Opuscolo didattico
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Opuscolo didattico
MUSEO CIVICO DI MANERBIO E DEL TERRITORIO Il Museo Civico di Manerbio e del territorio viene istituito formalmente nel 1985 al fine di garantire una sede adeguata ai numerosi e importanti reperti che erano progressivamente venuti alla luce nel corso degli anni, grazie agli scavi e alle raccolte di superficie condotti dal locale Gruppo Storico Archeologico sotto la supervisione della Soprintendenza Archeologia della Lombardia. Ha sede nell’ala seicentesca dello storico Palazzo Luzzago, edificio che ospita anche il Municipio, la Biblioteca Civica e il Piccolo Teatro “Memo Bortolozzi”. Il percorso espositivo articolato in senso cronologico ripercorre l’evoluzione del popolamento nel territorio della bassa pianura bresciana dal Neolitico (VI millennio a.C.) fino all’età post medievale. La forte vocazione territoriale si coglie nei materiali presentati provenienti integralmente dal territorio di Manerbio e dai comuni limitrofi. L’utente viene guidato nella visita grazie ad un apparato didattico fornito di pannelli e didascalie esplicative, in cui ogni sezione è contrassegnata da un logo e da un colore specifico. La sede espositiva dispone di una superficie di circa 500 mq; in ambienti adiacenti si trovano il laboratorio didattico, l’ufficio per il personale, dotato di biblioteca specialistica, la sede del Gruppo Storico Archeologico e il deposito del museo attrezzato per la catalogazione e lo studio dei reperti. Oltre al percorso permanente è presente uno spazio destinato ad ospitare piccole mostre temporanee promosse dal museo stesso o realizzate in collaborazione con altre istituzioni. Il lungo processo di adeguamento degli ambienti museali agli standard qualitativi richiesti, ha portato il Museo Civico ad ottenere, nel 2005, da parte di Regione Lombardia, il riconoscimento come istituzione museale. MUSEO E SCUOLA Dal 2004 il Museo Civico di Manerbio offre alle scolaresche della città e del territorio un servizio didattico strutturato. Consapevoli dell’importanza dei musei come luoghi di crescita culturale e sperimentazione, gli operatori hanno progettato interventi didattici per tutte le età, dalla scuola dell’infanzia all’età adulta. Le proposte si arricchiscono ogni anno con nuove iniziative in linea con i programmi scolastici in continuo mutamento. L’offerta educativa comprende: · visite guidate tradizionali; · visite animate condotte da personaggi abbigliati alla moda del tempo; · percorsi tematici ideati per approfondire aspetti specifici legati alla storia locale e ai contesti esposti in museo; · laboratori didattici specifici sui diversi periodi storici (metodologia, preistoria, età del Ferro, età Romana, età post medievale); · mediateca (con cd-Rom realizzati dalle scuole locali e dal museo). Ogni anno si svolge inoltre la giornata dedicata all’archeologia sperimentale in cui, grazie alla collaborazione del Gruppo Storico Archeologico, vengono proposte sperimentazioni diverse: la fusione dei metalli, la lavorazione dell’argilla, la scheggiatura della selce, la macinatura dei cereali ecc… L’iniziativa si svolge a maggio, a conclusione dell’anno scolastico. Tutte le attività vengono condotte da archeologi professionisti presso il laboratorio didattico del museo; alcune possono anche essere svolte nel giardino comunale antistante. Gli operatori sono inoltre disponibili a svolgere alcuni incontri presso l’istituto scolastico. Il coinvolgimento delle famiglie è garantito grazie alle domeniche al museo che si svolgono in concomitanza con le aperture domenicali della Biblioteca Civica. Visite guidate serali, conferenze e corsi di approfondimento sono invece rivolti al pubblico adulto e agli insegnanti. NEOLITICO Il processo di neolitizzazione dell’Italia settentrionale si presenta complesso e variegato, rispecchiando le diversità ambientali del territorio stesso; si configura infatti come un mosaico di culture differenti, alcune delle quali adottano precocemente l’economia di produzione, mentre altre rimangano più a lungo legate alle tradizioni mesolitiche, sia per l’alta incidenza della caccia tra le attività economiche, sia per le modalità di lavorazione della selce col persistere del ritocco erto. La frequentazione del territorio di Manerbio durante il Neolitico è attestata fin dalle fasi più antiche come testimonia l’insediamento del Vallone di Offlaga. I materiali qui rinvenuti consentono infatti di inquadrare il sito nell’ambito della cultura del Vhò di Piadena, diffusa nella pianura lombarda a partire dalla metà del VI millennio a.C. Il Neolitico medio, momento a cui risale la diffusione della “cultura dei Vasi a Bocca Quadrata” (VBQ) - esclusiva dell’Italia settentrionale fino al 3400 a.C. - è documentato in museo da un frammento di vaso a profilo quadrangolare, ritrovato lungo le sponde del fiume Oglio nei pressi di Alfianello; qui il rinvenimento di numerosi manufatti preistorici induce ad ipotizzare l’esistenza di uno o più abitati, ormai lambiti dal fiume che nel corso del tempo ha mutato il suo alveo. La cuspide di freccia a tranciante trasversale proveniente ancora una volta dal Vallone, rimanda al Neolitico tardo e recente e rappresenta al momento, l’unica evidenza nota di questo periodo nel territorio. Nuclei per lamelle in selce e vaso in ceramica con quattro prese. Offlaga, località Vallone ETÀ DEL RAME ETÀ DEL BRONZO Pugnali in bronzo. Milzanello, Castellaro Poche le testimonianze riconducibili all’età del Rame (3400-3200 a.C.) documentata esclusivamente da un frammento sporadico di pugnale foliato in selce proveniente dall’abitato della Cascina Remondina di Manerbio. Pugnali di foggia analoga sono stati rinvenuti nella necropoli eneolitica di Remedello di Sotto in sepolture di individui di sesso maschile connotati come guerrieri grazie alla presenza di armi. Si tratta di oggetti preziosi sepolti accanto al defunto che avevano una funzione di prestigio ed erano impiegati nel costume cerimoniale. Verso la fine dell’età del Rame (2400-2200 a.C.) si diffonde in Italia settentrionale la cosiddetta cultura del “Vaso Campaniforme” così definita dalla tipica forma vascolare a campana rovesciata, decorata con motivi impressi. Essa si configura come una manifestazione locale di un fenomeno esteso in tutta l’Europa; nel territo- rio manerbiese questo aspetto culturale è documentato esclusivamente da un frammento di fondo di vaso proveniente da Milzanello. Le prime attestazioni di una frequentazione della bassa pianura bresciana durante l’antica età del Bronzo appartengono alla fase più recente (1800-1600 a.C.), per la quale i dati archeologici rivelano una colonizzazione lungo le principali direttrici fluviali (Oglio, Mella, Chiese). Risalgono a quest’epoca gli insediamenti di Porzano di Leno, Milzanello, Leno; nel caso di Manerbio Cascina Remondina si assiste ad una continuità abitativa fino all’inizio della media età del Bronzo (1600-1300 a.C.). All’età del Bronzo recente (1300-1200 a.C.) risale probabilmente anche l’abitato rinvenuto in località Castellaro nel comune di Milzanello. Il sito sorge su un dosso sopraelevato rispetto alla pianura circostante, secondo una tendenza tipica degli insediamenti nati a partire della media età del Bronzo e all’inizio di quella successiva quando, a scopo difensivo, si prediligono dossi fluviali e luoghi elevati. L’abitato del Castellaro prosegue nell’età del Bronzo finale (1200900 a.C.), periodo in cui in Italia settentrionale si assiste al crollo della civiltà terramaricola, proprio in concomitanza con la crisi che investe il Mediterraneo orientale. Vasellame ceramico. Leno, Cascina Villetta ETÀ DEL FERRO Alla fine del VI secolo a.C. piccoli nuclei di coloni etruschi si stanziano nella pianura a sud e a nord del Po, non più solo a fini commerciali come era avvenuto in precedenza (fine VII-VI secolo a.C.), ma con obiettivi strategici di controllo del territorio. A quest’epoca risalgono gli insediamenti ubicati lungo il fiume Mincio come quello del Forcello di Bagnolo San Vito e di Casalmoro in provincia di Mantova. A questi si aggiunge il caso di Leno dove, presso le cascine Fornasetta e Madonna della Stalla, non lontano dal corso del fiume Mella, sono staDracme padane in argento. Manerbio, località Gavrine Nuove ti indagati due abitati databili tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. Qui i reperti d’uso comune rimandano inequivocabilmente alla facies culturale etrusca: ciotole con impasti scuri foggiate ad imitazione del bucchero, ma anche grandi recipienti (dolii ), utilizzati per la conservazione delle derrate alimentari, analoghi a quelli dell’Etruria settentrionale e dell’Emilia. Appare evidente come la vocazione di questi abitati fosse prettamente legata al mondo agricolo e domestico, ipotesi confermata anche dalla presenza di strumenti per la filatura e la tessitura. Nel corso del IV secolo a.C. popolazioni galliche di civiltà La Téne migrano dall’area transalpina in Italia settentrionale; il territorio traspadano viene occupato dalle tribù degli Insubri e dei Cenomani che fondano rispettivamente come loro capitali Milano e Brescia. Le testimonianze archeologiche relative alla presenza di questi gruppi sono costituite esclusivamente da piccole necropoli o da tombe apparentemente isolate, mentre quasi nulla si conosce dei luoghi di culto e degli abitati che dovevano essere caratterizzati da piccoli nuclei sparsi nella campagna, distanti tra loro pochi chilometri e di breve durata. Nel territorio bresciano numerosi rinvenimenti di epoca celtica interessano le regioni dell’anfi- Frammenti di incannucciato. Leno, Cascina Madonna della Stalla teatro morenico del Garda e in pianura la zona di confluenza dei fiumi Mella e Chiese nell’Oglio. Grande importanza dovette rivestire in quest’epoca l’abitato di Manerbio, come è possibile desumere dagli importanti ritrovamenti fatti nel territorio comunale, purtroppo tutti di carattere sporadico. Nel 1928 nel campo denominato “Vigna Vecchia”, presso la cascina Remondina, vengono scoperte le celebri “fàlere”, un gruppo di 14 dischi in argento lavorati a sbalzo che costituivano il prezioso ornamento per i finimenti di una coppia di cavalli. La decorazione costituita da una serie di teste maschili disposte attorno ad un rilievo centrale (triskele), è da riferirsi all’usanza attribuita alle popolazioni celtiche di esporre le teste mozzate dei nemici sconfitti. L’eccellente livello tecnico e qualitativo rimandano all’abilità di artigiani boi o taurisci, e non ad un prodotto direttamente cenomane; queste giunsero in Cisalpina (Italia settentrionale) come dono attraverso scambi tra personaggi di rilievo. Databili alla seconda metà del II secolo a.C., si configurano come un’offerta Spada in ferro. Manerbio, località Roncagnà votiva ad un santuario presente in zona o come parte del corredo di una sepoltura di rango. Al medesimo contesto rituale va ricondotta anche la scoperta nel 1955 in località Gavrine Nuove di un ripostiglio composto da oltre 4000 dracme padane in argento. Le monete databili tra il 150 e il 140-135 a.C., sono attribuibili a tre differenti tribù: Libui, Cenomani e Insubri, che le avrebbero deposte, in parti uguali, come tesoro comune di un santuario o di un gruppo di tribù confederate. Oltre a questi celebri ritrovamenti la pianura manerbiese ha restituito altri reperti celtici isolati: un torquis in bronzo con estremità a tampone, quattro armille, e una fibula Certosa. Al 1957 risale inoltre la scoperta in località Roncagnà, di una spada in ferro verosimilmente pertinente ad una sepoltura maschile. Il reperto per lungo tempo custodito nei depositi del museo di Santa Giulia a Brescia dove fu consegnato in seguito al rinvenimento, è oggi esposto presso le sale del Museo Civico di Manerbio. Materiali dagli abitati etrusco-padani di Leno, cascine Fornasetta e Madonna della Stalla ETÀ ROMANA Fibula millefiori in bronzo e pasta vitrea. Leno, roggia Catilina L’insediamento di Manerbio doveva svilupparsi lungo l’antica via che da Brescia conduceva a Cremona; è probabile che qui vi fosse in età romana una stazione di sosta (mansio) utilizzata dai viaggiatori per brevi stazionamenti o per il cambio dei cavalli. Purtroppo l’unico dato archeologico che al momento avvalora l’ipotesi dell’esistenza, già in epoca preromana, di un vicus, è rappresentato dal rinvenimento a Manerbio e in altre località del bresciano di epigrafi romane che menzionano l’esistenza del vicus Minervius. A queste si aggiungono tre are dedicate alle Matronae-Iunones, divinità di origine celtica protettrici dei singoli individui, ma anche di intere comunità. Numerose invece sono le tracce riconducibili all’esistenza di piccoli edifici sparsi nelle campagne (campo Sturla, via Cigole, cascina Bargnano) costruiti perlopiù con materiali poveri (legno e argilla) che dovevano far capo a grandi ville rustiche dotate di apparati decorativi di pregio, come quelle individuate presso le cascine Casella, Monasterino e in via Betturina a Manerbio, o quelle di San Gervasio (località Motta e Casacce), di Leno (Chiesa dei Santi Nazaro e Celso), e di Milzanello (località Scuole). La precoce presenza romana nel territorio di Manerbio è testimoniata da un piccolo nucleo di sepolture ad incinerazione indiretta scoperte presso villa Brandini e databili tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C. Al medesimo orizzonte cronologico e allo stesso ambito è da collocarsi un’olpe (brocca) in ceramica comune con iscrizione graffita recante il nome del defunto, rinvenuta nei pressi del fiume Oglio nel comune di Alfianello. Corredo tombale. Manerbio, località Quintane Olpe in ceramica comune con iscrizione graffita. Alfianello, fiume Oglio Anforetta biansata in vetro blu. Manerbio, cascina Trebeschi A questi ritrovamenti si è aggiunta di recente la scoperta presso la cascina Trebeschi di una necropoli con quarantaquattro sepolture (prima metà I secolo d.C. e l’inizio del III secolo d.C.) anch’essa attribuibile ad un insediamento residenziale quasi certamente diverso dal più volte supposto vicus Minervius. La presenza di corredi abbondanti con alcuni oggetti di pregio, manifestano una situazione economica di benessere, e sono certamente da riferire all’élite locale di prima età imperiale ormai completamente romanizzata. Anche la necropoli scoperta in località Quintane (inizi I secolo d.C.- prima metà III secolo d.C.) lungo la via per San Gervasio, era probabilmente in relazione con un insediamento. Il toponimo “Quintane” potrebbe essere messo in relazione con le viae Quintariae che delimitavano la superficie di Cippo funerario in calcare con iscrizione sibi et suis rec (inctum). Offlaga, cascina Vinaccesa una centuria, e quindi coincidevano con un antico tracciato stradale, oppure con un limite di proprietà. A conferma della distribuzione delle aree sepolcrali fuori dai centri abitati, lungo le principali vie di comunicazione, è infine il rinvenimento di una ventina di tombe ad inumazione di età tardo romana presso la cascina Vinaccesa di Offlaga, poco distante dal tracciato della strada Brixia-Cremona, da cui proviene anche un piccolo cippo in calcare utilizzato come segnacolo di un recinto funerario. Corredo tombale. Manerbio, cascina Trebeschi. ETÀ ALTO MEDIEVALE Fondi di crogiolo per il vetro in pietra ollare. Manerbio, piazza Bianchi La conoscenza degli abitati altomedievali nel territorio bresciano è ancora molto limitata; oltre alle più note Brescia e Sirmione, testimonianze archeologiche longobarde si hanno a Leno, Calvisano, Manerbio, Ghedi, Flero e Chiari. Tra gli insediamenti si ricorda il caso di Manerbio; gli scavi condotti a più riprese tra il 1985-86 e il 1991 in piazza Bianchi pur non avendo consentito di delineare con certezza l’estensione dell’abitato in epoca medievale, hanno tuttavia messo in luce la presenza di abitazioni realizzate interamente in legno con strutture portanti costituite da robusti pali. Le pareti erano presumibilmente realizzate con assi lignee, oppure con canne intrecciate rivestite di argilla, mentre le coperture erano in paglia o forse in laterizi. Le pavimentazioni interne delle abitazioni si caratterizzano per la presenza di semplici battuti con focolari. Il nucleo abitativo altomedievale sorgeva su un dosso alluvionale fiancheggiato dalla strada di epoca romana che da Brescia si dirigeva verso Cremona, in prossimità del fiume Mella. É databile, grazie al rinvenimento negli scavi di materiali di uso comune tipici di questa fase, quali la ceramica a stralucido, quella invetriata verde o la pietra ollare, alla seconda metà del VI-VII secolo d.C. Dai livelli d’uso della prima fase proviene una moneta in argento parzialmente lacunosa at- Moneta in argento del re longobardo Ariperto I (653-661) con trascrizione del monogramma. Manerbio, piazza Bianchi tribuibile al re longobardo Ariperto I (653-661 d.C.); si tratta di una frazione di siliqua che costituisce l’unico esemplare finora conosciuto riconducibile a questo sovrano. Nello stesso contesto era presente una piccola necropoli costituita da sei sepolture ad inumazione in fossa, prive di corredo, pertinenti all’area cimiteriale dell’antica pieve. Di questo edificio rimaneggiato più volte fino alla completa demolizione nel XVIII secolo per la costruzione dell’attuale chiesa Parrochiale, sono stati individuati resti parziali di strutture murarie non sufficienti per ricostruirne forma e planimetria, che aveva orientamento opposto a quello dell’attuale. Nel corso del Basso medioevo l’abitato si espande, occupando parte del cimitero più antico annesso alla chiesa; gli edifici, tipologicamente identici a quelli della fase precedente, occupavano il settore occidentale dell’attuale piazza, allineati ai lati di un ampio fossato di scolo. ETÀ POST MEDIEVALE Mappa quattrocentesca del territorio di Manerbio con i percorsi delle seriole e delle strade principali, particolare A partire dal XV secolo l’area dell’abitato medievale di Manerbio, adiacente il fianco settentrionale della pieve, viene progressivamente occupato da edifici in muratura di laterizi, adibiti ad abitazioni dei canonici della pieve stessa e della chiesa di S. Martino. Di questo complesso, demolito tra il 1960 e il 1991, gli scavi archeologici hanno restituito fondazioni, cantine, rifiutaie e pozzi che, insistendo sulle fasi precedenti, hanno in gran parte asportato la stratigrafia medievale. Per quanto riguarda invece i complessi produttivi, la notizia riportata in alcuni documenti d’archivio relativa all’esistenza di botteghe di boccalari, ha trovato conferma grazie al ritrovamento nel 1987, presso uno dei canali artificiali che alimentavano i vecchi mulini della città, di una vasta discarica (oltre 4000 pezzi) di frammenti ceramici databili tra la fine del XV e il XVII secolo inoltrato. La presenza di materiale di scarto fuso, di distanziatori di cottura fittili e di manufatti a diversi stadi di lavorazione porta a ipotizzare la presenza a Manerbio di manifatture specializzate per le quali tuttavia non sono ancora stati localizzati gli impianti produttivi. Il repertorio delle forme ceramiche e delle decorazioni è molto ampio; le classi ceramiche attestate vanno dalla graffita arcaica all’invetriata, alla dipinta; prevalgono le forme aperte, come ciotole, tazze, piatti e bacili, ma anche boccali, saliere e piccoli bricchi per contenere e servire cibi liquidi e bevande. Le raffigurazioni spaziano da semplici motivi geometrici e floreali, a scene figurate più complesse a tema amatorio, con simboli religiosi (IHS) o politici che celano significati simbolici complessi e di difficile lettura. Non mancano neppure scodelle di dotazione individuale con incise le iniziali del nome e i contrassegni personali del proprietario. Le fonti tramandano i nomi di alcuni di questi artigiani tra i quali spicca quello di Giovanni Santo Pellegrino (1480-metà XVI) la cui famiglia operò in città durante tutto il XVI secolo; la sua bottega, secondo quanto è ricordato nei documenti, sembra fosse ubicata proprio nei pressi dell’ex Roggia Marianna. Frammenti ceramici dalla discarica dell’ex roggia Marianna a Manerbio Città di Manerbio Gruppo Storico Archeologico Associazione Culturale per la Didattica Museale Con il contributo di MUSEO CIVICO DI MANERBIO E DEL TERRITORIO P.zza Cesare Battisti 2 25025 Manerbio (BS) Orari Martedì, Mercoledì e Venerdì: 9.00-12.30/14.30-16.30 Giovedì 14.30-16.30/20.30-22.30 Domenica: 16.00-19.00 Chiusura settimanale: Lunedì e Sabato altri giorni di chiusura: 1 gennaio, 1 maggio, 25 dicembre e tutto il mese di agosto Tariffe Ingresso gratuito Per informazioni e prenotazioni Tel. 030.9387293 Fax 030.9387297 [email protected] www.comune.manerbio.bs.it Museo Civico di Manerbio e del territorio Attività didattica: [email protected] A cura di Elena Baiguera Crediti fotografici Studio Nega - Manerbio Pietro Diotti, Nova Foto - Cremona Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Soprintendenza Archeologia della Lombardia Realizzazione grafica studio pi-tre, cremona