esclusione rompe la generalità. Ma questa non è l’unica condizione per evitare l’errore della volontà generale: «è necessario, dunque, per ottenere l’espressione vera della volontà generale, che non vi sia nessuna società parziale dello Stato, e che ogni cittadino non pensi che secondo il suo giudizio». Troviamo qui una compiuta espressione dell’individualismo: le associazioni, i partiti, le consorterie ed anche le famiglie interferiscono con la formazione della volontà generale poiché gli individui devono far confluire liberamente e senza condizionamenti la loro volontà nella volontà generale. La famosa legge Le Chapelier del 14 giugno 1789 che abolì corporazioni, società benefiche ed educative, organizzazioni di lavoratori, società artigiane, organizzazioni politiche e di fatto rappresenta l’esatta applicazione di questo principio. La libera formazione della volontà generale – secondo Rousseau – entra in contrasto con il sistema rappresentativo: il sistema rappresentativo, ereditato dalla feudalità, non può esprimere la volontà generale e deve essere bandito. Con Rousseau la legge – volontà generale diventa il fulcro dello stato e della società. Essa solo assicura la sovranità al popolo: «ma quando tutto il popolo delibera su tutto il popolo, egli non considera che se stesso; e se esso forma allora una relazione, questa è dall’oggetto intero sotto un punto di vista all’oggetto intero sotto un altro punto di vista, senza alcuna divisione del tutto. Allora la materia sulla quale si delibera è generale come la volontà che delibera. E’ questo atto che io Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 14 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso chiamo legge». Per tali ragioni la legge non può essere che generale ed astratta e non può essere contaminata da riferimenti nominativi: «In una parola, ogni funzione che si riferisca a un oggetto individuale non appartiene al potere legislativo». Proprio con riferimento a questo aspetto Rousseau “decreta” la fine del costituzionalismo antico con queste ispirate parole: Con questa idea, si vede subito che non bisogna più domandare a chi appartenga fare le leggi, poiché esse sono atti della volontà generale; né se il principe sia al di sopra delle leggi, poiché è membro dello Stato; né se la legge può essere ingiusta, poiché nessuno è ingiusto verso se stesso; né come si sia liberi e sottomessi alle leggi, poiché esse non sono se non i registri delle nostre volontà2. Per Rousseau ogni stato retto da leggi è una Repubblica, qualsiasi sia la sua forma di amministrazione, monarchica, aristocratica o democratica. Ma chi deve predisporre le leggi? Chi può fare da legislatore? Rousseau immagina un ufficio che «non è magistratura, non è sovranità»: colui che redige le leggi «non ha dunque e non deve avere alcun diritto legislativo»; si limita a proporre le leggi al popolo che, non potendo in alcun modo spogliarsi del diritto di legiferare conferitogli con il patto fondamentale, delibera. E’ chiaro che non tutti i popoli sono in grado, per il ginevrino, di reggere un sistema siffatto. Non tutte le nazioni, per il carattere del popolo e per la loro estensione territoriale, potevano costituire repubbliche fondate sulle leggi. Sotto questo aspetto il pessimismo di Rousseau è grande poiché i danni fatti dalla storia sono immensi: «Ciò che rende penosa l’opera della legislazione non è tanto ciò che bisogna instaurare, quanto ciò che bisogna distruggere; e ciò che rende il successo così raro, è l’impossibilità di trovare la semplicità della natura accoppiata ai bisogni della società. Tutte queste condizioni, è vero, si trovano difficilmente riunite: quindi si vedono pochi Stati ben costituiti». Il riferimento alla distruzione si lega ad un momento rivoluzionario, necessario per costruire una società nuova, fondata sulle leggi. L’esempio della Corsica – come si è detto esplicitamente citato dal Rousseau - venne presto seguito da altri popoli che dopo la «distruzione» edificarono lo stato su una costituzione voluta dal popolo: prima gli Stati Uniti e poi la Francia prendono la strada indicata dal filosofo ginevrino. 2 Rousseau, Il contratto sociale, p. 75. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 15 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso 5 Illuminismo e codificazione del diritto L’Illuminismo apre la strada alla codificazione del diritto sulla base della centralità ed esclusività della legge intesa – a partire da Rousseau - come espressione della volontà generale. L’Illuminismo costruisce una teoria della legislazione che contribuirà alla formazione dei codici: generalità, astrattezza e chiarezza della legge. In nome della centralità della legge l’Illuminismo spinge i sovrani a realizzare delle consolidazioni o avviare dei tentativi di codificazione. Da questo punto di vista i progetti più importanti vengono avviati in Prussia e in Austria e porteranno rispettivamente al Codice Civile Prussiano (ALR) e al Codice Austriaco del 1811 (ma i lavori sono avviati dall’imperatrice Maria Teresa nel 1750). Il Codice Prussiano può considerarsi il prodotto più importante dell’Illuminismo conseguito senza una rivoluzione e espressione più alta dell’assolutismo illuminato. Esaltato per qualche anno, fu poi largamente superato come modello di codificazione dal codice civile napoleonico. In ogni caso le grandi codificazioni europee a cavallo tra Settecento e Ottocento rappresentano la fine di un’epoca e l’avvio dell’età dell’Assolutismo giuridico. In merito possiamo considerare quanto afferma Paolo Grossi: Dietro la foglia di fico della “ragione naturale” e della “volontà generale” sta la consegna nelle mani del potere politico della intiera produzione del diritto. Al vecchio caotico pluralismo giuridico si va sostituendo un rigidissimo monismo giuridico: la dimensione giuridica è ormai vincolata all’apparato di potere dello Stato e tende a immedesimarsi in una dimensione legislativa. E comincia un lungo periodo non solo di legalismo ma di autentica legolatria: la legge come tale, come emanazione di una volontà sovrana, diviene oggetto di culto prescindendo dai suoi contenuti. Atteggiamento greve di rischi, che un’onda lunghissima porterà fino alle nostre spalle e di cui ci stiamo faticosamente liberando proprio in questi ultimi decennii. Dal Settecento illuminista in poi, sul continente europeo, si farà i conti unicamente con la volontà del legislatore, poiché solo a lui spetterà la capacità di trasformare in giuridica una generica regola sociale. Una conclusione finale si deve trarre: la civiltà del liberalismo economico, nel suo tentativo di operare un completo controllo di quel Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 16 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso prezioso cemento sociale che è il diritto, si è rivestita della corazza ferrea di un autentico assolutismo giuridico3. 3 P. Grossi, L’Europa del diritto, Roma-Bari 2007, pp. 112-113. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 17 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso Bibliografia Schintz, État présent des travaux sur J.-J. Rousseau, Parigi 1941; J. Sénelier, Bibliographie générale des œuvres de J.-J. Rousseau, Parigi 1950; G. 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FIORAVANTI, Appunti di storia delle codificazioni moderne, Torino 1991; Id., Costituzione e popolo sovrano, Bologna 1998; Id., Costituzione, Bologna 1999; Id., Costituzionalismo: percorsi della storia e tendenze attuali, Roma 2009 G.A. Roggerone e P.I. Vergine, Bibliografia delle opere di G.G. Rousseau (1950-1990), Lecce 1992; Birocchi, Alla ricerca dell’ordine. Fonti e cultura giuridica nell’et moderna, Torino 2002, pp. 393 e ss.; U. Petronio, La lotta per la codificazione, Torino, 2002, pp. 305 e ss.; Cavanna, Storia del diritto moderno in Europa.Le fonti e il pensiero giuridico, II, Giuffrè, Milano, 2005, pp. 71 e ss.; Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 18 di 19 L’Illuminismo giuridico in Europa Università Telematica Pegaso G. De Tiberiis, L’Illuminista oscurato. Giacinto Dragonetti per una normativa premiale delle virtù sociali, in «Frontiera d’Europa», anno XVI (2010) – n. 1, pp. 183-270. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633) 19 di 19