Procedimento disciplinare

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Procedimento disciplinare
Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale
Le sanzioni disciplinari ed il relativo
procedimento
di Arturo Bianco
Aggiornato a Maggio 2007
SSPAL – Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione Locale
1
INDICE
I principi generali..........................................................................................................3
Le norme di legge ........................................................................................................5
Le fasi del procedimento ..............................................................................................6
Il codice disciplinare.....................................................................................................7
Il procedimento .............................................................................................................8
Il codice di comportamento ........................................................................................11
Gli obblighi dei dipendenti ..........................................................................................13
Il codice disciplinare...................................................................................................14
Il procedimento penale...............................................................................................16
Le sospensioni cautelari.............................................................................................16
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I principi generali
Le disposizioni in materia disciplinare sono contenute negli articoli 55 e 56 del
DLgs n. 165/2001 e negli articoli 24 e 25 del CCNL 6/7/1995, per come modificati
dagli analoghi articoli del CCNL 22.1.2004. Specifiche regole sono dettate, ed
anch’ esse trovano una specifica disciplina contrattuale, nel caso di sanzioni e
procedimenti disciplinari collegati a procedimenti penali.
Le norme di legge rinviano alla disciplina contrattuale la individuazione delle
sanzioni e delle infrazioni. Stabiliscono la costituzione obbligatoria di uno specifico
ufficio che, su impulso del dirigente del settore presso cui presta servizio il
dipendente, contesta gli addebiti, istruisce il relativo procedimento e commina la
sanzione. Le sanzioni del rimprovero verbale e della censura sono comminate
direttamente dal dirigente del settore presso cui presta servizio il dipendente.
Tutti i provvedimenti che vanno oltre il rimprovero verbale devono essere
preceduti da una contestazione scritta dell’ addebito e dal sentire il dipendente, che
può farsi assistere. La sanzione, con il consenso del dipendente, può essere ridotta,
ma in questo caso diventa non impugnabile. E’
ammessa l’ impugnazione tramite
le procedure di arbitrato e di conciliazione, oltre che con ricorso al giudice del lavoro.
Le sanzioni previste dal CCNL, sulla base delle modifiche dettate dal contratto
del 22.1.2004, sono le seguenti sette:
1) rimprovero verbale,
2) rimprovero scritto o censura;
3) multa fino a 4 ore di retribuzione;
4) sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni;
5) sospensione dal servizio e dalla retribuzione da 11 giorni a sei mesi;
6) licenziamento con preavviso;
7) licenziamento senza preavviso.
Si prevede l’ obbligo della contestazione scritta, salvo il caso del rimprovero
verbale, e di sentire il dipendente, che può farsi assistere da un legale o dalla
associazione sindacale. La contestazione deve essere effettuata entro il termine di
20 giorni dal momento in cui il responsabile ha avuto conoscenza del fatto o dal
momento in cui la struttura responsabile ha avuto conoscenza su segnalazione del
responsabile della struttura presso cui il dipendente presta servizio, segnalazione
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che deve essere fatta, a pena di responsabilità, entro 10 giorni. Se nel corso del
procedimenti il dirigente della struttura presso cui il dipendente presta servizio
verifica la sua non competenza alla irrogazione della sanzione, trasmette gli atti
all’ ufficio competente entro 5 giorni. Il dipendente è convocato per iscritto non
prima di 5 giorni dalla contestazione e decorsi inutilmente 15 giorni la sanzione è
applicata nei successivi 15. La malattia non è causa ostativa del procedimento
disciplinare. Le sanzioni non sono sospese in caso di assenza per malattia.
E’
consentito al dipendente il diritto di accesso.
Si deve evidenziare che viene previsto il principio della “ relativa tassatività” ,
in base al quale possono essere sanzionate anche le mancanze non espressamente
previste, in particolare dall’ articolo 25 del CCNL 22.1.2004, purchè costituiscano
violazione degli obblighi dei dipendenti.
Il procedimento si deve comunque concludere entro 120 giorni dalla
contestazione dell’ addebito, a pena di estinzione. Le sanzioni sono irrogate
dall’ ufficio competente che comunica la eventuale chiusura del procedimento. Non
si tiene conto delle sanzioni irrogate prima di due anni. Sono perentori i termini
iniziale (contestazione entro 20 giorni) e finale (120 giorni dall’ addebito).
L’ articolo 25 detta le regole da rispettare per la irrogazione delle sanzioni, cd
codice disciplinare. Al codice essere data ampia pubblicità, in particolare mediante
affissione in luogo accessibile a tutti i dipendenti, forma di pubblicità che è tassativa.
I criteri di carattere generale sono i seguenti otto:
1) intenzionalità, grado di negligenza, imprudenza o imperizia; prevedibilità
dell’ evento;
2) rilevanza degli obblighi violati;
3) responsabilità connessa alla posizione di lavoro;
4) grado di danno o di pericolo o di disservizio provocati;
5) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, ivi compresi i precedenti
disciplinari negli ultimi due anni ed al comportamento verso gli utenti;
6) concorso di più lavoratori;
7) recidiva;
8) applicazione della sanzione più grave in caso di più mancanze compiute con una
unica azione o omissione.
Le amministrazioni possono dare utilmente vita, in particolare, nelle realtà di
piccole dimensioni alla istituzione di forme di gestione associata. Si ricorda che, con
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l’ entrata in vigore del Contratto Collettivo Nazionale Quadro del 23.1.2001, per
come modificato da quello del 24.7.2003, sull’ arbitrato non è più necessario che sia
istituito nel singolo ente o, in forma associata, un collegio di disciplina: il ricorso
contro le sanzioni disciplinari può infatti essere proposto dinanzi all’ arbitro o può
essere avviato il contenzioso dinanzi al giudice del lavoro.
Le norme di legge
Gli articoli 54, 55 e 56 del DLgs n. 165/2001 dettano i principi legislativi che
sono applicabili in materia di sanzioni disciplinari e di relativo procedimento.
L’ articolo 54 prevede il codice di comportamento. Esso viene adottato dal
Dipartimento della Funzione Pubblica e le singole Pa possono, tramite l’ Aran,
avanzare specifiche segnalazioni e richiesta di modifica a tale organismo, nonché
segnalare le esigenze di raccordo con le disposizioni contrattuali. Gli organi di vertice
delle singole amministrazioni, nel caso degli enti locali ci si deve riferire alla giunta,
ne verificano, anche sentendo le organizzazioni sindacali e le associazioni degli
utenti e dei cittadini, la applicabilità e le modifiche da apportare, anche al fine di
giungere alla sua personalizzazione per la specifica amministrazione. E’
suggerita
la realizzazione di attività di formazione dei dipendenti ai fini della conoscenza del
codice di comportamento. Al CCNL del 22.1.2004 è allegato il codice di
comportamento dei dipendenti delle PA.
L’ articolo 55 detta le regole per il procedimento disciplinare e per le
responsabilità. Esso prevede la contrattualizzazione della disciplina della materia.
Stabilisce inoltre che tutte le sanzioni più gravi del rimprovero verbale e di quello
scritto, che sono irrogate dal dirigente della struttura, siano irrogate da uno specifico
ufficio per il procedimento disciplinare che deve essere istituito in ogni ente: è questa
una condizione di legittimità del procedimento disciplinare. La sede più idonea
appare il regolamento sull’ ordinamento degli uffici e dei servizi; normalmente esso
viene individuato nell’ ufficio del personale o in quello del segretario.
Prima della irrogazione della sanzione al dipendente deve essere contestata
l’ infrazione ed egli ha il diritto di essere ascoltato, anche accompagnato dal legale
e/o da un rappresentante sindacale. Si prevede che le parti possano convenire la
riduzione della sanzione, che così diviene non impugnabile.
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Contro il provvedimento, se non disposto diversamente dai contratti collettivi
nazionali di lavoro, è ammesso entro 20 giorni il ricorso al collegio arbitrale di
disciplina, che è composto da rappresentanti dell’ ente e dei lavoratori e che può
essere costituito anche in forma associata tra più amministrazioni. Negli enti locali
questa norma non si applica perché è prevista la possibilità di ricorso all’ arbitro.
L’ articolo 56 prevede la possibilità, in assenza di norme contrattuali, di
impugnare le sanzioni disciplinari dinanzi al collegio di conciliazione costituito
nell’ ambito della Direzione provinciale del lavoro.
Le fasi del procedimento
procedimento
Le fasi del procedimento disciplinare sono quattro:
-
la fase preistruttoria;
-
la fase della contestazione;
-
la fase di garanzia;
-
la fase di decisione.
La fase preistruttoria si apre con la conoscenza del fatto specifico. Da questo
momento decorrono 20 giorni di tempo per potere procedere alla contestazione
formale. La contestazione formale può essere effettuata direttamente dal dirigente,
nel caso in cui la sanzione disciplinare non ecceda la censura scritta, ovvero
dall’ ufficio per i procedimenti disciplinari nel caso in cui la sanzione da irrogare sia
più pesante, previa trasmissione ad esso da parte dei dirigenti In questa fase non vi
sono vincoli di tipo formale e vi è una ampia autonomia in capo all’ ente. In questa
fase il dirigente acquisisce ulteriori elementi, anche in direzione della individuazione
del responsabile. Si ricorda che la sanzione potrà essere disposta solo in presenza di
contestazioni specifiche e puntuali da evidenziare nello specifico provvedimento,
elementi che in gran parte devono essere acquisiti proprio in questa fase per potere
essere utilmente contestati al dipendente nel corso della sua audizione. Nella
preistruttoria si deve inoltre accertare se vi sono delle mancanze addebitate al
dipendente nel corso dei due anni immediatamente precedenti e ciò al fine di
valutare la presenza di condizioni di recidiva che influiscono sulla sanzione
disciplinare. In questa fase occorre infine valutare se è pendente per lo stesso fatto
un procedimento penale o se esso vada aperto: in presenza di un procedimento
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penale quello disciplinare viene aperto e viene sospeso fino alla conclusione
definitiva del primo.
La fase della contestazione si traduce in due momenti: la contestazione
dell’ addebito e la convocazione del dipendente per essere sentito a sua difesa.
Anche in questi casi i termini sono fissati direttamente dal CCNL ed essi sono da
intendersi come vincolanti, in particolare per ciò che riguarda il termine di 20 giorni
dalla notizia del fatto o dalla trasmissione all’ ufficio per i procedimenti disciplinari.
Tali termini, oltre che dai CCNL, sono previsti dal DLgs n. 165/2001, articolo 55.
Viene prescritta la necessità della forma scritta.
La fase di garanzia si articola in due momenti: l’ audizione del dipendente e la
garanzia del diritto di accesso. La audizione del dipendente è un obbligo per le
amministrazioni. Il dipendente può farsi assistere da un legale o da un
rappresentante sindacale. Essa deve essere svolta entro 15 giorni e l’ ente non può
assumere decisioni senza avere svolto questo passaggio, fatto salvo il caso in cui
esso non sia stato esercitato per volontà del dipendente. Nella stessa fase il
dipendente può esercitare il diritto di accesso.
La fase di decisione si deve concludere entro 120 giorni dalla sua apertura,
termine che è imposto in modo vincolante e la cui inosservanza è sanzionata con la
irregolarità della condanna. In caso di sussistenza del fatto occorre tenere conto dei
seguenti dati: rispetto dei principi di gradualità e di proporzionalità delle sanzioni;
l’ intenzionalità; il grado di negligenza; la rilevanza degli obblighi violati ed il grado di
danno cagionato.
Il codice disciplinare
Per potere avviare legittimamente qualsiasi azione disciplinare occorre che sia
stato affisso il codice disciplinare. In mancanza di questo elemento il procedimento è
da considerare illegittimo: siamo dinanzi ad un vincolo di tipo formale che ha il
massimo rilievo, essendo posto a garanzia del dipendente.
Il codice disciplinare è contenuto nell’ articolo 25 del CCNL 6.7.1995, per
come modificato dall’ articolo 25 del CCNL 22.1.2004.
Ad esso gli enti devono dare la massima diffusione e comunque devono
affiggerlo in un luogo accessibile a tutti i dipendenti. Tale pubblicità, ai sensi
dell’ articolo 28 del CCNL 22.1.2004 deve essere disposta per almeno 15 giorni: la
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irrogazione delle sanzioni richiede come condizione di legittimità tale requisito e si
dispone che le sanzioni diventino applicabili decorsi 15 giorni da tale pubblicazione.
La nozione in luogo accessibile a tutti i dipendenti deve, prudenzialmente,
essere intesa nel senso che in caso di pluralità di sedi dell’ ente l’ affissione deve
avvenire in ognuna delle sedi. Tale forma di pubblicità può essere accompagnata,
ma non sostituita dalla comunicazione personale a tutti i dipendenti.
La pubblicità deve riguardare necessariamente il codice disciplinare, contenuto
nell’ articolo 25 del citato CCNL, ma essa può essere disposta utilmente per tutti gli
articoli dettati in materia di procedimento disciplinare.
Il procedimento
Il procedimento disciplinare è regolamentato dall’ articolo 24 del CCNL
22.1.2004. Esso dispone che esso debba essere necessariamente avviato entro il
termine di 20 giorni. Tale termine decorre dal momento in cui il dirigente è venuto a
conoscenza del fatto (vedi in precedenza fase preistruttoria) ovvero entro 20 giorni
da quando lo specifico ufficio ha avuto conoscenza del fatto tramite la segnalazione
del dirigente della struttura competente. Da evidenziare che tale termine ha natura
perentoria, per cui la sua violazione determina la irrogazione della sanzione della
illegittimità dell’ intero procedimento disciplinare.
L’ avvio del procedimento disciplinare si concretizza nella contestazione
mossa al dipendente. Si sfugge a questo vincolo procedurale solo nel caso in cui la
sanzione sia il rimprovero verbale. La contestazione può essere mossa dal dirigente
del settore competente nel caso in cui si ritiene che la sanzione irrogabile sia quella
del rimprovero verbale o scritto. Deve essere mossa dallo specifico ufficio nei casi in
cui si ritiene che la sanzione da irrogare sia più grave. Da sottolineare che, a
conclusione del procedimento, l’ ufficio per le sanzioni disciplinari può irrogare la
sanzione di competenza del dirigente, ma mai il dirigente può irrogare una sanzione
più pesante di quelle di sua competenza.
La contestazione deve essere formalizzata nei confronti del dipendente
attraverso uno degli strumenti previsti dalla normativa in materia di notificazioni. In
altri termini può avvenire attraverso la consegna diretta nel luogo di lavoro, facendo
firmare al dipendente una ricevuta; attraverso una raccomandata con ricevuta di
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ritorno; attraverso la notifica a mezzo posta che vale ai sensi della legge n. 890/1982
anche come prova della avvenuta notificazione.
Occorre inoltre garantire il rispetto della privacy, per cui essa può essere
disposta unicamente attraverso una busta chiusa.
La trasmissione dal dirigente allo specifico ufficio può avvenire:
1) immediatamente, cioè nella fase preistruttoria, sulla base della valutazione
operata dal dirigente che la sanzione irrogabile è più grave della censura scritta.
Tale comunicazione deve essere effettuata entro 10 giorni; in caso di violazione di
questa regola il dirigente diventa passibile di sanzione disciplinare o, meglio, di
accertamento della responsabilità;
2) nel corso del procedimento disciplinare, ove emerga che la sanzione è più grave
della censura. In questo caso la trasmissione deve essere effettuata entro 5 giorni
ed occorre darne comunicazione in modo contestuale allo stesso dipendente. Si
prescrive che, in questo caso, non vi sia soluzione di continuità, cioè che l’ ufficio
riprenda il procedimento dallo stato in cui lo ha lasciato il responsabile.
Nella comunicazione allo specifico ufficio si prevede che il dirigente non si limiti
alla mera comunicazione ma che evidenzi la necessità di avvio del procedimento
disciplinare.
La conoscenza del fatto può essere realizzata da parte del dirigente in tutte le
forme possibili, non è cioè prevista alcuna formalità o vincolo procedurale.
Sicuramente la segnalazione da parte di un amministratore costituisce una
condizione che realizza tale elemento, così come la segnalazione da parte di un
utente. Nel caso in cui la contestazione sia effettuata direttamente da parte dello
specifico ufficio per i procedimenti disciplinari è utile che la comunicazione sia inviata
per conoscenza anche al dirigente della struttura presso cui presta servizio il
dipendente.
Il passaggio immediatamente successivo alla contestazione è costituito
dall’ audizione del dipendente. Tale audizione non può essere disposta prima che
siano decorsi 5 giorni lavorativi dalla ricezione della contestazione da parte del
dipendente, tempo minimo che è posto a sua difesa e che non può essere mai
ridotto. Nel caso in cui decorrano inutilmente 15 giorni il dirigente o l’ ufficio
competente alla gestione dei procedimenti disciplinari possono disporre che la
sanzione sia irrogata decorsi altri 15 giorni. Questa comunicazione può essere
allegata anche a quella con cui si avvia il procedimento disciplinare, cioè alla
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contestazione iniziale. Essa deve comunque essere notificata al dipendente. Si
suggerisce che la data e l’ ora della audizione siano rimessi alla indicazione del
dipendente. In caso che ciò non si realizzi, è necessario fissare uno specifico
appuntamento. Comunque si può ricordare che il dipendente, in aggiunta o in
alternativa alla audizione diretta, può presentare una nota scritta.
Il dipendente può farsi assistere nella audizione dal suo difensore e/o da un
rappresentante sindacale. Appare opportuno che di tale audizione venga redatto uno
specifico verbale.
Non
siamo
dinanzi
ad
un
procedimento
amministrativo,
per
come
regolamentato dalla legge n. 241/1990, ma ad una attività di diritto privato ascrivibile
all’ esercizio dei poteri datoriali da parte del dirigente. Non è quindi possibile
nominare un responsabile del procedimento; sulla base dei principi generali il
dirigente può al più delegare in tutto o in parte le sue incombenze ad un dipendente
dell’ ente
Il dipendente, ai sensi della legge n. 241/1990, per come modificata dalla
legge n. 15/2005, ha diritto di accesso a tutti gli atti in possesso dell’ ente che lo
riguardino direttamente. Si deve intendere in senso assai ampio tale diritto, per cui in
linea generale esso deve essere considerato come prevalente rispetto alle esigenze
di tutela della privacy. Ricordiamo che, peraltro, esso potrebbe anche essere limitato,
per specifiche e comprovate esigenze, anche al diritto alla visione.
Il procedimento disciplinare si conclude con la irrogazione della sanzione
ovvero con l’ archiviazione o “ assoluzione” del dipendente. Si deve ricordare che
per la conclusione del procedimento disciplinare è stabilito il termine insuperabile di
120 giorni dalla sua apertura; tale termine è superabile solo nel caso di procedimento
penale aperto per lo stesso fatto per il quale è avviato il procedimento disciplinare. In
questo caso il procedimento disciplinare rimane sospeso fino alla conclusione
definitiva del procedimento penale e da quel momento deve essere riavviato e
concluso entro i 120 giorni successivi. Anche in questo caso il termine è imperativo e
la sua violazione determina la illegittimità dell’ intero procedimento e della eventuale
sanzione.
Il provvedimento deve essere adottato dal dirigente della struttura presso cui il
dipendente presta la sua attività nel caso di rimprovero verbale o scritto o dal
dirigente dell’ ufficio per i procedimenti disciplinari per le sanzioni più gravi. Occorre
anche in questo caso rispettare la tutela del diritto alla privacy. Il provvedimento non
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è una determinazione, ma un atto gestionale di diritto privato compiuto
nell’ esercizio dei poteri e delle capacità del privato datore di lavoro. Non occorre,
perciò, una specifica motivazione. Ma è quanto mai opportuno che essa sia
comunque contenuta nel provvedimento di irrogazione della sanzione: la motivazione
appare necessaria per dimostrare la correttezza dell’ operato dell’ ente.
Si ricorda che il dipendente e l’ ente possono convenire, nel qual caso è
inibito però ogni tipo di ricorso, che la sanzione sia ridotta in quella immediatamente
meno grave, ragione che ha portato il CCNL del 22.1.2004 ad introdurre, tra il
licenziamento con preavviso e la sospensione fino a 10 giorni, la sanzione intermedia
della sospensione da 11 giorni a 6 mesi.
La sanzione irrogata dall’ ente è operativa dai 20 giorni successivi al
momento in cui viene comunicata al dipendente. Nel caso in cui essa sia impugnata
dinanzi all’ arbitro la sua applicazione è differita all’ esito del giudizio arbitrale. Nel
caso in cui sia impugnata dinanzi al giudice ordinario essa viene invece eseguita
immediatamente decorso il periodo di tentativo obbligatorio di conciliazione.
Il codice di comportamento
Come prima ricordato, al CCNL del 22.1.2004 è allegato il codice di
comportamento adottato dal Dipartimento della Funzione Pubblica per tutti i
dipendenti delle PA.
Esso consta di 13 articoli che, nell’ ordine, dettano le seguenti prescrizioni:
1) Obblighi di lealtà, diligenza ed imparzialità;
2) Obbligo di servire esclusivamente la Nazione e di rispettare i principi di buon
andamento ed imparzialità della amministrazione; nonchè di rispettare la legge e
di perseguire esclusivamente l’ interesse pubblico. Ed ancora dovere di
indipendenza e di astensione in caso, anche solo apparente, di conflitto di
interessi. Obbligo di rispetto dell’ orario di lavoro, di uso corretto e custodia dei
beni affidatigli e di non utilizzazione delle informazioni acquisite per scopi privati.
Obbligo di favorire l’ instaurazione di un rapporto di fiducia e collaborazione tra
cittadini e PA, nonché di favorire il diritto di accesso e di limitare gli adempimenti
posti a carico dei cittadini ed infine di favorire l’ applicazione del principio della
sussidiarietà.
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3) Obbligo di non chiedere né accettare regali, fatta eccezione per quelli di modico
valore e che appartengono a regole di uso comune, né da parte di coloro che
sono in stretto rapporto con la sua attività, né dai collaboratori o congiunti.
4) Obbligo di comunicazione, salvo che nel caso di partiti e sindacati, delle
associazioni a cui aderisce se le stesse possono essere coinvolte nell’ attività
dell’ ufficio e divieto di costringere altri dipendenti ad aderire ad associazioni.
5) Obbligo di comunicazione per iscritto di tutti gli incarichi di collaborazione retribuiti
intercorsi negli ultimi 5 anni; obbligo per i dirigenti di comunicazione di tutte le
partecipazioni azionarie con strutture che possono avere rapporto con l’ ufficio.
Tali obblighi si estendono anche alla posizione degli immediati congiunti. A
richiesta, obbligo per il dirigente di comunicare la propria posizione fiscale e
patrimoniale.
6) Obbligo di astensione dal partecipare alle decisioni in cui si possa avere interesse
diretto o di parenti fino al quarto grado ed in tutti i casi in cui siano interessati
soggetti con i quali ha una grave inimicizia. Esso si estende a tutti i casi in cui vi
siano gravi ragioni di convenienza. Sulle astensioni decide il dirigente.
7) Obbligo di non accettare incarichi, retribuzioni o utilità da soggetti con cui si abbia
un rapporto per ragioni di ufficio, anche nell’ ultimo biennio.
8) Obbligo di imparzialità e di rigetto di qualsiasi pressione o segnalazione, anche se
proveniente dal dirigente.
9) Divieto di sfruttare la propria posizione per scopi di tipo personale.
10) Obbligo di non ritardare e divieto di assegnare ad altri compiti che devono essere
da lui svolti, nonché di limitare le assenze, di non utilizzare a fini privati le
attrezzature, ivi compreso il telefono, e di non accettare utilità per l’ acquisto di
beni dell’ ente.
11) Obbligo di prestare adeguata attenzione alle domande dei cittadini, di rispettarne
le esigenze, di non ritardare agli appuntamenti, di rispondere ai reclami, di seguire
l’ ordine cronologico nella trattazione delle pratiche, di astenersi da dichiarazioni
pubbliche che vadano a detrimento dell’ ente, fatti salvi i casi tutela di diritti
sindacali, e di informare il dirigente dei rapporti con la stampa. Divieto di
assumere
impegni
che
possano
generare
sfiducia
nei
confronti
della
amministrazione. Obbligo di usare un linguaggio chiaro e di rispettare gli standard
di qualità, di garantire la continuità del servizio.
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12) Divieto di ricorre a mediazioni nella conclusione dei contratti e di concluderli con
soggetti privati con i quali ha avuto rapporti negli ultimi 2 anni, in questo caso
astenendosi.
13) Obbligo di cooperare con gli uffici per il controllo interno al fine di garantire la
valutazione delle attività svolte.
Da ricordare che l’ articolo 25 del CCNL 5.10.2001 prevede che le singole
amministrazioni si diano uno specifico codice di comportamento per le molestie
sessuali nei luoghi di lavori, anche utilizzando le linee guida dettate a livello
nazionale.
Gli obblighi dei dipendenti
L’ articolo 23 del CCNL 6.7.1995, come modificato dall’ articolo 23 del CCNL
22.1.2004, disciplina gli obblighi dei dipendenti.
Esso prevede l’ obbligo di servire la Repubblica e di rispettare i principi di
imparzialità e buon andamento della attività amministrativa, nonché la applicazione
del codice di comportamento allegato al contratto (vedi prima). Egli deve favorire la
instaurazione di buoni rapporti tra cittadini e PA. Ed in particolare deve:
a) collaborare con diligenza, applicando le norme contrattuali e le disposizioni
dettate a tutela della sicurezza sul lavoro;
b) rispettare il segreto d’ ufficio;
c) non utilizzare a fini privati le informazioni di cui è a conoscenza per ragioni
d’ ufficio;
d) rispettare e garantire il diritto di accesso e la applicazione delle norme sulla
semplificazione della documentazione amministrativa;
e) rispettare l’ orario e le procedure di controllo e non assentarsi dal luogo di lavoro
senza autorizzazione;
f) mantenere comportamenti corretti durante l’ orario di lavoro;
g) non ritardare la guarigione e, durante i periodi di malattia, non occuparsi di altre
attività;
h) eseguire gli ordini, chiedendone al più la conferma per iscritto, salvo che gli stessi
contengano un reato o costituiscano illecito amministrativo;
i) vigilare sui propri collaboratori;
j) avere cura dei beni affidati;
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k) non utilizzare i beni dell’ ente per finalità private;
l) non chiedere né accettare incarichi, compensi, regali o altre utilità;
m) osservare le disposizioni sull’ accesso all’ ente e non introdurre soggetti
estranei;
n) comunicare la residenza o la propria dimora, anche temporanea;
o) dare tempestiva comunicazione al proprio ufficio della malattia;
p) astenersi dalle decisioni e dalle attività che riguardano interessi propri o di parenti
fino al quarto grado.
Il codice disciplinare
L’ articolo 25 del CCNL 6.7.1995, per come modificato dall’ articolo 25 del
CCNL 22.1.2004, detta il codice disciplinare. Tale articolo (vedi in precedenza) deve
essere stato affisso nell’ ente per almeno 15 giorni consecutivi in luoghi facilmente
accessibili ai dipendenti. Le mancanze non tipicizzate sono punite con la
applicazione delle sanzioni per fattispecie analoghe.
I criteri di carattere generale che, in applicazione dei principi di carattere
generale della gradualità e proporzionalità delle sanzioni, regolano la materia della
irrogazione delle sanzioni disciplinari sono i seguenti sei:
1) intenzionalità, grado di negligenza, imprudenza o imperizia; prevedibilità
dell’ evento;
2) rilevanza degli obblighi violati;
3) responsabilità connessa alla posizione di lavoro occupata;
4) grado di danno o di pericolo o di disservizio provocati;
5) sussistenza di circostanze aggravanti o attenuanti, ivi compresi i precedenti
disciplinari negli ultimi due anni ed al comportamento verso gli utenti;
6) concorso di più lavoratori.
Ed ancora si stabilisce che in caso di recidiva sia irrogata la sanzione di maggiore
gravità tra quelle previste e che si dia corso alla applicazione della sanzione più
grave in caso di più mancanze compiute con una unica azione o omissione.
Il codice passa quindi ad indicare le sanzioni da irrogare per ogni mancanza:
a) dal rimprovero verbale o scritto alla multa fino a 4 ore (che è introitata dall’ ente
per finalità sociali a favore dei dipendenti) per: inosservanza delle norme di
servizio, sulle assenze per malattia e dell’ orario; condotta non corretta;
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negligenza nella attività e nella custodia dei beni; inosservanza delle norme di
sicurezza se non ne siano scaturiti danni o disservizi; rifiuto di assoggettarsi a
visite personali finalizzate alla tutela del patrimonio dell’ ente e insufficiente
rendimento sul lavoro;
b) sanzione della sospensione dal servizio fino a 10 giorni per: recidiva per le
mancanze più leggere; particolare gravità delle mancanze più leggere; assenza
ingiustificata dal servizio fino a 10 giorni o arbitrario abbandono; ingiustificato
ritardo a trasferirsi nella nuova sede; attività che ritardano la guarigione;
testimonianza
falsa o
rifiuto
della
stessa
nei procedimenti disciplinari;
comportamenti minacciosi o ingiuriosi o calunniosi; alterchi; manifestazioni
ingiuriose nei confronti dell’ ente; molestie sessuali; violazione di obblighi da cui
sia derivato disservizio; sistematici comportamenti aggressivi o denigratori;
c) sanzione della sospensione dal servizio da 11 giorni a 6 mesi (con privazione
della retribuzione per i primi 10 giorni e per gli altri con stipendio ridotto al 50% e
non computo nella anzianità di servizio di tutto il periodo) per: recidiva nel biennio
delle sanzioni punite con la sospensione fino a 10 giorni; assenza ingiustificata da
10 a 15 giorni; occultamento di circostanze sulla sottrazione di denaro o beni
dell’ ente; persistente cattivo rendimento dovuto a fatti dolosi o colposi; esercizio
di forme di violenza morale nei confronti di altro dipendente per procurargli un
danno (mobbing); molestie sessuali di particolare gravità;
d) sanzione del licenziamento con preavviso per: recidiva plurima di almeno 3 volte
nell’ anno delle mancanze di cui ai precedenti 2 punti o recidiva di almeno 1
volta nel biennio per le mancanze di cui al precedente punto; recidiva nella
assenza ingiustificata dal servizio da 10 a 15 giorni; ingiustificato rifiuto di
trasferimento; mancata ripresa del servizio; continuità nel biennio delle gravi
carenze nella attività amministrativa; recidiva del mobbing ad altro dipendente;
recidiva di molestie sessuali; condanna definitiva per reati che, commessi al di
fuori dell’ orario di lavoro, sono gravi ed impediscono la prosecuzione del
rapporto di lavoro; violazione dei doveri che impediscono la prosecuzione del
rapporto di lavoro; reiterati comportamenti che danneggiano l’ ente;
e) sanzione del licenziamento senza preavviso per: terza recidiva nel biennio delle
vie di fatto; accertamento dell’ uso di documenti falsi per entrare in servizio;
condanna passata in giudicato per i reati indicati e per gravi delitti commessi in
servizio; condanna definitiva da cui scaturisce l’ interdizione perpetua dai
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pubblici uffici; condanna definitiva per reato commessi fuori dall’ ufficio e che non
consente la prosecuzione del rapporto di lavoro neppure provvisoriamente; gravi
ed intenzionali violazioni degli obblighi che non consentono la prosecuzione
neppure provvisoria del rapporto.
Il procedimento penale
In caso di fatti commessi in servizio che hanno rilevanza penale vi è l’ obbligo
di informare l’ autorità giudiziaria attraverso una denuncia e di aprire il procedimento
disciplinare, che rimane sospeso fino alla sentenza definitiva, principio che si applica
anche nel caso in cui l’ obbligo della denuncia emerga nel corso del procedimento
disciplinare. La stessa regola si applica anche nel caso in cui l’ ente venga a
conoscenza di un processo penale per fatti oggetti di procedimento disciplinare.
Questo è avviato nel caso in cui la sanzione può essere disposta solo a seguito di
condanna definitiva.
Il procedimento disciplinare è riattivato entro 180 giorni dalla sentenza
definitiva, ridotti a 90 per i casi di cui all’ articolo 5, comma 2, della legge n. 97/2001,
e concluso entro i successivi 120 giorni.
L’ irrogazione della sanzione disciplinare non ha carattere automatico a
seguito della condanna penale, salvo i casi di cui all’ articolo 5, comma 2, della
legge n. 97/2001 ed all’ articolo 28 del codice penale per la pena accessoria della
interdizione perpetua dai pubblici uffici. In caso di assoluzione con formula piena
l’ ente dispone la chiusura del procedimento disciplinare, fatta salva la
contestazione di altre violazioni. In caso di licenziamento a seguito di condanna e di
successiva revisione il dipendente ha diritto ad essere nuovamente assunto, con la
corresponsione di quanto maturato, fatti salvi gli istituti legati alla presenza.
Le sospensioni cautelari
Le sospensioni cautelari possono essere disposte sia nell’ ambito dei procedimenti
disciplinari che di quelli penali.
Per i procedimenti disciplinari l’ istituto è applicabile per le fattispecie sanzionabili con
la sospensione dal servizio e dalla retribuzione. Si dispone l’ allontanamento dal
servizio per un periodo non superiore a 30 giorni, con conservazione della retribuzione
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e valutazione ai fini della anzianità. Tale periodo è calcolato in caso di condanna, ivi
compresa la esclusione dal calcolo della anzianità.
Nel caso di procedimenti penali la sospensione è disposta automaticamente a seguito
della privazione della libertà personale, per tutta la durata di tale periodo e l’ente può
prolungarla dopo la scarcerazione fino alla sentenza definitiva. L’ente deve applicare
tale sanzione nei casi previsti dalle norme contrattuali. La sospensione può essere
disposta, a seguito di rinvio a giudizio, per procedimenti che attengono alla sua attività e
per i quali, in caso di condanna, è prevista la sanzione del licenziamento con o senza
preavviso. Essa non può mai superare la durata di 5 anni. Spetta al dipendente una
indennità pari al 50% della retribuzione con eventuale conguaglio a seguito del
provvedimento finale emesso dall’autorità giudiziaria.
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