I capolavori cuneesi della Certosa di Pesio
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I capolavori cuneesi della Certosa di Pesio
I capolavori cuneesi della Certosa di Pesio Ezio Castellino "Sia noto a chi di dovere che, in seguito al Decreto dei Consoli della Repubblica francese (...), avendo fatto radunare per mezzo del cittadino Carroccio, superiore del monastero, tutti i religiosi trovati in casa in quel momento, abbia dato ai medesimi lettura del decreto di nomina in suo capo e riepilogate in breve le principali disposizioni di quello dei Consoli portante soppressione di tutte le corporazioni religiose in questa divisione militare". Con questa premessa il capo della divisione finanze della Prefettura di Cuneo, Giovanni Antonio Fulcheri, redigeva il 2 settembre del 1802 il processo verbale che spogliava la Certosa di Pesio di tutti i suoi beni Si compiva così l'ultimo atto di una catena di eventi che porterà, nel breve volgere di quattro anni, all'incameramento del Monastero della Valle Pesio, con tutti i suoi beni, nelle casse del Governo Francese. Tutto ebbe inizio nel 1798 quando il notaio Michele Audisio di Cuneo ed il misuratore Ignazio Bottasso, incaricati dal Governo Francese di redigere una valutazone dei redditi dei beni ecclesiastici e nobiliari, fissavano in lire 70.000 il reddito annuo della Certosa di Pesio; tale somma venne quindi imposta al Monastero dall'agente militare francese come contributo straordinario di guerra. Due anni dopo la Commissione per la vendita dei beni nazionali, stabilita in Cuneo, chiese alla Certosa l'inventario ed i libri contabili per valutare l'entità dell'intero patrimonio del monastero. Il 6 marzo del 1801, con un apposito decreto, la Certosa venne privata di tutti i suoi beni situati nel territorio di Cuneo, ossia le grandi tenute agricole di Tetti Pesio e Torre di Pesio. I certosini ricorsero però immediatamente contro questo esproprio e, dopo una quarantina di giorni, il Generale Jourdan, quale amministratore generale della 27a Divisione Militare con sede a Torino, anche in considerazione dell'atteggiamento tenuto dal monastero nei primi tempi dell'occupazione francese, ordinò l'immediata restituzione alla Certosa degli ingenti beni sequestrati. Le cascine, in un primo tempo, vennero restituite alla Certosa solo in proprietà con l'obbligo però di rispettare il contratto di affitto nel frattempo stipulato dal Governo Francese con un certo Bertoia Michele Antonio. Ma i Certosini, per rientrare nel pieno possesso dei beni, rivolsero una nuova supplica al Generale Jourdan che li autorizzò a procedere al recupero dei loro possedimenti, cosa che fecero pagando all'affittuario un riscatto di lire 70.000. Ma tutto ciò si rivelò non solo dispendioso, ma anche inutile. Infatti, pochi mesi dopo, e precisamente il 16 agosto del 1802, un Decreto dei Consoli sopprimeva improvvisamente tutti gli Ordini monastici e le Congregazioni religiose presenti nei 6 Dipartimenti della 27a Divisione Militare. Un paio di settimane più tardi, come detto, il rappresentante del Governo Francese sali alla Certosa per apporre i sigilli alle proprietà certosine. Dispersione delle opere d'arte Dopo ripetuti ed infruttuosi tentativi di vendere la Certosa in blocco, il governo francese nell'estate dell'anno successivo deliberò il trasporto degli arredi del monastero nel deposito del Comune di Cuneo per procedere ad un pubblico incanto. Andò così disperso un ricchissimo patrimonio artistico. Alcune schegge di questa "deflagrazione artistica", che fu !a 07