1.4 Energia Eolica

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1.4 Energia Eolica
1.4
Energia Eolica
Ricerca delle condizioni di applicabilità delle Fonti Energetiche
Nuove e Rinnovabili sul territorio.
Il modulo urbano sostenibile per piccoli insediamenti
È importante notare come le due grandi fonti energetiche naturali, sole e vento, siano
complementari in natura. Rilevamenti eseguiti nelle stesse zone mostrano che, nelle diverse
stagioni, quando diminuisce significativamente l’energia disponibile dal Sole aumenta più o
meno in proporzione quella del vento e viceversa. Per questo motivo, si può ritenere che l’uso
combinato di tali fonti permette la disponibilità di una potenza complessiva piuttosto
uniforme lungo tutto l’arco dell’anno, purché si disponga di sistemi di accumulo che
compensino le inevitabili fluttuazioni.
L’energia eolica possiede come vantaggi nel suo utilizzo quello di essere nel lungo tempo
inesauribile e sempre gratuito. L’energia cinetica complessiva posseduta dalle masse d’aria è
stata stimata in circa 1,58 ⋅ 10 6 kWh all’anno. Inoltre, ha la caratteristica di essere una potenza
meccanica e quindi pregiata e, non ultimo, gli impianti atti al suo sfruttamento sono semplici,
affidabili e puliti.
Di contro, gli svantaggi, che rendono difficile l’espansione di tale tecnologia sul mercato
internazionale, sono la sua irregolarità nella fornitura dell’energia e la limitata densità
energetica, così da necessitare impianti ingombranti.
Tali impianti sono in grado di convertire questa fonte energetica in energia meccanica di
rotazione, utile per l’azionamento diretto di macchine operatrici, ma soprattutto per la
produzione di energia elettrica (aerogeneratore).
L’uomo ha capito l’importanza di tale fonte di energia fin dai tempi più antichi. Il primo
mulino a vento si ritiene risalga addirittura a 4000 anni fa e si diffusero inizialmente in Cina e
Persia. All’inizio, evidentemente, avevano la semplice funzione di andare a sostituire il lavoro
manuale o animale nell’azionare macine o pompe d’irrigazione.
Le prime notizie, che si hanno della presenza di mulini a vento in Europa, sono del 1180 d.C.,
attraverso un documento di cessione terriera ad un’abbazia della Normandia a MontMartin en
Graine. L’introduzione avvenne proprio in quel periodo, quando i crociati, di ritorno dal
vicino Oriente, riportarono racconti e descrizioni di tale tecnologia. Fu, quindi, nel vecchio
continente che si passò dalla prima versione del mulino a vento ad asse verticale a quello più
moderno ad asse orizzontale, con pale incernierate ad un asse parallelo alla direzione del
vento ed una serie d’ingranaggi, per trasmettere il moto poi ad un’asse verticale.
Questo cambiamento fu, molto probabilmente, determinato dalle diverse condizioni
climatiche ed orografiche, dalle necessità produttive e, non ultimo, dalla differente
organizzazione della società.
Da questo momento in poi, l’uomo europeo spinse la tecnologia eolica verso uno sviluppo
costante. Nel XVII secolo si ebbero i primi studi su diversi profili di pale e successivamente,
nel 1737, lo studioso Belidor propose, nel suo trattato “L’architecture Hydraulique”, il primo
esempio di mulino a vento con elica a pale aerodinamiche.
Solo tra il 1891 e il 1907, il professore Paul La Cour, ad Askov, combinando un mulino a
vento a quattro pale di 23m di diametro con due dinamo da 9kW, realizzò il primo
aerogeneratore[60].
Da allora vi sono stati molti alti e bassi, dovuti ai numerosi eventi storici del secolo, passando
dall’intenzione di realizzare elettrogeneratori eolici di grande potenza, alla rinnovata ascesa
delle fonti tradizionali, determinando un conseguente inevitabile forte rallentamento dei
progressi perseguiti nella tecnologia del vento.
1.4.1.
Il vento
Il vento è una manifestazione terrestre dell’irraggiamento solare. Il Sole emette energia e,
della parte che raggiunge la Terra, una parte, la più consistente, è assorbita dal suolo che si
riscalda fortemente. La Terra, come tutti i corpi riscaldati, irradia a sua volta calore e, poiché
la superficie terrestre assorbe circa tre volte più energia rispetto all’atmosfera, risulta
mediamente più caldo di quest’ultima, così da poter riscaldare l’aria dal basso. Il
riscaldamento si fa sentire sempre più debolmente, fino ad un’altitudine di circa 12 km, e la
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temperatura decresce all’aumentare della quota. Questo è, quindi, ciò che avviene nella
troposfera, cioè la sfera dei cambiamenti, di spessore medio, come detto, di 12 km in cui si
trova circa l’80% della massa totale dell’aria ed il 90% dell’acqua atmosferica.
L’aria riscaldata, a contatto con il suolo, tende, allora, a salire ed il suo posto viene occupato
da altra più fredda, più pesante, determinando un processo ciclico. Questo riscaldamento,
avvenendo in maniera difforme sulle varie zone del pianeta, innesca quei moti convettivi
dovuti evidentemente dalla differenza di densità delle masse d’aria. La convezione è così il
meccanismo principale degli scambi termici sul globo. Questo fenomeno non è uniforme
poiché, per la diversa consistenza della superficie dei luoghi e, quindi, per la maggiore o
minore capacità di trattenere o cedere il calore solare captato, vengono a nascere molteplici
correnti atmosferiche. È questa la semplice, e al tempo stessa complessa e articolata,
formazione dei venti.
La complessità deriva dal fatto che a questo processo si aggiungono molti altri fattori tra i
quali il più rilevante è certamente la rotazione della Terra. Tale moto determina, come è noto,
una forza deviante, la forza di Coriolis, che agisce perpendicolarmente alla direzione del
moto, verso destra nell’emisfero Nord, verso sinistra nell’emisfero Sud.
È chiaro, che i venti in prossimità della superficie terrestre vengano fortemente influenzati
dalle caratteristiche orografiche del suolo, perdendo quelle caratteristiche precise dettate dai
gradienti di pressione. Si devono quindi distinguere i venti di superficie, di interesse tecnico,
dai venti geostrofici, che spirano ad un’altitudine oltre i 1000m, imperturbati dallo strato
geografico[61].
In questa stessa ottica, ci si accorge come la velocità del vento aumenta al crescere di quota
secondo il modello dello strato limite planetario proposto da Hellmann nel 1916:
α
v
h
=
v0
h0
dove v è la velocità generica osservata alla quota generica h, mentre v0 è il dato di velocità
rilevato alla quota h0. Il coefficiente α è un valore sperimentale che varia da 0,1 a 0,4.
L’energia che può essere sfruttata, allora, essendo proporzionale al cubo della velocità, risulta
variare con la seguente legge:
3α
E
h
=
E0
h0
Secondo questo ragionamento, per catturare la potenza massima del vento sarà necessario
porsi alla massima quota possibile dal terreno ed, in ogni modo, ad almeno 6m d’altezza per i
siti più favorevoli[62].
L’orografia non deve essere solo vista come un impedimento, bensì è possibile sfruttarla a
proprio vantaggio. Un esempio classico è dato dall’effetto Venturi, che si presenta nelle valli,
dove l’aria, compressa lungo i due versanti esposti al vento, accelera notevolmente. Lo stesso
effetto si può presentare anche a livello urbano nel passaggio tra due edifici elevati. È
importante sottolineare, però, che per ottenere un buon risultato il vento si deve incanalare
gradatamente all’interno del varco.
Un effetto simile si ritrova quando la massa d’aria in movimento incontra una collina. In
questo caso l’incremento di velocità è dettato dalla compressione del vento lungo il versante
ad esso esposto. Una volta che l’aria raggiunge la cima, essa può nuovamente espandersi sul
versante opposto riparato dal colle. Ovviamente, anche in questo caso è necessario che il
pendio sia dolce e progressivo, al fine di evitare la formazione di turbolenze.
Fenomeni di turbolenza si creano, inevitabilmente, nelle aree con superficie del terreno molto
irregolare e dietro ostacoli e ciò decresce la possibilità di utilizzare l’energia del vento.
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Analisi del sito
Il passo determinante, nella valutazione di convenienza dell’installazione di un impianto
eolico in un sito prescelto, è quello dell’analisi delle caratteristiche anemologiche in quel
particolare luogo. Sarebbe assolutamente insufficiente e rischioso fare affidamento
esclusivamente alle mappe eoliche, che riportano le curve isovento delle varie aree studiate.
Queste ultime sono utili solo in una prima definizione del sito, ma per ottenere dati che
possano essere utili allo studio di fattibilità e alle verifiche tecnico economiche sono necessari
rilevamenti “in situ” estesi a periodi sufficientemente lunghi, da ritenersi attendibili, intorno ai
3÷5 anni.
A monte delle rivelazioni, è importante fare le dovute considerazioni sulla destinazione
dell’impianto. Ciò significa valutare la quantità di potenza di cui si avrà bisogno, il tipo di
utilizzazione, i tempi della domanda energetica e la tipologia di utenza.
A questo punto, i due parametri fondamentali ricercati nelle rivelazioni sono l’intensità e la
direzione del vento. L’obiettivo di queste valutazioni è, per l’appunto, quello di arrivare a
tracciare alcuni grafici molto utili. Per esempio, si registra la variazione annua della velocità
del vento, per stabilire le velocità ottimali di funzionamento, oppure la variazione di velocità
giornaliera del vento, per programmare i consumi e per dimensionare gli elementi d’accumulo
energetico.
In definitiva, i principali risultati sono:
Fig. 57 - Esempio di Curva di Ventosità; [63]
-
la distribuzione delle frequenze della velocità del vento, con andamento tipico a campana
con asimmetria a sinistra, per la stima di grandezze quali la velocità media, la velocità
massima, lo scarto quadratico medio (indice del grado di regolarità del vento);
- i parametri delle distribuzioni di frequenza della velocità del vento;
- la distribuzione di frequenza della direzione del vento;
- l’intensità e la scala della turbolenza.
Dalle misure effettuate con gli anemometri, registrate opportunamente con data-logger, previa
elaborazione si procede alla descrizione anemologica del sito e si tracciano le curve di
isovelocità del luogo. È possibile, inoltre, il tracciamento di un diagramma polare, ottenuto
dividendo l’orizzonte in settori angolari e riportando per ciascuno di essi segmenti
proporzionali al numero di osservazioni in cui il vento ha soffiato da una direzione compresa
nel settore in oggetto.
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La classificazione dei siti (Ambrosini et al. 1990) può essere compilata in base alla densità di
potenza stimata e misurata sul territorio secondo le seguenti classi di area in funzione della
risorsa:
− “D”: area con risorsa povera, < 100 W m 2 ;
− “C”: area con risorsa marginale, compresa tra 100 W m 2 e 300 W m 2 ;
−
−
“B”: area con buona risorsa, compresa tra 300 W m 2 e 700 W m 2 ;
“A”: area con eccellente risorsa, > 700W m 2 62.
La risorsa eolica in Italia
La risorsa eolica in Italia risulta
essere piuttosto frastagliata, a
causa della stessa posizione
geografica del Paese, unita
all’estrema
conformazione
disomogenea che la caratterizza.
La presenza di catene montuose
e di masse d’acqua determina
un diverso andamento dei venti,
sia nel corso dell’anno, sia da
regione a regione.
Il CNR (Centro Nazionale delle
Ricerche) ha compiuto sul
territorio
studi
molto
approfonditi,
riportati
nel
volume “Indagine sulle risorse
Fig. 58 – Geografia eolica italiana; [64]
eoliche in Italia”, arrivando a
tracciare un’accurata mappa
eolica.
In generale, le curve isovento indicano che le velocità medie del vento crescono da Nord
verso Sud, per l’effetto barriera che le Alpi compiono sulle regione adiacenti, e sono più
intense lungo le coste. Dove, però, si possono ottenere i migliori risultati è sulle cime del
crinale appenninico, oltre i 600m di altitudine. In particolare, le aree più interessanti sono
quelle comprese tra le province di Foggia, Benevento e Potenza[60, 64].
1.4.2.
Le macchine eoliche
Le macchine che sfruttano l’energia eolica possono essere primariamente classificate secondo
il tipo d’impiego che esse fanno di tale fonte. Si distinguono, allora, gli aeromotori, che
effettuano la trasformazione dell’energia meccanica del vento in energia meccanica dell’asse
di rotazione, per poi trasmetterla tramite una catena puramente cinematica a macchine
operatrici. L’alternativa è la categoria degli aerogeneratori, che effettuano la conversione
dell’energia meccanica del vento in energia elettrica.
In questa sede, ci si occuperà più in dettaglio di questa seconda tipologia, al fine di prevedere
un’integrazione di questa tecnologia in ambito urbano.
Principio di funzionamento e caratteristiche tecnico strutturali
Il punto di partenza è ovviamente il vento, in quanto massa fluida che si muove ad una data
velocità. Queste massa possiede una ben definita energia cinetica, la quale può essere ceduta
alla macchina che viene ad interporsi a tale flusso.
La valutazione dell’energia disponibile del vento è, quindi, la misura dell’energia cinetica
posseduta dalla massa in movimento.
100
Se si considera una massa volumica d’aria ρ, che si muove con velocità V, attraverso un’area
A posta ortogonalmente alla direzione della velocità, essa è dotata di una potenza pari al
prodotto del flusso d’aria per l’energia cinetica:
V2
Pv = ( A ⋅ V ) ⋅ ρ ⋅
= 12 ρAV 3
2
Se poi la superficie di “intercettazione” ha sezione circolare di diametro d, allora,
l’espressione della potenza considerata diventa:
π ⋅d2
Pv = 12 ρ ⋅
⋅ V 3 = 18 πρ ⋅ d 2 ⋅ V 3
4
Questa espressione rende evidente due proprietà fondamentali da ricercare attraverso le
macchine eoliche. La prima riguarda il ruolo imprescindibile che riveste la velocità, che
interviene nella formula con la potenza al cubo. Va evidenziato nel contempo, che la ricerca
della massima velocità va a rischio di un aumento, in pari misura, di tutte quelle sollecitazioni
cui la macchina è sottoposta. La seconda caratteristica riguarda, invece, l’ampiezza del tubo di
flusso. È necessario prevedere un’area d’intercettazione sufficientemente ampia, tenendo
conto che anche il diametro della vena fluida
intercettata pesa con la potenza al quadrato.
In realtà la potenza effettivamente estraibile dalla
massa d’aria è notevolmente inferiore, questo
perché come primo motivo è necessario lasciare
parte di tale energia a disposizione per l’uscita
dalla macchina. Una turbina eolica, invece,
rallenta semplicemente il vento, catturando parte
della sua energia cinetica, così da mettere in
moto le pale.
Allora, l’energia persa in un secondo dal fluido
dà la potenza raccolta dalla girante:
2
mVi 2 mV f
m
N1 =
−
= ⋅ Vi 2 − V f2 ,
2
2
2
Fig. 59 – Tubo di flusso di una turbina
con m, massa che attraversa la girante nell’unità
eolica; [W20]
di tempo, e Vi e Vf rispettivamente la velocità
dell’aria a monte e a valle della macchina.
Per la legge di continuità del fluido si ha m = ρAiVi = ρAV = ρA f V f e, quindi:
(
N1 =
ρAV
(V
i
2
− V f2
)
)
2
Essendo, poi, la forza esercitata dall’aria sulla turbina pari alla variazione della quantità di
moto del fluido: F = ρAV ⋅ (Vi − V f ) ; allora, la potenza prodotta è:
N 2 = F ⋅ V = ρAV 2 ⋅ (Vi − V f
)
Dovendo essere N 1 = N 2 , si ottiene che V =
Vi + V f
. Avendo, inoltre, stabilito che la
2
velocità in uscita è pari ad una frazione della velocità iniziale, risulta V f = a ⋅ Vi , con a, fattore
di interferenza, minore dell’unità.
Da ciò deriva:
N = N 1 = N 2 = 14 ρAVi 3 ⋅ (1 + a ) ⋅ (1 − a 2 )
e, derivando in funzione di a, si trova un massimo per a = 13 , da cui, in definitiva:
N max = 0,5926 ⋅
(
1
2
ρAVi 3 ) = 0,5926 ⋅ Pv , (Teorema del limite di A. Betz).
101
Le ipotesi alla base della teoria di Betz sono assolutamente restrittive, ideali e per cui
irrealizzabili. A questo valore limite, infatti, va ad aggiungersi il rendimento proprio delle
macchine eoliche, che al giorno d’oggi varia tra un minimo di 0,25 ad un massimo di 0,70,
dando luogo, in conclusione, ad uno sfruttamento di circa il 15÷40% dell’energia totale
disponibile nell’azione del vento[65].
Proseguendo il cammino sul funzionamento di tali macchine, vi è da aggiungere che le pale
dei mulini a vento lavorano nelle stesse condizioni di un’ala d’aereo. Infatti, l’azione della
vena fluida sul profilo determina su quest’ultimo una forza scomponibile in due componenti:
la resistenza, parallela alla direzione del vento, e la portanza, ortogonale e vera artefice
dell’assorbimento dell’energia cinetica dell’aria.
La forma del profilo deve garantire la massima portanza con la minima resistenza possibile.
Ciò è possibile andando a modificare adeguatamente l’angolo d’attacco, ovvero l’angolo che
la linea di corda alare forma con la direzione del flusso d’aria. La portanza cresce con
l’aumentare di tale parametro fino al limite che è il punto di stallo, quando la vena fluida si
rompe, si stacca dal profilo e non vi è più portanza, con invece un’impennata della resistenza.
Tenendo conto che, sotto l’azione del vento, il rotore gira su se stesso, allora, la composizione
vettoriale delle due velocità darà come risultante la velocità relativa dell’aria rispetto alla
singola pala, determinando, quindi, la direzione apparente del vento vista dal profilo. Questa
direzione individua rispetto al piano della girante l’angolo del vento, mentre quest’ultimo
forma a sua volta rispetto alla linea corda della pala l’angolo di calettamento.
Questi angoli sono legati tra loro secondo la seguente espressione:
α = β −γ +γ0
dove: α è l’angolo di calettatura;
β è l’angolo del vento;
γ è l’angolo d’attacco;
γ0 è l’incidenza di portanza nulla e assume diversi valori secondo il profilo in esame.
Un ulteriore parametro fondamentale per la progettazione della macchina eolica è quello della
solidità:
B
s= ,
A
dove va distinta l’area complessiva di tutte le pale della girante (B), dall’area frontale totale
del rotore. Va rilevato, a questo punto, che una macchina eolica a bassa solidità non sfrutta
tanto la spinta del vento su un’ampia superficie, quanto la velocità relativa del flusso d’aria
che lavora sui profili alari ad alta velocità. Allora, un rotore a bassa solidità dovrà girare
veloce e ciò spiega e conferma come la potenza ottenibile da una macchina eolica non
dipenda dall’area delle pale, ma dall’area frontale della girante.
Solitamente si sceglie un valore elevato di solidità per quelle macchine che prevedano un
angolo d’attacco inferiore a quello massimo, caratteristico di quel particolare profilo, e
viceversa.
Infine, il numero ottimale di pale, invece, si può determinare in base al rapporto tra la velocità
periferica del rotore e la velocità del vento: (ω ⋅ R ) V , dove ω è la velocità di rotazione, R il
raggio della girante e V la velocità del vento[65].
La generazione di energia elettrica
Come si è detto precedentemente, la generazione d’energia elettrica è, tra le possibili,
l’applicazione, verso la quale ci si spingerà in questa trattazione; anche perché, in ambito
urbano, è questa usualmente la risorsa energetica più ambita, insieme a quella termica.
La produzione di corrente elettrica può avvenire sotto due forme: per mezzo di un
collegamento direttamente alla rete di distribuzione oppure può alimentare degli impianti
isolati direttamente o attraverso batterie d’accumulo.
102
Nel primo caso si tratta di generatori di taglia medio grande, con una potenza nominale anche
di 1÷2MW. Nel caso di utenze
singole, la potenza nominale può
variare da un minimo di 10W fino a
20kW.
Si ha la possibilità di ricorrere a
sistemi integrati “wind/diesel”, anche
nel caso di impianti eolici collegati a
piccole reti elettriche, che alimentano
villaggi o città di ridotte dimensioni
in Paesi a bassa densità abitativa. In
questo caso, la presenza di vento
offre la possibilità, al sistema
elettrico, di beneficiare dell’apporto
di produzione da parte di un insieme
di aerogeneratori, a patto che la fonte
eolica non superi la soglia del 25%
Fig. 60 – Schema di impianto eolico; [66]
della potenza di rete, per integrarsi al
meglio con il sistema diesel. Anche
sistemi “wind/hydro”, con impianti di “mini” o “micro” taglia, possono svolgere tali
medesime funzioni, in modo anche più efficiente ed efficace.
L’aerogeneratore
Gli aerogeneratori, come tutte le
macchine
eoliche,
possono
distinguersi secondo la posizione
dell’asse di rotazione. Si possono
avere:
− macchine ad asse esattamente
orizzontale (HAWT, Horizontal
Axis Wind Turbine), che hanno
l’asse del rotore parallelo alla
direzione del vento e la girante
che ruota su un piano
Fig. 61 - [W20]
perpendicolare alla direzione
stessa. Queste possono a loro
volta suddividersi in diverse tipologie secondo le caratteristiche del rotore. Oltre ad avere
rotori multipala, cretesi, olandesi, in particolare per la generazione elettrica, l’esempio
tipico
è
l’elica.
Le
caratteristiche peculiari sono
l’alta velocità di rotazione,
l’elevato coefficiente di
portanza e, quindi, l’elevata
potenza;
− macchine ad asse inclinato
sull’orizzontale,
di
cui
l’unica tipologia è quella
con rotore Poulsen;
− macchine ad asse verticale
(VAWT, Vertical Axis
Fig. 62 - [W20]
Wind Turbine), che hanno
l’asse
del
rotore
103
−
perpendicolare alla direzione del vento. Anche in questo caso ne esistono di diverse
tipologie secondo il rotore
adottato. Tipici esempi sono i
rotori Savonius e ad ante
battenti, ma il loro uso è quasi
pressoché
limitato
alle
applicazioni meccaniche. È da
sottolineare il loro notevole
vantaggio di non doversi
orientare secondo la direzione
del vento;
macchine ibride, che sono di
difficile classificazione perché
derivano dal tentativo della
tecnica di riunire in un’unica
Fig. 63 - [W20]
soluzione i vantaggi delle
tipologie precedenti. Solitamente
hanno pale aerodinamiche che si muovono su un asse verticale. Si mettono in evidenza in
questa categoria il rotore Darrieus e la Cycloturbina. Essi, però, hanno un difficoltoso
avviamento con vento debole, per questo motivo, spesso, vengono abbinati ad un rotore
Savonius montato sullo stesso asse per garantire tale fase iniziale. È questa una tipologia
molto promettente per la loro semplicità
e per il loro alto rendimento[62].
Poiché allo stato attuale gli aerogeneratori
appartengono quasi totalmente alla prima
classe descritta, si punterà l’attenzione a
questa tipologia, ricordando, comunque, che
anche tutte le altre non differiscono di molto
nella loro struttura logica.
Una tipica configurazione, allora, si presenta
con le pale fissate su un mozzo, che, nel loro
insieme, costituiscono il rotore. Il mozzo,
poi, è collegato ad un primo albero (main
shaft) al quale trasmette il moto di rotazione
determinato dall’azione del vento. Ci si trova
a questo punto nella navicella, posizionata su
un supporto-cuscinetto (ralla di base), in
modo da essere facilmente orientabile al
vento. Il primo albero, ora, che gira
“lentamente” alla stessa velocità del rotore, è
collegato ad un moltiplicatore di giri
(gearbox), da cui si diparte un secondo
albero (drive shaft), che ruota più
velocemente, sul quale agisce un freno e a
valle dello stesso è posto il generatore
elettrico. Alla fine di questa catena
tecnologica, partono i cavi elettrici di
potenza, che convogliano a terra l’energia
elettrica prodotta e trasmettono i segnali
Fig. 64 – Turbina eolica; [64]
104
necessari per il funzionamento della macchina eolica stessa. Oltre a questi componenti, si
aggiungono i sistemi di protezione e regolazione, che eseguono, nel caso più generale, diverse
funzioni[62].
Fig. 65 – Profili di pale eoliche; [67]
Di seguito si discutono più in dettaglio le caratteristiche dei componenti sopra elencati.
Il rotore
Da tutto ciò che è stato detto, è evidente come questo elemento rivesta il ruolo fondamentale
di cuore pulsante dell’intero sistema. Come visto, esso è costituito da un mozzo sul quale
vengono calettate le pale. I
profili più diffusi sono
quelli Naca e Clark Y, cioè
quelli che, pur garantendo
alti
rendimenti,
sono
resistenti alle intemperie
che
offre
l’ambiente
esterno.
Sono piuttosto diffusi rotori
a due pale, che sono meno
costosi e girano a velocità
più elevate, ma di contro
sono più rumorosi e vibrano
maggiormente, rispetto a
quelli a tre pale, i più
utilizzati
in
assoluto,
Fig. 66 – Pala eolica; [67]
mantenendo comunque una
resa
energetica
quasi
equivalente. Un mozzo oscillante consente al piano della girante alcuni gradi di oscillazione,
così da ridurre gli sforzi sulla pala, dovuti alla forza centrifuga e dalle rapide variazioni
dell’intensità e direzione del vento. Questa soluzione permette, quindi, di sfruttare le alte
velocità di questi rotori, evitando l’utilizzo di moltiplicatori di giri particolarmente complessi
e pesanti. Esistono, poi, anche rotori a pala singola, equilibrata da contrappeso.
Alcuni rotori hanno anche un sistema di rotazione della direzione delle pale, nel caso queste
abbiano passo variabile o nel caso sia presente un meccanismo di controllo per stallo attivo.
La navicella
Questo elemento ha la funzione di contenitore e protezione di tutti quei componenti che
concorrono alla conversione dell’energia meccanica in corrente elettrica.
105
In particolare, si evidenzia il ruolo del
moltiplicatore di giri, il quale aumenta di un fattore
k la velocità di rotazione dell’albero. Questa sarà la
velocità angolare alla quale lo stesso rotore del
generatore elettrico ruoterà. Il generatore, quindi,
può produrre corrente continua, come anche
corrente alternata, e con i più attuali generatori per
macchine eoliche, i generatori asincroni trifase, si
ha un migliore adattamento alle cadute e ai picchi
d’energia che riceve dal rotore della turbina, grazie
ad un doppio campo magnetico che si generano al
loro interno.
La struttura di sostegno
L’importanza della struttura di sostegno è rilevante
quando si pensa alla quota alla quale deve sostenere
Fig. 67 – Vista panoramica di una
la navicella e il rotore. Nelle
navicella eolica; [67]
moderne macchine le tipologie
più ricorrenti sono le torri
tubolari in acciaio, le torri a
traliccio in acciaio e le torri a
palo strallato.
Le prime sono forse quelle più
utilizzate in assoluto. Sono
realizzate
per
sezioni,
imbullonate tra loro per mezzo di
flange circolari. L’ancoraggio al
terreno è determinato da plinti di
fondazione in cemento armato
tramite ulteriori flange, che
garantiscono all’intera struttura
un’elevata stabilità.
Quando si tratta di una macchina
di piccola taglia è possibile
adoperare un semplice palo di
Fig. 68 – Tipologie di piloni; [67]
supporto, sostenuto alla spinta da
cavi, come stralli per l’albero
delle imbarcazioni.
Hanno, infine, una lunga tradizione le torri a traliccio, dovuta essenzialmente alla loro
leggerezza, al loro minore impatto alla spinta del vento e alla loro migliore capacità di
mimetizzarsi nel paesaggio circostante.
I sistemi di protezione e regolazione
Per quanto riguarda la protezione, il rischio maggiore è determinato dall’azione dei fulmini. I
sistemi di protezione, allora, consistono nell’adozione di cavi conduttori di rame sulle pale,
lungo l’intera macchina, fino ad un’opportuna messa a terra.
Il sistema di regolazione, nelle sue varie funzioni, agisce sul controllo della potenza,
attraverso la rotazione delle pale intorno al loro asse principale (sistema di attuazione del
passo), così da variare l’angolo d’incidenza e quindi regolare la potenza intercettata.
Con questo stesso sistema è possibile agire anche contro il rischio di stallo. Infatti, nel caso di
basse velocità del vento, si ruotano le pale in modo da aumentare l’incidenza tanto quanto
serve a sfruttare al massimo l’energia disponibile. All’aumentare dell’intensità del flusso,
l’angolo tende a diminuire, così da mantenere la vena fluida aderente al profilo, fino appunto
al limite di stallo, quando il meccanismo di controllo, per evitare il rischio di sovraccarico del
106
generatore, inverte l’andamento dell’incidenza. In questo modo, si instaura una dissipazione
dell’energia in eccesso, provocando una voluta situazione di stallo, offrendo maggiore
resistenza al vento con il profilo stesso delle pale.
Si può ottenere lo stesso risultato con pale fisse, ma sagomate opportunamente, così da
assicurare, non appena la velocità del vento diventi troppo elevata, la formazione di
turbolenza sul lato della pala opposto a quello che fronteggia il vento.
Sistemi più semplici a difesa di venti burrascosi, validi in particolare per piccole taglia, sono
anche il montaggio della navicella decentrato, in modo da avere una spinta del vento
eccentrica, contrastata da una molla per mantenere il rotore in posizione corretta.
Evidentemente, quando la spinta supera un valore limite la navicella andrà a girarsi su un
fianco. In ultimo, si può montare la girante sottovento e far sì che le pale, sotto un’eccessiva
spinta tendano a chiudersi a cono.
Infine, il sistema di regolazione si occupa anche del controllo dell’orientamento della
navicella, cioè il controllo d’imbardata. Esso consiste nel mantenere il rotore allineato alla
direzione del vento. L’avviamento della macchina si verifica nel momento in cui il vento
raggiunge il valore di cut in, mentre la fermata della macchina si verifica quando il vento
raggiunge la velocità di cut out. In questo intervallo devono essere previste delle soluzioni che
permettano un perfetto allineamento. Tra le più efficaci si ha il timone posto sottovento, che
funziona tanto meglio quanto più rapidamente risponde ai cambi di direzione del vento. Per
ottenere ciò è opportuno che esso abbia un elevato allungamento, cioè un elevato rapporto tra
l’apertura, distanza tra base e sommità del timone, e la corda, distanza tra bordo d’attacco e
bordo d’uscita. In generale, questo valore deve rimanere compreso tra 2 e 10.
Una seconda soluzione è, invece, quella già vista di montare il rotore sottovento,
assicurandosi però che non nascano oscillazioni attraverso un adeguato bilanciamento. Invece,
per le grandi macchine eoliche, l’allineamento è garantito da un servomeccanismo, azionato
da un motore, quando un sensore indica lo scostamento della direzione del vento.
Energia producibile da un aerogeneratore
La produzione energetica di un aerogeneratore commerciale è caratterizzata dalla curva di
potenza, che esprime la potenza elettrica che la macchina rende disponibile al variare della
velocità del vento.
Una volta individuate le ore di persistenza di determinate classi d’intensità di vento durante
l’arco dell’anno, si può valutare l’energia producibile annua come:
Ep =
V
i=0
Pi ⋅ Ti ,
dove si indica con Pi la potenza erogata dalla macchina alla generica velocità del vento
0 < i < V , mentre con Ti il numero di ore annue disponibili a quella stessa velocità.
L’energia effettivamente prodotta è:
Ee = d ⋅ E p ,
dove d, fattore di affidabilità, è un parametro che misura l’affidabilità della turbina eolica, nel
senso del tempo in cui pronta alla produzione, oggigiorno comunque superiore al 98%[60].
1.4.3. Tipologie impiantistiche
La bassa densità energetica per unità d’area della superficie di territorio della fonte eolica
comporta solitamente la necessità di installare più macchine. Secondo le esigenze dell’utenza,
allora, si possono individuare le seguenti tipologie impiantistiche:
− macchine isolate, che possono essere a servizio di multiutenze o di un’unica utenza
isolata;
107
−
wind farm, macchine in cluster (insieme di più aerogeneratori disposti variamente sul
territorio, in genere collegati alla rete di potenza o ad una rete locale integrati da sistemi
diesel);
− impianti combinati o integrati, possono essere, come già accennato, di tipo wind/diesel,
wind/hydro o sistemi con accumulo elettrochimico.
Mentre la prima categoria richiede un impegno nell’individuazione del sito, per quanto
riguarda l’impiantistica delle wind farm, il discorso si complica. Ciò è dovuto essenzialmente
all’esigenza di non disturbarsi vicendevolmente, così che una macchina diventi ostacolo alla
captazione del vento per le altre.
Esistono diversissime tipologie di parchi eolici in esercizio, che possono in ogni modo essere
raggruppati in una classificazione topologica. Si riconoscono disposizioni:
− su reticolo quadrato o romboidale;
− su un’unica fila;
− per file parallele;
− per file incrociate (croce di S. Andrea);
− risultanti dalla combinazione e sovrapposizione delle precedenti tipologie;
− apparentemente casuali (necessarie in installazioni in ambiente “complex terrain”).
Le file possono, poi, risultare con un minor numero di elementi in larghezza nella forma detta
a “pine tree array”.
Qualunque sia la disposizione delle macchine, il fine è sempre quello di raggiungere la
combinazione ottimale tra due fattori base: l’intralcio reciproco nell’intercettamento del vento
e l’occupazione del suolo. Entrambe queste esigenze devono essere minimizzate, ma
evidentemente entrano in conflitto tra loro. Lo scudo d’isolamento di ciascuna turbina, legato
all’effetto scia, per il quale ogni macchina rallenta il vento dietro di sé conferendo a questo
maggiore turbolenza, richiede un distanziamento abbondante nella direzione prevalente del
vento. Di contro, evidentemente, si pone la necessità ad invadere il meno possibile il
territorio, per problematiche paesaggistiche ed ambientali, ma anche per minimizzare i costi
di connessione delle macchine alla rete elettrica.
L’esperienza consiglia di distribuire le turbine ad una distanza tra le 5 e 9 volte il diametro del
rotore, nella direzione prevalente del vento, e tra le 3 e 5 volte la stessa dimensione, lungo la
direzione ortogonale alla prima. In questo modo, la perdita d’energia prevista per l’intero
parco eolico è limitata ad un quasi inevitabile 5% 62.
Ai fini di questa trattazione, che si rivolge in particolare alle esigenze energetiche d’ambito
urbano, nello specifico ad un’area residenziale, si ritiene opportuno sottolineare due soluzioni
impiantistiche completamente differenti.
La prima è quella di predisporre un parco eolico che vada ad alimentare l’intera area abitata,
combinato evidentemente con una fonte integrativa, come visto precedentemente. In questo
caso la progettazione non differisce da quella di una qualsiasi wind farm in ambiente aperto,
secondo le tipologie e le caratteristiche già descritte. Trovandosi ai confini dell’area urbana, il
parco eolico avrebbe il vantaggio di ottimizzare al massimo l’intercettazione del vento
disponibile nel sito e di mantenere all’esterno dell’area urbana il disagio acustico che queste
macchine, seppur sempre più lievemente, comportano. Un tale impianto andrebbe a
partecipare a pieno titolo, con una quota sostanziale, all’assolvimento della domanda
energetica dell’intera area, anche se, la tipica discontinuità della fonte, lo rende integrativo e
mai totalmente sostitutivo dell’energia fornita comunque sempre in altro modo.
Oggi, però, si aggiunge una seconda soluzione interessante, cioè aerogeneratori di piccola
taglia, montati direttamente sull’edificio, che vadano ad alimentare il fabbisogno domestico.
Piccoli aerogeneratori per utenze domestiche
Anche la piccola utenze privata, come una singola abitazione o condominio, può servirsi di
aerogeneratori di taglia medio piccola, per integrare attraverso la fonte eolica il proprio
fabbisogno energetico.
108
Tali generatori eolici vengono installati su tralicci, che possono essere montati direttamente
sulla copertura della struttura oppure, quando possibile, a partire da terra. La necessità è
sempre quella di posizionare il rotore ad una quota, che deve superare quella dei tetti e della
vegetazione circostante, secondo le esigenze e le
regole proposte nei paragrafi precedenti.
Commercialmente si possono trovare tralicci fino
a 12÷18m.
L’installazione a livello urbano soffre di un certo
impatto estetico, spesso poco accettato, che ha
reso difficile la diffusione. L’adozione di tali
macchine appare giustificata in quei luoghi, dove
il vento soffia con un’intensità di almeno 3,5m/s
per almeno 2000 ore all’anno.
Anche in questo caso, ci si deve preoccupare
dell’accumulo dell’energia prodotta, per i periodi
in cui questa viene a mancare, a causa della
discontinuità della fonte. Come si è già visto nel
caso dell’energia solare, la corrente elettrica può
essere immagazzinata secondo due soluzioni. La
prima, inevitabile nelle utenze isolate in aree
remote, è quella dell’accumulo in batterie. Per
adoperare questo sistema l’energia deve essere
prodotta in corrente continua a 12V o 24V, e
quindi, solo attraverso un inverter, è possibile
alimentare
le
utenze
finali
all’interno
Fig. 69 – Esempio di turbina eolica per
utenza domestica; [W21]
dell’abitazione.
Oggigiorno, però, in ambito urbano, è
estremamente vantaggioso utilizzare la capillare rete di distribuzione elettrica nazionale come
elemento d’accumulo. In questo caso conviene, evidentemente produrre direttamente corrente
alternata a 220V. Questo è possibile, secondo la vigente legislazione, con impianti eolici di
potenza elettrica inferiore a 20kW, anche se in Italia si è ancora in attesa, da parte
dell’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, delle modalità di accesso e interconnessione, al
momento stabilite solo per gli impianti fotovoltaici. In linea di principio, quindi, l’utente può
stipulare con la società elettrica un contratto che prevede l’acquisto, da parte di quest’ultima,
dell’energia che egli eventualmente produce in eccesso, quando il vento lo permette.
Ciò che distingue gli aerogeneratori di piccola taglia è generalmente il generatore stesso
adoperato. Esso è comunemente del tipo a magnete permanente (PMG), che consente di
estrarre la massima potenza dal rotore che gira a basse velocità, conciliando la semplicità di
costruzione con la migliore efficienza nel caso di tale utilizzo con piccoli impianti. Il suo
funzionamento si basa su un magnete permanente, che ruota solidalmente alle pale,
magnetizzando successivamente con il polo positivo e negativo gli induttori. La corrente
generata è, in questo modo, alternata trifase; allora, quando si fa uso di batterie, bisogna
interporre un raddrizzatore di corrente.
Sempre nel caso vengano utilizzate le batterie, per prevenire il loro danneggiamento da
sovraccarico, si pone un controller di carica, che devia il flusso della corrente su degli
elementi che possano disperdere tale energia. Allo stesso tempo, affinché tali batterie non
vengano scaricate eccessivamente, si può usare un dispositivo, che interrompa il collegamento
tra utenza e batteria quando il voltaggio diventa troppo basso, oltre un valore prestabilito[66].
Costi e mercato della tecnologia eolica
L’energia eolica è diventata negli ultimi anni la fonte energetica con il più alto tasso di
crescita e di sviluppo nel mondo. Ad oggi, si è raggiunta una quota di impianti installati nel
109
mondo oltre i 31.000MW, in cui il ruolo predominante a livello internazionale è fatto
dall’Europa con quasi 25.000MW alla fine di giugno 2003. La parte del leone è fatta dalla
Germania con quasi 13.000 MW, mentre l’Italia si attesta a 800MW, sempre alla metà del
2003.
La forte espansione del mercato di questa industria nel panorama internazionale è dovuta,
oltre all’evidente maggiore domanda verso fonti rinnovabili e ad incentivi governativi,
soprattutto alla capacità di questa tecnologia a produrre energia a prezzi competitivi con le
fonti più tradizionali. Si è passato dagli 0,80 del 1980 ai 0,04 del 2002.
Sebbene il tasso di crescita sia rallentato nell’ultimo anno, in particolare se a confronto con
quelli degli anni precedenti, questo è anche dovuto al fatto che la tecnologia è ottimizzata per
venti elevati, intorno ai 6m/s. Accade, quindi, che i siti con queste caratteristiche, di facile
accesso, non ancora sfruttati tendono a diminuire sempre più. Questo provocherebbe, con il
passare del tempo, una saturazione di questo mercato, se la ricerca non andasse a rivolgersi
all’ottimizzazione delle macchine per venti moderati. Questo favorirebbe anche installazioni
più vicine ai grandi centri e alle aree più densamente abitate, caratterizzate generalmente da
intensità dei venti più basse, ma più diffuse sul territorio. In questo modo si avrebbero parchi
eolici e installazioni in genere più vicine all’utente, minimizzando il trasporto dell’energia e
parallelamente gli stessi costi di trasmissione.
Evidentemente, nello sviluppo e diffusione di questa tecnologia si vede una soluzione valida,
a basso costo, per l’abbassamento reale delle emissioni di inquinanti nell’ambiente, che
invece perpetuano gli impianti termoelettrici tradizionali. Come già visto, questo elemento
deve rientrare nella valutazione globale dei costi sociali, che comunque l’utente, seppur per
altra via, deve e dovrà pagare.
Come sempre accade per le
varie fonti rinnovabili, la
differenza tra i costi
d’investimento
di
un
impianto eolico e quelli di
un impianto tradizionale è
notevolmente elevata. I
primi crescono a causa degli
studi preliminari sul sito,
del costo delle macchine
(che incide per il 50÷70%) e
delle infrastrutture e di tutte
quelle
spese
aggiunte
giuridico
legali
e
d’allacciamento.
In
particolare, si può prevedere
una riduzione del costo
della potenza installata al
crescere
della
potenza
specifica delle macchine.
Infatti, le economie di scala
fanno sicché il prezzo non
aumenti
in
modo
strettamente proporzionale
con la taglia della macchina,
giacché
molti fattori non
Fig. 70 - Diffusione della tecnologia eolica in Europa – Giugno 2003;
[Fonte: EWEA (European Wind Energy Association)]
dipendono sostanzialmente
dal crescere di questa. Allo
stato attuale i costi di
110
potenza installata si aggirano dai 1000 /kW, per taglie più grandi, ai 1500 /kW, per le taglie
più piccole, adatte all’ambito urbano[64].
L’investimento maggiore viene, però, compensato durante l’esercizio da un minimo costo
annuo d’esercizio. Essi consistono nelle spese di funzionamento e manutenzione, imposte
locali e gli eventuali affitti e canoni ai proprietari dei terreni.
Ora, per effettuare l’analisi di redditività della macchina eolica bisogna, innanzitutto,
calcolare l’energia elettrica prodotta in un anno Ep, come visto attraverso l’uso della curva di
ventosità sperimentale e della curva di potenza della turbina, fornita dall’azienda produttrice.
Per ottenere questo dato è possibile anche procedere attraverso l’integrazione di questa
seconda curva, con un metodo numerico a passo non costante, facendo dunque la somma di
tutti gli intervalli. Il valore finale corrisponde, quindi, all’area sottostante la curva ottenuta.
Considerando, poi, una perdita di circa il 10%, dovuta al trasporto e alle varie eventuali
trasformazioni della corrente da continua ad alternata e viceversa, si ottiene finalmente
l’energia che effettivamente giunge all’utente finale.
Il ricavo monetario, allora, si ottiene moltiplicando il costo del chilowattora per l’energia
prodotta Ep. Tenendo conto, poi, che la stima dei costi di manutenzione annua si aggira
intorno all’1,5÷3,0% dell’investimento iniziale, e che oggi la vita utile delle turbine eoliche è
di circa 120.000 ore, per un ciclo di vita stimabile di almeno 20 anni, si può valutare in
conclusione il numero di anni necessario affinché l’impianto sia in grado di ripagare
l’investimento iniziale, ovvero il Pay Back Time[63]. In condizioni di vento normalmente
raggiungibile, sono necessari dai due ai quattro anni, per gli impianti più piccoli, per
ammortizzare tale investimento, cosicché nella rimanente parte di vita utile la produzione è
pressoché gratuita, con un minimo impatto ambientale, date in questo caso le ridotte
dimensioni dell’impianto.
Va ribadito in questa sede che questa tecnologia non è totalmente libera da qualsiasi forma
d’impatto ambientale, seppur non immettendo gas inquinanti nell’ambiente durante la fase
d’esercizio. Innanzi tutto, c’è l’occupazione del territorio nel caso di parchi eolici, anche se in
realtà si tratta di un problema relativo poiché le strutture occupano effettivamente meno del
2% del suolo impegnato, permettendo così lo sfruttamento della rimanente superficie. Ciò che
rimane, in particolare nelle aree abitate, è l’impatto visivo, ad oggi inevitabile, e quello
acustico. Quest’ultimo è ormai quasi superato dalle turbine d’ultima generazione, se si tiene in
considerazione anche il livello sonoro di fondo presente in un qualsiasi centro urbano. I livelli
acustici di un impianto eolico, misurati a 10m d’altezza con vento a 8m/s, tendono a
mantenersi nei limiti imposti dalla legge.
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