numero 3 - Scuola di Ingegneria

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numero 3 - Scuola di Ingegneria
Notiziario dell’Associazione ex allievi della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa
pagine
numero 3
gennaio · 2006
4-5-6
L’internazionalizzazione
dei nostri studenti
pagina
8
I Grandi Maestri:
Giancarlo Vallauri
Università di Pisa
sommario
Supplemento de “Il rintocco del Campano”, rassegna periodica dell’Associazione Laureati Ateneo Pisano
Quale contributo
dell’Ingegneria alla crescita
di una società fondata
sulla conoscenza?
di Emilio Vitale
Se ne parlerà a Palermo il 27
gennaio nell’ambito di una tavola rotonda inserita nelle manifestazioni per la celebrazione
del 200° anniversario della fondazione dell’Università, dove
sono stato invitato a portare la
testimonianza delle esperienze
svolte a Pisa ed in Toscana.
È certo che, un po’ dovunque in
Italia, i gruppi di ricerca nell’area
dell’ingegneria sono stati fra i
più pronti, com’era del resto logico e naturale, a rispondere alle
nuove esigenze di finalizzazione
di parte delle attività a sostegno
della competitività del sistema
produttivo. Se ne è avuta prova, a Pisa come in altri Atenei,
dall’importante contributo dato,
negli ultimi anni, allo sviluppo
della brevettazione in campo
universitario ed alla creazione
di nuove imprese spin-off di ricerca: segni tangibili di quanto
molte delle attività oggi svolte
nei laboratori di ingegneria siano strettamente finalizzate alla
produzione di nuovo knowhow. Ma di più si deve e si può
fare nel prossimo futuro.
Nei settori strategici per lo sviluppo industriale del Paese le
preziose, e tuttora sottodimensionate, risorse per la ricerca
dovranno essere utilizzate per
creare sinergie ancora maggiori
segue a pagina 8 …
La globalizzazione, le sue sfide e l’Italia
L’Avvocato Paolo Fresco, già
Presidente di FIAT S.p.A. e già
Executive Vice Chairman di GE,
ha tenuto il 31 maggio 2005 nell ’aula magna della facoltà, una
conferenza su “La globalizzazione, le sue sfide e l’Italia”.
La conferenza introdotta dal
Preside, Prof. Emilio Vitale, e dai
Prof.ri Bennati e Mengali. è stata
seguita da un numeroso pubblico
di docenti e di studenti.
Non è possibile riportare il testo
completo dell’intervento, e non è
stato possibile tentare di estrarne un sommario senza il timore
di sminuirne il significato. Né è
stato possibile individuare alcuni
capitoli da preferire per la pubblicazione.
La redazione ha pertanto deciso
di pubblicare la introduzione,
nella quale il conferenziere ha introdotto il concetto di globalizzazione, e la conclusione nella quale
il conferenziere si sofferma sulla
posizione dell ’Italia nell ’oceano
globale, sulla delocalizzazione e
sul nazionalismo economico che
sta riemergendo in Italia. La redazione si augura di non avere,
con questa scelta, trascurato parti
della conferenza altrettanto significative.
Il testo integrale della conferenza
è comunque a disposizione degli
interessati presso la redazione di
ingegneria a pisa. SFB
di Paolo Fresco
È un grande piacere per me essere qui con voi quest’oggi. Permettetemi dunque di ringraziare
il prof. Stefano Bennati che me
ne ha dato l’opportunità e il Prof.
Umberto Mengali per le sue cortesi parole di presentazione. Vorrei
anche rivolgere un saluto a Piero
questo fenomeno – la globalizzazione – molto da vicino,… per
meglio dire, dal di dentro.
Perciò mi viene naturale proporvi
oggi qualche considerazione proprio su questo tema, un argomento sul quale nel corso degli anni ho
avuto anch’io una mia evoluzione
Villaggio, a cui mi lega una lunghissima e salda amicizia fin dai
tempi del liceo, a Genova.
A voi tutti il mio più caloroso saluto.
1. Sapete che è usuale in occasioni come queste chiedere all’ospite di affrontare un tema che gli
sia congeniale, per formazione
intellettuale e per esperienza di
vita vissuta. La mia formazione è
giuridica, la mia esperienza è stata
quasi per intero quella di manager
di imprese globali (o che hanno
cercato di divenire tali). Ho avuto,
dunque, la fortuna di conoscere
di giudizio: pur rimanendo un sostenitore della globalizzazione e
dei suoi benefici economici e culturali, il maggior distacco con cui
posso ora guardare all’evoluzione
dei rapporti economici mondiali
mi induce a rilevarne, accanto agli
indiscutibili pregi, anche alcuni
difetti. Aggiungo anche che le vicende professionali mi hanno permesso di osservare come la globalizzazione sia vissuta in due realtà
economiche strutturalmente e direi anche culturalmente piuttosto
diverse, come quella anglosassone
– e, in particolare, statunitense –
L’Avv. Fresco ed il Preside Vitale
Shopping al supermercato
delle aziende
di Santo Francesco Bordone ([email protected])
Nel numero precedente di “inge- te (tra i migliori) e mio amico (tra i
gneria a pisa” ho cercato di ricorda- migliori), che dopo la laurea aveva
re in un breve articolo, “Ingegneri : creato dal nulla una azienda che
pochi o troppi?” un problema che operava in un prodotto allora nuointeressa le facoltà ed i nostri neo- vo (ecco la fantasia e la creatività
laureati.Non ho portato conclusioni dei nostri giovani laureati) e che è
e raccomandazioni, dichiarando di ormai diventata la prima in Italia
non essere in grado di farlo, ma mi nel suo settore, mi ha comunicato
sono augurato che le mie riflessio- di avere appena ceduto l’azienda ad
ni potessero contribuire a suscitare un grande gruppo tedesco.
un dibattito. Oggi vorrei riflettere È un caso che mi ha colpito per
su un argomento che, a mio parere, avere io seguito la nascita e la crepotrebbe essere collegato al primo. scita della azienda, ma è uno dei
Vorrei parlare di quello che io de- tanti casi, che si ripetono ormai con
finisco “Lo shopping al supermer- allarmante frequenza, di imprencato delle aziende”, un argomento ditori che, o dopo avere portato le
sul quale spesso mi soffermo ama- loro aziende a livelli di eccellenza
ramente con colleghi e studenti, oppure in momenti di difficoltà,
che è stato bruscamente riportato decidono di passare la mano venalla mia attenzione qualche giorno dendo. L’elenco è ben numeroso ed
addietro quando un mio ex studen- ogni giorno si aggiungono “nuove
segue a pagina 7 …
e quella italiana. Vorrei proporvi,
quindi, anche una riflessione su
come si trova l’Italia nell’affrontare il mercato globale.
2. L’onda lunga della globalizzazione e i suoi perché. Un po’ di
storia La globalizzazione non è
propriamente una novità degli ultimi dieci, venti anni.
Qualsiasi storico dell’economia saprà descrivere assai meglio di me
che cos’era il mondo tra la seconda
metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento,… prima che
i nazionalismi aggressivi, la grande
guerra, la rivoluzione russa, la crisi
del ’29 sconvolgessero gli equilibri
internazionali e con essi un sistema economico in cui gli scambi
di beni e capitali, in rapporto al
Prodotto Interno Lordo, e i flussi
di lavoratori da un Paese all’altro, in rapporto alla densità della
popolazione, avevano raggiunto
dimensioni paragonabili a quelle
odierne.
Dove stanno le differenze tra ieri e
oggi? Direi in quattro aspetti fondamentali:
•nell’intensità del processo di globalizzazione,
•nel numero di Paesi e di persone
che vi sono coinvolti, con i Paesi
in via di sviluppo non più in posizione marginale,
•nella straordinaria forza pro
pulsiva ed aggregante delle nuove tecnologie dell’informazione e
segue a pagina 7 …
Io laureando gestionale a Tokyo
di Stefano Lodola ([email protected])
Vi presento un’esperienza che mi rette universitarie sono proibitive
ha cambiato la vita: un anno a To- ed esistono poche possibilità per
kyo, Giappone, a vivere l’ingegne- il Giappone, rispetto a programria gestionale “alla giapponese”.
mi come l’Erasmus per l’Europa.
Chi sono?
Un giorno, un docente del mio
Stefano Lodola, 22 anni, iscritto corso di laurea mi ha informato
al corso di laurea specialistica in di un accordo di scambio studenti
Ingegneria Gestionale. Da diversi tra l’Università di Pisa e la Waanni mi interesso al Giappone e seda University, uno degli istituti
grazie ad alcuni giapponesi che più prestigiosi del paese e, guarda
abitavano nella mia città, Carra- caso, uno di quelli che avevo visira, ho potuto avvicinarmi a questo tato. Ho subito preso contatto con
mondo nel migliore dei modi, cioè un professore della Waseda che
conoscendo i suoi abitanti e facen- avevo conosciuto a suo tempo e
do delle amicizie.
ho fatto richiesta per partecipare.
Fino alla partenza. Durante un Come si può immaginare, non ho
precedente viaggio in Giappone avuto concorrenti.
(2003) avevo visitato alcune uni- Tempo ben speso. Ho trascorversità che avrei voluto frequenta- so un bel periodo alla Waseda
re ma, in Italia, pur trovando molti University, da Settembre 2004 a
docenti disposti a consigliarmi, mi Luglio 2005. Mi ha fatto da guistavo perdendo d’animo perché le da il prof. Yoshimoto, docente di
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Brevettare all’università: oggi è possibile
di Franco Failli ([email protected]).
Realizzare un brevetto è da sempre una ambizione di chi crea innovazione.
Fino a poco tempo fa però brevettare, per chi operava all’interno dell’università, significava
affrontare molti problemi di tipo
burocratico e amministrativo, che
richiedevano tempo, esperienza
specifica e denaro.
Ciò ha spesso rappresentato un
freno per chi desiderava veder tutelati, anche da un punto di vista
economico-commerciale, i risultati del proprio lavoro.
Per ovviare a tale condizione, alcuni anni fa l’allora Pro-rettore
per il rapporti con le imprese e il
trasferimento tecnologico Prof.
Emilio Vitale cominciò ad operare per la promozione delle attività di brevettazione nell’ambito
dell’Ateneo. Tale attività, proseguita dal successore tuttora in carica Prof. Giancarlo Santoprete,
ha permesso di creare nel 2003,
all’interno dell’Ufficio Ricerca
dell’ateneo, una specifica linea di
attività dedicata espressamente
alla brevettazione, e all’istituzione di una Commissione tecnica
brevetti, preposta alla valutazione
delle invenzioni presentate.
Fino ad oggi sono state brevettate
33 invenzioni (ed altre dieci circa
sono attualmente al vaglio della
commissione tecnica brevetti), 16
delle quali sviluppate all’interno
della Facoltà di Ingegneria.
Per maggiori dettagli è possibile visitare il portale della ricerca
PROMETEO sul sito dell’Università (http://brett.adm.unipi.
it/cgi-bin/ibo/prometeo2000?in
dexpage;main_brevetti) dove le
invenzioni sono elencate ed è possibile accedere ad una loro scheda
descrittiva.
La procedura per l’ottenimento
del brevetto è la seguente: dopo
che il ricercatore o il team di ricerca dell’ateneo è arrivato ad ottenere un risultato che a suo parere
riveste un interesse commerciale,
deve preparare una domanda da
indirizzare all’Ufficio Ricerca
– Commissione tecnica brevetti,
Lungarno Pacinotti n. 43, 56100
Pisa, nella quale illustra l’oggetto
della richiesta e ne descrive l’uso
e le possibili applicazioni.
La commissione tecnica brevetti,
presieduta dal Prof. Pier Angelo
Rolla, esamina periodicamente le
domande ricevute, e ne giudica
l’effettivo valore scientifico e commerciale, ed in caso di parere positivo avvia la pratica brevettuale.
Fino ad oggi è stato dimostrato
interesse dal mondo imprenditoriale per 3 brevetti (Chimica
industriale, Medicina interna,
Ingegneria), e sono in via di definizione le pratiche per l’acquisto
di un quarto (Ingegneria). L’università copre tutti i costi relativi
all’ottenimento del brevetto ed ha
una percentuale sugli eventuali
introiti che va dal 30% (introito
fino a 25.000 euro) al 50% (introito maggiore di 100.000 euro).
Un recente brevetto acquistato
da una società esterna è stato sviluppato presso il Dipartimento di
Ingegneria Meccanica, Nucleare
e della Produzione (DIMNP) dai
Proff. Marco Beghini e Leonardo
Bertini in collaborazione col Prof.
Vigilio Fontanari dell’Università
di Trento. Si tratta di uno strumento portatile che permette di
misurare in modo rapido e a basso
costo le principali proprietà mec-
caniche dei materiali metallici.
Lo strumento è potenzialmente
molto utile in ambito industriale
per garantire, con misure effettuate sui semilavorati, la qualità dei
materiali in ingresso al processo
produttivo e può essere usato direttamente anche sui componenti
in esercizio, per esempio in fase
di ispezione. Da questo punto di
vista, si può prevederne un impiego anche per valutare lo stato di
conservazione di beni di valore
storico o architettonico. Il brevetto si basa su attività di studio
da anni sviluppate dal gruppo di
ricerca sui materiali e su modelli
analitico-numerici per descriverne il comportamento meccanico. Il brevetto è stato acquistato
dalla società “Scienzia Machinale
Srl” del Polo Tecnologico di Navacchio (PI) che, continuando a
collaborare con il DIMNP, si impegna a estenderlo a livello internazionale, a realizzare il prototipo
dello strumento, a effettuare una
campagna di prove di collaudo e
messa a punto e infine a commercializzarlo. La Fondazione Cassa
di Risparmio di Pisa ha erogato
un finanziamento specifico per la
progettazione del prototipo e la
sua messa a punto. Altro esempio,
per altro già molto noto, è quello
relativo al brevetto internazionale
del propulsore ibrido-elettrico per
scooter, 50% Università di Pisa e
50% Piaggio SpA, di cui si parla
anche in un altro articolo di questo giornale.
Tutte le informazioni e la consulenza relative all’attività di brevettazione dell’Università di Pisa,
il regolamento e la modulistica
per la presentazione delle domande possono essere consultati
sul sito: http://www.unipi.it/ricerca/applicata/brevetti/index.
htm. È anche possibile contattare direttamente, presso l’ufficio
ricerca, la Dott.ssa Greta Bacci, responsabile dell’Ufficio, (tel
050–2212323, e-mail g.bacci@
adm.unipi.it ), la Dott.ssa Paola
Cacciatori, responsabile della Linea di attività “Ricerca finalizzata
e brevetti” (tel. 050 2212511, email [email protected]) e
la Sig. Annarosa Morini (telefono
050 2212575 e-mail a-morini@
adm.unipi.it).
la gravità è per essi trascurabile rispetto alle forze di adesione, tanto da aderire alle estremità delle
pinzette impiegate per afferrarli e
posizionarli correttamente. Perciò
molte delle tecnologie impiegate
nell’assemblaggio tradizionale di
componenti “macro” divengono
non applicabili in questo micromondo. È necessario quindi sfruttare altri principi fisici e impiegare forze quali quella elettrostatica,
quella magnetica, le forze adesive
ecc., per la movimentazione e la
presa-rilascio dei piccoli componenti. Sebbene esistano molti interessanti tentativi in questa direzione, siamo ancora lontani da sistemi
automatici rapidi ed affidabili.
A tutt’oggi l’assemblaggio dei microprodotti ibridi arriva ad assorbire addirittura l’80% del loro costo
totale e diviene il collo di bottiglia
che ne ostacola la diffusione e che
non permette l’impiego dei microprodotti ibridi su vasta scala.
Al momento, l’approccio che pare
più promettente per l’assemblaggio automatico (o semiautomatico) di microprodotti è quello che
propone di aggregare una serie di
dispositivi in una microfactory di
assemblaggio. La microfactory automatica di assemblaggio è infatti
costituita da microgripper per la
presa, microfeeders per il traspor-
to, microrobot per la manipolazione, sistemi per il fissaggio dei microcomponenti ecc., insomma una
vera e propria fabbrica in miniatura. Nella microfactory sono ovviamente indispensabili, ed altrettanto importanti, sistemi di controllo
on line e stazioni metrologiche per
la misura dei componenti.
Nell’ottica microfactory, è stato
recentemente creato il laboratorio
di microassemblaggio presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione:
responsabile del laboratorio è il
prof. Marco Santochi, coadiuvato dagli ingg. Gualtiero Fantoni,
ricercatore in formazione, e Marcello Porta, dottorando in Automazione, Robotica e Bioingegneria e dal valido staff tecnico della
sezione Produzione.
Dato che la prima operazione da
effettuarsi in una stazione di montaggio è, generalmente, l’estrazione
di un componente singolo da un
insieme disordinato di componenti, è stato progettato un selezionatore elettrostatico in grado di
estrarre un elemento e collocarlo
in una posizione prestabilita. Il
componente viene poi trasportato, con forze elettrostatiche, verso
una stazione di assemblaggio per
essere afferrato e manipolato. Per
questo scopo, nel laboratorio sono
stati progettati e testati “grippers”
meccanici, elettrostatici ed adesivi.
I primi hanno dimostrato ottime
capacità autocentranti per oggetti
di forma assialsimmetrica (microviti, perni ecc.) e sono utilizzabili
nelle operazioni di inserimento di
un perno, di un asse o di una vite in
un foro. I secondi hanno permesso
la manipolazione di componenti
dalla forma complessa (microruote dentate, microresistenze, ecc.). I
terzi hanno consentito di manipolare parti estremamente delicate.
Quale supporto dei grippers è anche stato progettato un innovativo
microposizionatore cartesiano a
due gradi di libertà. La precisione
di posizionamento dei componenti e il controllo on line dei microggetti movimentati, sono ottenuti
attraverso un sistema di misura
interferometrico ed un sistema di
visione, utilizzato quest’ultimo per
il controllo on line della posizione
dei microcomponenti all’interno
dei dispositivi di manipolazione.
L’obiettivo del gruppo di lavoro è
quello di studiare soluzioni innovative per l’assemblaggio dei microprodotti ibridi, in considerazione del fatto che un loro minor
costo comporterà una maggiore
diffusione e quindi benefici maggiori per un numero crescente di
utenti.
.
Il progetto Microfactory
di Marco Santochi ([email protected])
Nati nel mondo dell’elettronica,
i microprodotti sono oggi parte
quasi invisibile, ma sempre più
indispensabile, della nostra vita
quotidiana. Viaggiano con noi
sulle automobili e sugli aerei, ci
aiutano nelle cure mediche e sono
arrivati addirittura nello sport e
nel divertimento! Se, quando si
parla di microprodotti, si è portati
immediatamente a pensare ai chip
presenti nei computer, telefoniIl personale universitario, gli studenti e gli
ex-allievi possono inviare alla redazione
contributi su: argomenti scientifici e didattici
di interesse della Facoltà, testimonianze
conferenze e convegni, notizie varie.
e.mail • [email protected]
Notiziario dell’Associazione ex allievi della
Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa
Supplemento de “Il rintocco del Campano”,
rassegna periodica dell’Associazione Laureati
Ateneo Pisano
Direttore responsabile
Guido Gelli
Redazione
Santo Francesco Bordone, Franco Failli,
Roberta Lazzeri, Attilio Salvetti, Emilio Vitale,
e.mail • [email protected]
Progetto grafico
Theo van Boxel, Elena Macchioni
Autorizzazione del Tribunale di Pisa n.4 del
12/04/1972 e n.13 del 24/05/1991
ni, palmari, ecc., occorre sapere
che un micromondo più recente
scorcio del laboratorio “Microfactory”
è quello dei microprodotti “ibridi”. I microprodotti ibridi hanno,
rispetto a quelli basati sul silicio,
una geometria fortemente tridimensionale, hanno componenti di
diverso materiale con caratteristiche meccaniche talvolta superiori
a quelle del silicio.
Esempi di microprodotti ibridi
sono micropompe per il rilascio
controllato dei farmaci, micromotori elettromagnetici per la movimentazione di apparecchiature endoscopiche o di microtelecamere,
microriduttori e micropinze per la
chirurgia non invasiva, ecc.
Se alcune tecnologie di produzione di microcomponenti sono ormai mature e consentono una produzione di massa, cio’ non avviene
per le tecnologie di assemblaggio,
che ancora necessitano di ulteriori
sforzi di ricerca e sviluppo.
Infatti i componenti dei microprodotti hanno massa così bassa che
.
Lo scooter ibrido è stato premiato in una competizione internazionale
di Alessandro Caleo ([email protected])
L’Associazione Tecnica dell’Automobile (ATA) ha organizzato,
per la prima volta in Italia, l’evento
della Formula SAE: la prestigiosa
competizione internazionale i cui
partecipanti sono studenti e neolaureati in Ingegneria che gareggiano con macchine da corsa interamente progettate e realizzate da
loro. In occasione dell’evento, svoltosi dal 22 al 25 Settembre presso
la pista prove del gruppo FIAT di
Balocco (VC), l’ATA in collaborazione con il CIVES (Comitato Italiano Veicoli Elettrici Stradali) ha
affiancato alla Formula SAE una
nuova competizione destinata alla
valutazione di veicoli tecnologici
a basso impatto ambientale come
veicoli elettrici, ibridi e a celle a
combustibile: la Formula Tech.
Analogamente alla Formula SAE
anche in questo caso il progetto
deve essere interamente effettuato
da studenti o neolaureati.
La facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa ha partecipato alla
Formula Tech con il “Team HyScooter” presentando un prototipo
di scooter a motorizzazione di tipo
ibrido-parallela e conseguendo il
terzo posto nella graduatoria finale. La giuria, composta da esperti
del settore automotive tra i quali
l’ing. Pietro Menga, presidente
del C.I.V.E.S. e l’ing. Giampiero
Brusaglino membro dell’ATA e organizzatore della manifestazione,
è garanzia dell’ottimo livello della
competizione che vede tra i suoi
partecipanti oltre a nove Università
italiane anche Università straniere
(Sheffield, Bruxelles).
Il “Team Hy-Scooter”, composto
dal professore Massimo Ceraolo,
dai dottorandi Alessandro Caleo e
Paolo Capozzella e dagli studenti
Massimo Baldacci e Giulia Franceschi, che hanno partecipato in
questi anni alla realizzazione del
prototipo, frutto di una ricerca finanziata dall’Università di Pisa dalla Fondazione Cassa di Risparmio
di Pisa e da Piaggio Group, si è “esibito” nelle tre sessioni previste dalla
manifestazione: presentazione del
progetto, valutazione statica, prova
dinamica. Decisiva per l’assegnazione del premio la prova dinamica
in cui non solo i giudici ma anche
gli altri partecipanti, incuriositi
dal prototipo di scooter presen-
tato, hanno mostrato un notevole
interesse ed entusiasmo nel provare
il veicolo nelle varie modalità operative.
Durante la prima giornata il veicolo è stato presentato in aula eviden-
15 km e raggiungere una velocità
massima di 25 km/h. Hy-Scooter,
a differenza di un veicolo elettrico,
una volta esaurita l’energia stoccata nel pacco batterie è in grado di
provvedere alla propulsione e alla
Il team “ Hy-Scooter”, Caleo, Franceschi, Capozzella, Baldacci
ziando le modifiche effettuate per
l’ibridazione e mettendo in risalto
l’aumento di prestazioni ottenuto
senza l’incremento dei consumi.
Particolare attenzione è stata riservata alla propulsione elettrica
tramite la quale il veicolo può marciare ad emissioni nulle per circa
ricarica delle batterie mediante il
motore termico.
Inoltre le batterie possono essere
ricaricate anche dalla comune rete
elettrica grazie ad un carica batterie
installato sul veicolo risparmiando
sia in termini di costo per km sia in
termini energetici.
La mia esperienza alla Oil & Gas University della General Electric
di Nicola Allegro ([email protected])
Sono un neolaureato in Ingegneria
Meccanica dell’Università di Pisa
che dopo aver terminato il corso
di Laurea Specialistica ed una
collaborazione annuale con l’Università per una ricerca nel campo
energetico, ha deciso di cogliere
un’occasione unica per investire
ancora in conoscenza: la Scholarship on Oil & Gas University.
La realtà di Nuovo Pignone è sicuramente ben nota a tutti, come
l’acquisizione avvenuta nel 1994
da parte del gigante americano
General Electric che nella società
fiorentina ha trovato un’importante risorsa per essere vincente nel
mercato mondiale dell’Oil & Gas.
Quest’anno per la prima volta da
GE Oil & Gas è stato avviato un
ambizioso progetto che racchiude in se tutta la politica di forte
sviluppo del gruppo, che ha deciso di offrire alle proprie aziende
clienti e a due neolaureati italiani
in ingegneria, uno dall’Università
di Pisa e l’altro dall’Università di
Firenze, la possibilità di partecipare ad un Master in Oil & Gas. I
corsi coprono 4 aree fondamentali: Leadership, Energy, Processes e
Rotating Machinery. La parte di
Leadership a sua volta comprende
corsi di Finance, Marketing, Legal
Contract, Team Building e Project
Management mentre con la parte di Energy si hanno corsi per il
Natural Gas, l’Energy Economics,
Environmental Impact e Energy
Contracts. In Processes vi sono
corsi di Oil & Gas Production,
LNG & GTL (le nuove frontiere
nel trattamento e distribuzione
del gas naturale), Refining & Petrochemical Processes ed infine in
Rotating Machinery si vanno ad
analizzare tutti gli aspetti riguardanti turbine, compressori e pompe sia dal punto di vista meccanico
che di gestione degli impianti. Le
lezioni, accompagnate in alcuni
casi da visite nei vari stabilimenti,
sono tenute da personale di alto
livello di GE e da professori e
professionisti esterni fra cui vale
la pena menzionare l’importante contributo dell’IFP (Institut
Français du Pétrole).
È così quindi, che dal 4 Ottobre
e per i successivi 6 mesi, un gruppo di 25 studenti provenienti da
tutto il mondo (Paesi Arabi, Cina,
Indonesia, Tailandia, Venezuela,
Russia) si è trovato nel GE Learning Center di Firenze per affrontare una delle esperienze più
emozionanti e uniche che si possano immaginare: unire una forte
crescita culturale ottenuta grazie a
corsi molto specialistici nel settore
energetico ad un’esperienza di vita
che solo lo stretto contatto con
persone di culture completamente
diverse può regalare.
Quello che da anni il mondo del
lavoro e la globalizzazione richiedono anche ai nuovi ingegneri è
una internazionalità e una preparazione multiculturale che forse
ancora non ci appartengono e che
sicuramente ci mettono in una
posizione di svantaggio rispetto ai
nostri colleghi nel resto del mondo. Probabilmente la nostra chiusura in questo senso è fortemente
legata ad una carenza di scambi
interculturali che molto spesso
rendono il giovane studente inconsapevole di quale sia il fascino
del confronto con altre culture e
dell’arricchimento che ne consegue. L’Università di Pisa ha il
grande merito di rispondere ormai
da anni a questa crescente esigenza fornendo ai propri studenti e
neolaureati la possibilità di entrare
a contatto con questa nuova realtà
anche con il fondamentale supporto di entità come Nuovo Pignone;
è così che il Prof. Vitale, Preside
della Facoltà di Ingegneria e l’Ing.
Salvadori, Presidente del Nuovo
Pignone, hanno concordato per il
21 Novembre di tenere una lezione dell’Oil & Gas University nella
Aula Magna della nostra Facoltà
con la partecipazione di docenti e
studenti pisani. La lezione tenuta
da un insegnante dell’IFP ha trattato l’argomento: “Environmental
impact for primary sources (coal,
nuclear, oil, gas)”. Entrando nel
merito della mia esperienza fino
a questo momento, posso dire che
opportunità come questa permettono ai giovani di aprire i propri
orizzonti guardando al mondo
extrauniversitario come ad un
ambiente colmo di opportunità
per crescere e trovare la propria
strada. Le relazioni e gli scambi
con persone di altri paesi permettono di apprezzare le differenze
culturali enfatizzando allo stesso
tempo tutti quegli aspetti che ci
accomunano come esseri umani.
La possibilità di comunicare, attraverso l’Inglese, di sviluppare le
capacità linguistiche, il confronto
con importanti professionisti e
manager del settore energetico e
la conoscenza di nuove tematiche
così importanti per l’economia
mondiale costituiscono un bagaglio che credo sarà utile per il resto
della mia vita.
La GE Oil & Gas si sta impegnando fortemente per sviluppare
e migliorare questi corsi impiegando molte risorse, per dare la
possibilità ai partecipanti di ottenere un grande valore aggiunto.
Anche per questo, invito tutti coloro che sono interessati a questo
settore a partecipare alle prossime
edizioni del Master in Oil & Gas,
convinto che sapranno apprezzare
questa grande opportunità.
.
Nella seconda giornata la commissione ha esaminato il veicolo valutando la qualità degli interventi
meccanici effettuati ed infine il
terzo giorno sono state valutate le
prestazioni dinamiche.
Durante la cerimonia di premiazione la giuria ha encomiato il lavoro del gruppo
“Hy-Scooter” sia per quanto riguarda l’innovatività del progetto
sia per la realizzazione del prototipo stesso sottolineando come
l’Università di Pisa sia realmente
impegnata in progetti di ricerca che hanno come scopo anche
quello di ridurre le emissioni inquinanti dei veicoli e migliorare la
qualità dell’aria nei grossi centri
urbani. Il terzo posto in classifica
sicuramente è un buon risultato
ma deve anche essere un incentivo
per continuare a condurre la ricerca universitaria in questo settore e
magari per studiare un nuovo progetto che possa essere presentato e
ben figurare alla Formula Tech del
prossimo anno.
.
Riconoscimento per due
studiosi pisani
di Marco Santochi ([email protected])
Nell’Aula Magna della nuova Facoltà di Ingegneria di Lecce Ecoteckne inaugurata in occasione del
convegno biennale dell’Aitem, si è
tenuta il 9 Settembre la cerimonia
di consegna di due riconoscimenti
a docenti della Sezione Produzione del Dipartimento di Ingegneria
Meccanica, Nucleare e della Produzione. L’Associazione Italiana
di Tecnologia Meccanica raccoglie a livello nazionale, aziende
e i docenti del settore scientifico
disciplinare Tecnologie e Sistemi
di Lavorazione. Al prof. Michele
Lanzetta è stato assegnato il Premio “Innovazione nella Didattica
Aitem 2004”, insieme ad un assegno di 1000 euro ed è stata consegnata una targa “per lo strumento
proposto, che rappresenta un interessante esempio di utilizzo delle
nuove tecnologie ai fini della didattica”. L’ing. Gualtiero Fantoni,
entrato in servizio come ricercatore in formazione il 20 Settembre,
ha ricevuto il premio “Giovane
Ricercatore AITEM 2003 per
l’articolo a nome unico intitolato
“Assembly of mini e microparts:
development of an electrostatic
feeder”.
.
Premiazione dell’Ing. Fantoni
L’internazionalizzazione dei nostri studenti
La mia esperienza a Toronto
Un’opportunità
da prendere al volo
di Marco Raugi (raugi@ dsea.unipi.it)
Il tempio di Asakusa a Tokyo
Il programma Socrates offre la
possibilità unica di studiare all’estero per un periodo di durata
compresa tra 3 e 12 mesi, ricevendo una borsa di studio di importo
pari a circa 150 Euro al mese.
Esso dà anche una importante
opportunità agli studenti per approfondire l’apprendimento delle
lingue straniere e per arricchire
significativamente il proprio curriculum vitae anche a fini occupazionali. Tramite questo programma si possono sostituire esami del
proprio curriculum studiorum e
svolgere tesi e/o tirocini.
Secondo uno studio AlmaLaurea
http://www.almalaurea.it/universita/profilo/profilo2004/, a livello
nazionale soltanto il 7% di laureati
in Ingegneria (Vecchio Ordinamento) usufruisce del programma
Socrates per effettuare periodi di
studi all’estero e tale cifra si riduce
addirittura all’ 1,2% se si considerano i laureati triennali del nuovo
ordinamento.
Dato che secondo AlmaLaurea
nel 2004 il numero di laureati v.o.
e triennali era circa uguale la percentuale su tutti i laureati risulta
del 4% circa.
Nella Facoltà di Ingegneria di Pisa
c’è stato in questi anni un costante incremento di partecipazione a
questo progetto e si è passati dalle
32 assegnazioni del 2003, alle 35
del 2004, ed alle 43 del 2005. In
questo senso è stato probabilmente utile l’approntamento, alla fine
del 2003, del sito web http://www.
web.ing.unipi.it/didattica/es/ appositamente dedicato alla descrizione del progetto ed a chiarire
agli studenti le opportunità e i vari
aspetti associati alla partecipazione ad Erasmus. Di solito i nostri
studenti rivolgono maggiormente
le proprie domande verso le sedi
europee consorziate in cui vengono svolte lezioni in lingue già
note dalla scuola superiore (inglese, francese) o più facilmente
apprendibili (spagnolo). Dato che
purtroppo il nostro Ateneo non
fornisce i dati ad AlmaLaurea,
per rapportare il dato di Pisa nel
contesto nazionale si può considerare che:
• Il numero medio complessivo
di laureati per la Facoltà di Ingegneria a Pisa nel 2004 sia stato di
circa 1500 unità
• considerando un tempo medio di laurea maggiore rispetto a
quello previsto si può rapportare
il numero di studenti che annualmente si laureano ad un numero
di studenti Erasmus maggiorato
del 20% si può quindi ragionevolmente stimare che in questi anni
una percentuale tra il 3% e il 4%
di laureati della nostra Facoltà
abbiano usufruito del progetto
Erasmus, il che ci situa pienamente nella media nel panorama
nazionale.
Tuttavia questo dato risulta ampiamente deficitario se rapportato
allo stesso dato fornito da AlmaLaurea per studenti appartenenti
alle facoltà umanistiche che è di
circa il 20%. In base ai colloqui
che ho avuto in questi anni con
gli studenti allievi ingegneri posso
cercare di interpretare questo dato
come derivante ad alcuni aspetti:
• La maggior parte degli studenti
attribuisce al programma Erasmus
il ruolo di un “inutile rallentamento” del proprio corso di studi.
• Alcuni studenti potenzialmente
interessati risultano scoraggiati
perchè non c’è un incentivo accademico (ovvero riconoscimento
di CFU) a partire ed alcune volte
neanche un adeguato riconoscimento del lavoro svolto alla fine
del proprio soggiorno all’estero
• Taluni dicono di essere sconsigliati da alcuni docenti quando
chiedono di effettuare sostituzioni
di esami.
Per incoraggiare la partecipazione degli studenti ad Erasmus, in
questi anni è stata svolta un’opera
di informazione sulle opportunità
offerte da Erasmus verso gli studenti e di sensibilizzazione verso i
Corsi di Studio, i cui primi risultati si stanno vedendo e che spero
si consoliderà nel futuro.
È opinione mia, come di molti
altri colleghi che hanno vissuto esperienze internazionali, che
studiare all’estero è un’esperienza formativa importante, sempre
consigliabile agli studenti, anche
a costo di laurearsi con qualche
mese di ritardo.
.
di Cristiano Sileo ([email protected]).
Nell’autunno del 2004 mi sono
imbattuto quasi per caso, in una
serie di circostanze fortunate che
mi hanno portato a fare una esperienza tanto importante quanto
rara. Vi racconto brevemente i fatti. Essendo ormai giunto alla fine
del mio percorso formativo presso
la facoltà di Ingegneria Meccanica
della Università di Pisa, ho avuto
l’opportunità di svolgere la tesi di
laurea presso la MOTROL, divisione italiana della INTIER AUTOMOTIVE, importante azienda
del gruppo MAGNA, che opera
nel settore della componentistica
per automobili.
Il progetto sul quale avrebbe dovuto svilupparsi la mia tesi era
costituito da un Power Liftgate, un sistema elettromeccanico
per la automazione del portellone posteriore di una automobile.
Il cliente era General Motors. Verso la metà del mese di ottobre ho
ricevuto una telefonata dell’Ing.
Vitale, project manager e mio referente presso la Intier, che mi
comunicava di essere in partenza
per il Canada, dove il progetto era
stato trasferito.
Dunque la mia tesi si era trasformata in un nulla di fatto. Grazie
all’interessamento del Professor
Bordone, che da anni si prodiga
per mettere gli studenti a contatto con il mondo del lavoro, dopo
circa una settimana ho ricevuto
una nuova telefonata che mi fissava un colloquio con l’Ing. Ottino,
engineering executive director per
l’Europa della Intier Closures, il
quale voleva valutare l’opportunità
di mandarmi in Canada per collaborare allo sviluppo del progetto.
Nell’arco di pochi giorni, mi sono
ritrovato su un volo per Toronto,
dove sono rimasto per poco più di
un mese. Lo scopo di questo articolo è quello di raccontare le difficoltà e i vantaggi di realizzare una
esperienza lavorativa da studente
ed in particolare all’estero.
L’aspetto più immediato è il contatto con il mondo del lavoro, molto diverso dalla realtà universitaria.
Durante quel mese ho sentito,
come mai mi era capitato, la pressione e lo stimolo di una scadenza,
che focalizzano l’attenzione verso
l’obiettivo da raggiungere.
Da studente universitario ho più
volte lavorato come operaio in
aziende anche del settore metalmeccanico, e spesso mi è capitato di “maledire” quegli ingegneri
che a mio parere avevano previsto
un accoppiamento troppo complicato o una lavorazione inutilmente raffinata, ma per la prima
volta mi sono ritrovato dall’altra
parte a cercare, per quello che può
essere stato il mio contributo, la
soluzione al problema di turno che
immancabilmente si presenta ogni
qual volta credi di aver superato
il precedente. Probabilmente fino
ad ora non ho raccontato niente
di nuovo rispetto a quella che può
essere stata l’esperienza di qualsiasi
tesista si trovi a svolgere uno stage
presso un’azienda, ma io ho avuto
la fortuna di unire a tutto questo
la possibilità di vivere in una città
come Toronto. È forte l’impatto
con l’imponenza dei grattacieli,
con la vastità degli spazi a disposizione o con la potenza delle vicine
cascate del Niagara, ed è stimolante il contatto con una cultura molto
diversa dalla nostra.
È però altrettanto strano vedere
una città fatta di casinò e “attrazioni da circo” a poche centinaia di
metri dalle cascate, o vedere che i
soli edifici storici da visitare sono la
vecchia caserma dei vigili del fuoco o l’ufficio postale della metà del
secolo scorso.
versi l’uno dall’altro non facilita
certo la comprensione.
La realtà è che la preparazione scolastica, a cui si aggiunge quella dei
vari corsi che più o meno ognuno
di noi ha frequentato, non è sufficiente ad avere una conoscenza
dell’inglese adeguata alle esigenze del mondo lavorativo, sta a noi
sopperire a questo limite.
C’è un ultimo aspetto che voglio
sottolineare e che riguarda le conseguenze per il futuro.
È naturale aspettarsi che l’importanza di questa esperienza sarebbe
stata la stessa per qualsiasi altro
studente, ma per me ha avuto una
portata ancora maggiore.
Per diversi motivi, che non vi racconterò in questo articolo, mi sono
trovo a laurearmi ad una età superiore rispetto alla media dei miei
colleghi.
Questo non è certo un buon biglietto da visita da presentare ad
un’azienda nella quale si aspira ad
essere impiegati, ma io ho avuto
l’opportunità di presentarmi ad
vista di Toronto
C’è poi l’impatto con la società
canadese, fatta di molte etnie diverse. Durante la mia permanenza ho avuto contatti con persone
di ogni nazionalità. Gli immigrati
da diverse generazioni provengono
per lo più dall’Europa occidentale, in particolar modo dall’Italia, e
dall’estremo oriente, le comunità
italiana e cinese sono molto numerose, mentre i nuovi immigrati provengono per lo più dai paesi dell’est
europeo e dal medio oriente.
Questo ha amplificato il maggiore,
ma forse unico problema che ho
incontrato in quel periodo, la lingua. La mia conoscenza dell’inglese, come quella della maggioranza
degli studenti universitari, mi consente di non avere molti problemi
nel leggere un articolo, di farmi
capire in vacanza all’estero o di
dare un’informazione ad un turista
che mi chiede la strada per la torre
pendente, diversa è la situazione
quando con l’inglese devi lavorare,
dunque non puoi permetterti di
comprendere solo il senso di una
frase ma devi capire ogni dettaglio,
ed il fatto di trovarsi ad ascoltare
una quantità di accenti molto di-
un Gruppo dell’importanza della
Intier, non con un semplice curriculum, ma in modo più completo.
Il management aziendale ha avuto
la possibilità di valutare non solo
le mie potenzialità come futuro ingegnere, ma anche i miei pregi e i
miei limiti di persona.
Con quali risultati questo è un altro
discorso, e comunque la possibilità
di una futura assunzione, in questa
come in ogni altra azienda, risulta
fortemente condizionata dal complesso periodo che il nostro paese
sta vivendo.
Allora per i prossimi futuri ingegneri si presenta concreta la possibilità di doversi trasferire.Certo
spostarsi in posti tanto lontani e
tanto diversi dalle nostre abitudini
non è molto semplice. Per concludere, mi rendo conto come non
sia affatto scontato che un’azienda
decida di spendere delle risorse
per permettere ad uno studente
di svolgere la propria tesi dall’altra parte del mondo, ma mi auguro
che anche altre aziende decidano
di investire in questo senso e diano
ad altri la stessa opportunità che è
stata data a me.
.
L’internazionalizzazione dei nostri studenti
…segue dalla prima pagina
Io, laureando gestionale a Tokyo
progettazione di strutture e della
logistica al Department of Industrial and Management Systems
Engineering (DIMSE), la nostra
ingegneria gestionale. Ho seguito
i suoi seminari riguardanti le materie caratteristiche del suo laboratorio di ricerca, ma anche gestione
della produzione, manutenzione e
method engineering.
Le attività sono varie e includono incontri con studenti internazionali, partecipazione a fiere,
conferenze specialistiche e job
fair, l’elaborazione di un articolo,
poi presentato in una conferenza
internazionale. Fra l’altro, per interesse personale ho visitato una
fabbrica di birra Kirin e la sede
del quotidiano Asahi. Nell’ambito di progetti su commissione ho
visitato la sede delle ferrovie. In
quanto a lezioni, ho seguito corsi e superato esami del master’s
course in IMSE e anche del MBA
(Master in Business Administration) e del MOT (Management of
Technology), della vicina Waseda
Business School. Le attività della
facoltà di ingegneria sono state
svolte in giapponese, mentre quelle dell’MBA/MOT, che coinvolgono studenti da tutto il mondo,
erano in inglese e giapponese. Ho
evitato di seguire corsi di lingue
per dedicarmi alle materie caratterizzanti il mio corso di studi. Difficoltà? Qualcuna, ma i “visi bianchi” a ingegneria sono una rarità (i
pochi che si avventurano studiano
lettere o lingue) e così ho goduto
di una certa attenzione, in senso
sia accademico sia personale..
La Waseda University. È una
università privata, fondata nel
1882 che conta 52.000 iscritti.
Comprende molte facoltà e quella
di Ingegneria offre corsi analoghi
a quelli del nostro Ateneo: meccanica, chimica, chimica applicata, gestionale, elettrica, elettronica,
nucleare, progettazione urbana.
La Waseda Business School accoglie studenti da tutto il mondo, per
lo più asiatici, e conta 400 iscritti
ai corsi di MBA, MOT e International Relations. Le strutture
sono concentrate in tre campus ad
hoc, nuovi, funzionali e attrezzati,
serviti da una navetta bus gratuita, il tutto a 1 km dalla stazione
più vicina. Inesistenti i fenomeni
di vandalismo – dopo le 22:00 si
entra solo con una card magnetica,
ma anche se non ci fosse non riesco a immaginarmi un’intrusione
– e i banchi imbrattati sono una
rarità. Non ho mai trovato un bagno fuori uso, uno scarabocchio o
un graffito. I certificati degli esami si stampano a una macchina
self service e non ho mai fatto più
di 5 minuti di coda in segreteria.
Ogni giorno alle 13:00 i bidelli puliscono i cancellini con una
buffa macchinetta e riforniscono
i gessi. Tutti i locali sono climatizzati. Io vivevo in un dormitorio
per studenti internazionali – nessun giapponese tranne la custode
– in un buco di 9 mq, con cucina
– dall’igiene discutibile – e servizi
in comune, a 45 minuti da scuola.
Comunque, grazie alla buona e variegata compagnia – di europei e
asiatici – si è rivelata una dimora
accogliente. Si parlava inglese e
giapponese ed ho colto l’occasione
per prendere lezioni di francese da
due francesine.
lavoro di tesi con discussioni e
contributi reciproci, progetti commissionati da imprese, quali kaizen
del layout di impianti e method
engineering, davvero professionalizzanti. Il sistema scuola-imprese
siffatto è molto valido e spesso
assicura un’assunzione, ma la vita
del laboratorio finisce per invadere
quella privata, con gli stessi odiosi
doveri sociali che si imporranno
nel loro mondo del lavoro: il pensiero ancora diffuso che uscire da
lavoro prima degli altri è brutto, le
cene sociali obbligatorie. Si sente
anche la differenza tra studenti
giapponesi e non: i giovani giapponesi, così come gli adulti, mancano di individualità, forse a causa
Stefano Lodola a Inokashira Park
Il sistema universitario. La Waseda rientra nel ristretto “Olimpo” degli istituti universitari giapponesi. Non esagero, perché la
competizione per l’ammissione a
università prestigiose è dura e impietosa: tutte le università prevedono un esame di ingresso e tutti
gli istituti pubblici lo conducono
nello stesso giorno, così si ha una
sola opportunità, mentre le date
variano per gli istituti privati.
Per chi fallisce, una scelta di ripiego in posti più abbordabili o un
anno di attesa.
È pratica comune mandare i propri figli a scuole private dedicate
a prepararli per gli esami di ammissione.
Il costo dell’istruzione pesa molto
sulle spese familiari: le rette sono
2-4 volte quelle del nostro Ateneo
per gli istituti pubblici e 5-10 volte per i privati. In genere è facile
conseguire la laurea: gli esami non
sono severi e si procede naturalmente.
Il bachelor’s degree dura 4 anni, il
master 2 e il PhD 3.
Mentre in Italia ci si limita a seguire lezioni, la maggior parte delle attività sono di ricerca (18 crediti dei 30 necessari per il master):
attività di laboratorio in gruppo,
dell’intero sistema scolastico, che
a mio parere opprime l’originalità
e incoraggia il consenso e l’appartenenza. Questa tendenza si riscontra nell’atteggiamento verso
le scelte di impiego: mentre negli
USA è ammirato chi lavora con
successo in diverse imprese, magari fondandone di proprie anche
talvolta fallendo, in Giappone la
regola è di starsene “al caldo” nella propria grande azienda e a chi
lascia il proprio posto per intraprendere un’attività viene chiesto
“Eh? Perché hai smesso?”. Alcuni
docenti sono consapevoli di questa vera e propria piaga nazionale
e cercano di incoraggiare le singole iniziative.
Qualità della vita. Qui stravinciamo. Considerando che è tra i
più ricchi e sviluppati Paesi del
mondo, lo stile di vita giapponese
– o almeno quello di Tokyo, che
conosco io – non è proprio desiderabile: la giornata inizia con 1
o 2 ore in treno per raggiungere il
luogo di lavoro – di auto non se ne
parla perché non c’è parcheggio.
Poi i loro orari di lavoro e studio,
spossanti, che lasciano solo mezz’ora scarsa per trangugiare cibo
“semilavorato” in efficienti fastfood (il cibo è giapponese ma i rit-
mi sono da McDonald) come polli
in batteria o sul posto di lavoro in
vaschette variopinte ma dove tutti gli ingredienti hanno lo stesso
sapore. Il Giappone ha il più alto
tasso di incidenza al mondo di
cancro allo stomaco. Onnipresenti sono i distributori di bevande,
tra le quali spicca uno dei pilastri
che sembra reggere in piedi queste
formiche: gli integratori alimentari, dal sapore indicibile, consumati in quantità anche se lo stesso
effetto si avrebbe con una sana
porzione di frutta. Le poche aree
verdi sono affogate nel cemento: 3
mq di verde per abitante, contro i
39 di New York.
Ad alcuni non resta che ubriacarsi
la sera e vomitare in stazione! O
al limite, saltare contro un treno
in corsa (capita spesso). Le case
sono piccole, brutte e di materiali
scadenti (come estetica, seppure la
struttura sia a prova di terremoto):
mai visto tanto linoleum! A Tokyo
l’inquinamento è tale che le allergie sono diffusissime e, nella stagione del polline, un quinto della
gente per la strada porta buffe
mascherine dalla dubbia efficacia.
Il clima è ostile: 2 mesi di stagione delle piogge, tifoni e terremoti
regolari e 3 mesi di umidità prossima al 100% non ne fanno l’ambiente ideale.
Una cosa curiosa è che in gran
parte della città è vietato fumare
in strada – e quasi tutti rispettano il divieto! – ma in quasi tutti
i ristoranti manca una zona non
fumatori – un incubo.
Civiltà. Finora ho dipinto gli
aspetti negativi ma anche loro
hanno qualcosa da insegnarci.
Sicuramente possono vantare servizi efficienti, primi fra tutti i trasporti, anche se il servizio si paga
caro.
Le strade sono pulite e quasi nessuno sporca. Non ci sono i cestini
(davvero!) e tutti si tengono le cartacce in tasca fino a casa.
Neanche in quel traffico caotico
ho sentito un clacson o una ingiuria e tutti si fermano alle strisce.
La città offre svaghi infiniti, eventi
culturali e scientifici. L’ambiente
che ho frequentato è molto stimolante, fatto di persone – come
quasi tutti i giapponesi – educate e rispettose. Le commesse nei
negozi non ti guardano come se
dicessero “che vuoi da me?”, ma
piuttosto il cliente è da trattare
con cortesia.
I poveri senzatetto non mendicano. Non sono mai stato imbrogliati da un negoziante, da un tassista
o altri. (Non per niente sono così
facili da spennare quando vengo-
no qui per turismo!).
Questi comportamenti sono davvero da emulare. Negli eventi accademici e professionali, ho sempre trovato persone disponibili e
serie, che rispecchiano la loro ben
nota dedizione al lavoro alla quale
è subordinata la sfera privata.
Le persone sono sempre ospitali,
seppure in modo meno caloroso di
noi – ma potrei dire meno sguaiato. Infine, i loro luoghi storici e
naturali, scostato il cemento, sono
piacevoli da scoprire, perché salvaguardati e tanto diversi da qui.
Vantaggi e benefici ottenuti.
Conoscenze. L’ambiente internazionale ha allargato i miei orizzonti, in quanto a conoscenze sia
specialistiche sia personali.
Persone e modi di pensare così
diversi, tanti stimoli e contributi
alla mia crescita. Senza parlare
delle lingue straniere, che si apprendono al meglio se le si usano
abitualmente.
Equipollenza. I docenti si sono
mostrati disponibili ad riconoscere, dietro mia proposta, gli esami
simili ai loro, ma solo una parte
del lavoro svolto mi sarà riconosciuto come valido ai fini del conseguimento del titolo di studio
dell’Università di Pisa, principalmente perché i piani non erano di
tornare a Pisa e così non ho scelto
gli esami pensando alla corrispondenza con i nostri, ma piuttosto
secondo l’interesse personale.
Compenserò il ritardo sostenendo tutti gli esami che mancano
per laurearmi possibilmente entro
Marzo. Comunque, il valore di
quest’esperienza vale molto più di
qualche credito.
Per il riconoscimento ho presentato dichiarazioni firmate dei docenti giapponesi e un certificato
ufficiale degli esami superati. I
voti sono piatti, da A a C, e si farà
corrispondere un voto in trentesimi per interpolazione.
Prospettive. In quanto a prospettive di lavoro, il curriculum internazionale è già in sé molto attraente
per le aziende, soprattutto quelle
eccellenti: le proposte di lavoro
non mancano, insomma il futuro
mi sorride.
Il futuro. Ancora al paesello? Io
aspiro ad una carriera internazionale, in un’organizzazione che mi
apprezzi e mi faccia crescere e dove
mi auguro di avere molti contatti
professionali con il Giappone. Un
giorno, chissà, potrei mettermi
in proprio con una bella business
idea. Intanto, ho una borsa di studio per l’MBA della Waseda da
Aprile 2006. Sono giovane e c’è
tanto mondo da vedere!
.
L’internazionalizzazione dei nostri studenti
Ingegneri europei a confronto
di Giacomo Cantini ([email protected]).
In questo articolo desidero presentarvi un’immaginaria “intervista
doppia”, all’ingegner Antichi (tipico
cognome locale…), 28 anni, appena
laureato in ingegneria meccanica a
Pisa, e Herr Müller, 24 anni, Dipl.
Ing. in Maschinenbau (titolo equivalente alla laurea dell’ing.Antichi)
a Monaco di Baviera, Germania.
I due signori in questione sono soltanto frutto della mia fantasia, stereotipi un po’ esagerati nati dalla
mia esperienza di 5 anni nell’università di Pisa e di quasi 2 anni
trascorsi in Germania, prima come
tesista e poi come dipendente di un
grande gruppo tedesco.
Cari colleghi, partiamo dall’inizio: perché avete scelto di studiare ingegneria meccanica?
MÜLLER: a scuola sono sempre
riuscito bene nelle materie scientifiche e, nella fase di orientamento che la mia scuola mi ha offerto,
ho focalizzato la mia attenzione
sulle facoltà di ingegneria. A 17
anni non avevo più dubbi: per me
sarebbe stata Maschinenbau.
Le visite che abbiamo fatto con la
classe agli stabilimenti della mia
città hanno acceso la mia passione per il tema produzione, su cui
poi ho incentrato i miei studi.
ANTICHI: ad essere sincero un
po’ per caso: il sogno era fare architettura ma a Pisa non c’era…
abitare a Firenze o dover prendere il treno tutti i giorni non erano
certo cose che facevano per me.
Tra tutte, alla fine, ho scelto ingegneria meccanica, come il mio
compagno di banco del liceo.
Signor Müller, complimenti per
il suo italiano impeccabile!
La prossima domanda nasce
quindi spontanea: quali lingue
straniere conoscete?
MÜLLER: parlo italiano e francese, entrambe studiate per passione e perfezionate in Italia e
Francia durante i miei Praktika
(stages ndr.), lo scambio Erasmus
e i miei “viaggi backpack”. Oltre
ovviamente a tedesco ed inglese.
Ah, qualche parola di giapponese.
ANTICHI: ora che finalmente
non sono più angosciato dagli
esami, avrò un po’ di tempo per
un corso d’inglese… credo di
averne uno in videocassette in
casa…
Pensate che gli scambi studenteschi internazionali siano utili
o siano solo una perdita di tempo?
MÜLLER: il mio semestre a Bologna è stato indimenticabile. Gli
esami erano molto difficili ma ho
imparato l’italiano, conosciuto
centinaia di studenti di tutta Europa e fatto un po’ di baldoria nel
mio studentato! Fantastico!
ANTICHI: da noi è difficile fare
l’Erasmus perché i nostri professori non convertono facilmente
gli esami che facciamo all’estero.
Almeno così mi hanno detto, non
è che lo volevo veramente fare…
tutta quella burocrazia… quindi,
non saprei.
fine settimana nel bar sotto casa
a Monaco.
ANTICHI: beh, o uno va all’università o lavora… no?
Comunque immagino, indipendentemente da dove eravate, che
ve la siate spassata all’università.
Per esempio: che cosa facevate
normalmente la sera?
MÜLLER: feste su feste! Un sacco di associazioni studentesche
finanziate dalle facoltà: ogni sera
ce n’era una!
ANTICHI: Beh, spassata non
direi. La sera ero spesso all’aula
studio al ponte Solferino, o al
“Pacinotti”, quando dovevo lavorare al progetto di costruzione di
macchine.
E poi le lezioni erano sempre alle
8,30… Me la spasserò un po’ di
più quando lavorerò: quando si
esce dall’ufficio, si esce dall’ufficio!
I prossimi passi?
MÜLLER: due delle aziende
dove ho fatto i miei Praktika mi
hanno già fatto delle proposte
per una posizione fissa ma sto
cercando un posto da consulente
tecnico in grandi ditte internazionali, come ad esempio Autran,
presso la quale farò un colloquio
la prossima settimana. Se non
dovessi essere idoneo, sono registrato ad una ventina di motori
di ricerca per il lavoro ed ho già
preparato una lista di aziende
potenzialmente interessanti a cui
spedire la mia application…
Il fatto di essere disposto a muovermi in tutta Europa mi darà
senza dubbio delle ottime chance
di trovare una posizione gratificante.
ANTICHI: dopo la festa di laurea mi faccio un mesetto in Versilia sennò impazzisco e poi inizio
a cercare qualcosa in zona.
All’inizio bisognerà un po’ accontentarsi.
Avete già avuto esperienze lavorative?
MÜLLER: tre Praktika: 6 mesi
alla Knorr Bremse di Monaco
nella qualità, 3 mesi alla Dalmine di Bergamo per istallare
una modifica al SAP, 5 mesi alla
Freudenberg di Lione per uno
studio sulle vibrazioni su delle
macchine di taglio. Poi un paio
di tesine in azienda e la tesi finale di 6 mesi in un laboratorio di
robotica di Yokohama, in Giappone. E per arrotondare, qualche
questo mi dà la giusta motivazione ed energia. Sono dinamico e
con molte esperienze lavorative,
anche internazionali, alle mie
spalle.
ANTICHI: ho studiato nella migliore università d’Italia e quindi
sono il migliore!
Un’ultima domanda: se io fossi
il responsabile HR di una grande azienda, perché vi dovrei assumere?
MÜLLER: perché mi sta offrendo un lavoro che mi piace (altrimenti non mi sarei candidato) e
Lo so, lo so: non sono stato imparziale con i miei personaggi.
Ma non voglio fare l’ingrato e dimenticarmi tutto quello che s’impara all’università di Pisa!
Lo so che Antichi, al contrario di
Müller, sa fare gli studi qualitativi delle equazioni differenziali,
ha grande familiarità con la cinematica e la dinamica, non teme
gli elementi finiti e sa stilare degli
eccellenti cicli di fabbricazione alle
macchine utensili; ad ogni esame,
oltre a scritti e progetti, ha sfidato i
vari professori in estenuanti faccia
a faccia; si è districato nella giungla
delle copisterie pisane per trovare le
dispense sulle quali preparare gli
esami. Sono anche fermamente convinto che gli sforzi che Antichi ha
fatto durante i suoi studi verranno, a lungo termine, premiati; sarà
sempre pronto a risolvere i problemi
più difficili e saprà dimostrare maggiore flessibilità; sarà sempre attivo
e non smetterà mai di imparare. C’è
quindi un solo punto che mi preoccupa, e che penso ci debba far riflettere: se foste voi il responsabile HR
di una grande azienda, quale tra i
due neolaureati assumereste?
Non male vero?
Concludendo vorrei dare un
consiglio a tutti coloro che sono
interessati all’argomento: la parte
più difficile è decidere di partire;
una volta arrivati a destinazione
tutto sembrerà ‘facile e senza problemi’.. almeno questo è ciò che
sta succedendo a me!
In tutti i casi c’è sempre la possibilità di affogare le difficoltà in
un bel boccale di birra!!
.
Un ingegnere gestionale a Newcastle
di Elena Tadolini, ([email protected])
Ultimo anno di università.
con l’estero e grazie ad una buona
Arriva il fatidico momento della dose di pazienza per le pratiche
preparazione della tesi!
burocratiche, eccomi qua alla GE
Facendo un esame di coscienza O & G PII di Newcastle!
mi sono resa conto che mancava Ho lasciato l’Italia con qualche
qualcosa nella mia preparazione parola di inglese, tanta voglia
universitaria: una buona mancia- di scoprire il mondo del lavoro
ta di pratica e… l’inglese!
all’estero e fare una bella espeQuindi, anche se non prescritto rienza! Arrivata nel paese della
da manifesto, come molti altri pioggia sono subito stata accolta
miei colleghi, ho scelto di fare un molto amichevolmente dai colletirocinio in azienda.
ghi e dai manager.
Buono per la pratica, ma l’ingle- Tutti si sono dimostrati molto
se?
disponibili e cortesi, sia nel camAllora ho unito le due cose, ot- po lavorativo che in quello extra
timizzando (da brava Gestiona- lavorativo.
le!), e ho deciso di fare lo stage Il primo giorno di lavoro avevo
in Inghilterra. Inizialmente non è già una mia scrivania, il compustato facile trovare i contatti con ter e il telefono. Il secondo avevo
l’estero e una azienda disponibi- tutte le password e gli accessi che
le.
potevano servire per il mio proAlla fine, grazie all’intervento getto.
dell’ing. Salvadori, Presidente del Che dire… efficienti!
NP e del Prof. Bordone che rie- Purtroppo il mio inglese non
sce sempre ad attivare i contatti è stato così rapido a migliorare
quanto loro a preparare il mio ufficio! Inizialmente è stata un po’
dura. Nelle classiche situazioni
dove dici a te stessa ”di questa riunione di lavoro non devi perdere
neanche una parola” mi sono ritrovata ad aver capito “solo” qualche discorso. Ma l’importante è
non scoraggiarsi e convincersi di
potercela fare!
Dopo un mese di vita passato
tra gli “anglosassoni” mi rendo
conto di capire già molto di più
di quando sono arrivata… il che
significa che sto riuscendo a decifrare parole pronunciate con il
peggiore accento dell’Inghilterra,
quello appunto di Newcastle!
Per quel che riguarda il lavoro, non avendo mai lavorato in
aziende italiane è difficile fare
confronti.
Vi posso dire solo questo: non
bisogna “timbrare il cartellino” e
tutti rispettano l’orario di lavoro.
.
Elena Tadolini affoga così le difficoltà a Newcastle
…segue dalla prima pagina
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Shopping al supermercato delle aziende
reclute”. Non faccio nomi, ma basta
guardarsi intorno nell’area pisana e
lucchese, dove le imprese automotive, le cartiere, i costruttori di macchine per cartiere che possono ancora alzare la bandiera italiana sono
rimasti in pochi. Basta allargare un
po’ la ricerca al di fuori della Toscana per constatare che in tutte le
aree di business le aziende italiane,
in difficoltà oppure in ottima e piena attività, acquisite da gruppi non
italiani, sono tante. Aziende prestigiose e nomi molto noti. Qualche
esempio: i tre grandi manifatturieri
di impianti per telecomunicazioni
che operano in Italia sono controllati da gruppi non italiani, dopo
uno sfortunato tentativo fatto una
ventina di anni addietro di costituire, con la fusione di due di essi
allora ancora di proprietà italiana,
un polo manifatturiero tutto italiano. Lo stesso si può dire dei gestori
del servizio telefonico: è proprio di
questi giorni la cessione del terzo
operatore mobile ad un gruppo di
origine egiziana, ed ancora oggi
molti rimpiangono la cessione del
secondo operatore ad un gruppo
inglese. Ho portato l’esempio del
settore delle telecomunicazioni al
quale per lunga e lontana militanza sono legato. Ma il lettore potrà
riferirsi ai settori di business che
meglio conosce, dalla manifattura,
ai servizi, anche alla grande distribuzione, e dovunque troverà esempi di shopping galoppante. Si può
parlare di shopping al supermercato
delle aziende ai “saldi” ? È il caso di
chiedersi quali sono i punti di forza
e quali i punti di debolezza di questo fenomeno del quale, tranne in
rari casi, non si parla a sufficienza
nei media ed in sede politica. Punti
di forza sono i flussi di investimenti
dall’estero, certamente benefici per
la nostra economia che abbisogna
di sviluppare iniziative industriali
nuove e della creazione di posti di
lavoro, e l’inserimento delle aziende
in reti commerciali globali, l’utilizzo di nuovi fornitori, l’imposizione
da parte della casa madre, specie
se anglosassone, di nuove tecniche
gestionali. Ma non sempre l’acquisizione di aziende significa lo sviluppo delle aziende acquisite.
Ricordo il caso di una piccola
azienda, nata nel 1927 e specializzata in un prodotto di nicchia, il
cui proprietario mio amico era stato costretto a vendere ad una delle
due grandi multinazionali che monopolizzano il mercato mondiale (e
la grande multinazionale ha tutti i
mezzi per costringere a cedere la
piccola azienda alla quale è interessata). Fu rapidamente sospesa la
produzione e il prodotto di nicchia,
accusato di essere obsoleto, fu sostituto con il prodotto della casa madre, fu disperso parte del personale
e l’attività della piccola impresa fu
ridotta alla vendita del prodotto
della multinazionale nel mercato
portato in dote. E riferendosi ad un
esempio di ben maggiori dimensioni, leggo sul CdS del 18 settembre
2005, che dal passaggio della RAS
alla tedesca Allianz avvenuto circa
venti anni addietro non resta altro
in Italia che una rete di vendita di
polizze tedesche. Trascurando questi casi estremi, a mio parere i punti
di debolezza quasi sempre presenti
sono “La strategia dell’azienda si
trasferisce all’estero presso la casa
madre, la ricerca, specie quella più
evoluta ed a più alta tecnologia, si
trasferisce all’estero, il lavoro a basso costo viene trasferito in aree low
cost”. Non c’è dubbio, e qui torno
a parlare dei punti di forza, che ci
siano esempi di aziende che hanno avuto un grande sviluppo con
l’inserimento in un grande gruppo
globale. In Toscana ne abbiamo ottimi esempi. Ma io credo che anche
in questi casi di eccellenza “La strategia rimane all’estero e la ricerca,
quella a più alto livello tecnologico,
va all’estero”. Non bisogna dimenticare il travaglio del personale delle
aziende acquisite. Non sempre si
riesce a rispettare le garanzie di
mantenimento della occupazione o
anche soltanto dei ruoli e questo, in
un mercato del lavoro tutt’altro che
in espansione, è causa di profonde
crisi professionali e personali. Non
dimentichiamo il travaglio dell’indotto che ne consegue.
Non vorrei soffermarmi oltre su
punti di forza e punti di debolezza.
Vorrei soltanto invitare il lettore a
leggere un breve articolo di Francesco Alberoni sul CdS del 29 agosto
u.s., che da sociologo concorda con
quanto io scrivo da ingegnere che
ha vissuto in prima persona il trasferimento di tecnologia outgoing,
e conclude “Un paese che ha perso la proprietà delle sue imprese è
una colonia”. Cosa comporta per i
nostri giovani laureati la fuga della
strategia aziendale e della ricerca più sofisticata? I nostri giovani
manager, ingegneri e non, imparano soltanto a gestire il livello intermedio della strategia e della ricerca
e, tranne casi rari e fortunati, non
possono aspirare alle massime posizioni decisionali. Qualche lettore
potrà obiettare che quello che io ho
chiamato shopping al supermercato
delle aziende è compensato da un
flusso verso l’estero di investimenti
e della loro gestione. È vero che la
parola delocalizzazione è ormai entrata nel dizionario e nella pratica
manageriale italiana, ma ritengo,
pur non avendo dati precisi, che
non ci sia equilibrio tra i flussi di
investimenti, e principalmente dei
loro livelli tecnologici, in ingresso
ed in uscita. Ho cercato di scriverne per ricordare i pericoli oltre che
per la nostra economia anche per i
nostri giovani, ma anche per ricordare che di questo shopping non se
ne discute a sufficienza e non se ne
sottolineano abbastanza i vantaggi
ed i pericoli. È da considerare un
male necessario o un beneficio gradito? E se è un male necessario, una
volta meglio definita la diagnosi,
quale è la terapia, se pur una terapia
esiste? Posso solo pensare che il
nostro tessuto industriale sta scontando la presenza di una burocrazia
pesante, di una lentezza nel legiferare e di una viscosità nei rapporti
tra le parti sociali che rende non
facile il quotidiano operare delle
aziende. Queste aziende o diventano appetibili a concorrenti stranieri
o intraprendono la strada di cercare
altrove ciò che non trovano in Italia. Queste ultime dimostrano che
esiste ancora tra i nostri imprenditori il desiderio di fare impresa.
Per concludere posso soltanto confessare che la mia reazione a quel
mio ottimo ex allievo, al quale mi
riferivo nelle prime righe, che mi
comunicava la cessione della sua
azienda è stata: Tu quoque ..!
.
Euroavia: Il mondo aerospaziale
di Mario Noriega, ([email protected])
Euroavia si identifica come un’associazione di studenti di ingegneria
aerospaziale, ma è aperta a studenti
di ogni facoltà. Chi siamo?
Un’associazione con lo scopo di
organizzare eventi che vanno da
conferenze locali ad eventi internazionali. Proprio questo 10 Novembre, il Professor Carlo Barbieri, presidente del G.I.A.N.IT.
ha tenuto una conferenza sulla
spedizione polare di Umberto Nobile sul dirigibile “Italia” nel 1928.
Tra foto tanto meravigliose quanto
rare, la conferenza trattava l’argomento con un approccio sia storico
che ingegneristico, discutendo sia
delle caratteristiche del dirigibile
che dello svolgersi dei fatti anche
prima e dopo del volo polare del
1928. Alla fine della conferenza
siamo stati contattati da un’azienda di materiali compositi, la “CRM
Compositi” che, avendo progettato
da zero un nuovo elicottero leggero, ha richiesto a noi aiuto per la
progettazione delle pale, che al
momento comprano alla Euro-
copter. Una sfida senza dubbio
molto interessante. Tra gli eventi
internazionali da noi organizzati,
vanno sicuramente citati gli stage
con note aziende aerospaziali quali Agusta, Eurocopter e Airbus. Si
tratta di partecipare a progetti veri
e propri in cui l’azienda mette gli
studenti partecipanti direttamente ai posti di lavoro. Non manca
neanche il tempo per organizzare eventi divertenti, quali cene di
gruppo e partite di calcio. Particolarmente interessante è il raduno a
Prima Laurea Aerospaziale
di Roberta Lazzeri ([email protected]).
Il giorno 10 ottobre 2005 si è bril- ne del campo di vorticità fluttuante
lantemente laureata cum laude Va- nella scia di un prisma triangolalentina Peselli, prima laureata del re”. Suoi relatori sono stati il Prof.
Corso di Laurea Specialistica in In- Guido Buresti, il Prof. Giovanni
gegneria Aerospaziale, discutendo Lombardi e l’Ing. GiacomoValerio
una tesi dal titolo “Caratterizzazio- Iungo. In quell’occasione, il Prof.
Salvetti, Presidente dell’ALAP, ha
consegnato alla neolaureata l’iscrizione all’ALAP e le ha dato il primo benvenuto nell’Associazione.
Congratulazioni vivissime Valentina, e … ad maiora …
.
“Bordo Pista” all’aeroporto Pisano
che si organizza ogni fine anno
accademico! Sempre all’aeroporto, quest’anno, il 10 Settembre, si
svolgeva un Air Show per salutare
il nostro biturboelica da trasporto
tattico nazionale, l’Alenia G-222,
affettuosamente soprannominato
il “Gigione”.
In conclusione, Euroavia non è solo
un modo per avvicinarsi al mondo
del lavoro in maniera concreta, ma
anche un modo eccellente per divertirsi con gli amici.
.
la globalizzazione, le sue
sfide e l’Italia
delle comunicazioni,
•nell’esistenza di un quadro politico che poggia su solide istituzioni internazionali a presidio del
libero scambio (la World Trade
Organization) e del sostegno
allo sviluppo (Banca Mondiale e
Fondo Monetario Internazionale).
Sono state proprio le grandi scelte
politiche del secondo dopoguerra – fatte per ridare ossigeno alla
crescita e frenare l’espansionismo
sovietico – che hanno preparato
il terreno sul quale l’informatica
e le telecomunicazioni, dalla fine
degli anni ‘80, hanno trovato vita
facile nello scardinare, a costi decrescenti e ormai bassissimi, ogni
barriera di tempo e di luogo permettendo alle persone di accedere
a informazioni, conoscenze, beni,
servizi ovunque siano forniti e alle
aziende di organizzare la produzione, la ricerca, il marketing dovunque lo ritengano opportuno e
conveniente.
Conclusione.
E l’Italia come naviga nell’oceano
globale?
In ogni caso, lo ripeto, non ho tutte le risposte alle tante domande
che la globalizzazione suscita sul
piano dell’equità sociale. Qualche
considerazione più specifica sul
nostro Paese. L’Italia – ce l’hanno
detto i più recenti dati dell’Istat,
l’ha ribadito la Confindustria, l’ha
confermato l’ultima trimestrale di
cassa del Governo, l’ha ripetuto
l’Ocse – non sta bene. La nostra,
un’economia fondata sulle esportazioni, sta rapidamente perdendo
quote di mercato (mentre l’altra
economia industriale del continente, quella tedesca, le sta aumentando).
La produzione industriale è ferma ai livelli di quattro anni fa. La
produttività invece che aumentare diminuisce da almeno dieci
anni. Il Pil cresce col contagocce,
ad un tasso tra i più bassi di tutta
l’Europa. Sono tutti sintomi della
nostra difficoltà a stare nell’economia globale con un minimo di solidità. Ora, non intendo fare una
radiografia di ciò che va e di ciò
che non va nel nostro Paese.
Ci vorrebbe almeno un intero altro incontro, ma non voglio abusare della vostra cortesia.
.
Conseguimento della Laurea dell’ing. Peselli
I Grandi Maestri
Giancarlo Vallauri (19.10.1882 † 7.5.1957)
Giancarlo Vallauri nacque a Roma
il 19 ottobre 1882. Si laureò in
Ingegneria Industriale all’Università di Napoli nel 1907. Vallauri
fondò l’Istituto Elettrotecnico
Radiotelegrafico della Marina
presso l’Accademia Navale di Livorno, e costruì e diresse la grande
stazione radio transoceanica di
Coltano(PI). Inoltre fondò e fu direttore per molti anni della rivista
“Alta Frequenza”. A lui si devono
alcune importanti invenzioni nel
campo radioelettrico. Dal 1923
Vallauri fù professore ordinario
di Elettrotecnica nella Università
di Pisa, ricoprendo anche la carica
di Preside di Facoltà. Nel 1926 fu
chiamato per la medesima cattedra al Politecnico di Torino, dove
fu Rettore dal 1933 al 1938.
Nella sua vita ricoprì varie cariche:
ammiraglio di divisione, presidente del Consiglio Nazionale delle
La stazione telegrafica di Coltano
Ricerche, vice-presidente e accademico d’Italia. Morì a Torino il 7
maggio 1957. La sua importanza
è riconosciuta a livello internazio-
nale per i contributi dati nel campo dell’Elettrotecnica, dell’Elettronica, della Radiotecnica e dell’Elettro-magnetismo.
.
La recensione • Un nuovo libro per un grande maestro
di Antonio De Paulis ed Enrico Manfredi ([email protected][email protected])
varia forma, quali dispense ciclostilate
fornite da insegnamenti propedeutici,
guaglini, Saverio Strati, Alessandro
illustrazioni, ispirate a quelle origina-
che a prima vista possono apparire de-
concreto supporto offerto da alcune
o nastri registrati durante le lezioni. Le
rie, dovevano essere completamente
rifatte e occorreva inoltre estrarre, dal
vario materiale scritto, le parti che si-
curamente erano attribuibili all’Autore.
È nato così un libro di circa 380 pagi-
ne, ove sono trattati tutti gli argomenti
La figura di Lucio Lazzarino, proget-
“Appunti di Costruzione di macchine”.
eminente in vari campi, è nota anche
rino ne intraprese un’ampia revisione,
tista aeronautico, docente, personalità
per l’impostazione innovativa che
Egli dette all’insegnamento della Costruzione di macchine, disciplina uni-
versitaria che fu tra i primi in Italia a
professare. Dalle Sue lezioni tenute
presso l’Accademia Navale di Livorno
attorno al 1960 fu tratto un testo di
…segue dalla prima pagina
tra ricerca universitaria e ricerca industriale. La creazione
di centri comuni di ricerca su
grandi temi strategici è la nuova scommessa che ci attende.
A Pisa, importanti risultati in
questo settore sono già in arrivo: è di questi giorni la notizia
del nostro successo, in collaborazione col Centro Ricerca
dell’ENEL, come candidati ad
ospitare dal 2006 la sede dell’International Flame Research
Foundation, la più importante
fondazione internazionale dedicata alla generazione termica pulita, che conta circa 150
membri, tra i quali l’americana Exxon Mobil Research,
la tedesca E.On e la francese
Eléctricité de France (Edf ).
Sono inoltre in fase avanzata
di definizione un Centro per
la progettazione dei motori, in
collaborazione con la Piaggio
di Pontedera, e di un Centro
per l’innovazione, in collaborazione con il comprensorio della componentistica automotive
dell’area di Livorno.Ne parleremo certamente nei prossimi
numeri.
.
Una decina d’anni dopo Lucio Lazzarimasta tuttavia incompiuta.
A cinque anni dalla scomparsa di Lucio Lazzarino e con il consenso della
Sua famiglia, due suoi ex assistenti de-
cisero di pubblicare in forma organica
il materiale allora raccolto, arricchendolo con altro materiale presente in
classici della progettazione e costru-
zione di macchine, inquadrati tuttavia
in un’ottica più originale ed ampia del
consueto. Le “Lezioni di Costruzione
di macchine” di Lucio Lazzarino permetteranno così di estenderne l’insegnamento ai futuri ingegneri, stimo-
lando in loro sia il rigore del pensiero
sia la concretezza. Inoltre, il lettore
apprezzerà la cura dell’Autore nel ri-
chiamare sistematicamente le nozioni
La replica • “Ingegneri: pochi o troppi?”
di Marco Comastri ([email protected])
Condivido in pieno la necessità auspi-
L’esperienza complessiva, sia di lavoro
lo di condurre un’analisi approfondita
sociali, che ne scaturirebbe sarebbe
cata dal Prof. Bordone nel suo articodelle esigenze a fronte della disponibilità del mercato. Nell’articolo si cita
l’industria come la “Grande Scuola”.
Da questo punto di vista i tempi
suggeriscono, a mio avviso, una riflessione aggiuntiva sul ruolo dell’impresa nel processo di ingresso
dei giovani nel mondo del lavoro.
Da un lato le aziende devono adat-
tarsi alle condizioni di mercato e
quindi hanno esigenze di flessibilità,
soprattutto in periodi di scarsità di
nuove assunzioni, come quello che
stiamo vivendo da ormai 3 o 4 anni.
D’altro canto la “Grande Scuola”
può e deve essere ricercata anche in
attività imprenditoriali che i giovani
laureati devono considerare. Credo
infatti che l’età del dopo laurea sia
caratterizzata da alcuni elementi che
la rendono unica: l’agilità intellet-
tuale e una media di carico familiare
ridotto rispetto agli anni più maturi.
Queste condizioni permettono una
maggiore propensione al rischio e
allo sforzo necessario per la creazio-
ne di nuove attività imprenditoriali.
che di relazioni umane ed esperienze
sicuramente molto intensa, motivan-
te, innovativa e di grande aiuto per
l’intera economia del Paese. Certo
avremmo casi di insuccesso, credo
ampiamente controbilanciati dalla
ricchezza di esperienza che ogni individuo porterebbe con sé come ba-
gaglio per altri lavori, a questo punto
meglio qualificata per un lavoro presso l’industria. Il supporto a questa
mia idea, che trova fra l’altro ampio
riscontro presso i paesi anglo-sasso-
ni (MediaLab del MIT di Boston è
l’esempio migliore per lo stimolo e
la spinta sul mercato di nuove idee
imprenditoriali) deve arrivare dall’Università, attraverso un’incentiva-
zione e l’incubazione delle attività,
dal sistema creditizio, attraverso una
formula di finanziamenti appropriati
e dalla stessa industria, che deve guardare con interesse alle nuove realtà
imprenditoriali, coinvolgendole nel
sistema di partnership commerciali
e considerandole positivamente nelle
politiche di assunzioni.
.
quali le Matematiche. Alcuni metodi,
sueti, rappresentano infatti utili esempi
degli approcci (ad esempio numerici)
che anche oggi sono generalmente se-
guiti. La stampa di questo libro presso
la PLUS, la casa editrice dell’Ateneo, è
stata resa possibile, in primo luogo, dal
supporto di vari allievi di Lucio Laz-
zarino. Vari collaboratori o colleghi
dell’Autore, tra cui in particolare Ma-
rino Marini, Bruno Guerrini, Roberto
Bassani, Costantino Carmignani, Gio-
vanni Nerli e Attilio Salvetti, hanno
riveduto le seconde bozze del volume,
fornendo spesso preziose indicazioni
per integrare l’opera. Ad altri ex allievi,
tra cui in particolare Giovanni Angotti,
Leonardo Bertini, Pierfrancesco Guar-
Traversari ed Emilio Vitale si deve il
istituzioni. Oltre al patrocinio della
Facoltà di Ingegneria di Pisa e del-
l’Accademia Navale di Livorno, sono
infatti giunti contributi da parte del
Centro Studi del Consiglio Naziona-
le degli Ingegneri, dell’Associazione
Italiana per l’Analisi delle Sollecitazioni e di varie Industrie, quali AVIO
Propulsione Aerospaziale, Finmec-
canica, General Electric - Nuovo
Pignone, Intier - Motrol, Piaggio,
Sensortechnics e SKF Industrie. Ciò
ha reso possibile non solo di intraprendere l’iniziativa, ma anche di te-
nere molto basso il prezzo di vendita
del volume, favorendone un’ampia
diffusione.
Notizie dei soci e della Facoltà
Il Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Nucleare e della Produzione ha organizzato dal 8 al 10 settembre, al Palazzo
dei Congressi di Pisa la prima conferenza
mondiale sulla sicurezza dell’idrogeno
“ICHS: International Conference on
Hydrogen Safety” (Prof. Marco Carcassi,
050 836679)
L’Università ha ceduto un brevetto riguardante una procedura per la
misura delle principali caratteristiche
meccaniche di materiali alla società
“Scienzia Machinale Srl” che ha sede nel
polo tecnologico di Navacchio. Il brevetto
è frutto di una ricerca condotta dai professori Marco Beghini e Leonardo Bertini del
DIMNP, in collaborazione con il Prof Virgilio Montanari della Università di Trento.
In settembre 2005 è stato presentato nella sala consiliare del Comune di Viareggio,
il nuovo master di primo livello in Yacht
Engineering organizzato dai dipartimenti
di Ingegneria aerospaziale e di Ingegneria
chimica, chimica industriale e scienza dei
materiali in collaborazione con la facoltà di
Architettura dell’Università degli studi di
Firenze e con il supporto del Comune di
Viareggio, della Provincia e della Camera
di Commercio di Lucca, di diversi cantieri
e del Polo tecnologico della Magona
Il Dipartimento dell’Informazione:
Elettronica, Informatica, Telecomunicazioni ha ricevuto il primo premio della
competizione europea NEWCOM-European wireless business idea competition
“Mario Boella” organizzato dall’Incubatore
di Imprese Innovative del Politecnico di
Torino.
L’international Conference on Communication ha svolto il congresso ICC 2005
a Seoul, Corea. Il Prof. Stefano Giordano
del Dipartimento dell’Informazione vi
ha partecipato ed è stato Chairman delle
sessioni Wireless & QoS nel Symposium
“Communication QoS, Reliability and
.
Performance Modeling”. La conferenza ha
avuto quest’anno il sottotitolo “The Era of
the Ubiquitous networks “.
La conferenza internazionale di IGIP,
Internationale Gesellschaft fuer Ingenieurpaedagogik, si è svolta ad Istanbul
in Settembre, e la conferenza della SEFI,
Societé International pour la Formation
des Ingenieurs, si è svolta a Firenze in Novembre. Il Prof. Santo Francesco Bordone
ha presentato relazioni su internazionalizzazione e occupazione del neo laureato in
ingegneria.
L’ing. Gennaro De Michele, Direttore di
ENEL Ricerca ha tenuto il 24 novembre
una conferenza dal titolo “Le tecnologie
energetiche fra presente e futuro”.
“ingegneria a pisa” ha chiesto all’ing. De
Michele una sintesi della conferenza che
verrà pubblicata nel prossimo numero.
Sono stati emessi provvedimenti del
Preside per l’assegnazione di quattro contributi di mobilità per studenti della durata
di tre quattro mesi per svolgere uno stage
aziendale in Cina, presso la Piaggio Cina,
e di quattro contributi di mobilità per laureandi e neolaureati per stage aziendali in
Marocco, presso aziende di operatori italiani in Marocco. I contributi sono finanziati da un progetto MAP.CRUI.ICE, per
la internazionalizzazione degli studenti di
ingegneria.
La Oil & Gas University, del Gruppo
GE, che svolge attualmente un master
internazionale in Oil & Gas Technologies
nel Learning Centre del Nuovo Pignone,
ha trasferito per un giorno le sue lezioni
nell’aula magna della Facoltà. Alle lezioni
ha assistito un folto pubblico di dottorandi
e di studenti degli ultimi anni dei corsi di
laurea.
p.s. La redazione ha potuto riportare soltanto quelle notizie della facoltà, delle quali è
stata informata. Si scusa per le notizie, anche
importanti, che sono state trascurate.