l`eccellenza imprenditoriale di un territorio che, attraverso

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l`eccellenza imprenditoriale di un territorio che, attraverso
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L’ECCELLENZA IMPRENDITORIALE DI
UN TERRITORIO CHE, ATTRAVERSO
L’ARTE E IL DESIGN, TROVA NUOVI
LINGUAGGI DI COMUNICAZIONE E
AGGREGAZIONE
THE ENTREPRENEURIAL EXCELLENCE OF A
LAND WHICH FINDS NEW LANGUAGES FOR
COMMUNICATION AND AGGREGATION
THROUGH ART AND DESIGN
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PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO
Anche il cibo si fa arte
Even food can become art
A
A
Al contrario, «mai come oggi non soltanto a un artista, ma a chiunque svolga un'attività inventiva, è concesso, anzi decisamente richiesto, di slittare tra competenze diverse: si dà forma a un pensiero con il continuo sovrapporsi di fattori”. Le nuove e decisamente
eterogenee “tecniche espressive“ spesso mettono insieme materie
e approcci differenti In ciò si rispecchia la nostra epoca in cui
declina l'idea di storia come insieme sensato e coerente e si tende
a percepire la vita come un flusso elastico, molteplice, dominato
dalla frammentarietà e dal caso.
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Patrocini
Editorial
ngela Vettese ha di recente pubblicato un saggio divertente e
istruttivo dal titolo Si fa con tutto. Il linguaggio dell’arte contemporanea (Laterza 2012). Vi prende in considerazione il radicale cambiamento del linguaggio dell'arte che, in definitiva, riflette
anche il nostro attuale modo di vivere. E non è vero – afferma la
critica- che oggi l’arte non richieda più alcuna competenza tecnica
e che si fondi solo su principi provocatori.
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Editoriale
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A partire da questi presupposti, Angela Vettese riflette non solo su
come siano cambiati i materiali e i linguaggi dell'arte contemporanea, ma sul rapporto di interazione con il pubblico e del ruolo
dell'autore, che sovente non opera più da solo ma insieme ad altri,
non centrando la sua produzione artistica solamente sull'attività
manuale personale ma operando piuttosto come un architetto o un
regista. Così non di rado il fare creativo può anche nascere come
una sorta di eterogenesi dei fini: si parte a fare qualcosa e, alla
fine del processo, se ne ottiene un’altra, del tutto differente (ma
altrettanto valida).
E’ il caso, ad esempio, di una mostra allestita nel padiglione centrale del Drawing Center di NY nel gennaio/febbraio di quest’anno.
Ad esporre non un artista visuale ma il famoso cuoco catalano Ferran Adrià, noto a livello planetario come chef del ristorante “El Bulli”, sulla Costa Brava. In mostra Ferran Adria: note di creatività vi
sono disegni, schizzi, diagrammi, collage, appunti di lavorazione
dai colori più vari dei suoi celebri piatti. Centinaia di fogli utilizzati
dal “maestro” per fissare la sua creatività progettuale in cucina in
quasi trent’anni di attività. Intuizione, visione, ideazione, realizzazione dell’opera esattamente come gli artisti di ogni epoca. Solo
che in questo caso si tratta di manicaretti.
Già nel 2007 “El Bulli” aveva partecipato alla mostra d’arte di
rilevanza mondiale documenta di Kassel. Nel 2008 il cuoco spagnolo aveva tenuto una conferenza all’Università di Harvard (USA)
e nel 2010 annunciava la chiusura di “El Bulli” fino al 2014 per
concentrarsi sulla sua creatività. Ora la mostra Ferran Adria: note
di creatività viene ospitata dal 4 maggio al 31 luglio alla ACE
Gallery di Los Angeles; al MOCA di Cleveland dal 26 settembre
al 18 gennaio 2015, e poi al Minneapolis Institute of Arts dal 17
settembre 2015 al 3 gennaio 2016. Se non è arte!
Giovanna Grossato
ngela Vettese recently published an entertaining and instructive
essay entitled You do it with anything. The language of contemporary art (Laterza 2012). Here she considers the radical change
underwent by the art language, which ultimately reflects our current
way of life. It is not true – say critics - that art today no longer requires technical skills and is only based on provocation.
On the contrary, «today, more than ever, not just artists, but anyone engaged in creative activities is allowed, indeed required, to
shift between skills: you give shape to an idea using continuously overlapping elements”. The new and definitely heterogeneous
“expressive techniques” often put together different subjects and
approaches. And this reflects our own time, in which the idea of
history as a sensible and coherent whole has declined, and we tend
to perceive life as an elastic, multiple flow dominated by fragmentation and chance.
Starting from these assumptions, Angela Vettese reflects not only
on the way that contemporary art materials and languages have
changed, but also on the interaction with the public and the role
of the author, who often no longer works alone but together with
others, basing his artistic production not merely on his own manual
activity and operating rather as an architect or director. And so,
quite often creative work can start out with a sort of heterogeneous
aim: you start by doing something and, at the end of the process,
you end up with something else, entirely different (but just as valid).
That is the case, for example, of an exhibition held in the central pavilion of New York’s Drawing Center in January/February this year.
The work on display was not by a visual artist, but by the famous
Catalan cook Ferran Adrià, renown at planetary level as chef of the
“El Bulli” restaurant on the Costa Brava.
The Ferran Adria: creativity notes exhibition shows drawings,
sketches, diagrams, collages and notes on the preparation of his
famous dishes in various colours. Hundreds of pages, used by the
“master” to fix his cooking design and creativity in nearly thirty
years of activity. Intuition, vision, ideation, realization of the project exactly as for artists of all times. Only, this time, it is delicious
cooking.
In 2007 “El Bulli” had participated in the world renown art exhibition documenta in Kassel. In 2008 the Spanish cook held a conference at Harvard University (USA) and in 2010 he announced that
“El Bulli” would close until 2014 in order for him to concentrate on
his creativity. Now the Ferran Adria: creativity notes exhibition will
be held from 4 May to 31 July at the ACE Gallery in Los Angeles;
at MOCA in Cleveland from 26 September to 18 January 2015 and
at the Minneapolis Institute of Arts from 17 September 2015 to 3
January 2016. If this is not art, then what is?
Giovanna Grossato
3
L’orrore del domestico
I temibili convivi di Francesco Ardini
di S i l v i a N e ri
L
a vita quotidiana nella sua routine e tradizione può
avere risvolti insoliti. Il semplice atto di sedersi a tavola e mangiare su un normale piatto in ceramica bianca
può rivelarsi rassicurante, in quanto atto famigliare, ma anche temibile e pauroso, come ci mostra Francesco Ardini.
Le sue installazioni ricostruiscono ambienti domestici trasfigurati dallo spettro dell’imposizione autoritaria e selettiva
della nostra società contemporanea che ci prescrive canoni, stili e modelli da seguire. Si tratta di tavole imbandite,
sontuosamente apparecchiate con candide stoviglie da cui
escono piccoli mostri del quotidiano, che si insinuano silenti
nei percorsi della tovaglia. L’artista ritrae nelle sue sculture
le proprie paure che abitano gli ambienti domestici in cui
l’abbondanza di cibo crea pressione psicologica sull’individuo, mettendolo in difficoltà nel distinguere cosa è bene e
cosa è male. Televisione e pubblicità, concetto di bellezza
estetica e mondo virtuale fanno parte del nostro quotidiano
e ci inseguono senza sosta. Abbiamo davvero bisogno di
tutto questo? Non ci sentiamo a volte sovrastati, soffocati e
calpestati da bulimici bisogni di sazietà per supplire carenze
interiori che lacerano la nostra anima confusa ed impaurita? Francesco Ardini con la sua opera decide di denunciare
questo sistema fagocitante di bisogni e mancanze, di imposizioni e frustrazioni, per indurre a riflettere, o anche solo ad
osservare. Durante la formazione di architetto all’Università
di Venezia, Ardini si avvicina alla ceramica che trova in Nove (Vicenza) il suo centro di sviluppo storico che ancor oggi
gode di grande prestigio. Divenuto lo strumento deputato a
tale missione controcorrente, l’artista ha investito il suo lavoro di una forte componente emozionale che si fa strada pian
piano, cercando risonanze universali da poter comparare
alla propria esperienza. Le mutazioni e trasformazioni che
viviamo quotidianamente trovano luogo nella casa, identificata nella tavola che dunque si presta ad essere l’ambiente
più intimo e al tempo stesso più universale per l’espressione
di tali concetti. Infatti l’artista è mosso da inquietudini personali che trovano voce nella sua produzione artistica e nella
mise en place di questa serie di loci horridi.
l’ossessione si rivela. La maniacale attenzione nei confronti
dell’immagine è inoltre un altro aspetto che caratterizza fortemente la nostra epoca.
Grazie alla residenza al Guldagergaard, il Centro di Ceramica Contemporanea della Danimarca, è nata l’installazione Volume del Disgusto: di forte impatto scenico, è il
coinvolgimento emotivo che stupisce. La perfetta realizzazione dell’inquietudine domestica dell’artista è resa dall’accumulazione eccessiva di cibo. Vi si trova soprattutto il pollo,
presente sulla tavola di ogni cultura, che diviene metafora
della sovrapproduzione della società. Questa temibile immagine di banchetto infernale è reiterata in Circe, installazione presentata al Jerome Zodo Contemporary di Milano.
Utilizzando l’immagine della maga omerica che aveva il potere di trasformare gli uomini in animali, ognuno secondo la
propria indole, l’artista padovano realizza una complessa
installazione narrativa che espone il gioco crudele tra reale
e virtuale.
Domus Carnea, presentata a Palazzo Botton, Museo della
ceramica di Torino, è un’installazione dai volumi considerevoli: simboleggiando l’eccesso senza fine, vi si ritrovano
elementi già esplorati e ricorrenti nel lavoro di Ardini, a sottolineare i fondamenti concettuali cui la sua opera s’ispira
mettendo il focus su problematiche attuali molto presenti e
sulle quali l’Autore non cessa mai di ragionare, proponendo
le sue visioni. La componente estetica dei lavori di Francesco
Ardini si attua in un equilibrio di forti cromie antitetiche che
si spalleggiano l’un l’altra per creare contrasti evidenti, ma
si attua anche nella coerenza narrativa e nella semplicità
compositiva che fa da contraltare ai tripudi cromatici delle
tavole. Si può quindi affermare che queste ceramiche sono
opere che nascono dall’intimo progetto dell’artista, dalla sua
esigenza di esprimerlo ma anche di indurre gli altri a percorrere ed esplorare questo sentiero. Lo fa, ovviamente, alla
maniera dell’artista: attraverso installazioni e sculture dalle
forme tentacolari che si intrecciano in grovigli inestricabili.
L’uomo moderno si trova nella trappola dell’incanto tecnologico come l’uomo omerico si trova invischiato nell’incantesimo di Circe. Se da un lato la visione della bianca ceramica
rassicura, nel momento in cui viene spezzata, rotta e calpestata, il conforto del suo aspetto decade e viene distorto e
vive e lavora tra Padova e Nove (VI)
www.francescoardini.com
Francesco Ardini
INQUIETUDINE DOMESTICA | 2013
Ceramica smalto bianco lucido - Ceramic, white polished glaze
cm 1,70 x 2.50 x 1,80
INQUIETUDINI FAMIGLIARI | 2013
Ceramica e smalto bianco particolare sedia - Ceramic and white glaze, chair detail
cm 1,8 x 1,50 x 1,50
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INQUIETUDINI FAMIGLIARI | 2013
Ceramica e smalto bianco - Ceramic and white glaze
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Domestic horrors
Zodo Contemporary in Milan. Using the image
of the Homeric witch who had the power to transform men into animals, each one according to
his own nature, the artist from Padua constructs
a complex narrating installation that exposes the
cruel game between real and virtual. Modern
man finds himself in the trap of a technological
spell just as the Homeric man was caught in Circe’s spell. If, on one hand, the sight of white
ceramic is reassuring, when this is broken, smashed and trampled its comforting look fades and
is distorted, and the obsession is revealed. The
maniacal attention to images is another aspect
that strongly characterizes our times.
The daunting banquets of
Francesco Ardini
by S i l v i a N e ri
O
ur daily life in its routine and tradition can offer some
unusual developments. The simple act of sitting down at the
table and eat on a normal white ceramic dish can look reassuring, because familiar, but can also be frightening and
scary, as Francesco Ardini shows us.
His installations reconstruct domestic environments transfigured by the spectre of authoritarian and selective imposition of our contemporary society, which prescribes rules,
styles and models to follow. These are laid tables, sumptuously prepared with white dishes from which little monsters of everyday life creep out, worming their way into the
tablecloth. The artist portrays in his sculptures his own fears,
inhabiting a domestic environment where the abundance of
food produces a psychological pressure on the individual,
making it difficult for him to tell what is good and what is
bad. Television and advertising, the concept of beauty and
the virtual world are part of our daily life, and relentlessly
after us. Do we really need all this? Don’t we feel a little overwhelmed, suffocated and trampled by some bulimic
need for satiety that should compensate the inner voids tearing up our confused and frightened soul? Francesco Ardini
wants to denounce with his work this devouring system of
needs and wants, of impositions and frustrations, to make us
reflect, or just observe.
VOLUMI SUL DISGUSTO | 2013
Ceramica - Ceramic
altezza - height 3 mt
Domus Carnea, presented at Palazzo Botton, Turin’s Ceramics Museum, is an installation of considerable volumes: it symbolizes endless excess,
and here we find elements already explored and
CONVIVIO | 2013
recurrent in Ardini, to emphasize the concepCeramica smalto lucido e opaco tecnica - Ceramic and matt and polished glaze
tual foundations of his work, focused on curcm 150 x 100
rent issues that are very much present and on
which he never ceases to reason, proposing his visions. The aesthetic component of Francesco Ardini’s works comes out in the
balance of strong antithetical colours that back each other up to create obvious contrasts, but also in the consistency of the
narrative and the composition simplicity counterbalancing the chromatic blaze on the tables. We can say that these ceramics
originate from a deep, interior project of the artist, from his need to express it but also to induce others to walk along this
path and explore it. And he does it, obviously, like an artist does: through installations and sculptures with tentacular forms
intertwined in inextricable tangles.
Francesco Ardini
lives and works in Padova and Nove (VI)
www.francescoardini.com
INVILUPPO ORO | 2013
Forma scultorea di tubolari in terraglia, smalto e terzo fuoco in lustro oro - Sculptural form of tubular earthenware, glaze and third firing in gold luster
diametro 50 cm - 50 cm diameter
During his architectural studies at Venice University, Ardini
approached ceramics through the works he saw in Nove
(Vicenza), the historical development centre that still enjoys
great prestige. As the appointed instrument in a mission
against mainstream art, he puts into his work a strong emotional element that digs its way into it little by little, looking
for universal resonances to compare to his own experience.
The mutations and transformations we experience daily find
a place in the home, and more specifically on the table,
which lends itself to being the most private and at the same
time universal place where to express such concepts. Ardini is moved by his own personal anxiety, expressed in his
artistic production and in the mise en place of this series of
loci horridi.
The installation entitled Volume del Disgusto originates from
his stay at Guldagergaard, the Contemporary Ceramics
Research Centre in Denmark: the visual impact is strong,
but it’s the emotional involvement that surprises. The artist’s
domestic anguish is perfectly rendered by the excessive
amount of food, especially chicken, present on the tables of
every culture and therefore a good metaphor of society overproduction. This frightening image of an infernal banquet is
repeated in Circe, the installation presented at the Jerome
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INQUIETUDINI FRA ME E TE | 2013
Ceramica e porcellana, tavolo e sedie in legno - Ceramic and porcelain and
wood table and chairs
cm 100 x 80 x 75
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Alessandro Rinaldi
Nuovi Orizzonti
di E ri ka Fe rr e t t o
L
e tematiche di Rinaldi sono un'evoluzione del paesaggio in chiave contemporanea. Dapprima erano paesaggi urbani o
suburbani, periferie continue della città diffusa in perenne crescita. Cantieri dove costruzioni su costruzioni salivano o
cantieri navali dove incombevano enormi carene di navi, stazioni fatte di binari che scomparivano in prospettive velocissime.
Poi, lo sguardo si apre verso nuovi orizzonti.
Le prime sono visioni dell’operato umano, paesaggi "metropolitani", dove la struttura prospettica è sempre caratterizzata da
scorci arditi fatti da ragnatele di linee che s'intrecciano e tagliano lo spazio precludendo la vista dell'orizzonte. Solo porzioni
di cielo tra questi titani della contemporaneità, di un cielo quasi sempre plumbeo, fermo, che contrasta con la rapidità impressa
nel "costruire". Velocità, linee di forza, sviluppo ascensionale possono per certi versi ricordarci il Futurismo, in particolar modo
alcuni richiami estetici si trovano nelle architetture svettanti di Sant'Elia o nella forza dirompente del movimento fisico che fonde
oggetto e spazio nelle opere di Boccioni.
Tuttavia profondo è il solco e la distanza con questi riferimenti, in essi infatti il progresso, lo sviluppo, lo svecchiamento sono
inneggiati e auspicati ma ancora lontani dall'essere effettivi.
I luoghi descritti da Rinaldi invece sono il prodotto della
nostra contemporaneità, di un tempo che ha già rilevato tutti
i suoi limiti, le sue contraddizioni, i suoi sprechi. Queste
"metropoli" non più abitabili sono strutture abnormi fatte di
energia vitale propria, in esse l'uomo è un ingranaggio privo
di volontà che si limita a costruire e produrre qualcosa che
gli viene imposto dall'alto. Rinaldi non sente l'esigenza di
rappresentarlo, perché l'uomo è già presente col suo lavoro
in quei non luoghi cementati che hanno preso il sopravvento
sul loro costruttore.
Il suo è un racconto lucido e critico, il cui ritmo e le cui
atmosfere richiamano alla memoria l'aggettivazione scarna
ed incisiva di Pasolini quando, in Ragazzi di vita, descrive
gli squallidi sobborghi nei quali i personaggi si muovono e
vivono alla giornata spinti solo da esigenze elementari; per
contro si ritrovano squarci di paesaggi lirici che rallentano il
ritmo narrativo in pause distese. Così, anche nel percorso linguistico di Rinaldi, a un certo punto (dal 2007-2008) il ritmo
e i temi pittorici cambiano e questo avviene simbolicamente
e cromaticamente attraverso l'incendio: i colori, dapprima
modulati sui toni bassi s’infuocano, i gialli e i rossi delle
fiamme cancellano i cantieri e le metropoli.
IL SOGNATORE | 2009
Olio e stampa su alluminio - Oil and print on aluminum
cm 210 x 143
Quelle combustioni permettono all'artista, quasi con un colpo di spugna, di far rinascere dalle ceneri nuove tematiche. Egli stesso afferma: "…le nuove Babele dell'uomo, mi
sembravano una follia, un po’ di anni fa ovunque ti girassi
vedevi solo gru e nuove costruzioni... col tempo ho sentito
l'esigenza di allontanarmi, di vedere l'orizzonte...".
Dallo spazio consumato allo spazio ritrovato ma vuoto: distese aperte prive di costruzioni diventano luoghi di memoria e interiorizzazione, come nei lacerti lirici di Pasolini, si
rallenta il ritmo del racconto facendosi prolungato respiro.
Prevalgono ora le prospettive a volo d'uccello dove il cielo
si fa protagonista schiacciando la terra: il cielo minaccioso
prima di una tempesta (dittico n. 383), il cielo notturno con
la luna bassa all'orizzonte tanto da poterla toccare (n. 417).
Talvolta aleggia sulla terra desolata la forma simbolica e al
tempo stesso reale del dirigibile, affusolata e avveniristica
incombe facendo pensare a un contenitore dal quale da un
momento all'altro potrebbe scendere qualcosa o sul quale
potremmo salire per avventurarci alla scoperta di nuovi mondi (n. 409).
Queste opere, rinnovate nei soggetti, sono nuove anche
nella tecnica: realizzate su un particolare supporto, la lastra
d'alluminio, che permette contemporaneamente la lavorazione gestuale, chimica e pittorica (scartavetraggio a mano o a
macchina, acidatura e pittura ad olio) giungendo a efficaci
effetti tono su tono. In Solaris e in Jesus Was a free man, attraverso il procedimento meccanico del togliere, viene realizzata la superficie dell'acqua, questa materia liquida, primordiale, s'impone alla vista lasciando come lievi apparizioni le
figure.Come nel riferimento cinematografico di Solaris, questo misterioso oceano può rigenerarci e rimandarci ai nostri
sogni. Nuovi “orizzonti” d’acqua e d’aria s’impongono.
Senza titolo | 2009
Olio su alluminio - Oil on aluminum
cm 143 x 104
MIRAGGIO | 2008
Olio su alluminio - Oil on aluminum
cm 143 x 104
ALESSANDRO RINALDI
FUNAMBOLO | 2009
Olio su alluminio - Oil on aluminum
cm 104 x 143
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vive e lavora a Padova
www.alessandrorinaldi.net
[email protected]
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Alessandro Rinaldi
New horizons
by E ri ka Fe rr e t t o
R
inaldi’s themes are about landscape evolution into contemporary style. At first it was urban or suburban landscapes, extended suburbs of a sprawling, forever growing city. Building yards with construction upon construction going up, or shipyards
with huge, towering ship hulls, stations made of railway tracks disappearing fast into the distance. Then the eyes opened to
new horizons. The first views are of man’s work, "metropolitan" landscapes where the perspective is always characterized by
unusual glimpses of webs of lines that intersect and cut space, obstructing the horizon. Only portions of the sky could be seen
between these Titans of our times, mostly a leaden, fixed sky, in contrast with the fast pace of the “building".
Speed, lines of force and upward development may in some ways remind us of Futurism, particularly in some aesthetic counterparts to the soaring architectures of Sant'Elia or the unleashed force of physical movement merging objects and space in
Boccioni’s works. However, deep is the gulf and the distance from these works, where progress, development and modernization are applauded and desired but still far from real. The places described by Rinaldi, on the other hand, are the product of
our contemporary world, a time that has already found its limitations, its contradictions, its wastes. These "metropolises", no
longer inhabitable, are abnormal structures with their own vital energy, where men are cogs with no will of their own, who only
build and produce something that is imposed on them from above. Rinaldi does not feel the need to portray him, because he
is already present with his work in these non-places, made of concrete, that have taken over their maker.
His tale is lucid and critical, with a rhythm and atmosphere reminiscent of the dry and incisive language used by Pasolini in
Ragazzi di vita, as he describes the squalid suburbs where his characters move and live day-to-day, driven just by elementary
needs; however, there are also glimpses of lyrical landscapes that slow down the narrative with some extended pauses. In
Rinaldi’s language, at a certain point (from 2007-2008), the rhythm and painting themes also change, and this happens symbolically and chromatically through fire: the colours, at first in low tones, flame up, the yellows and reds of flames cancelling
yards and metropolises. These combustions allow the artist, as if he were wiping the slate clean, to make new themes rise
EUROPA | 2010
Olio su alluminio - Oil on aluminum
cm 104 x 143
Jesus was a free man | 2012
Smerigliatrice e olio su alluminio - Grinder and oil on aluminum
cm 104 x 143
from the ashes. He himself says: "…the new Babels of man
seem to me like a folly, a few years ago wherever you turned
you only saw cranes and new buildings... in time I felt the
need to move away, to see the horizon...". From consumed
space to newfound, but empty, space: open expanses with
no buildings become places for memory and interiorization.
As in Pasolini lyrical fragments, the narrative slows down
with some prolonged breaths. Birds-eye perspectives now
prevail, where the sky becomes protagonist, pressing on the
earth: the menacing sky before a storm (diptych No. 383),
the night sky with the moon so low on the horizon that you
can almost touch it (No. 417).
IL CAVALLO DI TROIA | 2009
Olio su alluminio - Oil on aluminum
cm 280 x 210
10
Sometimes on the wasted land hovers the symbolic and
together real shape of an airship, tapering and futuristic,
like a container from which at any moment something might
come down or that we may board to venture out and discover new worlds (No. 409). These works, renewed in their
themes, are also new in their technique: they use a special
support, an aluminium sheet that allows at the same time
action, chemical and pictorial painting (sand papering by
hand or machine, etching and oil painting), achieving some
effective tone on tone effects. In Solaris and Jesus was a free
man the mechanical process of removing matter allows to reproduce the surface of water, this liquid, primordial element
that commands to be seen, with human figures reduced to
mere apparitions. As in the Solaris cinematic reference, this
mysterious ocean can regenerate us and send us back to our
dreams. New “horizons” of water and air prevail.
Senza titolo | 2007
Olio su tela - Oil on canvas
cm 120 x 100
ALESSANDRO RINALDI
lives and works in Padova
www.alessandrorinaldi.net
[email protected]
11
Titolo | anno
Tecnica - Tecnique
cm misure x misure
I
l poeta Andrè Breton riteneva che “due stati
in apparenza contradditori, sogni e realtà
potevano risolversi in una specie di realtà assoluta, di surrealtà”. Da questo presupposto nasceva
nel 1924 il Manifesto surrealista che accostava il
campo della ricerca pittorica alla psicologia sperimentatrice dei fenomeni del sogno secondo la
dottrina freudiana. Sappiamo che il Surrealismo
insiste sull’autonomia della coscienza e con l’automatismo dell’inconscio ha escluso l’intervento
della ragione e di qualsiasi struttura logica.
Già nel 1918 il poeta Pierre Reverdy aveva accennato che: “l’immagine non può nascere da
un paragone, ma dall’accostamento di due realtà più o meno distanti”. Un concetto anticipatore
del Surrealismo, che però ebbe un vero precursore dell’idea di spiazzamento della realtà con Isidore-Lucien Ducasse conte di Lautreamont, morto
nel 1870 e autore de I Canti di Maldoror, autore
della celebre frase: “Bello come un incontro fortuito su un tavolo di dissezione di una macchina
da cucire e un ombrello”.
In questa avventura del fantastico si muove la
libertà inventiva fervida di imagerie e carica di
energia creativa di Angelo Palazzini, si snoda la
sua vocazione dichiaratamente divertita che trova sempre la capacità di meravigliarsi e di meravigliare, riproponendo quel thauma che Platone
considerava l’inizio del sapere e che, nel transitare del tempo, pure noi cerchiamo di conoscere
pena il cessare del sapere quando non proviamo
più l’incanto della meraviglia. Su questa radice
è innestata l’irrazionalità descrittiva dell’artista
lodigiano inclinata al surreale più nel clima del
sogno, della fabulazione volta a volta grottesca,
di intrigante stupore o humor paradossale, spesso sottilmente ludica a conferma dell’assioma di
Schiller dell’arte come gioco, e del gioco come
libertà di immaginazione.
LA REALTA’ VISIONARIA
TRA SOGNI E GIOCOSE
CURIOSITA’
di T i n o G i p p o ni
12
Ne risulta una lunga nomenclatura di episodi
dispiegati nell’indagine di un “altrove” del senso, del cosiddetto depaysage o dello spaesamento del significato che è spinta precipua del
Surrealismo, qui accolto non sul versante della
super realtà dell’automatismo psichico e pure allucinatorio che invece ha inciso su certa poesia,
sulla pittura d’azione americana, sull’informale
e sulla scrittura visiva, ma in modo preciso su
quello oniricamente più evocativo, di fabulae arcanamente mitizzate con l’aggiunta di un loisir
ironico del gusto per il gioco di libere associazioni. Filologicamente appunto, Angelo Palazzini è
da inquadrare nella poetica dello straniamento
dell’oggetto, con un mondo narrativo dove le
cose ne mascherano altre con paradossi spiazzanti e ambiguità rappresentative. Risulta perciò
riconducibile in certo qual modo - pur nel rispetto
delle differenziate personalità - più alla lezione
del sommo Magritte con lo spostamento e l’ampliamento di senso teso a trasformare oggetti noti
Vacca piacentina | 2008
Olio su tela - Oil on canvas
cm 80 x 80
La vecchia centrale | 2008
Olio su tela - Oil on canvas
cm 100 x 100
nell’altra pagina - on the other page
Un trasporto impegnativo | 2014
Olio su tela - Oil on canvas
cm 115 x 115
13
Una casa molto accogliente | 2010
Olio su tela - Oil on canvas
cm 54 x 54
e quotidiani in travestimenti o trasferimenti di significato e di identità per
una lettura su un diverso piano rispetto al logico riferimento naturale. Avevo già collocato l’arte del pittore lodigiano in questo solco nel 2000 (anzi
l’iniziale tentativo era avvenuto un anno prima, nel 1999 con la prima mia
presentazione alla Chiesa dell’Angelo
a Lodi con la mostra La buona indole:
personaggi storici lodigiani), quando
ho curato l’estesa rassegna Frammenti giocosi dell’infanzia ritrovata allo
spazio del Soave di Codogno, concentrata con zampillante fantasia nel
teatrino di racconti allusivi. L’artista
da regista, riannodava ricordi remoti disseppellendoli con la memoria. E
sovviene a questo proposito il lirico
gnomico realismo di Umberto Saba a
confermare che la memoria è tenace
“amica come l’edera alle tombe, cari
frammenti mi riporta in dono”. Era in
quella esposizione riaffiorata un’impalcatura da filmato autobiografico
condensato nella vitalità e nelle magiche illuminazioni dell’uomo tornato
sotto mentite spoglie bambino portato
a conservare l’incanto e le suggestioni
del temps vècu con il profumo dell’età
fanciulla che non invecchia mai specie
nel ripensarla felicemente colorata di
rosa e pronta ad arricchire il presente
quale scoperta del nuovo.
VISIONARY REALITY BETWEEN DREAMS AND
PLAYFUL CURIOSITY
by T i n o G i p p o ni
The poet Andrè Breton believed that “two apparently contradictory states, dream and reality, could be resolved in a kind of
absolute reality, of surreality”. From this premise came in 1924 the Surrealist Manifesto, which brought together painting research and the experimental psychology of dreams according to Freudian doctrines. We know that Surrealism insists on the autonomy of consciousness and, with the automatism of the unconscious, it rules out the intervention of reason and of any logical
structure. Already in 1918 the poet Pierre Reverdy said that: “images cannot arise from comparison, but from a combination of
two more or less distant realities”. An anticipation of Surrealism, which had however a true forerunner of the idea of displaced
Conoscere se stessi non è facile, però
più ci si conosce e più si rivela il cotè
del chi siamo, anche quello dell’inconscio con le sue pieghe o inaspettate
suggestioni portate in certi casi ad
accentuare le facoltà creative. Riconfermo ora con più convinzione questo
distintivo dèplacement del visibile, inteso come abitudine normale ad identificare le cose, spostato verso quello
invece assurdo, inusuale, arbitrario
rispetto alla razionalità dell’associazione di oggetti e di situazioni comuni, ovvie e domestiche ma risultando
invece congrue nel rapporto logico tra
loro in quanto decontestualizzate dallo straniante slittamento.
Galleria d’Arte Nino Sindoni
Viale Matteotti 44/8
36012 Asiago (VI)
www.ninosindoni.com
La fanciulla dell’EST | 2010
Olio su tela - Oil on canvas
cm 54 x 54
14
Associazione Alberto Buffetti
[email protected]
La macchina per pesare i pianeti | 2013
Olio su tela - Oil on canvas
cm 115 x 115
15
reality in Isidore-Lucien Ducasse, Comte de Lautreamont, who died in 1870,
author of the Songs of Maldoror and
of the famous phrase: “Beautiful like
a fortuitous encounter on a dissection
table between a sewing machine and
an umbrella”. In this adventure of the
fantastic moves the inventive freedom,
full of imagery and creative energy,
of Angelo Palazzini, here unfolds his
openly amused vocation, always able
to amaze and be amazed, reproposing the thauma that Plato believed
to be at the origin of knowledge and
that, after all these centuries, we are
still pursuing, or knowledge itself will
stop when we no longer feel the enchantment of wonder.
La fabbrica del latte | 2005
Olio su tela - Oil on canvas
cm 80 x 80
Piccolo maneggio | 2010
Olio su tela - Oil on canvas
cm 54 x 54
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This is the root of the descriptive irrationality of the Lodi’s artist, inclined
to the surreal, rather in an atmosphere of dream, of storytelling at times
grotesque, of intriguing amazement
or paradoxical humour, often subtly
playful, to confirm Schiller’s axiom
about art as play, and play as freedom of imagination. The result is a
long series of episodes displayed in
the investigation of an “elsewhere”
of the meaning, the so called dépaysage, or displacement of meaning
which is the main drive of Surrealism, here adopted not so much for its
aspect of super reality of a psychic,
even hallucinatory, automatism - that
did however influence certain poetry,
the American action painting, the informal and the visual writing - but precisely for its more onirically evocative
aspect of arcanely mythicized fabulae, with an added ironical loisir and
a love for free association games.
From a philological point of view, Angelo Palazzini should be associated
with the poetry of the estrangement of
objects, with a narrative where some
things mask others with unsettling
paradoxes and representative ambiguities. He can therefore be brought
back in some way – while respecting
the different personalities – more to
the great Magritte, with his displacement and expansion of meaning aimed at transforming well known, familiar objects into disguises or transfers
of meaning and identity, for a reading
on a different plane compared to the
logical natural one. I had already placed the Lodi painter’s
art in this vein in 2000 (indeed the initial attempt goes back
to the year before, in 1999, with my first presentation at the
Chiesa dell’Angelo in Lodi of the exhibition La buona indole: personaggi storici lodigiani, when I curated the extended
exhibition Frammenti giocosi dell’infanzia ritrovata in the
dedicated space of the former Soave Hospital in Codogno,
focused with sparkling imagination on the game of allusive
tales. The artist, as a director, was connecting to remote
memories by digging them up with memory. And we may
now remember the lyrical gnomic realism of Umberto Saba,
confirming that memory is a tenacious “friend, as ivy on
tombs, dear fragments brings me back as gifts”. In that exhibition a scaffold had surfaced, sort of autobiographical film
condensed in the vitality and magical illuminations of a man
returned as a child in disguise, keen to preserve the charm
and suggestions of a temps vécu with the scent of a childhood that never ages, especially when you think back to it as
happily coloured in pink and ready to enrich the present as
a discovery of the new. Knowing oneself is never easy, but
the more we know ourselves the more cotés are revealed of
what we are, including our unconscious side with its multiple
folds and unexpected suggestions that can, in some cases,
accentuate our creative faculties. I now confirm, with even
greater conviction, this distinctive déplacement of what is
visible, of the normal way of identifying things, towards an
absurd, unusual and arbitrary one, compared to the rational
association of common objects and situations, obvious and
domestic, but which turns out to be congruous in their logical
relationship as they are decontextualized by the alienating
shift.
Galleria d’Arte Nino Sindoni
Viale Matteotti 44/8
36012 Asiago (VI)
www.ninosindoni.com
Associazione Alberto Buffetti
[email protected]
Prima di partire per un lungo viaggio | 2008
Olio su tela - Oil on canvas
cm 100 x 120
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La verità nei dettagli
Acquerelli di Giovanni Giaconi
Villa Badoer | Andrea Palladio, 1556-1563
Fratta Polesine, Rovigo
di A nn a L i v i a Fri e l
N
ella Venezia della metà del 1700, quando il collezionismo antiquario iniziava a prendere piede, una
delle collaborazioni più proficue della storia dell’arte inizia
ad intessere la propria strategia commerciale. Antonio Canal, detto Canaletto, giovane scenografo veneziano, incontra quello che diventerà il suo grande mecenate, il console
John Smith, esperto estimatore d’arte italiana. In quel periodo infatti una nuova Inghilterra, all’apice della sua fortuna
commerciale, guarda alle passate glorie del Mediterraneo
alla ricerca del linguaggio della magnificenza ed individua
nelle opere palladiane l’architettura adatta a rappresentare
l’epoca trionfale che la potenza marittima inglese sta attraversando. Ecco che questa estetica viene presto esportata
grazie alle opere di Canaletto, insieme a quelle degli altrettanto noti Luca Carlevarijs e Antonio Visentini abilissimo
incisore palladianista. Scorci della laguna, magistralmente
animati dal tocco sapiente degli artisti veneziani iniziano
a circolare con grande rapidità nel fervente Nordeuropa e
le architetture del maestro padovano divengono note a tutti
nella loro compiutezza ieratica, forti e splendenti nel loro
biancore classicheggiante. Pur passate centinaia di anni la
meraviglia non è ancora estinta, né nel mondo anglosassone che ha promosso con entusiasmo il revival palladiano
della metà del ‘700, né nel bacino veneto dove Palladio
ha sempre vissuto, Padova dove è nato, Vicenza dove ha
maturato il suo talento o Venezia, dove ha realizzato le sue
architetture più tarde. L’opera di Giovanni Giaconi è senza dubbio magistrale dimostrazione dell’immutato valore
dell’architettura del maestro, nonché innegabile successo
del reciproco scambio di valore tra artista ritraente e oggetto ritratto. Gli accuratissimi acquerelli di Giaconi, simili
per perizia a dei rilievi architettonici, svelano in realtà le
caratteristiche più vere delle opere palladiane. Queste infatti
vengono comunemente descritte come dei monumenti fieri e
senza macchia, spesso alzati su podi e alti basamenti, quasi
a volersi separare dal loro contesto terreno; intonacate, nella campagna veneta o rivestite della candida pietra d’Istria
quando immerse nelle acque salate della laguna Veneziana,
ma sempre vestite di un colore quasi astratto in grado di
condurle in una dimensione atemporale. Tutt’al contrario il
pennello di Giaconi le riporta alla loro intrascurabile realtà:
ogni concio, nella volta della Porta Gemona, racconta la sua
vicenda unica, con ombre diverse da quelle di tutti gli altri
svela di essere stato modellato da una mano che teneva lo
scalpello. Nei basamenti e nei fregi non c’è giunto che non
sia stato disegnato, come le rughe sulla faccia di una bella
e anziana signora. Vincenzo Scamozzi, altra figura di spicco del tardo rinascimento architettonico, ha prestato pure
le sue opere all’abile pennello di Giaconi. Nella barchessa
di Villa “La Rotonda” la severa teoria delle arcate è subito
smascherata nella descrizione dei suoi più minuti dettagli,
le irregolarità della pietra e l’acceso azzurro delle finestre.
Non mancano, in omaggio ad una restituzione il più fedele
possibile al vero, anche frammenti posticci che queste architetture hanno accolto nel trascorrere dei secoli e che subito
ci svelano che queste case e questi palazzi sono abitati: una
sottile grondaia che si distacca dalla linea precisa del muro,
un lucernaio solitario, o i tendalini bianchi che proteggono
dalla luce le stanze della Rocca Pisana. Così, grazie all’occhio dell’Autore, guardare queste opere è “un po' come essere su un'impalcatura ed avere una visione del dettaglio
che un semplice disegno non dà” – come ammette lo stesso
Giaconi – ma anche poter immaginare le facciate come una
sorta di quinte dietro le quali si svolgono misteriose vicende. Giovanni Giaconi si avvicina all’architettura nel 1985
frequentando a Vicenza un corso in Restauro architettonico.
Entra poi nel vivo della progettazione architettonica e del
restauro lavorando come assistente nello studio di architettura di Flavio Albanese a Vicenza e a New York. E’ co autore
con Giovanni Battista Gleria di Vincenzo Scamozzi (15481616), autore di ANDREA PALLADIO acquarelli di Giovanni
Giaconi entrambi pubblicati da Dolp, Vicenza, e di The Villas of Palladio pubblicato da Princeton Architectural Press,
New York.
GIOVANNI GIACONI
vive e lavora a Vicenza
www.giaconi.com
[email protected]
Villa Angarano Bianchi Michiel | Andrea Palladio, 1548
Bassano del Grappa, Vicenza
Villa Barbaro | Andrea Palladio, 1556-1558
Maser, Treviso
Villa Thiene | Andrea Palladio, 1545-1546
Quinto Vicentino, Vicenza
Villa Godi Malinverni | Andrea Palladio, 1537-1542
Lonedo di Lugo Vicentino, Vicenza
18
19
Teatro Ducale | Vincenzo Scamozzi, 1588
Sabbioneta (Mantova)
Arco alla “Strada delle Scalette” | Andrea Palladio, 1576
Vicenza
The truth in details
Watercolours Giovanni Giaconi
by A nn a L i v i a Fri e l
I n the Venice of the mid 18th century, when antiquarian collecting was becoming increasingly popular, one of the most fruitful
collaborations in the history of art began to weave its commercial strategy. Antonio Canal, known as Canaletto, a young Venetian stage designer, met the man who would become his great patron, consul John Smith, an expert connoisseur of Italian art.
In those times a new England, at the height of its commercial success, was looking at Mediterranean past glories in search of a
language for grandeur and saw in Palladio works a suitable architecture to represent the triumphant era of the English maritime
power. This new aesthetic trend was soon exported thanks to works by Canaletto and the equally well known Luca Carlevarijs
and Antonio Visentini, a highly skilled Palladianist engraver. Glimpses of the lagoon, masterly animated by the Venetian artists skilful touch, began to circulate rather quickly in a fervent Northern Europe, and the architectures of the Paduan master,
with their hieratic completeness, came to be universally known, strong and resplendent in their classic whiteness. Despite the
passing of centuries, the wonder has not yet gone in the English-speaking world, which enthusiastically promoted a Palladian
revival in the mid 18th century, nor in the Veneto area where Palladio always lived, Padova where he was born, Vicenza
where he developed his talent and Venice where he produced his later architectures. Giovanni Giaconi’s work is an unmistakable great demonstration of the unchanged appeal of the master’s architecture, and undeniably represents a successful mutual
exchange of value between the portraying artist and the object being portrayed. The very accurate watercolours by Giaconi,
Villa Pisani detta “La Rocca Pisana” | Vincenzo Scamozzi, 1574
Lonigo (Vicenza)
as skillful as architectural reliefs, reveal the most authentic
characteristics of Palladio works. These are commonly described as proud and flawless monuments, often raised on
plinths or tall basements, as if to separate themselves from
their earthly surroundings; plastered, in the Venetian countryside, or covered in white Istrian stone when immersed in
the salty water of Venice lagoon, but always dressed in a
nearly abstract colour that can take them to an atemporal dimension. On the contrary, Giaconi’s brush brings them back
to their not to be ignored reality: every ashlar in the vault of
Porta Gemona tells its unique story, with shadows that are
each one different from the other, thus showing to have been
shaped by a scalpel held in human hands.
In the stands and friezes all joints are lovingly drawn
like wrinkles on the face of a beautiful old lady. Vincenzo
Scamozzi, another prominent figure of late Renaissance
architecture, also inspired Giaconi’s skilled brush. In the
barchessa of Villa “La Rotonda” the rigorous series of
arches is immediately unmasked in the description of their
most minute details, the irregularities of the stone and the
bright blue of the windows. Nor do we find missing, for
a rendering as truthful as possible, the occasional details
that were added to these architectures during the centuries,
immediately revealing to us that they belong to inhabited
houses and palaces: a narrow gutter detaching from
the precise line of the wall, a solitary skylight, the white
awnings protecting from light the rooms of Rocca Pisana.
Thanks to the author, looking at these works is somehow like
standing on a scaffold to enjoy a detailed view that a simple
drawing cannot give – as Giaconi himself admits – while
also being able to see the facades as a sort of wings behind
which mysterious events take place. Giovanni Giaconi
approached architecture in 1985 when he attended in
Vicenza a course on Architectural Restoration. He then went
deep into architectural design and restoration working as
an assistant at Flavio Albanese architectural firm in Vicenza
and New York. He is co-author with Giovanni Battista Gleria
of Vincenzo Scamozzi (1548-1616), author of ANDREA
PALLADIO acquarelli di Giovanni Giaconi, both published
by Dolp, Vicenza and of The Villas of Palladio, published by
Princeton Architectural Press, New York.
GIOVANNI GIACONI
lives and works in Vicenza
www.giaconi.com
[email protected]
Villa Emo Capodilista | Vincenzo Scamozzi, 1588
Rivella, Monselice (Padova)
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Villa Molin | Vincenzo Scamozzi, 1597
Mandria (Padova)
Chiesa della Misericordia | Vincenzo Scamozzi, 1594
Vicenza
Chiesa di San Gaetano | Vincenzo Scamozzi, 1581
Padova
21
Le fiabe senza
tempo di Mirta
Caccaro
di Taz i o Ci rri
“
La xilografia - spiega Mirta Caccaro - è un procedimento di stampa a rilievo che si avvale come matrice
di una tavoletta di legno. Sulla tavoletta si riporta il disegno.
Le linee del disegno rimangono intatte ed il lavoro d’intaglio
riguarda i contorni che le delimitano e tutta la superficie restante. Per l’intaglio lungo i contorni del disegno ci si serve
di sgorbie affilatissime a punta viva e a lama corta. Poi, una
volta eliminato tutto il legno a togliere, si procede all’inchiostratura della matrice con un tampone e un rullo. Le parti in
rilievo risulteranno colorate a seconda dell’inchiostro utilizzato, le parti tagliate via risulteranno bianche. La stampa
ottenuta mediante sovrapposizioni e pressione di un foglio
di carta sulla matrice inchiostrata può essere eseguita manualmente oppure con una pressa meccanica, chiamata “tira
bozze”. Io uso la xilografia a colori, cioè tante matrici quanti
sono i colori desiderati. Le matrici sono incise separatamente
ed inchiostrate con vari colori e poi stampate l’una dopo l’altra, sul medesimo foglio. Il procedimento xilografico è antichissimo e deriva dalla stampa dei tessuti con matrici lignee;
fu anche il primo metodo di stampa, sviluppatosi in Europa a
partire dal XIV secolo. Nel 900 la tecnica viene ripresa dagli Espressionisti che ne fecero largo uso per ottenere segni
duri, angolosi, spessi e profondi, capaci di drammatizzare
violentemente le immagini.” Un “metodo tecnico”, dunque.
Appreso da maestri, sviluppato alla luce di più aggiornate
conoscenze, approfondito secondo la propria sensibilità e
utilizzato con i soggetti più adeguati alla sua espressività.
Entra in gioco, nei lavori di Mirta Caccaro una perspicace e
fascinosa fusione di mezzo e contenuto. Lo scavo del legno,
che prevede uno sforzo muscolare non lieve, una precisione
nei gesti, un’attenzione millimetrica nelle distanze e nelle
misure, è parte integrante del pensiero che il gesto produce.
Nell'arte – quella vera - la pratica è perfettamente integrata
ed “adatta” a ciò che l’artista vuole esprimere e al come
lo vuole dire. Non è banale riflettere su ciò, in un’epoca in
cui praticamente chiunque può illudersi di produrre un’opera
d’arte con tecnicalità alla portata di tutti. Con l’utilizzo della
xilografia per molti dei suoi lavori, specialmente dedicati
alla costruzione di favole, Mirta Caccaro opera con esiti
vigorosissimi una sintesi tra il disegno e la plastica (l’intaglio
delle singole matrici diviene vero e proprio lavoro scultoreo), tra l’astrazione intellettuale del segno e la tridimensionalità volumetrica della materia reale: questi sono anche gli
ingredienti fondamentali della fiaba: essa è costituita dalla
narrazione di una vicenda che ha uno sviluppo nella realtà
22
(certo immaginata ma come se fosse reale e possibile) in
cui una metalettura permette di individuare anche elementi
teorici, teoretici e universali, che appartengono a tutte le
culture umane e a tutte le epoche. E’ un processo, quello
della rappresentazione di immagini – scritte e visuali – che
costituisce una fondamentale componente della crescita, al
punto che Albert Einstein affermava che “l’immaginazione è
più importante della conoscenza”. Immaginare e costruire,
anche materialmente, una storia è una sintesi perfetta e un
risultato artistico cui Mirta Caccaro approda in un percorso multitaskin, come si dice oggi: attraverso un curriculum
formativo preciso e determinato, una pratica didattica, l’esercizio su diversi materiali – acquarello, disegno, olio, polimateriali, ceramica, tecniche pittoriche varie, e soprattutto
incisione – diretto sui libri d’artista, sulle opere uniche, specialmente sulle fiabe, sia autoprodotte, sia appartenenti alla
tradizione di diverse culture. Ne sono testimonianza straordinaria Asino chi legge?; Il cervo e la Vigna e La volpe e l’uva
tratte da Esopo, Cappuccetto Rosso, Il soldatino di piombo,
Pinocchio; temi contemporanei molto attuali come Pianeta
asfalto, una serie che tratta dell’invivibilità delle città con le
relative problematiche ambientali; Le carte di Propp, desunte
dal famoso studio del linguista e antropologo russo Vladimir
Propp che approfondì le origini storiche della fiaba nelle
società tribali e nel rito di iniziazione e ne trasse una struttura che propose anche come modello di tutte le narrazioni; La scuola di Salamanca, che fa riferimento alla famosa
università spagnola dove, partendo dal concetto del “diritto
naturale” postulato da Tommaso d'Aquino, si criticavano le
motivazioni degli spagnoli per le guerre di conquista, Il destino di re Aghib, tratto da Le mille e una notte. Ultimo in ordine di tempo, Jacopo è un grande sognatore che individua
ed evidenzia con il consueto tratto essenziale e risoluto una
caratteristica comune a molti bambini della contemporaneità. Il linguaggio di Mirta Caccaro, dall’eloquenza marcata
degna della miglior tradizione espressionista, definisce per
confini cromatici decisi la sequenza degli eventi senza sfumature, sia concettualmente sia morfologicamente. Con esiti
artisti e poetici di rara efficacia.
MIRTA CACCARO
vive e lavora a Vivaro e Dueville (VI)
[email protected]
nell’altra pagina - on the other page
Asino chi legge | 2010
Xilografia a tre colori matrici in legno - Three-color xylography wooden matrices
cm 21 x 29
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The timeless tales of Mirta Caccaro
by Taz i o Ci rri
“ Xylography - explains Mirta Caccaro – is a relief printing tech-
nique that uses blocks of wood as supports. The drawing is copied
onto a wooden block. The lines remain intact and the carving
concerns the contours around them and the whole remaining surface. To carve along the drawing’s contours we use very sharp,
pointed gouges with a short blade. Then, after taking off all the
wood that must be removed, we proceed to ink the wooden block
using a roller. The relief parts will come out coloured according to
the ink used, the removed parts will come out white. The print is
obtained by overlapping and pressing a sheet of paper onto the
inked block, and can be produced manually or with a mechanical
press. I use colour xylography, with as many wooden blocks as
the colours I want. The blocks are carved separately and inked
with different colours, then printed one after the other, on the same
sheet.
The xylographic technique is very old and derives from fabric printing with wooden blocks; it was also the first printing technique,
developed in Europe from the 14th century. In the 20th century
the technique was rediscovered by the Expressionists, who made
extensive use of it to obtain hard, angular, thick and deep signs,
which could boldly dramatize images.” A “technical method”, therefore. Learnt from masters in the field, developed in line with the
most advanced knowledge, researched according to one’s own
sensitivity and used with the subjects most suited to one’s expressive ability. An insightful and fascinating merging of instrument
Chi legge è curioso | 2010
Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood
cm 21 x 29
24
Chi legge cresce | 2010
Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood
cm 21 x 29
and contents comes into play in Mirta Caccaro’s work. The
carving of wood, which requires muscle effort, a precision
of gestures and a millimetric attention to distances and measurements are an integral part of the thinking behind the
gesture. In art – the true one – an artist’s technique is perfectly integrated with the work and “suited” to what the artist
wants to say and how he wants to say it. Reflecting on this
is not banal, in a time when practically anyone can delude
themselves into thinking they can produce a work of art with
technical skills within everyone’s reach. In using xylography
for many of her works, especially those devoted to fairy
tales, Mirta Caccaro achieves, with remarkable results, a
synthesis between drawing and plasticity (the carving of
individual wooden blocks becomes a real sculpture work),
between the intellectual abstraction of signs and the three
dimensional volumes of real matter: these are also the basic
ingredients of a fairy tale, in which we narrate a story that
develops in the real world (imagined, of course, but as if it
were real and possible) and where a metareading allows to
identify theoretical and universal elements that belong to all
human cultures and all times.
Image representation – written and visual images – is fundamental for growth, to the point that Albert Einstein said that
“imagination is more important than knowledge”. Imagining
and constructing, also physically, a story is a perfect synthesis and an artistic result that Mirta Caccaro achieves through multitasking, as they call it nowadays, which includes: a
precise and specific training, teaching experience, use of
different techniques – watercolour, drawing, oil painting,
use of poly-materials, ceramics, various painting techniques
and, above all, etching – applied to artistic books, unique
works, especially fairy tales, either originally created or belonging to the traditions of different cultures. Some outstanding examples are Asino chi legge, Il cervo e la Vigna and
La volpe e l’uva, taken from Aesop, Cappuccetto Rosso, Il
soldatino di piombo, Pinocchio; very contemporary works
like Pianeta asfalto, a series dealing with unlivable cities
and their environmental problems; Le carte di Propp, inspired by the famous Russian linguist and anthropologist Vladimir Propp, who delved into the historical origins of fairy
tales in tribal societies and initiation rites and formulated a
theoretical structure for them, proposing it also as a model
for all stories in general; La scuola di Salamanca, referring
to the famous Spanish university where, inspired by the concept of Thomas Aquinas “natural law”, a certain criticism
was moved to Spain’s motives for conquest wars; Il destino di re Aghib, taken from The thousand and one nights.
The latest one, Jacopo è un grande sognatore, identifies
and stresses, with the usual essential and resolute trait, a
characteristic shared by many children of our times. Mirta
Caccaro’s language, with its marked eloquence worthy of
the best expressionist tradition, defines with boldly coloured
boundaries the sequence of events without any shading, either conceptual or morphological. With artistic and poetic
results of rare effectiveness.
MIRTA CACCARO
lives and works in Vivaro and Dueville (VI)
[email protected]
Chi legge sogna | 2010
Xilografia a un colore matrice in legno
cm 21 x 29
Chi legge trova un amico | 2010
Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood
cm 21 x 29
Chi legge viaggia | 2010
Xilografia a un colore matrice in legno - One-color xylography matrix in wood
cm 21 x 29
25
nello stato di veglia. Alla base dell’operazione creativa un
linguaggio figurativo d’immediata forza evocativa, capace
di raggiungere risultati di ferma poesia. La linea incisiva, il
colore evanescente, la luce cosmica primigenia, tracciano
l’immagine dell’Io in costante metamorfosi, dando vita a un
repertorio di soggetti dai tratti inquietanti ma non privi di
ironia, resi dall’artista con libere ed espressive distorsioni
fisiognomiche.
Espliciti i riferimenti simbolici al terzo occhio, alla capacità
dell’individuo di esplorare dimensioni sottili - come il sogno
- grazie alla conoscenza intuitiva e alle facoltà sensoriali
della ghiandola pineale, collocata nella parte posteriore del
cranio all’altezza degli occhi. La perdita di tale capacità
nella maggior parte degli individui rappresenta metaforicamente l’attuale crisi di coscienza e indifferenza del mondo
in cui viviamo e del suo microcosmo. La consapevolezza che
ogni piccolo evento può cambiare la nostra vita è maturata
nella mente di Paolo Loschi fin dai suoi esordi.
Momenti o persone in apparenza insignificanti possono inconsapevolmente indicarci la strada da percorrere. Com’è
accaduto all’artista durante il suo soggiorno a Cadice, in
Spagna, dal quale hanno preso vita nel 2006 la serie Angel
de Tierra, un angelo che non può volare perché ha una missione da compiere sulla terra: elevare il comune sentire. Da
quella pittura che potremmo definire “espressionista”, composta da violenza gestuale e cromatica che a tratti oltrepassa l’immagine figurale, l’artista recupera successivamente un
linguaggio maggiormente descrittivo concentrato sulla figura
umana, attorno alla quale si sviluppa la poetica del rinnovamento inteso come rinascita mentale e fisica, che rianima il
corpo di nuova energia. Una metamorfosi interiore irreversibile, raccontata con uno stile grafico incisivo e tagliente. La
linea tormentata e continua - spesso associata al collage e
alla macchia d’inchiostro o acquarello - solca il foglio di carta descrivendo personaggi dai tratti grotteschi sottoposti a
violente deformazioni anatomiche (parti scheletriche, organi
vitali, ramificazioni tendinee o vascolari) associate a dettagli simbolico-allusivi (Crystal Glove, B-bones, ecc.). L’analisi
dell’individuo diventa inesorabile nella ritrattistica. In opere
come Conscience o The One l’artista gioca con la linea tracciando il profilo introspettivo e psicologico del soggetto. Un
doppio volto, una doppia identità: presenza immanente e
voce della coscienza dell’io umano.
Il ritratto dell’uomo moderno emerge anche in opere di più
ampio respiro come il ciclo Edilizia ispirato alla sceneggiatura di “Cave! Lo stivale di cemento”, spettacolo teatrale del
2009. Oltre a denunciare le devastazioni speculative dell’edilizia nel Nord Est, Paolo Loschi si sofferma sulla progressiva alienazione dell’individuo che trova rifugio dentro la
propria abitazione, confondendo sempre più spesso il suo
isolamento dal mondo esterno con una felicità autosufficiente
e privata.
PAOLO LOSCHI
vive e lavora a Giavera del Montello (TV)
www.paololoschi.com
[email protected]
EDILIZIA | 2009
Acrilico, gesso e pigmenti su tela - Acrylic, plaster and pigments on canvas
cm 430 X 270
Paolo Loschi
La consapevolezza dell’attimo
di M ar co S t o p p a
“
Risvegliato improvvisamente da un sogno agitato, mi ritrovo a osservare il mio cervello adagiato sul lavandino del bagno.
Al posto dei lobi cerebrali una fitta colonia di tentacoli di attinia emanano un tripudio di colori ancestrali e quasi impalpabili: il verde malachite, il blu del cielo e del mare, la purezza del bianco, la forza viscerale del rosso. Incastonate nella materia
mi accorgo della presenza di tre telline. Spinto da una forza risolutrice, le estraggo come una scheggia dalla pelle e mi lascio
andare a un sospiro di sollievo e di rinnovamento. Non mi rimaneva che raccogliere il cervello così purificato e indossarlo
nuovamente, con la speranza che tutto funzionasse”.
Non si tratta di un racconto di E. A. Poe né di un’allucinazione di H.P.Lovecraft, ma di un sogno raccontato dall’artista Paolo
Loschi che svela la natura subconscia del recente ciclo di opere intitolato: Telline (Self Portrait, Uomo Terra, ecc.). Un sogno interpretato dall’artista come monito, risveglio della propria coscienza, punto di svolta per approdare a un rinnovamento interiore
e creativo, al superamento di una forma mentis quotidiana e metodica. Una rivelazione che libera le forze sepolte dell’interiorità
e le riversa di getto sul foglio di carta in una sorta di automatismo psichico dal sapore surrealista. Il coinvolgimento fisico e
mentale dell’autore è tale da sprofondare in una dilatazione temporale che coincide con il suo fare pittorico protraendo il sogno
26
CONSCIENCE | 2011
China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper
cm 42 X 29
BIKE | 2011
China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper
cm 42 X 29
27
Paolo Loschi
The awareness of the moment
by M ar co S t o p p a
“
Awakening suddenly from a troubled dream, I find myself looking at my brain lying on the bathroom sink. Instead of the cerebral lobes there is a dense colony of sea anemones with tentacles
emanating a blaze of ancestral and nearly impalpable colours:
malachite green, the blue of the sky and the sea, the purity of
white, the visceral power of red. I notice the presence of three
cockles embedded in this matter. Driven by a resolving power,
I extract them like a splinter from the skin and I exhale a sigh of
relief, and renewal. All that was left to do was to pick up the brain
thus purified and wear it again, hoping that everything was working all right”. This is not a tale by E. A. Poe nor a hallucination
of H.P.Lovecraft, but a dream referred by the artist Paolo Loschi,
which reveals the subconscious nature of his recent cycle of works
entitled: Telline (Self Portrait, Uomo Terra, etc.).
A dream interpreted by the artist as a warning, an awakening of
the conscience, a turning point in order to arrive at an interior and
creative renewal and so overcome the everyday, methodical frame
of mind. A revelation that frees the buried forces inside and pours
them straight onto a sheet of paper in a sort of psychic automatism with a surrealist flavour. The physical and mental involvement
of the author is such that he sinks into a temporal dilation that
coincides with his painting action, protracting the dream into the
waking state. At the base of this creative operation is a figurative
language of immediate evocative power, able to achieve results
of firm poetry. The incisive line, the evanescent colour, the cosmic primordial light
draw the image of an Ego in constant metamorphosis, and create a repertoire of
subjects with disturbing traits, but not devoid of irony, rendered by the artist with
some free and expressive physiognomic distortions. Quite explicit are the symbolic
references to the third eye, to the individual’s ability to explore subtle dimensions
– like dreams – thanks to the intuitive knowledge and the sensory faculties of the
pineal gland, placed inside the skull at eye level.
The loss of this ability in most people corresponds metaphorically to the current
crisis of conscience and the indifference of our world and its microcosm. The
awareness that any small event can change our life developed in Paolo Loschi’s
mind ever since his beginnings. Apparently insignificant moments or people can
unknowingly show us the road to follow. As happened to the artist during his stay
in Cadiz, Spain, from which originated in 2006 the series Angel de Tierra, an
angel who cannot fly because he has a mission to fulfill on earth: to elevate our
common inner feelings.
From a painting style that we might call “expressionist”, made of gestural and
chromatic violence that at times goes beyond the image, the artist recovers a
more descriptive language focused on the human figure, around which develop
the poetics of renewal, as mental and physical rebirth, that reanimates the body
with new energy. An irreversible interior metamorphosis, told with an incisive
and sharp graphic style. The tormented and continuous line – often together with
collage, ink stain or watercolour – digs into the paper describing characters with
grotesque traits subjected to violent anatomical deformations (skeletal parts, vital
organs, tendon or vascular ramifications) associated to symbolic and suggestive
details (Cristal Glove, B-bones, etc.).
The analysis of the individual becomes inexorable in portrait painting. In works
like Conscience or The One the artist plays with lines, tracing an introspective and
psychological profile of the subject. A double face, a double identity: immanent
presence and voice of the human ego conscience. The portrait of modern man
emerges also in more far-reaching works such as the cycle Edilizia, inspired by
the screenplay of “Cave! Lo stivale di cemento”, a 2009 theatrical show. As well
as denouncing the damage caused by building speculations in North Eastern Italy,
Paolo Loschi dwells on the progressive alienation of the individual, who finds refuge in his own home, increasingly confusing his isolation from the outside world
with a self-sufficient, private happiness.
PAOLO LOSCHI
lives and works in Giavera del Montello (TV)
www.paololoschi.it
loschi [email protected]
nell’altra pagina - on the other page
THE ONE | 2011
China, acquerello, pastello e gommalacca su carta - Ink, watercolor, pastel and shellac on paper
cm 42 X 29
SELF PORTRAIT (serie telline) | 2013
Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper
cm 150 X 100
STRIPES (serie telline) | 2013
Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper
cm 150 X 100
BABEL | 2012
mostra Lanificio Paoletti / Follina (TV)
28
UOMO TERRA (serie telline) | 2013
Decolorazione acrilico e tecniche miste su carta da pacchi - Discoloration acrylic and mixed media on brown paper
cm 150 X 100
29
soprattutto l’aspetto cromatico e le sue mille possibilità – per
chi le sa usare – di accaparrasi ogni funzione del fare pittorico: la configurazione dell’immagine, il suo rapporto con
il campo, la relazione degli elementi della composizione e
soprattutto l’emotività del gesto pittorico. Come scrive di lei
Marifulvia Matteazzi Alberti, una dei suoi più attenti critici:
“L’Artista si esprime entro i mutevoli spazi della carne, del
corpo, delle espressioni nelle mille sfaccettate posture dello
stesso prisma che ruotando in continuazione non presenta
mai la stessa faccia […]. Ogni opera è un’esperienza creativa appassionata, perseguita con determinazione, con una
strenua volontà, pienamente, sempre in bilico tra la necessità dell’esprimere e la sapienza dell’artificio, tra l’impulso
intellettuale ed emotivo e il gesto sicuro e liberatorio della
mano che narra di cromie che baluginano umorose visioni e
poi si sfibrano, irradiano e poi tenere si disfano: raccontano
di silenzi, di reticenze, dell’uomo, fragile essere che vaga
solo nella spazialità senza fine: grandissimo, infinitesimale
microcosmo, esile riflesso dell’Immenso.”
C’è, nella pittura di Carla Rigato, la tendenza a recuperare
il valore di forma e volumi, rifiutando la sola “impressione” visiva; vi compare una ricerca di luminosità ottenuta con
stesure cromatiche associate in modo sapiente nelle diverse saturazioni; e anche qualcosa di “fauve”, di selvaggio,
nel perseguire con istinto sicuro la violenza del colore puro.
Ugualmente riecheggia in filigrana qualche istanza cubista,
nella tensione a risolvere i problemi formali della rappresentazione con la riduzione delle figure ad elementi geometrizzanti e sintetici.
Oremus | 2007
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 118 x 148
Carla Rigato
Borderline
di G i ovann a G r ossa t o
T
ra l’astratto, che è quasi una sua seconda natura, e la figurazione - che è il suo punto di partenza ma anche frequente
ritorno ad un contatto più intimo con il reale e la fisicità, oltre che con la intellettualità non figurativa - la linea di demarcazione è per Carla Rigato il ricco territorio di golena da cui attingere a piene mani il colore. La forza espressiva cromatica
costituisce infatti uno degli elementi più fortemente caratterizzanti del suo lavoro, capace di esplosioni astratte quanto di costruire la figura umana, strutturandone l’ossatura formale e determinarne anche il carattere interiore.
Narratrice dell'esperienza femminile e della vita in generale, con passione e forza visionaria, Rigato ha messo sotto esame le
principali fonti della pittura del Novecento, dall’Espressionismo all’Astrattismo, per coglierne gli aspetti che meglio traducono il
senso della contemporaneità. Gli articolati e colorati “ismi” del secolo scorso, attraversano infatti la costruzione della sua personalità artistica con rapidi ed incisivi tocchi, quasi come una ricerca sinottica imprescindibile ma immediatamente trasformata
e metabolizzata in un linguaggio personale, irruente e ad un tempo meditato. Di tutte queste “scuole” Carla Rigato esplora
30
Verso la luce | 2009
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 100 x 103
Dunque quando Rigato lavora sulla figura concentra in essa il focus e la impone all’attenzione in primo piano, nella
monumentale conseguenza del suo esistere e del suo “stare
nello spazio” come oggetto potente di una trasformazione
concettuale. Questa figura, nelle varie posizioni (solitamente
femminili e “classiche”), progressivamente ma rapidamente,
si trasforma, si sfalda, si altera, si converte ad altro contesto
e assume altro significato. Pur trattenendo in sé, come in un
nocciolo interiore, le sue qualità primigenie di essere umano, si lascia andare alla propria metamorfosi. Nascono da
questa palingenesi immagini intensamente astratte come gli
undici grandi quadri della serie Dove il cielo incontra la terra ( cui appartiene, ad esempio Magma freddo) o il potente
Dies irae (2013), un acrilico su tela pensato nell’ambito del
Festival Biblico.
E’ con queste caratteristiche che Carla Rigato si è imposta
nell’ultimo decennio all’attenzione del pubblico e della critica, dopo una formazione col magistero di Dolores Grigolon e di Richard Demel e dal 2004 alla Sommerakademie
di Salisburgo con Jacobo Borges, Michael Morgner, Zhou
Brothers e Mohamed Abla. Oltre alle numerose presenze in
rassegne collettive e mostre personali, nel 2011 ha partecipato alla 54° Biennale di Venezia – Padiglione Italia di Villa
Contarini, a Piazzola sul Brenta; nel 2012 a Verona, nella
Sala della Gran Guardia, alla rassegna Il Metaformismo; nel
2013 a OVERPLAY, evento collaterale della 55. Biennale di
Venezia a Palazzo Albrizzi e al Padiglione Tibet, in Santa
Marta Congressi – Spazio Porto; alla 28^ Edizione de Il
Metaformismo. L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore
a Malcesine Sul Garda.
L’ Angelo | 2009
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 100 x 100
CARLA RIGATO
vive e lavora a Montegrotto Terme (PD)
www.carlarigato.it
[email protected]
31
Carla Rigato
Borderline
by G i ovann a G r ossa t o
B etween the abstract, which is almost second nature to her, and the figurative – which is her starting point but also frequent
return to a more intimate contact with reality and physicality, and with non-figurative intellectuality – the demarcation line is
for Carla Rigato a rich flood plain from which to draw colour to the full. The expressive power of colours is indeed one of the
strongest features of her work, capable of abstract explosions but also of building a human body, displaying its formal bone
structure and showing also its interior. A narrator of women experience and of life in general, with passion and visionary
power, Rigato put under scrutiny the main sources of 20th century painting, from Expressionism to Abstractism, to capture the
aspects that best conveyed a sense of contemporaneity.
The articulated and coloured “isms” of last century traverse the construction of her artistic personality with quick and incisive
touches, almost like a synoptic research, essential but immediately transformed and metabolized into a personal language,
impetuous and at the same time meditated. In all these “schools” Carla Rigato explores especially the chromatic aspect and its
manyfold possibilities – for those who know how to use them – to hoard up all functions of painting: the image configuration,
the relationship with the field, the relationship between the composition’s elements and, above all, the emotional aspects of the
pictorial stroke. As Marifulvia Matteazzi Alberti, one of her most thorough critics, says about her:
“The artist expresses herself within the changeable spaces of the flesh, the body, the expressions in a thousand faceted postures of the same prism that, continuously rotating, never shows the same face […]. Any work of her is a passionate creative
experience, pursued with determination, with strenuous will, in full, always on the borderline between the need to express and
the skill of the artifice, between the intellectual and emotional impulse and the sure and liberating gesture of the hand narrating colours that flash visions full of humours and then burn out, irradiate and finally softly come apart: they tell of silences,
reticences, of man, this fragile being who wanders alone in an endless space: huge, infinitesimal microcosm, faint reflection
of the Immense.”
Il penitente | 2009
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 94 x 94
32
There is, in Carla Rigato’s painting, the tendency to recover
the value of form and volumes, rejecting the mere visual
“impression”; there appears to be a search for luminosity,
obtained with layers of colours skillfully put together in different saturations; and also something “fauve”, wild, in pursuing with a sure instinct the violence of pure colour. Equally,
some subtle echo of cubist influence, in the tension to solve
the formal problems of representation with the reduction of
figures to nearly geometric, synthetic elements.
When Rigato works on human figures she concentrates her
focus on them and imposes them to the attention in the foreground, with the monumental consequence of their existing and their “staying in space” as powerful objects of
a conceptual transformation. These figures, in various positions (usually female and “classic”), gradually but rapidly
transform, crumble down, alter, convert to another context
and take on another meaning. While retaining within, as
an inner core, their primordial qualities of human being,
they let themselves go to their metamorphosis. From this palingenesis, images arise that are intensely abstract, like the
eleven large paintings of the series Dove il cielo incontra la
terra (including, for example, Magma freddo) or the power-
La redenta | 2010
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 93 x 144
ful Dies irae (2013), an acrylic on canvas designed for the
Biblical Festival. It is with these distinctive traits that Carla
Rigato came strongly to the attention of public and critics
after studying with Dolores Grigolon and Richard Demel,
and from 2004 at the Sommerakademie in Salzburg with
Jacobo Borges, Michael Morgner, Zhou Brothers and Mohamed Abla. In addition to being present in numerous collective and personal exhibitions, in 2011 she participated in
the 54th Venice Biennale – Italy Pavilion at Villa Contarini,
in Piazzola sul Brenta; in 2012 came the exhibition Il Metaformismo in Verona, Sala della Gran Guardia; in 2013,
OVERPLAY, a side event of the 55th Venice Biennale at Palazzo Albrizzi and the Tibet Pavilion, in Santa Marta Congressi – Spazio Porto; and, finally, the 28th Edition of the Il
Metaformismo. L’Arte Contemporanea nelle antiche dimore
in Malcesine Sul Garda.
CARLA RIGATO
lives and works in Montegrotto Terme (PD)
www.carlarigato.it
[email protected]
Conquista della rivelazione | 2011
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 100 x 160
33
Alda Failoni
L’intimità del passato
di A l essa nd r o B e n e t t i
foto: N i co l a E cc h e r
I
ncisore e pittrice, Alda Failoni (Trento, 1954) è raffinata interprete contemporanea della tradizione artistica
trentina.
Forte di questa impostazione metodologica, Failoni coinvolge nei suoi dipinti e nelle sue incisioni i più svariati elementi del suo quotidiano, preferibilmente, ma non unicamente,
oggetti inanimati: porcellane e bicchieri, tessuti e gomitoli,
vassoi e conchiglie, che il suo sguardo riscatta dalla prosaicità della loro funzione pratica.
Senza titolo | 2013
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 40 x 60
L’intimità con gli oggetti che raffigura è per Failoni il presupposto fondamentale per intraprendere un’intensa ricerca di
significato, che depura progressivamente il reale del superfluo che lo ingombra, giungendo alla sintesi estrema di una
rappresentazione dove tutto è necessario e nulla è lasciato
al caso. La sensazione di sospensione che trapela dalle sue
opere fa riferimento ad una dimensione atemporale, e per
questo più profondamente significante, in cui le tracce del
passato riemergono con forza grazie alla rilettura che se ne
fa nel presente. Ogni oggetto si fa portatore di una memoria
che si vuole viva e illuminante.
Alda Failoni
vive e lavora a Trento
www.aldafailoni.com
Nella notte più profonda, le tenebre del bosco sono squarciate da bagliori improvvisi, potenti come i flash spietati dei
paparazzi d’assalto. È questa una luce indiscreta, che disvela senza delicatezza alcuna le superfici che colpisce, sbiancando le iridi degli animali impauriti.
34
Instancabile, Failoni prosegue nella
sua ricerca, per nulla lineare e, anzi, turbata da continui ripensamenti e
cambi di direzione, testimonianza di
una capacità autocritica sempre vigile. Afferma l’artista: «Posso fare un’opera di 2 metri per 1 metro e lavorarci
un mese e distruggerla appena è finita
perché non mi piace (…). Posso permettermi il rito della distruzione».
L’annullamento dell’opera nelle sue
ceneri non implica, d’altra parte, il
ritorno alla situazione precedente alla sua creazione: mentre essa diventa
istantaneamente passato, le consapevolezze che l’artista ha maturato nel
corso della sua realizzazione si compongono con il suo bagaglio culturale, costituendo il nutrimento fondamentale degli esperimenti successivi.
Una recente ed interessante declinazione di questa poetica
è rappresentata dai dipinti della serie dedicata a “Lo Spazio
Ritrovato”, che raccontano il ritorno dell’uomo contemporaneo nelle foreste del suo passato. Immerso in un continente
interamente antropizzato, coinvolto e sconvolto dalla tecnologia onnipresente, l’europeo del XXI secolo si avventura
nel selvaggio per provare a recuperare l’aura mistica che
l’avvolgeva secoli or sono, quando città, villaggi e campi
coltivati erano poco più che incisioni puntuali in un volume
compatto di conifere e latifoglie.
L’effetto è, per molti versi, simile a quello che producono i
fari delle automobili, con il loro fascio che fatica a seguire
Le creature che si aggirano nella foresta reagiscono diversamente
all’inaspettata intrusione: alcune la
rifuggono voltandole le spalle; altre
s’immobilizzano e scrutano la luce,
come cercando di comprenderne l’origine; altre ancora, infine, sembrano
non curarsi dell’invasore, come a ribadire la superiorità che deriva loro
dall’intima appartenenza alla dimensione del bosco.
Il rapporto tra la presenza umana e lo
spazio naturale resta irrisolto, e pure
animato da una tensione palpabile,
uno stato di sospensione che sembra
il preludio ad una possibile riconciliazione tra i due. La foresta invita il curioso nuovo venuto ad una maggiore
discrezione e per punirlo della sua avventatezza e foga gli preclude temporaneamente l’accesso alla sua verità
più profonda.
Frequentatrice assidua dell’atelier di Remo Wolf (19122009), ha compiuto il fondamentale apprendistato alla professione sotto l’egida del grande incisore, da cui ha appreso
anzitutto «il rigore» e la tensione «a non accontentarsi mai, a
cercare sempre nuove strade, nuove sperimentazioni».
Nelle sue composizioni, essi si arricchiscono «di simboli, di
referenti, di echi» che l’artista rintraccia proprio in virtù della
familiarità che li lega ad essi.
le tortuosità delle strade di montagna
e si proietta fugacemente al di fuori
della carreggiata.
Senza titolo | 2010
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 45 x 35
Senza titolo | 2012
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 192 x 80
35
Alda Failoni
The intimacy of the past
by A l essa nd r o B e n e t t i
photos: N i co l a E cc h e r
A lda Failoni (Trento, 1954), engraver and painter, is a sophisticated contemporary interpreter of Trentino artistic tradition. A
regular visitor to Remo Wolf’s (1912-2009) atelier, she went through the essential professional training under the guidance of
the great engraver, from whom she learned first of all «the rigour» and the endeavour «never to be satisfied and always look for
new roads, new experimenting». Relying on this methodological approach, Failoni engages in her paintings and engravings
the most diverse elements of daily life, preferably, but not uniquely, inanimate objects: porcelain and glassware, fabrics and
yarn balls, trays and shells that her eyes redeem from the prosaic quality of their practical function. In her compositions, they
are enriched with «symbols, references, echoes» tracked down by the artist precisely because of the familiarity that connects
them. Her intimacy with the objects she portrays is for Failoni essential in order to embark on an intense search for meaning,
gradually sifting the real from the superfluous that clutters it, and coming to the extreme synthesis of a representation where
everything is necessary and nothing is left to chance. The feeling of suspension that transpires from her works recalls an atemporal dimension, even more deeply significant because of that, where traces of the past resurface powerfully thanks to a new
reading made in the present.
Every object becomes the carrier of a memory that must be living and illuminating. A recent and interesting variation of this
poetry is given by the paintings of “The Space Regained” series, telling of the return of contemporary man to the forests of his
past. Immersed in a totally anthropized continent, deeply affected and overwhelmed by an omnipresent technology, the European man of the 21st century ventures into the wilderness to try and recover the mystic aura that enveloped it centuries ago,
when cities, villages and farmland were little more than dots engraved in a compact volume of conifers and deciduous trees.
Senza titolo | 2012
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 145 x 80
Senza titolo | 2004
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 140 x 100
Senza titolo | 2011
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 140 x 90
36
In the deepest night, the darkness of the wood is pierced by
sudden glares, as powerful as the ruthless flashes of vicious
paparazzi. An indiscreet light, revealing with no consideration at all the surfaces it strikes, and whitening the irises
of frightened animals. The effect is, in many ways, similar
to that produced by car headlights, with their beams hardly
following the twists of mountain roads and projecting fleetingly beyond the roadside. The creatures of the forest react
in different ways to this unexpected intrusion: some of them
shun it and run away; others freeze and look into the light,
as if trying to understand its origin; others, finally, seem
not to care about the invader, as if to affirm the superiority
that comes to them from an intimate belonging to the forest
dimension. The relationship between human presence and
natural space remains unresolved, and also animated by a
palpable tension, a state of suspension that seems the prelude to a possible reconciliation between the two. The forest
invites the curious newcomer to greater discretion and, to
punish him of his foolhardiness and rashness, temporarily
Senza titolo | 2012
Olio su carta su tela - Oil on paper on canvas
cm 180 x 90
prevents access to its deepest truth. Tirelessly, Failoni progresses in her research, never linear but rather troubled by
continuous rethinking and changes of direction, witness to
a forever vigilant capacity for self-criticism. Says the artist:
«I can make a 2x1 metre work and slave at it for a month
and then destroy it as soon as it finished because I do not
like it (…). I can afford the ritual of destruction». The annulment of her work into ashes does not imply, on the other
hand, a return to the way things were before its creation: as
it instantly becomes the past, the awareness that the artist
developed during its making is added to her cultural background, making up the essential nourishment of subsequent
experiments.
Alda Failoni
lives and works in Trento
www.aldafailoni.com
37
La Galleria CIVICA Trento e ADAC
Archivio trentino Documentazione Artisti Contemporanei
Via Belenzani 44
38122 Trento
Tel. +39 0461 985511
Fax +39 0461 277033
www.mart.trento.it
e della Grande Guerra, in concomitanza con il centenario
della Prima Guerra Mondiale. Le giovani curatrici saranno
Chiara Nuzzi (Napoli, 1986) che è risultata vincitrice con il
progetto “Afterimage” del bando di concorso CX C "Call for
Curators" indetto dal MART per una mostra dedicata al tema
della guerra e del conflitto assieme a Valeria Mancinelli (Senigallia, 1986) e Stefania Rispoli (Napoli, 1985). Si tratta
dunque di proposte espositive che seguono un programma
incentrato su '800, '900, sui linguaggi dell'arte e dell'architettura contemporanea e che persegue l’ambizione di creare
un dialogo costruttivo con i luoghi, con gli abitanti e con chi
visita la città, confermando tanto il legame con la Provincia
e con le istituzioni, quanto la vocazione internazionale e
cosmopolita. Il segno distintivo del MART, col suo sistema
museale integrato e all’avanguardia, è parte attiva di un
territorio vivace e dinamico.
Galleria CIVICA e ADAC
Il MART è anche a Trento
“
Un edificio ridisegna sempre nuove relazioni, non può
essere indifferente. Il MART nel suo spazio centrale raccoglie e valorizza il linguaggio dell’intorno. La diversità dei
linguaggi, moderno-antico, diviene ricchezza” affermava
l’architetto ticinese Mario Botta allorchè si inaugurava nel
2002, lo spazio museale del MART di Corso Bettini 43 a Rovereto (TN) realizzato su suo progetto in collaborazione con
l’ingegnere roveretano Giulio Andreolli. Baricentro dell’edificio è la grande cupola di vetro e acciaio che sovrasta la
piazza centrale di accesso al Museo, in dialogo costante
con la luce, assimilabile al Pantheon a Roma, mentre le facciate sono realizzate in pietra gialla di Vicenza, in richiamo
alla quinta Settecentesca di corso Bettini.
Ma il polo museale MART è ora esteso, oltre che con la
Casa d’arte futurista Fortunato Depero di Rovereto, alla terza sede trentina della Galleria CIVICA e ADAC, a Trento,
in via Belenzani 34. Dedicata all’arte contemporanea con
38
una specifica vocazione all’idea di sperimentazione nel modo di pensare e interpretare l’arte, la Galleria CIVICA ha
inaugurato la sua prima mostra lo scorso 19 ottobre con la
mostra “L'avanguardia intermedia. Ca' Pesaro, Moggioli e
la contemporaneità a Venezia 1913-2013”, in corso fino
al 26 gennaio 2014, a cura di Alessandro Del Puppo, e la
seconda, “Chiamata a raccolta”, tra il 16 febbraio e l’11
maggio 2014, che proponeva collezioni private di opere
realizzate tra il XX e il XXI secolo. Un collezionismo spesso
malnoto, riservato, intimo, che il pubblico ha avuto occasione di incontrare raramente. A cura dall'architetto trentino
Roberto Festi, in collaborazione con Gabriele Lorenzoni, la
mostra presentava circa 100 opere storicamente collocate
tra la metà del secolo scorso e la più recente contempo-
raneità. Dal 25 maggio al 21 settembre 2014 avrà corso
la mostra “Linguaggi plastici del XX secolo”, a cura dell’architetto Michelangelo Lupo, con cui il MART vuole ampliare
l’indagine sulla scultura con particolare attenzione a importanti artisti trentini nati nei primi anni del XX secolo e attivi
prevalentemente sul fronte della scultura: tra gli altri Eraldo
Fozzer, Fausto Melotti, Alcide Ticò e Othmar Winkler. In
esposizione inoltre un omaggio a Mauro De Carli, scomparso nel 2008 e mai adeguatamente valorizzato e un lavoro
site specific dell’artista Davide Rivalta (Bologna 1974), che
interverrà su alcune pareti della Galleria. Successivamente,
dal 4 ottobre 2014 al 25 gennaio 2015, verrà proposta al
pubblico una grande mostra dedicata al tema della guerra
Questo legame è un’appartenenza concreta che supera le
formalità nominali: a occuparsi della CIVICA è infatti il personale del Museo che, con le proprie risorse e competenze,
sviluppa una programmazione di mostre ed eventi coerente
con quella delle altre due sedi. In CIVICA è inoltre confluito
anche l’ADAC – l’Archivio degli artisti contemporanei trentini - il cui lavoro di ricerca sul territorio è propedeutico alla
formazione, alla produzione, alla diffusione del lavoro degli
artisti attivi in Trentino, nonché di interesse per ricercatori,
curatori, galleristi e operatori culturali. Attraverso l’ADAC,
che ritorna così nella città in cui negli anni Ottanta venne
fondato, la CIVICA rafforza la propria dimensione di piattaforma al servizio degli artisti del territorio e intensifica i
rapporti con l’associazionismo dell’arte contemporanea.
39
Galleria CIVICA and ADAC
MART is also in Trento
“
A building always reshapes new relationships, it
cannot be indifferent. In its central space, the MART
gathers and enhances the language of its surroundings. The diversity of languages, modern and old,
becomes richness” said Ticino-born architect Mario
Botta in 2002 on the opening in Rovereto (TN), Corso Bettini 43, of the MART museum space, built after
his design in collaboration with Rovereto-born engineer Giulio Andreolli. The building’s centre of gravity is the large glass and steel dome that dominates
the central access square to the Museum, engaged
in a constant dialogue with light and similar to the
Pantheon in Rome, while the facades are made of
yellow Vicenza stone, in keeping with the 18th century backdrop of Corso Bettini. The MART museum
complex is now extended to include, in addition to
the Casa d’arte futurista Fortunato Depero in Rovereto, the third Trentino site of Galleria CIVICA and
ADAC in Trento, via Belenzani 34.
Devoted to contemporary art, with a specific vocation for experimenting with different ways to think
and interpret art, the Galleria CIVICA inaugurated
its first exhibition on 19 October last with “L'avanguardia intermedia. Ca' Pesaro, Moggioli e la contemporaneità a Venezia 1913-2013”, open until
26 January 2014 and curated by Alessandro Del
Puppo; the second one is “Chiamata a raccolta”, to
be held between 16 February and 11 May 2014
and proposing private collections of works dating
to between the 20th and 21st century. Collections
often little known, reserved, intimate, that the general public had rarely occasion to see. Curated
by Trentino-born architect Roberto Festi, in collaboration with Gabriele Lorenzoni, the exhibition displays about 100 works historically placed between
the middle of last century and more recent, contemporary times.
great exhibition devoted to the theme of war and the Great War
will be proposed to the public, coinciding with the centenary of the
First World War. The young curators are Chiara Nuzzi (Naples,
1986), the winner with her “Afterimage” project of the CX C "Call
for Curators" MART competition for an exhibition devoted to the
theme of war and the Great War, together with Valeria Mancinelli (Senigallia, 1986) and Stefania Rispoli (Naples, 1985). These
future exhibitions follow a programme focused on the 19th/20th
century and the languages of contemporary art and architecture,
with the ambition of developing a constructive dialogue with the
place, the inhabitants and whoever visits the city, confirming the
gallery link with the Province and local institutions, but also its
international and cosmopolitan vocation.
The distinctive feature of MART, with its integrated and advanced
museum system, is being an active part of a vibrant and dynamic
territory. This is a concrete belonging that goes beyond formal
competencies: the CIVICA is actually managed by staff at the Museum who, relying on their own resources and skills, develop a
programme of exhibitions and events consistent with that of the
other two sites. The CIVICA gallery has also merged with the Archive of Trentino Contemporary Artists (ADAC), whose research on
the territory is preliminary to the creation, production and dissemination of the work of artists active in Trentino, as well as being of
particular interest to researchers, curators, gallery owners and cultural operators. Through ADAC, who thus returns to the city where
it was established in the ‘80s, the CIVICA strengthens its status
of platform at the service of artists in the territory and tightens its
relationships with contemporary art associations.
Galleria CIVICA Trento and ADAC
Trentino Archive of
Contemporary Artists Documentation
Via Belenzani 44
38122 Trento
Tel. +39 0461 985511
[email protected]
www.mart.trento.it
From 25 May to 21 September 2014 the gallery
will host “Linguaggi plastici del XX secolo”, curated
by architect Michelangelo Lupo, which will allow
MART to expand its investigation on sculpture, with
special attention to important Trentino artists born at
the beginning of the 20th century and active mainly
in the field of sculpture, including Eraldo Fozzer,
Fausto Melotti, Alcide Ticò and Othmar Winkler.
The exhibition will also include a tribute to Mauro
De Carli, who passed away in 2008 and never was
rightly appreciated, as well as a site specific work
by artist Davide Rivalta (Bologna 1974), who will
intervene on some of the gallery walls. Subsequently, from 4 October 2014 to 25 January 2015, a
40
41
nando un piccolo flauto, e dopo cinque anni mi fossi trovato
a usare un enorme organo a canne”, spiega lo stesso Thaler,
semplificando il suo processo formativo nei Paesi Bassi. Il paragone con uno strumento musicale non è fortuito perché le
sette note dipingono con e per Hartwig Thaler. Figlio d’arte
(suo padre è un fine ritrattista, ed entrambi i genitori sono
musicisti), ha trascorso l’infanzia ascoltando i vinili della musica classica più raffinata, ha canticchiato già da bambino
le arie operistiche più celebri, e ancora oggi non riesce a
afferrare il pennello senza ascoltare musica.
“Ogni composizione contiene una parte dell’anima di chi
l’ha scritta – spiega -. Io tento di rendere lo stesso con le
mie opere, mi piace pensare che il ritmo e l’armonia che
impongo ai miei quadri siano frutto del mio essere, e cerco
di fare in modo che chi li osserva riesca a percepirlo”. Un
sogno, un punto di arrivo per ogni persona che vive per
l’arte, un obiettivo che davvero si riesce a scorgere nel tratto
dell’artista sudtirolese: ogni sua opera è diversa, ma porta
la stessa “firma”, quell’irrequietezza che viene placata dalla
sua mano con un colpo di matita, quel senso di relax che un
unico tratto geometrico riesce ad inacidire.
Ogni sua opera è un continuo work in progress, dalla genesi all’ultima pennellata; ed è proprio per questo motivo
che ogni suo quadro è a rischio: inizia con un’idea di base,
magari fluida e monocromatica; poi l’Autore la inasprisce
con colori sgargianti, la calpesta con grafiche psichedeliche e l’accarezza nuovamente con figure tondeggianti ed
armoniche. Il tutto finché non si sente “sazio” della propria
opera, finché il concetto che vuole esprimere non viene completamente sviluppato in modo esauriente e soddisfacente.
“Ma a volte questa metamorfosi non si sviluppa - spiega – e
il quadro è da buttare. Tuttavia nell’operazione artistica è
necessario osare, tentare, assaporare di tutto, lasciarsi andare e rischiare.
Wal und Knospe | 2007
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 160 x 140
Hartwig Thaler
La pluralità dell’arte
di L u ca M asi e l l o
R
azionalità e istinto. Tensione e rilassamento: sono i tratti distintivi delle opere di Hartwig Thaler, artista di Bressanone
(Bolzano) dove è nato e vive tuttora esercitando quella che è la sua più grande passione nel suo studio a Stufles, il
rione più antico della zona. I primi contatti con il mondo dell’arte Thaler li ha avuti, attorno ai vent’anni a Vienna quando, attratto dall’ambiente culturale della capitale austriaca, iniziò a sporcarsi le mani di colore e a esprimere le sue impressioni sulla
carta con semplici gesti, arte “nuda”, quella che si plasma con i polpastrelli. Dopo venne l’ammissione all’Accademia delle
Arti “Arnhem en Enschede”, in Olanda, dove l’artista trascorse cinque anni ad imparare, a perfezionare e ad approfondire
discipline tecniche che tanto l’affascinavano e di cui poco inizialmente conosceva: “È stato come se fossi entrato in classe suo42
Absprung | 2009
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 140 x 160
Ad ogni costo”. Quell’esperienza acquisita che può essere
definita “maturità artistica” è dunque la conquista che oggi,
superati in cinquant’anni, l’artista brissinese può pensare a
buon diritto di aver raggiunto. Sia nella pittura ma anche
nella scultura, che è l’altra tecnica da lui praticata con altrettanta indefettibile passione. Una pratica artistica che Thaler
ha privilegiato da quando, ai tempi dell’Accademia, scoprì
la terza dimensione, ed iniziò ad apprezzare la terracotta, iniziando poi ad appassionarsi alla scultura in metallo e
giungendo – oggi – a lavorare con l’acciaio.
Con questo materiale l’artista realizza raffinati oggetti d’arredamento: dai piccoli prodotti di design alle imponenti strutture di cui sono un esempio le sue Flügel der Versöhnung,
due ali larghe sedici metri installate su un vecchio pilone
della funivia alto diciassette metri che troneggia ad est della
vallata in cui vive; un progetto ambizioso e certo di non
facile realizzazione, ma Hartwig Thaler – specializzato fra
l’altro in arte monumentale per spazi pubblici – ha imparato
a conoscere la terza dimensione in precise misure geometrico-matematiche in modo da dominarne perfettamente le
dinamiche. Ne è testimonianza, ad esempio, una sua installazione su di un muro di dieci metri per cinquanta, all’ospedale di Nijmegen, in Olanda, o la progettazione e la
direzione di un evento come la biennale “50 x 50 x 50 ART
SÜDTIROL” sfruttando l’imponente architettura militare asburgica di Fortezza (Bz) per allestire la collettiva.
Pura Vida | 2014
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 140 x 160
HARTWIG THALER
vive e lavora a Bressanone (BZ)
www.hartwigthaler.de
[email protected]
43
Tiger & Dragon “Schwing deine Waffe“ | 2006
Fotografia e pittura - Photography and painting
cm 45 x 20
Tiger & Dragon “Zwischen zwei Flügeln“ | 2006
Fotografia e pittura - Photography and painting
cm 45 x 20
Hartwig Thaler
HARTWIG THALER
lives and works in Bressanone (BZ)
www.hartwigthaler.de
[email protected]
The plurality of art
by L u ca M asi e l l o
R ationality and instinct. Tension and relaxation: these are
the distinctive features of Hartwig Thaler works, an artist
from Bressanone (Bolzano) where he was born and still lives, practicing what is his greatest passion in his studio in
Stufles, the oldest part of town. Thaler was first introduced
to the world of art at around twenty years of age in Vienna
when, attracted by the cultural environment of the Austrian
capital, he started to get his hands dirty with colour and
deliver his impressions on paper with simple gestures: “naked” art, the one you shape with your fingertips. Later came
his admission to the “Arnhem en Enschede” Academy of
Arts in the Netherlands, where he spent five years learning,
refining and devoting himself to the techniques that so fascinated him and that initially he knew very little of: “It was as
if I had entered the class playing a small flute and, after five
years, found myself using a huge pipe organ”, explains Thaler himself, summing up his education in the Netherlands.
The comparison with a musical instrument is not fortuitous
because the seven notes paint with and for Hartwig Thaler.
Coming from an artistic family (his father is a fine portrait
painter and both his parents are musicians), he spent his
childhood listening to the best classical music recordings;
already as a child he was humming the most famous opera arias, and even now he cannot grab the brush without
listening to music. “Every composition has in itself part of
the soul of the person who wrote it, he explains. I try to do
the same with my works, I like to think that the rhythm and
harmony that I impose on my paintings come from my own
44
being, and I want to make sure that those who look at them
are able to perceive that”. A dream, a point of arrival for
anyone who lives for art, a goal that we can see achieved
in the South Tyrolean artist stroke: each one of his works is
different, but has the same “signature”, a restlessness tamed
by his hand with a pencil stroke, a sense of relaxation that a
single geometrical line manages to make sour.
Each one of his works is continuously in progress, from its
genesis to the last brush stroke; and it is precisely for this
reason that all his paintings are at risk: they start with a basic idea, perhaps fluid and monochromatic, then the author
exasperates them with flashy colours, treads on them with
psychedelic graphics and then caresses them again with
rounded and harmonious figures. All that until he feels content with his work, until the concept he wants to express is
completely developed in a comprehensive and satisfactory
way. “But sometimes this metamorphosis does not occur –
he explains – and the painting is no good. However, in art
you must dare, try, savour everything, let go and risk. At all
costs”. That acquired experience that we might call “artistic maturity” is thus the goal that today, at over fifty years
of age, the Bressanone-born artist may rightfully believe to
have achieved. Both in painting and sculpture, the other
discipline he practices with just the same unswerving passion. An artistic discipline that Thaler privileged ever since,
in his Academy years, he discovered the third dimension
and started to appreciate terracotta, beginning later to get
involved with metal sculpture and arriving – today – at wor-
king with steel. From this material the
artist makes sophisticated furnishing
objects: small design objects but also
imposing structures like his Flügel der
Versöhnung, two 16 metre wide wings installed on an old 17 metre high
cableway pylon towering on the eastern side of the valley where he lives;
an ambitious project and certainly not
an easy one to realize, but Hartwig
Thaler – specialized among other things in monumental art for public spaces – has learned to know the third
dimension in its precise geometrical
and mathematical measures, so as to
perfectly master its dynamics.
Evidence of that, for example, can be
seen in one of his installations on a
10x50 metre wall at Nijmegen Hospital, in the Netherlands, or the planning and direction of an event such
as the “50 x 50 x 50 ART SÜDTIROL”
biennial event, using the monumental Habsburg military architecture of
Fortezza (Bz) to set up the collective
exhibition.
Wandlung | 2014
Acrilico su tela - Acrylic on canvas
cm 160 x 140
45
Saint Laurent, Porsche Design fino ad arrivare alle collaborazioni tuttora attive: Christian Lacroix, Marc by Marc Jacobs,
Loewe, Emilio Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karan e Celine, l’ultimo acquisto dell’azienda). Rossimoda rappresenta
inoltre l’azienda leader del distretto calzaturiero della riviera
del Brenta, famoso in tutto il mondo per la sua produzione
di scarpe femminili griffate di lusso. Con il suo museo, unico
nella zona, svolge anche il compito di divulgare i “saperi”
del territorio e di diffondere la conoscenza delle tradizioni di
cui i calzaturieri sono gli eredi (le competenze acquisite vantano origini antiche, testimoniate sin dal 1260 con la Scuola
dei “Calegheri” veneziani, poi trasferitisi in terraferma durante le invasioni napoleoniche). Il museo funge quindi da
testimonianza del loro “saper fare” e degli elevati standard
qualitativi raggiunti che rappresentano la loro maggiore fonte di competitività in ambito internazionale. Esso documenta
inoltre, attraverso l’accessorio “scarpa”, l’evoluzione del costume nella seconda metà del secolo, fornendo uno spaccato
della nostra storia, in cui le influenze sociali, economiche e
culturali hanno indubbiamente lasciato il segno. Inizialmente
nata come “salotto buono” per ospitare clienti importanti e
licenziatari di griffe, la collezione ha ora ampliato il suo
bacino d’utenza, rivolgendosi anche alle scuole (grazie a
laboratori didattici appropriati) e ai turisti occasionali (il
complesso di Villa Foscarini è conosciuto soprattutto per i
pregevoli affreschi di epoca seicentesca ed è inserito in un
circuito di Ville venete aperte al pubblico).
Museo Rossimoda
della calzatura
Interno del Museo - Inside the museum
I
l Museo Rossimoda è nato nel 1995 dall’iniziativa di Luigino Rossi, presidente e amministratore delegato del calzaturificio.
A tale scopo è stato acquistato il complesso di Villa Foscarini, una dimora storica seicentesca lungo le rive del fiume Brenta.
Con la collaborazione della Soprintendenza alle Belle Arti sono state restaurate Villa Padronale e Foresteria destinate la prima
a Museo d’Impresa e la seconda a Centro Congressi. Attualmente Rossimoda è passata alla proprietà del gruppo finanziario
francese LVMH, che si è assunto l’onere di continuare la missione culturale intrapresa dal fondatore. La collezione, che a ogni
stagione viene arricchita con gli elementi più rappresentativi delle nuove collezioni, è costituita da circa 1700 modelli di calzature femminili di lusso griffate, prodotte dall’azienda dal 1946 fino ad oggi che, prima dell’esposizione, erano conservati
nei magazzini della Rossimoda. Il Museo ospita inoltre una piccola ma preziosa raccolta di calzature veneziane del ’700 e
dell’800 di proprietà del signor Rossi. All’interno di una sala è stato allestito anche un piccolo laboratorio che mostra il diverso
modo di creare le calzature nel passato e oggi: un deschetto da calzolaio dei primi del ‘900 con attrezzi e forme di legno
testimonia l’attività dei nostri nonni, mentre il tavolo del modellista con le tavole colori, i cataloghi, gli accessori e gli stampi
documentano l’evoluzione dei tempi moderni. L’intento di Luigino Rossi è stato inizialmente quello di raccontare il percorso fatto
dalla sua famiglia, ormai giunta alla terza generazione, e la storia delle sue collaborazioni con le più grandi case di moda
(Rossimoda ha lavorato con Christian Dior, Fendi, Anne Klein, Ungaro, Genny, Richard Tyler, Vera Wang, Calvin Klein, Yves
46
Oltre a questo di fondamentale importanza è il ruolo svolto dal museo rispetto all’area: documenta la creatività del
distretto nel corso del tempo e funge da collante tra le innumerevoli piccole e medie imprese situate nella zona che, dal
museo, si sentono in qualche modo rappresentate. Viene infatti utilizzato in diverse occasioni come degna conclusione
delle visite alle loro aziende (di fondamentale importanza a
tale riguardo è la collaborazione con l’Acrib, l’associazione
calzaturieri della riviera del Brenta, che da quarant’anni si
occupa della promozione del distretto in ambito internazionale). Ultimo, ma forse principale, è il compito di rappresentare un grande stimolo per le produzioni future. Il distretto
ospita una scuola di modellisti, famosa in tutto il mondo, che
dal 1923 si occupa della formazione dei futuri designer della calzatura. Gli studenti, frequentemente, visitano il museo
con l’intento di osservare dal vivo i pezzi più interessanti
della raccolta per poi trarne ispirazione. Per raggiungere gli
obiettivi proposti, Rossimoda ha selezionato attentamente tra
i pezzi conservati dall’azienda, scegliendo quelli più rilevanti da esporre, sia in termini di creatività, che d’artigianato
d’alta qualità, d’innovazione tecnologica e di sfruttamento
di nuovi materiali.
L’allestimento, per essere coerente con gli intenti, è stato
organizzato seguendo un percorso tematico, che valorizza il
contributo delle singole case di moda ed evidenzia, quindi,
oltre alle peculiarità dell’estro creativo dei singoli stilisti, la
capacità dell’azienda nell’essere flessibile: sapersi adattare
per poter rispondere contemporaneamente e in modo adeguato alle esigenze differenti delle diverse case di moda.
Solo nel caso di Yves Saint Laurent l’esposizione ha anche
un occhio di riguardo all’evoluzione stilistica della “griffe”
nel corso del tempo : i 38 anni di rapporti con il grande stilista francese, permettono di esporre in modo adeguato uno
spaccato di storia del costume estremamente significativo.
Cinderella Shoe | Cherie Gaulke | 1975
Pelle e lana - Leather and wool
cm 24 x 13x9
Spliced Shoe | Steve Whitacre | 1976
Pelle - Leather
cm 32,5 x 15 x 39
Il prit son pied dans sa chaussure | Charles Dreyfus | 1999
Ferro - Iron
cm 19 x 15 x 8
Museo Rossimoda della Calzatura
Via Doge Pisani 1/2
30039 Strà (VE)
www.museodellacalzatura.it
47
Piede | Alberto Miotti | 1997
Legno e metallo - Wood and metal
cm 24 x 11 x 13
Rossimoda footwear museum
T
he Rossimoda footwear museum was created in 1995 thanks to the initiative of
Luigino Rossi, chairman and CEO of the footwear factory. To this end the company
purchased Villa Foscarini, an historical 17th century home along the banks of the
river Brenta. With the collaboration of the local Heritage Authority (Soprintendenza alle Belle Arti), Villa Padronale and the Foresteria were restored, the first to become the Company Museum and the second a Congress Centre. Rossimoda is now
owned by the French financial group LVMH, who committed themselves to continue
the cultural mission undertaken by the founder. The collection, which at every
season is expanded with the most representative examples from new collections,
is made up of about 1700 models of luxury ladies’ designer shoes, produced by
the company from 1946 until today and previously kept at Rossimoda before the
exhibition was set up.
The museum hosts also a small but valuable collection of Venetian shoes dating to
the 18th and 19th century, owned by Mr. Rossi. In addition, a small workshop was
set up in one room, showing how shoes were created in the past as opposed to today: a shoemaker bench from the early 20th century, with tools and shoe moulds,
is witness to the work of our grandfathers, while the pattern-maker bench, with
colour tables, catalogues, tools and moulds, documents the evolution to modern
times. The intention of Luigino Rossi was initially to recount the working history
of his family, now in its third generation, and of its collaboration with the most
important fashion houses (Rossimoda has worked with Christian Dior, Fendi, Anne
Klein, Ungaro, Genny, Richard Tyler, Vera Wang, Calvin Klein, Yves Saint Laurent
and Porsche Design, and is still actively collaborating with Christian Lacroix, Marc
by Marc Jacobs, Loewe, Emilio Pucci, Givenchy, Kenzo, Donna Karan and Celine,
the latest acquisition). Rossimoda is also the leading company in the footwear
district of the Brenta Riviera, famous all over the world for its production of luxury
designer ladies’ shoes. With its museum, the only one in the area, it also fulfils
the task of promoting the territory “skills” and spreading the traditional knowledge
inherited by local shoe makers (skills that can boast very old origins, documented
since 1260 by the Venetian “Scuola dei Calegheri”, which moved to the mainland
after Napoleon’s invasion). The museum is a testimony of the “Calegheri” know48
Bianco su bianco | Remo Bianco | 1982
Plastica - Plastic
cm 41 x 10 x 30
Mal d’Africa | Maurizio Cosua | 1993
Carta e inchiostro - Paper and ink
cm 56,5 x 22 x 41
how and of the high standards of quality they achieved,
the main reason for the district competitiveness at international level. It also documents, by looking at accessories
like shoes, the evolution of fashion in the second half of the
century, offering a cross-section of our history where social,
economic and cultural influences have certainly left a mark.
Initially used as a smart reception for important clients and
brand licensees, the collection premises have now widened
their public, addressing also schools (thanks to suitable teaching workshops) and occasional tourists (Villa Foscarini
is especially known for its valuable frescoes, dating to the
17the century, and is included in a circuit of Venetian villas
open to the public). In addition to that, the museum fulfils a
crucial role for the area: it documents the creativity of the
district in the course of time and acts as a link between the
countless small and medium size local businesses that feel
in some way represented by it. The museum is often used as
a prestigious conclusion to visitors tours of local footwear
companies (very important in this regard is the collaboration
with Acrib, the footwear industry association of the Brenta
Riviera that for forty years has been promoting the district internationally). Its last, and perhaps most important task, is to
act as a great stimulus for future productions. The district hosts a school of pattern makers famous all over the world, whi-
ch has been providing education and training since 1923
to future footwear designers. Students often visit the museum
to have a look at the original, most interesting pieces of the
collection and draw inspiration from them. Rossimoda selected carefully a number of pieces from the company’s own
collection, choosing the most relevant ones to be exhibited
in terms of creativity, high quality workmanship, technological innovation and use of new materials. In line with its
purposes, the exhibition proposes a theme route showing
the input of different fashion houses, to stress not only the
distinctive traits of individual designers and their creative talent but also the flexibility of the company, capable to adapt
in order to respond adequately and simultaneously to the
different needs of each fashion house. The exhibition has a
special eye for Yves Saint Laurent and the “griffe” stylistic
evolution over time: the 38 years relationship with the great
French fashion designer allow to adequately display a very
significant cross-section of fashion history.
Rossimoda footwear museum
Via Doge Pisani 1/2
30039 Strà (VE)
www.museodellacalzatura.it
Museo della Calzatura
Shoe composition | Daniel Spoerri | 1973
Legno e metallo - Wood and metal
cm 34,5 x 51 x 8
49
Castel Pergine, “Prigione della goccia”
Opere di - Works by Paolo Bellini
Paolo Bellini a
Castel Pergine
di Taz i o Ci rri
C
astel Pergine, una fortificazione che si erge a est del borgo di Pergine Valsugana per dominare, ad una altezza di 657
metri, dall'alto del colle Tegazzo tutta l'Alta Valsugana, dalla conca del Lago di Caldonazzo sino al torrente Fersina,
ogni anno dedica una mostra personale ad un artista. Ha scelto quest’anno di installare nei suggestivi spazi del castello medievale le opere dello scultore Paolo Bellini. Un artista completo, Bellini, nato nel 1941 a Mendrisio, comune svizzero del Canton
Ticino, la cui formazione artistica ha avuto inizio nel 1958 presso la fonderia del borgo, dove Bellini ebbe modo di apprendere
le varie tecniche scultoree. Nel 1961 si iscrive all'accademia di Belle Arti di Brera dove, anche grazie al magistero di Marino
Marini, approfondisce la sua ricerca artistica sperimentando sculture caratterizzate da una compatta plasticità che richiamano
elementi del postcubismo e della produzione di Henry Moore.
Nel 1985 l’artista mette però in discussione il proprio modo di fare scultura, abbandonando la tecnica della fusione in bronzo
e approdando a una nuova visione plastica che prevede il recupero di laminati in alluminio di scarto industriale. L'utilizzo di
materiali di risulta prosegue poi con l'adozione del ferro che, dal 1987, diventerà il materiale d’elezione per le sue sculture.
50
Si tratta per Bellini quasi di un ritorno alle origini, a quella
fonderia del borgo dove alla fine degli anni Ottanta aveva
ricevuto i primi rudimenti sul come si maneggia una materia
tanto complessa, pesante e dura ma al tempo stesso anche
duttile e capace di trasformarsi tra le mani abili di un artista
in qualcosa di estremamente leggero, espressivo e poetico.
Dunque fondamentale il rapporto artigianale con la “bottega”, un luogo in cui si inizia ad osservare, a conoscere i
procedimenti tecnici, i comportamenti del metallo e poi a
fare e dove l’apprensione del primo incontro con la materia si stempera poco a poco con il calore del fuoco e della
forgia, divenendo consapevolezza, capacità di governo del
materiale. Diventa un rapporto di stima reciproca tra l’uomo
e il ferro, una relazione stretta che può nascere solo da una
dimestichezza profonda, lunga e precoce. Solo da qui può
trarre origine quel “mestiere del comporre” di cui parla Mario Botta in un testo a catalogo che accompagna la mostra
di Castel Pergine. “Essere scultore – scrive Botta – significa
comporre, assemblare o separare le singole parti dell’insieme”.
Le forme artistiche di Paolo Bellini si sono raffinate nel corso
dei decenni, passando da un atteggiamento di intervento
diretto sulla materia a una ricerca creata dall’accostarsi dei
fogli di zinco ritagliati, piegati, irrigiditi. I volumi emergono
dai rilievi delle superfici nel dialogo con le altre parti, creano un “collage” dove i veri elementi che aggregano sono i
vuoti tra le parti, veri protagonisti del linguaggio espressivo
dell’artista. I rapporti spaziali generano composizioni nelle
quali il confronto e lo scontro continuo tra i pieni e i vuoti
modellano tensioni ed emozioni che emergono nell’opera
compiuta. L’apparente casualità delle forme delle lastre e
dei loro assemblaggi è contraddetta dal risultato finale dove l’insieme suggerisce figure, gruppi, maschere, volti ed
icone omogenee, che ricordano segni e archetipi già presenti nell’inconscio della nostra identità. Quello di Bellini è
un comporre caratterizzato dall’attività dell’”aggiungere”
progressivo e non più del togliere, come era stato nei suoi
periodi precedenti”.
Moto Meccanico | 2009
Ferro - Iron
cm 160 x 108 x 90
Paolo Bellini attualmente vive a Rancate e tiene il suo studio
a Chiasso, in Svizzera nel Canton Ticino; molte sue opere
sono conservate in collezioni pubbliche e private sia in Svizzera che all'estero e le esposizioni collettive e personali che
hanno costellato la sua attività artistica sono state importanti
per frequenza e qualità delle opere. Tra queste le personali
al Museo di Mendrisio nel 1975, al Centro Culturale Svizzero a Parigi nel 1989, al Museo di Locarno nel 1995, al
Museo di Verona nel 1996, alla Pinacoteca Civica Manege di San Pietroburgo, una importante e giovane raccolta
d’arte che in meno di 20 anni è diventata una delle più
importanti collezioni d’arte moderna in Russia, e a Mosca
nel 1998. Altri allestimenti delle sue opere si sono tenuti a
Milano, Berna, Zurigo e soprattutto a Basilea, alla Gallerie Garzanige-Ueker, dove lo scultore ha esposto nel 1978,
'82, '87, '91, '94, e ‘97. Recentemente la città di Lugano
gli ha dedicato una personale allocata in mezzo al verde del
Parco di Villa Saroli.
Castel Pergine
Via al Castello, 10
38057 Pergine Val Sugana (TN)
www.castelpergine.it
Tombale | 1992
Ferro - Iron
cm 70 x 200 x 320
51
counter with matter gradually dissolves with the heat of fire
and the forge and becomes awareness, ability to control the
material. It becomes a relationship of mutual respect between man and iron, a close relationship that can only come
from a deep, long and early familiarity. That must the origin
of that “craft of composing” mentioned by Mario Botta in a
catalogue text accompanying the Castel Pergine exhibition.
“Being a sculptor – writes Botta – means to compose, assemble or separate the individual parts of a whole. Paolo
Bellini’s artistic forms were refined over the decades, from
an approach of direct intervention on matter to a research working with the juxtaposition of zinc sheets - cut out,
bent, stiffened. The volumes emerge from surface reliefs interacting with other parts as they create a “collage” where
the elements that really aggregate are the gaps between the
parts, true protagonists of the artist’s expressive language.
Portale | 2010
Ferro - Iron
cm 79 x 64
Spatial relationships generate compositions where a continuous comparison and confrontation between filled and
empty spaces shape up the tensions and emotions that
emerge in the finished work. The apparent casualness of
the metal sheet forms and their assembly is contradicted by
the final result, where the composed whole suggests figures,
groups, masks, faces and homogeneous icons that recall signs and archetypes already present in the unconscious of
our identity. Bellini’s “composing” is characterized by an
action of gradual “adding”, no longer “removing” as it had
been in his earlier periods”.
Origami (Nido) | 2010 – 2013
Zincor
cm 151 x 142 x 132
Paul Bellini in Castel Pergine
by Taz i o Ci rri
C astel Pergine, a fortress to the east of Pergine Valsuga-
na, overlooking from the 657 metres of the Tegazzo hill the
whole Upper Valsugana, from Lake Caldonazzo’s basin to
the Fersina torrent, dedicates every year a personal exhibition to a particular artist. This year it chose to install in the
evocative spaces of the medieval castle the works of sculptor
Paolo Bellini.
An accomplished artist, Bellini was born in 1941 in Mendrisio, a Swiss town in Canton Ticino; his artistic formation
started in 1958 at the village foundry, where Bellini was
able to learn the various sculpture techniques. In 1961 he
enrolled at the Accademia di Belle Arti in Brera where, thanks also to the teaching of Marino Marini, he further developed his artistic research, experimenting with sculptures characterized by compact plasticity, recalling some elements of
post-cubism and Henry Moore production.
52
In 1985, however, the artist started questioning his way of
doing sculpture, abandoning the bronze casting technique
and arriving at a new plastic vision that involved the salvage
of industrial aluminium laminate scrap. The use of reclamation materials continued with the adoption of iron, which
became from 1987 the material of choice for his sculptures.
This was for Bellini almost a return to the origins, to that
village foundry where at the end of the ‘80s he had learned
the first rudiments of how to handle such a complex material, heavy and hard but at the same time also pliable and
capable of transformation, in the skilful hands of an artist,
into something extremely light, expressive and poetic.
Quite critical was therefore the artisan’s relationship with
his workshop, a place where one begins to observe, to learn
technical processes and the behaviour of metal, and then to
actually “make”, and where the apprehension of the first en-
Paolo Bellini lives currently in Rancate and has its workshop
in Chiasso, in the Swiss Canton Ticino; many of his works
are kept in public and private collections in Switzerland and
abroad, and the collective and personal exhibitions marking his artistic activity have been quite important for both
frequency and quality of the work. We shall mention his
personal exhibitions at the Mendrisio Museum in 1975, the
Swiss Cultural Centre in Paris in 1989, the Locarno Museum
in 1995, the Verona Museum in 1996, the Manege Civic
Pynacotheque in St. Petersburg, an important and young art
collection that in less than 20 years has become one of the
major modern art collections in Russia, and in Moscow in
1998.
Cadenze | 2008
Zincor
cm 55 x 100
Other exhibitions of his works were held in Milan, Berne, Zurich and especially Basel, at the Gallerie Garzanige-Ueker, where the sculptor exhibited in 1978, '82, '87,
'91, '94, and ‘97. Recently the city of Lugano dedicated to
him a personal exhibition in the green environment of Villa
Saroli park.
Castel Pergine
Via al Castello, 10
38057 Pergine Val Sugana (TN)
www.castelpergine.it
Veduta Castel Pergine - View of Castel Pergine
53
La Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” nella
nuova sede di Palazzo
della Ragione a Verona
foto: L o r e nzo C e r e t t a
I
l 12 aprile 2014 ha riaperto al pubblico la rinnovata
Galleria d’Arte Moderna Achille Forti nella nuova sede
di Palazzo della Ragione. Per la prima volta le Collezioni Civiche vengono collocate in questa monumentale architettura
insieme alle Collezioni di Fondazione Domus e Fondazione
Cariverona, in un percorso che copre un secolo di storie
delle arti visive, dal 1840 al 1940. Palazzo della Ragione
costituisce da sempre il cuore pulsante di Verona, un luogo
in cui diversi elementi si sono sovrapposti dando forma a un
complesso monumentale che rappresenta la città nel suo nucleo più antico e che riunisce luoghi emblematici del centro
cittadino come la Torre dei Lamberti, la Scala della Ragione
e la Cappella dei Notai. Con l’apertura della Galleria d’Arte
Modena Achille Forti, Palazzo della Ragione viene restituito
in modo unitario a Verona e al suo pubblico internazionale,
coniugando storia, architettura e arte. Grazie a questa operazione di restituzione, all’entrata originale su Via della Costa – che unisce la famosa Piazza delle Erbe con l’elegante
Piazza dei Signori – è stato possibile aggiungere un secondo ingresso attraverso la monumentale Scala della Ragione
e lungo un passaggio vetrato che conduce il visitatore alla
sala di accoglienza. In virtù di questa nuova ridistribuzione
e alla maggiore accessibilità dell’intero complesso architettonico, è stato stabilito, grazie alla collaborazione fra ammi-
nistrazione comunale ed Agec, un unico biglietto, che comprende la visita alla Galleria, al Palazzo e alla Torre dei Lamberti.
Un’operazione importante che fa di questo luogo il nuovo cuore turistico della città di Verona. Per poter ridisegnare gli spazi
di Palazzo della Ragione e selezionare le opere per questo primo allestimento, è stato chiamato come direttore artistico Luca
Massimo Barbero, che ha progettato un nuovo percorso espositivo, punteggiando le quattro grandi sale che compongono il
piano nobile del Palazzo con dipinti e sculture che insieme raccontano la storia delle collezioni veronesi e del loro rapporto
con la città. “Ho voluto creare un percorso di opere – spiega il Direttore artistico che legassero gli spazi del Palazzo alla storia
delle Collezioni, in vista di un museo permanente della città e per la città di Verona.
Per questo motivo, al centro delle scelte vi è l’idea di una restituzione dei beni artistici e storici alla cittadinanza attraverso il
potenziamento e lo sviluppo delle capacità narrative dell’allestimento pensato sia per i veronesi, che incontreranno nuovamente
i personaggi e le vicende della loro città narrate in queste opere, sia per un turismo che potrà comprendere gli spessori e le
complessità artistiche della città di Verona anche grazie allo studio di questi testi visivi. Il Palazzo, insieme alla Torre dei Lamberti, al Cortile del Mercato Vecchio e alla Scala della Ragione oggi nuovamente percorribile, diverrà infatti un unico spazio di
cui il visitatore potrà fare esperienza interloquendo con l’architettura, la storia e con le molteplici stratificazioni culturali che il
tempo ha depositato in questo edificio. Il valore delle opere esposte e la curiosità che queste susciteranno, raccontano quindi a
ogni tipo di pubblico tanto la storia dell’arte quanto, e soprattutto, le vicende storico-artistiche della città scaligera”.
Lungo le quattro sale – “Sala delle Colonne”, “Sala Quadrata”, “Sala Picta” e “Sala Orientale”– che costituiscono la nuova
Galleria, sono distribuite circa 150 opere di questa prima selezione che è stata realizzata nell’ampio arco cronologico, che
giunge fino al contemporaneo, delle opere presenti nelle tre Collezioni. La narrazione, coerentemente con l’idea originaria
della donazione Forti, si distribuisce cronologicamente dal 1840 al 1940: le opere selezionate nell’insieme costruiscono uno
straordinario racconto, non solo visivo, di Verona, del suo patrimonio culturale e paesaggistico, e del collezionismo delle istituzioni cittadine. Questa iniziale disposizione museale, pensata per essere emblematica del periodo cronologico in questione,
offre per la prima volta l’occasione di vedere riunite queste tre importanti Collezioni e svela in modo inedito le relazioni e le
corrispondenze che esistono tra le opere in esposizione e la città che le accoglie. Con la riapertura della Galleria d’Arte Moderna Achille Forti i luoghi e gli spazi finora non accessibili di Palazzo della Ragione, cui si aggiunge la Cappella dei Notai,
uno scrigno dell’arte veronese con un ciclo decorativo realizzato tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, fanno da
contraltare al racconto espositivo che si snoda tra le sale della Galleria. Si va così a costruire una nuova esperienza di visita
che per la prima volta lega la città di Verona alle sue vicende storiche, al suo patrimonio artistico e architettonico, ai suoi beni
paesaggistici, legandoli alla singolare esperienza di vedere la città dall’alto della Torre dei Lamberti. Con questa riapertura, il
complesso monumentale di Palazzo della Ragione diventa quindi non solo un palazzo dell’arte e della storia di Verona, ma anche del collezionismo, dei suoi mecenati e degli artisti che con questa città hanno avuto una storia, un racconto e un rapporto.
Per questo motivo e grazie a questo primo allestimento museale, quello narrato nelle quattro sale del piano nobile del Palazzo,
diventa uno dei percorsi possibili attraverso un secolo non
solo di pittura e scultura, ma anche di vicende e di storia delle arti visive, un luogo dove le opere sono esposte e narrate
pensando di diventare materiale utile per raccontare la città
e aprire nuovi orizzonti attraverso l’esperienza dell’arte.
Palazzo della Ragione
Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Cortile Mercato Vecchio, Verona
www. palazzodellaragioneverona.it
Palazzo della Ragione e Torre dei Lamberti
54
Meditazione | 1851
Francesco Hayez
Olio su tela - Oil on canvas
55
The Galleria d’Arte Moderna “Achille
Forti” in its new premises at Palazzo
della Ragione in Verona
photos: L o r e nzo C e r e t t a
O
n 12 April 2014 a renovated Galleria d’Arte Moderna Achille Forti was reopened to the public in its new premises at Palazzo della Ragione. For the first time the Civic Collections are to be found in this monumental architecture together with the
Collections of the Domus and Cariverona Foundations, in an exhibition that covers a century of history of the visual arts, from
1840 to 1940. Palazzo della Ragione has always been Verona’s pulsating heart, a place where different elements overlapped
during the centuries, giving rise to a monumental complex that represents the city oldest core and brings together some emblematic places of the old town such as Torre dei Lamberti, Scala della Ragione and Cappella dei Notai. With the opening of
the Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, Palazzo della Ragione is returned in a unitary way to Verona and its international
public, to combine history, architecture and art.
Thanks to this operation of restitution, it was possible to add to the original entrance in Via della Costa – connecting the famous Piazza delle Erbe to the elegant Piazza dei Signori – a second entrance through the monumental Scala della Ragione,
with a glazed passage leading visitors to the reception hall. Because of this redistribution and greater accessibility of the architectural complex as a whole, a single ticket could be agreed, thanks to the collaboration between the town administration
and Agec, to give access to the Galleria, the Palace and Torre dei Lamberti.
An important operation that turns this place into the new tourist heart of the city of Verona. As art director, with the task of
redesigning the spaces of Palazzo della Ragione and selecting the works for this first exhibition, was appointed Luca Massimo
Barbero; he planned a new exhibiting route, dotting the four large rooms of the Palace main floor with paintings and sculptures
that, together, tell the history of the Veronese collections and their relationship with the city. “I wanted to create a display –
explains the Art Director - that would link the Palace spaces to the history of the Collections, in view of a permanent museum of
the city and for the city of Verona. For this reason, central to our choices was the idea of restitution to the city of its artistic and
historical heritage, by enhancing and developing the narrative skills of an exhibition designed both for the Veronese
people, who in these works will meet again the figures and
historical events of their city, and for the tourists, who will be
able to understand the depths and complexities of Verona’s
artistic heritage also by studying these visual texts. The Palace, together with Torre dei Lamberti, Cortile del Mercato
Vecchio and Scala della Ragione, now viable again, will
become one single space that visitors can experience by
interacting with the architecture, the history and the many
cultural layers that time has deposited in this building.
The value of the works on display, and the interest they
are going to arouse, will introduce to all types of public the
history of art and, above all, Verona’s own historical and artistic events”. All through the four rooms of the new Galleria
–“Sala delle Colonne”, “Sala Quadrata”, “Sala Picta” and
“Sala Orientale”– will be shown in this first selection about
150 works from the three Collections, covering a considerable time span up to the contemporary period. The narration, in line with the original idea of the Forti donation, is distributed chronologically from 1840 to 1940: on the whole,
the selected works build up an extraordinary story, not only
visual, of Verona, its cultural and landscape richness and the
art collecting of its city institutions.
This initial display, designed to be emblematic of the chronological period in question, offers for the first time the opportunity to see these three important Collections together,
and reveals in an unprecedented way the relationships and
connections existing between the displayed works and the
city that hosts them. With the reopening of the Galleria d’Arte Moderna Achille Forti, places and spaces of Palazzo della Ragione that were not accessible so far, joined now by
Cappella dei Notai, a treasure trove of Veronese art with a
decorative cycle dating to between the end of the 17th and
the start of the 18th century, act as counterparts to the narration of the display winding through the Galleria’s rooms.
Cappella dei Notai
A new visiting experience is being developed, linking for
the first time the city of Verona to its historical events, its
artistic and architectural heritage and its rich landscape,
together with the unique opportunity of being able to see the
city from the top of Torre dei Lamberti. With this re-opening
the monumental complex of Palazzo della Ragione becomes
the Palace not only of Verona’s art and history, but also of its
art collecting, its patrons and the artists who had a history, a
tale to tell and a relationship with the city. Thanks to this first
museum display, the exhibiting route through the four rooms
of the Palace main floor becomes just one of the possible
ones across a century of painting and sculpture, events and
visual arts history, where the works are shown and narrated
with a view to becoming useful material to tell about the city
and open up new horizons through the experience of art.
Palazzo della Ragione
Galleria d’Arte Moderna Achille Forti
Il Giocoliere | 1936
Antonio Donghi
Olio su tela - Oil on canvas
56
Achille Ferito | 1833 - 1835
Innocenzo Fraccaroli
Gesso - Plaster
Cortile Mercato Vecchio, Verona
www. palazzodellaragioneverona.it
Bagnanti | 1915
Giorgio Morandi
Olio su tela - Oil on canvas
57
da vedere - to see
Museion
Bolzano
Galleria Civica Bressanone
Bressanone (BZ)
Musei Civici agli Eremitani
Padova
Nuove storie di luce per la facciata mediale
Raggiungere una meta o un traguardo, magari
dopo un percorso a volte arduo e tortuoso, oppure
alla fine di tutta una carriera, sono tutte buone
occasioni “anche” per festeggiare, e festeggiare
regalandosi un meritato riconoscimento! Nel caso
di Alex Pergher, artista, gallerista d’arte, nonché
direttore (attualmente) della piccola e prestigiosa
Galleria Civica di Bressanone, è giunto il momento
giusto: ebbene sì, 30 anni di attività, sono certo
da festeggiare, ma anche un buon motivo di fare
qualche bilancio! Pergher lo farà, innanzitutto con
una prima mostra (prevista nel 2015) nella galleria che lui stesso gestisce nella località dove risiede, questo anche per voler ringraziare collezionisti
ed amici che lo hanno sostenuto da sempre, ed
un secondo appuntamento espositivo in Toscana
(sede ancora da definire) che prevede anche
la presentazione di una Monografia completa
(catalogo) che documenta i vari “passaggi” del
suo intenso impegno artistico. Il “prefazio” della
pubblicazione è “compito” dello storico Fiorenzo
Degasperi di Trento, che si soffermerà in forma
“didascalica” sui primi anni di attività dell’artista e
più dettagliatamente invece, sulla produzione delle
opere più recenti, che rappresentano alcuni fra i
più significativi nonché emblematici e tragici eventi
che hanno “segnato” la storia dell’umanità dal 2°
conflitto mondiale ad oggi.
28 marzo-20 luglio 2014
È diventato un appuntamento ormai classico delle
serate estive dei bolzanini: parliamo della facciata
mediale di Museion. Che da giugno a settembre
torna a illuminarsi - in quattro video quattro artisti
si confrontano con il “corpo sottile” della facciata.
Questo infatti il titolo della rassegna 2014 a cura
di Frida Carazzato - lì dove il corpo è inteso sia
come presenza nello spazio, il corpo di vetro della
facciata, che come elemento fisico, con cui entrare
in relazione. Il mese di luglio vede la realizzazione di un progetto speciale in collaborazione con
Bolzano Danza, sotto il segno dell’interdisciplinarietà. Dal sodalizio tra l’artista Luca Trevisani
e il gruppo MK, che si occupa di performance,
coreografia e ricerca sonora, è nato “Venerdì”, un
lavoro all’incrocio tra arti visive e performance.
L’ispirazione è data dal testo di Michel Tournier
“Venerdì o il limbo del Pacifico”, che tematizza
l’incontro con l’altro grazie alla trasformazione dei
punti di vista.
Museion
Photo: Othmar Seehauser
New stories of light for the media façade
Now a regular fixture on summer evenings in Bolzano, Museion’s media façade is gearing up for
this year’s programme. From June to September it
is set to host four videos by four artists tackling the
“subtle body” of the façade. This is the title chosen
for the 2014 series curated by Frida Carazzato,
which interprets the body both as a presence in
space, the glass body of the façade, and as a
physical element we can all relate to. July sees a
special interdisciplinary project in collaboration
with Bolzano Danza. The partnership between
the artist Luca Trevisani and the group MK, which
works in performance, choreography and sound
research, has given rise to “Venerdì”, a project
mingling visual arts and performance, inspired
by Michel Tournier’s work “Friday, or, The Other
Island” which explores how changing viewpoints
enable us to engage with others.
Achieve a goal, perhaps after a difficult and tortuous path, or at the end of a whole career, they
are all good deals “also” to celebrate, and celebrate giving themselves a well-deserved recognition! In the case of Alex Pergher, artist, director
of art gallery, as well as director (currently) of the
small and prestigious Galleria Civica di Bressanone, now is the right time: yes, 30 years have to be
celebrated, but they are also a good reason to do
some budget ! Pergher will do it, first with a first
show ( in 2015 ) in the gallery that manages himself in the place where he resides, this also because he wants to thank collectors and friends who
have always supported him, and a second exhibition event in Tuscany (home yet to be defined) that
also includes the presentation of a comprehensive
monograph ( catalog ) that documents the various
“ steps “ of his intense artistic endeavors. The “
Preface “ of the publication is the “duty “ of the
historian Fiorenzo Degasperi from Trento, who will
linger in the form “ didactic “ on the early years of
the artist and more detail however, on the production of his most recent works, which represent
some of the the most significant and emblematic
and tragic events that have “marked “ the story of
humanity from the 2nd world War to the present.
La mostra vede la collaborazione del Comune di
Padova, Assessorato alla Cultura, Settore Musei
e Biblioteche e del Comitato Mura di Padova,
con l’apporto di altri istituti cittadini fra i quali si
segnala per l’importanza documentaria l’Archivio
di Stato. La forma urbis della città è stata determinata ed è ancora fortemente segnata dal sistema
bastionato cinquecentesco che presenta veri gioielli architettonici, come le due porte del Falconetto.
Si tratta di una delle cinte murarie più estese che
si siano conservate quasi nella loro interezza. La
mostra narra i fatti che determinarono la necessità
di realizzare la cinta rinascimentale, ne ripercorre
le vicende costruttive e la storia successiva, conseguente alla perdita di importanza di Padova dal
punto di vista militare, con il riutilizzo delle mura
per diverse funzioni pubbliche e talvolta anche
private. Saranno esposti disegni, tele, documenti
archivistici, stampe, monete, sigilli, armi e oggetti
in pietra e ceramica, plastici, modelli solidi.
The show sees the collaboration of the Municipality
of Padua, Department of Culture, Department of
Museums and Libraries and the Committee Walls
of Padua, with the help of other institutions among
citizens which is notable for the documentary
importance the State Archives. The forma urbis of
the town has been determined and is still strongly
marked by the sixteenth-century bastion system
that present real architectural gems, like the two
doors of the Falconetto. It is one of the most extensive boundary walls which are kept almost in their
entirety. The exhibition recounts the events that
led to the need to achieve the renaissance town,
it traces the story of the building and the subsequent history, resulting in the loss of importance
of Padua from the military point of view, with the
re-use of the walls for various public functions and
sometimes even private. The exhibition will include
drawings, paintings, archival documents, prints,
coins, seals, weapons and stone objects and pottery, plastic, solid models.
Museion
Galleria Civica Bressanone
Musei Civici agli Eremitani
Museo d’arte moderna e contemporanea
Via Dante 6, 39100 Bolzano
Tel. + 39 0471 223413
e-mail: [email protected]
www.museion.it
Via Portici Maggiori 5
39042 Bressanone (BZ)
www.brixen.it
Piazza Eremitani 8, 35121 Padova
Tel. +39 049 8204551/4513
[email protected]
http://padovacultura.padovanet.it
58
Centro Internazionale di Fotografia
Scavi Scaligeri
Verona
Collezione Peggy Guggenheim
Venezia
La Galleria - Dorothea van der Koelen
Venezia
Gordon Parks. Una storia americana
18 maggio / 28 settembre 2014
“Art-in-Architecture-Projects & Others”
La mostra, realizzata da Contrasto e Forma fondazione per la fotografia in collaborazione con la
Gordon Park Foundation e curata da Alessandra
Mauro, si articola in diverse sezioni e circa 160
immagini in bianco e nero e a colori, stampe
moderne e molti vintage. Gordon Parks è stato
fotografo, scrittore, regista, attore e musicista: una
personalità dallo straordinario eclettismo, che gli è
valso il soprannome di “Uomo del Rinascimento”.
Attraverso la fotografia Parks ha raccontato delle
storie: i suoi servizi sulla rivista Life dedicati a una
famiglia di neri ad Harlem hanno segnato, nel
1968, una tappa importante nel battaglia contro
il razzismo in America. In mostra anche i suoi
scatti di moda e una serie di immagini di attori – P.
Newman, S. Poitier e I. Bergman -, di musicisti - D.
Ellington, G. Gould -, di scrittori e di personalità
come Malcom X e Muhammad Alì: ritratti straordinari che colgono nei volti la tensione e la concentrazione del momento.
Dal 6 giugno al 23 novembre 2014, in occasione
della 14. Biennale di Architettura di Venezia,
La Galleria di Dorothea van der Koelen ospita
una mostra dedicata all'opera d'arte integrata in
un contesto architetturale determinato. I progetti
artistici presentati nella galleria veneziana sono
dodici: concepiti da artisti di fama internazionale
e realizzati tra il 1994 e il 2013 per l'Università
di Bayreuth, il centro commerciale di Erlangen, il
museo Ritter o il Parlamento di Dresden (per citarne solo alcuni), essi sono illustrati attraverso vari
supporti di documentazione come fotografie, cartografie, modelli etc. Assieme alla presentazione
dei progetti realizzati in situ sono esposte diverse
opere degli artisti. Sono presenti gli artisti Lore
Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida, Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther Uecker e
Martin Willing.
Muhammed Ali, Miami, Florida | 1966
Gordon Parks
© The Gordon Parks Foundation
The exhibition, organized by the Foundation for
photography “Contrasto e Forma” and in conjunction with the Gordon Park Foundation and
curated by Alessandra Mauro, is divided into
different sections and about 160 images in black
and white and color, many vintage and modern
prints. Gordon Parks was a photographer, writer,
director, actor and musician, a personality from
the extraordinary eclecticism, which earned him
the nickname of the “Renaissance Man”. Through
photography Parks told stories: its services in Life
magazine devoted to a family of blacks in Harlem
marked, in 1968, an important step in the battle
against racism in America. The exhibition also
features its fashion shots and a series of pictures
of actors - P. Newman, S. Poitier and I. Bergman
- musicians - D. Ellington, G. Gould -, writers and
personalities such as Malcolm X and Muhammad
Ali: stunning portraits that capture the tension in
the faces and the concentration of the moment.
Centro Internazionale di Fotografia
Scavi Scaligeri, Verona
Cortile del Tribunale (tra Piazza dei Signori e
Piazza Viviani), 37121 Verona
Tel +39 045 8007490
www.comune.verona.it/scaviscaligeri
Solo per i tuoi occhi. Una collezione privata, dal Manierismo al Surrealismo
Fino al 31 agosto 2014 la Collezione Peggy Guggenheim ospita Solo per i tuoi occhi. Una collezione privata, dal Manierismo al Surrealismo, raffinatissima mostra a cura di Andreas Beyer, docente di
storia dell’arte all’università di Basilea, che svela
al grande pubblico una preziosa selezione di
opere provenienti dalla Collezione Richard e Ulla
Dreyfus-Best di Basilea. Il percorso della mostra
si snoda attraverso oltre 120 pezzi, tra oggetti,
dipinti, disegni e sculture che spaziano dal Medioevo al contemporaneo. Nel suo originale accostamento di oggetti, essa costituisce un’impresa
pionieristica, guidata da un principio che esclude
qualsiasi casualità e implica gli indispensabili
criteri di originalità e qualità. La collezione presenta opere, tra gli altri, di Arnold Böcklin, Victor
Brauner, Pieter Brueghel il Vecchio, Giorgio de
Chirico, Francesco Clemente, Salvador Dalí, Max
Ernst, René Magritte, Man Ray e Andy Warhol,
qui esposte per la prima volta tutte insieme. Tutti
i giorni alle 15.30 il museo offre visite guidate
gratuite alla mostra. L’esposizione è co-organizzata dalla Collezione Peggy Guggenheim insieme al
Kunstmuseum di Basilea, dove sarà allestita dal 21
settembre 2014 al 4 gennaio 2015.
Until 31 August 2014, the Peggy Guggenheim Collection will host For Your Eyes Only. A private
collection, from Mannerism to Surrealism, refined
exhibition curated by Andreas Beyer, a professor
of art history at the University of Basel, who reveals to the public a valuable selection of works from
the collection of Richard and Ulla Dreyfus -Best
Basel. The exhibition runs through more than 120
pieces, including objects, paintings, drawings and
sculptures ranging from the Middle Ages to contemporary. In his original combination of objects,
it is a pioneering enterprise, guided by a principle
that excludes any randomness and implies the
essential criteria of originality and quality. The
collection features works by, among others, Arnold
Böcklin,Victor Brauner, Pieter Brueghel the Elder,
Giorgio de Chirico, Francesco Clemente, Salvador Dalí, Max Ernst, René Magritte, Man Ray and
Andy Warhol, exhibited here for the first time all
together. Every day at 15.30 the museum offers
free guided tours of the exhibition. The exhibition is co-organized by the Peggy Guggenheim
Collection and the Kunstmuseum in Basel, which
will be staged from 21 September 2014 until 4
January 2015.
“Art-in-Architecture-Projects & Others”
From June 6th to November 23rd 2014, during the
14. Architecture Biennale in Venice, La Galleria
of Dorothea van der Koelen presents an exhibition
which focuses on the work of art integrated in a
determinated architectural context. The artistic projects presented in the venetian gallery are twelve:
conceived by internationally famous artists and
realized between 1994 and 2013 for the Bayreuth
University, the Erlangen Shopping Mall, the Ritter
Museum or the Dresden Parliament (to name just a
few), they are illustrated through various documentation media such as photography, plans, models
etc. Together with the presentation of the projects
in situ, several works of the artists are on display.
The “Art-in-Architecture-Projects” are from the
artists Lore Bert, Daniel Buren, Eduardo Chillida,
Heinz Gappmayr, François Morellet, Jan van Munster, Fabrizio Plessi, David Rabinowitch, Günther
Uecker and Martin Willing.
Collezione Peggy Guggenheim
La Galleria di Dorothea van der Koelen
Tel. +39 041 2405411
e-mail: [email protected]
www.guggenheim-venice.it
San Marco 2566, 30124 Venezia
Tel. +39 041 5207415
Fax. +39 041 2778080
e-mail: [email protected]
www.galerie.vanderkoelen.de
59
MBA Museo Biblioteca Archivio
Bassano del Grappa (VI)
Dal 24 aprile riapre MBA, il Museo Biblioteca
Archivio di Bassano, ampliato e rinnovato con
nuovi spazi d’accoglienza, book shop, postazioni
multimediali e laboratori didattici. Per festeggiare
due grandi mostre: Michelangelo. Capolavori grafici che in occasione dei 450 anni dalla nascita
del grande maestro presenta 18 preziosi disegni
originali provenienti da Casa Buonarroti di Firenze. Nei saloni Paesaggio urbano nella mappa dei
Bassano una mostra che anticipa la nuova sezione
sulla storia della città attraverso la lettura e l’interpretazione di mappe geografiche, incisioni, disegni, fotografie. Al centro della rassegna la Mappa
dei Bassano, studiata con le più moderne tecniche
d’indagine scientifica. Suggestive immagini fotografiche di Cesare Gerolimetto permettono l’individuazione dei luoghi più significativi attualizzando
la lettura della mappa dalpontiana in un gioco
di riscoperta che consente di capire e scoprire
la città nel suo modificarsi nella storia. Le mostre
saranno visitabili fino al 31 agosto con possibilità
di visite guidate per gruppi e scolaresche su prenotazione al numero verde 800 961993
Palazzo Sturm
Museo della Stampa Remondini
Bassano del Grappa (VI)
Il Museo delle Stampa Remondini di Palazzo Sturm
ospita nella Sala delle Spade, dedicata alle mostre
temporanee, Michelangelo inciso una scelta di
opere a stampa di altissima qualità tratte dai più
noti capolavori del Buonarroti dalla collezione
della famiglia Remondini. Una testimonianza
concreta della fortuna, della grande diffusione
e dell’interpretazione da parte di altri artisti del
grande fiorentino.
La mostra sarà visitabile fino al 31 agosto con possibilità di visite guidate per gruppi e scolaresche
su prenotazione al numero verde 800 961993
The Museum of Remondini’s Prints in Palazzo
Sturm in the Sword Room, dedicated to temporary
exhibition, hosts Michelangelo carved: a selection
of printed works of high quality chosen between
the most famous Buonarotti’s masterpiece of the
collection of Remondini family. A direct evidence
of the fortune, but also of the large diffusion and
interpretation made by other artists on the work of
the great Florentine. Exhibitions will be open until
August 31 with the possibility of booking guided
tours for groups and classes at the number 800
961993
From April 24 re-opens MBA, the Museum, library
and archive of Bassano, which has been enlarged
and renovated with new areas dedicated to reception, bookshop, multimedia stations and didactic
laboratories. In order to celebrate this event have
been organized two exhibitions: Michelangelo.
Graphic masterpieces that takes the occasion of
the 450 years from the birth of the great artist to
present 18 exquisite and original drawings coming
from Casa Buonarotti in Florence. The other exhibition, Urban landscape in map of Bassano’s painters, anticipates the new section of the Museum
dedicated to the history of the city through the
interpretation of geographic maps, engravings,
drawings and photos. The focus of the exposition
is on the Map of Bassano which has been studied
with the most innovative techniques of scientific
investigation. Suggestive photos of Cesare Gerolimetto permit to discover the most significant places
of the city, modernising in this way the lecture of
Daponte’s map in a continuous exchange between
past and present that make us discover Bassano
in its transformation during history. Exhibitions
will be open until August 31 with the possibility of
booking guided tours for groups and classes at the
number 800 961993
I Musei di Spazio Brazzà
Museo Storico Pietro di Brazzà Savorgnan
/ Museo Artistico Štepán Zavrel
Moruzzo (UD)
'Nel ventre della balena. Dal mosaico di Giona
alla fiaba di Pinocchio'. A fine aprile s'inaugura
nella sede storica di Palazzo Meizlik ad Aquileia
la mostra curata dal Gruppo Archeologico Aquileiese in collaborazione con il Museo Artistico
Štepán Zavrel di Spazio Brazzà. Attraverso una
serie di testimonianze storiche, archeologiche,
bibliografiche, cinematografiche si snoda un filo
rosso che parte dai mosaici del ciclo di Giona
della basilica di Aquileia, e si conclude con le
più recenti interpretazioni della storia di Collodi,
passando attraverso opere originali e inedite, tra
cui una trentina provenienti dalla Collezione del
Museo Artistico Štepán Zavrel di Brazzà. Un percorso espositivo che a partire dall'episodio biblico
affronta il tema della crescita che ogni individuo si
trova a dover affrontare attraverso le vicissitudini
della vita, per arrivare al raggiungimento della
propria consapevolezza e maturità. La mostra,
inserita all'interno del 'Festival della Letteratura
Bambina', é accompagnata da eventi rivolti a
bambini e adulti, scuole e famiglie e accoglie i
visitatori per tutta l'estate fino a metà luglio.
‘Nel ventre della balena. Dal mosaico di Giona
alla fiaba di Pinocchio’. In late April will be inaugurated in the historical site of the Palace Meizlik
in Aquileia the exhibition curated by the Archaeological Group in collaboration with the Museum
of Art Stepan Zavrel of Spazio Brazza. Through a
series of historical, archaeological, bibliographic
film runs a thread that part of the cycle of Jonah
from the mosaics of the Basilica of Aquileia, and
concludes with the most recent interpretations of
the story by Collodi, through original works and
unpublished, including thirty from the Collection
of the Museum of Art Stepan Zavrel Brazza. An
exhibition that starting from the episode deals with
the biblical theme of growth that each individual is
faced through the vicissitudes of life, to get to the
achievement of one’s awareness and maturity. The
exhibition included inside the ‘ Festival of Child
Literature ‘, is accompanied by events for children
and adults, schools and families and welcomes
visitors throughout the summer until mid-July.
Museo Casa Giorgione
Castelfranco Veneto (TV)
Castello del Buonconsiglio
Trento
FALSAREA
Il Museo Casa Giorgione si sta preparando ad
ospitare l’esposizione “Veronese nelle Terre di
Giorgione” prevista per l’autunno 2014. La mostra
di Castelfranco prenderà in esame un’opera
affascinante quanto poco conosciuta: il ciclo di
affreschi di Villa Soranzo, edificio demolito nell’Ottocento, ma da cui sono stati salvati preziosissimi
brani di pitture veronesiane, ora custoditi in diversi musei e collezioni private italiani e stranieri. Il
tema, inedito e arricchito da recenti studi, della
committenza dei Soranzo e di quella che è stata
la prima grande impresa di decorazione di villa
del giovane Veronese, trova la sua perfetta cornice
nel legame con il territorio. A pochi chilometri da
Castelfranco Veneto infatti è possibile visitare altre
testimonianze dello stesso Paolo Caliari (la celeberrima Villa Barbaro a Maser), o del suo collega
Giambattista Zelotti (in Villa Emo a Vedelago) o
della sua bottega (in Villa Chiminelli a Sant’Andrea oltre il Muson). Una mostra insomma che
esce dalle pareti del museo e dalla cinta muraria
cittadina e si dipana nel territorio per celebrare
un grande artista veneto, che ha dipinto con i suoi
incredibili cromatismi queste terre e che a distanza
di secoli continua a incantare con la sua arte.
Dosso Dossi al Castello del Buonconsiglio di Trento
12 luglio – 2 novembre 2014
Il falso Léger svelato dall’acceleratore di par ticelle
The Museo Casa Giorgione is preparing to host the
exhibition “ Veronese in the Lands of Giorgione
“ scheduled for autumn 2014. The exhibition of
Castelfranco will examine what a fascinating and
little known work: the cycle of frescoes of the Villa
Soranzo, building demolished in the nineteenth
century, but from which they were saved precious pieces of Veronese paintings, now kept in
several museums and private collections Italians
and foreigners. The theme, new and enriched by
recent studies, of the Soranzo’s commission and
what was the first major undertaking of the young
Veronese villa decoration, finds its perfect frame
in connection with the territory. A few miles from
Castelfranco Veneto, it is possible to visit other evidence of the same Paolo Caliari ( the famous Villa
Barbaro at Maser ), or his colleague Giambattista
Zelotti ( in Villa Emo in Vedelago ) or his workshop
( in Chiminelli Villa Sant’Andrea over the Muson ).
An exhibition words coming out of the walls of the
museum and the city walls and unfolds in the area
to celebrate a great Venetian artist who painted
with its amazing colors these lands and that, centuries later, continues to enchant with its art.
La mostra, allestita nel Magno Palazzo del Castello
del Buonconsiglio in quelle stesse sale che Dosso
assieme al fratello Battista affrescò tra il 1531
ed il 1532, racconta lo straordinario percorso
artistico di questo eccentrico pittore del Rinascimento. Ideata dalla Galleria degli Uffizi di
Firenze nell’ambito del progetto “La città degli
Uffizi”, la rassegna mette in mostra una quarantina di magnifici dipinti che mettono a confronto
le opere di Dosso e Battista con i grandi maestri
del Rinascimento, da Tiziano a Michelangelo, da
Giorgione a Raffaello in un costante dialogo con
gli affreschi del castello. In mostra vi sono capolavori dosseschi conservati agli Uffizi, alla Galleria
Palatina di Palazzo Pitti, alla Galleria Estense di
Modena, alla Pinacoteca Nazionale di Ferrara,
alla Fondazione Roberto Longhi di Firenze, alla
Collezione Cini di Venezia, alla Pinacoteca Brera
di Milano, alla Galleria Borghese di Roma e al
castello di Wawel in Polonia.
The exhibition, held in the Great Palace of Buonconsiglio Castle in those same rooms that Dosso
together with his brother Battista frescoed between
1531 and 1532, tells the extraordinary artistic
career of this eccentric painter of the Renaissance.
Designed from the Uffizi Gallery in Florence under
the project “The City of the Uffizi”, the exhibition
showcases forty magnificent paintings that compare the works of Dosso and Battista with the great
masters of the Renaissance, Tiziano and Michelangelo, by Giorgione, Raphael in a constant dialogue with the frescoes of the castle. On display
there are masterpieces of Dossi in the Uffizi, the
Galleria Palatina in Palazzo Pitti, Galleria Estense
in Modena, the National Art Gallery of Ferrara,
the Roberto Longhi Foundation in Florence, at the
Cini Collection in Venice, the Pinacoteca Brera in
Milan, the Galleria Borghese in Rome and at the
Wawel Castle in Poland.
MBA Museo Biblioteca Archivio
Museo della Stampa Remondini
I Musei di Spazio Brazzà
Museo Casa Giorgione
Castello del Buonconsiglio
Piazza Garibaldi 34
36061 Bassano del Grappa (VI)
Tel. +39 0424 519901
www.museibassano.it
Palazzo Sturm, Via Schiavonetti 7
36061 Bassano del Grappa (VI)
Tel. +39 0424 519940
www.museibassano.it
Via del Castello 15, 33030 Moruzzo (UD)
e-mail: [email protected]
www.castellodibrazza.com
Piazza San Liberale
31033 Castelfranco Veneto
Tel. +39 0423 735626
Fax 0423 735621
e-mail: [email protected]
www.museocasagiorgione.it
Facebook/MuseoCasaGiorgione Via B. Clesio 5, 38121 Trento
Tel. +39 0461 492803 - 492846
Fax +39 0461 492809
e-mail: [email protected]
www.buonconsiglio.it
60
Sono stati degli scienziati a sciogliere
un annoso dubbio sollevato dal massimo
esperto del pittore Fernand Léger, l’inglese
Douglas Cooper e da altri critici e studiosi
d’arte, relativamente ad un dipinto realizzato tra il 1913/14 a lui attribuito e acquisito
dalla collezionista Peggy Guggenheim negli
anni Settanta. Una piccolissima quantità
di tessuto è stato prelevato da un risvolto
della tela del quadro, ed è stato inviato al
Laboratorio per l’Ambiente e i Beni Culturali (LABEC) di Firenze dove i ricercatori, in
collaborazione con i fisici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare di Ferrara, l’hanno
analizzato con la tecnica della spettrometria di massa con acceleratore. Hanno cioè
quantificato la concentrazione di radiocarbonio intrappolato nella tela per risalire al
periodo della sua produzione (ovvero alla
data in cui sono state tagliate le piante da
cui è stata poi tessuta), comparando i livelli
di radiocarbonio presenti nel frammento con
quelli noti presenti nell’atmosfera durante
gli anni del bomb peak, ovvero nel periodo
dal 1955 al 1965 quando, nel corso della
Guerra Fredda, si verificò un significativo
aumento nell’aria del radiocarbonio a causa
dei test nucleari. Dall’analisi è risultata
presente nel tessuto una concentrazione di
radiocarbonio largamente superiore a quella
che avrebbe dovuto esserci se l’opera fosse
stata autentica. La tela infatti risale con assoluta certezza a non prima del 1959: quattro
anni dopo la morte di Léger (1955), che non
può quindi essere stato l’autore del dipinto.
The fake Léger revealed by a particle accelerator
In the end it was up to scientists to unravel a
long-standing question raised by the Englishman Douglas Cooper, leading expert on the
painter Fernand Léger, and other art critics
and scholars about a painting made between 1913 and 1914, attributed to him and
acquired by collector Peggy Guggenheim in
the 1970s. A tiny piece of fabric was taken
from a section of the canvas and sent to the
Laboratory for the Environment and Cultural
Heritage (LABEC) in Florence, where researchers, in collaboration with physicists of the
National Institute of Nuclear Physics in Ferrara, analyzed it using the accelerator mass
spectrometry technique. They measured the
concentration of radiocarbon trapped in the
canvas in order to go back to the period of
its production (i.e. the date when the plants
used to produce the fabric were cut), comparing the levels of radiocarbon present in
the fragment with those known to be present
in the atmosphere during the bomb peak
years, that is the period from 1955 to 1965,
during the Cold War, when there was a
significant increase of radiocarbon in the air
due to nuclear tests. The analysis detected
in the fabric a concentration of radiocarbon
much greater than expected if the work had
been authentic. The canvas dates back with
absolute certainty to no earlier than 1959:
four years after Léger death(1955), who
cannot therefore have been the author of the
painting.
61
Arnold Mario Dall’O
Bolzano
(…) Il progetto di Arnold Mario Dall’O diventa un
punto di vista straordinario sulla realtà attuale proprio perché riesce a cogliere questa dimensione
in cui l’attualità delle forme si lega alla memoria
collettiva. Still.life assume quindi il significato non
solo di una ripresa di un genere artistico fondamentale, ma anche un gioco linguistico attraverso
cui si racconta di qualcosa che è ancora vita,
che non si è spento del tutto. Dall’O sa anche
che l’arte ha questo strano destino, di estraniarsi
sempre un pò dalla vita, di isolarsi, ma nello stesso
tempo di riuscire a dare eternità al transeunte, a
ciò che trascorre o si spegne. Mettendo insieme
cronaca e citazione colta, cultura alta e bassa,
l’artista sa che, comunque, attraverso la propria
arte sta creando un universo in cui tutto ciò che
si rappresenta con le sue implicazioni culturali
o archetipiche, trova una collocazione. Questo
progetto artistico diventa anche un’elaborazione
culturale complessa perché porta sullo stesso piano
il cadavere anonimo con il memento mori della
pittura classica.
Silvano Tessarollo
Cartigliano (VI)
Manuel Pablo Pace
Montecchio Maggiore (VI)
Adriano Bergozza
Bassano del Grappa (VI)
Il lavoro è disegnato per tratti, metodicamente, a
spicchi di circonferenza che intrecciandosi fanno
il chiaroscuro, con un criterio che ricorda molto
l’incisione a punta secca. L’impatto è urticante,
fastidioso, come se in un momento tragico, solenne, si sentisse un rumore inopportuno e spiazzante
deflagrare in un ambiente sacro. Pare quasi di
riconoscere la risata goliardica di Gino De Dominicis.
Manuel Pablo Pace di pagnolo ha il nome e l’animo, l’origine morale. Spagna che non è terra
natia ma è stata per lungo tempo d’adozione, e
che ancora, ciclicamente, lo richiama a sé. L’Italia
invece é terra di formazione prima (l’accademia di
belle arti veneziana, a seguire gli studi di sociologia), di militanza poi (tra i capofila della storica
rassegna bassanese Infart, sulle orme della street
art dei “beautiful looser”). Le opere che compongono la costante ricerca di Pace non sono facilmente inquadrabili, componendosi di una pittura
che rifugge dall’iperrealismo alla Hopper, abbraccia i toni vintage dei manifesti pubblicitari anni
Cinquanta, nelle forme ancor prima che nelle tinte,
e si nutre dell’ampiezza dei segni onirici. I ritratti,
fedeli, calano i soggetti in ambientazioni surreali,
in un passato imprecisato, componendo scene di
genere dal gap temporale spiazzante. Pace usa
la fotografia come punto di partenza nella composizione dei dipinti, o piuttosto attivatore di suggestioni, funzionale a comporre la struttura del lavoro
che andrà a sviluppare in seconda battuta (olio,
tempera, acrilico, acquerello, matita. Media scelti
di volta in volta, in base alle necessità) sovrapponendo differenti tagli, differenti visioni.
Nato a Bassano del Grappa (Vi) nel 1946, dove
attualmente risiede e lavora, dopo il conseguimento del diploma presso l’Istituto d’Arte di Nove
(Vi) e la frequentazione dell’Accademia di Belle
Arti di Venezia, Adriano Bergozza inizia la sua
carriera artistica in un clima segnato dagli avvenimenti politici del ’68, dai quali viene fortemente
suggestionato e che lo portano a compiere ripetuti
soggiorni a Parigi. Ma rimane sempre forte l’attrazione verso l’ambiente contadino d’origine che lo
induce a riflettere su quegli strumenti “da lavoro”
adusati e riutilizzati, che lo scultore rielabora nel
suo equilibrio-disequilibrio “spirituale” dell’opera
a diretto contatto con l’ambiente, in un dialogo
serrato tra forma -spazio- volume. Le matrici culturali di Bergozza sin dagli esordi attingono a più
diversi campi “concettuali” che coinvolgono lo
studio sia della filosofia orientale sia della scultura
africana e oceanica, con una serie di disegni e
bozzetti di “derivazione surrealista” realizzati a
Parigi tra il 1974-75 in occasione dell’esposizione
presso il “Salon de la jeune sculpture” al quale
partecipa su invito del critico d’arte Denis Chevalier. Questa prima esperienza segnerà profondamente lo scultore nella scelta del materiali quali il
legno, il ferro e il refrattario per i suoi primi “racconti geometrici”.
Nostra Signora | installazione
cm 294L x 338H x 190P, altezza nylon cm 300 ovatta,
neve artificiale, terra, cera, resina, acqua, rami, cenere,
nylon, ventilatori, carota e ruote di carrozzina - cotton,
man-made snow, earth, wax, resin, water, branches, ash,
nylon, fans, carrot and baby carriage wheels.
The work is laid out as series of lines, segments of
a circumference that interweave to create chiaroscuro, with a criterion that is heavily reminiscent
of dry-point etching. The impact is stinging, irritating, as though in a tragic and solemn moment
we heard an incongruous and unexpected noise
explode in a sacred place. In this it seems we can
hear Gino De Domenicis’ undergraduate laugh.
Manuel Pablo Pace has a Spanish name and soul,
he perceives his moral origin as Spanish. Spain is
not his homeland, but it was his adoptive country
for a long time and still, cyclically, calls him back
to itself again and again. Italy, on the other hand,
is the land where he was first educated (the Venice
Academy of Fine Arts, then the Trento faculty of
Sociology), and where he was later an activist (he
was among the forerunners of the historic Bassano
festival Infart, following the footsteps of the street
art of the “beautiful losers”). The works that compose Pace’s constant search are not easy to place,
since they consist of a painting style that shuns
Hopper’s hyperrealism, embraces the vintage tones
of the billboards of the Fifties - in their forms, even
more than in their colors - and is nourished by the
scope of dreamlike signs. The portraits, faithfully,
make the subjects dive into surreal settings, into
an unspecified past, composing genre scenes
characterised by a startling time gap. Pace uses
photography as a starting point while creating his
paintings, or rather as a trigger for suggestions,
functional to assemble the structure of a work that
he will develop at a later stage (oil, tempera, acrylic, watercolor, pencil - means that were chosen
each time, depending on the need of the moment)
by overlapping different sections, different visions.
Adriano Bergozza was born in Bassano del
Grappa (Vicenza) in 1946 where he still lives and
works. He got his “diploma” by the Istituto Statale
d’ARTE of Nove (Vicenza) and then he attended the Accademia delle Belle Arti in Venice. He
started his artistic career in the particular atmosphere characterized by those 1968 political events
which had a strong appeal on his art and brought
him to various trips to Paris. Yet, his attraction to
his rural origin is always present in his art; he
uses and “reflects” on traditional working tools in
his revision of spiritual equilibrium-disequilibrium,
in direct contact with nature, in a tight dialogue
between fonn, space and volume. Bergozza started his career drawing from different intellectual
sources; from the study of the Oriental philosophy
to the African and Oceanic sculpture. He also
produced a series of surrealistic sketches between
1974 and 1975 exhibited at the Salon de la Jeune
Sculpture in Paris, at the invitation of the art critic
Mr. Denis Chevalier. This first experience strongly
influenced the sculptor in his choice of materials
such as wood, iron and refractory used for his first
“Geometrical Stories”.
Monica Marioni
Dueville (VI)
Sasha Torrisi
Marostica (VI)
Arte come suggestione, emozione, sperienza
Si è chiusa lo scorso 31 marzo REBUS, l’ultima
personale milanese di Monica Marioni, artista di
Dueville di stanza nel capoluogo lombardo da un
paio d’anni. Il Museo Fondazione Luciana Matalon ha accolto con grande favore di pubblico
le sedici opere materiche, enigmatiche nel loro
comporsi di grafica e lettering, portatrici di un
segreto crittato. Ne sono protagoniste figure che
sembrano affiorare dalla storia dell’arte o dalle
tavole di un fumetto d’autore per descrivere una
modernità liquida e inafferrabile, dove dominano
i tic e le ossessioni della cultura urbana. Marioni
da sempre nutre un forte legame con i materiali,
che si traduce nella densa matericita’ della sua
figurazione. Ma considera altresì i diversi media
artistici come pennelli diversi, ognuno adatto a
veicolare ora una contenuto, ora un’altro. Tra i
suoi progetti: EgO, evento collaterale alla 53esima
Biennale D’Arte di Venezia; Ninfe, presentato a
Vicenza per iniziativa della Fondazione Vignato
per l’Arte; IO SONO, allestito a Milano presso
Fondazione Stelline, con la curatela di Vittorio
Sgarbi e Oliver Orest Tschirky; REBUS, in quattro
sedi tra le quali il Chiostro del Bramante a Roma e
Fondazione Matalon a Milano.
REBUS, the last solo show by Monica Marioni,
closed last March 31. The Dueville-born artist has
been living in Milan for the past couple of years;
the Museum Foundation Luciana Matalon has
warmly welcomed the wide audience for sixteen
mixed media works, enigmatic in their composition
made by graphics and lettering togheter, which
hide an encrypted secret. The subjects seem to
emerge from art history or from a comic strip to
describe a liquid and elusive modernity, dominated by tics and obsessions of urban culture. Marioni has always felt a strong bond with the materials,
resulting in the dense matericity of her figuration.
But she also consider the different artistic media as
different brushes, which suite a content or another. Among her projects: Ego, a collateral event of
53rd Venice Biennale; Ninfe, on show in Vicenza
by Vignato Foundation; IO SONO, held in Milan
at Stelline Foundation, curated by Vittorio Sgarbi
and Oliver Orest Tschirky; REBUS, exhibited in
four locations including the Cloister of Bramante in
Rome and Matalon Foundation in Milan.
Le opere fluo di Sasha Torrisi illuminate con lampade Wood si trasformano in viaggio sensoriale.
Cantante del celebre gruppo "Timoria", oggi è
anche uno degli esponenti della corrente NewPop;
dipinge in acrilico con potenti pennellate fluo. Le
sue opere trasformano la quotidianità in un'esperienza alternativa, una dimensione quasi fumettistica. Sasha rappresenta in chiave antinaturalistica il
quotidiano, portandolo alla sintesi estrema, rievocando le soluzioni formali apprese dal suo maestro Marco Lodola. L'incontro con Lodola, avvenuto
negli anni '90, è di grande ispirazione. Il giovane artista inizia a sintetizzare l'immagine fino a
renderla semplice, efficace, immediata e si nutre
di una nuova linfa vitale: il sentimento evocativo,
simboleggiato e sottointeso, porta uno straordinario dialogo tra ricerca formale e contenutistica.
Torrisi affida un ruolo prioritario alla linea nitida e
decisa, pronta a raffigurare spaccati di vita istantanea: viaggi, incontri, musica. Il suo lessico si
nutre del linguaggio Pop, spingendosi poi verso un
senso di irrealtà supportato da una fresca carica
emotiva. Il valore suggestivo-espressivo del suo
cromatismo, che lascia ai colori fluo solo alcuni
dettagli, rende Sasha Torrisi un protagonista assolutamente unico della Pop Art italiana. Dentro le
sue opere si celano simbolismi in bilico tra sogno
e realtà, messaggi di tipo etico-sociale e una forte
propensione onirica che cosÏ rielaborati, trasformano la vita in arte, emozione, esperienza.
(…) This particular project is a complex cultural
performance, since it juxtaposes the anonymous
corpse with the memento mori of classical painting. But isn’t that what we ask of contemporary
art? that it help us view the present world through
different eyes and connect what we see with
what came before us? Death is not a fact that our
media world amplifies and ultimately banalises
by image-overkill, but something that connects
the individual to the community. Likewise – and
Dall’O’s works illustrate this – ways of dying (how
living beings take on symbolic form) map the
precise boundary between nature and culture. A
polarity that embraces everything and invariably
comes out in favour of the latter. Dying is a cultural
event, which is why art has appropriated it and
given it permanent form, the substance of eternity,
which means transcendence. The biological fact is
absorbed by mourning, memory and a glimpse of
what happens next.
Disegno semplice
cm 210x200
disegno a grafite su carta Fabriano - drawing in graphite on
Fabriano paper
Arnold Mario Dall’O
Silvano Tessarollo
Manuel Pablo Pace
Adriano Bergozza
Monica Marioni
Sasha Torrisi
www.arnoldmariodallo.net
e-mail: [email protected]
www.silvanotessarollo.it
e-mail: [email protected]
www.deliriohouse.com
www.atikom.net
e-mail: [email protected]
e-mail: [email protected]
www.monicamarioni.com
www.facebook.com/marionimonica
[email protected]
www.sashatorrisi.it
62
di - by Petra Cason
di - by Alessandra Pellizzari
Sasha Torrisi follows the big movement Pop Art
representing daily life and changing it in art,
experience, emotion. His paintings infact show
complete adherence to the pop dictionary, flattening the shapes and the chromatic choices; subjects
come out from nature but are decontextualized.
Sasha assigns a leader rule to the "line", sharp
and firm, representing real life brief and fugitive
with the same playing soul of his maestro Lodola.
The young artist catches real things and emotions
and makes them paints using the Pop art language: images assume a symbolic character, taken
out of the real world, between dream and truth.
63
Bassano del Grappa (VI)
Bassano del Grappa (VI)
Silvia Berton
Irma Paulon
Asolo (TV)
Constantin Migliorini
Alessandra Lazzaris
Gorizia
In più circostanze Bergquist ha affermato: «Ogni
quadro deve essere una preghiera», aggiungendo
la celebre affermazione di Goethe secondo cui
l’artista deve lavorare, non parlare. Egli, pertanto,
quando si accinge a concepire un’opera, oltre a
sviluppare una fase di preparazione analoga a
quella messa in atto dal pittore di icone, mediante
pratiche consone al loro compimento, si induce
parimenti in uno stato di concentrazione molto
simile a quello che si richiede e si raggiunge
nello stato orante. Lo scopo di tale concentrazione
è il raggiungimento di un’energia, di una forza
da trasmettere all’opera. Tra le pratiche della
concentrazione, talune sono suscitate dal fascino
stesso delle tecniche da impiegare nell’elaborazione della tavola lignea che mutua la forma e la
struttura dall’icona antica: la scelta del legno, la
preparazione della tavola, la stratificazione delle
materie sovrapposte ad essa, il riscaldamento
delle colle, la stesura del colore a encausto, tutto
concorre a incrementare la volontà di riversare sul
supporto preparato l’energia e le forze interiori
con le quali si intende far venire alla luce l’immagine auspicata.
Negli scatti di Silvia Berton, le figure poserebbero
sfregando i margini, sulla trasparenza dei toni. Le
persone si frequentano anche nelle loro ammucchiate. Noi immaginiamo che l’amplesso sia una
grande carezza, sulla spiritualità (e quindi freddamente). Dentro le ammucchiate, le braccia a
pale volteggeranno, molto più soavemente, oltre
lo scudo dello spasmo (dove “ci si sbatte” per
il piacere). Spesso la profondità visiva diventa
incerta, fra gli avvallamenti (boschivi o sabbiosi).
La figura in primo piano avrà una centralità smussata, lasciando che il colore si sfreghi nel vortice
d’un buco nero. Silvia Berton ama le trasparenze
più algide. Il nostro sguardo andrà ad accarezzare l’intimità del colore. La purezza del bianco
si rivolterà, come a marcirla nell’avorio. Le figure
spesso ci danno le spalle, confermando che noi le
palperemo (per conoscerne l’intimità, nascosta in
profondità). Il nostro sguardo ruoterà dalla schiena
al ventre, volteggiando sul buco nero dello spasmo
(prima d’esserne rapiti). Silvia Berton inquadrerà
la figura scartata, sfregati i suoi margini verso
l’assolutezza. La figura centrale, smussata la simmetria, poi calerà in profondità, come una coltre
da palpare (a marcirne la lucentezza). Le gambe
o le finestre in sequenza faranno da scudo, per
il lancio del nostro sguardo, fra gli avallamenti
d’un buco nero sull’intimità. Silvia Berton inquadra
gli elementi rampicanti, crescenti in un continuo
risalto.
Figures pose rubbing the margins on transparency
of tones in the shots of Silvia Berton. People hang
out also in their groupings. We imagine sexual
intercourse as a great caress on spirituality (hence,
we think about it coldly). Though far more suavely,
inside a grouping arms spin like blades beyond
the realm of spasm (where one is “banged” for
pleasure). Visual depth often becomes uncertain
among hollows (either woody or sandy). The figure
in the foreground will have a smoothed centrality,
which will allow the colour to rub within a black
hole’s vortex. Silvia Berton loves icy transparencies. Our gaze will stroke the very intimacy of
colour. The purity of white will revolt as if rotting in
ivory. Figures are frequently giving us their backs,
possibly confirming that we shall touch them (in
order to become acquainted with their deeply
hidden intimacy). Eventually, our gaze will turn
from the back to the womb while twirling upon the
black hole of spasm (before becoming captivated
by it). Silvia Berton will frame the discarded figure,
its margins rubbed towards absoluteness. Once
its symmetry is blunted, the central figure will then
descend in depth like a blanket to touch (rotting its
shininess). The legs or windows in sequence will
act as a shield for launching our gaze between the
hollows of a black hole on intimacy. Silvia Berton
frames climbing elements that rise in continuous
emphasis.
“Cos’è l’arte? L’arte è una strada. Oppure è la
strada? In quasi un decennio di sperimentazione
posso dire che la mia vita senza l’arte è impensabile. La passione è il motore che mi muove. L’arte
si è presa cura di me, permettendomi di attraversare porte presenti e invisibili. L’arte mi spinge a
cercare connessioni di senso e a creare legami.
L’arte mi accompagna in strade sempre nuove, che
percorro con la gioia nel cuore. Viviamo in un’epoca densa, in cui gli eventi ci sorpassano, rapidi.
Non li possiamo controllare, ma quando accadono, l’artista è già lì.”
Nei dipinti di Constantin Migliorini il corpo è intersecato dalla psiche, la materia è filigranata dall’anima e dai suoi fantasmi. I dipinti di Migliorini
sembrano quasi una galleria di antenati in senso
darwiniano, di archetipi animali che l’uomo si
porta dentro e dietro, leggibili fra le righe, le
pieghe, le rughe dei volti e delle schiene. Tanto
sfoggio di animalità non nasconde la tragedia di
una inconscia, freudiana, incontrollabile bestialità.
Non a Darwin rimanda l’arte di Constantin, ma
alle fiabe. Si tratta di un immaginario poetico nel
quale lupi, maiali e diavoletti provengono dalle
eteree regioni dell’infanzia. È un’infanzia che
deve più alla fantasia dei fratelli Grimm ma vi si
coglie anche qualcosa di piacevolmente gioioso,
di scherzoso, di leggere presenze fantasmatiche. E
che cos’è un fantasma se non la proiezione eterea
di una materia che, in un processo chimico e di
sublimazione, diventa aria? Ecco chi è Constantin
Migliorini: un acchiappafantasmi, un ghostbuster.
Le figurine zoomorfe ci svelano favole, ci narrano di quel fanciullino che secondo Platone parla
dentro di noi, facendo capolino fra le rughe dei
volti, nei lampi degli occhi, nelle pieghe delle
bocche.
Da sempre il materiale d'elezione della ricerca di
Alessandra Lazzaris è la ruggine, processo di
ossidazione del ferro, emblema del fluire del
tempo che tutto corrode, ma anche della memoria,
segno della storia fluita. L'artista cerca di "addomesticare" questo processo, inducendolo artificialmente, ma affidandosi anche sempre al caso, considerata l'impossibilità di gestire il processo d'ossidazione negli anni. Il tempo, per il tramite della
ruggine, è la vera questione centrale di questa
ricerca, ancor più nei lavori più recenti realizzati
dalla Lazzaris, le Sindoni (2012) presenti qui in
mostra. Queste nuove opere sono tecnicamente
degli "strappi" di lavori vecchi di circa una decina
d'anni, che fungono da matrici. Queste matrici,
sulla cui superficie l'acido ha agito per anni, sono
caratterizzate da un alto strato materico: l'artista vi
stende sopra tessuti imbevuti di colla per strapparli
poi, più volte. Da una sola matrice nascono tanti
strappi, diversi tra loro perchè ciascuno ha portato
con sè un preciso strato di ruggine, dalla superficie sempre piùin profondità. Le Sindoni vengono
poi esposte in ordine cronologico, testimonianza
del tempo: da un lato del processo di ossidazione del metallo negli anni, dall'altro dello "scavo"
compiuto, strappo dopo strappo, dalla Lazzaris,
che lavora fino a riportare la lastra di metallo
quasi allo stadio di integrità originale.
Mats Bergquist
On more than one occasion, Bergquist has argued
that ‘Each painting must be a prayer’, adding a
famous quote by Goethe according to which the
artist should work and not talk. Therefore, when he
sets about to create an artwork, besides developing a preparatory phase similar to that of the painter of icons, and through practices appropriate to
the work’s fulfilment, he also induces himself into a
state of concentration very similar to that required
and achieved in the state of prayer. The purpose of
such concentration is the attainment of energy, of
a strength that is transmitted to the artwork. Some
concentrative practices are aroused by the very
same mystique of those techniques employed in the
elaboration of the wooden board that mutates the
form and structure of the ancient icon. The choice
of wood, the preparation of the board, the stratification of the other materials superimposed on it,
the warming up of glues, the encaustic application
of colour: everything contributes to increasing the
will of flowing energy and generating the interior strength capable of giving birth to the desired
image over the already prepared medium.
“What is art? Art is a way. Or maybe the way? In
almost ten years of experimentation I can say that
without art my life would be unthinkable. Passion is
my driving force. Art took care of me, by allowing
me to go through present and invisible doors. Art
pushes me to look for reasonable connections and
to create links. Art accompanies me in new directions, that I go through with the joy in my heart.
We live in a dense era, where the events surpass
us, rapidly. We can’t control them, but when they
occur, the artist is already there.“
In Constantin Migliorini’s pictures the body is intersected by the psyche,the matter is filigreed by the
mind and its ghosts.The anthropomorphic image
splits in two and multiplies in a zoomorphic hall of
mirrors. The human representation is not directly
overturned and complicated. On the contrary, the
conventions of visual perception are apparently
maintained. I observe Migliorini’s paintings with
fascination, as if it were a gallery of ancestors in
a Darwinian sense, archetypal animals which we
carry inside and on our backs, readable between
the lines, between the folds, the wrinkles of our
faces and of our backs. I observe them yet I am
not disquieted by them.I know the reason why:
such a pompous parade of animality does not hide
the tragedy of unconscious,uncontrollable Freudian bestiality. Constantin’s art does not remind
me of Doctor Freud. It reminds me of fairy tales.In
his poetical imagery little devils, wolves and pigs
come from the ethereal and fairy-like regions of the
Orcs of our childhood. A childhood which is more
indebted to Jacob and Wilhem Grimm’s imagination than to Doctor Freud’s perverse polymorphism.
I discern something agreeably joyful here, slightly
playful, because I am in the presence of ghosts’
lightness. What is a ghost? Nothing but the ethereal projection of a matter which, in a chemical and
psychoanalytical process of sublimation, turns into
air. So this is Constantin Migliorini. I have had my
own epiphany at last:he is a ghostbuster. Thus the
zoomorphic figurines reveal fairy-like biographies,
they become the diaries of those bodies that tell us
of the inner child that in Plato’s opinion speaks to
us all, peeping between the folds of our mouths,
in our eyes’ flashes, between the wrinkles of our
faces.
Ballerina | 2013
Olio e vernici su lamiera
cm 100 x100
Paolo Patelli
Villa Contarini (PD)
Since ever Alessandra Lazzaris works with the rust,
the iron oxidation’s final product. This is her
favorite material, sign of the flow of time, but simultaneously sign of the memory, of the trace of the
past history. The artist attempts to “domesticate”
this oxidation process, inducing it artificially; at
the same time, however, she has to put her work
into the hands of chance, considering the impossibility to completely control the oxidation process
itself during the years. In this way time is, by the
mediation of the rust, the main subject of Lazzaris’
research. This is even more true in the last works
realized by the artist, titled Sindoni (“Shrouds”,
2012). These works are, from a technical point
of view, some kind of rips of old works, used as
a sort of stencil. On the surface of these old stencils the oxidation worked for years, creating an
high rust’s layer. The artist covers this surface with
glued textiles to tear them off in a second moment,
repeating this operation many and many times. In
this way from one only stencil she obtains many
shrouds, which are all different because each one
takes with itself a precise rust’s layer. These Sindoni are shown in a chronological order, proofs
of the flow of the time: firstly they in fact prove the
iron’s oxidation process during the years; secondly
they show the excavation’s process made by the
artist herself, rip after rip, until the surface of the
work is not more rusty.
di - by Giorgia Gastaldon
Dal 28 Giugno antologica Paolo Patelli
1960-2014
Il lavoro di Paolo Patelli, nato in Istria e residente
nel Veneto dal 1947, ha sempre privilegiato la pittura e il colore, condiviso questo con la tradizione
della pittura veneta, che in Gino Rossi ha inizialmente molto amato. La sua formazione culturale
fin dall'inizio si è resa diversa a motivo di viaggi
e insegnamenti all'estero,per cui i riferimenti sono
semmai alla pittura e letteratura anglosassone (in
tempo di globalizzazione ciò sembra assurdo, ma
non lo era negli anni Cinquanta). Il gesto fin dall'inizio è stato per lui il modo più diretto per comunicare il senso di una pittura che nasceva dal quotidiano, una lettera scritta per raccontare la vita del
pittore, pur essendo impossibile ignorare la storia
della pittura. Molti dubbi ha sempre suscitato in
lui il fatto che il quadro perdesse ogni giorno di
più la sua unicità, la sua aura, la traccia del segno
dell'autore, essendone delegata l'esecuzione agli
assistenti o alle macchine. E pure il fatto che le
crescenti esigenze del mercato spingessero i pittori
a trovare e conservare una cifra di riconoscimento,
una ripetitività che non poteva che cancellarne il
vero valore espressivo. Una personale motivazione era di uscire dalla tradizionale geometria del
quadro-finestra, del rettangolo, per applicare il
pigmento a forme organiche e originali, o moltiplicare gli oggetti dipinti in insieme complessi.
The work of Paolo Patelli, who was born in Istria
but has lived in the Veneto region since 1947, has
always focused on painting and colour, a preference it shares with the tradition of Venetian painting, and which he particularly loved early on in
the work of Gino Rossi. From the very start his cultural education was shaped in a different direction
by his travels and his teaching abroad, so that his
influences tend to derive from Anglo-Saxon painting and literature (this seems rather absurd in the
era of globalization, but it wasn’t in the 1950s).
From the very beginning, he considered gesture
as the most direct way to convey the meaning of
painting grounded in every-day life, a letter written
to describe the life of a painter, though the history
of painting could not be ignored. Much doubt was
raised in his mind by the fact that painting seemed
to be progressively losing its uniqueness, its aura,
the trace of the author’s hand, as its execution
was delegated to assistants or machines. And by
the fact that the growing needs of the market led
painters to seek and cultivate a recognizable style,
a repetitive quality that could not help but mitigate
its true expressive value. A personal concern was
to abandon the traditional geometry of the painting-window, the rectangle, and apply the pigment
to original organic forms, or to multiply the objects
he painted into complex groups.
Mats Bergquist
Silvia Berton
Irma Paulon
Constantin Migliorini
Alessandra Lazzaris
Paolo Patelli
e-mail: [email protected]
www.matsbergquist.com
Cell. +39 346 8555 368
e-mail: [email protected]
www.silviaberton.blogspot.com
[email protected]
www.irmapaulon.com www.constantinmigliorini.com
e-mail: [email protected]
Villa Contarini, Via Luigi Camerini 1
35016 Piazzola sul Brenta (PD)
www.paolopatelli.it
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Claudia Steiner
Venezia
Claudia Steiner, artista austriaca vive da molti anni
in Italia; ha studiato a Vienna e a Venezia, dove si
è diplomata in Belle Arti. Partita dalla pittura, e da
una prolungata dedizione al disegno quasi classico, che non ha mai abbandonato, ha dapprima
con tecnica originale prodotto dei grandi quadri
figurativi su vetroresina, con notevole successo,
tecnica che ha dovuto abbandonare per la sua
tossicità, poi progressivamente si è dedicata ad
assemblages, fotografia, installazioni, tutto collegato da pittura e disegno. Negli ultimi anni si è
accostata con grande intensità alla ceramica, con
pezzi singoli (la mano, il busto, la bocca, il piede)
poi estesi in installazioni anche di grandi dimensioni, composti da mani in diversi atteggiamenti
legate da un filo rosso. Intende però continuare
a dipingere e soprattutto a disegnare. Ha partecipato alle Fiere di Francoforte, Zurigo, Bologna,
Verona; sue opere sono state esposte nei musei di
Edinburgo, Kingston, Lituania,Palazzo Mocenigo,
Scontrone, e alla Kunstverein di Karlsruhe. Ha
realizzato opere pubbliche a Villach, Klagenfurt e
Feistritz an der Drau.
Claudia Steiner is an Austrian artist who has been
living in Italy for many years. She studied in
Vienna and in Venice, where she earned her
degree in Fine Arts. She began her career
with painting, and a long-lasting dedication to
almost-classical drawing which she has never
abandoned, before developing an original technique with which she produced large figurative
paintings on fiberglass that were remarkably
successful. Forced to abandon this technique which
she discovered to be toxic, she progressively
focused her work on assemblage, photography,
and installations, all connected by painting and
drawing. In recent years she has worked intensely
with ceramics, creating individual pieces (hand,
torso, mouth, foot) that later grew into installations
including some at large scale, in which hands in
various positions are all connected by a long red
string. But she intends to continue to paint and
especially to draw. She has participated in the Art
Fairs of Frankfurt, Zurich, Bologna and Verona; her
works have been exhibited in museums in Edinburgh, Kingston, Lithuania, Scontrone, Palazzo
Mocenigo in Venice, and the Kunstverein in Karlsruhe. She has created public works for Villach,
Klagenfurt, and Feistritz an der Drau.
Svetlana Ostapovici
Giorgio Celiberti
Udine
Svetlana Ostapovici nasce a Ribnita, repubblica di
Moldova, nel 1967, dal 1999 si trasferisce in
Italia dove vive e lavora. Fotografia, installazioni,
pittura, mosaico, sono i mezzi espressivi utilizzati per le sue ricerche. Partecipa a tre Biennali di
Venezia, nel 2007, 2009 e 2011. Alla 54° edizione è presente all’evento collaterale “Round The
Clock” a cura di Martina Cavallarin, a “Free Port
of Art” Trieste ed a “Pain…Thing” nuovamente a
Venezia. Ha partecipato a mostre collettive di rilievo come “La Costante Cosmologica” presso la Fondazione Rocco Guglielmo, al Festival d’Arte Contemporanea Tina B Praga, a “Rolli Days” Genova,
a “The Great Seven” Las Vegas, a “Fotografia
Europea”. Al “Premio Terna 03” è finalista, come
pure al premio “Ecoart Project 09”. E’ presente
in fiere internazionali come Fotofever Parigi, 16°
Sofa Chicago, Art Palm Beach e Milan Image Art
Fair Milano. Per ultimo, da dicembre 2011 a febbraio 2012, una grande personale: “In/NATURA/
le” a cura di Gianluca Marziani presso Palazzo
Collicola - Museo Caradente Spoleto ha condensato tutto il suo percorso artistico fino ad oggi.
Una vita per l’arte
Giorgio Celiberti è un giovane artista d’altri tempi.
Colui che tutti immaginiamo davanti alla tela con
colori e pennello immerso in una specie di trance
in cui è il gesto creativo a dominare. Giorgio è
un artista giovane perché ama ancora conoscere,
scoprire e sperimentare con le più svariate tecniche, dalla pittura alla scultura, dalla ceramica
alla grafica, dal vetro all’oreficeria, lavorando
incessantemente nel suo grande studio inondato
di luce dove conserva tutto ciò che gli serve per
lavorare. Fogli di carta pieni di appunti, strumenti
per lavorare l’argilla, pennarelli, malte e molto
altro ancora. Dalle opere su tela esposte alla
Biennale di Venezia, alla Quadriennale di Roma
e nei più prestigiosi musei e gallerie italiane ed
estere, negli ultimi anni si dedica con maggior
impegno alla scultura che affianca il suo lavoro di
pittore già dagli anni Sessanta, oggi in particolar
modo la sua arte entra a far parte di significativi
progetti legati all’architettura e al design come la
realizzazione, su progetto dell’architetto Alessio
Princic, della facciata di Palazzo Piani a Gradisca d’Isonzo (Ud) o la produzione di una serie di
elementi d’arredo per la ditta Midj di Cordovado
(Pn). Nuovi traguardi lo attendono: a cura di Giovanni Granzotto una personale a Ravenna presso
il Museo d’Arte Moderna, un’esposizione a New
York e una al Vittoriano di Roma.
Svetlana Ostapovici is born in Ribnita, Republic of
Moldova, in 1967. She moved to Italy on 1999,
where she lives and works now. Photography,
installations, painting, mosaic are the means of
expression she used for her researches. She takes
part in three Biennale of Venice, on 2007, 2009
and 2011. At the 54th edition she attends the
collateral event “Round the Clock” cured by Martina Cavallarin, the “Free Port of Art” on Trieste
and the “Pain…Thing” on Venice again. She took
part in important collective art exhibitions as “The
Cosmological Constant”, at the Rocco Guglielmo
Foundation, in Tina B Contemporary Art Festival
on Prague, in “Rolli Days” on Genoa, in “The
Great Seven” on Las Vegas, in “European Photography”. She is finalist at the “Terna Prize 03”,
as well as at the “Ecoart Project 09” prize. She
is present at international fairs as Fotover Paris,
16th Sofa Chicago, Art Palm Beach, Milan Image
Art Fair in Milan. Lastly, from December 2011
to February 2012, a great solo exhibition: “In/
NATURA/le”, cured by Gianluca Marziani at the
Collicola Palace, Caradente Museum, in Spoleto,
condensed her whole artistic path till today.
Opera Estate
Bassano del Grappa (VI)
A life for art
Giorgio Celiberti is a young artist of other times.
One who all imagine in front of the canvas with
colours and brush absorbed in a kind of trance in
which it is the creative act to dominate. Giorgio is
a young artist because he still loves to know, to discover and to experiment with the most varied techniques, from painting to sculpture, from ceramics to
graphics, from glass to goldsmith’s art, incessantly
working in his great study flooded of light where
he keeps all that need to work. Sheets of paper
full of notes, tools to work the clay, felt-tip pens,
mortars and still more. From the works on canvas
exhibited at the Venice Biennale to the Quadriennale in Rome and the most prestigious Italian and
foreign museums and galleries, in the last years he
is devote with great appointment to the sculpture
who has already been placing side by side with is
job of painter from the Sixties, today in particular
his art enters to belong to meaningful tied up architecture projects and the design, as the realization,
on project of the architect Alessio Princic, of the
façade of Building Piani in Gradisca d’Isonzo (Go)
or a production of a series of furniture elements for
the firm Midj of Cordovado (Pn). New achivements
wait him: edited by Giovanni Granzotto a personal in the Museum of Modern Art in Ravenna, an
exhibithion in New York and one at the “Il Vittoriano” in Rome.
Teatro Goldoni
Venezia
Dal 1 luglio al 31 agosto a Bassano
del Grappa e nelle città palcoscenico
del festival
Anche i teatri
comunicano
con AreaArte
Operaestate Festival Veneto torna per la sua 34°
edizione a Bassano del Grappa e nelle altre città
palcoscenico con oltre 300 serate di spettacolo in
due mesi, attraversando una pedemontana veneta
ricca di luoghi pregni di arte e di storia. Artisti da
ogni parte del mondo, produzioni che spaziano
dal teatro all’opera, dalla danza alla musica, al
cinema d’autore, a testimoniare la cultura come
presidio irrinunciabile di un territorio che crede
ancora nell’arte e nella bellezza. Il cartellone
2014 racconta di un festival capace di evolversi
nel tempo, di raccontare puntualmente la contemporaneità e i suoi mutamenti incessanti. Un oggi
complesso da ogni punto di vista, dove riuscire
a sviluppare arte e cultura è impresa ardua, che
richiede coraggio, impegno e determinazione.
L’intero programma del festival verrà presentato
mentre state leggendo queste righe, intanto due
anticipazioni di eventi clou di quest’edizione: il
23 luglio al Castello degli Ezzelini “Tito Gobbi”
di Bassano del Grappa, una delle più importanti compagnie europee di danza la SCAPINO
BALLET di ROTTERDAM (Olanda) con una prima
nazionale Pearl. Danza al più alto livello, costumi
mozzafiato e musica di Vivaldi, eseguita dal vivo
dal Combattimento Consort, uno dei più prestigiosi ensemble di musica barocca. Un successo
clamoroso e un tour europeo da tutto esaurito.
Romanticismo, splendore, seduzione, ma anche
decadenza e degrado sono gli elementi che il
coreografo Ed Wubbe esalta in Pearl. Il tutto completato dai costumi spettacolari, una vera festa per
gli occhi. L’altro appuntamento da non mancare è
con una delle compagnie più amate dal pubblico
mondiale, i MOMIX, che tornano al PalaBassano
l’1,2, e 3 agosto a presentare il nuovo spettacolo
Alchemy, ultima affascinante creazione del geniale Moses Pendleton. Sorpresa, sfide acrobatiche,
mirabolanti creazioni illusionistiche, magie psichedeliche sono solo alcuni degli elementi che i danzatori-acrobati portano in scena in uno spettacolo
multimediale ispirato alla magia dell’alchimia.
Per la prima volta il Teatro Goldoni di Venezia presenta al pubblico la stagione estiva Goldoni
Experience. Affresco veneziano, un nuovo spettacolo di Giuseppe Emiliani che porta sul palco
alcune scene tratte da varie opere di Carlo Goldoni che raccontano momenti di vita quotidiana
nella Venezia del Settecento (Una delle ultime sere
di carnovale, Le massere, La bottega del caffè, La
putta onorata, Le donne gelose, Il campiello…). Lo
spettacolo, portato in scena da un cast di giovani attori veneti motivato e affiatato, è un vivace
affresco teatrale e un doveroso omaggio di Venezia e del Teatro Stabile del Veneto a un autore
così legato alla “intima sincerità del Teatro” e alla
“verità del Mondo” che trasformò la scena in un
terso specchio in cui ogni volto trova la sua verità
ed ogni personaggio del suo mondo e della sua
epoca ritrova la sua eco.
Informazioni e prevendita on line sul sito
www.operaestate.it
The Theatres
communicate with
AreaArte too
di - by Eliana Bevilacqua
Claudia Steiner
Svetlana Ostapovici
Giorgio Celiberti
Opera Estate
Teatro Goldoni
www.claudiasteiner.eu
www.svetlanaostapovici.it
www.giorgioceliberti.it
www.operaestate.it
San Marco 4650/b, 30124 Venezia
Centralino: +39 041.2402011
Biglietteria: +39 041.2402014
e-mail: [email protected]
www.teatrostabileveneto.it
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Teatro La Fenice
Venezia
Teatro Sociale di Rovigo
Rovigo
Teatro Comunale di Thiene
Thiene (VI)
Teatro Olimpico di Vicenza
Vicenza
Teatro Verdi
Padova
Teatro di Treviso
Treviso
Festival «Lo spirito della musica di
Venezia» 27 giugno - 27 luglio 2014
Concorso Internazionale per Cantanti
Toti Dal Monte
Sabato 28 giugno 2014, ore 17.00
Dal 27 giugno al 27 luglio si terrà la seconda edizione del Festival “Lo spirito della musica di Venezia” realizzato dalla Fondazione Teatro La Fenice
con la Regione del Veneto, il Comune di Venezia
e la Camera di Commercio di Venezia, patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
“Facendo cultura, civiltà diverse si incontrano e
dialogano”, attraverso questa linea guida, sottolineata dal Sovrintendente Cristiano Chiarot, il Festival offrirà un ampio e variegato programma di
eventi, articolati in diverse sezioni: Opera, Danza,
Musica sinfonica a Palazzo Ducale, Orchestra
Barocca, Venezia e la Francia, Vivaldi Millennium,
Musica Contemporanea. Particolare è l’attenzione
agli spazi teatrali e non della città, che costituisce
uno degli elementi fondanti del festival, così gli
spettacoli si snoderanno dalla Fenice al Cortile
di Palazzo Ducale, (che ospiterà un concerto il 9
luglio diretto da Diego Matheuz; e uno il 12 luglio
diretto da John Axelrod)., tra splendidi palazzi e
antiche chiese, come se Venezia fosse un unico,
immenso teatro. Aprirà il Festival una nuova produzione di The Rake’s Progress (La carriera di un
libertino) di Igor Stravinskij, con la regia di Damiano Michieletto e la direzione di Diego Matheuz,
tra i molti appuntamenti andrà in scena la prima
in tempi moderni dell’Eritrea di Francesco Cavalli,
con la direzione di Stefano Montanari e la regia
di Olivier Lexa, verrà dato ampio spazio ai rapporti tra Venezia e la musica francese, si terranno
concerti dedicati alla musica barocca e contemporanea, incroci musicali tra civiltà diverse, con
eventi quali la prima mondiale di Hôtel Europe di
Bernard-Henri Lévy interpretata dall’attore francese Jacques Weber con la regia di Dino Mustafic,
senza dimenticare la danza sia classica che contemporanea. Ai moltissimi eventi si aggiungeranno
un omaggio al compositore e cantante veneziano
Pino Donaggio, un concerto di Paolo Conte organizzato in collaborazione con Veneto Jazz e un
recital di Peppe Barra.
Sorto nel 1969, per volontà di Antonio Mazzarolli
e del soprano Toti Dal Monte, il Concorso Internazionale per Cantanti Toti Dal Monte si impose
subito all’attenzione del mondo musicale internazionale per prestigio e singolarità di concezione.
Fu, infatti, il primo concorso in Italia e nel mondo
ad offrire ai il debutto in palcoscenico negli stessi
ruoli dell’opera oggetto del concorso. Il successo
dell’iniziativa apparve evidente fin dalla prima
edizione tanto che l’Ente Teatro Comunale lo ripropose ogni anno per trenta edizioni. Il Concorso
ha premiato fino ad oggi ben 230 cantanti, molti
dei quali hanno in seguito intrapreso prestigiose
carriere calcando le scene dei maggiori teatri al
mondo. Con l’istituzione della Bottega, laboratorio internazionale per giovani cantanti, direttori
d’orchestra e maestri sostituiti, creato nel 1989 dal
Teatro Comunale di Treviso su idea del Maestro
Peter Maag, le sorti delle due realtà si intrecciarono: i cantanti vincitori del Concorso partecipavano alla Bottega che, sul tipo delle “botteghe”
rinascimentali, si poneva l’obbiettivo di integrare il
momento didattico con la produzione degli spettacoli, superando il diaframma tra preparazione
musicale individuale ed inserimento nei meccanismi attivi dello spettacolo. Le opere e i concerti
prodotti dalla Bottega venivano presentati nell’ambito dell’Autunno Musicale Trevigiano. A seguito
della chiusura del Teatro Comunale, il Concorso
dovette subire una sospensione di due anni (dal
1999 al 2000) cui seguì, nel 2001, l’edizione
curata dal Teatro Sociale di Rovigo. A partire dal
2002 il glorioso “Toti Dal Monte” è ritornato a
Treviso per volontà di Teatri S.p.A., la società strumentale di Fondazione Cassamarca.
La XLIV edizione del Concorso Internazionale
per Cantanti Toti dal Monte si svolgerà al Teatro
Comunale Mario Del Monaco di Treviso dal 23 al
28 giugno 2014. L’opera a concorso è La sonnambula di Vincenzo Bellini, che andrà in scena al
Teatro Comunale Mario Del Monaco di Treviso e
al Teatro Comunale di Ferrara.
La finale pubblica del Concorso avrà luogo sabato
28 giugno alle ore 17.00 al Teatro di Treviso.
Nel 1816 venne costituita a Rovigo la Società del
Teatro che, nel luogo dove sino al 1809 sorgeva il
convento di S. Maria dei Battuti demolito in seguito alla soppressione napoleonica, individuò l'area
più adatta alla costruzione del nuovo edificio. Per
il progetto la Società si rivolse a Sante Baseggio,
ingegnere rodigino molto apprezzato. Il Teatro
della Società aprì al pubblico la sera del 3 marzo
del 1819 con "L'ombra di Fetonte, ossia l'omaggio della riconoscenza rodigina" di Sante Campioni, in occasione della visita in città di Francesco
I d'Asburgo. L'inaugurazione ufficiale si tenne il
26 aprile 1819 con "Adelaide di Borgogna" di
Pietro Generali. Quello che vediamo oggi non è il
teatro costruito da Sante Baseggio. Un incendio lo
distrusse nella notte tra il 21 e 22 gennaio 1902.
L'ingegnere padovano Daniele Donghi elaborò il
nuovo progetto interno e mantenne la parte anteriore del precedente teatro, rimasta quasi indenne.
Grazie alla decorazione di Giovanni Vianello,
semplice, elegante ed ottenuta principalmente
con mezzi pittorici, il teatro rodigino fu tra i primi
del Veneto ad adottare i canoni dello stile liberty.
Il nuovo Teatro Sociale fu inaugurato da Pietro
Mascagni, che vi diresse la propria "Iris" il 12
ottobre 1904. Ripresa l'attività, il Teatro di Rovigo
seppe tenere sempre alto il prestigio, pur affrontando momenti di grave crisi. Il Sociale può vantare
di aver tenuto a battesimo due dei maggiori cantanti del secolo scorso: Beniamino Gigli e Renata
Tebaldi. Nel corso degli anni divenne sempre più
impegnativo l'allestimento degli spettacoli: solo
l'intervento pubblico poté garantire realizzazioni
di alto livello. Il Teatro Sociale fu rilevato dall'Amministrazione Comunale che dal 1964 provvede
alla sua gestione diretta affidata all'Assessorato
alla Cultura e Teatro. E’ “Teatro lirico di tradizione" dal 1967. Oggi ospita seguitissime stagioni
liriche, di danza, di prosa, concertistica, un nutrito
cartellone jazz e numerose iniziative di spettacolo
per giovani.
Teatro La Fenice
Teatro Sociale di Rovigo
Campo San Fantin 1965, San Marco
30124 Venezia
Call center Hellovenezia: Tel. +39 041 2424
e-mail: [email protected]
www.teatrolafenice.it
Piazza Garibaldi 14, 45100 Rovigo
Uffici: Tel. 0425 27853 / 21734
Botteghino: Tel. +39 0425 25614
e-mail: [email protected]
www.comune.rovigo.it/teatro
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Si è conclusa la XXXIV Stagione di Prosa, rassegna
che conferma l’alto consenso di pubblico alle
proposte teatrali della Città di Thiene. Lo spettacolo della Stagione più gradito, votato con un lusinghiero 8,8 di valutazione, è stato Elephant Man
regia di Giancarlo Marinelli riduzione teatrale del
romanzo biografico The Elephant Man and Other
Reminiscences scritto da Sir Frederick Treves con
Ivana Monti, Debora Caprioglio, Giorgio Lupano
e Rosario Coppolino. Al secondo posto risultano
ex aequo, con il punteggio di 8,5, Il Mercante di
Venezia di William Shakespeare, sempre diretto
da Marinelli e Sogno di una notte di mezza sbornia di Eduardo De Filippo con Luca De Filippo.
Tutti gli altri spettacoli hanno ottenuto voti compresi tra 7,5 e 8. I risultati del sondaggio premia
con il punteggio di 9,5 il servizio di biglietteria
e di accoglienza offerti al pubblico. La Stagione
2013/14 si è articolata in 30 serate di prosa,
con 10 spettacoli replicati per tre serate ciascuno
e due serate di operetta. Sempre splendido e di
varia provenienza il pubblico del Comunale: sono
stati 332 gli abbonati di Thiene e 551 quelli provenienti da altri Comuni. Tra questi, 88 gli abbonati provenienti da Vicenza, 4 da Padova, 45 da
Schio, 16 da Bassano, 6 da Asiago, 12 da Marostica e poi da Lisiera, Longa di Schiavon, Curtarolo, Castelgomberto, Sandrigo, Recoaro, Riese Pio
X, Romano d’Ezzellino, Altavilla, Arzignano e da
tanti altri Comuni del Vicentino, compresi da Arsiero a Valdagno, da Quinto a Lusiana, da Bolzano
a Sovizzo, per un totale di 53 Comuni tra Vicentino, Padovano e Trevigiano. I giovani hanno potuto
avvicinarsi al mondo del teatro grazie alla collaborazione preziosa con il Lions Club di Thiene che,
con il progetto “Giovani a Teatro”, ha staccato,
anche per questa Stagione, 500 biglietti gratuiti
per i 10 spettacoli di prosa per gli studenti del
quarto e quinto anno degli istituti superiori. Thiene
aderisce al progetto TeatriVi.Vi., rete informale
che riunisce i cinque maggiori teatri del Vicentino: Thiene, Bassano del Grappa, Lonigo, Schio e
Vicenza e che permette agli abbonati delle varie
Stagioni teatrali l’accesso agevolato agli spettacoli
ospitati negli altri teatri.
Promozione Eventi Culturali del Comune
di Thiene
Tel. +39 0445 804.745
e-mail: [email protected]
Al teatro olimpico tornano i classici. Emma Dante
firma la direzione artistica del “67° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza”, in
programma dal 17 settembre al 26 ottobre 2014.
La regista siciliana, ospite due anni fa di Eimuntas
Nekrosius, allora direttore artistico degli Spettacoli Classici all’Olimpico, non aveva nascosto lo
stupore e la meraviglia di trovarsi a fare i conti per
la sua “Medea” con uno dei luoghi di spettacolo
tra i più famosi del mondo, protetto dall’Unesco
per la sua stupefacente architettura palladiana e
sede di uno dei più antichi cicli teatrali classici.
Ora che prende il testimone per questa avventura,
alla meraviglia si aggiunge la sfida. “Ho sempre
avuto una particolare predisposizione - dice infatti
l’artista - alla disubbidienza, soprattutto quando mi
misuro con qualcosa di maiuscolo. Io minuscola,
davanti all’opera d’arte che è il teatro Olimpico,
invece di avere paura, mi faccio prendere da una
specie d’incoscienza e azzardo il gioco che mi
porta a dialogare con le ombre del passato. Per
questo ho accettato l’incarico della direzione del
67° Ciclo di Spettacoli Classici … per la sfida di
mettermi a tu per tu con la maestosità della storia
e dell’antica e solida presenza di un’eco lontana”.
La rivisitazione dei testi classici, e dei valori culturali di cui essi si fanno portatori anche nel mondo
contemporaneo, rappresenta infatti un cardine del
teatro di Emma Dante che in molti suoi spettacoli, spesso in dialetto siciliano, inserisce elementi,
situazioni e personaggi archetipici.
Il programma presenta titoli di assoluto valore, a
partire dal primo appuntamento, il 17 settembre
(con repliche fino al 20 settembre), con la prima
assoluta di “Io, Nessuno e Polifemo” della stessa
Emma Dante. Tutta la programmazione è on line
sul sito www.tcvi.it/it/classici2014.
Il Teatro Verdi sorge sull’area del settecentesco
Teatro Nuovo, fortemente voluto da una appositamente costituita «Nobile Società del Teatro
Nuovo» di cui facevano parte una settantina dei
più prestigiosi nomi cittadini. Inaugurato nel 1751
come teatro lirico, dopo poco più di vent’anni
comincia ad ospitare anche spettacoli di prosa. A
quasi un secolo dalla sua realizzazione subisce
una totale ristrutturazione su progetto di Giuseppe
Jappelli e riapre nel giugno 1847, secondo nel
Veneto dopo La Fenice con l’illuminazione a gas.
Un nuovo intervento diventa necessario negli anni
‘80 del XIX secolo ad opera dell’architetto Sfondrini: è questa l’occasione per ribattezzare il teatro,
dedicandolo al maestro Giuseppe Verdi. Pesantemente danneggiato da un bombardamento durante il primo conflitto mondiale, è però in grado
già alla fine del 1920 di riprendere l’attività: alla
riapertura era presente in sala Vittorio Emanuele
III. All’indomani della seconda guerra mondiale il
Verdi diventa di proprietà del Comune. Ad oltre
250 anni dalla sua nascita, nel pieno centro storico di Padova, il Teatro Verdi colpisce con la sua
architettura i padovani e quanti si trovano a passarvi davanti. Con i suoi oltre 700 posti, ripartiti in
platea, tre ordini di palco e galleria, e l’importante
palcoscenico dotato di graticcio in legno, il Teatro
Verdi ospita la stagione di prosa organizzata dal
Teatro Stabile del Veneto e, in linea con la sua
storia che si intreccia a quella della città e del
Veneto, spettacoli di lirica, concerti, balletti, rappresentazioni per ragazzi.
Teatro Olimpico
Teatro Verdi
Teatro di Treviso
Piazza Matteotti 11, 36100 Vicenza
Tel. +39 0444 327393.
e mail: [email protected]
Via dei Livello 32, 35139 Padova
Centralino: +39 049 8777011
Biglietteria: +39 049 87770213
www.teatrostabileveneto.it
Tel. +39 0422 540480
e-mail: [email protected]
www.teatrispa.it
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Abbonati ed investi nella creatività dei giovani*
Abbonamento annuale AREAARTE euro 32,00 (4 numeri)
AREAARTE n°18
estate / summer 2014
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Per ogni abbonamento, euro 12,00 andranno a favore dei
Licei ed Istituti d’Arte del Triveneto sostenuti da AREAARTE
Per abbonamenti collegati a www.areaarte.it sezione abbonamenti
Per informazioni scrivi a [email protected]
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Liceo Artistico “Pascoli”
Bolzano (BZ)
Liceo Artistico “Walter von der Vogelweide”
Bolzano (BZ)
Liceo Artistico Merano
Merano (BZ)
Liceo Artistico “Cademia”
Ortisei (BZ)
Istituto St. d’Arte “Giuseppe Soraperra”
Pozza di Fassa (TN)
Ist. Liceo delle Arti “A.Vittoria-Bomporti-Depero”
Trento e Rovereto (TN)
Liceo Artistico “Leonardo da Vinci”
Belluno (BL)
Ist. d’Arte St. “Polo della Val Boite”
Cortina d’Ampezzo (BL)
Ist. d’Arte St. “M. Fanoli”
Cittadella (PD)
Ist. Sup. GB. Ferrari ISA “A. Corradini”
Este (PD)
Istituto d’Arte “P. Selvatico”
Padova (PD)
Liceo Artistico “A. Modigliani”
Padova (PD)
Ist. d’Arte St. “Bruno Munari”
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Liceo Artistico St. Treviso
Treviso (TV)
Lic. e Ist. d’Arte “Bruno Munari”
Vittorio Veneto (TV)
Liceo Artistico St. “M. Guggenheim”
Venezia (VE))
Liceo Artistico St. Venezia
Venezia (VE)
Liceo Artistico St. “Boccioni”
Verona (VR)
Istituto St. d’Arte “G. De Fabris”
Nove (VI)
Liceo Artistico “U. Boccioni”
Valdagno (VI)
Liceo Artistico “A. Martini”
Schio (VI)
Redazione - Editorial Staff
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Anche il cibo si fa arte
Even food can become art
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L’orrore del domestico. I temibili convivi di Francesco Ardini
Domestic horrors. The daunting banquets of Francesco Ardini
di - by Silvia Neri
4
Alessandro Rinaldi. Nuovi Orizzonti
Alessandro Rinaldi. New horizons
di - by Erika Ferretto
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Angelo Palazzini. La realtà visionaria tra sogni e giocose curiosità
Angelo Palazzini. Visionary reality between dreams and playful curiosity
di - by Tino Gippon
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La verità nei dettagli. Acquerelli di Giovanni Giaconi
The truth in details. Watercolours by Giovanni Giaconi
di - by Anna Livia Friel
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Le fiabe senza tempo di Mirta Caccaro
The timeless tales of Mirta Caccaro
di - by Tazio Cirri
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Paolo Loschi: la consapevolezza dell’attimo
Paolo Loschi: the awareness of the moment
di - by Marco Stoppa
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Carla Rigato. Borderline
Carla Rigato. Borderline
di - by Giovanna Grossato
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I.I.S. “Bartolomeo Montagna”
Vicenza (VI)
Fotografie - Photos
Istituto St. d’Arte “E. Galvani”
Cordenos (PN)
Public Relation
Galleria CIVICA e ADAC. Il MART è anche a Trento
Galleria CIVICA and ADAC. MART is also in Trento
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Progetto grafico - Graphic layout
Hartwig Thaler. La pluralità dell’arte
Hartwig Thaler. The plurality of art
di - by Luca Masiello
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Web designer
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Museo Rossimoda della calzatura
Rossimoda footwear museum
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Stampa - Printing
Paolo Bellini a Castel Pergine
Paul Bellini in Castel Pergine
di - by Tazio Cirri
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La Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” nella nuova sede di
Palazzo della Ragione a Verona
The Galleria d’Arte Moderna “Achille Forti” in its new premises
at Palazzo della Ragione in Verona
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Editore - Editor
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Falsarea
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Alda Failoni: L’intimità del passato
Alda Failoni: The intimacy of the past
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Sommario
Contents
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Anno 5. Numero 18
Registrazione: Tribunale di Vicenza n. 1214 del 19 gennaio 2010
Iscrizione al ROC n. 22289 del 02/05/2012
© 2010 Martini Edizioni, Thiene (VI)
In copertina:
Arte Sella, Val di Sella (comune di Borgo Valsugana, provincia di Trento)
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