l`eccellenza imprenditoriale di un territorio che, attraverso
Transcript
l`eccellenza imprenditoriale di un territorio che, attraverso
www.areaar te.it L’ECCELLENZA IMPRENDITORIALE DI UN TERRITORIO CHE, ATTRAVERSO L’ARTE E IL DESIGN, TROVA NUOVI LINGUAGGI DI COMUNICAZIONE E AGGREGAZIONE THE ENTREPRENEURIAL EXCELLENCE OF A LAND WHICH FINDS NEW LANGUAGES FOR COMMUNICATION AND AGGREGATION THROUGH ART AND DESIGN www.askoll.com www.graficart.it PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Anche il cibo si fa arte Even food can become art A A Al contrario, «mai come oggi non soltanto a un artista, ma a chiunque svolga un'attività inventiva, è concesso, anzi decisamente richiesto, di slittare tra competenze diverse: si dà forma a un pensiero con il continuo sovrapporsi di fattori”. Le nuove e decisamente eterogenee “tecniche espressive“ spesso mettono insieme materie e approcci differenti In ciò si rispecchia la nostra epoca in cui declina l'idea di storia come insieme sensato e coerente e si tende a percepire la vita come un flusso elastico, molteplice, dominato dalla frammentarietà e dal caso. www.palzileri.com Patrocini Editorial ngela Vettese ha di recente pubblicato un saggio divertente e istruttivo dal titolo Si fa con tutto. Il linguaggio dell’arte contemporanea (Laterza 2012). Vi prende in considerazione il radicale cambiamento del linguaggio dell'arte che, in definitiva, riflette anche il nostro attuale modo di vivere. E non è vero – afferma la critica- che oggi l’arte non richieda più alcuna competenza tecnica e che si fondi solo su principi provocatori. Main Sponsor www.ithitex.com Editoriale www.gardacartiere.com www.vg7.it A partire da questi presupposti, Angela Vettese riflette non solo su come siano cambiati i materiali e i linguaggi dell'arte contemporanea, ma sul rapporto di interazione con il pubblico e del ruolo dell'autore, che sovente non opera più da solo ma insieme ad altri, non centrando la sua produzione artistica solamente sull'attività manuale personale ma operando piuttosto come un architetto o un regista. Così non di rado il fare creativo può anche nascere come una sorta di eterogenesi dei fini: si parte a fare qualcosa e, alla fine del processo, se ne ottiene un’altra, del tutto differente (ma altrettanto valida). E’ il caso, ad esempio, di una mostra allestita nel padiglione centrale del Drawing Center di NY nel gennaio/febbraio di quest’anno. Ad esporre non un artista visuale ma il famoso cuoco catalano Ferran Adrià, noto a livello planetario come chef del ristorante “El Bulli”, sulla Costa Brava. In mostra Ferran Adria: note di creatività vi sono disegni, schizzi, diagrammi, collage, appunti di lavorazione dai colori più vari dei suoi celebri piatti. Centinaia di fogli utilizzati dal “maestro” per fissare la sua creatività progettuale in cucina in quasi trent’anni di attività. Intuizione, visione, ideazione, realizzazione dell’opera esattamente come gli artisti di ogni epoca. Solo che in questo caso si tratta di manicaretti. Già nel 2007 “El Bulli” aveva partecipato alla mostra d’arte di rilevanza mondiale documenta di Kassel. Nel 2008 il cuoco spagnolo aveva tenuto una conferenza all’Università di Harvard (USA) e nel 2010 annunciava la chiusura di “El Bulli” fino al 2014 per concentrarsi sulla sua creatività. Ora la mostra Ferran Adria: note di creatività viene ospitata dal 4 maggio al 31 luglio alla ACE Gallery di Los Angeles; al MOCA di Cleveland dal 26 settembre al 18 gennaio 2015, e poi al Minneapolis Institute of Arts dal 17 settembre 2015 al 3 gennaio 2016. Se non è arte! Giovanna Grossato ngela Vettese recently published an entertaining and instructive essay entitled You do it with anything. The language of contemporary art (Laterza 2012). Here she considers the radical change underwent by the art language, which ultimately reflects our current way of life. It is not true – say critics - that art today no longer requires technical skills and is only based on provocation. On the contrary, «today, more than ever, not just artists, but anyone engaged in creative activities is allowed, indeed required, to shift between skills: you give shape to an idea using continuously overlapping elements”. The new and definitely heterogeneous “expressive techniques” often put together different subjects and approaches. And this reflects our own time, in which the idea of history as a sensible and coherent whole has declined, and we tend to perceive life as an elastic, multiple flow dominated by fragmentation and chance. Starting from these assumptions, Angela Vettese reflects not only on the way that contemporary art materials and languages have changed, but also on the interaction with the public and the role of the author, who often no longer works alone but together with others, basing his artistic production not merely on his own manual activity and operating rather as an architect or director. And so, quite often creative work can start out with a sort of heterogeneous aim: you start by doing something and, at the end of the process, you end up with something else, entirely different (but just as valid). That is the case, for example, of an exhibition held in the central pavilion of New York’s Drawing Center in January/February this year. The work on display was not by a visual artist, but by the famous Catalan cook Ferran Adrià, renown at planetary level as chef of the “El Bulli” restaurant on the Costa Brava. The Ferran Adria: creativity notes exhibition shows drawings, sketches, diagrams, collages and notes on the preparation of his famous dishes in various colours. Hundreds of pages, used by the “master” to fix his cooking design and creativity in nearly thirty years of activity. Intuition, vision, ideation, realization of the project exactly as for artists of all times. Only, this time, it is delicious cooking. In 2007 “El Bulli” had participated in the world renown art exhibition documenta in Kassel. In 2008 the Spanish cook held a conference at Harvard University (USA) and in 2010 he announced that “El Bulli” would close until 2014 in order for him to concentrate on his creativity. Now the Ferran Adria: creativity notes exhibition will be held from 4 May to 31 July at the ACE Gallery in Los Angeles; at MOCA in Cleveland from 26 September to 18 January 2015 and at the Minneapolis Institute of Arts from 17 September 2015 to 3 January 2016. If this is not art, then what is? Giovanna Grossato 3 L’orrore del domestico I temibili convivi di Francesco Ardini di S i l v i a N e ri L a vita quotidiana nella sua routine e tradizione può avere risvolti insoliti. Il semplice atto di sedersi a tavola e mangiare su un normale piatto in ceramica bianca può rivelarsi rassicurante, in quanto atto famigliare, ma anche temibile e pauroso, come ci mostra Francesco Ardini. Le sue installazioni ricostruiscono ambienti domestici trasfigurati dallo spettro dell’imposizione autoritaria e selettiva della nostra società contemporanea che ci prescrive canoni, stili e modelli da seguire. Si tratta di tavole imbandite, sontuosamente apparecchiate con candide stoviglie da cui escono piccoli mostri del quotidiano, che si insinuano silenti nei percorsi della tovaglia. L’artista ritrae nelle sue sculture le proprie paure che abitano gli ambienti domestici in cui l’abbondanza di cibo crea pressione psicologica sull’individuo, mettendolo in difficoltà nel distinguere cosa è bene e cosa è male. Televisione e pubblicità, concetto di bellezza estetica e mondo virtuale fanno parte del nostro quotidiano e ci inseguono senza sosta. Abbiamo davvero bisogno di tutto questo? Non ci sentiamo a volte sovrastati, soffocati e calpestati da bulimici bisogni di sazietà per supplire carenze interiori che lacerano la nostra anima confusa ed impaurita? Francesco Ardini con la sua opera decide di denunciare questo sistema fagocitante di bisogni e mancanze, di imposizioni e frustrazioni, per indurre a riflettere, o anche solo ad osservare. Durante la formazione di architetto all’Università di Venezia, Ardini si avvicina alla ceramica che trova in Nove (Vicenza) il suo centro di sviluppo storico che ancor oggi gode di grande prestigio. Divenuto lo strumento deputato a tale missione controcorrente, l’artista ha investito il suo lavoro di una forte componente emozionale che si fa strada pian piano, cercando risonanze universali da poter comparare alla propria esperienza. Le mutazioni e trasformazioni che viviamo quotidianamente trovano luogo nella casa, identificata nella tavola che dunque si presta ad essere l’ambiente più intimo e al tempo stesso più universale per l’espressione di tali concetti. Infatti l’artista è mosso da inquietudini personali che trovano voce nella sua produzione artistica e nella mise en place di questa serie di loci horridi. l’ossessione si rivela. La maniacale attenzione nei confronti dell’immagine è inoltre un altro aspetto che caratterizza fortemente la nostra epoca. Grazie alla residenza al Guldagergaard, il Centro di Ceramica Contemporanea della Danimarca, è nata l’installazione Volume del Disgusto: di forte impatto scenico, è il coinvolgimento emotivo che stupisce. La perfetta realizzazione dell’inquietudine domestica dell’artista è resa dall’accumulazione eccessiva di cibo. Vi si trova soprattutto il pollo, presente sulla tavola di ogni cultura, che diviene metafora della sovrapproduzione della società. Questa temibile immagine di banchetto infernale è reiterata in Circe, installazione presentata al Jerome Zodo Contemporary di Milano. Utilizzando l’immagine della maga omerica che aveva il potere di trasformare gli uomini in animali, ognuno secondo la propria indole, l’artista padovano realizza una complessa installazione narrativa che espone il gioco crudele tra reale e virtuale. Domus Carnea, presentata a Palazzo Botton, Museo della ceramica di Torino, è un’installazione dai volumi considerevoli: simboleggiando l’eccesso senza fine, vi si ritrovano elementi già esplorati e ricorrenti nel lavoro di Ardini, a sottolineare i fondamenti concettuali cui la sua opera s’ispira mettendo il focus su problematiche attuali molto presenti e sulle quali l’Autore non cessa mai di ragionare, proponendo le sue visioni. La componente estetica dei lavori di Francesco Ardini si attua in un equilibrio di forti cromie antitetiche che si spalleggiano l’un l’altra per creare contrasti evidenti, ma si attua anche nella coerenza narrativa e nella semplicità compositiva che fa da contraltare ai tripudi cromatici delle tavole. Si può quindi affermare che queste ceramiche sono opere che nascono dall’intimo progetto dell’artista, dalla sua esigenza di esprimerlo ma anche di indurre gli altri a percorrere ed esplorare questo sentiero. Lo fa, ovviamente, alla maniera dell’artista: attraverso installazioni e sculture dalle forme tentacolari che si intrecciano in grovigli inestricabili. L’uomo moderno si trova nella trappola dell’incanto tecnologico come l’uomo omerico si trova invischiato nell’incantesimo di Circe. Se da un lato la visione della bianca ceramica rassicura, nel momento in cui viene spezzata, rotta e calpestata, il conforto del suo aspetto decade e viene distorto e vive e lavora tra Padova e Nove (VI) www.francescoardini.com Francesco Ardini INQUIETUDINE DOMESTICA | 2013 Ceramica smalto bianco lucido - Ceramic, white polished glaze cm 1,70 x 2.50 x 1,80 INQUIETUDINI FAMIGLIARI | 2013 Ceramica e smalto bianco particolare sedia - Ceramic and white glaze, chair detail cm 1,8 x 1,50 x 1,50 4 INQUIETUDINI FAMIGLIARI | 2013 Ceramica e smalto bianco - Ceramic and white glaze 5 Domestic horrors Zodo Contemporary in Milan. Using the image of the Homeric witch who had the power to transform men into animals, each one according to his own nature, the artist from Padua constructs a complex narrating installation that exposes the cruel game between real and virtual. Modern man finds himself in the trap of a technological spell just as the Homeric man was caught in Circe’s spell. If, on one hand, the sight of white ceramic is reassuring, when this is broken, smashed and trampled its comforting look fades and is distorted, and the obsession is revealed. The maniacal attention to images is another aspect that strongly characterizes our times. The daunting banquets of Francesco Ardini by S i l v i a N e ri O ur daily life in its routine and tradition can offer some unusual developments. The simple act of sitting down at the table and eat on a normal white ceramic dish can look reassuring, because familiar, but can also be frightening and scary, as Francesco Ardini shows us. His installations reconstruct domestic environments transfigured by the spectre of authoritarian and selective imposition of our contemporary society, which prescribes rules, styles and models to follow. These are laid tables, sumptuously prepared with white dishes from which little monsters of everyday life creep out, worming their way into the tablecloth. The artist portrays in his sculptures his own fears, inhabiting a domestic environment where the abundance of food produces a psychological pressure on the individual, making it difficult for him to tell what is good and what is bad. Television and advertising, the concept of beauty and the virtual world are part of our daily life, and relentlessly after us. Do we really need all this? Don’t we feel a little overwhelmed, suffocated and trampled by some bulimic need for satiety that should compensate the inner voids tearing up our confused and frightened soul? Francesco Ardini wants to denounce with his work this devouring system of needs and wants, of impositions and frustrations, to make us reflect, or just observe. VOLUMI SUL DISGUSTO | 2013 Ceramica - Ceramic altezza - height 3 mt Domus Carnea, presented at Palazzo Botton, Turin’s Ceramics Museum, is an installation of considerable volumes: it symbolizes endless excess, and here we find elements already explored and CONVIVIO | 2013 recurrent in Ardini, to emphasize the concepCeramica smalto lucido e opaco tecnica - Ceramic and matt and polished glaze tual foundations of his work, focused on curcm 150 x 100 rent issues that are very much present and on which he never ceases to reason, proposing his visions. The aesthetic component of Francesco Ardini’s works comes out in the balance of strong antithetical colours that back each other up to create obvious contrasts, but also in the consistency of the narrative and the composition simplicity counterbalancing the chromatic blaze on the tables. We can say that these ceramics originate from a deep, interior project of the artist, from his need to express it but also to induce others to walk along this path and explore it. And he does it, obviously, like an artist does: through installations and sculptures with tentacular forms intertwined in inextricable tangles. Francesco Ardini lives and works in Padova and Nove (VI) www.francescoardini.com INVILUPPO ORO | 2013 Forma scultorea di tubolari in terraglia, smalto e terzo fuoco in lustro oro - Sculptural form of tubular earthenware, glaze and third firing in gold luster diametro 50 cm - 50 cm diameter During his architectural studies at Venice University, Ardini approached ceramics through the works he saw in Nove (Vicenza), the historical development centre that still enjoys great prestige. As the appointed instrument in a mission against mainstream art, he puts into his work a strong emotional element that digs its way into it little by little, looking for universal resonances to compare to his own experience. The mutations and transformations we experience daily find a place in the home, and more specifically on the table, which lends itself to being the most private and at the same time universal place where to express such concepts. Ardini is moved by his own personal anxiety, expressed in his artistic production and in the mise en place of this series of loci horridi. The installation entitled Volume del Disgusto originates from his stay at Guldagergaard, the Contemporary Ceramics Research Centre in Denmark: the visual impact is strong, but it’s the emotional involvement that surprises. The artist’s domestic anguish is perfectly rendered by the excessive amount of food, especially chicken, present on the tables of every culture and therefore a good metaphor of society overproduction. This frightening image of an infernal banquet is repeated in Circe, the installation presented at the Jerome 6 INQUIETUDINI FRA ME E TE | 2013 Ceramica e porcellana, tavolo e sedie in legno - Ceramic and porcelain and wood table and chairs cm 100 x 80 x 75 7 Alessandro Rinaldi Nuovi Orizzonti di E ri ka Fe rr e t t o L e tematiche di Rinaldi sono un'evoluzione del paesaggio in chiave contemporanea. Dapprima erano paesaggi urbani o suburbani, periferie continue della città diffusa in perenne crescita. Cantieri dove costruzioni su costruzioni salivano o cantieri navali dove incombevano enormi carene di navi, stazioni fatte di binari che scomparivano in prospettive velocissime. Poi, lo sguardo si apre verso nuovi orizzonti. Le prime sono visioni dell’operato umano, paesaggi "metropolitani", dove la struttura prospettica è sempre caratterizzata da scorci arditi fatti da ragnatele di linee che s'intrecciano e tagliano lo spazio precludendo la vista dell'orizzonte. Solo porzioni di cielo tra questi titani della contemporaneità, di un cielo quasi sempre plumbeo, fermo, che contrasta con la rapidità impressa nel "costruire". Velocità, linee di forza, sviluppo ascensionale possono per certi versi ricordarci il Futurismo, in particolar modo alcuni richiami estetici si trovano nelle architetture svettanti di Sant'Elia o nella forza dirompente del movimento fisico che fonde oggetto e spazio nelle opere di Boccioni. Tuttavia profondo è il solco e la distanza con questi riferimenti, in essi infatti il progresso, lo sviluppo, lo svecchiamento sono inneggiati e auspicati ma ancora lontani dall'essere effettivi. I luoghi descritti da Rinaldi invece sono il prodotto della nostra contemporaneità, di un tempo che ha già rilevato tutti i suoi limiti, le sue contraddizioni, i suoi sprechi. Queste "metropoli" non più abitabili sono strutture abnormi fatte di energia vitale propria, in esse l'uomo è un ingranaggio privo di volontà che si limita a costruire e produrre qualcosa che gli viene imposto dall'alto. Rinaldi non sente l'esigenza di rappresentarlo, perché l'uomo è già presente col suo lavoro in quei non luoghi cementati che hanno preso il sopravvento sul loro costruttore. Il suo è un racconto lucido e critico, il cui ritmo e le cui atmosfere richiamano alla memoria l'aggettivazione scarna ed incisiva di Pasolini quando, in Ragazzi di vita, descrive gli squallidi sobborghi nei quali i personaggi si muovono e vivono alla giornata spinti solo da esigenze elementari; per contro si ritrovano squarci di paesaggi lirici che rallentano il ritmo narrativo in pause distese. Così, anche nel percorso linguistico di Rinaldi, a un certo punto (dal 2007-2008) il ritmo e i temi pittorici cambiano e questo avviene simbolicamente e cromaticamente attraverso l'incendio: i colori, dapprima modulati sui toni bassi s’infuocano, i gialli e i rossi delle fiamme cancellano i cantieri e le metropoli. IL SOGNATORE | 2009 Olio e stampa su alluminio - Oil and print on aluminum cm 210 x 143 Quelle combustioni permettono all'artista, quasi con un colpo di spugna, di far rinascere dalle ceneri nuove tematiche. Egli stesso afferma: "…le nuove Babele dell'uomo, mi sembravano una follia, un po’ di anni fa ovunque ti girassi vedevi solo gru e nuove costruzioni... col tempo ho sentito l'esigenza di allontanarmi, di vedere l'orizzonte...". Dallo spazio consumato allo spazio ritrovato ma vuoto: distese aperte prive di costruzioni diventano luoghi di memoria e interiorizzazione, come nei lacerti lirici di Pasolini, si rallenta il ritmo del racconto facendosi prolungato respiro. Prevalgono ora le prospettive a volo d'uccello dove il cielo si fa protagonista schiacciando la terra: il cielo minaccioso prima di una tempesta (dittico n. 383), il cielo notturno con la luna bassa all'orizzonte tanto da poterla toccare (n. 417). Talvolta aleggia sulla terra desolata la forma simbolica e al tempo stesso reale del dirigibile, affusolata e avveniristica incombe facendo pensare a un contenitore dal quale da un momento all'altro potrebbe scendere qualcosa o sul quale potremmo salire per avventurarci alla scoperta di nuovi mondi (n. 409). Queste opere, rinnovate nei soggetti, sono nuove anche nella tecnica: realizzate su un particolare supporto, la lastra d'alluminio, che permette contemporaneamente la lavorazione gestuale, chimica e pittorica (scartavetraggio a mano o a macchina, acidatura e pittura ad olio) giungendo a efficaci effetti tono su tono. In Solaris e in Jesus Was a free man, attraverso il procedimento meccanico del togliere, viene realizzata la superficie dell'acqua, questa materia liquida, primordiale, s'impone alla vista lasciando come lievi apparizioni le figure.Come nel riferimento cinematografico di Solaris, questo misterioso oceano può rigenerarci e rimandarci ai nostri sogni. Nuovi “orizzonti” d’acqua e d’aria s’impongono. Senza titolo | 2009 Olio su alluminio - Oil on aluminum cm 143 x 104 MIRAGGIO | 2008 Olio su alluminio - Oil on aluminum cm 143 x 104 ALESSANDRO RINALDI FUNAMBOLO | 2009 Olio su alluminio - Oil on aluminum cm 104 x 143 8 vive e lavora a Padova www.alessandrorinaldi.net [email protected] 9 Alessandro Rinaldi New horizons by E ri ka Fe rr e t t o R inaldi’s themes are about landscape evolution into contemporary style. At first it was urban or suburban landscapes, extended suburbs of a sprawling, forever growing city. Building yards with construction upon construction going up, or shipyards with huge, towering ship hulls, stations made of railway tracks disappearing fast into the distance. Then the eyes opened to new horizons. The first views are of man’s work, "metropolitan" landscapes where the perspective is always characterized by unusual glimpses of webs of lines that intersect and cut space, obstructing the horizon. Only portions of the sky could be seen between these Titans of our times, mostly a leaden, fixed sky, in contrast with the fast pace of the “building". Speed, lines of force and upward development may in some ways remind us of Futurism, particularly in some aesthetic counterparts to the soaring architectures of Sant'Elia or the unleashed force of physical movement merging objects and space in Boccioni’s works. However, deep is the gulf and the distance from these works, where progress, development and modernization are applauded and desired but still far from real. The places described by Rinaldi, on the other hand, are the product of our contemporary world, a time that has already found its limitations, its contradictions, its wastes. These "metropolises", no longer inhabitable, are abnormal structures with their own vital energy, where men are cogs with no will of their own, who only build and produce something that is imposed on them from above. Rinaldi does not feel the need to portray him, because he is already present with his work in these non-places, made of concrete, that have taken over their maker. His tale is lucid and critical, with a rhythm and atmosphere reminiscent of the dry and incisive language used by Pasolini in Ragazzi di vita, as he describes the squalid suburbs where his characters move and live day-to-day, driven just by elementary needs; however, there are also glimpses of lyrical landscapes that slow down the narrative with some extended pauses. In Rinaldi’s language, at a certain point (from 2007-2008), the rhythm and painting themes also change, and this happens symbolically and chromatically through fire: the colours, at first in low tones, flame up, the yellows and reds of flames cancelling yards and metropolises. These combustions allow the artist, as if he were wiping the slate clean, to make new themes rise EUROPA | 2010 Olio su alluminio - Oil on aluminum cm 104 x 143 Jesus was a free man | 2012 Smerigliatrice e olio su alluminio - Grinder and oil on aluminum cm 104 x 143 from the ashes. He himself says: "…the new Babels of man seem to me like a folly, a few years ago wherever you turned you only saw cranes and new buildings... in time I felt the need to move away, to see the horizon...". From consumed space to newfound, but empty, space: open expanses with no buildings become places for memory and interiorization. As in Pasolini lyrical fragments, the narrative slows down with some prolonged breaths. Birds-eye perspectives now prevail, where the sky becomes protagonist, pressing on the earth: the menacing sky before a storm (diptych No. 383), the night sky with the moon so low on the horizon that you can almost touch it (No. 417). IL CAVALLO DI TROIA | 2009 Olio su alluminio - Oil on aluminum cm 280 x 210 10 Sometimes on the wasted land hovers the symbolic and together real shape of an airship, tapering and futuristic, like a container from which at any moment something might come down or that we may board to venture out and discover new worlds (No. 409). These works, renewed in their themes, are also new in their technique: they use a special support, an aluminium sheet that allows at the same time action, chemical and pictorial painting (sand papering by hand or machine, etching and oil painting), achieving some effective tone on tone effects. In Solaris and Jesus was a free man the mechanical process of removing matter allows to reproduce the surface of water, this liquid, primordial element that commands to be seen, with human figures reduced to mere apparitions. As in the Solaris cinematic reference, this mysterious ocean can regenerate us and send us back to our dreams. New “horizons” of water and air prevail. Senza titolo | 2007 Olio su tela - Oil on canvas cm 120 x 100 ALESSANDRO RINALDI lives and works in Padova www.alessandrorinaldi.net [email protected] 11 Titolo | anno Tecnica - Tecnique cm misure x misure I l poeta Andrè Breton riteneva che “due stati in apparenza contradditori, sogni e realtà potevano risolversi in una specie di realtà assoluta, di surrealtà”. Da questo presupposto nasceva nel 1924 il Manifesto surrealista che accostava il campo della ricerca pittorica alla psicologia sperimentatrice dei fenomeni del sogno secondo la dottrina freudiana. Sappiamo che il Surrealismo insiste sull’autonomia della coscienza e con l’automatismo dell’inconscio ha escluso l’intervento della ragione e di qualsiasi struttura logica. Già nel 1918 il poeta Pierre Reverdy aveva accennato che: “l’immagine non può nascere da un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti”. Un concetto anticipatore del Surrealismo, che però ebbe un vero precursore dell’idea di spiazzamento della realtà con Isidore-Lucien Ducasse conte di Lautreamont, morto nel 1870 e autore de I Canti di Maldoror, autore della celebre frase: “Bello come un incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina da cucire e un ombrello”. In questa avventura del fantastico si muove la libertà inventiva fervida di imagerie e carica di energia creativa di Angelo Palazzini, si snoda la sua vocazione dichiaratamente divertita che trova sempre la capacità di meravigliarsi e di meravigliare, riproponendo quel thauma che Platone considerava l’inizio del sapere e che, nel transitare del tempo, pure noi cerchiamo di conoscere pena il cessare del sapere quando non proviamo più l’incanto della meraviglia. Su questa radice è innestata l’irrazionalità descrittiva dell’artista lodigiano inclinata al surreale più nel clima del sogno, della fabulazione volta a volta grottesca, di intrigante stupore o humor paradossale, spesso sottilmente ludica a conferma dell’assioma di Schiller dell’arte come gioco, e del gioco come libertà di immaginazione. LA REALTA’ VISIONARIA TRA SOGNI E GIOCOSE CURIOSITA’ di T i n o G i p p o ni 12 Ne risulta una lunga nomenclatura di episodi dispiegati nell’indagine di un “altrove” del senso, del cosiddetto depaysage o dello spaesamento del significato che è spinta precipua del Surrealismo, qui accolto non sul versante della super realtà dell’automatismo psichico e pure allucinatorio che invece ha inciso su certa poesia, sulla pittura d’azione americana, sull’informale e sulla scrittura visiva, ma in modo preciso su quello oniricamente più evocativo, di fabulae arcanamente mitizzate con l’aggiunta di un loisir ironico del gusto per il gioco di libere associazioni. Filologicamente appunto, Angelo Palazzini è da inquadrare nella poetica dello straniamento dell’oggetto, con un mondo narrativo dove le cose ne mascherano altre con paradossi spiazzanti e ambiguità rappresentative. Risulta perciò riconducibile in certo qual modo - pur nel rispetto delle differenziate personalità - più alla lezione del sommo Magritte con lo spostamento e l’ampliamento di senso teso a trasformare oggetti noti Vacca piacentina | 2008 Olio su tela - Oil on canvas cm 80 x 80 La vecchia centrale | 2008 Olio su tela - Oil on canvas cm 100 x 100 nell’altra pagina - on the other page Un trasporto impegnativo | 2014 Olio su tela - Oil on canvas cm 115 x 115 13 Una casa molto accogliente | 2010 Olio su tela - Oil on canvas cm 54 x 54 e quotidiani in travestimenti o trasferimenti di significato e di identità per una lettura su un diverso piano rispetto al logico riferimento naturale. Avevo già collocato l’arte del pittore lodigiano in questo solco nel 2000 (anzi l’iniziale tentativo era avvenuto un anno prima, nel 1999 con la prima mia presentazione alla Chiesa dell’Angelo a Lodi con la mostra La buona indole: personaggi storici lodigiani), quando ho curato l’estesa rassegna Frammenti giocosi dell’infanzia ritrovata allo spazio del Soave di Codogno, concentrata con zampillante fantasia nel teatrino di racconti allusivi. L’artista da regista, riannodava ricordi remoti disseppellendoli con la memoria. E sovviene a questo proposito il lirico gnomico realismo di Umberto Saba a confermare che la memoria è tenace “amica come l’edera alle tombe, cari frammenti mi riporta in dono”. Era in quella esposizione riaffiorata un’impalcatura da filmato autobiografico condensato nella vitalità e nelle magiche illuminazioni dell’uomo tornato sotto mentite spoglie bambino portato a conservare l’incanto e le suggestioni del temps vècu con il profumo dell’età fanciulla che non invecchia mai specie nel ripensarla felicemente colorata di rosa e pronta ad arricchire il presente quale scoperta del nuovo. VISIONARY REALITY BETWEEN DREAMS AND PLAYFUL CURIOSITY by T i n o G i p p o ni The poet Andrè Breton believed that “two apparently contradictory states, dream and reality, could be resolved in a kind of absolute reality, of surreality”. From this premise came in 1924 the Surrealist Manifesto, which brought together painting research and the experimental psychology of dreams according to Freudian doctrines. We know that Surrealism insists on the autonomy of consciousness and, with the automatism of the unconscious, it rules out the intervention of reason and of any logical structure. Already in 1918 the poet Pierre Reverdy said that: “images cannot arise from comparison, but from a combination of two more or less distant realities”. An anticipation of Surrealism, which had however a true forerunner of the idea of displaced Conoscere se stessi non è facile, però più ci si conosce e più si rivela il cotè del chi siamo, anche quello dell’inconscio con le sue pieghe o inaspettate suggestioni portate in certi casi ad accentuare le facoltà creative. Riconfermo ora con più convinzione questo distintivo dèplacement del visibile, inteso come abitudine normale ad identificare le cose, spostato verso quello invece assurdo, inusuale, arbitrario rispetto alla razionalità dell’associazione di oggetti e di situazioni comuni, ovvie e domestiche ma risultando invece congrue nel rapporto logico tra loro in quanto decontestualizzate dallo straniante slittamento. Galleria d’Arte Nino Sindoni Viale Matteotti 44/8 36012 Asiago (VI) www.ninosindoni.com La fanciulla dell’EST | 2010 Olio su tela - Oil on canvas cm 54 x 54 14 Associazione Alberto Buffetti [email protected] La macchina per pesare i pianeti | 2013 Olio su tela - Oil on canvas cm 115 x 115 15 reality in Isidore-Lucien Ducasse, Comte de Lautreamont, who died in 1870, author of the Songs of Maldoror and of the famous phrase: “Beautiful like a fortuitous encounter on a dissection table between a sewing machine and an umbrella”. In this adventure of the fantastic moves the inventive freedom, full of imagery and creative energy, of Angelo Palazzini, here unfolds his openly amused vocation, always able to amaze and be amazed, reproposing the thauma that Plato believed to be at the origin of knowledge and that, after all these centuries, we are still pursuing, or knowledge itself will stop when we no longer feel the enchantment of wonder. La fabbrica del latte | 2005 Olio su tela - Oil on canvas cm 80 x 80 Piccolo maneggio | 2010 Olio su tela - Oil on canvas cm 54 x 54 16 This is the root of the descriptive irrationality of the Lodi’s artist, inclined to the surreal, rather in an atmosphere of dream, of storytelling at times grotesque, of intriguing amazement or paradoxical humour, often subtly playful, to confirm Schiller’s axiom about art as play, and play as freedom of imagination. The result is a long series of episodes displayed in the investigation of an “elsewhere” of the meaning, the so called dépaysage, or displacement of meaning which is the main drive of Surrealism, here adopted not so much for its aspect of super reality of a psychic, even hallucinatory, automatism - that did however influence certain poetry, the American action painting, the informal and the visual writing - but precisely for its more onirically evocative aspect of arcanely mythicized fabulae, with an added ironical loisir and a love for free association games. From a philological point of view, Angelo Palazzini should be associated with the poetry of the estrangement of objects, with a narrative where some things mask others with unsettling paradoxes and representative ambiguities. He can therefore be brought back in some way – while respecting the different personalities – more to the great Magritte, with his displacement and expansion of meaning aimed at transforming well known, familiar objects into disguises or transfers of meaning and identity, for a reading on a different plane compared to the logical natural one. I had already placed the Lodi painter’s art in this vein in 2000 (indeed the initial attempt goes back to the year before, in 1999, with my first presentation at the Chiesa dell’Angelo in Lodi of the exhibition La buona indole: personaggi storici lodigiani, when I curated the extended exhibition Frammenti giocosi dell’infanzia ritrovata in the dedicated space of the former Soave Hospital in Codogno, focused with sparkling imagination on the game of allusive tales. The artist, as a director, was connecting to remote memories by digging them up with memory. And we may now remember the lyrical gnomic realism of Umberto Saba, confirming that memory is a tenacious “friend, as ivy on tombs, dear fragments brings me back as gifts”. In that exhibition a scaffold had surfaced, sort of autobiographical film condensed in the vitality and magical illuminations of a man returned as a child in disguise, keen to preserve the charm and suggestions of a temps vécu with the scent of a childhood that never ages, especially when you think back to it as happily coloured in pink and ready to enrich the present as a discovery of the new. Knowing oneself is never easy, but the more we know ourselves the more cotés are revealed of what we are, including our unconscious side with its multiple folds and unexpected suggestions that can, in some cases, accentuate our creative faculties. I now confirm, with even greater conviction, this distinctive déplacement of what is visible, of the normal way of identifying things, towards an absurd, unusual and arbitrary one, compared to the rational association of common objects and situations, obvious and domestic, but which turns out to be congruous in their logical relationship as they are decontextualized by the alienating shift. Galleria d’Arte Nino Sindoni Viale Matteotti 44/8 36012 Asiago (VI) www.ninosindoni.com Associazione Alberto Buffetti [email protected] Prima di partire per un lungo viaggio | 2008 Olio su tela - Oil on canvas cm 100 x 120 17 La verità nei dettagli Acquerelli di Giovanni Giaconi Villa Badoer | Andrea Palladio, 1556-1563 Fratta Polesine, Rovigo di A nn a L i v i a Fri e l N ella Venezia della metà del 1700, quando il collezionismo antiquario iniziava a prendere piede, una delle collaborazioni più proficue della storia dell’arte inizia ad intessere la propria strategia commerciale. Antonio Canal, detto Canaletto, giovane scenografo veneziano, incontra quello che diventerà il suo grande mecenate, il console John Smith, esperto estimatore d’arte italiana. In quel periodo infatti una nuova Inghilterra, all’apice della sua fortuna commerciale, guarda alle passate glorie del Mediterraneo alla ricerca del linguaggio della magnificenza ed individua nelle opere palladiane l’architettura adatta a rappresentare l’epoca trionfale che la potenza marittima inglese sta attraversando. Ecco che questa estetica viene presto esportata grazie alle opere di Canaletto, insieme a quelle degli altrettanto noti Luca Carlevarijs e Antonio Visentini abilissimo incisore palladianista. Scorci della laguna, magistralmente animati dal tocco sapiente degli artisti veneziani iniziano a circolare con grande rapidità nel fervente Nordeuropa e le architetture del maestro padovano divengono note a tutti nella loro compiutezza ieratica, forti e splendenti nel loro biancore classicheggiante. Pur passate centinaia di anni la meraviglia non è ancora estinta, né nel mondo anglosassone che ha promosso con entusiasmo il revival palladiano della metà del ‘700, né nel bacino veneto dove Palladio ha sempre vissuto, Padova dove è nato, Vicenza dove ha maturato il suo talento o Venezia, dove ha realizzato le sue architetture più tarde. L’opera di Giovanni Giaconi è senza dubbio magistrale dimostrazione dell’immutato valore dell’architettura del maestro, nonché innegabile successo del reciproco scambio di valore tra artista ritraente e oggetto ritratto. Gli accuratissimi acquerelli di Giaconi, simili per perizia a dei rilievi architettonici, svelano in realtà le caratteristiche più vere delle opere palladiane. Queste infatti vengono comunemente descritte come dei monumenti fieri e senza macchia, spesso alzati su podi e alti basamenti, quasi a volersi separare dal loro contesto terreno; intonacate, nella campagna veneta o rivestite della candida pietra d’Istria quando immerse nelle acque salate della laguna Veneziana, ma sempre vestite di un colore quasi astratto in grado di condurle in una dimensione atemporale. Tutt’al contrario il pennello di Giaconi le riporta alla loro intrascurabile realtà: ogni concio, nella volta della Porta Gemona, racconta la sua vicenda unica, con ombre diverse da quelle di tutti gli altri svela di essere stato modellato da una mano che teneva lo scalpello. Nei basamenti e nei fregi non c’è giunto che non sia stato disegnato, come le rughe sulla faccia di una bella e anziana signora. Vincenzo Scamozzi, altra figura di spicco del tardo rinascimento architettonico, ha prestato pure le sue opere all’abile pennello di Giaconi. Nella barchessa di Villa “La Rotonda” la severa teoria delle arcate è subito smascherata nella descrizione dei suoi più minuti dettagli, le irregolarità della pietra e l’acceso azzurro delle finestre. Non mancano, in omaggio ad una restituzione il più fedele possibile al vero, anche frammenti posticci che queste architetture hanno accolto nel trascorrere dei secoli e che subito ci svelano che queste case e questi palazzi sono abitati: una sottile grondaia che si distacca dalla linea precisa del muro, un lucernaio solitario, o i tendalini bianchi che proteggono dalla luce le stanze della Rocca Pisana. Così, grazie all’occhio dell’Autore, guardare queste opere è “un po' come essere su un'impalcatura ed avere una visione del dettaglio che un semplice disegno non dà” – come ammette lo stesso Giaconi – ma anche poter immaginare le facciate come una sorta di quinte dietro le quali si svolgono misteriose vicende. Giovanni Giaconi si avvicina all’architettura nel 1985 frequentando a Vicenza un corso in Restauro architettonico. Entra poi nel vivo della progettazione architettonica e del restauro lavorando come assistente nello studio di architettura di Flavio Albanese a Vicenza e a New York. E’ co autore con Giovanni Battista Gleria di Vincenzo Scamozzi (15481616), autore di ANDREA PALLADIO acquarelli di Giovanni Giaconi entrambi pubblicati da Dolp, Vicenza, e di The Villas of Palladio pubblicato da Princeton Architectural Press, New York. GIOVANNI GIACONI vive e lavora a Vicenza www.giaconi.com [email protected] Villa Angarano Bianchi Michiel | Andrea Palladio, 1548 Bassano del Grappa, Vicenza Villa Barbaro | Andrea Palladio, 1556-1558 Maser, Treviso Villa Thiene | Andrea Palladio, 1545-1546 Quinto Vicentino, Vicenza Villa Godi Malinverni | Andrea Palladio, 1537-1542 Lonedo di Lugo Vicentino, Vicenza 18 19 Teatro Ducale | Vincenzo Scamozzi, 1588 Sabbioneta (Mantova) Arco alla “Strada delle Scalette” | Andrea Palladio, 1576 Vicenza The truth in details Watercolours Giovanni Giaconi by A nn a L i v i a Fri e l I n the Venice of the mid 18th century, when antiquarian collecting was becoming increasingly popular, one of the most fruitful collaborations in the history of art began to weave its commercial strategy. Antonio Canal, known as Canaletto, a young Venetian stage designer, met the man who would become his great patron, consul John Smith, an expert connoisseur of Italian art. In those times a new England, at the height of its commercial success, was looking at Mediterranean past glories in search of a language for grandeur and saw in Palladio works a suitable architecture to represent the triumphant era of the English maritime power. This new aesthetic trend was soon exported thanks to works by Canaletto and the equally well known Luca Carlevarijs and Antonio Visentini, a highly skilled Palladianist engraver. Glimpses of the lagoon, masterly animated by the Venetian artists skilful touch, began to circulate rather quickly in a fervent Northern Europe, and the architectures of the Paduan master, with their hieratic completeness, came to be universally known, strong and resplendent in their classic whiteness. Despite the passing of centuries, the wonder has not yet gone in the English-speaking world, which enthusiastically promoted a Palladian revival in the mid 18th century, nor in the Veneto area where Palladio always lived, Padova where he was born, Vicenza where he developed his talent and Venice where he produced his later architectures. Giovanni Giaconi’s work is an unmistakable great demonstration of the unchanged appeal of the master’s architecture, and undeniably represents a successful mutual exchange of value between the portraying artist and the object being portrayed. The very accurate watercolours by Giaconi, Villa Pisani detta “La Rocca Pisana” | Vincenzo Scamozzi, 1574 Lonigo (Vicenza) as skillful as architectural reliefs, reveal the most authentic characteristics of Palladio works. These are commonly described as proud and flawless monuments, often raised on plinths or tall basements, as if to separate themselves from their earthly surroundings; plastered, in the Venetian countryside, or covered in white Istrian stone when immersed in the salty water of Venice lagoon, but always dressed in a nearly abstract colour that can take them to an atemporal dimension. On the contrary, Giaconi’s brush brings them back to their not to be ignored reality: every ashlar in the vault of Porta Gemona tells its unique story, with shadows that are each one different from the other, thus showing to have been shaped by a scalpel held in human hands. In the stands and friezes all joints are lovingly drawn like wrinkles on the face of a beautiful old lady. Vincenzo Scamozzi, another prominent figure of late Renaissance architecture, also inspired Giaconi’s skilled brush. In the barchessa of Villa “La Rotonda” the rigorous series of arches is immediately unmasked in the description of their most minute details, the irregularities of the stone and the bright blue of the windows. Nor do we find missing, for a rendering as truthful as possible, the occasional details that were added to these architectures during the centuries, immediately revealing to us that they belong to inhabited houses and palaces: a narrow gutter detaching from the precise line of the wall, a solitary skylight, the white awnings protecting from light the rooms of Rocca Pisana. Thanks to the author, looking at these works is somehow like standing on a scaffold to enjoy a detailed view that a simple drawing cannot give – as Giaconi himself admits – while also being able to see the facades as a sort of wings behind which mysterious events take place. Giovanni Giaconi approached architecture in 1985 when he attended in Vicenza a course on Architectural Restoration. He then went deep into architectural design and restoration working as an assistant at Flavio Albanese architectural firm in Vicenza and New York. He is co-author with Giovanni Battista Gleria of Vincenzo Scamozzi (1548-1616), author of ANDREA PALLADIO acquarelli di Giovanni Giaconi, both published by Dolp, Vicenza and of The Villas of Palladio, published by Princeton Architectural Press, New York. GIOVANNI GIACONI lives and works in Vicenza www.giaconi.com [email protected] Villa Emo Capodilista | Vincenzo Scamozzi, 1588 Rivella, Monselice (Padova) 20 Villa Molin | Vincenzo Scamozzi, 1597 Mandria (Padova) Chiesa della Misericordia | Vincenzo Scamozzi, 1594 Vicenza Chiesa di San Gaetano | Vincenzo Scamozzi, 1581 Padova 21 Le fiabe senza tempo di Mirta Caccaro di Taz i o Ci rri “ La xilografia - spiega Mirta Caccaro - è un procedimento di stampa a rilievo che si avvale come matrice di una tavoletta di legno. Sulla tavoletta si riporta il disegno. Le linee del disegno rimangono intatte ed il lavoro d’intaglio riguarda i contorni che le delimitano e tutta la superficie restante. Per l’intaglio lungo i contorni del disegno ci si serve di sgorbie affilatissime a punta viva e a lama corta. Poi, una volta eliminato tutto il legno a togliere, si procede all’inchiostratura della matrice con un tampone e un rullo. Le parti in rilievo risulteranno colorate a seconda dell’inchiostro utilizzato, le parti tagliate via risulteranno bianche. La stampa ottenuta mediante sovrapposizioni e pressione di un foglio di carta sulla matrice inchiostrata può essere eseguita manualmente oppure con una pressa meccanica, chiamata “tira bozze”. Io uso la xilografia a colori, cioè tante matrici quanti sono i colori desiderati. Le matrici sono incise separatamente ed inchiostrate con vari colori e poi stampate l’una dopo l’altra, sul medesimo foglio. Il procedimento xilografico è antichissimo e deriva dalla stampa dei tessuti con matrici lignee; fu anche il primo metodo di stampa, sviluppatosi in Europa a partire dal XIV secolo. Nel 900 la tecnica viene ripresa dagli Espressionisti che ne fecero largo uso per ottenere segni duri, angolosi, spessi e profondi, capaci di drammatizzare violentemente le immagini.” Un “metodo tecnico”, dunque. Appreso da maestri, sviluppato alla luce di più aggiornate conoscenze, approfondito secondo la propria sensibilità e utilizzato con i soggetti più adeguati alla sua espressività. Entra in gioco, nei lavori di Mirta Caccaro una perspicace e fascinosa fusione di mezzo e contenuto. Lo scavo del legno, che prevede uno sforzo muscolare non lieve, una precisione nei gesti, un’attenzione millimetrica nelle distanze e nelle misure, è parte integrante del pensiero che il gesto produce. Nell'arte – quella vera - la pratica è perfettamente integrata ed “adatta” a ciò che l’artista vuole esprimere e al come lo vuole dire. Non è banale riflettere su ciò, in un’epoca in cui praticamente chiunque può illudersi di produrre un’opera d’arte con tecnicalità alla portata di tutti. Con l’utilizzo della xilografia per molti dei suoi lavori, specialmente dedicati alla costruzione di favole, Mirta Caccaro opera con esiti vigorosissimi una sintesi tra il disegno e la plastica (l’intaglio delle singole matrici diviene vero e proprio lavoro scultoreo), tra l’astrazione intellettuale del segno e la tridimensionalità volumetrica della materia reale: questi sono anche gli ingredienti fondamentali della fiaba: essa è costituita dalla narrazione di una vicenda che ha uno sviluppo nella realtà 22 (certo immaginata ma come se fosse reale e possibile) in cui una metalettura permette di individuare anche elementi teorici, teoretici e universali, che appartengono a tutte le culture umane e a tutte le epoche. E’ un processo, quello della rappresentazione di immagini – scritte e visuali – che costituisce una fondamentale componente della crescita, al punto che Albert Einstein affermava che “l’immaginazione è più importante della conoscenza”. Immaginare e costruire, anche materialmente, una storia è una sintesi perfetta e un risultato artistico cui Mirta Caccaro approda in un percorso multitaskin, come si dice oggi: attraverso un curriculum formativo preciso e determinato, una pratica didattica, l’esercizio su diversi materiali – acquarello, disegno, olio, polimateriali, ceramica, tecniche pittoriche varie, e soprattutto incisione – diretto sui libri d’artista, sulle opere uniche, specialmente sulle fiabe, sia autoprodotte, sia appartenenti alla tradizione di diverse culture. Ne sono testimonianza straordinaria Asino chi legge?; Il cervo e la Vigna e La volpe e l’uva tratte da Esopo, Cappuccetto Rosso, Il soldatino di piombo, Pinocchio; temi contemporanei molto attuali come Pianeta asfalto, una serie che tratta dell’invivibilità delle città con le relative problematiche ambientali; Le carte di Propp, desunte dal famoso studio del linguista e antropologo russo Vladimir Propp che approfondì le origini storiche della fiaba nelle società tribali e nel rito di iniziazione e ne trasse una struttura che propose anche come modello di tutte le narrazioni; La scuola di Salamanca, che fa riferimento alla famosa università spagnola dove, partendo dal concetto del “diritto naturale” postulato da Tommaso d'Aquino, si criticavano le motivazioni degli spagnoli per le guerre di conquista, Il destino di re Aghib, tratto da Le mille e una notte. Ultimo in ordine di tempo, Jacopo è un grande sognatore che individua ed evidenzia con il consueto tratto essenziale e risoluto una caratteristica comune a molti bambini della contemporaneità. Il linguaggio di Mirta Caccaro, dall’eloquenza marcata degna della miglior tradizione espressionista, definisce per confini cromatici decisi la sequenza degli eventi senza sfumature, sia concettualmente sia morfologicamente. Con esiti artisti e poetici di rara efficacia. MIRTA CACCARO vive e lavora a Vivaro e Dueville (VI) [email protected] nell’altra pagina - on the other page Asino chi legge | 2010 Xilografia a tre colori matrici in legno - Three-color xylography wooden matrices cm 21 x 29 23 The timeless tales of Mirta Caccaro by Taz i o Ci rri “ Xylography - explains Mirta Caccaro – is a relief printing tech- nique that uses blocks of wood as supports. The drawing is copied onto a wooden block. The lines remain intact and the carving concerns the contours around them and the whole remaining surface. To carve along the drawing’s contours we use very sharp, pointed gouges with a short blade. Then, after taking off all the wood that must be removed, we proceed to ink the wooden block using a roller. The relief parts will come out coloured according to the ink used, the removed parts will come out white. The print is obtained by overlapping and pressing a sheet of paper onto the inked block, and can be produced manually or with a mechanical press. I use colour xylography, with as many wooden blocks as the colours I want. The blocks are carved separately and inked with different colours, then printed one after the other, on the same sheet. The xylographic technique is very old and derives from fabric printing with wooden blocks; it was also the first printing technique, developed in Europe from the 14th century. In the 20th century the technique was rediscovered by the Expressionists, who made extensive use of it to obtain hard, angular, thick and deep signs, which could boldly dramatize images.” A “technical method”, therefore. Learnt from masters in the field, developed in line with the most advanced knowledge, researched according to one’s own sensitivity and used with the subjects most suited to one’s expressive ability. An insightful and fascinating merging of instrument Chi legge è curioso | 2010 Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood cm 21 x 29 24 Chi legge cresce | 2010 Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood cm 21 x 29 and contents comes into play in Mirta Caccaro’s work. The carving of wood, which requires muscle effort, a precision of gestures and a millimetric attention to distances and measurements are an integral part of the thinking behind the gesture. In art – the true one – an artist’s technique is perfectly integrated with the work and “suited” to what the artist wants to say and how he wants to say it. Reflecting on this is not banal, in a time when practically anyone can delude themselves into thinking they can produce a work of art with technical skills within everyone’s reach. In using xylography for many of her works, especially those devoted to fairy tales, Mirta Caccaro achieves, with remarkable results, a synthesis between drawing and plasticity (the carving of individual wooden blocks becomes a real sculpture work), between the intellectual abstraction of signs and the three dimensional volumes of real matter: these are also the basic ingredients of a fairy tale, in which we narrate a story that develops in the real world (imagined, of course, but as if it were real and possible) and where a metareading allows to identify theoretical and universal elements that belong to all human cultures and all times. Image representation – written and visual images – is fundamental for growth, to the point that Albert Einstein said that “imagination is more important than knowledge”. Imagining and constructing, also physically, a story is a perfect synthesis and an artistic result that Mirta Caccaro achieves through multitasking, as they call it nowadays, which includes: a precise and specific training, teaching experience, use of different techniques – watercolour, drawing, oil painting, use of poly-materials, ceramics, various painting techniques and, above all, etching – applied to artistic books, unique works, especially fairy tales, either originally created or belonging to the traditions of different cultures. Some outstanding examples are Asino chi legge, Il cervo e la Vigna and La volpe e l’uva, taken from Aesop, Cappuccetto Rosso, Il soldatino di piombo, Pinocchio; very contemporary works like Pianeta asfalto, a series dealing with unlivable cities and their environmental problems; Le carte di Propp, inspired by the famous Russian linguist and anthropologist Vladimir Propp, who delved into the historical origins of fairy tales in tribal societies and initiation rites and formulated a theoretical structure for them, proposing it also as a model for all stories in general; La scuola di Salamanca, referring to the famous Spanish university where, inspired by the concept of Thomas Aquinas “natural law”, a certain criticism was moved to Spain’s motives for conquest wars; Il destino di re Aghib, taken from The thousand and one nights. The latest one, Jacopo è un grande sognatore, identifies and stresses, with the usual essential and resolute trait, a characteristic shared by many children of our times. Mirta Caccaro’s language, with its marked eloquence worthy of the best expressionist tradition, defines with boldly coloured boundaries the sequence of events without any shading, either conceptual or morphological. With artistic and poetic results of rare effectiveness. MIRTA CACCARO lives and works in Vivaro and Dueville (VI) [email protected] Chi legge sogna | 2010 Xilografia a un colore matrice in legno cm 21 x 29 Chi legge trova un amico | 2010 Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood cm 21 x 29 Chi legge viaggia | 2010 Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood cm 21 x 29 25 nello stato di veglia. Alla base dell’operazione creativa un linguaggio figurativo d’immediata forza evocativa, capace di raggiungere risultati di ferma poesia. La linea incisiva, il colore evanescente, la luce cosmica primigenia, tracciano l’immagine dell’Io in costante metamorfosi, dando vita a un repertorio di soggetti dai tratti inquietanti ma non privi di ironia, resi dall’artista con libere ed espressive distorsioni fisiognomiche. Espliciti i riferimenti simbolici al terzo occhio, alla capacità dell’individuo di esplorare dimensioni sottili - come il sogno - grazie alla conoscenza intuitiva e alle facoltà sensoriali della ghiandola pineale, collocata nella parte posteriore del cranio all’altezza degli occhi. La perdita di tale capacità nella maggior parte degli individui rappresenta metaforicamente l’attuale crisi di coscienza e indifferenza del mondo in cui viviamo e del suo microcosmo. La consapevolezza che ogni piccolo evento può cambiare la nostra vita è maturata nella mente di Paolo Loschi fin dai suoi esordi. Momenti o persone in apparenza insignificanti possono inconsapevolmente indicarci la strada da percorrere. Com’è accaduto all’artista durante il suo soggiorno a Cadice, in Spagna, dal quale hanno preso vita nel 2006 la serie Angel de Tierra, un angelo che non può volare perché ha una missione da compiere sulla terra: elevare il comune sentire. Da quella pittura che potremmo definire “espressionista”, composta da violenza gestuale e cromatica che a tratti oltrepassa l’immagine figurale, l’artista recupera successivamente un linguaggio maggiormente descrittivo concentrato sulla figura umana, attorno alla quale si sviluppa la poetica del rinnovamento inteso come rinascita mentale e fisica, che rianima il corpo di nuova energia. Una metamorfosi interiore irreversibile, raccontata con uno stile grafico incisivo e tagliente. La linea tormentata e continua - spesso associata al collage e alla macchia d’inchiostro o acquarello - solca il foglio di carta descrivendo personaggi dai tratti grotteschi sottoposti a violente deformazioni anatomiche (parti scheletriche, organi vitali, ramificazioni tendinee o vascolari) associate a dettagli simbolico-allusivi (Crystal Glove, B-bones, ecc.). L’analisi dell’individuo diventa inesorabile nella ritrattistica. In opere come Conscience o The One l’artista gioca con la linea tracciando il profilo introspettivo e psicologico del soggetto. Un doppio volto, una doppia identità: presenza immanente e voce della coscienza dell’io umano. Il ritratto dell’uomo moderno emerge anche in opere di più ampio respiro come il ciclo Edilizia ispirato alla sceneggiatura di “Cave! Lo stivale di cemento”, spettacolo teatrale del 2009. Oltre a denunciare le devastazioni speculative dell’edilizia nel Nord Est, Paolo Loschi si sofferma sulla progressiva alienazione dell’individuo che trova rifugio dentro la propria abitazione, confondendo sempre più spesso il suo isolamento dal mondo esterno con una felicità autosufficiente e privata. PAOLO LOSCHI vive e lavora a Giavera del Montello (TV) www.paololoschi.com [email protected] EDILIZIA | 2009 Acrilico, gesso e pigmenti su tela - Acrylic, plaster and pigments on canvas cm 430 X 270 Paolo Loschi La consapevolezza dell’attimo di M ar co S t o p p a “ Risvegliato improvvisamente da un sogno agitato, mi ritrovo a osservare il mio cervello adagiato sul lavandino del bagno. Al posto dei lobi cerebrali una fitta colonia di tentacoli di attinia emanano un tripudio di colori ancestrali e quasi impalpabili: il verde malachite, il blu del cielo e del mare, la purezza del bianco, la forza viscerale del rosso. Incastonate nella materia mi accorgo della presenza di tre telline. Spinto da una forza risolutrice, le estraggo come una scheggia dalla pelle e mi lascio andare a un sospiro di sollievo e di rinnovamento. Non mi rimaneva che raccogliere il cervello così purificato e indossarlo nuovamente, con la speranza che tutto funzionasse”. Non si tratta di un racconto di E. A. Poe né di un’allucinazione di H.P.Lovecraft, ma di un sogno raccontato dall’artista Paolo Loschi che svela la natura subconscia del recente ciclo di opere intitolato: Telline (Self Portrait, Uomo Terra, ecc.). Un sogno interpretato dall’artista come monito, risveglio della propria coscienza, punto di svolta per approdare a un rinnovamento interiore e creativo, al superamento di una forma mentis quotidiana e metodica. Una rivelazione che libera le forze sepolte dell’interiorità e le riversa di getto sul foglio di carta in una sorta di automatismo psichico dal sapore surrealista. Il coinvolgimento fisico e mentale dell’autore è tale da sprofondare in una dilatazione temporale che coincide con il suo fare pittorico protraendo il sogno 26 CONSCIENCE | 2011 China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper cm 42 X 29 BIKE | 2011 China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper cm 42 X 29 27 Paolo Loschi The awareness of the moment by M ar co S t o p p a “ Awakening suddenly from a troubled dream, I find myself looking at my brain lying on the bathroom sink. Instead of the cerebral lobes there is a dense colony of sea anemones with tentacles emanating a blaze of ancestral and nearly impalpable colours: malachite green, the blue of the sky and the sea, the purity of white, the visceral power of red. I notice the presence of three cockles embedded in this matter. Driven by a resolving power, I extract them like a splinter from the skin and I exhale a sigh of relief, and renewal. All that was left to do was to pick up the brain thus purified and wear it again, hoping that everything was working all right”. This is not a tale by E. A. Poe nor a hallucination of H.P.Lovecraft, but a dream referred by the artist Paolo Loschi, which reveals the subconscious nature of his recent cycle of works entitled: Telline (Self Portrait, Uomo Terra, etc.). A dream interpreted by the artist as a warning, an awakening of the conscience, a turning point in order to arrive at an interior and creative renewal and so overcome the everyday, methodical frame of mind. A revelation that frees the buried forces inside and pours them straight onto a sheet of paper in a sort of psychic automatism with a surrealist flavour. The physical and mental involvement of the author is such that he sinks into a temporal dilation that coincides with his painting action, protracting the dream into the waking state. At the base of this creative operation is a figurative language of immediate evocative power, able to achieve results of firm poetry. The incisive line, the evanescent colour, the cosmic primordial light draw the image of an Ego in constant metamorphosis, and create a repertoire of subjects with disturbing traits, but not devoid of irony, rendered by the artist with some free and expressive physiognomic distortions. Quite explicit are the symbolic references to the third eye, to the individual’s ability to explore subtle dimensions – like dreams – thanks to the intuitive knowledge and the sensory faculties of the pineal gland, placed inside the skull at eye level. The loss of this ability in most people corresponds metaphorically to the current crisis of conscience and the indifference of our world and its microcosm. The awareness that any small event can change our life developed in Paolo Loschi’s mind ever since his beginnings. Apparently insignificant moments or people can unknowingly show us the road to follow. As happened to the artist during his stay in Cadiz, Spain, from which originated in 2006 the series Angel de Tierra, an angel who cannot fly because he has a mission to fulfill on earth: to elevate our common inner feelings. From a painting style that we might call “expressionist”, made of gestural and chromatic violence that at times goes beyond the image, the artist recovers a more descriptive language focused on the human figure, around which develop the poetics of renewal, as mental and physical rebirth, that reanimates the body with new energy. An irreversible interior metamorphosis, told with an incisive and sharp graphic style. The tormented and continuous line – often together with collage, ink stain or watercolour – digs into the paper describing characters with grotesque traits subjected to violent anatomical deformations (skeletal parts, vital organs, tendon or vascular ramifications) associated to symbolic and suggestive details (Cristal Glove, B-bones, etc.). The analysis of the individual becomes inexorable in portrait painting. In works like Conscience or The One the artist plays with lines, tracing an introspective and psychological profile of the subject. A double face, a double identity: immanent presence and voice of the human ego conscience. The portrait of modern man emerges also in more far-reaching works such as the cycle Edilizia, inspired by the screenplay of “Cave! Lo stivale di cemento”, a 2009 theatrical show. As well as denouncing the damage caused by building speculations in North Eastern Italy, Paolo Loschi dwells on the progressive alienation of the individual, who finds refuge in his own home, increasingly confusing his isolation from the outside world with a self-sufficient, private happiness. PAOLO LOSCHI lives and works in Giavera del Montello (TV) www.paololoschi.it loschi [email protected] nell’altra pagina - on the other page THE ONE | 2011 China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper cm 42 X 29 SELF PORTRAIT (serie telline) | 2013 Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper cm 150 X 100 STRIPES (serie telline) | 2013 Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper cm 150 X 100 BABEL | 2012 mostra Lanificio Paoletti / Follina (TV) 28 UOMO TERRA (serie telline) | 2013 Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper cm 150 X 100 29 soprattutto l’aspetto cromatico e le sue mille possibilità – per chi le sa usare – di accaparrasi ogni funzione del fare pittorico: la configurazione dell’immagine, il suo rapporto con il campo, la relazione degli elementi della composizione e soprattutto l’emotività del gesto pittorico. Come scrive di lei Marifulvia Matteazzi Alberti, una dei suoi più attenti critici: “L’Artista si esprime entro i mutevoli spazi della carne, del corpo, delle espressioni nelle mille sfaccettate posture dello stesso prisma che ruotando in continuazione non presenta mai la stessa faccia […]. Ogni opera è un’esperienza creativa appassionata, perseguita con determinazione, con una strenua volontà, pienamente, sempre in bilico tra la necessità dell’esprimere e la sapienza dell’artificio, tra l’impulso intellettuale ed emotivo e il gesto sicuro e liberatorio della mano che narra di cromie che baluginano umorose visioni e poi si sfibrano, irradiano e poi tenere si disfano: raccontano di silenzi, di reticenze, dell’uomo, fragile essere che vaga solo nella spazialità senza fine: grandissimo, infinitesimale microcosmo, esile riflesso dell’Immenso.” C’è, nella pittura di Carla Rigato, la tendenza a recuperare il valore di forma e volumi, rifiutando la sola “impressione” visiva; vi compare una ricerca di luminosità ottenuta con stesure cromatiche associate in modo sapiente nelle diverse saturazioni; e anche qualcosa di “fauve”, di selvaggio, nel perseguire con istinto sicuro la violenza del colore puro. Ugualmente riecheggia in filigrana qualche istanza cubista, nella tensione a risolvere i problemi formali della rappresentazione con la riduzione delle figure ad elementi geometrizzanti e sintetici. Oremus | 2007 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 118 x 148 Carla Rigato Borderline di G i ovann a G r ossa t o T ra l’astratto, che è quasi una sua seconda natura, e la figurazione - che è il suo punto di partenza ma anche frequente ritorno ad un contatto più intimo con il reale e la fisicità, oltre che con la intellettualità non figurativa - la linea di demarcazione è per Carla Rigato il ricco territorio di golena da cui attingere a piene mani il colore. La forza espressiva cromatica costituisce infatti uno degli elementi più fortemente caratterizzanti del suo lavoro, capace di esplosioni astratte quanto di costruire la figura umana, strutturandone l’ossatura formale e determinarne anche il carattere interiore. Narratrice dell'esperienza femminile e della vita in generale, con passione e forza visionaria, Rigato ha messo sotto esame le principali fonti della pittura del Novecento, dall’Espressionismo all’Astrattismo, per coglierne gli aspetti che meglio traducono il senso della contemporaneità. Gli articolati e colorati “ismi” del secolo scorso, attraversano infatti la costruzione della sua personalità artistica con rapidi ed incisivi tocchi, quasi come una ricerca sinottica imprescindibile ma immediatamente trasformata e metabolizzata in un linguaggio personale, irruente e ad un tempo meditato. Di tutte queste “scuole” Carla Rigato esplora 30 Verso la luce | 2009 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 100 x 103 Dunque quando Rigato lavora sulla figura concentra in essa il focus e la impone all’attenzione in primo piano, nella monumentale conseguenza del suo esistere e del suo “stare nello spazio” come oggetto potente di una trasformazione concettuale. Questa figura, nelle varie posizioni (solitamente femminili e “classiche”), progressivamente ma rapidamente, si trasforma, si sfalda, si altera, si converte ad altro contesto e assume altro significato. Pur trattenendo in sé, come in un nocciolo interiore, le sue qualità primigenie di essere umano, si lascia andare alla propria metamorfosi. Nascono da questa palingenesi immagini intensamente astratte come gli undici grandi quadri della serie Dove il cielo incontra la terra ( cui appartiene, ad esempio Magma freddo) o il potente Dies irae (2013), un acrilico su tela pensato nell’ambito del Festival Biblico. E’ con queste caratteristiche che Carla Rigato si è imposta nell’ultimo decennio all’attenzione del pubblico e della critica, dopo una formazione col magistero di Dolores Grigolon e di Richard Demel e dal 2004 alla Sommerakademie di Salisburgo con Jacobo Borges, Michael Morgner, Zhou Brothers e Mohamed Abla. Oltre alle numerose presenze in rassegne collettive e mostre personali, nel 2011 ha partecipato alla 54° Biennale di Venezia – Padiglione Italia di Villa Contarini, a Piazzola sul Brenta; nel 2012 a Verona, nella Sala della Gran Guardia, alla rassegna Il Metaformismo; nel 2013 a OVERPLAY, evento collaterale della 55. Biennale di Venezia a Palazzo Albrizzi e al Padiglione Tibet, in Santa Marta Congressi – Spazio Porto; alla 28^ Edizione de Il Metaformismo. L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore a Malcesine Sul Garda. L’ Angelo | 2009 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 100 x 100 CARLA RIGATO vive e lavora a Montegrotto Terme (PD) www.carlarigato.it [email protected] 31 Carla Rigato Borderline by G i ovann a G r ossa t o B etween the abstract, which is almost second nature to her, and the figurative – which is her starting point but also frequent return to a more intimate contact with reality and physicality, and with non-figurative intellectuality – the demarcation line is for Carla Rigato a rich flood plain from which to draw colour to the full. The expressive power of colours is indeed one of the strongest features of her work, capable of abstract explosions but also of building a human body, displaying its formal bone structure and showing also its interior. A narrator of women experience and of life in general, with passion and visionary power, Rigato put under scrutiny the main sources of 20th century painting, from Expressionism to Abstractism, to capture the aspects that best conveyed a sense of contemporaneity. The articulated and coloured “isms” of last century traverse the construction of her artistic personality with quick and incisive touches, almost like a synoptic research, essential but immediately transformed and metabolized into a personal language, impetuous and at the same time meditated. In all these “schools” Carla Rigato explores especially the chromatic aspect and its manyfold possibilities – for those who know how to use them – to hoard up all functions of painting: the image configuration, the relationship with the field, the relationship between the composition’s elements and, above all, the emotional aspects of the pictorial stroke. As Marifulvia Matteazzi Alberti, one of her most thorough critics, says about her: “The artist expresses herself within the changeable spaces of the flesh, the body, the expressions in a thousand faceted postures of the same prism that, continuously rotating, never shows the same face […]. Any work of her is a passionate creative experience, pursued with determination, with strenuous will, in full, always on the borderline between the need to express and the skill of the artifice, between the intellectual and emotional impulse and the sure and liberating gesture of the hand narrating colours that flash visions full of humours and then burn out, irradiate and finally softly come apart: they tell of silences, reticences, of man, this fragile being who wanders alone in an endless space: huge, infinitesimal microcosm, faint reflection of the Immense.” Il penitente | 2009 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 94 x 94 32 There is, in Carla Rigato’s painting, the tendency to recover the value of form and volumes, rejecting the mere visual “impression”; there appears to be a search for luminosity, obtained with layers of colours skillfully put together in different saturations; and also something “fauve”, wild, in pursuing with a sure instinct the violence of pure colour. Equally, some subtle echo of cubist influence, in the tension to solve the formal problems of representation with the reduction of figures to nearly geometric, synthetic elements. When Rigato works on human figures she concentrates her focus on them and imposes them to the attention in the foreground, with the monumental consequence of their existing and their “staying in space” as powerful objects of a conceptual transformation. These figures, in various positions (usually female and “classic”), gradually but rapidly transform, crumble down, alter, convert to another context and take on another meaning. While retaining within, as an inner core, their primordial qualities of human being, they let themselves go to their metamorphosis. From this palingenesis, images arise that are intensely abstract, like the eleven large paintings of the series Dove il cielo incontra la terra (including, for example, Magma freddo) or the power- La redenta | 2010 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 93 x 144 ful Dies irae (2013), an acrylic on canvas designed for the Biblical Festival. It is with these distinctive traits that Carla Rigato came strongly to the attention of public and critics after studying with Dolores Grigolon and Richard Demel, and from 2004 at the Sommerakademie in Salzburg with Jacobo Borges, Michael Morgner, Zhou Brothers and Mohamed Abla. In addition to being present in numerous collective and personal exhibitions, in 2011 she participated in the 54th Venice Biennale – Italy Pavilion at Villa Contarini, in Piazzola sul Brenta; in 2012 came the exhibition Il Metaformismo in Verona, Sala della Gran Guardia; in 2013, OVERPLAY, a side event of the 55th Venice Biennale at Palazzo Albrizzi and the Tibet Pavilion, in Santa Marta Congressi – Spazio Porto; and, finally, the 28th Edition of the Il Metaformismo. L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore in Malcesine Sul Garda. CARLA RIGATO lives and works in Montegrotto Terme (PD) www.carlarigato.it [email protected] Conquista della rivelazione | 2011 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 100 x 160 33 Alda Failoni L’intimità del passato di A l essa nd r o B e n e t t i foto: N i co l a E cc h e r I ncisore e pittrice, Alda Failoni (Trento, 1954) è raffinata interprete contemporanea della tradizione artistica trentina. Forte di questa impostazione metodologica, Failoni coinvolge nei suoi dipinti e nelle sue incisioni i più svariati elementi del suo quotidiano, preferibilmente, ma non unicamente, oggetti inanimati: porcellane e bicchieri, tessuti e gomitoli, vassoi e conchiglie, che il suo sguardo riscatta dalla prosaicità della loro funzione pratica. Senza titolo | 2013 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 40 x 60 L’intimità con gli oggetti che raffigura è per Failoni il presupposto fondamentale per intraprendere un’intensa ricerca di significato, che depura progressivamente il reale del superfluo che lo ingombra, giungendo alla sintesi estrema di una rappresentazione dove tutto è necessario e nulla è lasciato al caso. La sensazione di sospensione che trapela dalle sue opere fa riferimento ad una dimensione atemporale, e per questo più profondamente significante, in cui le tracce del passato riemergono con forza grazie alla rilettura che se ne fa nel presente. Ogni oggetto si fa portatore di una memoria che si vuole viva e illuminante. Alda Failoni vive e lavora a Trento www.aldafailoni.com Nella notte più profonda, le tenebre del bosco sono squarciate da bagliori improvvisi, potenti come i flash spietati dei paparazzi d’assalto. È questa una luce indiscreta, che disvela senza delicatezza alcuna le superfici che colpisce, sbiancando le iridi degli animali impauriti. 34 Instancabile, Failoni prosegue nella sua ricerca, per nulla lineare e, anzi, turbata da continui ripensamenti e cambi di direzione, testimonianza di una capacità autocritica sempre vigile. Afferma l’artista: «Posso fare un’opera di 2 metri per 1 metro e lavorarci un mese e distruggerla appena è finita perché non mi piace (…). Posso permettermi il rito della distruzione». L’annullamento dell’opera nelle sue ceneri non implica, d’altra parte, il ritorno alla situazione precedente alla sua creazione: mentre essa diventa istantaneamente passato, le consapevolezze che l’artista ha maturato nel corso della sua realizzazione si compongono con il suo bagaglio culturale, costituendo il nutrimento fondamentale degli esperimenti successivi. Una recente ed interessante declinazione di questa poetica è rappresentata dai dipinti della serie dedicata a “Lo Spazio Ritrovato”, che raccontano il ritorno dell’uomo contemporaneo nelle foreste del suo passato. Immerso in un continente interamente antropizzato, coinvolto e sconvolto dalla tecnologia onnipresente, l’europeo del XXI secolo si avventura nel selvaggio per provare a recuperare l’aura mistica che l’avvolgeva secoli or sono, quando città, villaggi e campi coltivati erano poco più che incisioni puntuali in un volume compatto di conifere e latifoglie. L’effetto è, per molti versi, simile a quello che producono i fari delle automobili, con il loro fascio che fatica a seguire Le creature che si aggirano nella foresta reagiscono diversamente all’inaspettata intrusione: alcune la rifuggono voltandole le spalle; altre s’immobilizzano e scrutano la luce, come cercando di comprenderne l’origine; altre ancora, infine, sembrano non curarsi dell’invasore, come a ribadire la superiorità che deriva loro dall’intima appartenenza alla dimensione del bosco. Il rapporto tra la presenza umana e lo spazio naturale resta irrisolto, e pure animato da una tensione palpabile, uno stato di sospensione che sembra il preludio ad una possibile riconciliazione tra i due. La foresta invita il curioso nuovo venuto ad una maggiore discrezione e per punirlo della sua avventatezza e foga gli preclude temporaneamente l’accesso alla sua verità più profonda. Frequentatrice assidua dell’atelier di Remo Wolf (19122009), ha compiuto il fondamentale apprendistato alla professione sotto l’egida del grande incisore, da cui ha appreso anzitutto «il rigore» e la tensione «a non accontentarsi mai, a cercare sempre nuove strade, nuove sperimentazioni». Nelle sue composizioni, essi si arricchiscono «di simboli, di referenti, di echi» che l’artista rintraccia proprio in virtù della familiarità che li lega ad essi. le tortuosità delle strade di montagna e si proietta fugacemente al di fuori della carreggiata. Senza titolo | 2010 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 45 x 35 Senza titolo | 2012 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 192 x 80 35 Alda Failoni The intimacy of the past by A l essa nd r o B e n e t t i photos: N i co l a E cc h e r A lda Failoni (Trento, 1954), engraver and painter, is a sophisticated contemporary interpreter of Trentino artistic tradition. A regular visitor to Remo Wolf’s (1912-2009) atelier, she went through the essential professional training under the guidance of the great engraver, from whom she learned first of all «the rigour» and the endeavour «never to be satisfied and always look for new roads, new experimenting». Relying on this methodological approach, Failoni engages in her paintings and engravings the most diverse elements of daily life, preferably, but not uniquely, inanimate objects: porcelain and glassware, fabrics and yarn balls, trays and shells that her eyes redeem from the prosaic quality of their practical function. In her compositions, they are enriched with «symbols, references, echoes» tracked down by the artist precisely because of the familiarity that connects them. Her intimacy with the objects she portrays is for Failoni essential in order to embark on an intense search for meaning, gradually sifting the real from the superfluous that clutters it, and coming to the extreme synthesis of a representation where everything is necessary and nothing is left to chance. The feeling of suspension that transpires from her works recalls an atemporal dimension, even more deeply significant because of that, where traces of the past resurface powerfully thanks to a new reading made in the present. Every object becomes the carrier of a memory that must be living and illuminating. A recent and interesting variation of this poetry is given by the paintings of “The Space Regained” series, telling of the return of contemporary man to the forests of his past. Immersed in a totally anthropized continent, deeply affected and overwhelmed by an omnipresent technology, the European man of the 21st century ventures into the wilderness to try and recover the mystic aura that enveloped it centuries ago, when cities, villages and farmland were little more than dots engraved in a compact volume of conifers and deciduous trees. Senza titolo | 2012 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 145 x 80 Senza titolo | 2004 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 140 x 100 Senza titolo | 2011 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 140 x 90 36 In the deepest night, the darkness of the wood is pierced by sudden glares, as powerful as the ruthless flashes of vicious paparazzi. An indiscreet light, revealing with no consideration at all the surfaces it strikes, and whitening the irises of frightened animals. The effect is, in many ways, similar to that produced by car headlights, with their beams hardly following the twists of mountain roads and projecting fleetingly beyond the roadside. The creatures of the forest react in different ways to this unexpected intrusion: some of them shun it and run away; others freeze and look into the light, as if trying to understand its origin; others, finally, seem not to care about the invader, as if to affirm the superiority that comes to them from an intimate belonging to the forest dimension. The relationship between human presence and natural space remains unresolved, and also animated by a palpable tension, a state of suspension that seems the prelude to a possible reconciliation between the two. The forest invites the curious newcomer to greater discretion and, to punish him of his foolhardiness and rashness, temporarily Senza titolo | 2012 Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas cm 180 x 90 prevents access to its deepest truth. Tirelessly, Failoni progresses in her research, never linear but rather troubled by continuous rethinking and changes of direction, witness to a forever vigilant capacity for self-criticism. Says the artist: «I can make a 2x1 metre work and slave at it for a month and then destroy it as soon as it finished because I do not like it (…). I can afford the ritual of destruction». The annulment of her work into ashes does not imply, on the other hand, a return to the way things were before its creation: as it instantly becomes the past, the awareness that the artist developed during its making is added to her cultural background, making up the essential nourishment of subsequent experiments. Alda Failoni lives and works in Trento www.aldafailoni.com 37 La Galleria CIVICA Trento e ADAC Archivio trentino Documentazione Artisti Contemporanei Via Belenzani 44 38122 Trento Tel. +39 0461 985511 Fax +39 0461 277033 www.mart.trento.it e della Grande Guerra, in concomitanza con il centenario della Prima Guerra Mondiale. Le giovani curatrici saranno Chiara Nuzzi (Napoli, 1986) che è risultata vincitrice con il progetto “Afterimage” del bando di concorso CX C "Call for Curators" indetto dal MART per una mostra dedicata al tema della guerra e del conflitto assieme a Valeria Mancinelli (Senigallia, 1986) e Stefania Rispoli (Napoli, 1985). Si tratta dunque di proposte espositive che seguono un programma incentrato su '800, '900, sui linguaggi dell'arte e dell'architettura contemporanea e che persegue l’ambizione di creare un dialogo costruttivo con i luoghi, con gli abitanti e con chi visita la città, confermando tanto il legame con la Provincia e con le istituzioni, quanto la vocazione internazionale e cosmopolita. Il segno distintivo del MART, col suo sistema museale integrato e all’avanguardia, è parte attiva di un territorio vivace e dinamico. Galleria CIVICA e ADAC Il MART è anche a Trento “ Un edificio ridisegna sempre nuove relazioni, non può essere indifferente. Il MART nel suo spazio centrale raccoglie e valorizza il linguaggio dell’intorno. La diversità dei linguaggi, moderno-antico, diviene ricchezza” affermava l’architetto ticinese Mario Botta allorchè si inaugurava nel 2002, lo spazio museale del MART di Corso Bettini 43 a Rovereto (TN) realizzato su suo progetto in collaborazione con l’ingegnere roveretano Giulio Andreolli. Baricentro dell’edificio è la grande cupola di vetro e acciaio che sovrasta la piazza centrale di accesso al Museo, in dialogo costante con la luce, assimilabile al Pantheon a Roma, mentre le facciate sono realizzate in pietra gialla di Vicenza, in richiamo alla quinta Settecentesca di corso Bettini. Ma il polo museale MART è ora esteso, oltre che con la Casa d’arte futurista Fortunato Depero di Rovereto, alla terza sede trentina della Galleria CIVICA e ADAC, a Trento, in via Belenzani 34. Dedicata all’arte contemporanea con 38 una specifica vocazione all’idea di sperimentazione nel modo di pensare e interpretare l’arte, la Galleria CIVICA ha inaugurato la sua prima mostra lo scorso 19 ottobre con la mostra “L'avanguardia intermedia. Ca' Pesaro, Moggioli e la contemporaneità a Venezia 1913-2013”, in corso fino al 26 gennaio 2014, a cura di Alessandro Del Puppo, e la seconda, “Chiamata a raccolta”, tra il 16 febbraio e l’11 maggio 2014, che proponeva collezioni private di opere realizzate tra il XX e il XXI secolo. Un collezionismo spesso malnoto, riservato, intimo, che il pubblico ha avuto occasione di incontrare raramente. A cura dall'architetto trentino Roberto Festi, in collaborazione con Gabriele Lorenzoni, la mostra presentava circa 100 opere storicamente collocate tra la metà del secolo scorso e la più recente contempo- raneità. Dal 25 maggio al 21 settembre 2014 avrà corso la mostra “Linguaggi plastici del XX secolo”, a cura dell’architetto Michelangelo Lupo, con cui il MART vuole ampliare l’indagine sulla scultura con particolare attenzione a importanti artisti trentini nati nei primi anni del XX secolo e attivi prevalentemente sul fronte della scultura: tra gli altri Eraldo Fozzer, Fausto Melotti, Alcide Ticò e Othmar Winkler. In esposizione inoltre un omaggio a Mauro De Carli, scomparso nel 2008 e mai adeguatamente valorizzato e un lavoro site specific dell’artista Davide Rivalta (Bologna 1974), che interverrà su alcune pareti della Galleria. Successivamente, dal 4 ottobre 2014 al 25 gennaio 2015, verrà proposta al pubblico una grande mostra dedicata al tema della guerra Questo legame è un’appartenenza concreta che supera le formalità nominali: a occuparsi della CIVICA è infatti il personale del Museo che, con le proprie risorse e competenze, sviluppa una programmazione di mostre ed eventi coerente con quella delle altre due sedi. In CIVICA è inoltre confluito anche l’ADAC – l’Archivio degli artisti contemporanei trentini - il cui lavoro di ricerca sul territorio è propedeutico alla formazione, alla produzione, alla diffusione del lavoro degli artisti attivi in Trentino, nonché di interesse per ricercatori, curatori, galleristi e operatori culturali. Attraverso l’ADAC, che ritorna così nella città in cui negli anni Ottanta venne fondato, la CIVICA rafforza la propria dimensione di piattaforma al servizio degli artisti del territorio e intensifica i rapporti con l’associazionismo dell’arte contemporanea. 39 Galleria CIVICA and ADAC MART is also in Trento “ A building always reshapes new relationships, it cannot be indifferent. In its central space, the MART gathers and enhances the language of its surroundings. The diversity of languages, modern and old, becomes richness” said Ticino-born architect Mario Botta in 2002 on the opening in Rovereto (TN), Corso Bettini 43, of the MART museum space, built after his design in collaboration with Rovereto-born engineer Giulio Andreolli. The building’s centre of gravity is the large glass and steel dome that dominates the central access square to the Museum, engaged in a constant dialogue with light and similar to the Pantheon in Rome, while the facades are made of yellow Vicenza stone, in keeping with the 18th century backdrop of Corso Bettini. The MART museum complex is now extended to include, in addition to the Casa d’arte futurista Fortunato Depero in Rovereto, the third Trentino site of Galleria CIVICA and ADAC in Trento, via Belenzani 34. Devoted to contemporary art, with a specific vocation for experimenting with different ways to think and interpret art, the Galleria CIVICA inaugurated its first exhibition on 19 October last with “L'avanguardia intermedia. Ca' Pesaro, Moggioli e la contemporaneità a Venezia 1913-2013”, open until 26 January 2014 and curated by Alessandro Del Puppo; the second one is “Chiamata a raccolta”, to be held between 16 February and 11 May 2014 and proposing private collections of works dating to between the 20th and 21st century. Collections often little known, reserved, intimate, that the general public had rarely occasion to see. Curated by Trentino-born architect Roberto Festi, in collaboration with Gabriele Lorenzoni, the exhibition displays about 100 works historically placed between the middle of last century and more recent, contemporary times. great exhibition devoted to the theme of war and the Great War will be proposed to the public, coinciding with the centenary of the First World War. The young curators are Chiara Nuzzi (Naples, 1986), the winner with her “Afterimage” project of the CX C "Call for Curators" MART competition for an exhibition devoted to the theme of war and the Great War, together with Valeria Mancinelli (Senigallia, 1986) and Stefania Rispoli (Naples, 1985). These future exhibitions follow a programme focused on the 19th/20th century and the languages of contemporary art and architecture, with the ambition of developing a constructive dialogue with the place, the inhabitants and whoever visits the city, confirming the gallery link with the Province and local institutions, but also its international and cosmopolitan vocation. The distinctive feature of MART, with its integrated and advanced museum system, is being an active part of a vibrant and dynamic territory. This is a concrete belonging that goes beyond formal competencies: the CIVICA is actually managed by staff at the Museum who, relying on their own resources and skills, develop a programme of exhibitions and events consistent with that of the other two sites. The CIVICA gallery has also merged with the Archive of Trentino Contemporary Artists (ADAC), whose research on the territory is preliminary to the creation, production and dissemination of the work of artists active in Trentino, as well as being of particular interest to researchers, curators, gallery owners and cultural operators. Through ADAC, who thus returns to the city where it was established in the ‘80s, the CIVICA strengthens its status of platform at the service of artists in the territory and tightens its relationships with contemporary art associations. Galleria CIVICA Trento and ADAC Trentino Archive of Contemporary Artists Documentation Via Belenzani 44 38122 Trento Tel. +39 0461 985511 [email protected] www.mart.trento.it From 25 May to 21 September 2014 the gallery will host “Linguaggi plastici del XX secolo”, curated by architect Michelangelo Lupo, which will allow MART to expand its investigation on sculpture, with special attention to important Trentino artists born at the beginning of the 20th century and active mainly in the field of sculpture, including Eraldo Fozzer, Fausto Melotti, Alcide Ticò and Othmar Winkler. The exhibition will also include a tribute to Mauro De Carli, who passed away in 2008 and never was rightly appreciated, as well as a site specific work by artist Davide Rivalta (Bologna 1974), who will intervene on some of the gallery walls. Subsequently, from 4 October 2014 to 25 January 2015, a 40 41 nando un piccolo flauto, e dopo cinque anni mi fossi trovato a usare un enorme organo a canne”, spiega lo stesso Thaler, semplificando il suo processo formativo nei Paesi Bassi. Il paragone con uno strumento musicale non è fortuito perché le sette note dipingono con e per Hartwig Thaler. Figlio d’arte (suo padre è un fine ritrattista, ed entrambi i genitori sono musicisti), ha trascorso l’infanzia ascoltando i vinili della musica classica più raffinata, ha canticchiato già da bambino le arie operistiche più celebri, e ancora oggi non riesce a afferrare il pennello senza ascoltare musica. “Ogni composizione contiene una parte dell’anima di chi l’ha scritta – spiega -. Io tento di rendere lo stesso con le mie opere, mi piace pensare che il ritmo e l’armonia che impongo ai miei quadri siano frutto del mio essere, e cerco di fare in modo che chi li osserva riesca a percepirlo”. Un sogno, un punto di arrivo per ogni persona che vive per l’arte, un obiettivo che davvero si riesce a scorgere nel tratto dell’artista sudtirolese: ogni sua opera è diversa, ma porta la stessa “firma”, quell’irrequietezza che viene placata dalla sua mano con un colpo di matita, quel senso di relax che un unico tratto geometrico riesce ad inacidire. Ogni sua opera è un continuo work in progress, dalla genesi all’ultima pennellata; ed è proprio per questo motivo che ogni suo quadro è a rischio: inizia con un’idea di base, magari fluida e monocromatica; poi l’Autore la inasprisce con colori sgargianti, la calpesta con grafiche psichedeliche e l’accarezza nuovamente con figure tondeggianti ed armoniche. Il tutto finché non si sente “sazio” della propria opera, finché il concetto che vuole esprimere non viene completamente sviluppato in modo esauriente e soddisfacente. “Ma a volte questa metamorfosi non si sviluppa - spiega – e il quadro è da buttare. Tuttavia nell’operazione artistica è necessario osare, tentare, assaporare di tutto, lasciarsi andare e rischiare. Wal und Knospe | 2007 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 160 x 140 Hartwig Thaler La pluralità dell’arte di L u ca M asi e l l o R azionalità e istinto. Tensione e rilassamento: sono i tratti distintivi delle opere di Hartwig Thaler, artista di Bressanone (Bolzano) dove è nato e vive tuttora esercitando quella che è la sua più grande passione nel suo studio a Stufles, il rione più antico della zona. I primi contatti con il mondo dell’arte Thaler li ha avuti, attorno ai vent’anni a Vienna quando, attratto dall’ambiente culturale della capitale austriaca, iniziò a sporcarsi le mani di colore e a esprimere le sue impressioni sulla carta con semplici gesti, arte “nuda”, quella che si plasma con i polpastrelli. Dopo venne l’ammissione all’Accademia delle Arti “Arnhem en Enschede”, in Olanda, dove l’artista trascorse cinque anni ad imparare, a perfezionare e ad approfondire discipline tecniche che tanto l’affascinavano e di cui poco inizialmente conosceva: “È stato come se fossi entrato in classe suo42 Absprung | 2009 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 140 x 160 Ad ogni costo”. Quell’esperienza acquisita che può essere definita “maturità artistica” è dunque la conquista che oggi, superati in cinquant’anni, l’artista brissinese può pensare a buon diritto di aver raggiunto. Sia nella pittura ma anche nella scultura, che è l’altra tecnica da lui praticata con altrettanta indefettibile passione. Una pratica artistica che Thaler ha privilegiato da quando, ai tempi dell’Accademia, scoprì la terza dimensione, ed iniziò ad apprezzare la terracotta, iniziando poi ad appassionarsi alla scultura in metallo e giungendo – oggi – a lavorare con l’acciaio. Con questo materiale l’artista realizza raffinati oggetti d’arredamento: dai piccoli prodotti di design alle imponenti strutture di cui sono un esempio le sue Flügel der Versöhnung, due ali larghe sedici metri installate su un vecchio pilone della funivia alto diciassette metri che troneggia ad est della vallata in cui vive; un progetto ambizioso e certo di non facile realizzazione, ma Hartwig Thaler – specializzato fra l’altro in arte monumentale per spazi pubblici – ha imparato a conoscere la terza dimensione in precise misure geometrico-matematiche in modo da dominarne perfettamente le dinamiche. Ne è testimonianza, ad esempio, una sua installazione su di un muro di dieci metri per cinquanta, all’ospedale di Nijmegen, in Olanda, o la progettazione e la direzione di un evento come la biennale “50 x 50 x 50 ART SÜDTIROL” sfruttando l’imponente architettura militare asburgica di Fortezza (Bz) per allestire la collettiva. Pura Vida | 2014 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 140 x 160 HARTWIG THALER vive e lavora a Bressanone (BZ) www.hartwigthaler.de [email protected] 43 Tiger & Dragon “Schwing deine Waffe“ | 2006 Fotografia e pittura - Photography and painting cm 45 x 20 Tiger & Dragon “Zwischen zwei Flügeln“ | 2006 Fotografia e pittura - Photography and painting cm 45 x 20 Hartwig Thaler HARTWIG THALER lives and works in Bressanone (BZ) www.hartwigthaler.de [email protected] The plurality of art by L u ca M asi e l l o R ationality and instinct. Tension and relaxation: these are the distinctive features of Hartwig Thaler works, an artist from Bressanone (Bolzano) where he was born and still lives, practicing what is his greatest passion in his studio in Stufles, the oldest part of town. Thaler was first introduced to the world of art at around twenty years of age in Vienna when, attracted by the cultural environment of the Austrian capital, he started to get his hands dirty with colour and deliver his impressions on paper with simple gestures: “naked” art, the one you shape with your fingertips. Later came his admission to the “Arnhem en Enschede” Academy of Arts in the Netherlands, where he spent five years learning, refining and devoting himself to the techniques that so fascinated him and that initially he knew very little of: “It was as if I had entered the class playing a small flute and, after five years, found myself using a huge pipe organ”, explains Thaler himself, summing up his education in the Netherlands. The comparison with a musical instrument is not fortuitous because the seven notes paint with and for Hartwig Thaler. Coming from an artistic family (his father is a fine portrait painter and both his parents are musicians), he spent his childhood listening to the best classical music recordings; already as a child he was humming the most famous opera arias, and even now he cannot grab the brush without listening to music. “Every composition has in itself part of the soul of the person who wrote it, he explains. I try to do the same with my works, I like to think that the rhythm and harmony that I impose on my paintings come from my own 44 being, and I want to make sure that those who look at them are able to perceive that”. A dream, a point of arrival for anyone who lives for art, a goal that we can see achieved in the South Tyrolean artist stroke: each one of his works is different, but has the same “signature”, a restlessness tamed by his hand with a pencil stroke, a sense of relaxation that a single geometrical line manages to make sour. Each one of his works is continuously in progress, from its genesis to the last brush stroke; and it is precisely for this reason that all his paintings are at risk: they start with a basic idea, perhaps fluid and monochromatic, then the author exasperates them with flashy colours, treads on them with psychedelic graphics and then caresses them again with rounded and harmonious figures. All that until he feels content with his work, until the concept he wants to express is completely developed in a comprehensive and satisfactory way. “But sometimes this metamorphosis does not occur – he explains – and the painting is no good. However, in art you must dare, try, savour everything, let go and risk. At all costs”. That acquired experience that we might call “artistic maturity” is thus the goal that today, at over fifty years of age, the Bressanone-born artist may rightfully believe to have achieved. Both in painting and sculpture, the other discipline he practices with just the same unswerving passion. An artistic discipline that Thaler privileged ever since, in his Academy years, he discovered the third dimension and started to appreciate terracotta, beginning later to get involved with metal sculpture and arriving – today – at wor- king with steel. From this material the artist makes sophisticated furnishing objects: small design objects but also imposing structures like his Flügel der Versöhnung, two 16 metre wide wings installed on an old 17 metre high cableway pylon towering on the eastern side of the valley where he lives; an ambitious project and certainly not an easy one to realize, but Hartwig Thaler – specialized among other things in monumental art for public spaces – has learned to know the third dimension in its precise geometrical and mathematical measures, so as to perfectly master its dynamics. Evidence of that, for example, can be seen in one of his installations on a 10x50 metre wall at Nijmegen Hospital, in the Netherlands, or the planning and direction of an event such as the “50 x 50 x 50 ART SÜDTIROL” biennial event, using the monumental Habsburg military architecture of Fortezza (Bz) to set up the collective exhibition. Wandlung | 2014 Acrilico su tela - Acrylic on canvas cm 160 x 140 45 Saint Laurent, Porsche Design fino ad arrivare alle collaborazioni tuttora attive: Christian Lacroix, Marc by Marc Jacobs, Loewe, Emilio Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karan e Celine, l’ultimo acquisto dell’azienda). Rossimoda rappresenta inoltre l’azienda leader del distretto calzaturiero della riviera del Brenta, famoso in tutto il mondo per la sua produzione di scarpe femminili griffate di lusso. Con il suo museo, unico nella zona, svolge anche il compito di divulgare i “saperi” del territorio e di diffondere la conoscenza delle tradizioni di cui i calzaturieri sono gli eredi (le competenze acquisite vantano origini antiche, testimoniate sin dal 1260 con la Scuola dei “Calegheri” veneziani, poi trasferitisi in terraferma durante le invasioni napoleoniche). Il museo funge quindi da testimonianza del loro “saper fare” e degli elevati standard qualitativi raggiunti che rappresentano la loro maggiore fonte di competitività in ambito internazionale. Esso documenta inoltre, attraverso l’accessorio “scarpa”, l’evoluzione del costume nella seconda metà del secolo, fornendo uno spaccato della nostra storia, in cui le influenze sociali, economiche e culturali hanno indubbiamente lasciato il segno. Inizialmente nata come “salotto buono” per ospitare clienti importanti e licenziatari di griffe, la collezione ha ora ampliato il suo bacino d’utenza, rivolgendosi anche alle scuole (grazie a laboratori didattici appropriati) e ai turisti occasionali (il complesso di Villa Foscarini è conosciuto soprattutto per i pregevoli affreschi di epoca seicentesca ed è inserito in un circuito di Ville venete aperte al pubblico). Museo Rossimoda della calzatura Interno del Museo - Inside the museum I l Museo Rossimoda è nato nel 1995 dall’iniziativa di Luigino Rossi, presidente e amministratore delegato del calzaturificio. A tale scopo è stato acquistato il complesso di Villa Foscarini, una dimora storica seicentesca lungo le rive del fiume Brenta. Con la collaborazione della Soprintendenza alle Belle Arti sono state restaurate Villa Padronale e Foresteria destinate la prima a Museo d’Impresa e la seconda a Centro Congressi. Attualmente Rossimoda è passata alla proprietà del gruppo finanziario francese LVMH, che si è assunto l’onere di continuare la missione culturale intrapresa dal fondatore. La collezione, che a ogni stagione viene arricchita con gli elementi più rappresentativi delle nuove collezioni, è costituita da circa 1700 modelli di calzature femminili di lusso griffate, prodotte dall’azienda dal 1946 fino ad oggi che, prima dell’esposizione, erano conservati nei magazzini della Rossimoda. Il Museo ospita inoltre una piccola ma preziosa raccolta di calzature veneziane del ’700 e dell’800 di proprietà del signor Rossi. All’interno di una sala è stato allestito anche un piccolo laboratorio che mostra il diverso modo di creare le calzature nel passato e oggi: un deschetto da calzolaio dei primi del ‘900 con attrezzi e forme di legno testimonia l’attività dei nostri nonni, mentre il tavolo del modellista con le tavole colori, i cataloghi, gli accessori e gli stampi documentano l’evoluzione dei tempi moderni. L’intento di Luigino Rossi è stato inizialmente quello di raccontare il percorso fatto dalla sua famiglia, ormai giunta alla terza generazione, e la storia delle sue collaborazioni con le più grandi case di moda (Rossimoda ha lavorato con Christian Dior, Fendi, Anne Klein, Ungaro, Genny, Richard Tyler, Vera Wang, Calvin Klein, Yves 46 Oltre a questo di fondamentale importanza è il ruolo svolto dal museo rispetto all’area: documenta la creatività del distretto nel corso del tempo e funge da collante tra le innumerevoli piccole e medie imprese situate nella zona che, dal museo, si sentono in qualche modo rappresentate. Viene infatti utilizzato in diverse occasioni come degna conclusione delle visite alle loro aziende (di fondamentale importanza a tale riguardo è la collaborazione con l’Acrib, l’associazione calzaturieri della riviera del Brenta, che da quarant’anni si occupa della promozione del distretto in ambito internazionale). Ultimo, ma forse principale, è il compito di rappresentare un grande stimolo per le produzioni future. Il distretto ospita una scuola di modellisti, famosa in tutto il mondo, che dal 1923 si occupa della formazione dei futuri designer della calzatura. Gli studenti, frequentemente, visitano il museo con l’intento di osservare dal vivo i pezzi più interessanti della raccolta per poi trarne ispirazione. Per raggiungere gli obiettivi proposti, Rossimoda ha selezionato attentamente tra i pezzi conservati dall’azienda, scegliendo quelli più rilevanti da esporre, sia in termini di creatività, che d’artigianato d’alta qualità, d’innovazione tecnologica e di sfruttamento di nuovi materiali. L’allestimento, per essere coerente con gli intenti, è stato organizzato seguendo un percorso tematico, che valorizza il contributo delle singole case di moda ed evidenzia, quindi, oltre alle peculiarità dell’estro creativo dei singoli stilisti, la capacità dell’azienda nell’essere flessibile: sapersi adattare per poter rispondere contemporaneamente e in modo adeguato alle esigenze differenti delle diverse case di moda. Solo nel caso di Yves Saint Laurent l’esposizione ha anche un occhio di riguardo all’evoluzione stilistica della “griffe” nel corso del tempo : i 38 anni di rapporti con il grande stilista francese, permettono di esporre in modo adeguato uno spaccato di storia del costume estremamente significativo. Cinderella Shoe | Cherie Gaulke | 1975 Pelle e lana - Leather and wool cm 24 x 13x9 Spliced Shoe | Steve Whitacre | 1976 Pelle - Leather cm 32,5 x 15 x 39 Il prit son pied dans sa chaussure | Charles Dreyfus | 1999 Ferro - Iron cm 19 x 15 x 8 Museo Rossimoda della Calzatura Via Doge Pisani 1/2 30039 Strà (VE) www.museodellacalzatura.it 47 Piede | Alberto Miotti | 1997 Legno e metallo - Wood and metal cm 24 x 11 x 13 Rossimoda footwear museum T he Rossimoda footwear museum was created in 1995 thanks to the initiative of Luigino Rossi, chairman and CEO of the footwear factory. To this end the company purchased Villa Foscarini, an historical 17th century home along the banks of the river Brenta. With the collaboration of the local Heritage Authority (Soprintendenza alle Belle Arti), Villa Padronale and the Foresteria were restored, the first to become the Company Museum and the second a Congress Centre. Rossimoda is now owned by the French financial group LVMH, who committed themselves to continue the cultural mission undertaken by the founder. The collection, which at every season is expanded with the most representative examples from new collections, is made up of about 1700 models of luxury ladies’ designer shoes, produced by the company from 1946 until today and previously kept at Rossimoda before the exhibition was set up. The museum hosts also a small but valuable collection of Venetian shoes dating to the 18th and 19th century, owned by Mr. Rossi. In addition, a small workshop was set up in one room, showing how shoes were created in the past as opposed to today: a shoemaker bench from the early 20th century, with tools and shoe moulds, is witness to the work of our grandfathers, while the pattern-maker bench, with colour tables, catalogues, tools and moulds, documents the evolution to modern times. The intention of Luigino Rossi was initially to recount the working history of his family, now in its third generation, and of its collaboration with the most important fashion houses (Rossimoda has worked with Christian Dior, Fendi, Anne Klein, Ungaro, Genny, Richard Tyler, Vera Wang, Calvin Klein, Yves Saint Laurent and Porsche Design, and is still actively collaborating with Christian Lacroix, Marc by Marc Jacobs, Loewe, Emilio Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karan and Celine, the latest acquisition). Rossimoda is also the leading company in the footwear district of the Brenta Riviera, famous all over the world for its production of luxury designer ladies’ shoes. With its museum, the only one in the area, it also fulfils the task of promoting the territory “skills” and spreading the traditional knowledge inherited by local shoe makers (skills that can boast very old origins, documented since 1260 by the Venetian “Scuola dei Calegheri”, which moved to the mainland after Napoleon’s invasion). The museum is a testimony of the “Calegheri” know48 Bianco su bianco | Remo Bianco | 1982 Plastica - Plastic cm 41 x 10 x 30 Mal d’Africa | Maurizio Cosua | 1993 Carta e inchiostro - Paper and ink cm 56,5 x 22 x 41 how and of the high standards of quality they achieved, the main reason for the district competitiveness at international level. It also documents, by looking at accessories like shoes, the evolution of fashion in the second half of the century, offering a cross-section of our history where social, economic and cultural influences have certainly left a mark. Initially used as a smart reception for important clients and brand licensees, the collection premises have now widened their public, addressing also schools (thanks to suitable teaching workshops) and occasional tourists (Villa Foscarini is especially known for its valuable frescoes, dating to the 17the century, and is included in a circuit of Venetian villas open to the public). In addition to that, the museum fulfils a crucial role for the area: it documents the creativity of the district in the course of time and acts as a link between the countless small and medium size local businesses that feel in some way represented by it. The museum is often used as a prestigious conclusion to visitors tours of local footwear companies (very important in this regard is the collaboration with Acrib, the footwear industry association of the Brenta Riviera that for forty years has been promoting the district internationally). Its last, and perhaps most important task, is to act as a great stimulus for future productions. The district hosts a school of pattern makers famous all over the world, whi- ch has been providing education and training since 1923 to future footwear designers. Students often visit the museum to have a look at the original, most interesting pieces of the collection and draw inspiration from them. Rossimoda selected carefully a number of pieces from the company’s own collection, choosing the most relevant ones to be exhibited in terms of creativity, high quality workmanship, technological innovation and use of new materials. In line with its purposes, the exhibition proposes a theme route showing the input of different fashion houses, to stress not only the distinctive traits of individual designers and their creative talent but also the flexibility of the company, capable to adapt in order to respond adequately and simultaneously to the different needs of each fashion house. The exhibition has a special eye for Yves Saint Laurent and the “griffe” stylistic evolution over time: the 38 years relationship with the great French fashion designer allow to adequately display a very significant cross-section of fashion history. Rossimoda footwear museum Via Doge Pisani 1/2 30039 Strà (VE) www.museodellacalzatura.it Museo della Calzatura Shoe composition | Daniel Spoerri | 1973 Legno e metallo - Wood and metal cm 34,5 x 51 x 8 49 Castel Pergine, “Prigione della goccia” Opere di - Works by Paolo Bellini Paolo Bellini a Castel Pergine di Taz i o Ci rri C astel Pergine, una fortificazione che si erge a est del borgo di Pergine Valsugana per dominare, ad una altezza di 657 metri, dall'alto del colle Tegazzo tutta l'Alta Valsugana, dalla conca del Lago di Caldonazzo sino al torrente Fersina, ogni anno dedica una mostra personale ad un artista. Ha scelto quest’anno di installare nei suggestivi spazi del castello medievale le opere dello scultore Paolo Bellini. Un artista completo, Bellini, nato nel 1941 a Mendrisio, comune svizzero del Canton Ticino, la cui formazione artistica ha avuto inizio nel 1958 presso la fonderia del borgo, dove Bellini ebbe modo di apprendere le varie tecniche scultoree. Nel 1961 si iscrive all'accademia di Belle Arti di Brera dove, anche grazie al magistero di Marino Marini, approfondisce la sua ricerca artistica sperimentando sculture caratterizzate da una compatta plasticità che richiamano elementi del postcubismo e della produzione di Henry Moore. Nel 1985 l’artista mette però in discussione il proprio modo di fare scultura, abbandonando la tecnica della fusione in bronzo e approdando a una nuova visione plastica che prevede il recupero di laminati in alluminio di scarto industriale. L'utilizzo di materiali di risulta prosegue poi con l'adozione del ferro che, dal 1987, diventerà il materiale d’elezione per le sue sculture. 50 Si tratta per Bellini quasi di un ritorno alle origini, a quella fonderia del borgo dove alla fine degli anni Ottanta aveva ricevuto i primi rudimenti sul come si maneggia una materia tanto complessa, pesante e dura ma al tempo stesso anche duttile e capace di trasformarsi tra le mani abili di un artista in qualcosa di estremamente leggero, espressivo e poetico. Dunque fondamentale il rapporto artigianale con la “bottega”, un luogo in cui si inizia ad osservare, a conoscere i procedimenti tecnici, i comportamenti del metallo e poi a fare e dove l’apprensione del primo incontro con la materia si stempera poco a poco con il calore del fuoco e della forgia, divenendo consapevolezza, capacità di governo del materiale. Diventa un rapporto di stima reciproca tra l’uomo e il ferro, una relazione stretta che può nascere solo da una dimestichezza profonda, lunga e precoce. Solo da qui può trarre origine quel “mestiere del comporre” di cui parla Mario Botta in un testo a catalogo che accompagna la mostra di Castel Pergine. “Essere scultore – scrive Botta – significa comporre, assemblare o separare le singole parti dell’insieme”. Le forme artistiche di Paolo Bellini si sono raffinate nel corso dei decenni, passando da un atteggiamento di intervento diretto sulla materia a una ricerca creata dall’accostarsi dei fogli di zinco ritagliati, piegati, irrigiditi. I volumi emergono dai rilievi delle superfici nel dialogo con le altre parti, creano un “collage” dove i veri elementi che aggregano sono i vuoti tra le parti, veri protagonisti del linguaggio espressivo dell’artista. I rapporti spaziali generano composizioni nelle quali il confronto e lo scontro continuo tra i pieni e i vuoti modellano tensioni ed emozioni che emergono nell’opera compiuta. L’apparente casualità delle forme delle lastre e dei loro assemblaggi è contraddetta dal risultato finale dove l’insieme suggerisce figure, gruppi, maschere, volti ed icone omogenee, che ricordano segni e archetipi già presenti nell’inconscio della nostra identità. Quello di Bellini è un comporre caratterizzato dall’attività dell’”aggiungere” progressivo e non più del togliere, come era stato nei suoi periodi precedenti”. Moto Meccanico | 2009 Ferro - Iron cm 160 x 108 x 90 Paolo Bellini attualmente vive a Rancate e tiene il suo studio a Chiasso, in Svizzera nel Canton Ticino; molte sue opere sono conservate in collezioni pubbliche e private sia in Svizzera che all'estero e le esposizioni collettive e personali che hanno costellato la sua attività artistica sono state importanti per frequenza e qualità delle opere. Tra queste le personali al Museo di Mendrisio nel 1975, al Centro Culturale Svizzero a Parigi nel 1989, al Museo di Locarno nel 1995, al Museo di Verona nel 1996, alla Pinacoteca Civica Manege di San Pietroburgo, una importante e giovane raccolta d’arte che in meno di 20 anni è diventata una delle più importanti collezioni d’arte moderna in Russia, e a Mosca nel 1998. Altri allestimenti delle sue opere si sono tenuti a Milano, Berna, Zurigo e soprattutto a Basilea, alla Gallerie Garzanige-Ueker, dove lo scultore ha esposto nel 1978, '82, '87, '91, '94, e ‘97. Recentemente la città di Lugano gli ha dedicato una personale allocata in mezzo al verde del Parco di Villa Saroli. Castel Pergine Via al Castello, 10 38057 Pergine Val Sugana (TN) www.castelpergine.it Tombale | 1992 Ferro - Iron cm 70 x 200 x 320 51 counter with matter gradually dissolves with the heat of fire and the forge and becomes awareness, ability to control the material. It becomes a relationship of mutual respect between man and iron, a close relationship that can only come from a deep, long and early familiarity. That must the origin of that “craft of composing” mentioned by Mario Botta in a catalogue text accompanying the Castel Pergine exhibition. “Being a sculptor – writes Botta – means to compose, assemble or separate the individual parts of a whole. Paolo Bellini’s artistic forms were refined over the decades, from an approach of direct intervention on matter to a research working with the juxtaposition of zinc sheets - cut out, bent, stiffened. The volumes emerge from surface reliefs interacting with other parts as they create a “collage” where the elements that really aggregate are the gaps between the parts, true protagonists of the artist’s expressive language. Portale | 2010 Ferro - Iron cm 79 x 64 Spatial relationships generate compositions where a continuous comparison and confrontation between filled and empty spaces shape up the tensions and emotions that emerge in the finished work. The apparent casualness of the metal sheet forms and their assembly is contradicted by the final result, where the composed whole suggests figures, groups, masks, faces and homogeneous icons that recall signs and archetypes already present in the unconscious of our identity. Bellini’s “composing” is characterized by an action of gradual “adding”, no longer “removing” as it had been in his earlier periods”. Origami (Nido) | 2010 – 2013 Zincor cm 151 x 142 x 132 Paul Bellini in Castel Pergine by Taz i o Ci rri C astel Pergine, a fortress to the east of Pergine Valsuga- na, overlooking from the 657 metres of the Tegazzo hill the whole Upper Valsugana, from Lake Caldonazzo’s basin to the Fersina torrent, dedicates every year a personal exhibition to a particular artist. This year it chose to install in the evocative spaces of the medieval castle the works of sculptor Paolo Bellini. An accomplished artist, Bellini was born in 1941 in Mendrisio, a Swiss town in Canton Ticino; his artistic formation started in 1958 at the village foundry, where Bellini was able to learn the various sculpture techniques. In 1961 he enrolled at the Accademia di Belle Arti in Brera where, thanks also to the teaching of Marino Marini, he further developed his artistic research, experimenting with sculptures characterized by compact plasticity, recalling some elements of post-cubism and Henry Moore production. 52 In 1985, however, the artist started questioning his way of doing sculpture, abandoning the bronze casting technique and arriving at a new plastic vision that involved the salvage of industrial aluminium laminate scrap. The use of reclamation materials continued with the adoption of iron, which became from 1987 the material of choice for his sculptures. This was for Bellini almost a return to the origins, to that village foundry where at the end of the ‘80s he had learned the first rudiments of how to handle such a complex material, heavy and hard but at the same time also pliable and capable of transformation, in the skilful hands of an artist, into something extremely light, expressive and poetic. Quite critical was therefore the artisan’s relationship with his workshop, a place where one begins to observe, to learn technical processes and the behaviour of metal, and then to actually “make”, and where the apprehension of the first en- Paolo Bellini lives currently in Rancate and has its workshop in Chiasso, in the Swiss Canton Ticino; many of his works are kept in public and private collections in Switzerland and abroad, and the collective and personal exhibitions marking his artistic activity have been quite important for both frequency and quality of the work. We shall mention his personal exhibitions at the Mendrisio Museum in 1975, the Swiss Cultural Centre in Paris in 1989, the Locarno Museum in 1995, the Verona Museum in 1996, the Manege Civic Pynacotheque in St. Petersburg, an important and young art collection that in less than 20 years has become one of the major modern art collections in Russia, and in Moscow in 1998. Cadenze | 2008 Zincor cm 55 x 100 Other exhibitions of his works were held in Milan, Berne, Zurich and especially Basel, at the Gallerie Garzanige-Ueker, where the sculptor exhibited in 1978, '82, '87, '91, '94, and ‘97. Recently the city of Lugano dedicated to him a personal exhibition in the green environment of Villa Saroli park. Castel Pergine Via al Castello, 10 38057 Pergine Val Sugana (TN) www.castelpergine.it Veduta Castel Pergine - View of Castel Pergine 53 La Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” nella nuova sede di Palazzo della Ragione a Verona foto: L o r e nzo C e r e t t a I l 12 aprile 2014 ha riaperto al pubblico la rinnovata Galleria d’Arte Moderna Achille Forti nella nuova sede di Palazzo della Ragione. Per la prima volta le Collezioni Civiche vengono collocate in questa monumentale architettura insieme alle Collezioni di Fondazione Domus e Fondazione Cariverona, in un percorso che copre un secolo di storie delle arti visive, dal 1840 al 1940. Palazzo della Ragione costituisce da sempre il cuore pulsante di Verona, un luogo in cui diversi elementi si sono sovrapposti dando forma a un complesso monumentale che rappresenta la città nel suo nucleo più antico e che riunisce luoghi emblematici del centro cittadino come la Torre dei Lamberti, la Scala della Ragione e la Cappella dei Notai. Con l’apertura della Galleria d’Arte Modena Achille Forti, Palazzo della Ragione viene restituito in modo unitario a Verona e al suo pubblico internazionale, coniugando storia, architettura e arte. Grazie a questa operazione di restituzione, all’entrata originale su Via della Costa – che unisce la famosa Piazza delle Erbe con l’elegante Piazza dei Signori – è stato possibile aggiungere un secondo ingresso attraverso la monumentale Scala della Ragione e lungo un passaggio vetrato che conduce il visitatore alla sala di accoglienza. In virtù di questa nuova ridistribuzione e alla maggiore accessibilità dell’intero complesso architettonico, è stato stabilito, grazie alla collaborazione fra ammi- nistrazione comunale ed Agec, un unico biglietto, che comprende la visita alla Galleria, al Palazzo e alla Torre dei Lamberti. Un’operazione importante che fa di questo luogo il nuovo cuore turistico della città di Verona. Per poter ridisegnare gli spazi di Palazzo della Ragione e selezionare le opere per questo primo allestimento, è stato chiamato come direttore artistico Luca Massimo Barbero, che ha progettato un nuovo percorso espositivo, punteggiando le quattro grandi sale che compongono il piano nobile del Palazzo con dipinti e sculture che insieme raccontano la storia delle collezioni veronesi e del loro rapporto con la città. “Ho voluto creare un percorso di opere – spiega il Direttore artistico che legassero gli spazi del Palazzo alla storia delle Collezioni, in vista di un museo permanente della città e per la città di Verona. Per questo motivo, al centro delle scelte vi è l’idea di una restituzione dei beni artistici e storici alla cittadinanza attraverso il potenziamento e lo sviluppo delle capacità narrative dell’allestimento pensato sia per i veronesi, che incontreranno nuovamente i personaggi e le vicende della loro città narrate in queste opere, sia per un turismo che potrà comprendere gli spessori e le complessità artistiche della città di Verona anche grazie allo studio di questi testi visivi. Il Palazzo, insieme alla Torre dei Lamberti, al Cortile del Mercato Vecchio e alla Scala della Ragione oggi nuovamente percorribile, diverrà infatti un unico spazio di cui il visitatore potrà fare esperienza interloquendo con l’architettura, la storia e con le molteplici stratificazioni culturali che il tempo ha depositato in questo edificio. Il valore delle opere esposte e la curiosità che queste susciteranno, raccontano quindi a ogni tipo di pubblico tanto la storia dell’arte quanto, e soprattutto, le vicende storico-artistiche della città scaligera”. Lungo le quattro sale – “Sala delle Colonne”, “Sala Quadrata”, “Sala Picta” e “Sala Orientale”– che costituiscono la nuova Galleria, sono distribuite circa 150 opere di questa prima selezione che è stata realizzata nell’ampio arco cronologico, che giunge fino al contemporaneo, delle opere presenti nelle tre Collezioni. La narrazione, coerentemente con l’idea originaria della donazione Forti, si distribuisce cronologicamente dal 1840 al 1940: le opere selezionate nell’insieme costruiscono uno straordinario racconto, non solo visivo, di Verona, del suo patrimonio culturale e paesaggistico, e del collezionismo delle istituzioni cittadine. Questa iniziale disposizione museale, pensata per essere emblematica del periodo cronologico in questione, offre per la prima volta l’occasione di vedere riunite queste tre importanti Collezioni e svela in modo inedito le relazioni e le corrispondenze che esistono tra le opere in esposizione e la città che le accoglie. Con la riapertura della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti i luoghi e gli spazi finora non accessibili di Palazzo della Ragione, cui si aggiunge la Cappella dei Notai, uno scrigno dell’arte veronese con un ciclo decorativo realizzato tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, fanno da contraltare al racconto espositivo che si snoda tra le sale della Galleria. Si va così a costruire una nuova esperienza di visita che per la prima volta lega la città di Verona alle sue vicende storiche, al suo patrimonio artistico e architettonico, ai suoi beni paesaggistici, legandoli alla singolare esperienza di vedere la città dall’alto della Torre dei Lamberti. Con questa riapertura, il complesso monumentale di Palazzo della Ragione diventa quindi non solo un palazzo dell’arte e della storia di Verona, ma anche del collezionismo, dei suoi mecenati e degli artisti che con questa città hanno avuto una storia, un racconto e un rapporto. Per questo motivo e grazie a questo primo allestimento museale, quello narrato nelle quattro sale del piano nobile del Palazzo, diventa uno dei percorsi possibili attraverso un secolo non solo di pittura e scultura, ma anche di vicende e di storia delle arti visive, un luogo dove le opere sono esposte e narrate pensando di diventare materiale utile per raccontare la città e aprire nuovi orizzonti attraverso l’esperienza dell’arte. Palazzo della Ragione Galleria d’Arte Moderna Achille Forti Cortile Mercato Vecchio, Verona www. palazzodellaragioneverona.it Palazzo della Ragione e Torre dei Lamberti 54 Meditazione | 1851 Francesco Hayez Olio su tela - Oil on canvas 55 The Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” in its new premises at Palazzo della Ragione in Verona photos: L o r e nzo C e r e t t a O n 12 April 2014 a renovated Galleria d’Arte Moderna Achille Forti was reopened to the public in its new premises at Palazzo della Ragione. For the first time the Civic Collections are to be found in this monumental architecture together with the Collections of the Domus and Cariverona Foundations, in an exhibition that covers a century of history of the visual arts, from 1840 to 1940. Palazzo della Ragione has always been Verona’s pulsating heart, a place where different elements overlapped during the centuries, giving rise to a monumental complex that represents the city oldest core and brings together some emblematic places of the old town such as Torre dei Lamberti, Scala della Ragione and Cappella dei Notai. With the opening of the Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione is returned in a unitary way to Verona and its international public, to combine history, architecture and art. Thanks to this operation of restitution, it was possible to add to the original entrance in Via della Costa – connecting the famous Piazza delle Erbe to the elegant Piazza dei Signori – a second entrance through the monumental Scala della Ragione, with a glazed passage leading visitors to the reception hall. Because of this redistribution and greater accessibility of the architectural complex as a whole, a single ticket could be agreed, thanks to the collaboration between the town administration and Agec, to give access to the Galleria, the Palace and Torre dei Lamberti. An important operation that turns this place into the new tourist heart of the city of Verona. As art director, with the task of redesigning the spaces of Palazzo della Ragione and selecting the works for this first exhibition, was appointed Luca Massimo Barbero; he planned a new exhibiting route, dotting the four large rooms of the Palace main floor with paintings and sculptures that, together, tell the history of the Veronese collections and their relationship with the city. “I wanted to create a display – explains the Art Director - that would link the Palace spaces to the history of the Collections, in view of a permanent museum of the city and for the city of Verona. For this reason, central to our choices was the idea of restitution to the city of its artistic and historical heritage, by enhancing and developing the narrative skills of an exhibition designed both for the Veronese people, who in these works will meet again the figures and historical events of their city, and for the tourists, who will be able to understand the depths and complexities of Verona’s artistic heritage also by studying these visual texts. The Palace, together with Torre dei Lamberti, Cortile del Mercato Vecchio and Scala della Ragione, now viable again, will become one single space that visitors can experience by interacting with the architecture, the history and the many cultural layers that time has deposited in this building. The value of the works on display, and the interest they are going to arouse, will introduce to all types of public the history of art and, above all, Verona’s own historical and artistic events”. All through the four rooms of the new Galleria –“Sala delle Colonne”, “Sala Quadrata”, “Sala Picta” and “Sala Orientale”– will be shown in this first selection about 150 works from the three Collections, covering a considerable time span up to the contemporary period. The narration, in line with the original idea of the Forti donation, is distributed chronologically from 1840 to 1940: on the whole, the selected works build up an extraordinary story, not only visual, of Verona, its cultural and landscape richness and the art collecting of its city institutions. This initial display, designed to be emblematic of the chronological period in question, offers for the first time the opportunity to see these three important Collections together, and reveals in an unprecedented way the relationships and connections existing between the displayed works and the city that hosts them. With the reopening of the Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, places and spaces of Palazzo della Ragione that were not accessible so far, joined now by Cappella dei Notai, a treasure trove of Veronese art with a decorative cycle dating to between the end of the 17th and the start of the 18th century, act as counterparts to the narration of the display winding through the Galleria’s rooms. Cappella dei Notai A new visiting experience is being developed, linking for the first time the city of Verona to its historical events, its artistic and architectural heritage and its rich landscape, together with the unique opportunity of being able to see the city from the top of Torre dei Lamberti. With this re-opening the monumental complex of Palazzo della Ragione becomes the Palace not only of Verona’s art and history, but also of its art collecting, its patrons and the artists who had a history, a tale to tell and a relationship with the city. Thanks to this first museum display, the exhibiting route through the four rooms of the Palace main floor becomes just one of the possible ones across a century of painting and sculpture, events and visual arts history, where the works are shown and narrated with a view to becoming useful material to tell about the city and open up new horizons through the experience of art. Palazzo della Ragione Galleria d’Arte Moderna Achille Forti Il Giocoliere | 1936 Antonio Donghi Olio su tela - Oil on canvas 56 Achille Ferito | 1833 - 1835 Innocenzo Fraccaroli Gesso - Plaster Cortile Mercato Vecchio, Verona www. palazzodellaragioneverona.it Bagnanti | 1915 Giorgio Morandi Olio su tela - Oil on canvas 57 da vedere - to see Museion Bolzano Galleria Civica Bressanone Bressanone (BZ) Musei Civici agli Eremitani Padova Nuove storie di luce per la facciata mediale Raggiungere una meta o un traguardo, magari dopo un percorso a volte arduo e tortuoso, oppure alla fine di tutta una carriera, sono tutte buone occasioni “anche” per festeggiare, e festeggiare regalandosi un meritato riconoscimento! Nel caso di Alex Pergher, artista, gallerista d’arte, nonché direttore (attualmente) della piccola e prestigiosa Galleria Civica di Bressanone, è giunto il momento giusto: ebbene sì, 30 anni di attività, sono certo da festeggiare, ma anche un buon motivo di fare qualche bilancio! Pergher lo farà, innanzitutto con una prima mostra (prevista nel 2015) nella galleria che lui stesso gestisce nella località dove risiede, questo anche per voler ringraziare collezionisti ed amici che lo hanno sostenuto da sempre, ed un secondo appuntamento espositivo in Toscana (sede ancora da definire) che prevede anche la presentazione di una Monografia completa (catalogo) che documenta i vari “passaggi” del suo intenso impegno artistico. Il “prefazio” della pubblicazione è “compito” dello storico Fiorenzo Degasperi di Trento, che si soffermerà in forma “didascalica” sui primi anni di attività dell’artista e più dettagliatamente invece, sulla produzione delle opere più recenti, che rappresentano alcuni fra i più significativi nonché emblematici e tragici eventi che hanno “segnato” la storia dell’umanità dal 2° conflitto mondiale ad oggi. 28 marzo-20 luglio 2014 È diventato un appuntamento ormai classico delle serate estive dei bolzanini: parliamo della facciata mediale di Museion. Che da giugno a settembre torna a illuminarsi - in quattro video quattro artisti si confrontano con il “corpo sottile” della facciata. Questo infatti il titolo della rassegna 2014 a cura di Frida Carazzato - lì dove il corpo è inteso sia come presenza nello spazio, il corpo di vetro della facciata, che come elemento fisico, con cui entrare in relazione. Il mese di luglio vede la realizzazione di un progetto speciale in collaborazione con Bolzano Danza, sotto il segno dell’interdisciplinarietà. Dal sodalizio tra l’artista Luca Trevisani e il gruppo MK, che si occupa di performance, coreografia e ricerca sonora, è nato “Venerdì”, un lavoro all’incrocio tra arti visive e performance. L’ispirazione è data dal testo di Michel Tournier “Venerdì o il limbo del Pacifico”, che tematizza l’incontro con l’altro grazie alla trasformazione dei punti di vista. Museion Photo: Othmar Seehauser New stories of light for the media façade Now a regular fixture on summer evenings in Bolzano, Museion’s media façade is gearing up for this year’s programme. From June to September it is set to host four videos by four artists tackling the “subtle body” of the façade. This is the title chosen for the 2014 series curated by Frida Carazzato, which interprets the body both as a presence in space, the glass body of the façade, and as a physical element we can all relate to. July sees a special interdisciplinary project in collaboration with Bolzano Danza. The partnership between the artist Luca Trevisani and the group MK, which works in performance, choreography and sound research, has given rise to “Venerdì”, a project mingling visual arts and performance, inspired by Michel Tournier’s work “Friday, or, The Other Island” which explores how changing viewpoints enable us to engage with others. Achieve a goal, perhaps after a difficult and tortuous path, or at the end of a whole career, they are all good deals “also” to celebrate, and celebrate giving themselves a well-deserved recognition! In the case of Alex Pergher, artist, director of art gallery, as well as director (currently) of the small and prestigious Galleria Civica di Bressanone, now is the right time: yes, 30 years have to be celebrated, but they are also a good reason to do some budget ! Pergher will do it, first with a first show ( in 2015 ) in the gallery that manages himself in the place where he resides, this also because he wants to thank collectors and friends who have always supported him, and a second exhibition event in Tuscany (home yet to be defined) that also includes the presentation of a comprehensive monograph ( catalog ) that documents the various “ steps “ of his intense artistic endeavors. The “ Preface “ of the publication is the “duty “ of the historian Fiorenzo Degasperi from Trento, who will linger in the form “ didactic “ on the early years of the artist and more detail however, on the production of his most recent works, which represent some of the the most significant and emblematic and tragic events that have “marked “ the story of humanity from the 2nd world War to the present. La mostra vede la collaborazione del Comune di Padova, Assessorato alla Cultura, Settore Musei e Biblioteche e del Comitato Mura di Padova, con l’apporto di altri istituti cittadini fra i quali si segnala per l’importanza documentaria l’Archivio di Stato. La forma urbis della città è stata determinata ed è ancora fortemente segnata dal sistema bastionato cinquecentesco che presenta veri gioielli architettonici, come le due porte del Falconetto. Si tratta di una delle cinte murarie più estese che si siano conservate quasi nella loro interezza. La mostra narra i fatti che determinarono la necessità di realizzare la cinta rinascimentale, ne ripercorre le vicende costruttive e la storia successiva, conseguente alla perdita di importanza di Padova dal punto di vista militare, con il riutilizzo delle mura per diverse funzioni pubbliche e talvolta anche private. Saranno esposti disegni, tele, documenti archivistici, stampe, monete, sigilli, armi e oggetti in pietra e ceramica, plastici, modelli solidi. The show sees the collaboration of the Municipality of Padua, Department of Culture, Department of Museums and Libraries and the Committee Walls of Padua, with the help of other institutions among citizens which is notable for the documentary importance the State Archives. The forma urbis of the town has been determined and is still strongly marked by the sixteenth-century bastion system that present real architectural gems, like the two doors of the Falconetto. It is one of the most extensive boundary walls which are kept almost in their entirety. The exhibition recounts the events that led to the need to achieve the renaissance town, it traces the story of the building and the subsequent history, resulting in the loss of importance of Padua from the military point of view, with the re-use of the walls for various public functions and sometimes even private. The exhibition will include drawings, paintings, archival documents, prints, coins, seals, weapons and stone objects and pottery, plastic, solid models. Museion Galleria Civica Bressanone Musei Civici agli Eremitani Museo d’arte moderna e contemporanea Via Dante 6, 39100 Bolzano Tel. + 39 0471 223413 e-mail: [email protected] www.museion.it Via Portici Maggiori 5 39042 Bressanone (BZ) www.brixen.it Piazza Eremitani 8, 35121 Padova Tel. +39 049 8204551/4513 [email protected] http://padovacultura.padovanet.it 58 Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri Verona Collezione Peggy Guggenheim Venezia La Galleria - Dorothea van der Koelen Venezia Gordon Parks. Una storia americana 18 maggio / 28 settembre 2014 “Art-in-Architecture-Projects & Others” La mostra, realizzata da Contrasto e Forma fondazione per la fotografia in collaborazione con la Gordon Park Foundation e curata da Alessandra Mauro, si articola in diverse sezioni e circa 160 immagini in bianco e nero e a colori, stampe moderne e molti vintage. Gordon Parks è stato fotografo, scrittore, regista, attore e musicista: una personalità dallo straordinario eclettismo, che gli è valso il soprannome di “Uomo del Rinascimento”. Attraverso la fotografia Parks ha raccontato delle storie: i suoi servizi sulla rivista Life dedicati a una famiglia di neri ad Harlem hanno segnato, nel 1968, una tappa importante nel battaglia contro il razzismo in America. In mostra anche i suoi scatti di moda e una serie di immagini di attori – P. Newman, S. Poitier e I. Bergman -, di musicisti - D. Ellington, G. Gould -, di scrittori e di personalità come Malcom X e Muhammad Alì: ritratti straordinari che colgono nei volti la tensione e la concentrazione del momento. Dal 6 giugno al 23 novembre 2014, in occasione della 14. Biennale di Architettura di Venezia, La Galleria di Dorothea van der Koelen ospita una mostra dedicata all'opera d'arte integrata in un contesto architetturale determinato. I progetti artistici presentati nella galleria veneziana sono dodici: concepiti da artisti di fama internazionale e realizzati tra il 1994 e il 2013 per l'Università di Bayreuth, il centro commerciale di Erlangen, il museo Ritter o il Parlamento di Dresden (per citarne solo alcuni), essi sono illustrati attraverso vari supporti di documentazione come fotografie, cartografie, modelli etc. Assieme alla presentazione dei progetti realizzati in situ sono esposte diverse opere degli artisti. Sono presenti gli artisti Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther Uecker e Martin Willing. Muhammed Ali, Miami, Florida | 1966 Gordon Parks © The Gordon Parks Foundation The exhibition, organized by the Foundation for photography “Contrasto e Forma” and in conjunction with the Gordon Park Foundation and curated by Alessandra Mauro, is divided into different sections and about 160 images in black and white and color, many vintage and modern prints. Gordon Parks was a photographer, writer, director, actor and musician, a personality from the extraordinary eclecticism, which earned him the nickname of the “Renaissance Man”. Through photography Parks told stories: its services in Life magazine devoted to a family of blacks in Harlem marked, in 1968, an important step in the battle against racism in America. The exhibition also features its fashion shots and a series of pictures of actors - P. Newman, S. Poitier and I. Bergman - musicians - D. Ellington, G. Gould -, writers and personalities such as Malcolm X and Muhammad Ali: stunning portraits that capture the tension in the faces and the concentration of the moment. Centro Internazionale di Fotografia Scavi Scaligeri, Verona Cortile del Tribunale (tra Piazza dei Signori e Piazza Viviani), 37121 Verona Tel +39 045 8007490 www.comune.verona.it/scaviscaligeri Solo per i tuoi occhi. Una collezione privata, dal Manierismo al Surrealismo Fino al 31 agosto 2014 la Collezione Peggy Guggenheim ospita Solo per i tuoi occhi. Una collezione privata, dal Manierismo al Surrealismo, raffinatissima mostra a cura di Andreas Beyer, docente di storia dell’arte all’università di Basilea, che svela al grande pubblico una preziosa selezione di opere provenienti dalla Collezione Richard e Ulla Dreyfus-Best di Basilea. Il percorso della mostra si snoda attraverso oltre 120 pezzi, tra oggetti, dipinti, disegni e sculture che spaziano dal Medioevo al contemporaneo. Nel suo originale accostamento di oggetti, essa costituisce un’impresa pionieristica, guidata da un principio che esclude qualsiasi casualità e implica gli indispensabili criteri di originalità e qualità. La collezione presenta opere, tra gli altri, di Arnold Böcklin, Victor Brauner, Pieter Brueghel il Vecchio, Giorgio de Chirico, Francesco Clemente, Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Man Ray e Andy Warhol, qui esposte per la prima volta tutte insieme. Tutti i giorni alle 15.30 il museo offre visite guidate gratuite alla mostra. L’esposizione è co-organizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim insieme al Kunstmuseum di Basilea, dove sarà allestita dal 21 settembre 2014 al 4 gennaio 2015. Until 31 August 2014, the Peggy Guggenheim Collection will host For Your Eyes Only. A private collection, from Mannerism to Surrealism, refined exhibition curated by Andreas Beyer, a professor of art history at the University of Basel, who reveals to the public a valuable selection of works from the collection of Richard and Ulla Dreyfus -Best Basel. The exhibition runs through more than 120 pieces, including objects, paintings, drawings and sculptures ranging from the Middle Ages to contemporary. In his original combination of objects, it is a pioneering enterprise, guided by a principle that excludes any randomness and implies the essential criteria of originality and quality. The collection features works by, among others, Arnold Böcklin,Victor Brauner, Pieter Brueghel the Elder, Giorgio de Chirico, Francesco Clemente, Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Man Ray and Andy Warhol, exhibited here for the first time all together. Every day at 15.30 the museum offers free guided tours of the exhibition. The exhibition is co-organized by the Peggy Guggenheim Collection and the Kunstmuseum in Basel, which will be staged from 21 September 2014 until 4 January 2015. “Art-in-Architecture-Projects & Others” From June 6th to November 23rd 2014, during the 14. Architecture Biennale in Venice, La Galleria of Dorothea van der Koelen presents an exhibition which focuses on the work of art integrated in a determinated architectural context. The artistic projects presented in the venetian gallery are twelve: conceived by internationally famous artists and realized between 1994 and 2013 for the Bayreuth University, the Erlangen Shopping Mall, the Ritter Museum or the Dresden Parliament (to name just a few), they are illustrated through various documentation media such as photography, plans, models etc. Together with the presentation of the projects in situ, several works of the artists are on display. The “Art-in-Architecture-Projects” are from the artists Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther Uecker and Martin Willing. Collezione Peggy Guggenheim La Galleria di Dorothea van der Koelen Tel. +39 041 2405411 e-mail: [email protected] www.guggenheim-venice.it San Marco 2566, 30124 Venezia Tel. +39 041 5207415 Fax. +39 041 2778080 e-mail: [email protected] www.galerie.vanderkoelen.de 59 MBA Museo Biblioteca Archivio Bassano del Grappa (VI) Dal 24 aprile riapre MBA, il Museo Biblioteca Archivio di Bassano, ampliato e rinnovato con nuovi spazi d’accoglienza, book shop, postazioni multimediali e laboratori didattici. Per festeggiare due grandi mostre: Michelangelo. Capolavori grafici che in occasione dei 450 anni dalla nascita del grande maestro presenta 18 preziosi disegni originali provenienti da Casa Buonarroti di Firenze. Nei saloni Paesaggio urbano nella mappa dei Bassano una mostra che anticipa la nuova sezione sulla storia della città attraverso la lettura e l’interpretazione di mappe geografiche, incisioni, disegni, fotografie. Al centro della rassegna la Mappa dei Bassano, studiata con le più moderne tecniche d’indagine scientifica. Suggestive immagini fotografiche di Cesare Gerolimetto permettono l’individuazione dei luoghi più significativi attualizzando la lettura della mappa dalpontiana in un gioco di riscoperta che consente di capire e scoprire la città nel suo modificarsi nella storia. Le mostre saranno visitabili fino al 31 agosto con possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche su prenotazione al numero verde 800 961993 Palazzo Sturm Museo della Stampa Remondini Bassano del Grappa (VI) Il Museo delle Stampa Remondini di Palazzo Sturm ospita nella Sala delle Spade, dedicata alle mostre temporanee, Michelangelo inciso una scelta di opere a stampa di altissima qualità tratte dai più noti capolavori del Buonarroti dalla collezione della famiglia Remondini. Una testimonianza concreta della fortuna, della grande diffusione e dell’interpretazione da parte di altri artisti del grande fiorentino. La mostra sarà visitabile fino al 31 agosto con possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche su prenotazione al numero verde 800 961993 The Museum of Remondini’s Prints in Palazzo Sturm in the Sword Room, dedicated to temporary exhibition, hosts Michelangelo carved: a selection of printed works of high quality chosen between the most famous Buonarotti’s masterpiece of the collection of Remondini family. A direct evidence of the fortune, but also of the large diffusion and interpretation made by other artists on the work of the great Florentine. Exhibitions will be open until August 31 with the possibility of booking guided tours for groups and classes at the number 800 961993 From April 24 re-opens MBA, the Museum, library and archive of Bassano, which has been enlarged and renovated with new areas dedicated to reception, bookshop, multimedia stations and didactic laboratories. In order to celebrate this event have been organized two exhibitions: Michelangelo. Graphic masterpieces that takes the occasion of the 450 years from the birth of the great artist to present 18 exquisite and original drawings coming from Casa Buonarotti in Florence. The other exhibition, Urban landscape in map of Bassano’s painters, anticipates the new section of the Museum dedicated to the history of the city through the interpretation of geographic maps, engravings, drawings and photos. The focus of the exposition is on the Map of Bassano which has been studied with the most innovative techniques of scientific investigation. Suggestive photos of Cesare Gerolimetto permit to discover the most significant places of the city, modernising in this way the lecture of Daponte’s map in a continuous exchange between past and present that make us discover Bassano in its transformation during history. Exhibitions will be open until August 31 with the possibility of booking guided tours for groups and classes at the number 800 961993 I Musei di Spazio Brazzà Museo Storico Pietro di Brazzà Savorgnan / Museo Artistico Štepán Zavrel Moruzzo (UD) 'Nel ventre della balena. Dal mosaico di Giona alla fiaba di Pinocchio'. A fine aprile s'inaugura nella sede storica di Palazzo Meizlik ad Aquileia la mostra curata dal Gruppo Archeologico Aquileiese in collaborazione con il Museo Artistico Štepán Zavrel di Spazio Brazzà. Attraverso una serie di testimonianze storiche, archeologiche, bibliografiche, cinematografiche si snoda un filo rosso che parte dai mosaici del ciclo di Giona della basilica di Aquileia, e si conclude con le più recenti interpretazioni della storia di Collodi, passando attraverso opere originali e inedite, tra cui una trentina provenienti dalla Collezione del Museo Artistico Štepán Zavrel di Brazzà. Un percorso espositivo che a partire dall'episodio biblico affronta il tema della crescita che ogni individuo si trova a dover affrontare attraverso le vicissitudini della vita, per arrivare al raggiungimento della propria consapevolezza e maturità. La mostra, inserita all'interno del 'Festival della Letteratura Bambina', é accompagnata da eventi rivolti a bambini e adulti, scuole e famiglie e accoglie i visitatori per tutta l'estate fino a metà luglio. ‘Nel ventre della balena. Dal mosaico di Giona alla fiaba di Pinocchio’. In late April will be inaugurated in the historical site of the Palace Meizlik in Aquileia the exhibition curated by the Archaeological Group in collaboration with the Museum of Art Stepan Zavrel of Spazio Brazza. Through a series of historical, archaeological, bibliographic film runs a thread that part of the cycle of Jonah from the mosaics of the Basilica of Aquileia, and concludes with the most recent interpretations of the story by Collodi, through original works and unpublished, including thirty from the Collection of the Museum of Art Stepan Zavrel Brazza. An exhibition that starting from the episode deals with the biblical theme of growth that each individual is faced through the vicissitudes of life, to get to the achievement of one’s awareness and maturity. The exhibition included inside the ‘ Festival of Child Literature ‘, is accompanied by events for children and adults, schools and families and welcomes visitors throughout the summer until mid-July. Museo Casa Giorgione Castelfranco Veneto (TV) Castello del Buonconsiglio Trento FALSAREA Il Museo Casa Giorgione si sta preparando ad ospitare l’esposizione “Veronese nelle Terre di Giorgione” prevista per l’autunno 2014. La mostra di Castelfranco prenderà in esame un’opera affascinante quanto poco conosciuta: il ciclo di affreschi di Villa Soranzo, edificio demolito nell’Ottocento, ma da cui sono stati salvati preziosissimi brani di pitture veronesiane, ora custoditi in diversi musei e collezioni private italiani e stranieri. Il tema, inedito e arricchito da recenti studi, della committenza dei Soranzo e di quella che è stata la prima grande impresa di decorazione di villa del giovane Veronese, trova la sua perfetta cornice nel legame con il territorio. A pochi chilometri da Castelfranco Veneto infatti è possibile visitare altre testimonianze dello stesso Paolo Caliari (la celeberrima Villa Barbaro a Maser), o del suo collega Giambattista Zelotti (in Villa Emo a Vedelago) o della sua bottega (in Villa Chiminelli a Sant’Andrea oltre il Muson). Una mostra insomma che esce dalle pareti del museo e dalla cinta muraria cittadina e si dipana nel territorio per celebrare un grande artista veneto, che ha dipinto con i suoi incredibili cromatismi queste terre e che a distanza di secoli continua a incantare con la sua arte. Dosso Dossi al Castello del Buonconsiglio di Trento 12 luglio – 2 novembre 2014 Il falso Léger svelato dall’acceleratore di par ticelle The Museo Casa Giorgione is preparing to host the exhibition “ Veronese in the Lands of Giorgione “ scheduled for autumn 2014. The exhibition of Castelfranco will examine what a fascinating and little known work: the cycle of frescoes of the Villa Soranzo, building demolished in the nineteenth century, but from which they were saved precious pieces of Veronese paintings, now kept in several museums and private collections Italians and foreigners. The theme, new and enriched by recent studies, of the Soranzo’s commission and what was the first major undertaking of the young Veronese villa decoration, finds its perfect frame in connection with the territory. A few miles from Castelfranco Veneto, it is possible to visit other evidence of the same Paolo Caliari ( the famous Villa Barbaro at Maser ), or his colleague Giambattista Zelotti ( in Villa Emo in Vedelago ) or his workshop ( in Chiminelli Villa Sant’Andrea over the Muson ). An exhibition words coming out of the walls of the museum and the city walls and unfolds in the area to celebrate a great Venetian artist who painted with its amazing colors these lands and that, centuries later, continues to enchant with its art. La mostra, allestita nel Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio in quelle stesse sale che Dosso assieme al fratello Battista affrescò tra il 1531 ed il 1532, racconta lo straordinario percorso artistico di questo eccentrico pittore del Rinascimento. Ideata dalla Galleria degli Uffizi di Firenze nell’ambito del progetto “La città degli Uffizi”, la rassegna mette in mostra una quarantina di magnifici dipinti che mettono a confronto le opere di Dosso e Battista con i grandi maestri del Rinascimento, da Tiziano a Michelangelo, da Giorgione a Raffaello in un costante dialogo con gli affreschi del castello. In mostra vi sono capolavori dosseschi conservati agli Uffizi, alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti, alla Galleria Estense di Modena, alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara, alla Fondazione Roberto Longhi di Firenze, alla Collezione Cini di Venezia, alla Pinacoteca Brera di Milano, alla Galleria Borghese di Roma e al castello di Wawel in Polonia. The exhibition, held in the Great Palace of Buonconsiglio Castle in those same rooms that Dosso together with his brother Battista frescoed between 1531 and 1532, tells the extraordinary artistic career of this eccentric painter of the Renaissance. Designed from the Uffizi Gallery in Florence under the project “The City of the Uffizi”, the exhibition showcases forty magnificent paintings that compare the works of Dosso and Battista with the great masters of the Renaissance, Tiziano and Michelangelo, by Giorgione, Raphael in a constant dialogue with the frescoes of the castle. On display there are masterpieces of Dossi in the Uffizi, the Galleria Palatina in Palazzo Pitti, Galleria Estense in Modena, the National Art Gallery of Ferrara, the Roberto Longhi Foundation in Florence, at the Cini Collection in Venice, the Pinacoteca Brera in Milan, the Galleria Borghese in Rome and at the Wawel Castle in Poland. MBA Museo Biblioteca Archivio Museo della Stampa Remondini I Musei di Spazio Brazzà Museo Casa Giorgione Castello del Buonconsiglio Piazza Garibaldi 34 36061 Bassano del Grappa (VI) Tel. +39 0424 519901 www.museibassano.it Palazzo Sturm, Via Schiavonetti 7 36061 Bassano del Grappa (VI) Tel. +39 0424 519940 www.museibassano.it Via del Castello 15, 33030 Moruzzo (UD) e-mail: [email protected] www.castellodibrazza.com Piazza San Liberale 31033 Castelfranco Veneto Tel. +39 0423 735626 Fax 0423 735621 e-mail: [email protected] www.museocasagiorgione.it Facebook/MuseoCasaGiorgione Via B. Clesio 5, 38121 Trento Tel. +39 0461 492803 - 492846 Fax +39 0461 492809 e-mail: [email protected] www.buonconsiglio.it 60 Sono stati degli scienziati a sciogliere un annoso dubbio sollevato dal massimo esperto del pittore Fernand Léger, l’inglese Douglas Cooper e da altri critici e studiosi d’arte, relativamente ad un dipinto realizzato tra il 1913/14 a lui attribuito e acquisito dalla collezionista Peggy Guggenheim negli anni Settanta. Una piccolissima quantità di tessuto è stato prelevato da un risvolto della tela del quadro, ed è stato inviato al Laboratorio per l’Ambiente e i Beni Culturali (LABEC) di Firenze dove i ricercatori, in collaborazione con i fisici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Ferrara, l’hanno analizzato con la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore. Hanno cioè quantificato la concentrazione di radiocarbonio intrappolato nella tela per risalire al periodo della sua produzione (ovvero alla data in cui sono state tagliate le piante da cui è stata poi tessuta), comparando i livelli di radiocarbonio presenti nel frammento con quelli noti presenti nell’atmosfera durante gli anni del bomb peak, ovvero nel periodo dal 1955 al 1965 quando, nel corso della Guerra Fredda, si verificò un significativo aumento nell’aria del radiocarbonio a causa dei test nucleari. Dall’analisi è risultata presente nel tessuto una concentrazione di radiocarbonio largamente superiore a quella che avrebbe dovuto esserci se l’opera fosse stata autentica. La tela infatti risale con assoluta certezza a non prima del 1959: quattro anni dopo la morte di Léger (1955), che non può quindi essere stato l’autore del dipinto. The fake Léger revealed by a particle accelerator In the end it was up to scientists to unravel a long-standing question raised by the Englishman Douglas Cooper, leading expert on the painter Fernand Léger, and other art critics and scholars about a painting made between 1913 and 1914, attributed to him and acquired by collector Peggy Guggenheim in the 1970s. A tiny piece of fabric was taken from a section of the canvas and sent to the Laboratory for the Environment and Cultural Heritage (LABEC) in Florence, where researchers, in collaboration with physicists of the National Institute of Nuclear Physics in Ferrara, analyzed it using the accelerator mass spectrometry technique. They measured the concentration of radiocarbon trapped in the canvas in order to go back to the period of its production (i.e. the date when the plants used to produce the fabric were cut), comparing the levels of radiocarbon present in the fragment with those known to be present in the atmosphere during the bomb peak years, that is the period from 1955 to 1965, during the Cold War, when there was a significant increase of radiocarbon in the air due to nuclear tests. The analysis detected in the fabric a concentration of radiocarbon much greater than expected if the work had been authentic. The canvas dates back with absolute certainty to no earlier than 1959: four years after Léger death(1955), who cannot therefore have been the author of the painting. 61 Arnold Mario Dall’O Bolzano (…) Il progetto di Arnold Mario Dall’O diventa un punto di vista straordinario sulla realtà attuale proprio perché riesce a cogliere questa dimensione in cui l’attualità delle forme si lega alla memoria collettiva. Still.life assume quindi il significato non solo di una ripresa di un genere artistico fondamentale, ma anche un gioco linguistico attraverso cui si racconta di qualcosa che è ancora vita, che non si è spento del tutto. Dall’O sa anche che l’arte ha questo strano destino, di estraniarsi sempre un pò dalla vita, di isolarsi, ma nello stesso tempo di riuscire a dare eternità al transeunte, a ciò che trascorre o si spegne. Mettendo insieme cronaca e citazione colta, cultura alta e bassa, l’artista sa che, comunque, attraverso la propria arte sta creando un universo in cui tutto ciò che si rappresenta con le sue implicazioni culturali o archetipiche, trova una collocazione. Questo progetto artistico diventa anche un’elaborazione culturale complessa perché porta sullo stesso piano il cadavere anonimo con il memento mori della pittura classica. Silvano Tessarollo Cartigliano (VI) Manuel Pablo Pace Montecchio Maggiore (VI) Adriano Bergozza Bassano del Grappa (VI) Il lavoro è disegnato per tratti, metodicamente, a spicchi di circonferenza che intrecciandosi fanno il chiaroscuro, con un criterio che ricorda molto l’incisione a punta secca. L’impatto è urticante, fastidioso, come se in un momento tragico, solenne, si sentisse un rumore inopportuno e spiazzante deflagrare in un ambiente sacro. Pare quasi di riconoscere la risata goliardica di Gino De Dominicis. Manuel Pablo Pace di pagnolo ha il nome e l’animo, l’origine morale. Spagna che non è terra natia ma è stata per lungo tempo d’adozione, e che ancora, ciclicamente, lo richiama a sé. L’Italia invece é terra di formazione prima (l’accademia di belle arti veneziana, a seguire gli studi di sociologia), di militanza poi (tra i capofila della storica rassegna bassanese Infart, sulle orme della street art dei “beautiful looser”). Le opere che compongono la costante ricerca di Pace non sono facilmente inquadrabili, componendosi di una pittura che rifugge dall’iperrealismo alla Hopper, abbraccia i toni vintage dei manifesti pubblicitari anni Cinquanta, nelle forme ancor prima che nelle tinte, e si nutre dell’ampiezza dei segni onirici. I ritratti, fedeli, calano i soggetti in ambientazioni surreali, in un passato imprecisato, componendo scene di genere dal gap temporale spiazzante. Pace usa la fotografia come punto di partenza nella composizione dei dipinti, o piuttosto attivatore di suggestioni, funzionale a comporre la struttura del lavoro che andrà a sviluppare in seconda battuta (olio, tempera, acrilico, acquerello, matita. Media scelti di volta in volta, in base alle necessità) sovrapponendo differenti tagli, differenti visioni. Nato a Bassano del Grappa (Vi) nel 1946, dove attualmente risiede e lavora, dopo il conseguimento del diploma presso l’Istituto d’Arte di Nove (Vi) e la frequentazione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Adriano Bergozza inizia la sua carriera artistica in un clima segnato dagli avvenimenti politici del ’68, dai quali viene fortemente suggestionato e che lo portano a compiere ripetuti soggiorni a Parigi. Ma rimane sempre forte l’attrazione verso l’ambiente contadino d’origine che lo induce a riflettere su quegli strumenti “da lavoro” adusati e riutilizzati, che lo scultore rielabora nel suo equilibrio-disequilibrio “spirituale” dell’opera a diretto contatto con l’ambiente, in un dialogo serrato tra forma -spazio- volume. Le matrici culturali di Bergozza sin dagli esordi attingono a più diversi campi “concettuali” che coinvolgono lo studio sia della filosofia orientale sia della scultura africana e oceanica, con una serie di disegni e bozzetti di “derivazione surrealista” realizzati a Parigi tra il 1974-75 in occasione dell’esposizione presso il “Salon de la jeune sculpture” al quale partecipa su invito del critico d’arte Denis Chevalier. Questa prima esperienza segnerà profondamente lo scultore nella scelta del materiali quali il legno, il ferro e il refrattario per i suoi primi “racconti geometrici”. Nostra Signora | installazione cm 294L x 338H x 190P, altezza nylon cm 300 ovatta, neve artificiale, terra, cera, resina, acqua, rami, cenere, nylon, ventilatori, carota e ruote di carrozzina - cotton, man-made snow, earth, wax, resin, water, branches, ash, nylon, fans, carrot and baby carriage wheels. The work is laid out as series of lines, segments of a circumference that interweave to create chiaroscuro, with a criterion that is heavily reminiscent of dry-point etching. The impact is stinging, irritating, as though in a tragic and solemn moment we heard an incongruous and unexpected noise explode in a sacred place. In this it seems we can hear Gino De Domenicis’ undergraduate laugh. Manuel Pablo Pace has a Spanish name and soul, he perceives his moral origin as Spanish. Spain is not his homeland, but it was his adoptive country for a long time and still, cyclically, calls him back to itself again and again. Italy, on the other hand, is the land where he was first educated (the Venice Academy of Fine Arts, then the Trento faculty of Sociology), and where he was later an activist (he was among the forerunners of the historic Bassano festival Infart, following the footsteps of the street art of the “beautiful losers”). The works that compose Pace’s constant search are not easy to place, since they consist of a painting style that shuns Hopper’s hyperrealism, embraces the vintage tones of the billboards of the Fifties - in their forms, even more than in their colors - and is nourished by the scope of dreamlike signs. The portraits, faithfully, make the subjects dive into surreal settings, into an unspecified past, composing genre scenes characterised by a startling time gap. Pace uses photography as a starting point while creating his paintings, or rather as a trigger for suggestions, functional to assemble the structure of a work that he will develop at a later stage (oil, tempera, acrylic, watercolor, pencil - means that were chosen each time, depending on the need of the moment) by overlapping different sections, different visions. Adriano Bergozza was born in Bassano del Grappa (Vicenza) in 1946 where he still lives and works. He got his “diploma” by the Istituto Statale d’ARTE of Nove (Vicenza) and then he attended the Accademia delle Belle Arti in Venice. He started his artistic career in the particular atmosphere characterized by those 1968 political events which had a strong appeal on his art and brought him to various trips to Paris. Yet, his attraction to his rural origin is always present in his art; he uses and “reflects” on traditional working tools in his revision of spiritual equilibrium-disequilibrium, in direct contact with nature, in a tight dialogue between fonn, space and volume. Bergozza started his career drawing from different intellectual sources; from the study of the Oriental philosophy to the African and Oceanic sculpture. He also produced a series of surrealistic sketches between 1974 and 1975 exhibited at the Salon de la Jeune Sculpture in Paris, at the invitation of the art critic Mr. Denis Chevalier. This first experience strongly influenced the sculptor in his choice of materials such as wood, iron and refractory used for his first “Geometrical Stories”. Monica Marioni Dueville (VI) Sasha Torrisi Marostica (VI) Arte come suggestione, emozione, sperienza Si è chiusa lo scorso 31 marzo REBUS, l’ultima personale milanese di Monica Marioni, artista di Dueville di stanza nel capoluogo lombardo da un paio d’anni. Il Museo Fondazione Luciana Matalon ha accolto con grande favore di pubblico le sedici opere materiche, enigmatiche nel loro comporsi di grafica e lettering, portatrici di un segreto crittato. Ne sono protagoniste figure che sembrano affiorare dalla storia dell’arte o dalle tavole di un fumetto d’autore per descrivere una modernità liquida e inafferrabile, dove dominano i tic e le ossessioni della cultura urbana. Marioni da sempre nutre un forte legame con i materiali, che si traduce nella densa matericita’ della sua figurazione. Ma considera altresì i diversi media artistici come pennelli diversi, ognuno adatto a veicolare ora una contenuto, ora un’altro. Tra i suoi progetti: EgO, evento collaterale alla 53esima Biennale D’Arte di Venezia; Ninfe, presentato a Vicenza per iniziativa della Fondazione Vignato per l’Arte; IO SONO, allestito a Milano presso Fondazione Stelline, con la curatela di Vittorio Sgarbi e Oliver Orest Tschirky; REBUS, in quattro sedi tra le quali il Chiostro del Bramante a Roma e Fondazione Matalon a Milano. REBUS, the last solo show by Monica Marioni, closed last March 31. The Dueville-born artist has been living in Milan for the past couple of years; the Museum Foundation Luciana Matalon has warmly welcomed the wide audience for sixteen mixed media works, enigmatic in their composition made by graphics and lettering togheter, which hide an encrypted secret. The subjects seem to emerge from art history or from a comic strip to describe a liquid and elusive modernity, dominated by tics and obsessions of urban culture. Marioni has always felt a strong bond with the materials, resulting in the dense matericity of her figuration. But she also consider the different artistic media as different brushes, which suite a content or another. Among her projects: Ego, a collateral event of 53rd Venice Biennale; Ninfe, on show in Vicenza by Vignato Foundation; IO SONO, held in Milan at Stelline Foundation, curated by Vittorio Sgarbi and Oliver Orest Tschirky; REBUS, exhibited in four locations including the Cloister of Bramante in Rome and Matalon Foundation in Milan. Le opere fluo di Sasha Torrisi illuminate con lampade Wood si trasformano in viaggio sensoriale. Cantante del celebre gruppo "Timoria", oggi è anche uno degli esponenti della corrente NewPop; dipinge in acrilico con potenti pennellate fluo. Le sue opere trasformano la quotidianità in un'esperienza alternativa, una dimensione quasi fumettistica. Sasha rappresenta in chiave antinaturalistica il quotidiano, portandolo alla sintesi estrema, rievocando le soluzioni formali apprese dal suo maestro Marco Lodola. L'incontro con Lodola, avvenuto negli anni '90, è di grande ispirazione. Il giovane artista inizia a sintetizzare l'immagine fino a renderla semplice, efficace, immediata e si nutre di una nuova linfa vitale: il sentimento evocativo, simboleggiato e sottointeso, porta uno straordinario dialogo tra ricerca formale e contenutistica. Torrisi affida un ruolo prioritario alla linea nitida e decisa, pronta a raffigurare spaccati di vita istantanea: viaggi, incontri, musica. Il suo lessico si nutre del linguaggio Pop, spingendosi poi verso un senso di irrealtà supportato da una fresca carica emotiva. Il valore suggestivo-espressivo del suo cromatismo, che lascia ai colori fluo solo alcuni dettagli, rende Sasha Torrisi un protagonista assolutamente unico della Pop Art italiana. Dentro le sue opere si celano simbolismi in bilico tra sogno e realtà, messaggi di tipo etico-sociale e una forte propensione onirica che cosÏ rielaborati, trasformano la vita in arte, emozione, esperienza. (…) This particular project is a complex cultural performance, since it juxtaposes the anonymous corpse with the memento mori of classical painting. But isn’t that what we ask of contemporary art? that it help us view the present world through different eyes and connect what we see with what came before us? Death is not a fact that our media world amplifies and ultimately banalises by image-overkill, but something that connects the individual to the community. Likewise – and Dall’O’s works illustrate this – ways of dying (how living beings take on symbolic form) map the precise boundary between nature and culture. A polarity that embraces everything and invariably comes out in favour of the latter. Dying is a cultural event, which is why art has appropriated it and given it permanent form, the substance of eternity, which means transcendence. The biological fact is absorbed by mourning, memory and a glimpse of what happens next. Disegno semplice cm 210x200 disegno a grafite su carta Fabriano - drawing in graphite on Fabriano paper Arnold Mario Dall’O Silvano Tessarollo Manuel Pablo Pace Adriano Bergozza Monica Marioni Sasha Torrisi www.arnoldmariodallo.net e-mail: [email protected] www.silvanotessarollo.it e-mail: [email protected] www.deliriohouse.com www.atikom.net e-mail: [email protected] e-mail: [email protected] www.monicamarioni.com www.facebook.com/marionimonica [email protected] www.sashatorrisi.it 62 di - by Petra Cason di - by Alessandra Pellizzari Sasha Torrisi follows the big movement Pop Art representing daily life and changing it in art, experience, emotion. His paintings infact show complete adherence to the pop dictionary, flattening the shapes and the chromatic choices; subjects come out from nature but are decontextualized. Sasha assigns a leader rule to the "line", sharp and firm, representing real life brief and fugitive with the same playing soul of his maestro Lodola. The young artist catches real things and emotions and makes them paints using the Pop art language: images assume a symbolic character, taken out of the real world, between dream and truth. 63 Bassano del Grappa (VI) Bassano del Grappa (VI) Silvia Berton Irma Paulon Asolo (TV) Constantin Migliorini Alessandra Lazzaris Gorizia In più circostanze Bergquist ha affermato: «Ogni quadro deve essere una preghiera», aggiungendo la celebre affermazione di Goethe secondo cui l’artista deve lavorare, non parlare. Egli, pertanto, quando si accinge a concepire un’opera, oltre a sviluppare una fase di preparazione analoga a quella messa in atto dal pittore di icone, mediante pratiche consone al loro compimento, si induce parimenti in uno stato di concentrazione molto simile a quello che si richiede e si raggiunge nello stato orante. Lo scopo di tale concentrazione è il raggiungimento di un’energia, di una forza da trasmettere all’opera. Tra le pratiche della concentrazione, talune sono suscitate dal fascino stesso delle tecniche da impiegare nell’elaborazione della tavola lignea che mutua la forma e la struttura dall’icona antica: la scelta del legno, la preparazione della tavola, la stratificazione delle materie sovrapposte ad essa, il riscaldamento delle colle, la stesura del colore a encausto, tutto concorre a incrementare la volontà di riversare sul supporto preparato l’energia e le forze interiori con le quali si intende far venire alla luce l’immagine auspicata. Negli scatti di Silvia Berton, le figure poserebbero sfregando i margini, sulla trasparenza dei toni. Le persone si frequentano anche nelle loro ammucchiate. Noi immaginiamo che l’amplesso sia una grande carezza, sulla spiritualità (e quindi freddamente). Dentro le ammucchiate, le braccia a pale volteggeranno, molto più soavemente, oltre lo scudo dello spasmo (dove “ci si sbatte” per il piacere). Spesso la profondità visiva diventa incerta, fra gli avvallamenti (boschivi o sabbiosi). La figura in primo piano avrà una centralità smussata, lasciando che il colore si sfreghi nel vortice d’un buco nero. Silvia Berton ama le trasparenze più algide. Il nostro sguardo andrà ad accarezzare l’intimità del colore. La purezza del bianco si rivolterà, come a marcirla nell’avorio. Le figure spesso ci danno le spalle, confermando che noi le palperemo (per conoscerne l’intimità, nascosta in profondità). Il nostro sguardo ruoterà dalla schiena al ventre, volteggiando sul buco nero dello spasmo (prima d’esserne rapiti). Silvia Berton inquadrerà la figura scartata, sfregati i suoi margini verso l’assolutezza. La figura centrale, smussata la simmetria, poi calerà in profondità, come una coltre da palpare (a marcirne la lucentezza). Le gambe o le finestre in sequenza faranno da scudo, per il lancio del nostro sguardo, fra gli avallamenti d’un buco nero sull’intimità. Silvia Berton inquadra gli elementi rampicanti, crescenti in un continuo risalto. Figures pose rubbing the margins on transparency of tones in the shots of Silvia Berton. People hang out also in their groupings. We imagine sexual intercourse as a great caress on spirituality (hence, we think about it coldly). Though far more suavely, inside a grouping arms spin like blades beyond the realm of spasm (where one is “banged” for pleasure). Visual depth often becomes uncertain among hollows (either woody or sandy). The figure in the foreground will have a smoothed centrality, which will allow the colour to rub within a black hole’s vortex. Silvia Berton loves icy transparencies. Our gaze will stroke the very intimacy of colour. The purity of white will revolt as if rotting in ivory. Figures are frequently giving us their backs, possibly confirming that we shall touch them (in order to become acquainted with their deeply hidden intimacy). Eventually, our gaze will turn from the back to the womb while twirling upon the black hole of spasm (before becoming captivated by it). Silvia Berton will frame the discarded figure, its margins rubbed towards absoluteness. Once its symmetry is blunted, the central figure will then descend in depth like a blanket to touch (rotting its shininess). The legs or windows in sequence will act as a shield for launching our gaze between the hollows of a black hole on intimacy. Silvia Berton frames climbing elements that rise in continuous emphasis. “Cos’è l’arte? L’arte è una strada. Oppure è la strada? In quasi un decennio di sperimentazione posso dire che la mia vita senza l’arte è impensabile. La passione è il motore che mi muove. L’arte si è presa cura di me, permettendomi di attraversare porte presenti e invisibili. L’arte mi spinge a cercare connessioni di senso e a creare legami. L’arte mi accompagna in strade sempre nuove, che percorro con la gioia nel cuore. Viviamo in un’epoca densa, in cui gli eventi ci sorpassano, rapidi. Non li possiamo controllare, ma quando accadono, l’artista è già lì.” Nei dipinti di Constantin Migliorini il corpo è intersecato dalla psiche, la materia è filigranata dall’anima e dai suoi fantasmi. I dipinti di Migliorini sembrano quasi una galleria di antenati in senso darwiniano, di archetipi animali che l’uomo si porta dentro e dietro, leggibili fra le righe, le pieghe, le rughe dei volti e delle schiene. Tanto sfoggio di animalità non nasconde la tragedia di una inconscia, freudiana, incontrollabile bestialità. Non a Darwin rimanda l’arte di Constantin, ma alle fiabe. Si tratta di un immaginario poetico nel quale lupi, maiali e diavoletti provengono dalle eteree regioni dell’infanzia. È un’infanzia che deve più alla fantasia dei fratelli Grimm ma vi si coglie anche qualcosa di piacevolmente gioioso, di scherzoso, di leggere presenze fantasmatiche. E che cos’è un fantasma se non la proiezione eterea di una materia che, in un processo chimico e di sublimazione, diventa aria? Ecco chi è Constantin Migliorini: un acchiappafantasmi, un ghostbuster. Le figurine zoomorfe ci svelano favole, ci narrano di quel fanciullino che secondo Platone parla dentro di noi, facendo capolino fra le rughe dei volti, nei lampi degli occhi, nelle pieghe delle bocche. Da sempre il materiale d'elezione della ricerca di Alessandra Lazzaris è la ruggine, processo di ossidazione del ferro, emblema del fluire del tempo che tutto corrode, ma anche della memoria, segno della storia fluita. L'artista cerca di "addomesticare" questo processo, inducendolo artificialmente, ma affidandosi anche sempre al caso, considerata l'impossibilità di gestire il processo d'ossidazione negli anni. Il tempo, per il tramite della ruggine, è la vera questione centrale di questa ricerca, ancor più nei lavori più recenti realizzati dalla Lazzaris, le Sindoni (2012) presenti qui in mostra. Queste nuove opere sono tecnicamente degli "strappi" di lavori vecchi di circa una decina d'anni, che fungono da matrici. Queste matrici, sulla cui superficie l'acido ha agito per anni, sono caratterizzate da un alto strato materico: l'artista vi stende sopra tessuti imbevuti di colla per strapparli poi, più volte. Da una sola matrice nascono tanti strappi, diversi tra loro perchè ciascuno ha portato con sè un preciso strato di ruggine, dalla superficie sempre piùin profondità. Le Sindoni vengono poi esposte in ordine cronologico, testimonianza del tempo: da un lato del processo di ossidazione del metallo negli anni, dall'altro dello "scavo" compiuto, strappo dopo strappo, dalla Lazzaris, che lavora fino a riportare la lastra di metallo quasi allo stadio di integrità originale. Mats Bergquist On more than one occasion, Bergquist has argued that ‘Each painting must be a prayer’, adding a famous quote by Goethe according to which the artist should work and not talk. Therefore, when he sets about to create an artwork, besides developing a preparatory phase similar to that of the painter of icons, and through practices appropriate to the work’s fulfilment, he also induces himself into a state of concentration very similar to that required and achieved in the state of prayer. The purpose of such concentration is the attainment of energy, of a strength that is transmitted to the artwork. Some concentrative practices are aroused by the very same mystique of those techniques employed in the elaboration of the wooden board that mutates the form and structure of the ancient icon. The choice of wood, the preparation of the board, the stratification of the other materials superimposed on it, the warming up of glues, the encaustic application of colour: everything contributes to increasing the will of flowing energy and generating the interior strength capable of giving birth to the desired image over the already prepared medium. “What is art? Art is a way. Or maybe the way? In almost ten years of experimentation I can say that without art my life would be unthinkable. Passion is my driving force. Art took care of me, by allowing me to go through present and invisible doors. Art pushes me to look for reasonable connections and to create links. Art accompanies me in new directions, that I go through with the joy in my heart. We live in a dense era, where the events surpass us, rapidly. We can’t control them, but when they occur, the artist is already there.“ In Constantin Migliorini’s pictures the body is intersected by the psyche,the matter is filigreed by the mind and its ghosts.The anthropomorphic image splits in two and multiplies in a zoomorphic hall of mirrors. The human representation is not directly overturned and complicated. On the contrary, the conventions of visual perception are apparently maintained. I observe Migliorini’s paintings with fascination, as if it were a gallery of ancestors in a Darwinian sense, archetypal animals which we carry inside and on our backs, readable between the lines, between the folds, the wrinkles of our faces and of our backs. I observe them yet I am not disquieted by them.I know the reason why: such a pompous parade of animality does not hide the tragedy of unconscious,uncontrollable Freudian bestiality. Constantin’s art does not remind me of Doctor Freud. It reminds me of fairy tales.In his poetical imagery little devils, wolves and pigs come from the ethereal and fairy-like regions of the Orcs of our childhood. A childhood which is more indebted to Jacob and Wilhem Grimm’s imagination than to Doctor Freud’s perverse polymorphism. I discern something agreeably joyful here, slightly playful, because I am in the presence of ghosts’ lightness. What is a ghost? Nothing but the ethereal projection of a matter which, in a chemical and psychoanalytical process of sublimation, turns into air. So this is Constantin Migliorini. I have had my own epiphany at last:he is a ghostbuster. Thus the zoomorphic figurines reveal fairy-like biographies, they become the diaries of those bodies that tell us of the inner child that in Plato’s opinion speaks to us all, peeping between the folds of our mouths, in our eyes’ flashes, between the wrinkles of our faces. Ballerina | 2013 Olio e vernici su lamiera cm 100 x100 Paolo Patelli Villa Contarini (PD) Since ever Alessandra Lazzaris works with the rust, the iron oxidation’s final product. This is her favorite material, sign of the flow of time, but simultaneously sign of the memory, of the trace of the past history. The artist attempts to “domesticate” this oxidation process, inducing it artificially; at the same time, however, she has to put her work into the hands of chance, considering the impossibility to completely control the oxidation process itself during the years. In this way time is, by the mediation of the rust, the main subject of Lazzaris’ research. This is even more true in the last works realized by the artist, titled Sindoni (“Shrouds”, 2012). These works are, from a technical point of view, some kind of rips of old works, used as a sort of stencil. On the surface of these old stencils the oxidation worked for years, creating an high rust’s layer. The artist covers this surface with glued textiles to tear them off in a second moment, repeating this operation many and many times. In this way from one only stencil she obtains many shrouds, which are all different because each one takes with itself a precise rust’s layer. These Sindoni are shown in a chronological order, proofs of the flow of the time: firstly they in fact prove the iron’s oxidation process during the years; secondly they show the excavation’s process made by the artist herself, rip after rip, until the surface of the work is not more rusty. di - by Giorgia Gastaldon Dal 28 Giugno antologica Paolo Patelli 1960-2014 Il lavoro di Paolo Patelli, nato in Istria e residente nel Veneto dal 1947, ha sempre privilegiato la pittura e il colore, condiviso questo con la tradizione della pittura veneta, che in Gino Rossi ha inizialmente molto amato. La sua formazione culturale fin dall'inizio si è resa diversa a motivo di viaggi e insegnamenti all'estero,per cui i riferimenti sono semmai alla pittura e letteratura anglosassone (in tempo di globalizzazione ciò sembra assurdo, ma non lo era negli anni Cinquanta). Il gesto fin dall'inizio è stato per lui il modo più diretto per comunicare il senso di una pittura che nasceva dal quotidiano, una lettera scritta per raccontare la vita del pittore, pur essendo impossibile ignorare la storia della pittura. Molti dubbi ha sempre suscitato in lui il fatto che il quadro perdesse ogni giorno di più la sua unicità, la sua aura, la traccia del segno dell'autore, essendone delegata l'esecuzione agli assistenti o alle macchine. E pure il fatto che le crescenti esigenze del mercato spingessero i pittori a trovare e conservare una cifra di riconoscimento, una ripetitività che non poteva che cancellarne il vero valore espressivo. Una personale motivazione era di uscire dalla tradizionale geometria del quadro-finestra, del rettangolo, per applicare il pigmento a forme organiche e originali, o moltiplicare gli oggetti dipinti in insieme complessi. The work of Paolo Patelli, who was born in Istria but has lived in the Veneto region since 1947, has always focused on painting and colour, a preference it shares with the tradition of Venetian painting, and which he particularly loved early on in the work of Gino Rossi. From the very start his cultural education was shaped in a different direction by his travels and his teaching abroad, so that his influences tend to derive from Anglo-Saxon painting and literature (this seems rather absurd in the era of globalization, but it wasn’t in the 1950s). From the very beginning, he considered gesture as the most direct way to convey the meaning of painting grounded in every-day life, a letter written to describe the life of a painter, though the history of painting could not be ignored. Much doubt was raised in his mind by the fact that painting seemed to be progressively losing its uniqueness, its aura, the trace of the author’s hand, as its execution was delegated to assistants or machines. And by the fact that the growing needs of the market led painters to seek and cultivate a recognizable style, a repetitive quality that could not help but mitigate its true expressive value. A personal concern was to abandon the traditional geometry of the painting-window, the rectangle, and apply the pigment to original organic forms, or to multiply the objects he painted into complex groups. Mats Bergquist Silvia Berton Irma Paulon Constantin Migliorini Alessandra Lazzaris Paolo Patelli e-mail: [email protected] www.matsbergquist.com Cell. +39 346 8555 368 e-mail: [email protected] www.silviaberton.blogspot.com [email protected] www.irmapaulon.com www.constantinmigliorini.com e-mail: [email protected] Villa Contarini, Via Luigi Camerini 1 35016 Piazzola sul Brenta (PD) www.paolopatelli.it 64 65 Claudia Steiner Venezia Claudia Steiner, artista austriaca vive da molti anni in Italia; ha studiato a Vienna e a Venezia, dove si è diplomata in Belle Arti. Partita dalla pittura, e da una prolungata dedizione al disegno quasi classico, che non ha mai abbandonato, ha dapprima con tecnica originale prodotto dei grandi quadri figurativi su vetroresina, con notevole successo, tecnica che ha dovuto abbandonare per la sua tossicità, poi progressivamente si è dedicata ad assemblages, fotografia, installazioni, tutto collegato da pittura e disegno. Negli ultimi anni si è accostata con grande intensità alla ceramica, con pezzi singoli (la mano, il busto, la bocca, il piede) poi estesi in installazioni anche di grandi dimensioni, composti da mani in diversi atteggiamenti legate da un filo rosso. Intende però continuare a dipingere e soprattutto a disegnare. Ha partecipato alle Fiere di Francoforte, Zurigo, Bologna, Verona; sue opere sono state esposte nei musei di Edinburgo, Kingston, Lituania,Palazzo Mocenigo, Scontrone, e alla Kunstverein di Karlsruhe. Ha realizzato opere pubbliche a Villach, Klagenfurt e Feistritz an der Drau. Claudia Steiner is an Austrian artist who has been living in Italy for many years. She studied in Vienna and in Venice, where she earned her degree in Fine Arts. She began her career with painting, and a long-lasting dedication to almost-classical drawing which she has never abandoned, before developing an original technique with which she produced large figurative paintings on fiberglass that were remarkably successful. Forced to abandon this technique which she discovered to be toxic, she progressively focused her work on assemblage, photography, and installations, all connected by painting and drawing. In recent years she has worked intensely with ceramics, creating individual pieces (hand, torso, mouth, foot) that later grew into installations including some at large scale, in which hands in various positions are all connected by a long red string. But she intends to continue to paint and especially to draw. She has participated in the Art Fairs of Frankfurt, Zurich, Bologna and Verona; her works have been exhibited in museums in Edinburgh, Kingston, Lithuania, Scontrone, Palazzo Mocenigo in Venice, and the Kunstverein in Karlsruhe. She has created public works for Villach, Klagenfurt, and Feistritz an der Drau. Svetlana Ostapovici Giorgio Celiberti Udine Svetlana Ostapovici nasce a Ribnita, repubblica di Moldova, nel 1967, dal 1999 si trasferisce in Italia dove vive e lavora. Fotografia, installazioni, pittura, mosaico, sono i mezzi espressivi utilizzati per le sue ricerche. Partecipa a tre Biennali di Venezia, nel 2007, 2009 e 2011. Alla 54° edizione è presente all’evento collaterale “Round The Clock” a cura di Martina Cavallarin, a “Free Port of Art” Trieste ed a “Pain…Thing” nuovamente a Venezia. Ha partecipato a mostre collettive di rilievo come “La Costante Cosmologica” presso la Fondazione Rocco Guglielmo, al Festival d’Arte Contemporanea Tina B Praga, a “Rolli Days” Genova, a “The Great Seven” Las Vegas, a “Fotografia Europea”. Al “Premio Terna 03” è finalista, come pure al premio “Ecoart Project 09”. E’ presente in fiere internazionali come Fotofever Parigi, 16° Sofa Chicago, Art Palm Beach e Milan Image Art Fair Milano. Per ultimo, da dicembre 2011 a febbraio 2012, una grande personale: “In/NATURA/ le” a cura di Gianluca Marziani presso Palazzo Collicola - Museo Caradente Spoleto ha condensato tutto il suo percorso artistico fino ad oggi. Una vita per l’arte Giorgio Celiberti è un giovane artista d’altri tempi. Colui che tutti immaginiamo davanti alla tela con colori e pennello immerso in una specie di trance in cui è il gesto creativo a dominare. Giorgio è un artista giovane perché ama ancora conoscere, scoprire e sperimentare con le più svariate tecniche, dalla pittura alla scultura, dalla ceramica alla grafica, dal vetro all’oreficeria, lavorando incessantemente nel suo grande studio inondato di luce dove conserva tutto ciò che gli serve per lavorare. Fogli di carta pieni di appunti, strumenti per lavorare l’argilla, pennarelli, malte e molto altro ancora. Dalle opere su tela esposte alla Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma e nei più prestigiosi musei e gallerie italiane ed estere, negli ultimi anni si dedica con maggior impegno alla scultura che affianca il suo lavoro di pittore già dagli anni Sessanta, oggi in particolar modo la sua arte entra a far parte di significativi progetti legati all’architettura e al design come la realizzazione, su progetto dell’architetto Alessio Princic, della facciata di Palazzo Piani a Gradisca d’Isonzo (Ud) o la produzione di una serie di elementi d’arredo per la ditta Midj di Cordovado (Pn). Nuovi traguardi lo attendono: a cura di Giovanni Granzotto una personale a Ravenna presso il Museo d’Arte Moderna, un’esposizione a New York e una al Vittoriano di Roma. Svetlana Ostapovici is born in Ribnita, Republic of Moldova, in 1967. She moved to Italy on 1999, where she lives and works now. Photography, installations, painting, mosaic are the means of expression she used for her researches. She takes part in three Biennale of Venice, on 2007, 2009 and 2011. At the 54th edition she attends the collateral event “Round the Clock” cured by Martina Cavallarin, the “Free Port of Art” on Trieste and the “Pain…Thing” on Venice again. She took part in important collective art exhibitions as “The Cosmological Constant”, at the Rocco Guglielmo Foundation, in Tina B Contemporary Art Festival on Prague, in “Rolli Days” on Genoa, in “The Great Seven” on Las Vegas, in “European Photography”. She is finalist at the “Terna Prize 03”, as well as at the “Ecoart Project 09” prize. She is present at international fairs as Fotover Paris, 16th Sofa Chicago, Art Palm Beach, Milan Image Art Fair in Milan. Lastly, from December 2011 to February 2012, a great solo exhibition: “In/ NATURA/le”, cured by Gianluca Marziani at the Collicola Palace, Caradente Museum, in Spoleto, condensed her whole artistic path till today. Opera Estate Bassano del Grappa (VI) A life for art Giorgio Celiberti is a young artist of other times. One who all imagine in front of the canvas with colours and brush absorbed in a kind of trance in which it is the creative act to dominate. Giorgio is a young artist because he still loves to know, to discover and to experiment with the most varied techniques, from painting to sculpture, from ceramics to graphics, from glass to goldsmith’s art, incessantly working in his great study flooded of light where he keeps all that need to work. Sheets of paper full of notes, tools to work the clay, felt-tip pens, mortars and still more. From the works on canvas exhibited at the Venice Biennale to the Quadriennale in Rome and the most prestigious Italian and foreign museums and galleries, in the last years he is devote with great appointment to the sculpture who has already been placing side by side with is job of painter from the Sixties, today in particular his art enters to belong to meaningful tied up architecture projects and the design, as the realization, on project of the architect Alessio Princic, of the façade of Building Piani in Gradisca d’Isonzo (Go) or a production of a series of furniture elements for the firm Midj of Cordovado (Pn). New achivements wait him: edited by Giovanni Granzotto a personal in the Museum of Modern Art in Ravenna, an exhibithion in New York and one at the “Il Vittoriano” in Rome. Teatro Goldoni Venezia Dal 1 luglio al 31 agosto a Bassano del Grappa e nelle città palcoscenico del festival Anche i teatri comunicano con AreaArte Operaestate Festival Veneto torna per la sua 34° edizione a Bassano del Grappa e nelle altre città palcoscenico con oltre 300 serate di spettacolo in due mesi, attraversando una pedemontana veneta ricca di luoghi pregni di arte e di storia. Artisti da ogni parte del mondo, produzioni che spaziano dal teatro all’opera, dalla danza alla musica, al cinema d’autore, a testimoniare la cultura come presidio irrinunciabile di un territorio che crede ancora nell’arte e nella bellezza. Il cartellone 2014 racconta di un festival capace di evolversi nel tempo, di raccontare puntualmente la contemporaneità e i suoi mutamenti incessanti. Un oggi complesso da ogni punto di vista, dove riuscire a sviluppare arte e cultura è impresa ardua, che richiede coraggio, impegno e determinazione. L’intero programma del festival verrà presentato mentre state leggendo queste righe, intanto due anticipazioni di eventi clou di quest’edizione: il 23 luglio al Castello degli Ezzelini “Tito Gobbi” di Bassano del Grappa, una delle più importanti compagnie europee di danza la SCAPINO BALLET di ROTTERDAM (Olanda) con una prima nazionale Pearl. Danza al più alto livello, costumi mozzafiato e musica di Vivaldi, eseguita dal vivo dal Combattimento Consort, uno dei più prestigiosi ensemble di musica barocca. Un successo clamoroso e un tour europeo da tutto esaurito. Romanticismo, splendore, seduzione, ma anche decadenza e degrado sono gli elementi che il coreografo Ed Wubbe esalta in Pearl. Il tutto completato dai costumi spettacolari, una vera festa per gli occhi. L’altro appuntamento da non mancare è con una delle compagnie più amate dal pubblico mondiale, i MOMIX, che tornano al PalaBassano l’1,2, e 3 agosto a presentare il nuovo spettacolo Alchemy, ultima affascinante creazione del geniale Moses Pendleton. Sorpresa, sfide acrobatiche, mirabolanti creazioni illusionistiche, magie psichedeliche sono solo alcuni degli elementi che i danzatori-acrobati portano in scena in uno spettacolo multimediale ispirato alla magia dell’alchimia. Per la prima volta il Teatro Goldoni di Venezia presenta al pubblico la stagione estiva Goldoni Experience. Affresco veneziano, un nuovo spettacolo di Giuseppe Emiliani che porta sul palco alcune scene tratte da varie opere di Carlo Goldoni che raccontano momenti di vita quotidiana nella Venezia del Settecento (Una delle ultime sere di carnovale, Le massere, La bottega del caffè, La putta onorata, Le donne gelose, Il campiello…). Lo spettacolo, portato in scena da un cast di giovani attori veneti motivato e affiatato, è un vivace affresco teatrale e un doveroso omaggio di Venezia e del Teatro Stabile del Veneto a un autore così legato alla “intima sincerità del Teatro” e alla “verità del Mondo” che trasformò la scena in un terso specchio in cui ogni volto trova la sua verità ed ogni personaggio del suo mondo e della sua epoca ritrova la sua eco. Informazioni e prevendita on line sul sito www.operaestate.it The Theatres communicate with AreaArte too di - by Eliana Bevilacqua Claudia Steiner Svetlana Ostapovici Giorgio Celiberti Opera Estate Teatro Goldoni www.claudiasteiner.eu www.svetlanaostapovici.it www.giorgioceliberti.it www.operaestate.it San Marco 4650/b, 30124 Venezia Centralino: +39 041.2402011 Biglietteria: +39 041.2402014 e-mail: [email protected] www.teatrostabileveneto.it 66 67 Teatro La Fenice Venezia Teatro Sociale di Rovigo Rovigo Teatro Comunale di Thiene Thiene (VI) Teatro Olimpico di Vicenza Vicenza Teatro Verdi Padova Teatro di Treviso Treviso Festival «Lo spirito della musica di Venezia» 27 giugno - 27 luglio 2014 Concorso Internazionale per Cantanti Toti Dal Monte Sabato 28 giugno 2014, ore 17.00 Dal 27 giugno al 27 luglio si terrà la seconda edizione del Festival “Lo spirito della musica di Venezia” realizzato dalla Fondazione Teatro La Fenice con la Regione del Veneto, il Comune di Venezia e la Camera di Commercio di Venezia, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali. “Facendo cultura, civiltà diverse si incontrano e dialogano”, attraverso questa linea guida, sottolineata dal Sovrintendente Cristiano Chiarot, il Festival offrirà un ampio e variegato programma di eventi, articolati in diverse sezioni: Opera, Danza, Musica sinfonica a Palazzo Ducale, Orchestra Barocca, Venezia e la Francia, Vivaldi Millennium, Musica Contemporanea. Particolare è l’attenzione agli spazi teatrali e non della città, che costituisce uno degli elementi fondanti del festival, così gli spettacoli si snoderanno dalla Fenice al Cortile di Palazzo Ducale, (che ospiterà un concerto il 9 luglio diretto da Diego Matheuz; e uno il 12 luglio diretto da John Axelrod)., tra splendidi palazzi e antiche chiese, come se Venezia fosse un unico, immenso teatro. Aprirà il Festival una nuova produzione di The Rake’s Progress (La carriera di un libertino) di Igor Stravinskij, con la regia di Damiano Michieletto e la direzione di Diego Matheuz, tra i molti appuntamenti andrà in scena la prima in tempi moderni dell’Eritrea di Francesco Cavalli, con la direzione di Stefano Montanari e la regia di Olivier Lexa, verrà dato ampio spazio ai rapporti tra Venezia e la musica francese, si terranno concerti dedicati alla musica barocca e contemporanea, incroci musicali tra civiltà diverse, con eventi quali la prima mondiale di Hôtel Europe di Bernard-Henri Lévy interpretata dall’attore francese Jacques Weber con la regia di Dino Mustafic, senza dimenticare la danza sia classica che contemporanea. Ai moltissimi eventi si aggiungeranno un omaggio al compositore e cantante veneziano Pino Donaggio, un concerto di Paolo Conte organizzato in collaborazione con Veneto Jazz e un recital di Peppe Barra. Sorto nel 1969, per volontà di Antonio Mazzarolli e del soprano Toti Dal Monte, il Concorso Internazionale per Cantanti Toti Dal Monte si impose subito all’attenzione del mondo musicale internazionale per prestigio e singolarità di concezione. Fu, infatti, il primo concorso in Italia e nel mondo ad offrire ai il debutto in palcoscenico negli stessi ruoli dell’opera oggetto del concorso. Il successo dell’iniziativa apparve evidente fin dalla prima edizione tanto che l’Ente Teatro Comunale lo ripropose ogni anno per trenta edizioni. Il Concorso ha premiato fino ad oggi ben 230 cantanti, molti dei quali hanno in seguito intrapreso prestigiose carriere calcando le scene dei maggiori teatri al mondo. Con l’istituzione della Bottega, laboratorio internazionale per giovani cantanti, direttori d’orchestra e maestri sostituiti, creato nel 1989 dal Teatro Comunale di Treviso su idea del Maestro Peter Maag, le sorti delle due realtà si intrecciarono: i cantanti vincitori del Concorso partecipavano alla Bottega che, sul tipo delle “botteghe” rinascimentali, si poneva l’obbiettivo di integrare il momento didattico con la produzione degli spettacoli, superando il diaframma tra preparazione musicale individuale ed inserimento nei meccanismi attivi dello spettacolo. Le opere e i concerti prodotti dalla Bottega venivano presentati nell’ambito dell’Autunno Musicale Trevigiano. A seguito della chiusura del Teatro Comunale, il Concorso dovette subire una sospensione di due anni (dal 1999 al 2000) cui seguì, nel 2001, l’edizione curata dal Teatro Sociale di Rovigo. A partire dal 2002 il glorioso “Toti Dal Monte” è ritornato a Treviso per volontà di Teatri S.p.A., la società strumentale di Fondazione Cassamarca. La XLIV edizione del Concorso Internazionale per Cantanti Toti dal Monte si svolgerà al Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso dal 23 al 28 giugno 2014. L’opera a concorso è La sonnambula di Vincenzo Bellini, che andrà in scena al Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso e al Teatro Comunale di Ferrara. La finale pubblica del Concorso avrà luogo sabato 28 giugno alle ore 17.00 al Teatro di Treviso. Nel 1816 venne costituita a Rovigo la Società del Teatro che, nel luogo dove sino al 1809 sorgeva il convento di S. Maria dei Battuti demolito in seguito alla soppressione napoleonica, individuò l'area più adatta alla costruzione del nuovo edificio. Per il progetto la Società si rivolse a Sante Baseggio, ingegnere rodigino molto apprezzato. Il Teatro della Società aprì al pubblico la sera del 3 marzo del 1819 con "L'ombra di Fetonte, ossia l'omaggio della riconoscenza rodigina" di Sante Campioni, in occasione della visita in città di Francesco I d'Asburgo. L'inaugurazione ufficiale si tenne il 26 aprile 1819 con "Adelaide di Borgogna" di Pietro Generali. Quello che vediamo oggi non è il teatro costruito da Sante Baseggio. Un incendio lo distrusse nella notte tra il 21 e 22 gennaio 1902. L'ingegnere padovano Daniele Donghi elaborò il nuovo progetto interno e mantenne la parte anteriore del precedente teatro, rimasta quasi indenne. Grazie alla decorazione di Giovanni Vianello, semplice, elegante ed ottenuta principalmente con mezzi pittorici, il teatro rodigino fu tra i primi del Veneto ad adottare i canoni dello stile liberty. Il nuovo Teatro Sociale fu inaugurato da Pietro Mascagni, che vi diresse la propria "Iris" il 12 ottobre 1904. Ripresa l'attività, il Teatro di Rovigo seppe tenere sempre alto il prestigio, pur affrontando momenti di grave crisi. Il Sociale può vantare di aver tenuto a battesimo due dei maggiori cantanti del secolo scorso: Beniamino Gigli e Renata Tebaldi. Nel corso degli anni divenne sempre più impegnativo l'allestimento degli spettacoli: solo l'intervento pubblico poté garantire realizzazioni di alto livello. Il Teatro Sociale fu rilevato dall'Amministrazione Comunale che dal 1964 provvede alla sua gestione diretta affidata all'Assessorato alla Cultura e Teatro. E’ “Teatro lirico di tradizione" dal 1967. Oggi ospita seguitissime stagioni liriche, di danza, di prosa, concertistica, un nutrito cartellone jazz e numerose iniziative di spettacolo per giovani. Teatro La Fenice Teatro Sociale di Rovigo Campo San Fantin 1965, San Marco 30124 Venezia Call center Hellovenezia: Tel. +39 041 2424 e-mail: [email protected] www.teatrolafenice.it Piazza Garibaldi 14, 45100 Rovigo Uffici: Tel. 0425 27853 / 21734 Botteghino: Tel. +39 0425 25614 e-mail: [email protected] www.comune.rovigo.it/teatro 68 Si è conclusa la XXXIV Stagione di Prosa, rassegna che conferma l’alto consenso di pubblico alle proposte teatrali della Città di Thiene. Lo spettacolo della Stagione più gradito, votato con un lusinghiero 8,8 di valutazione, è stato Elephant Man regia di Giancarlo Marinelli riduzione teatrale del romanzo biografico The Elephant Man and Other Reminiscences scritto da Sir Frederick Treves con Ivana Monti, Debora Caprioglio, Giorgio Lupano e Rosario Coppolino. Al secondo posto risultano ex aequo, con il punteggio di 8,5, Il Mercante di Venezia di William Shakespeare, sempre diretto da Marinelli e Sogno di una notte di mezza sbornia di Eduardo De Filippo con Luca De Filippo. Tutti gli altri spettacoli hanno ottenuto voti compresi tra 7,5 e 8. I risultati del sondaggio premia con il punteggio di 9,5 il servizio di biglietteria e di accoglienza offerti al pubblico. La Stagione 2013/14 si è articolata in 30 serate di prosa, con 10 spettacoli replicati per tre serate ciascuno e due serate di operetta. Sempre splendido e di varia provenienza il pubblico del Comunale: sono stati 332 gli abbonati di Thiene e 551 quelli provenienti da altri Comuni. Tra questi, 88 gli abbonati provenienti da Vicenza, 4 da Padova, 45 da Schio, 16 da Bassano, 6 da Asiago, 12 da Marostica e poi da Lisiera, Longa di Schiavon, Curtarolo, Castelgomberto, Sandrigo, Recoaro, Riese Pio X, Romano d’Ezzellino, Altavilla, Arzignano e da tanti altri Comuni del Vicentino, compresi da Arsiero a Valdagno, da Quinto a Lusiana, da Bolzano a Sovizzo, per un totale di 53 Comuni tra Vicentino, Padovano e Trevigiano. I giovani hanno potuto avvicinarsi al mondo del teatro grazie alla collaborazione preziosa con il Lions Club di Thiene che, con il progetto “Giovani a Teatro”, ha staccato, anche per questa Stagione, 500 biglietti gratuiti per i 10 spettacoli di prosa per gli studenti del quarto e quinto anno degli istituti superiori. Thiene aderisce al progetto TeatriVi.Vi., rete informale che riunisce i cinque maggiori teatri del Vicentino: Thiene, Bassano del Grappa, Lonigo, Schio e Vicenza e che permette agli abbonati delle varie Stagioni teatrali l’accesso agevolato agli spettacoli ospitati negli altri teatri. Promozione Eventi Culturali del Comune di Thiene Tel. +39 0445 804.745 e-mail: [email protected] Al teatro olimpico tornano i classici. Emma Dante firma la direzione artistica del “67° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza”, in programma dal 17 settembre al 26 ottobre 2014. La regista siciliana, ospite due anni fa di Eimuntas Nekrosius, allora direttore artistico degli Spettacoli Classici all’Olimpico, non aveva nascosto lo stupore e la meraviglia di trovarsi a fare i conti per la sua “Medea” con uno dei luoghi di spettacolo tra i più famosi del mondo, protetto dall’Unesco per la sua stupefacente architettura palladiana e sede di uno dei più antichi cicli teatrali classici. Ora che prende il testimone per questa avventura, alla meraviglia si aggiunge la sfida. “Ho sempre avuto una particolare predisposizione - dice infatti l’artista - alla disubbidienza, soprattutto quando mi misuro con qualcosa di maiuscolo. Io minuscola, davanti all’opera d’arte che è il teatro Olimpico, invece di avere paura, mi faccio prendere da una specie d’incoscienza e azzardo il gioco che mi porta a dialogare con le ombre del passato. Per questo ho accettato l’incarico della direzione del 67° Ciclo di Spettacoli Classici … per la sfida di mettermi a tu per tu con la maestosità della storia e dell’antica e solida presenza di un’eco lontana”. La rivisitazione dei testi classici, e dei valori culturali di cui essi si fanno portatori anche nel mondo contemporaneo, rappresenta infatti un cardine del teatro di Emma Dante che in molti suoi spettacoli, spesso in dialetto siciliano, inserisce elementi, situazioni e personaggi archetipici. Il programma presenta titoli di assoluto valore, a partire dal primo appuntamento, il 17 settembre (con repliche fino al 20 settembre), con la prima assoluta di “Io, Nessuno e Polifemo” della stessa Emma Dante. Tutta la programmazione è on line sul sito www.tcvi.it/it/classici2014. Il Teatro Verdi sorge sull’area del settecentesco Teatro Nuovo, fortemente voluto da una appositamente costituita «Nobile Società del Teatro Nuovo» di cui facevano parte una settantina dei più prestigiosi nomi cittadini. Inaugurato nel 1751 come teatro lirico, dopo poco più di vent’anni comincia ad ospitare anche spettacoli di prosa. A quasi un secolo dalla sua realizzazione subisce una totale ristrutturazione su progetto di Giuseppe Jappelli e riapre nel giugno 1847, secondo nel Veneto dopo La Fenice con l’illuminazione a gas. Un nuovo intervento diventa necessario negli anni ‘80 del XIX secolo ad opera dell’architetto Sfondrini: è questa l’occasione per ribattezzare il teatro, dedicandolo al maestro Giuseppe Verdi. Pesantemente danneggiato da un bombardamento durante il primo conflitto mondiale, è però in grado già alla fine del 1920 di riprendere l’attività: alla riapertura era presente in sala Vittorio Emanuele III. All’indomani della seconda guerra mondiale il Verdi diventa di proprietà del Comune. Ad oltre 250 anni dalla sua nascita, nel pieno centro storico di Padova, il Teatro Verdi colpisce con la sua architettura i padovani e quanti si trovano a passarvi davanti. Con i suoi oltre 700 posti, ripartiti in platea, tre ordini di palco e galleria, e l’importante palcoscenico dotato di graticcio in legno, il Teatro Verdi ospita la stagione di prosa organizzata dal Teatro Stabile del Veneto e, in linea con la sua storia che si intreccia a quella della città e del Veneto, spettacoli di lirica, concerti, balletti, rappresentazioni per ragazzi. Teatro Olimpico Teatro Verdi Teatro di Treviso Piazza Matteotti 11, 36100 Vicenza Tel. +39 0444 327393. e mail: [email protected] Via dei Livello 32, 35139 Padova Centralino: +39 049 8777011 Biglietteria: +39 049 87770213 www.teatrostabileveneto.it Tel. +39 0422 540480 e-mail: [email protected] www.teatrispa.it 69 Abbonati ed investi nella creatività dei giovani* Abbonamento annuale AREAARTE euro 32,00 (4 numeri) AREAARTE n°18 estate / summer 2014 * Per ogni abbonamento, euro 12,00 andranno a favore dei Licei ed Istituti d’Arte del Triveneto sostenuti da AREAARTE Per abbonamenti collegati a www.areaarte.it sezione abbonamenti Per informazioni scrivi a [email protected] 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11 12 13 14 Liceo Artistico “Pascoli” Bolzano (BZ) Liceo Artistico “Walter von der Vogelweide” Bolzano (BZ) Liceo Artistico Merano Merano (BZ) Liceo Artistico “Cademia” Ortisei (BZ) Istituto St. d’Arte “Giuseppe Soraperra” Pozza di Fassa (TN) Ist. Liceo delle Arti “A.Vittoria-Bomporti-Depero” Trento e Rovereto (TN) Liceo Artistico “Leonardo da Vinci” Belluno (BL) Ist. d’Arte St. “Polo della Val Boite” Cortina d’Ampezzo (BL) Ist. d’Arte St. “M. Fanoli” Cittadella (PD) Ist. Sup. GB. Ferrari ISA “A. Corradini” Este (PD) Istituto d’Arte “P. Selvatico” Padova (PD) Liceo Artistico “A. Modigliani” Padova (PD) Ist. d’Arte St. “Bruno Munari” Castelmassa (RO) 15 16 17 18 19 20 21 22 23 22 23 24 25 Liceo Artistico St. Treviso Treviso (TV) Lic. e Ist. d’Arte “Bruno Munari” Vittorio Veneto (TV) Liceo Artistico St. “M. Guggenheim” Venezia (VE)) Liceo Artistico St. Venezia Venezia (VE) Liceo Artistico St. “Boccioni” Verona (VR) Istituto St. d’Arte “G. De Fabris” Nove (VI) Liceo Artistico “U. Boccioni” Valdagno (VI) Liceo Artistico “A. Martini” Schio (VI) Redazione - Editorial Staff Giovanna Grossato Marcello Palminteri Alessandro Benetti Anna Livia Friel Silvia Neri Tazio Cirri Erika Ferretto Marco Stoppa Martina Gecchelin Testi - Texts by Silvia Neri Erika Ferretto Tino Gipponi Anna Livia Friel Tazio Cirri Marco Stoppa Giovanna Grossato Alessandro Benetti Luca Masiello Traduzioni - Translations Intertrad di A. Thaler & C. Snc Largo Parolini, 54 36061 Bassano del Grappa (VI) - Italy Tel. +39 0424 523588 Cell. +39 329 17 10 961 [email protected] www.inter-trad.it Anche il cibo si fa arte Even food can become art di - by Giovanna Grossato 3 L’orrore del domestico. I temibili convivi di Francesco Ardini Domestic horrors. The daunting banquets of Francesco Ardini di - by Silvia Neri 4 Alessandro Rinaldi. Nuovi Orizzonti Alessandro Rinaldi. New horizons di - by Erika Ferretto 8 Angelo Palazzini. La realtà visionaria tra sogni e giocose curiosità Angelo Palazzini. Visionary reality between dreams and playful curiosity di - by Tino Gippon 12 La verità nei dettagli. Acquerelli di Giovanni Giaconi The truth in details. Watercolours by Giovanni Giaconi di - by Anna Livia Friel 18 Le fiabe senza tempo di Mirta Caccaro The timeless tales of Mirta Caccaro di - by Tazio Cirri 22 Paolo Loschi: la consapevolezza dell’attimo Paolo Loschi: the awareness of the moment di - by Marco Stoppa 26 Carla Rigato. Borderline Carla Rigato. Borderline di - by Giovanna Grossato 30 34 I.I.S. “Bartolomeo Montagna” Vicenza (VI) Fotografie - Photos Istituto St. d’Arte “E. Galvani” Cordenos (PN) Public Relation Galleria CIVICA e ADAC. Il MART è anche a Trento Galleria CIVICA and ADAC. MART is also in Trento 38 Progetto grafico - Graphic layout Hartwig Thaler. La pluralità dell’arte Hartwig Thaler. The plurality of art di - by Luca Masiello 42 Web designer VG7 Museo Rossimoda della calzatura Rossimoda footwear museum 46 Stampa - Printing Paolo Bellini a Castel Pergine Paul Bellini in Castel Pergine di - by Tazio Cirri 50 La Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” nella nuova sede di Palazzo della Ragione a Verona The Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” in its new premises at Palazzo della Ragione in Verona 54 Da Vedere To See Editore - Editor 58 Falsarea Falsarea 61 Villa Ca’ Beregane, 3 36061 Thiene (VI) www.areaarte.it info@ areaarte.it Progetto grafico copertina realizzato da Cover by ISFAV Istituto Superiore Fotografia e Arti Visive Via D. Piacentino 14, 35134 Padova www.isfav.it Istituto d’Arte “G. D’Annunzio” Gorizia (GO) Istituto St. d’Arte “E. e U. Nordio” Trieste (TS) Istituto St. d’Arte “G. Sello” Udine (UD) The goal of AREAARTE and its partners is to publicize the value of our artistic and cultural heritage. Our commitment: invest in the crativity of the young Annual subscription euro 32,00 (4 issues) Euro 12,00 will be paid in favour of the schools supported by AREAARTE for every subscription 70 Giovanna Grossato Alda Failoni: L’intimità del passato Alda Failoni: The intimacy of the past di - by Alessandro Benetti Liceo Statale “Celio-Roccati” Rovigo (RO) For subscription, connect to www.areaarte.it subscription section For information write to [email protected] Direttore responsabile - Editor Sommario Contents Nicola Eccher per Alda Failoni Paola Ferretti Andrea Gaspari GRAFICART Arti Grafiche Srl GRAFICART Arti Grafiche Srl Via Boscalto, 27 - Z.I. 31023 Resana (TV) - Italy Tel +39 0423 717171 r.a.- Fax +39 0423 715326 - 715191 www.graficart.it stampato su - printed on “GardaPAt 13KIARA” Cartiere del Garda S.p.a. | Riva del Garda (TN) www.gardacartiere.it Martini Edizioni Anno 5. Numero 18 Registrazione: Tribunale di Vicenza n. 1214 del 19 gennaio 2010 Iscrizione al ROC n. 22289 del 02/05/2012 © 2010 Martini Edizioni, Thiene (VI) In copertina: Arte Sella, Val di Sella (comune di Borgo Valsugana, provincia di Trento) 71 w w w. a r e a a r t e .i t 72