La signorina Else in Trentino

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La signorina Else in Trentino
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Pagine celebri
La signorina Else
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di Gabriella Brugnara
L’
intero racconto della Signorina
Else di Arthur Schnitzler copre
lo spazio di alcune ore, inizia in
un pomeriggio di sole sui campi da tennis
di San Martino di Castrozza e si conclude
poco dopo la cena.
È Else stessa ad informarci che si tratta di
una «serata meravigliosa» in cui «il Cimone svetta superbo».
Siamo a settembre, per la precisione è il
tre di settembre, e chi conosce la montagna sa che questo è il mese migliore per
coglierne gli aspetti più suggestivi. Finito
il momento del caldo intenso e del grande
affollamento, l’aria al mattino ed alla sera si fa più frizzante, si sente entrare con
il respiro, a volte toglie quasi la fluidità
della parola, quando si mischia ai pensieri
può diventare inebriante «come lo champagne». In quel periodo di tarda estate il
cielo assume un tono azzurro-blu più uniforme, e, soprattutto dove sembra toccare
le vette, crea un forte contrasto di luci e di
colori; lo straniante effetto che ne scaturisce è quello di portare le montagne in primo piano, accentuando quel loro aspetto superbo ed inaccessibile che mantiene
il nostro sguardo fisso nella loro direzione. Uno sguardo che rimane, però, sospeso tra ammirazione ed un non ben definito senso di inquietudine.
Di fronte al Cimon della Pala, Else prova
Hotel Fratazza (1908)
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Arthur Schnitzler
(Vienna, 15 maggio 1862 – Vienna, 21 ottobre 1931) – Nasce da una famiglia della media borghesia ebraica viennese; il
padre è un medico di prestigio, e anche Arthur si iscrive alla facoltà di medicina, conseguendo la laurea nel 1885. Sin da
quando è studente manifesta, però, profonda e tenace vocazione letteraria e si accosta alla psicologia prestando servizio di assistente presso la clinica di Theodor Meynert, il maestro di Freud, specializzandosi nelle tecniche clinico-ipnotiche. Avverte forte tensione tra i valori moralistici derivanti
dal passato e la necessità di dare un riconoscimento alla vita degli istinti.
Freud, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, lo
chiama “collega” e sempre avverte così intensamente l’affinità tra loro da evitarlo consciamente, quasi fosse stato il suo
“doppione” (Doppelganger). Degno di nota, inoltre, il ricorso
di Schnitzler all’innovativa tecnica narrativa del monologo interiore. Tra le sue opere sono da menzionare:
1888: l’atto unico L’avventura della sua vita. È qui che compare
per la prima volta il personaggio di Anatol che darà il nome
ad un ciclo di atti unici;
1903: va in scena a Monaco di Baviera Girotondo scritto tre
anni prima. Verrà pubblicato pochi mesi dopo la rappresentazione teatrale, riportando un grande successo di vendite;
1905: Intermezzo con cui ottiene il Premio Grillparzer per la
commedia;
1917: Il dottor Gräsler medico termale;
1918: Il ritorno di Casanova;
1924: La signorina Else;
1925-1926: Doppio sogno, pubblicato su una rivista.
Nel 1999 Stanley Kubrick, con Eyes Wide Shut, propone la versione cinematografica del testo di Schnitzler.
un’ambivalente sensazione di timore e fascino e, più volte nello scorrere della breve
narrazione, crea un saldo punto di incontro tra il suo tormentato stato d’animo ed
il mutare dell’aspetto delle montagne, che
si fanno sempre più scure ed enormi con
lo scendere della sera e poi della notte.
«Inquietante, gigantesco il Cimone, come se volesse cascarmi addosso!», questo è
uno dei pensieri della ragazza nel momento in cui il racconto si indirizza verso le
pagine di più sofferta intensità. L’idea del
Cimone come montagna che sembra crollare è luogo comune, tuttora noto e condiviso dai visitatori della zona delle Pale,
ed ebbe probabilmente origine dallo scritto di John Ball, prima guida turistica delle Alpi orientali, che nel 1867 commentò in questo modo: «Per quanto ardito sia
lo sviluppo del Cervino, esso ha tuttavia
l’impronta della solidità, mentre pel Cimon è da supporre che il cader di una sola pietra dell’immane torrione, trarrebbe
con sé in rovina tutta la gigantesca costruzione1». È da notare come, proprio negli
ultimi decenni dell’Ottocento, il concatenarsi di alcuni fatti accrescano la notorietà della zona di San Martino, rendendola
così meta di un numero sempre maggiore
di visitatori.
A questo proposito Luca Brunet scrive: «Nel 1862 J. Gilbert e G. C. Churcill furono i primi viaggiatori a passare
per San Martino e a descrivere la loro avventurosa escursione nella guida The Dolomite Mountains. Il loro resoconto ispirò
qualche anno dopo Leslie Stephen, uno
dei fondatori dell’Alpine Club di Londra,
a raggiungere Primiero e a salire da solo sull’altipiano delle Pale. Impressionato
dalla verticalità delle cime, scrisse nel suo
libro The Playground of Europe (Il campo
da gioco d’Europa) che nessuno sarebbe riuscito a salire queste vette. Ma nel giugno
del 1870 un altro inglese, Edward Whithwell, conquistò la vetta del Cimón della
Pala. Era iniziata la scoperta alpinistica del
gruppo2». Per dare un quadro più completo della situazione del Primiero sullo scor1 www.cimone2000.com/contents/it/; A guide to Eastern Alps, John Ball, Longmans, Green and Co,
1873.
2 Brunet L., Antiche tracce sull’Alpe Castrozza, APT
di San Martino di Castrozza e Primiero, pp non numerate, 2001.
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Arthur Schnitzler in una foto del 1878
cio di fine secolo, va senz’altro ricordato
anche, che l’intero territorio del Trentino
rimase sotto la dominazione austriaca fino
al termine del primo conflitto mondiale.
Questo spiega perché, nel primo decennio del Novecento, San Martino di Castrozza, già affermato centro turistico, diventi anche luogo conosciuto e frequentato dalla buona società dell’ Impero austro
ungarico. L’impulso allo sviluppo turistico della zona è stato dato da una personalità imprenditoriale di spicco del piccolo centro alpino, Hermann Panzer, che a
partire dal 1883, concepì la trasformazione di una preesistente piccola struttura alberghiera nel più capiente e raffinato Hotel des Dolomites.
«L’intuizione di Ben e Panzer fu vincente
e nel giro di pochi anni il nuovo albergo
des Dolomites accontentava gli ospiti più
esigenti. Erano esponenti della nobiltà e
della borghesia mitteleuropea, attratti dal
fascino delle Pale di San Martino, i quali pretendevano una sistemazione adeguata al loro rango: cucina e servizio raffinati,
ampie camere, sale di lettura con libri e riviste dei paesi di provenienza, sale da ballo e da concerto…3».
Arthur Schnitzler fu più volte ospite di
San Martino, dell’Hotel Dolomiti in particolare, anche se più tardi sceglierà di
ambientare la storia della Signorina Else nel nuovissimo Hotel Fratazza, costruito nel 1908, ed anch’esso di proprietà di
Panzer. È probabile che Schnitzler, nei periodi di vacanza in Primiero, abbia visto
nascere questo albergo e sia rimasto colpito dalla sua struttura elegante, unita al
suo «aristocratico isolamento4», particolarmente adatto a farne teatro di una storia all’insegna dell’“isolamento interiore”
che Else vive.
Il Fratazza si trovava infatti ai margini del
paese, circondato da prati, e la fotografia
che lo ritrae ben si accorda con l’immagine che la visione dell’hotel produce nella mente di Else, al ritorno dallo sconvolgente incontro con von Dorsday: «Così
lontano, lontano è l’hotel e così fiabescamente illuminato», e poi ancora: «Com’è
gigantesco l’hotel, come un enorme castello incantato illuminato». Che il nuovo hotel fosse importante per la clientela del tempo è testimoniato anche dal fatto che «la carta Freytag pubblicata a cura del Deutscher und Oesterreichischer Alpenverein (il Club Alpino Austrotedesco),
edizione 1910, designa la località esplicitamente con il nome dell’albergo – Hotel Fratazza – tanto esso era eminente per
3 Ibidem
4 Marisaldi L. e Pellegrinon B., Pale di San Martino
“San Martino e la sua montagna. La signorina Else”,
p. 111, Zanichelli, Bologna, 1993.
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il turismo di allora. Si trattava in origine
della denominazione di una malga e dei
suoi pascoli: come tale il luogo appare già
indicato nelle carte di fine Settecento. Il
nome, da frata, significa terreno disboscato per ricavare spazio per le coltivazioni ed
il pascolo; rimanda dunque all’assalto alla
foresta di età medievale5».
Purtroppo l’ottimo momento di prosperità di cui San Martino godeva si interruppe bruscamente con la prima guerra mondiale. Si pensi che, al 31 dicembre 1900,
come risulta dal censimento austriaco allegato, il Comune di Siror, di cui la piccola frazione fa parte, unito al limitrofo Comune di Tonadico, non contavano più di
duemila abitanti stanziali, ma alloggiavano, fra giugno e settembre, «circa millequattrocento ospiti al giorno, e vi giungevano quotidianamente (scrivono i giornali dell’epoca) non meno di cento automobili6».
5 Ivi, p. 110.
6 Ivi, p. 111.
Il 25 maggio 1915, dunque, dopo la dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria,
la stazione turistica di San Martino venne a trovarsi a ridosso della linea del fronte. L’esercito austriaco, colto di sorpresa e
con pochi uomini disponibili per presidiare il nuovo fronte meridionale, abbandonò tutta la valle del Cismon, e costituì
una linea difensiva sicura sulla Catena del
Lagorai. Fu in questa fase delle ostilità che
i prestigiosi alberghi di San Martino, tra
cui l’Hotel Fratazza, vennero incendiati
dall’esercito tedesco.
A causa di tali roghi, quasi tutti i registri
delle presenze negli alberghi della zona andarono distrutti e non è quindi più possibile ricostruire la cronologia dei soggiorni
di Schnitzler a San Martino.
Sembra però significativo notare come il
piccolo paese alpino sia rimasto nei pensieri dello scrittore a molta distanza di
tempo. Il racconto della Signorina Else
è stato infatti pubblicato nel 1924; Albino Tonelli ipotizza che sia stato scritto nel
19237, Marisaldi e Pellegrinon parlano di
«capolavoro, pubblicato nel 1924, ma già
terminato nel 19218».
In entrambi i casi, quello che importa sottolineare è che il romanzo venga elaborato da Schnitzler quando ormai l’Hotel
Fratazza era stato distrutto, e che ritragga quella società belle epoque che la guerra aveva per sempre spazzato via. Per compiutezza di informazione, va anche precisato che tale hotel, a differenza di quasi
tutti gli altri della zona, non venne più riedificato.
La sua rievocazione nella Signorina Else lo
ha, quindi, in qualche modo, “eternato”,
7 Tonelli A., San Martino di Castrozza inebriante come
lo champagne”, p. 55, «In Trentino», n.3, 1988.
8 Marisaldi L., e Pellegrinon B., op. cit., p.110.
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rendendolo “luogo della memoria” e portando sino a noi la sua atmosfera dal sapore mitteleuropeo.
Tra la ricca borghesia che frequentava San
Martino di Castrozza, molto nutrita era la
presenza di ebrei. Questo dato viene segnalato anche da testimonianze raccolte
sul posto, in cui si racconta di strutture
alberghiere prenotate per l’intera stagione
estiva da comunità ebraiche.
Anche Freud fu tra le personalità di rilievo che prescelsero il piccolo centro montano, e «villeggiò a San Martino di Castrozza nell’estate del 1913.9»
In letteratura, oltre che nella Signorina
Else, anche nel giardino dei Finzi Contini, vi è un preciso accenno a San Martino, come luogo frequentato dalla clientela ebraica.
Il periodo di riferimento è in questo caso, quello appena precedente lo scoppio
della seconda guerra mondiale, e il protagonista narratore, nelle pagine conclusive del romanzo, preoccupato per la salute dell’amico Alberto, gli si rivolge in questo modo:
«E allora, visto che si tratta del caldo, perché non vai una quindicina di giorni in
montagna?»
«In montagna d’agosto? Per carità. E
poi…» (qui sorrise), «…e poi, Juden sind
dappertutto unerwünscht. Te ne sei scordato?».
«Storie. A San Martino di Castrozza per
esempio no. A San Martino ci si può ancora andare…10».
Un ulteriore aggancio al piccolo centro
del Primiero come luogo di villeggiatura
scelto dagli ebrei, è fornito dalla biografia
9 Tonelli A., op. cit., p. 57.
10Bassani G., Il Giardino dei Finzi Contini, p.224,
Mondadori, Milano, 1980.
di Enrico Fermi, scritta dalla moglie Laura. In Atomi di famiglia, nel capitolo 10
novembre 1938, testimonia:
«Per il nostro soggiorno estivo avevamo
scelto per quell’anno San Martino di Castrozza, uno dei posti più incantevoli delle Dolomiti, situato in una conca sterminata, coperta di prati verdi smaglianti che
si estendono a perdita d’occhio verso sud
e sono protetti da un ampio arco di rocce maestose. Massicce alla base, queste si
dividono verso l’alto in forme fantastiche,
in torrioni, in guglie e in quelle pareti sottili, quasi senza spessore, che per essere caratteristiche del luogo vengon chiamate le
Pale di San Martino.11» Poco oltre continua: «Eravamo ancora a San Martino il 2
settembre, quando la radio annunciò le
prime leggi razziali riguardanti gli ebrei
italiani12…»
11 Fermi L., Atomi di famiglia, p. 144, Mondadori,
Milano, 1954.
12 Ivi, p. 146