Preti sposati e sacerdozio delle donne: in Umbria un teologo

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Preti sposati e sacerdozio delle donne: in Umbria un teologo
Preti sposati e sacerdozio delle donne: in Umbria un teologo
controcorrente
Nella foto:una donna sacerdote anglicana
Martedì alle 17.00, nella sala Capitini di Marsciano, è stata organizzata
dall'assessorato alla Cultura del Comune ed dall'Unitre una serata davvero
particolare: un teologo marscianese, liturgista conosciuto e stimato in Italia,
presenta un suo libro di teologia in cui vengono trattati e discussi punti molto
caldi e divisivi per la Chiesa latina.
Tre in particolare: può un uomo sposato diventare prete? Può un uomo già
prete sposarsi e prendere moglie? Sarà mai possibile una donna prete?
Queste le tre questioni che don Antonio Santantoni si pone e sui cui vuole
aprire un dibattitto.
Don Antonio sostiene che oggi quelli che sono vissuti dalla Chiesa come
gravi problemi, un tempo furono prassi comune nella Chiesa nascente. Per
qualcosa più di mille anni (fino a tutta la prima metà del sec. XI) uomini
sposati poterono diventare preti e vescovi. Quando qualcuno veniva scelto
per diventare vescovo una delle prime domande era: sei sposato o no? Se la
risposta era positiva, gli si poneva un’altra domanda: Hai sistemato le cose
della tua casa? E questo allo scopo di evitare conflitti di interesse,
naturalmente.
Da sempre l’Oriente, sia cattolico sia ortodosso, hanno preti sposati accanto
a quelli celibi. Con una differenza: i preti sposati non possono diventare
vescovi. Prima o poi, forse neppure tanto poi, un giorno sarà anche fra noi..
Un particolare unisce l’Oriente sia in Occidente: i preti sposati devono essere
ammogliati già prima della ordinazione presbiterale. Una volta preti non si
potranno più sposare, e se rimangono vedovi non possono risposarsi. Se si
risposassero sarebbe visto quasi come una dichiarazione che Dio non gli
basta. Inaccettabile... per ora.
Il sacerdozio alle donne. Sulla speranza che le donne possano salire all'altare
e dire Messa Don Antonio sostiene che mai i testi liturgici ne parlano
direttamente. In passato il problema non si poneva proprio. Ma, continua il
teologo, la storia dei sacramenti a saperla leggere bene dice molte più cose
di quanto solitamente non si pensi. È fuori di ogni dubbio: l’idea tradizionale
che esclude le donne dall’esercizio del sacerdozio è, ancora oggi fortemente
prevalente.
Gli argomenti sono noti e ambedue sono veri: 1. Gesù non ha avuto donne
fra i dodici apostoli; 2. Allo stesso modo gli apostoli; 3. In due mila anni di
storia mai donna fu ordinata prete o vescovo in una Chiesa ufficiale. Quanto
a Papa Francesco, egli, rifacendosi a una parola di Giovanni Paolo II, dice
che probabilmente l’argomento potrebbe essere considerato quasi chiuso,
ma don Antonio ritiene d’aver trovato nella storia liturgica argomenti sufficienti
per riaprire la questione.
Del resto don Antonio – che per 35 anni ha insegnato liturgia dividendosi fra
Assisi e le università e le facoltà teologiche di Roma – ha prodotto lavori che
ancora oggi, dopo decine d’anni, vengono tenuti presenti dai principali
liturgisti d’Italia. Quanto al nostro argomento, egli ha documentato che
nessun sacramento, nel corso dei secoli, è rimasto immune da profondi
mutamenti per ciò che riguarda sia il modo di celebrarli sia il ministro della
celebrazione (il celebrante). Solo qualche esempio. Ancora alla fine del sec. II
alle donne non era concesso di battezzare. Da secoli ormai questo è
consentito nei casi di necessità.
In Oriente per i primi quattro secoli non si parlava di cresima, poi hanno
cominciato a praticarla anche loro. Con delle differenze rispetto all’Occidente.
In Occidente all’inizio era solo il vescovo che la dava, in Oriente
indifferentemente preti e vescovi. In Occidente la cresima si dava imponendo
le mani sul capo, in Oriente ungendo la fronte.
Battesimo, cresima e comunione: in antico i bambini ricevevano insieme
battesimo cresima e comunione proprio come gli adulti convertiti. In Oriente
ancora oggi è così, e se la mamma che va a fare la comunione con il
bambino di un anno in braccio, la comunione viene data anche al bambino.
Da noi invece, fra battesimo e cresima oggi passano dai dodici ai sedici anni.
E ancora per la cresima. L'unzione degli infermi (già estrema unzione): nel
sec. V i preti di Gubbio negano al vescovo il diritto di dare l’olio santo ai
malati. Il papa dà ragione al Vescovo e anzi ricorda con forza che anche i
laici ne possono fare libero uso nei propri malanni. Oggi in pratica sono solo i
preti a darla; quanto ai laici nemmeno a parlarne.
Riguardo al sacramento del matrimonio don Antonio ricorda che per i primi
due-tre secoli la Chiesa non se ne occupava affatto; “i cristiani si sposano
come tutti” gli altri. Qualche vescovo desiderava esserne informato. A partire
dal sec. IV-V è certo che la sera delle nozze gli sposi ricevevano una
benedizione in casa loro. È solo nel sec. X che il matrimonio comincerà a
essere celebrato “sulla porta” della Chiesa (né fuori né dentro). La Penitenza
(confessione) ha conosciuto cambiamenti sensazionali: per i primi 150 anni si
ritiene che non ci fossero né riti né precetti penitenziali. Il primo grande segno
di novità è del sec. II: il perdono dei peccati si potrà concedere una sola volta
nella vita e solo dopo mesi o anni di durissime penitenze. La durezza della
penitenza era tale e la paura di morire senza riconciliazione (si ricordi: una
volta sola), nessuno chiedeva più il sacramento se non in punto di morte.
Questo durò fino ai sec. VI-VII.
Fu quando in Irlanda, dove vivevano solo monaci, la gente prese a
confessare ai monaci i peccati, a ricevere una penitenza e a ottenere sempre
la riconciliazione. Le penitenze erano ancora durissime, ma si mise un atto un
sistema di commutazione che faceva sconti sensazionali alla pena da
scontare. Così fra molti contrasti la nuova forma prevalse. Ancora 5 o 6
secoli, e nacque la confessione come tutti noi la conosciamo. Infine con la
riforma del Vaticano II si è introdotta anche la possibilità di dare l’assoluzione
dopo una confessione generale e prima della confessione individuale dei
peccati.
Infine sul sacramento dell’ordine, argomento sul don Antonio è considerato
un vero specialista, per circa 1000 anni la Chiesa sceglieva i suoi vescovi
preti e diaconi indifferentemente fra uomini celibi e uomini sposati. Se si
trattava di un laico egli veniva ordinato subito per quello che doveva essere,
vescovo prete o diacono, senza tirocinio di sorta da laico a vescovo, da laico
a prete e così via. A partire dal IV secolo, in Occidente, se egli era sposato
avrebbe avuto l’obbligo di osservare la castità nel matrimonio. Le cose
rimasero così finino al sec.XI, quando la legge del celibato divenne universale
per la Chiesa latina, senza più eccezioni.
In Oriente dove ci sono preti sposati e non sposati, quelli sposati non hanno
nessun obbligo di castità, ma se restano vedovi, non potranno risposarsi. Chi
invece non è sposato, non potrà più sposarsi. Un prete sposato però, non
potrà maidiventare vescovo. Una curiosità importantissima per dare un’idea
di come possono cambiare le cose nella Chiesa: per nove secoli un vescovo
che accettava il trasferimento a un'altra sede, fosse anche quella di Roma,
veniva scomunicato. Era considerato come un adulterio. Oggi invece è la
regola.
A don Antonio questo fa dire che tutti questi cambiamenti dicono chiaramente
una cosa: che il Signore, lasciando i suoi, si è fidato della sua Chiesa e a
essa ha dato tutto il potere sul come gestire i suoi doni.
Don Antonio conclude il suo libro ponendo la fatidica domanda: perché solo
per la donna non dovrebbe mai cambiare niente? Gesù non le avute tra gli
apostoli? Forse perché i tempi non lo avrebbero permesso. Perché allora fra i
miracoli del Vangelo non includere anche questo: la fine della discriminazione
verso le le donna e la sua totale pari dignità? Il suo potere la Chiesa l’ha
avuto subito chiaro e infatti ha preso subito iniziative audaci e profetiche. La
istituzione dei diaconi e la sostituzione di Giuda non gliel’aveva comandate
Gesù. Hanno fatto tutto da soli. E se ieri sì, perché oggi no?