numero 3 - Scuola di Ingegneria
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numero 3 - Scuola di Ingegneria
Notiziario dell’Associazione ex allievi della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa pagine numero 3 gennaio · 2006 4-5-6 L’internazionalizzazione dei nostri studenti pagina 8 I Grandi Maestri: Giancarlo Vallauri Università di Pisa sommario Supplemento de “Il rintocco del Campano”, rassegna periodica dell’Associazione Laureati Ateneo Pisano Quale contributo dell’Ingegneria alla crescita di una società fondata sulla conoscenza? di Emilio Vitale Se ne parlerà a Palermo il 27 gennaio nell’ambito di una tavola rotonda inserita nelle manifestazioni per la celebrazione del 200° anniversario della fondazione dell’Università, dove sono stato invitato a portare la testimonianza delle esperienze svolte a Pisa ed in Toscana. È certo che, un po’ dovunque in Italia, i gruppi di ricerca nell’area dell’ingegneria sono stati fra i più pronti, com’era del resto logico e naturale, a rispondere alle nuove esigenze di finalizzazione di parte delle attività a sostegno della competitività del sistema produttivo. Se ne è avuta prova, a Pisa come in altri Atenei, dall’importante contributo dato, negli ultimi anni, allo sviluppo della brevettazione in campo universitario ed alla creazione di nuove imprese spin-off di ricerca: segni tangibili di quanto molte delle attività oggi svolte nei laboratori di ingegneria siano strettamente finalizzate alla produzione di nuovo knowhow. Ma di più si deve e si può fare nel prossimo futuro. Nei settori strategici per lo sviluppo industriale del Paese le preziose, e tuttora sottodimensionate, risorse per la ricerca dovranno essere utilizzate per creare sinergie ancora maggiori segue a pagina 8 … La globalizzazione, le sue sfide e l’Italia L’Avvocato Paolo Fresco, già Presidente di FIAT S.p.A. e già Executive Vice Chairman di GE, ha tenuto il 31 maggio 2005 nell ’aula magna della facoltà, una conferenza su “La globalizzazione, le sue sfide e l’Italia”. La conferenza introdotta dal Preside, Prof. Emilio Vitale, e dai Prof.ri Bennati e Mengali. è stata seguita da un numeroso pubblico di docenti e di studenti. Non è possibile riportare il testo completo dell’intervento, e non è stato possibile tentare di estrarne un sommario senza il timore di sminuirne il significato. Né è stato possibile individuare alcuni capitoli da preferire per la pubblicazione. La redazione ha pertanto deciso di pubblicare la introduzione, nella quale il conferenziere ha introdotto il concetto di globalizzazione, e la conclusione nella quale il conferenziere si sofferma sulla posizione dell ’Italia nell ’oceano globale, sulla delocalizzazione e sul nazionalismo economico che sta riemergendo in Italia. La redazione si augura di non avere, con questa scelta, trascurato parti della conferenza altrettanto significative. Il testo integrale della conferenza è comunque a disposizione degli interessati presso la redazione di ingegneria a pisa. SFB di Paolo Fresco È un grande piacere per me essere qui con voi quest’oggi. Permettetemi dunque di ringraziare il prof. Stefano Bennati che me ne ha dato l’opportunità e il Prof. Umberto Mengali per le sue cortesi parole di presentazione. Vorrei anche rivolgere un saluto a Piero questo fenomeno – la globalizzazione – molto da vicino,… per meglio dire, dal di dentro. Perciò mi viene naturale proporvi oggi qualche considerazione proprio su questo tema, un argomento sul quale nel corso degli anni ho avuto anch’io una mia evoluzione Villaggio, a cui mi lega una lunghissima e salda amicizia fin dai tempi del liceo, a Genova. A voi tutti il mio più caloroso saluto. 1. Sapete che è usuale in occasioni come queste chiedere all’ospite di affrontare un tema che gli sia congeniale, per formazione intellettuale e per esperienza di vita vissuta. La mia formazione è giuridica, la mia esperienza è stata quasi per intero quella di manager di imprese globali (o che hanno cercato di divenire tali). Ho avuto, dunque, la fortuna di conoscere di giudizio: pur rimanendo un sostenitore della globalizzazione e dei suoi benefici economici e culturali, il maggior distacco con cui posso ora guardare all’evoluzione dei rapporti economici mondiali mi induce a rilevarne, accanto agli indiscutibili pregi, anche alcuni difetti. Aggiungo anche che le vicende professionali mi hanno permesso di osservare come la globalizzazione sia vissuta in due realtà economiche strutturalmente e direi anche culturalmente piuttosto diverse, come quella anglosassone – e, in particolare, statunitense – L’Avv. Fresco ed il Preside Vitale Shopping al supermercato delle aziende di Santo Francesco Bordone ([email protected]) Nel numero precedente di “inge- te (tra i migliori) e mio amico (tra i gneria a pisa” ho cercato di ricorda- migliori), che dopo la laurea aveva re in un breve articolo, “Ingegneri : creato dal nulla una azienda che pochi o troppi?” un problema che operava in un prodotto allora nuointeressa le facoltà ed i nostri neo- vo (ecco la fantasia e la creatività laureati.Non ho portato conclusioni dei nostri giovani laureati) e che è e raccomandazioni, dichiarando di ormai diventata la prima in Italia non essere in grado di farlo, ma mi nel suo settore, mi ha comunicato sono augurato che le mie riflessio- di avere appena ceduto l’azienda ad ni potessero contribuire a suscitare un grande gruppo tedesco. un dibattito. Oggi vorrei riflettere È un caso che mi ha colpito per su un argomento che, a mio parere, avere io seguito la nascita e la crepotrebbe essere collegato al primo. scita della azienda, ma è uno dei Vorrei parlare di quello che io de- tanti casi, che si ripetono ormai con finisco “Lo shopping al supermer- allarmante frequenza, di imprencato delle aziende”, un argomento ditori che, o dopo avere portato le sul quale spesso mi soffermo ama- loro aziende a livelli di eccellenza ramente con colleghi e studenti, oppure in momenti di difficoltà, che è stato bruscamente riportato decidono di passare la mano venalla mia attenzione qualche giorno dendo. L’elenco è ben numeroso ed addietro quando un mio ex studen- ogni giorno si aggiungono “nuove segue a pagina 7 … e quella italiana. Vorrei proporvi, quindi, anche una riflessione su come si trova l’Italia nell’affrontare il mercato globale. 2. L’onda lunga della globalizzazione e i suoi perché. Un po’ di storia La globalizzazione non è propriamente una novità degli ultimi dieci, venti anni. Qualsiasi storico dell’economia saprà descrivere assai meglio di me che cos’era il mondo tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento,… prima che i nazionalismi aggressivi, la grande guerra, la rivoluzione russa, la crisi del ’29 sconvolgessero gli equilibri internazionali e con essi un sistema economico in cui gli scambi di beni e capitali, in rapporto al Prodotto Interno Lordo, e i flussi di lavoratori da un Paese all’altro, in rapporto alla densità della popolazione, avevano raggiunto dimensioni paragonabili a quelle odierne. Dove stanno le differenze tra ieri e oggi? Direi in quattro aspetti fondamentali: •nell’intensità del processo di globalizzazione, •nel numero di Paesi e di persone che vi sono coinvolti, con i Paesi in via di sviluppo non più in posizione marginale, •nella straordinaria forza pro pulsiva ed aggregante delle nuove tecnologie dell’informazione e segue a pagina 7 … Io laureando gestionale a Tokyo di Stefano Lodola ([email protected]) Vi presento un’esperienza che mi rette universitarie sono proibitive ha cambiato la vita: un anno a To- ed esistono poche possibilità per kyo, Giappone, a vivere l’ingegne- il Giappone, rispetto a programria gestionale “alla giapponese”. mi come l’Erasmus per l’Europa. Chi sono? Un giorno, un docente del mio Stefano Lodola, 22 anni, iscritto corso di laurea mi ha informato al corso di laurea specialistica in di un accordo di scambio studenti Ingegneria Gestionale. Da diversi tra l’Università di Pisa e la Waanni mi interesso al Giappone e seda University, uno degli istituti grazie ad alcuni giapponesi che più prestigiosi del paese e, guarda abitavano nella mia città, Carra- caso, uno di quelli che avevo visira, ho potuto avvicinarmi a questo tato. Ho subito preso contatto con mondo nel migliore dei modi, cioè un professore della Waseda che conoscendo i suoi abitanti e facen- avevo conosciuto a suo tempo e do delle amicizie. ho fatto richiesta per partecipare. Fino alla partenza. Durante un Come si può immaginare, non ho precedente viaggio in Giappone avuto concorrenti. (2003) avevo visitato alcune uni- Tempo ben speso. Ho trascorversità che avrei voluto frequenta- so un bel periodo alla Waseda re ma, in Italia, pur trovando molti University, da Settembre 2004 a docenti disposti a consigliarmi, mi Luglio 2005. Mi ha fatto da guistavo perdendo d’animo perché le da il prof. Yoshimoto, docente di segue a pagina 5 … Brevettare all’università: oggi è possibile di Franco Failli ([email protected]). Realizzare un brevetto è da sempre una ambizione di chi crea innovazione. Fino a poco tempo fa però brevettare, per chi operava all’interno dell’università, significava affrontare molti problemi di tipo burocratico e amministrativo, che richiedevano tempo, esperienza specifica e denaro. Ciò ha spesso rappresentato un freno per chi desiderava veder tutelati, anche da un punto di vista economico-commerciale, i risultati del proprio lavoro. Per ovviare a tale condizione, alcuni anni fa l’allora Pro-rettore per il rapporti con le imprese e il trasferimento tecnologico Prof. Emilio Vitale cominciò ad operare per la promozione delle attività di brevettazione nell’ambito dell’Ateneo. Tale attività, proseguita dal successore tuttora in carica Prof. Giancarlo Santoprete, ha permesso di creare nel 2003, all’interno dell’Ufficio Ricerca dell’ateneo, una specifica linea di attività dedicata espressamente alla brevettazione, e all’istituzione di una Commissione tecnica brevetti, preposta alla valutazione delle invenzioni presentate. Fino ad oggi sono state brevettate 33 invenzioni (ed altre dieci circa sono attualmente al vaglio della commissione tecnica brevetti), 16 delle quali sviluppate all’interno della Facoltà di Ingegneria. Per maggiori dettagli è possibile visitare il portale della ricerca PROMETEO sul sito dell’Università (http://brett.adm.unipi. it/cgi-bin/ibo/prometeo2000?in dexpage;main_brevetti) dove le invenzioni sono elencate ed è possibile accedere ad una loro scheda descrittiva. La procedura per l’ottenimento del brevetto è la seguente: dopo che il ricercatore o il team di ricerca dell’ateneo è arrivato ad ottenere un risultato che a suo parere riveste un interesse commerciale, deve preparare una domanda da indirizzare all’Ufficio Ricerca – Commissione tecnica brevetti, Lungarno Pacinotti n. 43, 56100 Pisa, nella quale illustra l’oggetto della richiesta e ne descrive l’uso e le possibili applicazioni. La commissione tecnica brevetti, presieduta dal Prof. Pier Angelo Rolla, esamina periodicamente le domande ricevute, e ne giudica l’effettivo valore scientifico e commerciale, ed in caso di parere positivo avvia la pratica brevettuale. Fino ad oggi è stato dimostrato interesse dal mondo imprenditoriale per 3 brevetti (Chimica industriale, Medicina interna, Ingegneria), e sono in via di definizione le pratiche per l’acquisto di un quarto (Ingegneria). L’università copre tutti i costi relativi all’ottenimento del brevetto ed ha una percentuale sugli eventuali introiti che va dal 30% (introito fino a 25.000 euro) al 50% (introito maggiore di 100.000 euro). Un recente brevetto acquistato da una società esterna è stato sviluppato presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione (DIMNP) dai Proff. Marco Beghini e Leonardo Bertini in collaborazione col Prof. Vigilio Fontanari dell’Università di Trento. Si tratta di uno strumento portatile che permette di misurare in modo rapido e a basso costo le principali proprietà mec- caniche dei materiali metallici. Lo strumento è potenzialmente molto utile in ambito industriale per garantire, con misure effettuate sui semilavorati, la qualità dei materiali in ingresso al processo produttivo e può essere usato direttamente anche sui componenti in esercizio, per esempio in fase di ispezione. Da questo punto di vista, si può prevederne un impiego anche per valutare lo stato di conservazione di beni di valore storico o architettonico. Il brevetto si basa su attività di studio da anni sviluppate dal gruppo di ricerca sui materiali e su modelli analitico-numerici per descriverne il comportamento meccanico. Il brevetto è stato acquistato dalla società “Scienzia Machinale Srl” del Polo Tecnologico di Navacchio (PI) che, continuando a collaborare con il DIMNP, si impegna a estenderlo a livello internazionale, a realizzare il prototipo dello strumento, a effettuare una campagna di prove di collaudo e messa a punto e infine a commercializzarlo. La Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa ha erogato un finanziamento specifico per la progettazione del prototipo e la sua messa a punto. Altro esempio, per altro già molto noto, è quello relativo al brevetto internazionale del propulsore ibrido-elettrico per scooter, 50% Università di Pisa e 50% Piaggio SpA, di cui si parla anche in un altro articolo di questo giornale. Tutte le informazioni e la consulenza relative all’attività di brevettazione dell’Università di Pisa, il regolamento e la modulistica per la presentazione delle domande possono essere consultati sul sito: http://www.unipi.it/ricerca/applicata/brevetti/index. htm. È anche possibile contattare direttamente, presso l’ufficio ricerca, la Dott.ssa Greta Bacci, responsabile dell’Ufficio, (tel 050–2212323, e-mail g.bacci@ adm.unipi.it ), la Dott.ssa Paola Cacciatori, responsabile della Linea di attività “Ricerca finalizzata e brevetti” (tel. 050 2212511, email [email protected]) e la Sig. Annarosa Morini (telefono 050 2212575 e-mail a-morini@ adm.unipi.it). la gravità è per essi trascurabile rispetto alle forze di adesione, tanto da aderire alle estremità delle pinzette impiegate per afferrarli e posizionarli correttamente. Perciò molte delle tecnologie impiegate nell’assemblaggio tradizionale di componenti “macro” divengono non applicabili in questo micromondo. È necessario quindi sfruttare altri principi fisici e impiegare forze quali quella elettrostatica, quella magnetica, le forze adesive ecc., per la movimentazione e la presa-rilascio dei piccoli componenti. Sebbene esistano molti interessanti tentativi in questa direzione, siamo ancora lontani da sistemi automatici rapidi ed affidabili. A tutt’oggi l’assemblaggio dei microprodotti ibridi arriva ad assorbire addirittura l’80% del loro costo totale e diviene il collo di bottiglia che ne ostacola la diffusione e che non permette l’impiego dei microprodotti ibridi su vasta scala. Al momento, l’approccio che pare più promettente per l’assemblaggio automatico (o semiautomatico) di microprodotti è quello che propone di aggregare una serie di dispositivi in una microfactory di assemblaggio. La microfactory automatica di assemblaggio è infatti costituita da microgripper per la presa, microfeeders per il traspor- to, microrobot per la manipolazione, sistemi per il fissaggio dei microcomponenti ecc., insomma una vera e propria fabbrica in miniatura. Nella microfactory sono ovviamente indispensabili, ed altrettanto importanti, sistemi di controllo on line e stazioni metrologiche per la misura dei componenti. Nell’ottica microfactory, è stato recentemente creato il laboratorio di microassemblaggio presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione: responsabile del laboratorio è il prof. Marco Santochi, coadiuvato dagli ingg. Gualtiero Fantoni, ricercatore in formazione, e Marcello Porta, dottorando in Automazione, Robotica e Bioingegneria e dal valido staff tecnico della sezione Produzione. Dato che la prima operazione da effettuarsi in una stazione di montaggio è, generalmente, l’estrazione di un componente singolo da un insieme disordinato di componenti, è stato progettato un selezionatore elettrostatico in grado di estrarre un elemento e collocarlo in una posizione prestabilita. Il componente viene poi trasportato, con forze elettrostatiche, verso una stazione di assemblaggio per essere afferrato e manipolato. Per questo scopo, nel laboratorio sono stati progettati e testati “grippers” meccanici, elettrostatici ed adesivi. I primi hanno dimostrato ottime capacità autocentranti per oggetti di forma assialsimmetrica (microviti, perni ecc.) e sono utilizzabili nelle operazioni di inserimento di un perno, di un asse o di una vite in un foro. I secondi hanno permesso la manipolazione di componenti dalla forma complessa (microruote dentate, microresistenze, ecc.). I terzi hanno consentito di manipolare parti estremamente delicate. Quale supporto dei grippers è anche stato progettato un innovativo microposizionatore cartesiano a due gradi di libertà. La precisione di posizionamento dei componenti e il controllo on line dei microggetti movimentati, sono ottenuti attraverso un sistema di misura interferometrico ed un sistema di visione, utilizzato quest’ultimo per il controllo on line della posizione dei microcomponenti all’interno dei dispositivi di manipolazione. L’obiettivo del gruppo di lavoro è quello di studiare soluzioni innovative per l’assemblaggio dei microprodotti ibridi, in considerazione del fatto che un loro minor costo comporterà una maggiore diffusione e quindi benefici maggiori per un numero crescente di utenti. . Il progetto Microfactory di Marco Santochi ([email protected]) Nati nel mondo dell’elettronica, i microprodotti sono oggi parte quasi invisibile, ma sempre più indispensabile, della nostra vita quotidiana. Viaggiano con noi sulle automobili e sugli aerei, ci aiutano nelle cure mediche e sono arrivati addirittura nello sport e nel divertimento! Se, quando si parla di microprodotti, si è portati immediatamente a pensare ai chip presenti nei computer, telefoniIl personale universitario, gli studenti e gli ex-allievi possono inviare alla redazione contributi su: argomenti scientifici e didattici di interesse della Facoltà, testimonianze conferenze e convegni, notizie varie. e.mail • [email protected] Notiziario dell’Associazione ex allievi della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa Supplemento de “Il rintocco del Campano”, rassegna periodica dell’Associazione Laureati Ateneo Pisano Direttore responsabile Guido Gelli Redazione Santo Francesco Bordone, Franco Failli, Roberta Lazzeri, Attilio Salvetti, Emilio Vitale, e.mail • [email protected] Progetto grafico Theo van Boxel, Elena Macchioni Autorizzazione del Tribunale di Pisa n.4 del 12/04/1972 e n.13 del 24/05/1991 ni, palmari, ecc., occorre sapere che un micromondo più recente scorcio del laboratorio “Microfactory” è quello dei microprodotti “ibridi”. I microprodotti ibridi hanno, rispetto a quelli basati sul silicio, una geometria fortemente tridimensionale, hanno componenti di diverso materiale con caratteristiche meccaniche talvolta superiori a quelle del silicio. Esempi di microprodotti ibridi sono micropompe per il rilascio controllato dei farmaci, micromotori elettromagnetici per la movimentazione di apparecchiature endoscopiche o di microtelecamere, microriduttori e micropinze per la chirurgia non invasiva, ecc. Se alcune tecnologie di produzione di microcomponenti sono ormai mature e consentono una produzione di massa, cio’ non avviene per le tecnologie di assemblaggio, che ancora necessitano di ulteriori sforzi di ricerca e sviluppo. Infatti i componenti dei microprodotti hanno massa così bassa che . Lo scooter ibrido è stato premiato in una competizione internazionale di Alessandro Caleo ([email protected]) L’Associazione Tecnica dell’Automobile (ATA) ha organizzato, per la prima volta in Italia, l’evento della Formula SAE: la prestigiosa competizione internazionale i cui partecipanti sono studenti e neolaureati in Ingegneria che gareggiano con macchine da corsa interamente progettate e realizzate da loro. In occasione dell’evento, svoltosi dal 22 al 25 Settembre presso la pista prove del gruppo FIAT di Balocco (VC), l’ATA in collaborazione con il CIVES (Comitato Italiano Veicoli Elettrici Stradali) ha affiancato alla Formula SAE una nuova competizione destinata alla valutazione di veicoli tecnologici a basso impatto ambientale come veicoli elettrici, ibridi e a celle a combustibile: la Formula Tech. Analogamente alla Formula SAE anche in questo caso il progetto deve essere interamente effettuato da studenti o neolaureati. La facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa ha partecipato alla Formula Tech con il “Team HyScooter” presentando un prototipo di scooter a motorizzazione di tipo ibrido-parallela e conseguendo il terzo posto nella graduatoria finale. La giuria, composta da esperti del settore automotive tra i quali l’ing. Pietro Menga, presidente del C.I.V.E.S. e l’ing. Giampiero Brusaglino membro dell’ATA e organizzatore della manifestazione, è garanzia dell’ottimo livello della competizione che vede tra i suoi partecipanti oltre a nove Università italiane anche Università straniere (Sheffield, Bruxelles). Il “Team Hy-Scooter”, composto dal professore Massimo Ceraolo, dai dottorandi Alessandro Caleo e Paolo Capozzella e dagli studenti Massimo Baldacci e Giulia Franceschi, che hanno partecipato in questi anni alla realizzazione del prototipo, frutto di una ricerca finanziata dall’Università di Pisa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa e da Piaggio Group, si è “esibito” nelle tre sessioni previste dalla manifestazione: presentazione del progetto, valutazione statica, prova dinamica. Decisiva per l’assegnazione del premio la prova dinamica in cui non solo i giudici ma anche gli altri partecipanti, incuriositi dal prototipo di scooter presen- tato, hanno mostrato un notevole interesse ed entusiasmo nel provare il veicolo nelle varie modalità operative. Durante la prima giornata il veicolo è stato presentato in aula eviden- 15 km e raggiungere una velocità massima di 25 km/h. Hy-Scooter, a differenza di un veicolo elettrico, una volta esaurita l’energia stoccata nel pacco batterie è in grado di provvedere alla propulsione e alla Il team “ Hy-Scooter”, Caleo, Franceschi, Capozzella, Baldacci ziando le modifiche effettuate per l’ibridazione e mettendo in risalto l’aumento di prestazioni ottenuto senza l’incremento dei consumi. Particolare attenzione è stata riservata alla propulsione elettrica tramite la quale il veicolo può marciare ad emissioni nulle per circa ricarica delle batterie mediante il motore termico. Inoltre le batterie possono essere ricaricate anche dalla comune rete elettrica grazie ad un carica batterie installato sul veicolo risparmiando sia in termini di costo per km sia in termini energetici. La mia esperienza alla Oil & Gas University della General Electric di Nicola Allegro ([email protected]) Sono un neolaureato in Ingegneria Meccanica dell’Università di Pisa che dopo aver terminato il corso di Laurea Specialistica ed una collaborazione annuale con l’Università per una ricerca nel campo energetico, ha deciso di cogliere un’occasione unica per investire ancora in conoscenza: la Scholarship on Oil & Gas University. La realtà di Nuovo Pignone è sicuramente ben nota a tutti, come l’acquisizione avvenuta nel 1994 da parte del gigante americano General Electric che nella società fiorentina ha trovato un’importante risorsa per essere vincente nel mercato mondiale dell’Oil & Gas. Quest’anno per la prima volta da GE Oil & Gas è stato avviato un ambizioso progetto che racchiude in se tutta la politica di forte sviluppo del gruppo, che ha deciso di offrire alle proprie aziende clienti e a due neolaureati italiani in ingegneria, uno dall’Università di Pisa e l’altro dall’Università di Firenze, la possibilità di partecipare ad un Master in Oil & Gas. I corsi coprono 4 aree fondamentali: Leadership, Energy, Processes e Rotating Machinery. La parte di Leadership a sua volta comprende corsi di Finance, Marketing, Legal Contract, Team Building e Project Management mentre con la parte di Energy si hanno corsi per il Natural Gas, l’Energy Economics, Environmental Impact e Energy Contracts. In Processes vi sono corsi di Oil & Gas Production, LNG & GTL (le nuove frontiere nel trattamento e distribuzione del gas naturale), Refining & Petrochemical Processes ed infine in Rotating Machinery si vanno ad analizzare tutti gli aspetti riguardanti turbine, compressori e pompe sia dal punto di vista meccanico che di gestione degli impianti. Le lezioni, accompagnate in alcuni casi da visite nei vari stabilimenti, sono tenute da personale di alto livello di GE e da professori e professionisti esterni fra cui vale la pena menzionare l’importante contributo dell’IFP (Institut Français du Pétrole). È così quindi, che dal 4 Ottobre e per i successivi 6 mesi, un gruppo di 25 studenti provenienti da tutto il mondo (Paesi Arabi, Cina, Indonesia, Tailandia, Venezuela, Russia) si è trovato nel GE Learning Center di Firenze per affrontare una delle esperienze più emozionanti e uniche che si possano immaginare: unire una forte crescita culturale ottenuta grazie a corsi molto specialistici nel settore energetico ad un’esperienza di vita che solo lo stretto contatto con persone di culture completamente diverse può regalare. Quello che da anni il mondo del lavoro e la globalizzazione richiedono anche ai nuovi ingegneri è una internazionalità e una preparazione multiculturale che forse ancora non ci appartengono e che sicuramente ci mettono in una posizione di svantaggio rispetto ai nostri colleghi nel resto del mondo. Probabilmente la nostra chiusura in questo senso è fortemente legata ad una carenza di scambi interculturali che molto spesso rendono il giovane studente inconsapevole di quale sia il fascino del confronto con altre culture e dell’arricchimento che ne consegue. L’Università di Pisa ha il grande merito di rispondere ormai da anni a questa crescente esigenza fornendo ai propri studenti e neolaureati la possibilità di entrare a contatto con questa nuova realtà anche con il fondamentale supporto di entità come Nuovo Pignone; è così che il Prof. Vitale, Preside della Facoltà di Ingegneria e l’Ing. Salvadori, Presidente del Nuovo Pignone, hanno concordato per il 21 Novembre di tenere una lezione dell’Oil & Gas University nella Aula Magna della nostra Facoltà con la partecipazione di docenti e studenti pisani. La lezione tenuta da un insegnante dell’IFP ha trattato l’argomento: “Environmental impact for primary sources (coal, nuclear, oil, gas)”. Entrando nel merito della mia esperienza fino a questo momento, posso dire che opportunità come questa permettono ai giovani di aprire i propri orizzonti guardando al mondo extrauniversitario come ad un ambiente colmo di opportunità per crescere e trovare la propria strada. Le relazioni e gli scambi con persone di altri paesi permettono di apprezzare le differenze culturali enfatizzando allo stesso tempo tutti quegli aspetti che ci accomunano come esseri umani. La possibilità di comunicare, attraverso l’Inglese, di sviluppare le capacità linguistiche, il confronto con importanti professionisti e manager del settore energetico e la conoscenza di nuove tematiche così importanti per l’economia mondiale costituiscono un bagaglio che credo sarà utile per il resto della mia vita. La GE Oil & Gas si sta impegnando fortemente per sviluppare e migliorare questi corsi impiegando molte risorse, per dare la possibilità ai partecipanti di ottenere un grande valore aggiunto. Anche per questo, invito tutti coloro che sono interessati a questo settore a partecipare alle prossime edizioni del Master in Oil & Gas, convinto che sapranno apprezzare questa grande opportunità. . Nella seconda giornata la commissione ha esaminato il veicolo valutando la qualità degli interventi meccanici effettuati ed infine il terzo giorno sono state valutate le prestazioni dinamiche. Durante la cerimonia di premiazione la giuria ha encomiato il lavoro del gruppo “Hy-Scooter” sia per quanto riguarda l’innovatività del progetto sia per la realizzazione del prototipo stesso sottolineando come l’Università di Pisa sia realmente impegnata in progetti di ricerca che hanno come scopo anche quello di ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli e migliorare la qualità dell’aria nei grossi centri urbani. Il terzo posto in classifica sicuramente è un buon risultato ma deve anche essere un incentivo per continuare a condurre la ricerca universitaria in questo settore e magari per studiare un nuovo progetto che possa essere presentato e ben figurare alla Formula Tech del prossimo anno. . Riconoscimento per due studiosi pisani di Marco Santochi ([email protected]) Nell’Aula Magna della nuova Facoltà di Ingegneria di Lecce Ecoteckne inaugurata in occasione del convegno biennale dell’Aitem, si è tenuta il 9 Settembre la cerimonia di consegna di due riconoscimenti a docenti della Sezione Produzione del Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione. L’Associazione Italiana di Tecnologia Meccanica raccoglie a livello nazionale, aziende e i docenti del settore scientifico disciplinare Tecnologie e Sistemi di Lavorazione. Al prof. Michele Lanzetta è stato assegnato il Premio “Innovazione nella Didattica Aitem 2004”, insieme ad un assegno di 1000 euro ed è stata consegnata una targa “per lo strumento proposto, che rappresenta un interessante esempio di utilizzo delle nuove tecnologie ai fini della didattica”. L’ing. Gualtiero Fantoni, entrato in servizio come ricercatore in formazione il 20 Settembre, ha ricevuto il premio “Giovane Ricercatore AITEM 2003 per l’articolo a nome unico intitolato “Assembly of mini e microparts: development of an electrostatic feeder”. . Premiazione dell’Ing. Fantoni L’internazionalizzazione dei nostri studenti La mia esperienza a Toronto Un’opportunità da prendere al volo di Marco Raugi (raugi@ dsea.unipi.it) Il tempio di Asakusa a Tokyo Il programma Socrates offre la possibilità unica di studiare all’estero per un periodo di durata compresa tra 3 e 12 mesi, ricevendo una borsa di studio di importo pari a circa 150 Euro al mese. Esso dà anche una importante opportunità agli studenti per approfondire l’apprendimento delle lingue straniere e per arricchire significativamente il proprio curriculum vitae anche a fini occupazionali. Tramite questo programma si possono sostituire esami del proprio curriculum studiorum e svolgere tesi e/o tirocini. Secondo uno studio AlmaLaurea http://www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2004/, a livello nazionale soltanto il 7% di laureati in Ingegneria (Vecchio Ordinamento) usufruisce del programma Socrates per effettuare periodi di studi all’estero e tale cifra si riduce addirittura all’ 1,2% se si considerano i laureati triennali del nuovo ordinamento. Dato che secondo AlmaLaurea nel 2004 il numero di laureati v.o. e triennali era circa uguale la percentuale su tutti i laureati risulta del 4% circa. Nella Facoltà di Ingegneria di Pisa c’è stato in questi anni un costante incremento di partecipazione a questo progetto e si è passati dalle 32 assegnazioni del 2003, alle 35 del 2004, ed alle 43 del 2005. In questo senso è stato probabilmente utile l’approntamento, alla fine del 2003, del sito web http://www. web.ing.unipi.it/didattica/es/ appositamente dedicato alla descrizione del progetto ed a chiarire agli studenti le opportunità e i vari aspetti associati alla partecipazione ad Erasmus. Di solito i nostri studenti rivolgono maggiormente le proprie domande verso le sedi europee consorziate in cui vengono svolte lezioni in lingue già note dalla scuola superiore (inglese, francese) o più facilmente apprendibili (spagnolo). Dato che purtroppo il nostro Ateneo non fornisce i dati ad AlmaLaurea, per rapportare il dato di Pisa nel contesto nazionale si può considerare che: • Il numero medio complessivo di laureati per la Facoltà di Ingegneria a Pisa nel 2004 sia stato di circa 1500 unità • considerando un tempo medio di laurea maggiore rispetto a quello previsto si può rapportare il numero di studenti che annualmente si laureano ad un numero di studenti Erasmus maggiorato del 20% si può quindi ragionevolmente stimare che in questi anni una percentuale tra il 3% e il 4% di laureati della nostra Facoltà abbiano usufruito del progetto Erasmus, il che ci situa pienamente nella media nel panorama nazionale. Tuttavia questo dato risulta ampiamente deficitario se rapportato allo stesso dato fornito da AlmaLaurea per studenti appartenenti alle facoltà umanistiche che è di circa il 20%. In base ai colloqui che ho avuto in questi anni con gli studenti allievi ingegneri posso cercare di interpretare questo dato come derivante ad alcuni aspetti: • La maggior parte degli studenti attribuisce al programma Erasmus il ruolo di un “inutile rallentamento” del proprio corso di studi. • Alcuni studenti potenzialmente interessati risultano scoraggiati perchè non c’è un incentivo accademico (ovvero riconoscimento di CFU) a partire ed alcune volte neanche un adeguato riconoscimento del lavoro svolto alla fine del proprio soggiorno all’estero • Taluni dicono di essere sconsigliati da alcuni docenti quando chiedono di effettuare sostituzioni di esami. Per incoraggiare la partecipazione degli studenti ad Erasmus, in questi anni è stata svolta un’opera di informazione sulle opportunità offerte da Erasmus verso gli studenti e di sensibilizzazione verso i Corsi di Studio, i cui primi risultati si stanno vedendo e che spero si consoliderà nel futuro. È opinione mia, come di molti altri colleghi che hanno vissuto esperienze internazionali, che studiare all’estero è un’esperienza formativa importante, sempre consigliabile agli studenti, anche a costo di laurearsi con qualche mese di ritardo. . di Cristiano Sileo ([email protected]). Nell’autunno del 2004 mi sono imbattuto quasi per caso, in una serie di circostanze fortunate che mi hanno portato a fare una esperienza tanto importante quanto rara. Vi racconto brevemente i fatti. Essendo ormai giunto alla fine del mio percorso formativo presso la facoltà di Ingegneria Meccanica della Università di Pisa, ho avuto l’opportunità di svolgere la tesi di laurea presso la MOTROL, divisione italiana della INTIER AUTOMOTIVE, importante azienda del gruppo MAGNA, che opera nel settore della componentistica per automobili. Il progetto sul quale avrebbe dovuto svilupparsi la mia tesi era costituito da un Power Liftgate, un sistema elettromeccanico per la automazione del portellone posteriore di una automobile. Il cliente era General Motors. Verso la metà del mese di ottobre ho ricevuto una telefonata dell’Ing. Vitale, project manager e mio referente presso la Intier, che mi comunicava di essere in partenza per il Canada, dove il progetto era stato trasferito. Dunque la mia tesi si era trasformata in un nulla di fatto. Grazie all’interessamento del Professor Bordone, che da anni si prodiga per mettere gli studenti a contatto con il mondo del lavoro, dopo circa una settimana ho ricevuto una nuova telefonata che mi fissava un colloquio con l’Ing. Ottino, engineering executive director per l’Europa della Intier Closures, il quale voleva valutare l’opportunità di mandarmi in Canada per collaborare allo sviluppo del progetto. Nell’arco di pochi giorni, mi sono ritrovato su un volo per Toronto, dove sono rimasto per poco più di un mese. Lo scopo di questo articolo è quello di raccontare le difficoltà e i vantaggi di realizzare una esperienza lavorativa da studente ed in particolare all’estero. L’aspetto più immediato è il contatto con il mondo del lavoro, molto diverso dalla realtà universitaria. Durante quel mese ho sentito, come mai mi era capitato, la pressione e lo stimolo di una scadenza, che focalizzano l’attenzione verso l’obiettivo da raggiungere. Da studente universitario ho più volte lavorato come operaio in aziende anche del settore metalmeccanico, e spesso mi è capitato di “maledire” quegli ingegneri che a mio parere avevano previsto un accoppiamento troppo complicato o una lavorazione inutilmente raffinata, ma per la prima volta mi sono ritrovato dall’altra parte a cercare, per quello che può essere stato il mio contributo, la soluzione al problema di turno che immancabilmente si presenta ogni qual volta credi di aver superato il precedente. Probabilmente fino ad ora non ho raccontato niente di nuovo rispetto a quella che può essere stata l’esperienza di qualsiasi tesista si trovi a svolgere uno stage presso un’azienda, ma io ho avuto la fortuna di unire a tutto questo la possibilità di vivere in una città come Toronto. È forte l’impatto con l’imponenza dei grattacieli, con la vastità degli spazi a disposizione o con la potenza delle vicine cascate del Niagara, ed è stimolante il contatto con una cultura molto diversa dalla nostra. È però altrettanto strano vedere una città fatta di casinò e “attrazioni da circo” a poche centinaia di metri dalle cascate, o vedere che i soli edifici storici da visitare sono la vecchia caserma dei vigili del fuoco o l’ufficio postale della metà del secolo scorso. versi l’uno dall’altro non facilita certo la comprensione. La realtà è che la preparazione scolastica, a cui si aggiunge quella dei vari corsi che più o meno ognuno di noi ha frequentato, non è sufficiente ad avere una conoscenza dell’inglese adeguata alle esigenze del mondo lavorativo, sta a noi sopperire a questo limite. C’è un ultimo aspetto che voglio sottolineare e che riguarda le conseguenze per il futuro. È naturale aspettarsi che l’importanza di questa esperienza sarebbe stata la stessa per qualsiasi altro studente, ma per me ha avuto una portata ancora maggiore. Per diversi motivi, che non vi racconterò in questo articolo, mi sono trovo a laurearmi ad una età superiore rispetto alla media dei miei colleghi. Questo non è certo un buon biglietto da visita da presentare ad un’azienda nella quale si aspira ad essere impiegati, ma io ho avuto l’opportunità di presentarmi ad vista di Toronto C’è poi l’impatto con la società canadese, fatta di molte etnie diverse. Durante la mia permanenza ho avuto contatti con persone di ogni nazionalità. Gli immigrati da diverse generazioni provengono per lo più dall’Europa occidentale, in particolar modo dall’Italia, e dall’estremo oriente, le comunità italiana e cinese sono molto numerose, mentre i nuovi immigrati provengono per lo più dai paesi dell’est europeo e dal medio oriente. Questo ha amplificato il maggiore, ma forse unico problema che ho incontrato in quel periodo, la lingua. La mia conoscenza dell’inglese, come quella della maggioranza degli studenti universitari, mi consente di non avere molti problemi nel leggere un articolo, di farmi capire in vacanza all’estero o di dare un’informazione ad un turista che mi chiede la strada per la torre pendente, diversa è la situazione quando con l’inglese devi lavorare, dunque non puoi permetterti di comprendere solo il senso di una frase ma devi capire ogni dettaglio, ed il fatto di trovarsi ad ascoltare una quantità di accenti molto di- un Gruppo dell’importanza della Intier, non con un semplice curriculum, ma in modo più completo. Il management aziendale ha avuto la possibilità di valutare non solo le mie potenzialità come futuro ingegnere, ma anche i miei pregi e i miei limiti di persona. Con quali risultati questo è un altro discorso, e comunque la possibilità di una futura assunzione, in questa come in ogni altra azienda, risulta fortemente condizionata dal complesso periodo che il nostro paese sta vivendo. Allora per i prossimi futuri ingegneri si presenta concreta la possibilità di doversi trasferire.Certo spostarsi in posti tanto lontani e tanto diversi dalle nostre abitudini non è molto semplice. Per concludere, mi rendo conto come non sia affatto scontato che un’azienda decida di spendere delle risorse per permettere ad uno studente di svolgere la propria tesi dall’altra parte del mondo, ma mi auguro che anche altre aziende decidano di investire in questo senso e diano ad altri la stessa opportunità che è stata data a me. . L’internazionalizzazione dei nostri studenti …segue dalla prima pagina Io, laureando gestionale a Tokyo progettazione di strutture e della logistica al Department of Industrial and Management Systems Engineering (DIMSE), la nostra ingegneria gestionale. Ho seguito i suoi seminari riguardanti le materie caratteristiche del suo laboratorio di ricerca, ma anche gestione della produzione, manutenzione e method engineering. Le attività sono varie e includono incontri con studenti internazionali, partecipazione a fiere, conferenze specialistiche e job fair, l’elaborazione di un articolo, poi presentato in una conferenza internazionale. Fra l’altro, per interesse personale ho visitato una fabbrica di birra Kirin e la sede del quotidiano Asahi. Nell’ambito di progetti su commissione ho visitato la sede delle ferrovie. In quanto a lezioni, ho seguito corsi e superato esami del master’s course in IMSE e anche del MBA (Master in Business Administration) e del MOT (Management of Technology), della vicina Waseda Business School. Le attività della facoltà di ingegneria sono state svolte in giapponese, mentre quelle dell’MBA/MOT, che coinvolgono studenti da tutto il mondo, erano in inglese e giapponese. Ho evitato di seguire corsi di lingue per dedicarmi alle materie caratterizzanti il mio corso di studi. Difficoltà? Qualcuna, ma i “visi bianchi” a ingegneria sono una rarità (i pochi che si avventurano studiano lettere o lingue) e così ho goduto di una certa attenzione, in senso sia accademico sia personale.. La Waseda University. È una università privata, fondata nel 1882 che conta 52.000 iscritti. Comprende molte facoltà e quella di Ingegneria offre corsi analoghi a quelli del nostro Ateneo: meccanica, chimica, chimica applicata, gestionale, elettrica, elettronica, nucleare, progettazione urbana. La Waseda Business School accoglie studenti da tutto il mondo, per lo più asiatici, e conta 400 iscritti ai corsi di MBA, MOT e International Relations. Le strutture sono concentrate in tre campus ad hoc, nuovi, funzionali e attrezzati, serviti da una navetta bus gratuita, il tutto a 1 km dalla stazione più vicina. Inesistenti i fenomeni di vandalismo – dopo le 22:00 si entra solo con una card magnetica, ma anche se non ci fosse non riesco a immaginarmi un’intrusione – e i banchi imbrattati sono una rarità. Non ho mai trovato un bagno fuori uso, uno scarabocchio o un graffito. I certificati degli esami si stampano a una macchina self service e non ho mai fatto più di 5 minuti di coda in segreteria. Ogni giorno alle 13:00 i bidelli puliscono i cancellini con una buffa macchinetta e riforniscono i gessi. Tutti i locali sono climatizzati. Io vivevo in un dormitorio per studenti internazionali – nessun giapponese tranne la custode – in un buco di 9 mq, con cucina – dall’igiene discutibile – e servizi in comune, a 45 minuti da scuola. Comunque, grazie alla buona e variegata compagnia – di europei e asiatici – si è rivelata una dimora accogliente. Si parlava inglese e giapponese ed ho colto l’occasione per prendere lezioni di francese da due francesine. lavoro di tesi con discussioni e contributi reciproci, progetti commissionati da imprese, quali kaizen del layout di impianti e method engineering, davvero professionalizzanti. Il sistema scuola-imprese siffatto è molto valido e spesso assicura un’assunzione, ma la vita del laboratorio finisce per invadere quella privata, con gli stessi odiosi doveri sociali che si imporranno nel loro mondo del lavoro: il pensiero ancora diffuso che uscire da lavoro prima degli altri è brutto, le cene sociali obbligatorie. Si sente anche la differenza tra studenti giapponesi e non: i giovani giapponesi, così come gli adulti, mancano di individualità, forse a causa Stefano Lodola a Inokashira Park Il sistema universitario. La Waseda rientra nel ristretto “Olimpo” degli istituti universitari giapponesi. Non esagero, perché la competizione per l’ammissione a università prestigiose è dura e impietosa: tutte le università prevedono un esame di ingresso e tutti gli istituti pubblici lo conducono nello stesso giorno, così si ha una sola opportunità, mentre le date variano per gli istituti privati. Per chi fallisce, una scelta di ripiego in posti più abbordabili o un anno di attesa. È pratica comune mandare i propri figli a scuole private dedicate a prepararli per gli esami di ammissione. Il costo dell’istruzione pesa molto sulle spese familiari: le rette sono 2-4 volte quelle del nostro Ateneo per gli istituti pubblici e 5-10 volte per i privati. In genere è facile conseguire la laurea: gli esami non sono severi e si procede naturalmente. Il bachelor’s degree dura 4 anni, il master 2 e il PhD 3. Mentre in Italia ci si limita a seguire lezioni, la maggior parte delle attività sono di ricerca (18 crediti dei 30 necessari per il master): attività di laboratorio in gruppo, dell’intero sistema scolastico, che a mio parere opprime l’originalità e incoraggia il consenso e l’appartenenza. Questa tendenza si riscontra nell’atteggiamento verso le scelte di impiego: mentre negli USA è ammirato chi lavora con successo in diverse imprese, magari fondandone di proprie anche talvolta fallendo, in Giappone la regola è di starsene “al caldo” nella propria grande azienda e a chi lascia il proprio posto per intraprendere un’attività viene chiesto “Eh? Perché hai smesso?”. Alcuni docenti sono consapevoli di questa vera e propria piaga nazionale e cercano di incoraggiare le singole iniziative. Qualità della vita. Qui stravinciamo. Considerando che è tra i più ricchi e sviluppati Paesi del mondo, lo stile di vita giapponese – o almeno quello di Tokyo, che conosco io – non è proprio desiderabile: la giornata inizia con 1 o 2 ore in treno per raggiungere il luogo di lavoro – di auto non se ne parla perché non c’è parcheggio. Poi i loro orari di lavoro e studio, spossanti, che lasciano solo mezz’ora scarsa per trangugiare cibo “semilavorato” in efficienti fastfood (il cibo è giapponese ma i rit- mi sono da McDonald) come polli in batteria o sul posto di lavoro in vaschette variopinte ma dove tutti gli ingredienti hanno lo stesso sapore. Il Giappone ha il più alto tasso di incidenza al mondo di cancro allo stomaco. Onnipresenti sono i distributori di bevande, tra le quali spicca uno dei pilastri che sembra reggere in piedi queste formiche: gli integratori alimentari, dal sapore indicibile, consumati in quantità anche se lo stesso effetto si avrebbe con una sana porzione di frutta. Le poche aree verdi sono affogate nel cemento: 3 mq di verde per abitante, contro i 39 di New York. Ad alcuni non resta che ubriacarsi la sera e vomitare in stazione! O al limite, saltare contro un treno in corsa (capita spesso). Le case sono piccole, brutte e di materiali scadenti (come estetica, seppure la struttura sia a prova di terremoto): mai visto tanto linoleum! A Tokyo l’inquinamento è tale che le allergie sono diffusissime e, nella stagione del polline, un quinto della gente per la strada porta buffe mascherine dalla dubbia efficacia. Il clima è ostile: 2 mesi di stagione delle piogge, tifoni e terremoti regolari e 3 mesi di umidità prossima al 100% non ne fanno l’ambiente ideale. Una cosa curiosa è che in gran parte della città è vietato fumare in strada – e quasi tutti rispettano il divieto! – ma in quasi tutti i ristoranti manca una zona non fumatori – un incubo. Civiltà. Finora ho dipinto gli aspetti negativi ma anche loro hanno qualcosa da insegnarci. Sicuramente possono vantare servizi efficienti, primi fra tutti i trasporti, anche se il servizio si paga caro. Le strade sono pulite e quasi nessuno sporca. Non ci sono i cestini (davvero!) e tutti si tengono le cartacce in tasca fino a casa. Neanche in quel traffico caotico ho sentito un clacson o una ingiuria e tutti si fermano alle strisce. La città offre svaghi infiniti, eventi culturali e scientifici. L’ambiente che ho frequentato è molto stimolante, fatto di persone – come quasi tutti i giapponesi – educate e rispettose. Le commesse nei negozi non ti guardano come se dicessero “che vuoi da me?”, ma piuttosto il cliente è da trattare con cortesia. I poveri senzatetto non mendicano. Non sono mai stato imbrogliati da un negoziante, da un tassista o altri. (Non per niente sono così facili da spennare quando vengo- no qui per turismo!). Questi comportamenti sono davvero da emulare. Negli eventi accademici e professionali, ho sempre trovato persone disponibili e serie, che rispecchiano la loro ben nota dedizione al lavoro alla quale è subordinata la sfera privata. Le persone sono sempre ospitali, seppure in modo meno caloroso di noi – ma potrei dire meno sguaiato. Infine, i loro luoghi storici e naturali, scostato il cemento, sono piacevoli da scoprire, perché salvaguardati e tanto diversi da qui. Vantaggi e benefici ottenuti. Conoscenze. L’ambiente internazionale ha allargato i miei orizzonti, in quanto a conoscenze sia specialistiche sia personali. Persone e modi di pensare così diversi, tanti stimoli e contributi alla mia crescita. Senza parlare delle lingue straniere, che si apprendono al meglio se le si usano abitualmente. Equipollenza. I docenti si sono mostrati disponibili ad riconoscere, dietro mia proposta, gli esami simili ai loro, ma solo una parte del lavoro svolto mi sarà riconosciuto come valido ai fini del conseguimento del titolo di studio dell’Università di Pisa, principalmente perché i piani non erano di tornare a Pisa e così non ho scelto gli esami pensando alla corrispondenza con i nostri, ma piuttosto secondo l’interesse personale. Compenserò il ritardo sostenendo tutti gli esami che mancano per laurearmi possibilmente entro Marzo. Comunque, il valore di quest’esperienza vale molto più di qualche credito. Per il riconoscimento ho presentato dichiarazioni firmate dei docenti giapponesi e un certificato ufficiale degli esami superati. I voti sono piatti, da A a C, e si farà corrispondere un voto in trentesimi per interpolazione. Prospettive. In quanto a prospettive di lavoro, il curriculum internazionale è già in sé molto attraente per le aziende, soprattutto quelle eccellenti: le proposte di lavoro non mancano, insomma il futuro mi sorride. Il futuro. Ancora al paesello? Io aspiro ad una carriera internazionale, in un’organizzazione che mi apprezzi e mi faccia crescere e dove mi auguro di avere molti contatti professionali con il Giappone. Un giorno, chissà, potrei mettermi in proprio con una bella business idea. Intanto, ho una borsa di studio per l’MBA della Waseda da Aprile 2006. Sono giovane e c’è tanto mondo da vedere! . L’internazionalizzazione dei nostri studenti Ingegneri europei a confronto di Giacomo Cantini ([email protected]). In questo articolo desidero presentarvi un’immaginaria “intervista doppia”, all’ingegner Antichi (tipico cognome locale…), 28 anni, appena laureato in ingegneria meccanica a Pisa, e Herr Müller, 24 anni, Dipl. Ing. in Maschinenbau (titolo equivalente alla laurea dell’ing.Antichi) a Monaco di Baviera, Germania. I due signori in questione sono soltanto frutto della mia fantasia, stereotipi un po’ esagerati nati dalla mia esperienza di 5 anni nell’università di Pisa e di quasi 2 anni trascorsi in Germania, prima come tesista e poi come dipendente di un grande gruppo tedesco. Cari colleghi, partiamo dall’inizio: perché avete scelto di studiare ingegneria meccanica? MÜLLER: a scuola sono sempre riuscito bene nelle materie scientifiche e, nella fase di orientamento che la mia scuola mi ha offerto, ho focalizzato la mia attenzione sulle facoltà di ingegneria. A 17 anni non avevo più dubbi: per me sarebbe stata Maschinenbau. Le visite che abbiamo fatto con la classe agli stabilimenti della mia città hanno acceso la mia passione per il tema produzione, su cui poi ho incentrato i miei studi. ANTICHI: ad essere sincero un po’ per caso: il sogno era fare architettura ma a Pisa non c’era… abitare a Firenze o dover prendere il treno tutti i giorni non erano certo cose che facevano per me. Tra tutte, alla fine, ho scelto ingegneria meccanica, come il mio compagno di banco del liceo. Signor Müller, complimenti per il suo italiano impeccabile! La prossima domanda nasce quindi spontanea: quali lingue straniere conoscete? MÜLLER: parlo italiano e francese, entrambe studiate per passione e perfezionate in Italia e Francia durante i miei Praktika (stages ndr.), lo scambio Erasmus e i miei “viaggi backpack”. Oltre ovviamente a tedesco ed inglese. Ah, qualche parola di giapponese. ANTICHI: ora che finalmente non sono più angosciato dagli esami, avrò un po’ di tempo per un corso d’inglese… credo di averne uno in videocassette in casa… Pensate che gli scambi studenteschi internazionali siano utili o siano solo una perdita di tempo? MÜLLER: il mio semestre a Bologna è stato indimenticabile. Gli esami erano molto difficili ma ho imparato l’italiano, conosciuto centinaia di studenti di tutta Europa e fatto un po’ di baldoria nel mio studentato! Fantastico! ANTICHI: da noi è difficile fare l’Erasmus perché i nostri professori non convertono facilmente gli esami che facciamo all’estero. Almeno così mi hanno detto, non è che lo volevo veramente fare… tutta quella burocrazia… quindi, non saprei. fine settimana nel bar sotto casa a Monaco. ANTICHI: beh, o uno va all’università o lavora… no? Comunque immagino, indipendentemente da dove eravate, che ve la siate spassata all’università. Per esempio: che cosa facevate normalmente la sera? MÜLLER: feste su feste! Un sacco di associazioni studentesche finanziate dalle facoltà: ogni sera ce n’era una! ANTICHI: Beh, spassata non direi. La sera ero spesso all’aula studio al ponte Solferino, o al “Pacinotti”, quando dovevo lavorare al progetto di costruzione di macchine. E poi le lezioni erano sempre alle 8,30… Me la spasserò un po’ di più quando lavorerò: quando si esce dall’ufficio, si esce dall’ufficio! I prossimi passi? MÜLLER: due delle aziende dove ho fatto i miei Praktika mi hanno già fatto delle proposte per una posizione fissa ma sto cercando un posto da consulente tecnico in grandi ditte internazionali, come ad esempio Autran, presso la quale farò un colloquio la prossima settimana. Se non dovessi essere idoneo, sono registrato ad una ventina di motori di ricerca per il lavoro ed ho già preparato una lista di aziende potenzialmente interessanti a cui spedire la mia application… Il fatto di essere disposto a muovermi in tutta Europa mi darà senza dubbio delle ottime chance di trovare una posizione gratificante. ANTICHI: dopo la festa di laurea mi faccio un mesetto in Versilia sennò impazzisco e poi inizio a cercare qualcosa in zona. All’inizio bisognerà un po’ accontentarsi. Avete già avuto esperienze lavorative? MÜLLER: tre Praktika: 6 mesi alla Knorr Bremse di Monaco nella qualità, 3 mesi alla Dalmine di Bergamo per istallare una modifica al SAP, 5 mesi alla Freudenberg di Lione per uno studio sulle vibrazioni su delle macchine di taglio. Poi un paio di tesine in azienda e la tesi finale di 6 mesi in un laboratorio di robotica di Yokohama, in Giappone. E per arrotondare, qualche questo mi dà la giusta motivazione ed energia. Sono dinamico e con molte esperienze lavorative, anche internazionali, alle mie spalle. ANTICHI: ho studiato nella migliore università d’Italia e quindi sono il migliore! Un’ultima domanda: se io fossi il responsabile HR di una grande azienda, perché vi dovrei assumere? MÜLLER: perché mi sta offrendo un lavoro che mi piace (altrimenti non mi sarei candidato) e Lo so, lo so: non sono stato imparziale con i miei personaggi. Ma non voglio fare l’ingrato e dimenticarmi tutto quello che s’impara all’università di Pisa! Lo so che Antichi, al contrario di Müller, sa fare gli studi qualitativi delle equazioni differenziali, ha grande familiarità con la cinematica e la dinamica, non teme gli elementi finiti e sa stilare degli eccellenti cicli di fabbricazione alle macchine utensili; ad ogni esame, oltre a scritti e progetti, ha sfidato i vari professori in estenuanti faccia a faccia; si è districato nella giungla delle copisterie pisane per trovare le dispense sulle quali preparare gli esami. Sono anche fermamente convinto che gli sforzi che Antichi ha fatto durante i suoi studi verranno, a lungo termine, premiati; sarà sempre pronto a risolvere i problemi più difficili e saprà dimostrare maggiore flessibilità; sarà sempre attivo e non smetterà mai di imparare. C’è quindi un solo punto che mi preoccupa, e che penso ci debba far riflettere: se foste voi il responsabile HR di una grande azienda, quale tra i due neolaureati assumereste? Non male vero? Concludendo vorrei dare un consiglio a tutti coloro che sono interessati all’argomento: la parte più difficile è decidere di partire; una volta arrivati a destinazione tutto sembrerà ‘facile e senza problemi’.. almeno questo è ciò che sta succedendo a me! In tutti i casi c’è sempre la possibilità di affogare le difficoltà in un bel boccale di birra!! . Un ingegnere gestionale a Newcastle di Elena Tadolini, ([email protected]) Ultimo anno di università. con l’estero e grazie ad una buona Arriva il fatidico momento della dose di pazienza per le pratiche preparazione della tesi! burocratiche, eccomi qua alla GE Facendo un esame di coscienza O & G PII di Newcastle! mi sono resa conto che mancava Ho lasciato l’Italia con qualche qualcosa nella mia preparazione parola di inglese, tanta voglia universitaria: una buona mancia- di scoprire il mondo del lavoro ta di pratica e… l’inglese! all’estero e fare una bella espeQuindi, anche se non prescritto rienza! Arrivata nel paese della da manifesto, come molti altri pioggia sono subito stata accolta miei colleghi, ho scelto di fare un molto amichevolmente dai colletirocinio in azienda. ghi e dai manager. Buono per la pratica, ma l’ingle- Tutti si sono dimostrati molto se? disponibili e cortesi, sia nel camAllora ho unito le due cose, ot- po lavorativo che in quello extra timizzando (da brava Gestiona- lavorativo. le!), e ho deciso di fare lo stage Il primo giorno di lavoro avevo in Inghilterra. Inizialmente non è già una mia scrivania, il compustato facile trovare i contatti con ter e il telefono. Il secondo avevo l’estero e una azienda disponibi- tutte le password e gli accessi che le. potevano servire per il mio proAlla fine, grazie all’intervento getto. dell’ing. Salvadori, Presidente del Che dire… efficienti! NP e del Prof. Bordone che rie- Purtroppo il mio inglese non sce sempre ad attivare i contatti è stato così rapido a migliorare quanto loro a preparare il mio ufficio! Inizialmente è stata un po’ dura. Nelle classiche situazioni dove dici a te stessa ”di questa riunione di lavoro non devi perdere neanche una parola” mi sono ritrovata ad aver capito “solo” qualche discorso. Ma l’importante è non scoraggiarsi e convincersi di potercela fare! Dopo un mese di vita passato tra gli “anglosassoni” mi rendo conto di capire già molto di più di quando sono arrivata… il che significa che sto riuscendo a decifrare parole pronunciate con il peggiore accento dell’Inghilterra, quello appunto di Newcastle! Per quel che riguarda il lavoro, non avendo mai lavorato in aziende italiane è difficile fare confronti. Vi posso dire solo questo: non bisogna “timbrare il cartellino” e tutti rispettano l’orario di lavoro. . Elena Tadolini affoga così le difficoltà a Newcastle …segue dalla prima pagina …segue dalla prima pagina Shopping al supermercato delle aziende reclute”. Non faccio nomi, ma basta guardarsi intorno nell’area pisana e lucchese, dove le imprese automotive, le cartiere, i costruttori di macchine per cartiere che possono ancora alzare la bandiera italiana sono rimasti in pochi. Basta allargare un po’ la ricerca al di fuori della Toscana per constatare che in tutte le aree di business le aziende italiane, in difficoltà oppure in ottima e piena attività, acquisite da gruppi non italiani, sono tante. Aziende prestigiose e nomi molto noti. Qualche esempio: i tre grandi manifatturieri di impianti per telecomunicazioni che operano in Italia sono controllati da gruppi non italiani, dopo uno sfortunato tentativo fatto una ventina di anni addietro di costituire, con la fusione di due di essi allora ancora di proprietà italiana, un polo manifatturiero tutto italiano. Lo stesso si può dire dei gestori del servizio telefonico: è proprio di questi giorni la cessione del terzo operatore mobile ad un gruppo di origine egiziana, ed ancora oggi molti rimpiangono la cessione del secondo operatore ad un gruppo inglese. Ho portato l’esempio del settore delle telecomunicazioni al quale per lunga e lontana militanza sono legato. Ma il lettore potrà riferirsi ai settori di business che meglio conosce, dalla manifattura, ai servizi, anche alla grande distribuzione, e dovunque troverà esempi di shopping galoppante. Si può parlare di shopping al supermercato delle aziende ai “saldi” ? È il caso di chiedersi quali sono i punti di forza e quali i punti di debolezza di questo fenomeno del quale, tranne in rari casi, non si parla a sufficienza nei media ed in sede politica. Punti di forza sono i flussi di investimenti dall’estero, certamente benefici per la nostra economia che abbisogna di sviluppare iniziative industriali nuove e della creazione di posti di lavoro, e l’inserimento delle aziende in reti commerciali globali, l’utilizzo di nuovi fornitori, l’imposizione da parte della casa madre, specie se anglosassone, di nuove tecniche gestionali. Ma non sempre l’acquisizione di aziende significa lo sviluppo delle aziende acquisite. Ricordo il caso di una piccola azienda, nata nel 1927 e specializzata in un prodotto di nicchia, il cui proprietario mio amico era stato costretto a vendere ad una delle due grandi multinazionali che monopolizzano il mercato mondiale (e la grande multinazionale ha tutti i mezzi per costringere a cedere la piccola azienda alla quale è interessata). Fu rapidamente sospesa la produzione e il prodotto di nicchia, accusato di essere obsoleto, fu sostituto con il prodotto della casa madre, fu disperso parte del personale e l’attività della piccola impresa fu ridotta alla vendita del prodotto della multinazionale nel mercato portato in dote. E riferendosi ad un esempio di ben maggiori dimensioni, leggo sul CdS del 18 settembre 2005, che dal passaggio della RAS alla tedesca Allianz avvenuto circa venti anni addietro non resta altro in Italia che una rete di vendita di polizze tedesche. Trascurando questi casi estremi, a mio parere i punti di debolezza quasi sempre presenti sono “La strategia dell’azienda si trasferisce all’estero presso la casa madre, la ricerca, specie quella più evoluta ed a più alta tecnologia, si trasferisce all’estero, il lavoro a basso costo viene trasferito in aree low cost”. Non c’è dubbio, e qui torno a parlare dei punti di forza, che ci siano esempi di aziende che hanno avuto un grande sviluppo con l’inserimento in un grande gruppo globale. In Toscana ne abbiamo ottimi esempi. Ma io credo che anche in questi casi di eccellenza “La strategia rimane all’estero e la ricerca, quella a più alto livello tecnologico, va all’estero”. Non bisogna dimenticare il travaglio del personale delle aziende acquisite. Non sempre si riesce a rispettare le garanzie di mantenimento della occupazione o anche soltanto dei ruoli e questo, in un mercato del lavoro tutt’altro che in espansione, è causa di profonde crisi professionali e personali. Non dimentichiamo il travaglio dell’indotto che ne consegue. Non vorrei soffermarmi oltre su punti di forza e punti di debolezza. Vorrei soltanto invitare il lettore a leggere un breve articolo di Francesco Alberoni sul CdS del 29 agosto u.s., che da sociologo concorda con quanto io scrivo da ingegnere che ha vissuto in prima persona il trasferimento di tecnologia outgoing, e conclude “Un paese che ha perso la proprietà delle sue imprese è una colonia”. Cosa comporta per i nostri giovani laureati la fuga della strategia aziendale e della ricerca più sofisticata? I nostri giovani manager, ingegneri e non, imparano soltanto a gestire il livello intermedio della strategia e della ricerca e, tranne casi rari e fortunati, non possono aspirare alle massime posizioni decisionali. Qualche lettore potrà obiettare che quello che io ho chiamato shopping al supermercato delle aziende è compensato da un flusso verso l’estero di investimenti e della loro gestione. È vero che la parola delocalizzazione è ormai entrata nel dizionario e nella pratica manageriale italiana, ma ritengo, pur non avendo dati precisi, che non ci sia equilibrio tra i flussi di investimenti, e principalmente dei loro livelli tecnologici, in ingresso ed in uscita. Ho cercato di scriverne per ricordare i pericoli oltre che per la nostra economia anche per i nostri giovani, ma anche per ricordare che di questo shopping non se ne discute a sufficienza e non se ne sottolineano abbastanza i vantaggi ed i pericoli. È da considerare un male necessario o un beneficio gradito? E se è un male necessario, una volta meglio definita la diagnosi, quale è la terapia, se pur una terapia esiste? Posso solo pensare che il nostro tessuto industriale sta scontando la presenza di una burocrazia pesante, di una lentezza nel legiferare e di una viscosità nei rapporti tra le parti sociali che rende non facile il quotidiano operare delle aziende. Queste aziende o diventano appetibili a concorrenti stranieri o intraprendono la strada di cercare altrove ciò che non trovano in Italia. Queste ultime dimostrano che esiste ancora tra i nostri imprenditori il desiderio di fare impresa. Per concludere posso soltanto confessare che la mia reazione a quel mio ottimo ex allievo, al quale mi riferivo nelle prime righe, che mi comunicava la cessione della sua azienda è stata: Tu quoque ..! . Euroavia: Il mondo aerospaziale di Mario Noriega, ([email protected]) Euroavia si identifica come un’associazione di studenti di ingegneria aerospaziale, ma è aperta a studenti di ogni facoltà. Chi siamo? Un’associazione con lo scopo di organizzare eventi che vanno da conferenze locali ad eventi internazionali. Proprio questo 10 Novembre, il Professor Carlo Barbieri, presidente del G.I.A.N.IT. ha tenuto una conferenza sulla spedizione polare di Umberto Nobile sul dirigibile “Italia” nel 1928. Tra foto tanto meravigliose quanto rare, la conferenza trattava l’argomento con un approccio sia storico che ingegneristico, discutendo sia delle caratteristiche del dirigibile che dello svolgersi dei fatti anche prima e dopo del volo polare del 1928. Alla fine della conferenza siamo stati contattati da un’azienda di materiali compositi, la “CRM Compositi” che, avendo progettato da zero un nuovo elicottero leggero, ha richiesto a noi aiuto per la progettazione delle pale, che al momento comprano alla Euro- copter. Una sfida senza dubbio molto interessante. Tra gli eventi internazionali da noi organizzati, vanno sicuramente citati gli stage con note aziende aerospaziali quali Agusta, Eurocopter e Airbus. Si tratta di partecipare a progetti veri e propri in cui l’azienda mette gli studenti partecipanti direttamente ai posti di lavoro. Non manca neanche il tempo per organizzare eventi divertenti, quali cene di gruppo e partite di calcio. Particolarmente interessante è il raduno a Prima Laurea Aerospaziale di Roberta Lazzeri ([email protected]). Il giorno 10 ottobre 2005 si è bril- ne del campo di vorticità fluttuante lantemente laureata cum laude Va- nella scia di un prisma triangolalentina Peselli, prima laureata del re”. Suoi relatori sono stati il Prof. Corso di Laurea Specialistica in In- Guido Buresti, il Prof. Giovanni gegneria Aerospaziale, discutendo Lombardi e l’Ing. GiacomoValerio una tesi dal titolo “Caratterizzazio- Iungo. In quell’occasione, il Prof. Salvetti, Presidente dell’ALAP, ha consegnato alla neolaureata l’iscrizione all’ALAP e le ha dato il primo benvenuto nell’Associazione. Congratulazioni vivissime Valentina, e … ad maiora … . “Bordo Pista” all’aeroporto Pisano che si organizza ogni fine anno accademico! Sempre all’aeroporto, quest’anno, il 10 Settembre, si svolgeva un Air Show per salutare il nostro biturboelica da trasporto tattico nazionale, l’Alenia G-222, affettuosamente soprannominato il “Gigione”. In conclusione, Euroavia non è solo un modo per avvicinarsi al mondo del lavoro in maniera concreta, ma anche un modo eccellente per divertirsi con gli amici. . la globalizzazione, le sue sfide e l’Italia delle comunicazioni, •nell’esistenza di un quadro politico che poggia su solide istituzioni internazionali a presidio del libero scambio (la World Trade Organization) e del sostegno allo sviluppo (Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale). Sono state proprio le grandi scelte politiche del secondo dopoguerra – fatte per ridare ossigeno alla crescita e frenare l’espansionismo sovietico – che hanno preparato il terreno sul quale l’informatica e le telecomunicazioni, dalla fine degli anni ‘80, hanno trovato vita facile nello scardinare, a costi decrescenti e ormai bassissimi, ogni barriera di tempo e di luogo permettendo alle persone di accedere a informazioni, conoscenze, beni, servizi ovunque siano forniti e alle aziende di organizzare la produzione, la ricerca, il marketing dovunque lo ritengano opportuno e conveniente. Conclusione. E l’Italia come naviga nell’oceano globale? In ogni caso, lo ripeto, non ho tutte le risposte alle tante domande che la globalizzazione suscita sul piano dell’equità sociale. Qualche considerazione più specifica sul nostro Paese. L’Italia – ce l’hanno detto i più recenti dati dell’Istat, l’ha ribadito la Confindustria, l’ha confermato l’ultima trimestrale di cassa del Governo, l’ha ripetuto l’Ocse – non sta bene. La nostra, un’economia fondata sulle esportazioni, sta rapidamente perdendo quote di mercato (mentre l’altra economia industriale del continente, quella tedesca, le sta aumentando). La produzione industriale è ferma ai livelli di quattro anni fa. La produttività invece che aumentare diminuisce da almeno dieci anni. Il Pil cresce col contagocce, ad un tasso tra i più bassi di tutta l’Europa. Sono tutti sintomi della nostra difficoltà a stare nell’economia globale con un minimo di solidità. Ora, non intendo fare una radiografia di ciò che va e di ciò che non va nel nostro Paese. Ci vorrebbe almeno un intero altro incontro, ma non voglio abusare della vostra cortesia. . Conseguimento della Laurea dell’ing. Peselli I Grandi Maestri Giancarlo Vallauri (19.10.1882 † 7.5.1957) Giancarlo Vallauri nacque a Roma il 19 ottobre 1882. Si laureò in Ingegneria Industriale all’Università di Napoli nel 1907. Vallauri fondò l’Istituto Elettrotecnico Radiotelegrafico della Marina presso l’Accademia Navale di Livorno, e costruì e diresse la grande stazione radio transoceanica di Coltano(PI). Inoltre fondò e fu direttore per molti anni della rivista “Alta Frequenza”. A lui si devono alcune importanti invenzioni nel campo radioelettrico. Dal 1923 Vallauri fù professore ordinario di Elettrotecnica nella Università di Pisa, ricoprendo anche la carica di Preside di Facoltà. Nel 1926 fu chiamato per la medesima cattedra al Politecnico di Torino, dove fu Rettore dal 1933 al 1938. Nella sua vita ricoprì varie cariche: ammiraglio di divisione, presidente del Consiglio Nazionale delle La stazione telegrafica di Coltano Ricerche, vice-presidente e accademico d’Italia. Morì a Torino il 7 maggio 1957. La sua importanza è riconosciuta a livello internazio- nale per i contributi dati nel campo dell’Elettrotecnica, dell’Elettronica, della Radiotecnica e dell’Elettro-magnetismo. . La recensione • Un nuovo libro per un grande maestro di Antonio De Paulis ed Enrico Manfredi ([email protected] • [email protected]) varia forma, quali dispense ciclostilate fornite da insegnamenti propedeutici, guaglini, Saverio Strati, Alessandro illustrazioni, ispirate a quelle origina- che a prima vista possono apparire de- concreto supporto offerto da alcune o nastri registrati durante le lezioni. Le rie, dovevano essere completamente rifatte e occorreva inoltre estrarre, dal vario materiale scritto, le parti che si- curamente erano attribuibili all’Autore. È nato così un libro di circa 380 pagi- ne, ove sono trattati tutti gli argomenti La figura di Lucio Lazzarino, proget- “Appunti di Costruzione di macchine”. eminente in vari campi, è nota anche rino ne intraprese un’ampia revisione, tista aeronautico, docente, personalità per l’impostazione innovativa che Egli dette all’insegnamento della Costruzione di macchine, disciplina uni- versitaria che fu tra i primi in Italia a professare. Dalle Sue lezioni tenute presso l’Accademia Navale di Livorno attorno al 1960 fu tratto un testo di …segue dalla prima pagina tra ricerca universitaria e ricerca industriale. La creazione di centri comuni di ricerca su grandi temi strategici è la nuova scommessa che ci attende. A Pisa, importanti risultati in questo settore sono già in arrivo: è di questi giorni la notizia del nostro successo, in collaborazione col Centro Ricerca dell’ENEL, come candidati ad ospitare dal 2006 la sede dell’International Flame Research Foundation, la più importante fondazione internazionale dedicata alla generazione termica pulita, che conta circa 150 membri, tra i quali l’americana Exxon Mobil Research, la tedesca E.On e la francese Eléctricité de France (Edf ). Sono inoltre in fase avanzata di definizione un Centro per la progettazione dei motori, in collaborazione con la Piaggio di Pontedera, e di un Centro per l’innovazione, in collaborazione con il comprensorio della componentistica automotive dell’area di Livorno.Ne parleremo certamente nei prossimi numeri. . Una decina d’anni dopo Lucio Lazzarimasta tuttavia incompiuta. A cinque anni dalla scomparsa di Lucio Lazzarino e con il consenso della Sua famiglia, due suoi ex assistenti de- cisero di pubblicare in forma organica il materiale allora raccolto, arricchendolo con altro materiale presente in classici della progettazione e costru- zione di macchine, inquadrati tuttavia in un’ottica più originale ed ampia del consueto. Le “Lezioni di Costruzione di macchine” di Lucio Lazzarino permetteranno così di estenderne l’insegnamento ai futuri ingegneri, stimo- lando in loro sia il rigore del pensiero sia la concretezza. Inoltre, il lettore apprezzerà la cura dell’Autore nel ri- chiamare sistematicamente le nozioni La replica • “Ingegneri: pochi o troppi?” di Marco Comastri ([email protected]) Condivido in pieno la necessità auspi- L’esperienza complessiva, sia di lavoro lo di condurre un’analisi approfondita sociali, che ne scaturirebbe sarebbe cata dal Prof. Bordone nel suo articodelle esigenze a fronte della disponibilità del mercato. Nell’articolo si cita l’industria come la “Grande Scuola”. Da questo punto di vista i tempi suggeriscono, a mio avviso, una riflessione aggiuntiva sul ruolo dell’impresa nel processo di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Da un lato le aziende devono adat- tarsi alle condizioni di mercato e quindi hanno esigenze di flessibilità, soprattutto in periodi di scarsità di nuove assunzioni, come quello che stiamo vivendo da ormai 3 o 4 anni. D’altro canto la “Grande Scuola” può e deve essere ricercata anche in attività imprenditoriali che i giovani laureati devono considerare. Credo infatti che l’età del dopo laurea sia caratterizzata da alcuni elementi che la rendono unica: l’agilità intellet- tuale e una media di carico familiare ridotto rispetto agli anni più maturi. Queste condizioni permettono una maggiore propensione al rischio e allo sforzo necessario per la creazio- ne di nuove attività imprenditoriali. che di relazioni umane ed esperienze sicuramente molto intensa, motivan- te, innovativa e di grande aiuto per l’intera economia del Paese. Certo avremmo casi di insuccesso, credo ampiamente controbilanciati dalla ricchezza di esperienza che ogni individuo porterebbe con sé come ba- gaglio per altri lavori, a questo punto meglio qualificata per un lavoro presso l’industria. Il supporto a questa mia idea, che trova fra l’altro ampio riscontro presso i paesi anglo-sasso- ni (MediaLab del MIT di Boston è l’esempio migliore per lo stimolo e la spinta sul mercato di nuove idee imprenditoriali) deve arrivare dall’Università, attraverso un’incentiva- zione e l’incubazione delle attività, dal sistema creditizio, attraverso una formula di finanziamenti appropriati e dalla stessa industria, che deve guardare con interesse alle nuove realtà imprenditoriali, coinvolgendole nel sistema di partnership commerciali e considerandole positivamente nelle politiche di assunzioni. . quali le Matematiche. Alcuni metodi, sueti, rappresentano infatti utili esempi degli approcci (ad esempio numerici) che anche oggi sono generalmente se- guiti. La stampa di questo libro presso la PLUS, la casa editrice dell’Ateneo, è stata resa possibile, in primo luogo, dal supporto di vari allievi di Lucio Laz- zarino. Vari collaboratori o colleghi dell’Autore, tra cui in particolare Ma- rino Marini, Bruno Guerrini, Roberto Bassani, Costantino Carmignani, Gio- vanni Nerli e Attilio Salvetti, hanno riveduto le seconde bozze del volume, fornendo spesso preziose indicazioni per integrare l’opera. Ad altri ex allievi, tra cui in particolare Giovanni Angotti, Leonardo Bertini, Pierfrancesco Guar- Traversari ed Emilio Vitale si deve il istituzioni. Oltre al patrocinio della Facoltà di Ingegneria di Pisa e del- l’Accademia Navale di Livorno, sono infatti giunti contributi da parte del Centro Studi del Consiglio Naziona- le degli Ingegneri, dell’Associazione Italiana per l’Analisi delle Sollecitazioni e di varie Industrie, quali AVIO Propulsione Aerospaziale, Finmec- canica, General Electric - Nuovo Pignone, Intier - Motrol, Piaggio, Sensortechnics e SKF Industrie. Ciò ha reso possibile non solo di intraprendere l’iniziativa, ma anche di te- nere molto basso il prezzo di vendita del volume, favorendone un’ampia diffusione. Notizie dei soci e della Facoltà Il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione ha organizzato dal 8 al 10 settembre, al Palazzo dei Congressi di Pisa la prima conferenza mondiale sulla sicurezza dell’idrogeno “ICHS: International Conference on Hydrogen Safety” (Prof. Marco Carcassi, 050 836679) L’Università ha ceduto un brevetto riguardante una procedura per la misura delle principali caratteristiche meccaniche di materiali alla società “Scienzia Machinale Srl” che ha sede nel polo tecnologico di Navacchio. Il brevetto è frutto di una ricerca condotta dai professori Marco Beghini e Leonardo Bertini del DIMNP, in collaborazione con il Prof Virgilio Montanari della Università di Trento. In settembre 2005 è stato presentato nella sala consiliare del Comune di Viareggio, il nuovo master di primo livello in Yacht Engineering organizzato dai dipartimenti di Ingegneria aerospaziale e di Ingegneria chimica, chimica industriale e scienza dei materiali in collaborazione con la facoltà di Architettura dell’Università degli studi di Firenze e con il supporto del Comune di Viareggio, della Provincia e della Camera di Commercio di Lucca, di diversi cantieri e del Polo tecnologico della Magona Il Dipartimento dell’Informazione: Elettronica, Informatica, Telecomunicazioni ha ricevuto il primo premio della competizione europea NEWCOM-European wireless business idea competition “Mario Boella” organizzato dall’Incubatore di Imprese Innovative del Politecnico di Torino. L’international Conference on Communication ha svolto il congresso ICC 2005 a Seoul, Corea. Il Prof. Stefano Giordano del Dipartimento dell’Informazione vi ha partecipato ed è stato Chairman delle sessioni Wireless & QoS nel Symposium “Communication QoS, Reliability and . Performance Modeling”. La conferenza ha avuto quest’anno il sottotitolo “The Era of the Ubiquitous networks “. La conferenza internazionale di IGIP, Internationale Gesellschaft fuer Ingenieurpaedagogik, si è svolta ad Istanbul in Settembre, e la conferenza della SEFI, Societé International pour la Formation des Ingenieurs, si è svolta a Firenze in Novembre. Il Prof. Santo Francesco Bordone ha presentato relazioni su internazionalizzazione e occupazione del neo laureato in ingegneria. L’ing. Gennaro De Michele, Direttore di ENEL Ricerca ha tenuto il 24 novembre una conferenza dal titolo “Le tecnologie energetiche fra presente e futuro”. “ingegneria a pisa” ha chiesto all’ing. De Michele una sintesi della conferenza che verrà pubblicata nel prossimo numero. Sono stati emessi provvedimenti del Preside per l’assegnazione di quattro contributi di mobilità per studenti della durata di tre quattro mesi per svolgere uno stage aziendale in Cina, presso la Piaggio Cina, e di quattro contributi di mobilità per laureandi e neolaureati per stage aziendali in Marocco, presso aziende di operatori italiani in Marocco. I contributi sono finanziati da un progetto MAP.CRUI.ICE, per la internazionalizzazione degli studenti di ingegneria. La Oil & Gas University, del Gruppo GE, che svolge attualmente un master internazionale in Oil & Gas Technologies nel Learning Centre del Nuovo Pignone, ha trasferito per un giorno le sue lezioni nell’aula magna della Facoltà. Alle lezioni ha assistito un folto pubblico di dottorandi e di studenti degli ultimi anni dei corsi di laurea. p.s. La redazione ha potuto riportare soltanto quelle notizie della facoltà, delle quali è stata informata. Si scusa per le notizie, anche importanti, che sono state trascurate.