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Bufala di piacere
di MARIO COLOSI
Con le mutandine bianche che s’intravedevano appena, Cri era seduta sul sedile anteriore dell’auto con
una minigonna di jeans ed una camicetta turchese, con un’unica perplessità: meglio le mozzarelle di
bufala casertana oppure quelle salernitane? Ugo le acquistava spesso variandone la provenienza, ed
entrambi erano soliti ritrovarsi nel desolato piazzale sterrato, noto luogo d’incontro tra amanti.
- Oggi ho tanta voglia - esordì Cri, mentre Ugo cominciava il rito: lo tirava fuori abbassandone la
cerniera della borsa frigo e delicatamente lo stappava consentendone la giusta ossigenazione prima
dell’atto. Per quest’occasione aveva acquistato un vino Barbera barricato color rosso rubino a intenso
bouquet floreale con marcate note di viola mammola e ciliegia.
Dalla loro auto parcheggiata a trenta metri dal capolinea del bus che portava i turisti al parco, si
vedevano i finestrini appannati e i sedili ribaltati delle altre auto presenti allo sterrato. Era inverno e oltre
all’autista, cui rimanevano una decina di minuti prima di ripartire, non c’era nessun passeggero.
Cri, intanto, estraeva dalla confezione le due bianche mozzarelle disponendole dentro le coppe del
reggiseno rosso, sfilato per l’occasione, sul cruscotto dell’auto i cui bocchettoni di ventilazione
emanavano aria calda. Il motore era rimasto acceso per scaldare l’abitacolo quel tanto per creare
l’atmosfera generata dal tepore di un caminetto.
- Scendo dall’auto per gettare l’acqua delle mozzarelle - disse, e mentre scendeva le lunghe gambe
affusolate scoperte dalla minigonna, fecero aguzzare la vista dell’autista poco distante il quale, senza
farsene accorgere, stava avvicinando lentamente il bus all’auto per sbirciare meglio dall’alto verso il
basso dell’abitacolo.
Risalita in auto, la gonna di Cri era tornata a salire mentre Ugo stava già versando il vino, ormai
ossigenato, dentro due calici di plexiglass che lontanamente ricordavano quelli delle migliori cristallerie.
Lei aveva acquistato anche quattro dolcetti di pasta di mandorla, due dei quali farciti con i canditi.
Tutto questo movimento nell’abitacolo, visto da lontano, era impossibile da decifrare; si vedeva solo la
testa di Cri che spesso era su per sconfezionare gli alimenti, e spesso era giù, per posizionare gli incarti
sul tappetino dell’auto in maniera ordinata differenziandone meticolosamente i vari scarti.
Ugo, nel frattempo era rimasto seduto sul sedile adiacente con la faccia goduta, in attesa che le
mozzarelle raggiungessero la corretta temperatura di consumo.
La stessa posizione, insomma, assunta sulle auto dalle altre coppiette presenti nel parcheggio sterrato;
l’autista del bus invece era sempre più interessato a quelle gambe scoperte di Cri che si muovevano
nell’abitacolo in quella che sembrava una vera e propria danza. Il bus era ormai vicino all’auto e
l’autista era attento soltanto a non perdere il momento in cui lei si sarebbe sfilata la gonna, piuttosto che
all’orario di ripartenza del mezzo.
Loro, noncuranti di cosa stesse succedendo nelle altre auto e al bus ormai a ridosso della loro, decisero
quindi di scendere dall’auto iniziando a consumare proprio lì, davanti a tutti, usando come appoggio
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l’ampio baule della loro station vagon illuminato dalla luce di cortesia.
In pochi istanti disposero le tre portate, mozzarelle, vino e dolcetti e, senza alcun ausilio di posate,
gustarono tutto in dieci minuti d’intenso piacere. Finita la consumazione, salirono in auto e ripartirono
in attesa di un altro analogo incontro la settimana successiva.
Oltre all’autista, deluso e ulteriormente affamato alla vista di un’inaspettata sceneggiatura culinaria
nonché all’immagine del siero della mozzarella fuoriuscito poco prima dalle labbra a cuore di Cri,
soltanto una famiglia di leprotti stava continuando a sbirciarli dal folto boschetto prospiciente il parco.
Le altre coppiette, disinteressate, continuavano invece la loro attività nelle auto mentre i finestrini dei
loro abitacoli si appannavano sempre di più.
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