LUIGI CAMPAGNER, PSICOANLISTA SAP S

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LUIGI CAMPAGNER, PSICOANLISTA SAP S
LUIGI CAMPAGNER, PSICOANLISTA SAP S. FREUD
CENTRI ARTEMISIA – KIRIKÙ -SNODI
Ilsussidiario.net 27 marzo 2014
Andreas Lubitz, decidere di schiantarsi perché non si riesce più a “volare”
Ieri ho seguito le notizie sollecitato e aiutato da amici che mi hanno mandato messaggi a ripetizione per
tenermi aggiornato e forse per avere in cambio un parere o un responso, che comunque non ho.
Chiara, la figlia di un’amica che mi ha informato in un pomeriggio bombardato dalle news, ha battuto tutti
sul tempo, anche il procuratore di Marsiglia, Brice Robin che conduce le indagini: “l’ha fatto apposta!”.
Intuito femmine? Analisi lucida di una giovane mente priva di pregiudizi? A ogni modo la traiettoria
dell’aereo è apparsa subito a tutti troppo regolare per lasciare spazio all’ipotesi di un guasto. Poi stiamo
parlando di tecnologia tedesca. Meglio scommettere sull’errore umano.
Andreas Lubitz, 28 anni, pilota. Andreas Lubitz, 28 anni, pluriomicida. Le due frasi non sono conseguenti,
infatti c’è un salto logico che sta tenendo in sospeso i consumatori di notizie di tutto il mondo (e gli
utilizzatori di Airbus low coast, pure). Com’è possibile collegare un giovane di successo, secondo canoni
universalmente condivisi, con una azione così tragicamente distruttiva da evocare le figure nichiliste dei
più riusciti romanzi di Dostoevskij?
Andreas “ha realizzato il suo sogno, il sogno che ha pagato con la vita”. Così lo hanno ricordato fino a ieri
l’altro, prima dell’analisi della scatola nera, gli amici della LSC Westerwald, l’associazione di volo a vela con
la quale era diventato pilota ancora ragazzo. I sogni, si sa, sono una materia delicata, ma soprattutto
personale. Andreas ha realizzato un sogno? Non lo sappiamo. E se la risposta fosse affermativa, questo
sogno era il suo? Di lui non sappiamo nulla (o quasi), molto si saprà nei prossimi giorni, ma anche in futuro
questa domanda non troverà una risposta. Avrà mai davvero fatto un sogno del genere Andreas? Volare? E
cos’ha pensato dopo il suo risveglio? Lo ha trattenuto nella memoria o lo ha dimenticato subito dopo? Ne
ha parlato con qualcuno o lo ha tenuto per sè. Il sogno di volare è un sogno “tipico” uno di quelli che hanno
fatto in molti. Uno di quelli che per questo motivo S. Freud ha commentato ormai oltre cent’anni fa,
notando tra l’atro che è un sogno di alleggerimento. È proprio la sensazione di alleggerimento che al
mattino ricordiamo come volo. Nel bambino questo sogno si accompagna, non di rado, col bagnare le
lenzuola: l’alleggerimento di una tensione muscolare che trova in questo modo una sua - poco onorevole al
risveglio – via di realizzazione.
In un adulto (uomo o donna) è l’alleggerimento dall’angoscia che “fa volare”. È un’esperienza rara nella
pesantezza che accompagna la routine quotidiana, e dunque non passa inosservata.
Andreas avrà mai sognato di schiantarsi? Oppure ci avrà pensato qualche volta da sveglio come il fratello di
Anny, nel film di Wody Allen (autore comico e tragico insieme) Io e Anny che confida al fidanzato della
sorella di provare il fascino dello schianto mentre guida di notte e incrocia i fari di un’altra auto? Nella sua
vita tutto appare perfetto. Anche la foto della sua casa è perfetta. Però (c’è sempre un però) qualche
“segugio “della cronaca ha trovato una crepa in tanta perfezione. La madre di un’amica d’infanzia
(Montabaur, dove Andreas è nato e cresciuto, nella regione Renania-Palatinato, è un paese piccolo dove la
gente mormora – cioè dice quel che pensa) rivela a una “penna locale” che Andreas aveva sospeso la
formazione come pilota di airbus per un problema personale, anche se per l’ A.D. di Lufthansa, Caerten
Spohr, “aveva superato tutti i test medici e psichici e era atto al volo al 100%”. La donna non lo sa dire
meglio di così, forse soffriva di depressione, la sensazione opprimente (e pervasiva) che non si riuscirà più a
volare e non resta che schiantarsi.
Quante volte questo pensiero improvviso, quasi un desiderio incomprensibile, ha preso il volo nella mente
di Andreas? Ne avrà parlato con qualcuno? O lo avrà scacciato con tutte le forze, fin che non gli sono più
bastate? E ai controlli scrupolosi dei medici e degli esperti della psiche, pronti a tendergli una mano, lo ha –
onestamente – riferito o – colpevolmente – censurato? Ha aperto la porta o si è blindato all’interno?
Il tuo posto nella vita non lo può prendere nessuno. Neppure lo psichiatra o lo psicoanalista di turno. Se la
porta è chiusa nessuno può entrare. La regola non vale solo per i giovani piloti.