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WÖRTER IN MÜNSTER
GIORNI IN VESTFALIA
AVVERTENZA / DISCLAIMER
I seguenti racconti potrebbero ispirarsi molto liberamente a fatti realmente accaduti.
A meno che.
#1 Coinquilinen
Quando entro per la prima volta nell’appartamento che chiamerò casa per un po’, mi aspetto (con
un pizzico di timore, lo ammetto) di incontrare i miei nuovi coinquilini, almeno uno dei tre. Le
difficoltà potrebbero essere molteplici, dalla lingua all’integrazione, il background culturale, lo stile
di vita, le regole della casa.
Ciò che non mi aspetto però è di trovarmi davanti a tre porte chiuse. La quarta è quella della mia
stanza.
Entro nella mia cameretta per sistemare le valigie e quant’altro, rimandando l’incontro a dopo la
prima essenziale spesa. Uscendo sbaglio la porta d’ingresso e apro per sbaglio quella di una stanza,
buia e misteriosa. Mi affretto a chiudere la porta e andarmene.
Così, quando faccio ritorno alla mia camera per pulirla, distribuire le mie cose vecchie e nuove
(arredare è un verbo troppo forte), riempire un poco il frigo e cose così, mi aspetto finalmente non
dico un comitato di accoglienza ma quantomeno che qualcuno si faccia vivo.
Ancora una volta, le mie aspettative vengono disattese.
#1a Coinquilinen primo livello: Üter
Dopo un po' di tempo, io e la mia ragazza, nonché interprete personale (che mi ha aiutato anche nel
difficile compito di fare la spesa nei supermercati tedeschi), pensiamo bene di origliare dalle porte
chiuse per assicurarci che non siano semplicemente tutti e tre fuori per la giornata, cosa
plausibilissima dopo tutto. Tuttavia, da dietro una porta si sente distintamente il rumore di una
persona che guarda la tv o il pc e rovescia cose.
Ci guardiamo un po' in faccia, tossiamo rumorosamente, grattiamo le pareti del corridoio, recitiamo
la Divina Commedia al contrario, poi ci decidiamo a bussare.
Dalla porta esce un gigante biondo che d'ora in poi chiamerò Üter (come il bambino bavarese dei
Simpson). Üter (nell'ordine) chiude la porta dietro di sé e si presenta. Non capisco nulla di ciò che
dice. L'inizio col tedesco mi pare arduo, capirò poi che (a prescindere dalla difficoltà della lingua
teutonica) nessuno capisce ciò che dice Üter.
#1b Coinquilinen secondo livello: Maurizio
Salutato rapidamente Üter, col quale anche la mia ragazza fatica assai, torniamo in camera
aspettando di incontrare qualcun altro della casa. Qualcuno con cui sia possibile parlare.
Poco dopo sentiamo rumori provenire dalla camera più lontana, forse aprendo la porta sbagliata
prima abbiamo svegliato uno dei coinquilini presenti (che a quanto pare dormiva beatamente alle 4
di pomeriggio). Ormai lanciati, andiamo a bussare anche qua, tanto il danno l'abbiamo già fatto.
Ne esce Maurizio (per chi ha bisogno di un supporto visivo alla propria immaginazione pensi ad
Alex Kapranos dei Franz Ferdinand, anche se non c'entra niente) in tuta e maglietta, ovviamente
scalzo. Fuori è caldo per essere inverno, decisamente fuori stagione, però ecco insomma questa cosa
che hanno i tedeschi di andare in giro scalzi ovunque a prescindere dalle condizioni igieniche e
metereologiche mi lascia sempre un po' perplesso.
Ora la mia ragazza mi deve lasciare e rimango solo con Maurizio, che però si rivelerà molto
tranquillo e l'unico a parlare inglese (cosa che mi aiuterà almeno nei primi tempi), oltre che l'unico
ad avere una stazza umanamente accettabile.
Chiacchiero a lungo con Maurizio, che però a quanto pare è arrivato da poco e delega qualunque
discorso sulla casa al cosiddetto Grande Capo, unico coinquilino non presente. Essendo giovedì, gli
chiedo se rimarrà qualcuno nel weekend e Maurizio mi spiega che lui e Üter tornano a casa quasi
sempre, ma del Grande Capo non sa nulla. Ogni domanda sul Grande Capo cade nel vuoto, un
vuoto molto minaccioso, ma a quanto pare quello che comanda qui è lui.
#1c Coinquilinen terzo livello: Il Grande Capo
La pantomima del Grande Capo continua durante i successivi incontri con Maurizio, senza però che
io riesca a ottenere ulteriori informazioni, se non che la stanza del Grande Capo è proprio quella
affianco alla mia e che Il Grande Capo non gradisce rumori o musica troppo alti. Le regole della
casa sono a discrezione del Grande Capo, così come anche la lavatrice, la carta igienica e un po'
tutto ciò che vedo. Mi sento sempre più in un film di Lars Von Trier. La sera, improvvisamente,
sento rumori dalla stanza affianco, come se un elefante stesse passeggiando per casa, ma è tardi e
sono stanco e non ho troppa voglia di incontrare a quest'ora Il Grande Capo.
Il giorno seguente le porte sono di nuovo tutte chiuse. Incontro Maurizio in partenza che mi saluta e
mi dice che forse Il Grande Capo rimane nel weekend, ma che non ne sa di più perché Il Grande
Capo non è molto socievole. Così nel fine settimana saremo solo io e lui. Anzi Lui.
La giornata prosegue, fra ulteriori spese, visite della città eccetera, senza che però mi passi l'ansia di
incontrare Il Grande Capo. Al mio ritorno, a pomeriggio inoltrato, finalmente sento rumori nella
stanza accanto alla mia. Sono solo, ma è giunto il momento.
Chiamando a me tutto il mio coraggio, faccio un respirone e busso.
Dalla porta esce un gigante ancora più grande di Üter, ma dai capelli lunghi e castani,
fondamentalmente le sembianze di un vichingo norvegese. Il che ci porta alle origini del Grande
Capo (si scoprirà la sua ascendenza mezzo tedesca e mezzo russa). Ma prima di tutto ciò, l'incontro.
A dispetto dei miei timori, Il Grande Capo (che continuerò comunque a chiamare così, anche per
una vaga somiglianza con l'attore del film, moltiplicato per due) si dimostra simpatico e
amichevole. Riusciamo a presentarci e mi spiega anche un po' di regole della casa o persino qualche
aneddoto, di cui capisco il giusto visto che il suo inglese è forse peggiore del mio tedesco.
Alla fine a quanto pare, sociopatia a parte, i miei coinquilini sono molto meno peggio di quanto
temessi.
#2 Visita in centro
Sabato, vista anche la splendida giornata, ho in programma il primo giro in città per conto mio,
senza la mia ragazza, interprete e guida personale, che mi fa sentire più sicuro ma anche un po'
bambino speciale. Vado alla fermata più vicina armato di libro (“Q”, tanto per rimanere in tema) e
pazienza, anche se ovviamente il bus è puntualissimo. Devo solo ricordarmi la linea giusta da
prendere ma è facile: la 1.
Scendo alla stazione per fare l'abbonamento del bus con un modulo compilato precedentemente
(non da me, ovviamente). Mi reco all'ufficio un po' timoroso della necessaria richiesta in tedesco.
Per mia fortuna al posto dell'impiegata c'è una telepate che al mio incerto "ich..." ha già capito cosa
voglio.
Sbrigata questa formalità inizio a vagare per il centro storico di Münster, non così grande, ma molto
suggestivo. Noto subito St. Paulus (il Duomo) e St. Lamberti, la chiesa con le tre gabbie dove
appendono chi si comporta male (una volta lo facevano davvero). Il centro è pieno di negozi,
librerie, centri commerciali, case vecchie ricostruite, fast-food e forni. I numerosi barboni, musicisti
e artisti di strada sono ovunque, sfidando il clima non così rigido della regione, quest'anno in
particolare. Fra i musicisti si svaria da un pianista con tanto di piano su ruote e sito facebook in
bell'evidenza alla ragazzina con la chitarra in mano, passando dal vecchio suonatutto che si esibisce
proprio sotto il municipio.
Vorrei arrivare anche alla mia scuola, giusto per saperla riconoscere quando lunedì dovrò tornarci
per il primo giorno di lezione, ma immancabilmente mi perdo. Arrivo quindi sulla Promenade, larga
via alberata che circonda il centro storico, tanto pedonale quanto ciclabile. Rischio infatti più e più
volte di venire investito dalle bici che sfrecciano ovunque, incuranti di chi gli attraversa la strada,
perché se sei su una pista ciclabile a piedi non hai il diritto di continuare a respirare. Dopotutto non
sono mica nella città con più piste ciclabili d'Europa mica per niente.
Girando ancora un po' a caso ritrovo la scuola e anche la fame, così mi servo da uno degli
innumerevoli fast-food, essendo l'unico ad offrirmi il maledetto currywurst che volevo. Sicuramente
ce ne saranno di migliori.
#3 I Signori Della Galassia
La sera a cena (sulle 6.30-7, orari tedeschi) sono invitato dai vicini. Peccato che i vicini siano I
Signori Della Galassia. Roba che Il Grande Capo proprio ciao. Per quanto siano anziani (o forse
proprio per questo), I Signori Della Galassia non solo dominano (economicamente) buona parte
della Vestfalia (e di conseguenza della Germania (e di conseguenza dell'Europa (e di conseguenza
del Mondo Intero))), ma possiedono anche (in ordine di importanza): una villa super accessoriata
con tanto di piscina coperta, sauna, cabina infrarossi etc., tre auto, tre cani, e innumerevoli servitori,
fra cui la mia ragazza e salvezza. La serata procede bene e per fortuna supero l'impatto con la casa e
I Signori Della Galassia grazie al fatto che non è il primo incontro. L'aglio a con pesce cucinato
dalla Signora Della Galassia non è affatto male, il tutto è poi condito con dell'ottimo vino che
immagino di non potermi permettere (come la maggior parte delle cose che vedo e tocco in questa
casa, cani compresi). Si parla italiano perché I Signori Della Galassia (SDG d'ora in poi) vogliono
parlarlo per fare pratica (anche se diciamo che lo sanno come io so il tedesco). Vogliono imparare
l'italiano dato che hanno una villa ancora più grande con tanto di torre medievale nelle colline
marchigiane, dove pensano di passare la pensione (ovvero quando l'umanità smetterà di lottare e si
arrenderà al loro dominio, concedendo loro un meritato riposo).
Dopo cena vengono serviti anche liquori a vari gusti, ovviamente molto buoni, ma la cosa inizia a
sfuggire un po' di mano e il tasso alcolico si alza per tutti. Inoltre l'atmosfera diventa un po' strana
quando, non riesco a ricordare come, la cena sembra divenire un colloquio di lavoro alticcio in cui
io non ho nessuna voglia di farmi coinvolgere (parleremo prossimamente della mia avversione al
lavoro).
Per fortuna, la cosa non va avanti a lungo e finisce tutto con la versione tedesca di tarallucci e vino,
ovvero liquori e Lebküchen.
#4 Domenica col Grande Capo
Domenica mattina mi sveglio tardi, sbagliando ancora il lato del letto e cercando di alzarmi contro
un freddo e solido muro. Cerco al tasto gli occhiali nello scaffale dietro di me, facendoli cadere fra
le fessure delle assi di legno. Non pensavo che l'avrei mai detto, ma per fortuna che c'è la moquette
ovunque.
Faccio colazione con tè, biscotti, una mela che non sa di niente (triste condizione della maggior
parte della frutta e verdura tedesche) e uno jogurt dal gusto esotico. Guardo le mail, cazzeggio, vado
in bagno. Lascio la porta socchiusa essendo esattamente di fronte a quella della mia stanza, mentre
finisco di lavarmi la faccia e mi metto le lenti. Poi mi ricordo di non abitare da solo.
Sento i passi del gigante avvicinarsi, ma non faccio in tempo a dire "occupaten!" che Il Grande
Capo spalanca la porta in boxer a pois. Incredibilmente, si spaventa più lui (forse è vero che a torso
nudo non sono un bello spettacolo, però insomma, anche lui...) forse per la sorpresa e richiude in
fretta la porta urlando Guten Morgen prima che io possa dire alcunché.
Per fortuna abbiamo due bagni (e tre lavandini! Il che in realtà ci serve a sopperire alla mancanza di
lavello in cucina) così sento Il Grande Capo espletare le sue funzioni corporali in quello affianco.
La giornata inizia bene.
Dopo aver passato la mattina a studiare e godermi la mia nuova stanza, compresa di balcone con
vista di prati e boschi teutonici, decido di dedicarmi anche al pranzo. Vado in cucina e incontro per
la prima volta la signora del Grande Capo, a cui estenderò il nome, più che altro per le dimensioni
proporzionate al compagno. Direi che in generale potrei chiamarli i GC.
Tornando ai fornelli dove sta armeggiando la GC, questa mi dice qualcosa che non capisco, ma
intuisco che mi lascerà la cucina una volta finito di cucinare. Non c'è problema dico e vado a farmi
una necessaria doccia. Quando esco però c'è un tavolo apparecchiato per tre, con i piatti pronti. Ora
capisco un po' meglio che i GC han pensato bene di invitarmi a pranzo. Sono un po' emozionato, ma
ne ho la conferma quando il GC occupa tutta la porta della mia stanza per chiamarmi con grandi
gesti e sorrisi.
Il pranzo prosegue bene ancora una volta, alla faccia dei tedeschi che non sanno cucinare (pollo alla
piastra e insalata, niente di speciale ma buoni). L'unico neo sono le bevande. Di acqua non se ne
parla. O meglio c'è (ovviamente frizzante), ma solo per allungare un'ottima bevanda a base di
mirtillo con 20°. Allungarla è vitale, ma bere quella roba dolciastra e frizzante a pranzo è davvero
una tortura. Tuttavia accetto sorridendo, un po' per buon vicinato un po' per timore reverenziale.
Questa volta si parla quasi solamente tedesco e stavolta sulla graticola ci sono io, ma in qualche
modo riesco a districarmi. A fine pasto offro anche i Lebküchen regalatimi dai Signori Della
Galassia, in piena tradizione SDG (che usano riciclare ogni regalo non avendone bisogno — loro
possiedono già tutto, ricordiamolo).
#5a Primo giorno di scuola
La sveglia delle 7.30 è un trauma per me che, ormai da un anno, raramente mi sveglio a questi orari
proibitivi.
Non maleditemi, non serve a niente (diceva uno), mi ci dovrò abituare.
Fuori è buio, i coinquilinen dormono. Faccio un colazione senza tè ma con molti panini alla
marmellata (devo mangiarne mediamente due al giorno tutti i giorni se no mi scadono) e mi preparo
in tutta fretta. Ci tengo a non arrivare in ritardo il primo giorno di lezione, specie qui in Germania
dove pare che la puntualità sia un valore importante. Pare. Il richiamo della natura mi fa perdere un
po’ di tempo, ma le gambe non ancora atrofizzate me ne fanno recuperare un po’ in modo da
arrivare a prendere tranquillamente l’autobus delle 8.20. Scordandomi però la merenda a casa:
dramma.
Arrivo in classe prima della professoressa, ma qualcuno c’è già. A quanto pare si conoscono già
quasi tutti, professoressa compresa. Nonostante ciò su ogni banco viene esposto il biglietto col
nome (più qualche eccezione, come si vedrà). Mi affretto a fare il mio e a presentarmi a questa
classe che potrebbe tranquillamente essere una versione estesa e più estrema del gruppo di studio di
Community.
Se non altro sono l’unico italiano, cosa in cui dopotutto speravo.
Per il resto siamo diciotto, tredici donne e cinque uomini, dall’età non (ancora) esplicita ma
esplicitamente variabile dai ventiqualcosa ai cinquantaqualcosa. Visto che gli uomini sono pochi e,
come al solito, sono i soggetti più interessanti, vado a introdurli. Sono sicuro che mi daranno grande
soddisfazione.
#5b El Salvador e le Indipendentiste Catalane
El Salvador (visualizzabile come un giovane Osho con qualche muscolo in più) viene appunto da El
Salvador ed è una specie di guru del sesso, almeno a parole. La sua aura mistica è aumentata
dall'harem di spagnole di cui è circondato. La cosa strana e positiva di questo gruppo ispanico
hablante è che, contrariamente a tutte le mie esperienze precedenti, questi sanno almeno un'altra
lingua oltre alla loro. Anzi, parlano mediamente un tedesco molto migliore del mio (non che ci
voglia molto).
Ovviamente ci sono le Indipendentiste Catalane anche qui. Vabbè.
#5c Ivan il Terribile e il suo Sgherro, o anche La Minaccia
Serba
Ivan il Terribile è serbo e ha fra i trenta e quarant'anni, sul suo biglietto accanto al nome c'è la
bandiera serba disegnata e purtroppo incarna tutti i peggiori stereotipi che si possono avere in Italia
sugli abitanti dei balcani. Questo un po' mi dispiace, ma in effetti Ivan è proprio così: strafottente,
volgare, manesco, patriottico. Tant'è che durante la pausa mi placca, aiutato dal suo Sgherro (un
ragazzo mediorientale più giovane e totalmente assoggettato da Ivan il Terribile), e mi impedisce
fisicamente di uscire dalla classe impezzandomi sull'Italia che c'è crisi, e Berlusconi, e le mignotte,
e la mafia, e gli occhiolini e le gomitate.
Il peggio di sé però lo dà con le ragazze: a quanto mi hanno raccontato, il mese scorso si è rivolto a
Hannah, una ragazza mediorientale (per noi interpretata da Hannah Simone in New Girl) davvero
molto bella e che potrebbe essere sua figlia, apostrofandola con un "hai una faccia da photoshop"
che ok sarà un complimento, però insomma se ne possono fare anche di migliori.
#5d Kim aus Korea
Sul biglietto di Kim (facilmente immaginabile come il babbo di Ben Chang) c'è appunto anche la
sua provenienza (South Korea, è giusto specificare). Kim avrà una cinquantina d'anni e sembra
vivere in un mondo tutto suo dove si ride in maniera posticcia e in momenti casuali. Tutto ciò lo fa
apparire davvero come il personaggio di un manga, ma in realtà Kim è molto socievole e non so
perché mi ha preso in simpatia. Tanto da salvarmi dalla Minaccia Serba durante la pausa e offrirmi
una cioccolata.
Gliene sono grato e passo tutta la pausa con lui, nonostante Kim tenda a ridere nei momenti
sbagliati delle conversazioni e mi risulti incomprensibile quando dice parole che contengono
l'umlaut, simbolo da Kim usato per inventarsi le pronunce più fantasiose (c'è da dire che per il resto
è ok, niente a che vedere con esperienze precedenti di asiatici alle prese col tedesco, come il
famigerato Gong). Scopro che Kim ha lavorato alla Samsung (con grande orgoglio), che si è preso
un anno sabbatico per venire in Germania con la moglie (insegnante ospite presso l'università di
Münster) e che ovviamente non vede di buon occhio la Korea del Nord. A un certo punto della
conversazione nomina Kim Jong-un, poi si tiene la testa fra le mani, poi ride.
#6 La spesa
L'economia della mia vita di studente fuori sede (molto fuori sede) ruota attorno alla spesa e al
sottile equilibrio fra cose economiche e cose commestibili.
Per la primissima spesa (non solo di cose commestibili, ma anche di arredamento strettamente
necessario (vedi pentole e tegami, posate, piatti e bicchieri, saponi, scatole...scotch)) sono stato
portato dalla mia ragazza (automunita) a un grande supermercato nelle vicinanze, ma ora mi devo
(giustamente) arrangiare.
Quindi esco di casa armato di lettore mp3, cappotto, guanti (è arrivato un po' di freddo, per quanto
qua ne possa fare anche molto di più) e sportina (accessorio necessario per la spesa, sono in un
paese civilizzato). Dovrebbe essere facile trovare i due supermercati più vicini in paese, sono
proprio sotto la chiesa, poco oltre la fermata dell'autobus. Corricchio per arrivarci, perché a
camminare mi stufo, e quando arrivo la scelta non è ardua. I supermercati sono due, ma la gente va
solo in uno. L'altro assomiglia molto all'ambientazione di Resident Evil. Sarà che sono esattamente
sotto a una chiesa gotica, bella e lugubre, o che sto ascoltando Charlie Clouser.
Mi decido per il supermercato popolato da esseri umani e mi imbatto nella prima delusione: non
hanno i prodotti Ja!. Ja! è la marca definitiva dello squattrinato, che ho scoperto nella suddetta
prima spesa. Fondamentalmente Ja! produce tutto. Come fa? È semplice: raccoglie i corpi in
decomposizione dai cimiteri, li spreme bene, poi con la piccola aggiunta di qualche colorante e
sostanza chimica dà al tutto la forma, il colore e la consistenza desiderata. Il sapore non serve qui in
Germania. O forse questa era la trama di Soylent Green (non guardate il titolo italiano, perché al
solito fa ridere) e ve l'ho spoilerata. Scusate. Anzi no, perché dovevate averlo già visto (e comunque
la sanno tutti dai).
Tornando a noi, nel supermercato qui vicino non hanno Ja! (non ho controllato in quello vuoto,
anche se sarebbe molto in tema) e quindi sono costretto a controllare i prezzi delle cose che compro.
La cosa che non ho ancora imparato però è controllare le scadenze. Ce la farò prima o poi.
Cerco invano anche una delle poche cose che mi serve ancora per la vita di tutti i giorni (oltre a un
abat-jour economica che mi permetta di non alzarmi tutte le sere dal letto per spegnere la luce): una
tovaglietta di plastica per mangiare. Finora ne ho trovate solo di stoffa: costosissime e difficilissime
da pulire. Le uniche di plastica trovate rappresentavano scenari esotici e/o psichedelici, ma
soprattutto in 3D. Roba da vomitare tutto prima di mangiare.
Il problema più o meno si ripropone nella difficoltà a trovare gusti neutri (tanto sono tutti aggiunti
artificialmente al composto di cadaveri (cadaveri a parte è vero, anche il formaggio affumicato non
lo è, ma ha l'aroma artificiale di affumicato)) nel cibo. Di Philadelphia ci sono gusti di ogni tipo, ma
non quello dal sapore di formaggio spalmabile, di yogurt ci sono coi frutti esotici e gli accostamenti
più improbabili, ma bianchi senza zuccheri aggiunti sono introvabili. Anche la panna da cucina
(oltre a essere liquida come usa all'estero) ha mille gusti diversi, tutti chimicissimi. Alla fine opto
per il più neutro (spero) gusto formaggio. La proverò e vi saprò dire. C'è sempre la possibilità di
diventare un critico di prodotti dei supermercati tedeschi. Spero di no.
L'impedimento più grande poi è dato dall'acqua: possibile che anche al supermercato faccia fatica a
trovare l'acqua naturale senza gusti né CO2 aggiunta? Sì.
Infine la cosa che mi ha sorpreso di più fin dalla prima visita ai supermercati tedeschi è la loro
multiculturalità. Niente in contrario sia chiaro, anzi. Solo mi fa un po' strano trovare in mezzo alle
cose per la cucina delle enormi teste di Buddha in vendita, ad esempio.
#7 La prima settimana di lezioni
La prima settimana di lezioni è andata e si è rivelata meno difficile di quanto temuto.
La mia preparazione ha delle falle, specie nel parlato faccio abbastanza fatica, ma per il resto
temevo peggio. Ogni mattina arrivo dieci minuti prima dell'inizio delle lezioni per via degli orari
del bus #1. In quell'orario degli ispanofoni c'è solo El Salvador, che si sta rivelando un po' la mia
salvezza e condanna. Passo con lui e il suo harem tutte le pause a metà mattina e si parla solo
spagnolo (nonostante faccia parte del gruppo anche Gnam, una sudcoreana assente il primo giorno,
la quale segue con aria interessata ogni conversazione ispanica per poi confermarmi di non capire
una parola di spagnolo), ma ora come ora "parlare" tedesco anche durante la pausa sarebbe
un'impresa ardua. Così capita che anche prima della lezione El Salvador mi conceda qualche perla,
svelandomi ad esempio che in fondo al libro degli esercizi ci sono le soluzioni dalle quali copiare
tutto. Guarda il libro, guarda me, guarda il libro, guarda me, occhiolino.
Tuttavia a tenere banco in quei dieci minuti prima della lezione (e non solo) sono sempre loro, i
mattatori indiscussi di ogni conversazione delirante: Ivan il Terribile e Kim aus Korea. Tutti i giorni
aspetto l'arrivo della Deutschlehererin annotandomi gli accadimenti, per sentirmi un novello Abed
nel mio personale Community College.
Così succede che martedì una simpatica e abbondante signora polacca porti (non so per quale
motivo) un numero imprecisato di foto 25x40cm di matrimoni dei suoi parenti e della sua famiglia.
Li fa vedere alle sue vicine di banco, ma da lontano (dal lato opposto della classe, coi banchi
disposti a ferro di cavallo) Kim intravede tutto e non può esimersi dal commentare le fotografie con
fonemi privi di significato per noi. Quando gli viene rivolta finalmente la parola dalla signora in
questione, si lancia nella riproduzione della sua risatina caratteristica.
Mercoledì invece arrivo che Ivan si è già lanciato in una dissertazione su tutti i luoghi comuni dei
paesi di provenienza dei presenti (Russia = vodka, Italia = mafia, Spagna = corruzione, Romania =
Dracula, ...) concludendo con un orgoglioso Serbia = Gut!
Giovedì non so perché non c'era nessuno (eravamo in 10 su 23 in classe (siamo diventati così tanti
dopo i nuovi arrivi, fra cui anche il Troll Neozelandese, mio nuovo amico)) e fra gli assenti
spiccavano El Salvador e il suo harem (inizio a pensare che davvero in qualche modo le ragazze
spagnole siano legate al guru sudamericano visto che se non c'è lui non si presentano) e Ivan il
Terribile.
Venerdì, mentre sono lì che riporto fedelmente quanto accade sul mio quaderno, a testa bassa per
non incontrare gli occhiolini di El Salvador, sento "VALEGGHIO! VALEGGHIO!". Non capisco
subito, ma dopo poco riconosco la voce e anche il nome. Alzo lo sguardo e vedo Kim che mi guarda
dal suo banco sorridente, per chiedermi: "Alles gut?", alla mia risposta un po' spaesata "Ja danke"
allarga il sorriso e torna al suo mondo. Poi ride.
Boh.
#8 Lezioni e incomprensioni
Durante la lezione, inutile dire che le gag migliori e più spontanee sono sempre degli stessi due.
Ivan sa benino il tedesco, forse è uno dei migliori (dopo una ragazza rumena che sa tutte le lingue
del mondo con un accento ottimo e non mi spiego perché sia in questo corso), ma ogni tanto
sbaglia. Questo ovviamente è inaccettabile. Quelle rare volte in cui succede non lo può sopportare
ed esige che la professoressa ammetta di essersi sbagliata lei (incitando anche il proprio Sgherro a
dargli manforte, nonostante lo Sgherro sia probabilmente il peggiore della classe), pena l'auto-esilio
dalla classe. Kim invece fa più fatica, comprensibilmente. La cosa non così comprensibile è che
ogni tanto si perda completamente nel suo mondo, occhiali sul banco, sguardo perso davanti a sé,
labbra in fuori. Di solito è sinonimo di mancata comprensione del compito da svolgere, ma ogni
tanto la professoressa deve chiamarlo più volte per assicurarsi che sia vivo più che se abbia capito.
I nostri due eroi però danno il meglio di loro quando la professoressa ha la malaugurata idea di
usare una pallina di gommapiuma da lanciarci per parlare a turno. Di solito Ivan il Terribile la usa
per sfogare la sua aggressività (non tanto) repressa e la tira fortissimo addosso al malcapitato di
turno, acclamato dallo Sgherro. Invece Kim tira (volutamente?) sbagliato quasi ogni volta, per
godere della visione del destinatario che si alza e raccoglie la palla. E ridere.
#9 habemus tovaglietten
Capita che i Signori Della Galassia vadano via per un weekend (e più) di vacanza, in varie parti
dell'Europa (e oltre), e capita anche che io attraversi la strada e sfrutti della loro assenza per
accamparmi nella loro villa, o meglio nella loro dépendance, abitazione della mia ragazza. L'unico
prezzo da pagare è il portare fuori i cani tre volte al giorno, con somma irritazione per la sveglia
anche nel fine settimana e soprattutto per la passeggiata notturna che uno davvero a quell'ora
starebbe volentieri nel letto o quantomeno in pigiama. Specie se fuori nevica. Ma non parlerò oltre
delle meraviglie di questa fantastica(?) casa e vita, perché lo fa già la mia blogger preferita (aka
sempre lei, la mia ragazza).
Questo weekend ho anche finalmente finito di comprare le cosiddette cose per la casa, il tutto grazie
(anche) all'Arkaden: l'unico centro commerciale contenente un museo (si parla dell'ennesimo museo
Picasso, tra l'altro uno dei più importanti di Münster, tanto da meritare una fermata del bus
dedicata). In realtà, pare che questa cosa del centro commerciale con dentro il museo sia nata al
contrario: ovvero un centro commerciale costruito attorno al museo. Vabbè, non è che sia poi così
tanto meglio.
Dentro alll'Arkaden non si trovano solamente musei, ma ovviamente negozi di tutti i tipi, tra cui
anche il Saturn. Peccato che non abbia niente a che vedere con quello di Alexanderplatz di Berlino
in quanto a bazze per i cd. O forse è solo passato qualche anno. Ci sono poi vari servizi di
ristorazione, fra cui uno provato tempo fa e discretamente buono, peccato solo per l'età media
avanzatissima. Tipo che quando ci eravamo seduti io e la mia guida di Münster preferita (la mia
ragazza) eravamo gli unici under 70. Tra l'altro tutte coppie mute che guardavano davanti a sé senza
riuscire a distinguere probabilmente né la persona con cui sedevano né i sapori delle cose che
mettevano in bocca. Un soggetto perfetto per un Ballard senile insomma, peccato che sui centri
commerciali abbia già scritto e che purtroppo non scriverà più.
Ma veniamo agli essenziali oggetti che hanno fatto la mia camera più abitabile e la mia quotidianità
più vivibile.
Prima di tutto: gomma, matite, temperamatite e soprattutto un astuccio! Che prima andavo con la
roba sfusa in un portascarpe che tuttora uso come borsa per il corso di tedesco (potrà sembrare
strano, ma lo trovo comodissimo e non ho nessuna intenzione di cambiarlo).
Un'altra new entry della mia cameretta da cui mi aspetto molto è l'agognata abat-jour a pochi(ssimi)
euro! Essendo dotata anche di una (durissima!) molla, può essere utilizzabile in più posizioni,
peccato solo per il filo un po' corto ma a quello si rimedia facilmente con le dimensioni della
camera.
Infine, veniamo all'ultimo ricercatissimo oggetto, il più desiderato, il più voluto: ho finalmente
trovato una tovaglietta di plastica che non causi crisi epilettiche al primo sguardo!
#10a vita quotidiana: la via della cacca
Ogni giorno mi alzo sulle 7.30 in un letto disfatto dalla mia dormita tranquilla e composta (questa
affermazione potrebbe essere ironica) e soprattutto dai lenzuoli tarati per un materasso leggermente
più piccolo. Mi concedo poi 20-25 minuti di colazione e altri 10-15 di bagno e funzioni corporali
(come sono bravo a evitare la parola cagare). Dopodiché raccolgo armi e bagagli (il già citato e
comodissimo portascarpe, contenente libri di scuola e da leggere sul bus) e inizio il percorso che mi
conduce alla Volkshochschule, ovvero la scuola di lingua più economica della Germania. Un corso
di lingua intensivo (3h al giorno, 5 giorni la settimana) costa 123,20€ al mese: poco più di 2€ l'ora.
Bazza. Si trovano sedi della suddetta VHS (Volkshochschule) in tutto il paese ed è una manna, oltre
che una specie di scuola della terza età e contenitore di studenti volenterosi e casi umani (come
forse si era già capito).
Se esco di casa entro le 8.10 posso camminare tranquillamente (ormai il percorso è collaudato e
cronometrato), altrimenti devo darmi una mossa e corricchiare di prima mattina visto che il bus
passa alle 8.21 e ovviamente non è mai in ritardo.
La mia via (fun fact: so il nome della mia via, ma non ho ancora imparato il mio indirizzo, dato che
non trovo il mio numero civico, così in ogni documento compilato finora ne ho inventato uno semiplausibile che potrebbe anche essere vero) è stretta e si perde nella campagna, il che la rende molto
suggestiva ma altrettanto pericolosa. Sia per le cacche di cani e cavalli(!) sparse ovunque sia per i
folli che la percorrono a una velocità eccessiva (siamo pur sempre in Germania) non lasciando altra
possibilità al pedone se non di saltare nel fango circostante. Per fortuna però, a quell'ora del mattino
di solito passano pochissime macchine. Per sfortuna quelle pochissime che passano sanno bene che
a quell'ora del mattino di solito passano pochissime macchine.
#10b vita quotidiana: il bus della morte
Tendenzialmente, per la paura di perdere il bus, arrivo in anticipo e aspetto fiducioso l'arrivo del
bus, ascoltando il mio lettorino. Il che mi serve soprattutto per distrarmi dallo sguardo di una
simpatica signora che mi ricorda vagamente Morpheus (vedi Matrix), solo più grossa e caucasica,
che ogni mattina aspetta l'autobus con me, fissando un punto davanti a sé con insistenza. Di solito
quel punto sono io.
Una volta salito sull'autobus #1, per fortuna, la perdo sempre di vista.
Le prime volte passavo il viaggio nella contemplazione delle campagne teutoniche all'alba (uno
spettacolo affascinante), ma ormai mi dedico alla lettura senza curarmi di ciò che mi circonda. A
meno che l'autista non sia particolarmente tedesco. Dei tedeschi al volante vorrei non parlarne
ancora, però purtroppo anche gli autisti dei bus sono tedeschi e sono anche al volante. E purtroppo
alcuni di loro dimenticano di stare guidando un bus a due carrozze con tanto di snodo. Così che a
volte devo smettere di leggere per evitare di vomitare la colazione dieci minuti dopo averla finita.
Il tragitto col bus dura una ventina di minuti, poco più, e mi consegna esattamente di fronte al
complesso di Aegidiimarkt, contenente fra le altre cose: un supermercato (non troppo) economico in
cui farsi insalate da soli, un cinese take away super bazza (non ancora provato, ma rimedierò a
breve), un bar per studenti più altolocati, e altri negozi che continuo a ignorare (vedi alla voce
Subway). Oltre alla Volkshochschule ovviamente.
Entrare in classe è un attimo e i successivi dieci minuti prima dell'inizio della lezione, come già
detto, sono un one-man-show di Ivan il Terribile.
#11 le scarpe anti-tutto
Vorrei davvero parlare della scorsa serata o dei miei compagni di corso, ma mi dedicherò al mio
ultimo acquisto. In realtà vorrei parlare anche dei miei coinquilinen, se solo li incontrassi. Maurizio
si vede raramente, Üter si percepisce soltanto (e alla fine sono anche contento di non incontrarlo
troppo visto che continua a parlare una lingua tutta sua che per quanto mi riguarda non ha
compenetrazioni col tedesco che sto studiando). L'unico che incrocio ogni tanto è il Grande Capo.
Anche se anche lui più che altro lo percepisco, grazie alla sottile parete che ci divide, al subwoofer
proporzionato alle dimensioni del suo proprietario e ai suoi gusti musicali terribilmente est-europei
(Deutsche Schlager über alles).
E insomma, nonostante il freddo sempre minacciato (da mia madre, i compagni di corso e le
previsioni del tempo), finora il temuto inverno tedesco non si è presentato. Raramente si è andati
sotto zero ed è anche piovuto molto poco, nonostante l'umidità qui non manchi. E queste non sono
le classiche chiacchiere sul tempo di quando non si sa di cosa parlare, ma l'introduzione al suddetto
ultimo acquisto.
Nonostante tutto, mi sono prevenuto e giusto questa settimana ho completato il mio abbigliamento
per il pianeta Hoth. Oltre alle comodissime panta termiche da allenamento indossabili sotto i jeans e
al nuovo cappotto a prova di tutto, ho preso delle simpatiche scarpe un po' altine in goretex,
imbottite e a prova di tutto, ma stranamente non somiglianti a delle padelle tecniche per
escursionisti estremi (tra l'altro devo capire perché hanno tutte quelle punte durissime all'insù). Non
è stato facile trovarle, ma ce l'abbiamo fatta (io e la mia fashion stylist personale (sì, è sempre lei e
non so se sto usando termini tecnici adeguati)).
Fatto sta che queste scarpe simil-sneakers sono talmente calde che fondamentalmente ancora non ho
ancora avuto modo di usarle e in Italia non potrei portarle per undici mesi l'anno, forse dodici.
#12 storie di sedie e di proprietari di casa
Sabato sera ho invitato i ragazzi spagnoli (e basta dire ispanofoni!) a cena, con conseguente uscita
in centro (finita drammaticamente alle 5 e mezza, orari che non facevo più da un pezzo, ma se non
altro ho conosciuto una Münster giovane e affollata (anche di gente in maglietta a mezze maniche in
piena notte d'inverno, pazzi!)), ma il vero evento è stato reperire le sedie per la suddetta cena, visto
che in dotazione nella mia camera ne avevo solo una e gli invitati erano sei (me compreso).
Prima di tutto, ho pensato bene di rubare la sedia della "cucina" tanto non la usa nessuno. E siamo a
due.
Poi ho pensato di usare il letto per una o due persone. E siamo a quattro.
Me ne mancavano ancora due.
Ho pensato bene di chiedere al Grande Capo, ma l'unica sedia nella sua camera è enorme (anche lei
proporzionata al proprietario), con schienale, rotelle, e in pelle disumana. Quindi no.
Di Üter e Maurizio non c'era traccia, quindi l'unica possibilità era chiedere al proprietario di casa
che abita al piano di sotto ma mai incontrato finora. Dopo essermi preparato e ripetuto più volte la
frase "Können Sie mir bitte ein Stuhl verleihen?", scendo le scale e incontro il fantomatico Herr
Vermieter. Già mi sono dimenticato tutto e balbetto un po' ma non c'è tempo perché Herr Vermieter
ha già pensato alle presentazioni e mi ha invitato per un bicchier d'acqua. O se preferisco del
Martini alle tre di pomeriggio. Vada per l'acqua. Herr Vermieter ha voluto che gli scrivessi il mio
nome su un pezzo di carta, ricambiando la cortesia e assicurandosi che intascassi il biglietto.
Dopodiché ha cincischiato un altro po', mentre dopotutto mi rallegravo di poter fare un po' di
conversazione in tedesco. Infine ha tirato fuori un atlante con la Germania divisa ed è stato l'inizio
della fine.
Siamo stati un'ora e mezza a parlare del nulla, inframezzato dai suoi viaggi e le sue vaghe
conoscenze del mondo e dell'Italia. Con grande cortesia mi ha raccontato la storia della sua vita,
come di quella volta che nell'Himalaya ha provato a scalare un monte di 4000 metri, ma si è dovuto
fermare prima della cima perché gli mancava l'ossigeno. Ma poi pensa che ci sono monti anche di
8000 metri. O come quando è stato nel sud del Portogallo, raccomandandomi le spiagge, nonostante
la grande scoperta che l'acqua dell'Oceano è più fredda e agitata di quella del Mediterraneo. O come
quando...no, basta, ve lo risparmio. Il culmine è stato quando si è messo a indovinare i confini
politici degli stati del nord-Africa sulla cartina geografica, con tra l'altro la cartina politica
esattamente accanto. Il dubbio che mi stesse pigliando per il culo si è insinuato più volte nella mia
mente, ma non poteva essere: è tedesco.
Se all'inizio potevo essere interessato dalla conversazione con un tedesco (che tra l'altra parla
lentissimamente e quindi molto comprensibile per me), verso la fine mi ero ridotto solamente a
guardare l'orologio e annuire vagamente.
Comunque una sedia alla fine me l'ha data. E sono arrivato a cinque.
La sesta è stata il colpo di fortuna insperato.
Mentre io e la mia ragazza camminavamo in centro (o quasi) a Münster, troviamo un cumulo di
mobili e arredi ammucchiati per strada, ma perfettamente utilizzabili. Fra i quali un'ottima sedia
imbottita, con tanto di braccioli e base girevole. Uno sguardo è bastato per decidere sul da farsi.
E siamo a sei!
Con tutto che poi alla fine due non sono venuti e quindi tanta fatica per nulla. Ma ora ho un'ottima
sedia girevole in più.
#13 di pause e problemi linguistici
Oggi volevo parlare delle solite pause di mezz'ora a metà mattina, passate come sempre con gli
ispanohablanti, ormai divenuti tragicamente il mio gruppo di riferimento qui a Münster.
Normalmente si va in un bar vicino alla Volkshochschule (VHS d'ora in poi, come le cassette di una
volta), un bar economico, talmente economico che non prendo mai niente che io ancora una fonte di
reddito qua non ce l'ho. E così arrivo alle 12 che non capisco più nulla dalla fame e mi perdo
sempre l'ultima mezz'ora di lezione, oltre che i succhi gastrici nel tragitto verso casa.
Una cosa divertente di questo bar è la perenne presenza (l'edificio stesso gli è stato costruito attorno,
probabilmente) di un uomo sulla cinquantina, impassibile e solo, che sta lì e aspetta. Lo troviamo
tutti i giorni al nostro arrivo e lo lasciamo lì quando ce ne andiamo. Abbiamo avuto interazioni con
l'Uomo Misterioso solo per chiedergli una sedia e a volte è stato quasi inglobato dal gruppo, senza
che però questo scalfisse minimamente la sua imperturbabilità.
Alle pause si è aggiunto poi un nuovo acquisto della classe: il Messicano Silenzoso (che per noi
sarà interpretato da Danny Trejo). Come dice il nome, il fatto che sia ispanofono non cambia poi
tanto, se non che partecipa anche lui alle pause spagnole.
Durante queste pause si parla delle cose più disparate (ad esempio siamo tutti basiti delle più
improbabili conoscenze storico-politiche di Ivan il Terribile, il quale ci apostrofa sempre con dei
"Wo ist Cosa Nostra?" o "Was ist Catalogna?" totalmente sconnessi dal contesto; anche El Salvador
è stupito da quanto sia ferrato sulla sua terra, normalmente sconosciuta ai più, se non per la ben nota
capitale (e omonima canzone)), ma lo si fa tendenzialmente in spagnolo. L'unica a non capire
affatto questa lingua è Gnam, che però imita benissimo un attento interesse. A volte si passa anche
al tedesco, almeno per ciò che la coinvolge più direttamente (ad esempio la sua regolarità corporale
e come migliorarla nonostante i cibi tedeschi), facendo del giusto e sano, quanto difficile, esercizio.
Infine, se proprio vogliamo fare una conversazione prolungata e seria, spesso alla fine delle lezioni,
andiamo di inglese lingua franca.
La cosa terribile è che dopo tutto questo mashup di lingue (considerando poi che il mio spagnolo è
decisamente un itagnolo) faccio fatica anche con l'inglese che invece normalmente parlo
fluentemente (non ho detto correttamente).
Per cercare di parlare un'unica lingua, magari più lentamente ma in maniera corretta, ho bisogno di
fermarmi qualche secondo e cercare un qualche tasto di reset nel mio cervello. Solo allora posso
passare al tedesco (per quanto fragile) o all'inglese (più facilmente). La cosa incredibile è però la
quantità di parole che mi porto dietro da un idioma all'altro.
#14 vita da coinquilinen
La settimana è stata segnata dal compleanno di Ivan il Terribile (in realtà niente di che purtroppo,
cioccolatini improbabili alla menta e qualche battuta qua e là su Camorra, corruzione e politica
estera) e dal (parziale) ritorno del Troll Neozelandese /compagno di classe neozelandese che in
realtà poveretto non è così brutto però non so perché mi viene da chiamarlo così) e dalla sua
candidatura a BFF. Che non sta per Best Friend Forever, ma Best Friend Foschini. Ovvero l'amico
nerd che tutti vorrebbero. C'è ovunque e ho questa capacità di attrarli a me, inspiegabilmente, forse
perché il mio animo cripto-proto-nerd è in realtà più visibile di quanto penso, o boh, forse
semplicemente perché sono l'unico che non scappa a gambe levate quando si iniziano a fare
citazioni casuali e intrecciate di argomenti quali: informatica, manga, comics americani, lego,
giochi da tavolo, prog metal anni '90.
Resta il fatto che il Troll Neozelandese è fin troppo evanescente a lezione e la supposta amicizia con
lui ne risente. Scriverò quindi della vita coi coinquilinen che si è un poco animata (vabbè, insomma,
sempre relativamente).
Tanto per cominciare, Üter è rimasto per il weekend per la prima volta nella sua vita. Proprio il
weekend in cui avevo organizzato la cena da me con gli spagnoli, approfittando dell'invece rara
assenza del Grande Capo. Rimane il fatto che con Üter parlo poco e capisco meno.
Veniamo quindi a Maurizio, anche lui piuttosto ectoplasmico la settimana scorsa, ma tornato alla
ribalta con le sue hit electro-rock che invadono l'intera casa a tutto volume ogni volta che apre la
porta. Mi chiedo sempre:
1) come faccia a sopravvivere lì dentro con la musica a quel volume,
2) che razza di insonorizzazione abbia la sua porta, visto che quando è chiusa non sento quasi nulla.
Maurizio poi è sempre affabile (quando presente) ed è persino venuto a chiedermi se avevo il latte
(purtroppo no, es tut mir leid Maurizio). Un'altra cosa buffa(?) che lo riguarda è la rotella che
dovrebbe indicare il turno di pulizia, perennemente ferma su di lui. Giusto ieri ho provato a farglielo
notare e chiedere chiarimenti, però, sarà il tedesco che ancora non padroneggio così bene come
vorrei far credere, a lui è parso tutto normale. Vabbè, grazie per pulire il bagno sempre te Maurizio.
Prima o poi ricambierò il favore (forse). Il mio dubbio in realtà è che la cosa sia stata decisa ob torto
collo visto che Maurizio è l'unico essere umano qui dentro (a parte me) sotto i due metri e i 100kg.
Già, perché Maurizio è addirittura più basso e più magro di me (poca ironia sulla mia forma che non
mi peso da quando sono partito e ancora non ho fatto altro che corsette ridicole, per quanto
piacevoli).
Il Grande Capo infine, il più presente e il più amichevole. Anche l'unico che mi ha mostrato (e fatto
entrare nel)la sua camera.
Pochi giorni fa è uscito dalla sua stanza in mutande (sta sempre in mutande, dei boxer che potrei
usare come maglioni) zoppicando malamente, con una caviglia enorme. Intendo più enorme del
solito. Tipo il mio torace. Gli chiedo cosa gli è successo e mi spiega che è caduto in moto da corsa.
Poi mi fa vedere in camera sua i poster e scopro che non è solo un appassionato, ma un vero
centauro. Fa anche le gare in pista. Ora, nell'era di Marc Marquez dove i piloti della motogp non
superano l'1.70, io un po' mi chiedo come dev'essere il Grande Capo su una moto da corsa. Me lo
immagino come i cattivi enormi di Ken Shiro con le loro motociclette sproporzionate.
Nella camera del GC ho visto anche un forno microonde, un letto a due piazze (per quando viene
anche la Grande Capa), una tv gigantesca, dei manubri da 50kg, posate e utensili mai condivisi,
due(?!) macchine per il caffé, un bollitore e il famoso subwoofer che mi fa tremare le pareti. Anche
il GC ascolta musica improbabile a volumi improbabili (quella che una volta scambiavo per
eruodance, ma che ora so chiamarsi Deutsche Schlager), ma soprassiedo volentieri.
p.s.: sono appena tornato a casa, lottando contro un vento che sembra dover sradicare il tetto da un
momento all'altro e ho visto Maurizio alla finestra (spalancata) della saletta rock della sua discoteca
personale, si era affacciato in maglietta a mezze maniche a guardare sfiduciato le campagne
teutoniche tristemente non innevate.
#15a tour della casa: la mia stanza
Per completare il tour della casa bastano poche parole e si comincia per forza dalla mia stanza,
perché quelle degli altri sono luoghi misteriosi e inaccessibili (quella del Grande Capo a parte, che
poi ci sono entrato una volta eh). L'unica cosa di cui sono certo è l'onnipresente moquette blu (per
fortuna molto bassa) e le luci regolabili che pare siano la normalità qui.
Le peculiarità teutoniche della mia camera non sono molte:
1) il meccanismo per aprire la porta-finestra, una specie di leva che scardina letteralmente la porta e
le permette di aprirsi;
2) il letto 2m x 1m per il quale i miei lenzuoli monopiazza fanno un po' fatica, soprattutto quello
elastico da sotto che ogni notte mi parte e alla mattina devo reinfilare;
3) la scrivania con vista rurale annessa, dalla quale godere delle splendide albe e tramonti e scrivere
queste parole senza troppo senso.
#15b tour della casa: le aree comuni
L'ingresso (comprendente anche la cosiddetta cucina, o meglio un fornelletto elettrico da campeggio
e basta) è arredato dalla sfilza di scarpe del Grande Capo e consorte, allineate lungo la parete.
Quando ci metto le mie di fianco, mi accorgo che potrei anche infilarle dentro.
La suddetta cucina poi, ha anche un lavandino, ma senz'acqua, per questo uno dei due bagni (quello
piccolo) viene utilizzato per lavare i piatti. Praticamente solo da me, visto che Üter e Maurizio non
cucinano e anche il Grande Capo solo per le grandi occasioni.
La cosa bella del bagno grande, infine, è la presenza di ben due lavandini, oltre che di una vasca
(usata solo per stendere i panni) e una doccia con una marea di saponi e cose che farebbero pensare
ai miei coinquilinen come a delle persone estremamente attente all'igiene personale, cosa
ovviamente falsa visto che vanno sempre in giro a piedi nudi sulla moquette, mai pulita dalla
seconda guerra mondiale.
Fra i due bagni campeggia il famigerato cartello dei turni di pulizia, con la sua freccia che indica
sempre e comunque Maurizio.
#15c tour della casa: il vicinato
Concludo il tour della casa, con il vicinato e dintorni. Dei Signori Della Galassia, miei dirimpettai
(nonché proprietari della mia ragazza) ho già parlato, così come di Herr Vermieter, il padrone di
casa logorroico che vive qui di sotto. Non ho però accennato agli innumerevoli animali sparsi per le
vicinanze e ai mezzi perennemente parcheggiati in cortile.
Come prima cosa, come non citare la macchina leggermente tamarra del Grande Capo, sempre lì in
bella mostra e che ho visto in funzione solo quando l'altro giorno stavo tornando a casa dalla solita
stradina della cacca e ho sentito da lontano prima i bassi e poi il rombo. Il Grande Capo è passato
col finestrino abbassato e il bicipite contratto (in maglietta a mezze maniche, ovviamente) gridando
un "Alles gut?" sovrastato dalla musica più becera che potessi immaginare.
Dopodiché è il turno del camper misterioso, sempre parcheggiato nella stessa posizione, mai visto
acceso e a cui lavorano 24/7 più operai specializzati, compresa una ragazza sempre sporca e stesa
sotto al mezzo. Mi viene un po' il dubbio che sia il camper di Breaking Bad, e questo spiegherebbe
forse anche le allucinanti conversazioni con Herr Vermieter.
Infine veniamo agli animali. Oltre ai famosi tre cani dei Signori Della Galassia (che ormai vogliono
più bene a me che a loro, ma non diteglielo), ci sono:
1) uno stallone enorme proprio di fianco che tutto il giorno non fa altro che mangiare mucchi
giganteschi di fieno (o quel che è) ed espellerlo in altra forma;
2) delle galline che quando si portano a spasso i cani corrono sempre a vederli da vicini, non
capendo bene come funziona la catena alimentare (per fortuna che c'è una rete di mezzo se no glielo
spiegherebbero i cani dei SDG);
3) due pecore e un pony ammantati da un'aura misteriosa in quanto compaiono e scompaiono a
seconda dei giorni, senza che si intravedano neanche stalle in cui possano nascondersi,
simpaticissimi quando vengono a farsi accarezzare e mangiare foglie dalle mani, ma che
tendenzialmente stanno talmente fermi da sembrare tre cartonati.
#16 gli avvenimenti della settimana
La settimana scorsa è stata ricca di (piccoli o grandi) avvenimenti, legati ai compagni di classe più
che ai coinquilinen.
Prima di tutto, la rivoluzione. Ho deciso di prendere per la prima volta il bus delle 7.41 anziché
quello delle 7.21, guadagnando così 20' di sonno. Questo mi porta ad arrivare 5 minuti in ritardo
anziché 15 in anticipo e la puntualità è importante per i tedeschi (concetto ribadito anche dalle
insegnanti), ma dopo un intero corso di spagnoli che arrivano con ritardi variabili dai 15 ai 150
minuti ho pensato di poter osare qualcosa anch'io.
Peccato che se ne sia subito accorto anche Kim, fermandomi alla pausa per farmi notare del ritardo
e subito ridendo con/di (a voi la scelta) me.
Mercoledì, Ivan il Terribile ha portato di nuovo i cioccolatini chimici alla menta (che sembra un po'
di mangiare della schiuma da barba liquida al mentolo ricoperta di un sottilissimo strato di cacao
amaro), questa volta per la patente, perché a quanto pare quella serba qui non vale. Ovviamente il
tutto è stato condito da insulti vari ai tedeschi e "Wo ist Angela Merkel?".
Ma il vero evento è stato giovedì, quando una grassa risata di Ivan ha bloccato la classe,
giustamente devo dire. Ivan non ha fatto altro che ripetere "typisch Deutsch!" fra una risata e l'altra,
finché non ci siamo accorti del camion incastrato nel sottopassaggio del complesso scolastico.
Ebbene sì, una cosa abbastanza assurda in quanto il camionista è entrato tranquillo sbrancando tutto,
poi una volta incastrato è andato di retromarcia completando la distruzione totale dell'insegna del
bar (e probabilmente del suo carico). Per una volta ci siamo uniti alle risate di Ivan il Terribile,
allibiti per la disinvoltura del camionista tedesco. Abbiamo potuto notare anche un vecchio con la
sporta fermarsi a guardare l'intera operazione con molta disapprovazione nello sguardo.
Venerdì era San Valentino ed è stato molto romantico ricevere in regalo un pelacarote, utensile di
estrema necessità e che finora avevo sempre e solo desiderato. Viva i regali utili!
La sera, anziché festeggiare banalmente con una cena fuori o altro, io e la mia dolce metà siamo
andati sgommando con l'auto dei Signori Della Galassia (la terza, quella utilizzabile anche dagli
schiavi) alla festa di compleanno di El Salvador, in un appartamento pieno di elsalvadoreñi
(ammesso che si dica così). Non ho mai incontrato così tanti elsalvadoreñi in vita mia. Anzi, non ne
avevo incontrato proprio nessuno prima di venire a Münster. Non so se c'è un collegamento, un
gemellaggio o cosa, ma mi hanno confermato la presenza di molti latini qui. Festa en el piso
comunque, che ha rievocato i tempi dell'erasmus a Barcellona, con in più quel tocco di malinconia
che mi ricordato quanto sia vecchio. Quel tocco di malinconia che m'ha colto anche la mattina
seguente ricordandomi che anche il mio stomaco sia vecchio e non regga più l'alcol come una volta.
La cosa più sconvolgente dell'appartamento e del suo arredamento (bellissimo e senza un
centimetro quadrato di parete o soffitto vuoti). Tra le cose trovate per strada, come la mia bellissima
sedia, in camera di El Salvador c'è addirittura un fantastico letto a doghe reclinabile(!). Per fortuna
non c'era la moquette per terra, perché birre sono state rovesciate e bicchieri sono stati rotti (inutile
dirlo, da me; non so spiegare la mia attitudine a rompere le cose, non si può neanche imputare
all'ebbrezza perché mi succede anche da perfettamente sobri). In tutto questo però El Salvador ha
accolto la cosa con una tranquillità zen che mi ha ricordato il perché lo chiamo così.
Sabato infine ho fatto il mio dovere di bravo coiquilinen e ho pulito ciò che chiamiamo cucina e i
bagni, oltre che camera mia. Anche se il cartello dei turni indicava chiaramente che toccasse a
Maurizio.
#17a bilancio del primo mese a Münster: i coinquilinen
Sono a Münster da 34 giorni e probabilmente ancora non ci ho capito nulla, ma rimane il fatto che
oggi c'è la pausa fra un corso (il Grundstufe 6) e l'altro (domani inizia il Grundstufe 7) e ne
approfitto per tirare le somme.
Il primo approccio coi coinquilinen forse non è stato dei migliori, ma ora mi sembra che ci siamo
sistemati e, come sempre, una volta che uno si adatta alla nuova situazione va tutto bene. È stato
chiaro da subito che qui (almeno nel mio appartamento) il concetto di beni comuni non è molto
diffuso. Tanto che ognuno ha tegami, posate, piatti propri e tendenzialmente non si condivide nulla.
Anzi, non si mostra neanche la camera e la si chiude a chiave ogni volta che si esce di casa, anche
durante la giornata. Ok che sono italiano, però...
Vabbè, preso atto di questo particolare e della non troppo socievolezza dei coinquilinen, tutto fila
liscio. Ringrazio Maurizio per pulire sempre lui e il Grande Capo per mostrarsi inaspettatamente
umano. Il GC è sicuramente il coinquilinen che ha condiviso più cose con me: un pranzo, un piatto
per la cena con gli spagnoli, qualche parola, basta. Non fosse gigantesco e ascoltasse qualcosa di
diverso dalla Deutsche Schlager potrebbe anche essere il mio primo amico tedesco.
#17b bilancio del primo mese a Münster: il corso di lingua
Quando sono arrivato era una delle mie preoccupazioni maggiori: temevo fortemente che il livello
fosse troppo alto per me, che ho studiato sì a casa 3 mesi da solo, ma ho anche saltato i 5 mesi di
corso precedenti. Insomma, non sarò il migliore della classe, ma neanche il peggiore. Me la cavo
dai. Inoltre constato miglioramenti di settimana in settimana, anche se ovviamente tendo sempre più
a stabilizzarmi e non faccio più quei passi da gigante dei primi giorni, durante i quali passavo dal
comunicare esclusivamente con i gesti a comunicare principalmente con i gesti. Ora sono al
comunicare con un grosso supporto dei gesti.
Per quanto riguarda i compagni di corso, credo che me li porterò dietro tutti o quasi il prossimo
mese e forse ci sarà qualche new entry (come lo sono stato io a gennaio). E tutto sommato si va
d'accordo con tutti, anche con Ivan quando non porta quei cioccolatini chimicissimi che mi sento
sempre costretto ad accettare (e di cui suppongo abbia una scorta di cui disfarsi a casa, visto che è la
terza settimana consecutiva che li porta, con una scusa o con l'altra). Inutile dire che gli ispanofoni
(+ sudcoreani) sono il mio gruppo di supporto e che il Troll Neozelandese latita come sempre (sarà
venuto sei volte in un mese).
#17c bilancio del primo mese a Münster: il tedesco
Come già detto, sto facendo progressi. Sto anche cercando di capire la cultura e la mentalità che sta
dietro alla lingua, strettamente legate. Fondamentalmente il tedesco, per la sua sintassi
estremamente rigorosa, logica e nidificata è un linguaggio di programmazione non troppo
complesso. Il problema è più sul versante semantico, per il quale ho qualche difficoltà di
memorizzazione dei significati. Specie perché ho scoperto che questo idioma è formato da circa un
centinaio di vocaboli che vanno a formare tutte le parole disponibili, componendosi fra loro, con
prefissi, suffissi, desidenenze e quant'altro. E così, oltre a comporre parole lunghissime, si crea
anche una confusione enorme nella mia testa visto che ci saranno almeno 50 verbi che iniziano con
"vor" e altrettanti uguali che però iniziano con "ver". Ovviamente finiscono tutti per "en", come le
Sturmtruppen ci insegnano.
Sulla questione articoli, ne avrà parlato chiunque, ma è praticamente l'unica cosa lasciata
completamente al caso della lingua tedesca. Nessuno può sapere il genere dei sostantivi e bisogna
sapere a memoria o sparare a caso gli articoli corrispondenti, che tra l'altro cambiano a seconda del
caso grammaticale (Nominativ, Akkusativ, Dativ, Genitiv). Non solo, si scambiano anche! Esempio:
"der" può essere il maschile singolare nominativo, ma anche il femminile singolare dativo e
genitivo oppure il plurale genitivo. Vabbè. Si fa quel che si può, specie nel parlato dove non c'è
tanto tempo per pensare (a meno di non voler riprodurre dal vivo conversazioni Skype con
pochissima banda e latenze incredibili).
#17d bilancio del primo mese a Münster: conclusioni
Mi sto abituando anche ai bus follemente teutonici che sgommano ai semafori e salgono sui
marciapiedi in corsa, quindi tutto ok, giusto? Quasi.
Sul versante lavoro, continuo a non averne, quindi molto bene, non fosse che non faccio parte dei
numerosi riccomani di Münster. La ricerca del mini-job è iniziata da non molto (prima mi
vergognavo a presentarmi senza saper dire altro di "Ich heiße Valerio, ich komme aus Italien, ich
lerne Deutsch"), ma spero entrerà nel vivo nelle prossime settimane, a meno che i Signori Della
Galassia non mi vogliano adottare.
Il problema più grande invece è il cibo. Ci si arrangia sempre, ma la dubbia genuinità dei prodotti
confezionati e la mancanza di prodotti caserecci si somma alla totale inaffidabilità di frutta e
verdura, tendenzialmente troppo acerbe e quasi sempre insapori. Tranne le carote.
#18 nuovo corso vecchie abitudini
Ho livellato.
Ieri è iniziato il Grundstufe 7, come annunciato. Degli spagnoli invece non se ne è presentato uno,
diversamente da quanto annunciato.
Martedì, all'ultimo giorno del Grundstufe 6, delusi dal mancato ricevimento dell'attestato di
presenza al corso (che si ottiene solo a fronte del 70% di ore di presenza), hanno confermato tutti
che non sarebbero mancati mai al Grundstufe 7. Neanche un giorno! A meno che.
Così che ieri in classe eravamo 9 (contro i 23 totali del corso precedente), compresa una new entry
dal Malawi (con la quale abbiamo completato tutti i sei — contando le due americhe —
continenti!). Purtroppo ci ha lasciati Kim (per tornare in Korea, non pensate male), ma per il resto,
in teoria, dovremmo esserci quasi tutti.
Oggi eravamo già più numerosi, a fronte del rientro (quasi) totale del gruppo di spagnoli, El
Salvador in testa. C'è da dire che El Salvador era anche l'unico scusato per l'assenza di ieri, in
quanto il giovedì non può mai per il lavoro. Le ragazze invece...beh.
Il dramma in realtà è la presenza di Ivan il Terribile. Il quale, forse dopo aver letto la precedente
puntata dove lo definivo innocuo alla fine dei conti, ha iniziato da due giorni una guerriglia sempre
più aperta con l'insegnante. La quale, per la prima volta ha risposto.
Si sa che Ivan si alza per andarsene quando gli pare e urla cose come "Wo ist Angela Merkel" in
mezzo a qualunque lezione o conversazione. Si sa che non ritiene importante nulla che non riguardi
la Serbia, la politica e la storia. Possibilmente la storia politica della Serbia. Però ultimamente la sua
strafottenza è salita di livello, al che l'insegnante oggi ha messo in atto una piccola ripicca sul
grande Ivan. Le carte sono scoperte e staremo a vedere cosa succederà la prossima settimana. Mi
aspetto di vedere arrivare Ivan in canotta mimetica, versione Rambo.
#19 una serata di disperata italianità
Lo stare all'estero mi porta a non informarmi troppo dei fatti italiani, da quelli politici a quelli
sportivi, passando ovviamente per quelli folkloristici (ai quali forse si possono ascrivere le due
precedenti categorie). Così che di San Remo non ricordavo neanche l'esistenza e non m'ero accorto
del suo inizio, nonostante i social network.
Però succede che è sabato, è il giorno della finale di San Remo, sono a casa dei Signori Della
Galassia con la mia ragazza ed è un mese che non mangiamo pizza.
Ed è così che inizia la nostra ricerca di una serata all'insegna della peggiore italianità.
La tv enorme per vedere la finale c'è, il divano ancora più grande anche. I Signori Della Galassia
no. Fin qui tutto bene.
Il problema più che altro è procurarsi la pizza. Ovviamente ci scordiamo il caro vecchio Poldo, il
pizzaiolo da asporto dietro l'angolo, ma a quanto pare esistono anche pizze surgelate decenti.
Dicono. Io sinceramente non ne ho mai provate, ma la mia ragazza mi assicura che la Buitoni (ad
esempio) non è male. Voglio crederci.
Andiamo al supermercato più grosso dei dintorni (tanto abbiamo la macchina dei SDG) e oltre alla
spesa ci dedichiamo alla ricerca della fantomatica pizza congelata.
Prima però passiamo dagli affettati e formaggi, per prendere l'eventuale condimento per la pizza
stessa. Grave errore, perché a vedere le cose esposte passa la fame velocemente. E la cosa brutta è
che anche al bancone gli affettati sono appunto già affettati, in modo che sembrino semplicemente
tolti dalla busta e non si veda mai il (presunto) pezzo originale. Insomma, grande diffidenza verso
tutto e tutti. Anche verso quei cacchio di wurstel onnipresenti.
Vabbè. Veniamo trepidanti al dunque. Troviamo in mezzo al reparto surgelati un bancone intero di
pizze. Le marche non sono molte, italiane nessuna, l'aspetto è terribile.
Fra una "pizza pollo" e una "pizza pasta"(?!), scopriamo anche la differenza fra una pizza
"Margherita" (con mozzarella!) e una pizza "Mozzarella" (...senza mozzarella?). Non scopriamo ora
poi, ma abbiamo solo la conferma, della classicità del gusto Hawaii (ananas e prosciutto cotto) qui
in Germania.
Alla fine optiamo per la margherita dalla confezione più invitante, anche se molto meno fiduciosi di
quando ci eravamo diretti al supermercato. La tristezza ci pervade mentre ripensiamo alle infinite
possibilità di pizze da asporto anche solo di un paesino come Forlì. Vabbè, non ci si può fare niente.
Quello che stringiamo fra le mani è il meglio che si possa ottenere a casa propria, qui.
Sulle 9 passate inizia la nottata tristemente italiana, la pizza alla fine è meno peggio di quel che si
temeva (non è che sia paragonabile a una pizza vera vera, però ho ingerito cose peggiori nella mia
vita), mentre il Festival è sempre quello lì. Corono la serata sul divano dormendomi tutta la
finalissima e sognando i profumi e i sapori di una Nico Special, fra nostalgie dell'Italia e del
passato.
p.s.: perché non sembri che parlo solo male della Germania, sempre nel supermercato (tanto per
dire), ho visto anche I Coloni di Katan in versione spaziale.
#20 caccia grossa
Avev(am)o già fatto incontri con mobili e sedie bellissime abbandonate nelle strade di Münster,
manco fossero cani in autostrada.
Tra l'altro, l'appropriarcene ci era sembrato istintivamente ovvio, ma non sapevamo quanto fosse
anche culturalmente e socialmente accettato. Non fino alla giornata di ieri, che ci ha confermato una
grande verità: l'ultima settimana del mese le strade diventano un bellissimo buffet per amanti del
bricolage. Per quanto ne sia contento, la sedia rossa non era che l'inizio...
Fuori dalle porte delle ricche villette degli ancor più ricchi Münsteriti (chiamerò così la popolazione
di Münster, nonostante sia un nome totalmente inventato, però mi piace perché suona un po'
fantascienza retrò) vanno accumulandosi da ieri mobili, attrezzi da giardino, poltrone, letti,
televisori, grandi elettrodomestici e arredamenti fra i più disparati. Un'enorme quantità di roba, tra
l'altro per lo più ampiamente riciclabile o direttamente riutilizzabile, senza grosse manovre di
restauro.
Così ci sono persone (oltre a me e la mia ragazza) che si appostano in grandi e capienti auto, fuori
dalle case e dai giardini altrui, aspettando pazientemente che il mucchio di "roba" cresca e si
arricchisca di pezzi utili o pregiati.
Ieri sera attendevamo in auto che una famiglia liberasse quello che ci è parso l'arredamento di un
intero appartamento, quando un losco figuro è arrivato sfrecciando sul suo furgoncino di marca
tedesca, ha accostato a lato con quattro frecce molto italiane e si è addentrato fra i "rifiuti" sotto gli
occhi dei (da poco ex-)proprietari. Il fare circospetto celava molto male i suoi intenti e, appena i
padroni di casa hanno finito di scaricare roba sul marciapiede, l'uomo ci ha soffiato qualche attrezzo
da giardino e non so cos'altro.
Abbiamo capito solo allora quanto fosse spietata e spudorata la caccia dell'ultima settimana del
mese.
E anche perché gli appartamenti sono affittati solitamente non arredati, anche quelli per studenti.
E io che mi facevo dei problemi per trovare un paio di sedie.
#21a carnevale a Osnabrück, un racconto horror
Carnevale in Germania è una festa molto sentita. O anche una ghiotta occasione per ubriacarsi
follemente nel primo pomeriggio. In particolare "da queste parti" uno dei luoghi culto è Köln (o
Colonia), famoserrima per le sue celebrazioni. Che per quest'anno abbiamo saltato.
Per rimediare, e beccarci un altro festeggiamento oltre a quello di Münster, siamo andati in uno dei
pochi paesi dei dintorni dove non si festeggia Rosenmontag (o lunedì grasso), ma il sabato
precedente. Il paese in questione è Osnabrück, ma quello che ci aspettava non era propriamente una
festa...
Arriviamo a Osnabrück fiduciosi, dopo un'oretta scarsa di auto e mille deviazioni a causa dei
festeggiamenti. Il centro della città è chiuso, ma riusciamo a trovare parcheggio poco fuori. Non
sappiamo bene cosa debba succedere o dove, ma ci basta seguire le persone mascherate per le
viuzze. Notiamo subito che non solo i bambini sono truccati e travestiti, anzi moltissimi adulti
indossano qualcosa di eccentrico e colorato. Più ci avviciniamo alle vie centrali, transennate e
gremite di persone ubriache della stazza di un elefante, ci rendiamo conto di essere probabilmente
gli unici a non indossare alcun travestimento. E forse è meglio così, visto i costumi altrui.
Trucchi sbavati, maschere inquietanti, costumi sformati, e soprattutto nessuno che sorride.
Solo i bambini e solo alcuni osano ridere o gridare, gli altri aspettano pazienti con la birra in mano il
passaggio dei carri, fra chiese gotiche e ganci sui tetti, potenziali strumenti di morte se solo fossimo
in un horror trash. Non solo gli sguardi sono storti però. Le proporzioni dei visi di questo paese
hanno qualcosa che non va: denti marci, fronti troppo alte, occhi stralunati, pelli cadenti, pance
strabordanti. Il primo pensiero è di essere in un racconto di Lovecraft o, per citare qualcosa di più
popolare e vicino negli anni, in uno dei primi Dylan Dog sfogliati da ragazzino, quelli che mi
inquietavano per davvero.
Decine, centinaia, migliaia forse di pachidermi sformati e mal truccati affollano le strade. Folle
ubriache, dalle proporzioni non proprio armoniose, iniziano a vociare e agitarsi attorno a noi.
Manone che spingono, sudano, strattonano, bimbi innalzati sopra il mare di volti angoscianti. Mi
sento come un bambino a un concerto metal.
I carri, salvo qualche rara eccezione, non sono altro che camion e trattori rivestiti (male, per restare
in tema), i cui occupanti non paiono più felici degli astanti. Da sopra i carri, lanciano senza sosta e
con una violenza inaudita caramelle, gommose, lecca lecca, e schifezze varie. Veniamo risucchiati
dal vortice di follia collettiva che spinge uomini grandi come armadi, donne larghe come letti
matrimoniali, bimbi già sproporzionatamente grandi, a gettarsi verso i camion in movimento e le
transenne, arrivando anche a raccogliere le cartine cadute per terra, come fossero banconote. Dopo
essere stati un poco al gioco ed avere assaggiata una terribile caramella al melone (o qualcosa di
similmente atroce), ci rendiamo conto che forse c'è una connessione fra ciò che stiamo raccogliendo
e le dimensioni e proporzioni delle persone del luogo. In più fanno queste cose veramente male non
solo a mangiarle. Ma sia quando ce le tirano direttamente, con violenza, sia quando le lanciano in
alto, solo in apparenza più magnanimi, ferendo in realtà più a fondo, aiutati dall'implacabile forza di
gravità.
Arretriamo e lasciamo i giganti deformi alla loro lotta e ammiriamo quei carri poco addobbati e
quelle ballerine sofferenti che li intervallano con l'entusiasmo di un condannato alla forca. Poco più
lontano ragazzi più o meno giovani si accasciano all'interno delle porte, sotto i portici, dietro agli
alberi, chiazze di vomito che si moltiplicano, la puzza di alcol che si alza dalle strade tedesche, mai
sporche tranne che nel giorno più temuto dell'anno.
Karneval è arrivato.
#21b carnevale a Münster, bene ma non benissimo
Dopo l'esperienza traumatizzante di Osnabrück, lunedì (o Rosenmontag) abbiamo approcciato il
carnevale di Münster con un certo timore.
Un timore non del tutto infondato, ma che ci ha permesso comunque di godere della festa. Per un
po', poi basta.
Il Karneval a Münster è molto più grosso e bello e vivace che a Osnabrück, per fortuna, ma le
modalità non cambiano molto.
Quindi:
sì gente enorme travestita in maniera più o meno discutibile,
sì carri altrettanto discutibili che passano per le strade,
sì al lancio di cose dal contenuto calorico di un menù del McDonald e conseguente isteria collettiva;
ma anche:
la gente qui è comunque inspiegabilmente meno deforme e triste,
i carri sono molto più belli e quelli dal gusto dubbio (se non pessimo) sono solo una percentuale,
le cose lanciate sono lievemente meno terribili, insomma c'erano anche delle minirittersport che mi
sono mangiato anch'io.
Sul quantitativo di alcol ingerito per tutta la giornata sorvolerò, perché a quanto pare è quasi un
obbligo morale, e le scene di devastati totali portati via in ambulanza (sad but true) alle quattro di
pomeriggio non sono mancate. Sulle maschere, le più gettonate erano nettamente: Karnevalsprinz,
poliziotte sexy (quando non sforavano il quintale), militari vari(!?), Super Mario Bros(???).
Fra i più originali invece: un Heisenberg (da Breaking Bad) con una sedia in testa(?), due
scimmioni danzanti, un carro-313 (quella di paperino), seguito purtroppo da un'orda di
inquietantissimi Paperino e Paperina ubriachi fradici ballanti la techno più estrema.
Nel complesso una festa più divertente, sia nei costumi che nei carri, anche se, dopo mezz'ora o
un'ora al massimo di giganti ubriachi che urlano "HELAU!" e raccolgono caramelle come non ci
fosse un domani, sento inevitabilmente la necessità di andare altrove. Anche a mangiare un panino
di Nordsee ad esempio. Mentre nei bar e nei locali impazzavano feste per gente di mezz'età
carichissima con musica pessima a volumi improbabili (mi rendo conto che mi sto lamentando dei
vecchi che tengono la musica alta e ascoltano cose discutibili, ma è così, non so se questo fa di me
un vecchio più vecchio di loro).
#22 ritorno a casa GC
Dopo una breve permanenza nella villa dei SDG, sono tornato nella mia cameretta,
nell'appartamento del Grande Capo (in realtà è di Herr Vermieter, ma il proprietario de facto è il
GC). Ho un paio di cosette in più, in particolare una stilosissima poltroncina scura che è quasi più
figa di quella rossa. Non fosse che quella rossa gira. E ho anche un paio di cosette in meno: ovvero
le ciabatte di plastica e un maglione (per fortuna quello meno costoso e a cui tenevo di meno, anche
se era uno dei due con lo scollo a V, attenzione), che sono rimasti impigliati nella bocca di uno dei
cani dei Signori Della Galassia.
Questa volta la permanenza nella villa mi è costata cara.
Oltre agli indumenti persi, il prezzo da pagare sono state le passeggiate coi cani, ma questo si
sapeva. Anche piacevoli dopo pranzo, terribili la sera quando si è già pronti per uscire o (molto più
probabilmente) per andare a letto.
Durante queste passeggiate però ho fatto sempre più amicizia con le pecore del vicinato, che ormai
sono mie amiche e mi trattano meglio dei miei coinquilinen. Innanzitutto mi rispondono quando le
chiamo, poi (sapendo che darò loro qualche foglia del cespuglio vicino) arrivano al galoppo(!)
superando anche il placido cavallino che fa loro compagnia (e che preferisce il mio cappotto alle
foglie del cespuglio). Inoltre, di recente, una ha anche imparato a sbattere sulla recinzione con una
zampa per ottenere più attenzioni (leggasi foglie) da me. Una cosa incredibile che mi ha fatto tanto
carcerato che sbatte sulle sbarre, ma anche stimare queste pecore per la loro versatilità. Saranno
stati gli occhi orizzontali, ma finora dentro di me le avevo sempre reputate un po' stupide. E invece.
#23 guerriglia
Altra parentesi per dire che continua la guerriglia di Ivan il Terribile con la Deutschlehrerin. Una
guerra sottile fatta di interruzioni a caso ("Wo ist CDU?") e palline di carta lanciate quando
l'insegnante è voltata, per poi dare prontamente la colpa allo Sgherro, il quale non si può difendere
essendo decisamente il peggiore della classe di tedesco. In realtà, viene il dubbio che lo Sgherro sia
stato portato da Ivan appositamente come servitore personale e che non stia frequentando il corso di
lingua. Questo spiegherebbe tante cose.
Fatto sta che la maschera inquietante (anche la Deutschlehrerin viene da Osnabrück, coincidenze?
io non credo) di pacatezza e calma giunonica dell'insegnante tedesca si sta incrinando. Vedremo
come andrà a finire.
#24 una giornata al mare
È una domenica di marzo. Le temperature sono da primavera italiana, neanche tedesca (ringraziamo
tutti il riscaldamento globale, e quindi i Signori Della Galassia che danno il loro importante
contributo). Chiunque andrebbe a fare un giro a Cesenatico con la ragazza.
Io invece vado a fare un giro al Mare del Nord con la ragazza. E i Signori Della Galassia. E i loro
cani.
Saliamo tutti e sette(!) nel comodo suv targato SDG e partiamo alla volta di un paese sconosciuto
che scopriremo poi essere la meta preferita dai crucchi per le passeggiate al mare fuori stagione. Il
viaggio procede liscio, i SDG parlano italiano peggio di come io parli tedesco (li ho superati da
destra, ormai) e non ci intrattengono molto. Guida il Signore Della Galassia e alla radio danno solo
musichette anni '80 che piacciono tanto qui in Germania. La Signora Della Galassia nel frattempo
chiama quattro-cinque ristoranti per chiedere quale sia il più costoso e prenotare.
Ovviamente facciamo solo i 150km/h per via dei cani e qualche episodio di inchiodate,
sfanalamenti e sorpassi ai 5000 (sempre km/h) classicamente tedeschi ci sono, ma tutto sotto
controllo. O almeno mi piace pensarlo.
Una volta arrivati, ci aspetta una bella passeggiata coi cani lungo la riva di un porto industriale
sinceramente non così affascinante. Ma subito le donne devono andare in bagno e vengo
abbandonato con il Signore Della Galassia. C'è un po' di imbarazzo per la lingua e le parole da
usare, poi lui decide che si parlerà in tedesco e mi intratterrà con interessantissime nozioni sul porto
commerciale e le navi, che purtroppo trasportano petrolio ma non gas naturale. Ci lavorerà su.
Vengo salvato dal ritorno delle donne (che brutta espressione), poi dalla pausa panchina e infine dal
pranzo. Nel frattempo il SDG impersona un cicerone totalmente improvvisato e casuale,
raccontandoci banalità degne di Herr Vermieter (forse non è un caso che siano amici!).
Il pranzo è abbondante e molto buono. Pesce e patate in molteplici versioni per tutti. La cosa bella
di girare coi Signori Della Galassia è che non bisogna neanche fare la finta di pagare il conto, come
quando si andava al ristorante coi genitori da piccoli. La cosa brutta è che ci sono i Signori Della
Galassia.
Dopo pranzo ci spostiamo in un'altra spiaggia vicino (non chiedetemi come dove perché, visto che
nel tragitto sono andato in coma appena toccato il sedile; il cibo era buono ma un po' pesantino)
dove prosegue la passeggiata coi cani. Ci fermiamo in un posto fantastico pieno di torte enormi e
buonissime (bisogna riconoscere che i dolci, spesso, sanno farli i tedeschi — ci sarà un motivo
perché sono tutti ciccioni oltre che enormi no?) e che tra l'altro costavano anche pochissimo.
Problema comunque di poco conto, essendo sempre ospiti dei SDG.
Ritorniamo alla macchina senza aver toccato un granello di sabbia con le scarpe, ma avendo visto
finalmente il Mare del Nord (eravamo già stati a Rostock, ma il SDG ci ha spiegato che a destra
della Danimarca è il Mar Baltico, che è un'altra cosa, almeno credo) in una bella giornata di sole.
Il viaggio di ritorno è inutile raccontarlo, perché non so se ve l'avevo già detto, ma il cibo era un po'
pesantino...
#25 la (Deutsche) Vita
Dopo un mese e mezzo riesco a cogliere finalmente gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza (visto
che va di moda citare La Grande Bellezza) di questa mia Deutsche Vita a Münster.
Il Grande Capo che mi presta di sua spontanea volontà i suoi manubri da 500kg dopo avermi sentito
fare esercizi in camera.
Maurizio (l'unico coinquilinen con una vita sociale) che si prepara per uscire con la sua musica
indie-rock a tutto volume, mentre io cucino una schnitzel alla pizzaiola in pigiama.
Le pecore che belano e mi vengono incontro ogni volta che passo loro davanti, salutandomi anche
quando me ne vado, con quel suono profondo che stona con la loro stazza.
Quelle stesse pecore che per chiamarmi sbattono una zampa sul recinto metallico con
un'intelligenza che non ho mai visto neanche nei cani addestratissimi (fino a un certo punto) dei
Signori Della Galassia.
Intere pareti nei supermercati ricoperte di Ballisto.
Ivan e la Deutschlehrerin che fanno pace dopo che lui confessa di essere un tecnico agrario con un
passato da camionista, bodyguard e probabilmente anche come agente segreto serbo.
L'airone che va a bere nel laghetto dei Signori Della Galassia e poi vola via sulle sue grandi ali che
fanno flap-flap e che la mattina mi guarda lontano dal campo dove attende paziente non so che cosa.
Gli allenamenti in solitaria nel campo d'atletica di Roxel, e gli sguardi incuriositi delle vecchiette
che passano di lì e mi apostrofano con gioviali parole incomprensibili mentre agonizzo sulla pista.
I bambini che lì vicino fanno una tedesca a petto nudo, che poi chissà se qui la chiamano italiana.
I mandarini mai maturati, ormai duri come sassi, che ho deciso di lanciare al campo come fosse un
allenamento di giavellotto con le palline, che chissà quando lo rilancio ancora un giavellotto.
I bellissimi tramonti che non smettono di incantarmi e vorrei catturare in qualche modo, ma che col
cellulare poi vengono foto tutte uguali e senza giustizia per lo spettacolo che mi godo ogni ogni sera
seduto alla mia scrivania.
La freccia del turno delle pulizie che (dopo quasi due mesi) cambia di posizione. Grazie Maurizio.
#26 le cene di cui farei anche a meno
L'invito a cena da parte dei Signori Della Galassia è ormai una spada di Damocle che pende sulla
mia testa un weekend sì e uno no, tanto che potrei quasi parafrasare Zerocalcare intitolando questo
capitolo "Ogni maledetto sabato su due", ma vabbè ormai non l'ho fatto e amen.
Fatto sta che anche ieri sera sono stato invitato a cena dai miei dirimpettai che, per chi non lo
sapesse, sono una simpatica(?) coppia ultrasessantenne con un potere d'acquisto più alto dell'Italia.
Per questo noti come Signori Della Galassia.
Io cerco di preservare la mia italianità almeno negli orari dei pasti, ma quando sono ospite mi devo
piegare agli inviti a cena per le 6.30. Quelli che mi fanno più feste al solito sono i cani, mentre i
SDG sono ai loro rispettivi posti di comando: lui sul divano a leggere il giornale, lei ai fornelli (per
queste occasioni di solito cucina la Signora Della Galassia, coadiuvata dalla sua schiava nonché mia
ragazza). Mi viene subito offerto un vino rosso molto buono, dopodiché do una mano a mettere in
tavola le varie portate.
Stasera si mangia carne (non meglio precisata, la stessa cuoca non ha idea di cosa sia, per quanto io
e la mia ragazza riconosciamo l'ottimo manzo che ovviamente ha comprato una delle schiave), con
contorni di patate, peperoni e pomodorini. E anche broccoli. Io i broccoli non li ho mai mangiati,
ma qui ho potuto fare la finta (e assaggiarli per la prima volta in vita mia credo), forte della loro
totale assenza di sapore. Tutti prodotti di prima qualità ovviamente, e in quantità abbondanti. Il cibo
è l'aspetto più gradito di queste cene luculliane.
Quello un po' meno gradito sono le chiacchiere, per quanto sopportabili. Mentre il vino inizia a fare
effetto, mi viene chiesto se mi piace cucinare e, visto che rispondo affermativamente, come faccio
con solo due piastre elettriche. Non ho il forno, neanche quello a microonde e quello a vapore. Sono
un pezzente, lo so. Quindi ignorando le mie precedenti risposte mi chiedono se normalmente mi
nutro al McDonald. No perché il Burger King è meglio. Ma i picchi sono gli aneddoti del SDG alle
prese coi fornelli: "Mi ricordo che una volta ho cucinato! Quand'ero studente, una volta a settimana
facevamo la bistecca. Io ci mettevo il Cognac."
O anche la SDG che si lamenta del troppo lavoro.
Tutto si fa un po' confuso mentre si passa dall'italiano al tedesco senza soluzione di continuità,
entrambi parlati male o da me o da loro. Inoltre non c'è molto di interessante per dei multimiliardari
(in €) nella mia vita da immigrato con le pezze al culo. Altro momento divertente è quando lui si
stupisce che io sappia qualcosa del mondo nonostante non legga i giornali (tedeschi!) e non abbia la
tv (anche questo me lo chiede ogni volta che ci vediamo). Provo ad accennargli all'esistenza di
internet, ma poi mi chiede se posso guardare la tv anche lì. Gli dico di sì, ma che non lo faccio. Lui
ci rimane male.
La cena si avvia verso il suo epilogo, ovvero io e la mia ragazza che diamo una mano alla SDG a
sparecchiare e fare la lavastoviglie e il SDG che torna sul divano col suo giornale. Credo che il vino
abbia fatto effetto anche su di lui, vista la palpebra calante. O forse è la mia, la palpebra calante.
In realtà il fatto è che ho bevuto solo due bicchieri scarsi di vino, ma scopro poi che quest'ottimo
rosso che va giù che è un piacere ha quei 14,5 gradi che bastano.
Ora si spiegano tante cose.
#27 la mattinata sbagliata
NO, i giorni della sfiga (e non dell'arcobaleno). Pur sapendo benissimo che la sfortuna non esiste,
ogni tanto è utile essere degli sfigati così si hanno cose da raccontare.
Poi capita che le sfighe cadano tutte lo stesso giorno, così diventa anche più avvincente.
Segue la mia giornata no ideale qui a Münster.
Capita (raramente) che mi dimentichi di mettere la sveglia nel cellulare, o meglio che l'abbia tolta
per un motivo qualsiasi (o per sbaglio) e mi dimentichi di rimetterla. Così, anziché svegliarmi alle
7.30 come dovrei, tiro dritto, come l'autobus #1 che non mi trova alla solita fermata.
Saltare una lezione ogni tanto non è un dramma nazionale, come mi insegnano gli spagnoli. Mi
godrò una sana e rigenerante mattinata nel letto a dormire.
Non fosse che il Grande Capo sulle 8 si alza e va in bagno a farsi la doccia. E quando il Grande
Capo fa la doccia si porta sempre la radio per ascoltare la musica. E non a basso volume. Così che
la mia camera (disgraziatamente di fronte al cesso, d'altronde sono l'ultimo arrivato) ne subisce le
conseguenze.
Vengo svegliato da un concerto di 50cent con il suo nuovissimo tormentone Candy Shop (temo di
non aver mai raccontato di come le radio tedesche passino solo hit vecchie di 10 anni, sviluppando
analogie non da poco con quelle portoghesi). Ormai sono sveglio e perseguitato da Don't Cha, non
mi resta che prepararmi in tutta fretta e sgommare a scuola.
Peccato che la durata della doccia del Grande Capo sia proporzionale alle sue dimensioni, così che
devo rassegnarmi a darmi una sciacquata nel bagno piccolo e non lavarmi i denti prima di uscire.
Percorro la solita via della cacca e, per poco, prima un trattore alto due piani, poi l'auto da 10^6€ dei
Signori Della Galassia non mi spiaccicano. Ma questa è normale amministrazione, dato che
rallentare qui non va di moda. Quando sono quasi arrivato alla fermata, vedo il bus precedermi a
tutta birra (insomma, come al solito). Sgomma, inchioda, prende il marciapiede, fa salire la gente e
chiude le porte un secondo prima che io possa arrivarci. Guardo sgomento l'autista attraverso le
vetrate trasparenti, ma lui alza le spalle. Una volta chiuse le porte non si possono più aprire, è
andata così.
Aspetto 20 minuti il bus successivo, ormai rassegnato a entrare in classe con un ritardo clamoroso.
Effettivamente ho un ritardo clamoroso, ma non sufficiente per essere l'ultimo ad arrivare. Una
regola che mi ha insegnato la mia permanenza all'estero è "per quanto tu possa essere in ritardo, c'è
sempre uno spagnolo (o un greco) più in ritardo di te". Così è.
L'insegnante tedesca non è contenta, ma amen.
La pausa purtroppo viene monopolizzata da Ivan, che mi ferma per informarmi che su un tratto
autostradale italiano hanno innalzato il limite di velocità da 130 a 140 e che nel veneto c'è una base
NATO dove tengono sotto terra un'arma nucleare (come cazz...?).
Non riesco quindi neanche a fare merenda (e dopo una colazione composta da soli 3 biscotti, mi
sento svenire). Il risultato è che non capisco letteralmente nulla della seconda parte della lezione,
come parlassimo russo e non tedesco (effettivamente, c'è qualcuno che lo fa).
Esco e per fortuna non perdo il bus del ritorno. Non vedo l'ora di essere a casa, anche se fra
cucinare etc. non se ne parla di mangiare prima dell'1.45. Il problema in realtà è molto più grave, in
quanto mi accorgo sulla porta di casa di aver dimenticato le chiavi.
In casa ovviamente non c'è nessuno (i miei coinquilinen sono più simili a fantasmi che studenti),
neanche Herr Vermieter. Dell'assenza di quest'ultimo sono quasi contento. Rimane il problema di
entrare e soprattutto pranzare. Non posso neanche fare affidamento sulla mia ragazza che abita qui
di fronte, essendo in centro al lavoro anche lei. Non posso inoltre fare affidamento neanche sul
cellulare, essendo il mio credito costantemente a zero.
Per un attimo mi vedo di andare a fare compagnia alle pecore qui vicino, lottando con loro per un
po' di pane e foglie del cespuglio.
Poi la botta di culo #1: il wifi prende anche da fuori la porta di casa. Riesco a connettermi con lo
smartphone e contattare la mia ragazza, la quale mi dà il numero di Herr Vermieter (che ovviamente
non avevo).
Botta di culo #2: Herr Vermieter ha whatsapp! Gli scrivo e...botta di culo #3: è nei paraggi e mi
viene ad aprire.
Purtroppo però prima di farmi salire mi terrà almeno mezz'ora a parlare di come l'erba sia verde, e
di quella strana cosa che spargono sulle strade, che credo si chiami asfalto e sia nero. Vengo salvato
dal mio stomaco che inizia a prendere vita e reclamare cibo sempre più rumorosamente.
Così si conclude la mia mattinata sbagliata, dimostrando che per ogni sfortuna c'è una fortuna e
viceversa.
A meno che.
#28 il tostapane maledetto
Dai Signori Della Galassia alla defenestrazione da parte del Grande Capo, la storia di questo
tostapane è curiosa e, come spesso accade per le cose interessanti, piena di sfiga.
I Signori Della Galassia, come ogni Münsterita ricco che si ripetti (e loro sono i più ricchi di tutti,
ricordiamolo), hanno l'abitudine di comprare cose a caso e di buttarle non appena non gli piacciono
più. O meglio le appoggiano per strada. O ancora meglio le sbolognano a quel poveraccio di
dirimpettaio senza un soldo che altri non è se non il ragazzo di quella disperata che tengono per casa
a badare i cani. Ovvero io.
Insomma, eredito quindi cibo che non vogliono più (né loro né i cani, che ovviamente nella
gerarchia sociale vengono (molto) prima di me), attrezzi in disuso, eccetera. Il tutto ringraziando la
mia ragazza, che altrimenti sarebbero tutte cose per il cestino, un cestino che se potesse sfamerebbe
mezza Africa.
E niente, questa volta mi è toccato un tostapane enorme.
Ben venga, così non dovrò più tostarmi il pane in padella (non che ci sia niente di male).
Non mi chiedo perché i Signori Della Galassia non lo volessero più, la risposta potrebbe urtare la
mia sensibilità. Così tutto contento faccio sfoggio della mia recente conquista col Grande Capo e lo
lascio in cucina, per tutti. Sto cercando (forse invano) di insinuare l'idea che fra coinquilini si
possano anche condividere cose.
Il primo problema si palesa al primo utilizzo: le gabbiette all'interno (non so quale sia il termine
tecnico) sono tutte storte, inoltre, quando finisce di tostare, le fette di pane non vengono fuori ma
rimangono lì, a sfidare dita coraggiose che non temono il calore.
Vabbè, problemi da poco in fondo, chissenefrega, ne sono comunque troppo contento.
Il dramma vero però si palesa quando Üter fa saltare la luce solo toccando il tostapane. Basterà
pulirlo, mi dico, ha pure il cassetto. Cerco anche di raddrizzare un po' i ferretti all'interno e con un
coltello e quasi ce la faccio.
Questo della luce in realtà è stato un problema un po' più serio, perché l'interruttore per farla tornare
è nell'appartamento di sotto di Herr Vermieter, il quale ovviamente non era in casa. Così abbiamo
scoperto per almeno un'ora quante cose non si possono fare senza luce al giorno d'oggi: caricare il
cellulare, connettersi col pc (e anche col cellulare se sei un pezzente senza contratto come me),
guardare la tv. Praticamente una vita distrutta. Per fortuna è giorno e io ho anche qualche libro da
leggere.
Per farla breve, dopo la mia pulizia del tostapane, la luce è saltata altre due volte (mentre lo usavo
io!) e l'ultima scintilla fatale è stata fra le mani del Grande Capo.
Da cui la fine del tostapane descritta in apertura.
#29 Frühjahrssend
La Send è una festa popolare tedesca che si tiene in varie città, fra le quali la mia amata Münster. In
realtà è una festa che dura una settimana e si ripete tre stagioni su quattro (d'inverno è troppo freddo
anche per i crucchi).
La mia insegnante di tedesco mi ha spiegato che in tutte le Send ci sono baracconi da Luna Park,
posti per mangiare e quant'altro, ma quella di Münster in particolare si distingue perché vende
anche "cose per la casa". Mah.
Sabato è il primo giorno di apertura, ma domenica il tempo pare migliore, così io e la mia ragazza ci
avviamo alla scoperta della famosa Send di Münster.
Ecco, il tempo pare solo migliore. La primavera con più di venti gradi di inizio mese ce la siamo già
scordati e ormai la temperatura fa fatica ad arrivare in doppia cifra, inoltre piove 20 minuti sì e 10
no. C'è da dire che i 10 no c'è un bel sole che sembra dover durare per il resto della giornata.
Sembra.
Comunque la Send di Münster è effettivamente una festa di strada piuttosto grossa che occupa tutta
una piazza, davanti al castello (qui per castello non si intendono i castelli, ma delle reggie,
Versailles-style anche se ovviamente in versione ridotta).
I chioschi per mangiare abbondano: dal pesce più o meno fritto, agli immancabili bratwurst a piatti
un po' più elaborati (ma sembre permutazioni di carne e patate), alle pfannekuche (specie di impasto
della pizza più sottile e meno condito sempre cotto al forno, con sopra cose a caso ma basta
scegliere bene). In più, come per ogni fiera che si rispetti, abbondano anche le "schifezze":
caramelle e dolciumi vari, che si sommano alle immancabili atrocità tedesche. Quindi lo zucchero
filato in barattoli da 10kg o gli immancabili (e vomitevoli) pop-corn zuccherati che andavano
tantissimo a carnevale e che anche oggi tutti portano con sé in quantità spropositate.
Altri dolci caratteristici delle feste tedesche in generale sono delle specie di cuori dall'impasto
biscottoso, decorati con pasta di zucchero o glasse varie. Hanno anche dei cordoni per appenderseli
al collo(?!) e quasi sempre contengono scritte come ad esempio "Ich liebe dich", "Legal ilegal
scheissegal"(?) o anche "voll porno"(!). Le traduzioni sono facili anche da intuire in tutti i casi.
Capiamo inoltre a cosa si riferiva la mia insegnante per "cose per la casa", quando ci accorgiamo
che il gadget più venduto di tutta la fiera sono gli spazzoloni per il cesso, di ogni colore e
dimensione. Le perplessità non possono che aumentare.
Ci sono poi le giostre, non manca la ruota panoramica (che abortiamo per il costo oltre che per la
pioggia e il vento freddo), l'autoscontro, il cancinculo, tazze estremissime che girano a nastro
(d'altronde siamo in Germania), case della paura varie e una piccola montagna russa. Ci buttiamo
sull'ultima come due tredicenni alla segavecchia e l'effetto e più o meno lo stesso. Saranno più di
cinque anni che non vado su una montagna russa e non mi vergogno ad ammettere che mi sono
cagato in mano di brutto. Quando prendo coscienza del fatto che qui tutto gira su sé stesso, anche i
vagoni delle montagne russe, mi diverto anche.
La cosa più incredibile delle giostre però è la presenza del divertentissimo gioco acquatico dei
pirati.
Ora io capisco che i giochi acquatici dove si precipita nell'acqua e ci si bagna un po' con gli spruzzi
eccetera siano divertenti. Lo sono. Ma non quando fuori fanno 9 gradi e piove.
C'era la fila.
#30 Due mesi e non sentirli
Oggi è iniziato il mio terzo e ultimo mese di corso di lingua, al termine del quale darò il
temutissimo B1-Prüfung. L'esame di B1 di tedesco.
Devo dire che sinceramente non ci avrei mai creduto prima di partire, ma dopo aver fatto anche un
facsimile in classe, penso di potercela fare. I miei dubbi sulla lingua sono ancora molti e non la
parlo così bene, anzi, però forse per il B1 basta.
A qualcosa questi due mesi sono serviti.
Ho imparato a considerare il tedesco come un linguaggio di programmazione, in modo da non
temerlo più. Chi ha passato Linguaggi e Modelli Computazionali di Viroli non ha più paura di
niente.
Ho superato definitivamente il mio primo inverno in Germania, e m'è andata di lusso.
Ho goduto (e godo tuttora) di splendidi paesaggi e tramonti dalla mia scrivania e durante le mie
corsette. Sarà una roba da poco, ma a me fa piacere.
Ho provato e apprezzato il cinese sotto scuola, specie nelle belle giornate assolate delle settimane
passate.
Sono tornato a scuola e mi è piaciuto, forse per la multiculturalità, forse per le gag di Kim aus
Korea che mi manca molto, forse per il personaggio shakespeariano di Ivan il Terribile, forse per il
gruppo di ispanohablanti che mi ha accolto così bene al suo interno.
Sono tornato a vivere con coinquilini che non siano i miei genitori. Coinquilini molto particolari,
detti coinquilinen infatti. Vite separate più che se fossimo in uno studentato, ma non per questo
meno dense di aneddoti. Giusto l'altro ieri ho provato il piacere di commentare la prima gara di
motogp di quest'anno con il Grande Capo, appassionato di motori e centauro fuori misura. Io in
realtà guardo così tanto per, ma le sue disamine sono molto accurate e appassionanti. Mi è
dispiaciuto un po' non aver visto la gara con lui, sarebbe stato sicuramente interessante.
In questi due mesi mi sono anche fatto un'idea più accurata della cultura tedesca, almeno per quanto
riguarda il piccolo mondo di Münster, infarcito di biciclette e denaro. Io e i miei compagni di corso
dalle provenienze più disparate abbiamo notato tendenze e caratteristiche, come la pianificazione
ossessiva ed estrema di qualunque cosa e un certo conservatorismo (non so se si dice) diffuso, da
cui derivano le paure del nuovo e (soprattutto) dell'imprevisto, che non so se possano estendere al
resto della Germania, ma farò finta di sì.
In realtà, dopo due mesi, la grande verità si è rivelata davanti a me come un vetro infranto o come
quel velo che cade e scopre le cose più ovvie. Conclusione finale e definitiva a cui sono giunto dopo
un lungo summit con Gnam (cuoca sudkoreana) è che il problema fondamentale (e atroce) di tutto il
popolo teutonico è riassumibile nel seguente dogma inconfutabile:
ai tedeschi importa di più cosa guidano di cosa mangiano.
#31 l'inizio della fine, ovvero le banche
Arriva un momento nella vita di una persona, in cui ha bisogno di aprire un conto in banca. È un
bruttissimo momento, ma soprattutto è un bruttissimo segno. È l'inizio della fine.
E il fatto che io sia giunto a questo momento, anche qui a Münster, non può che significare una
cosa.
Per oggi mi limiterò però a descrivere il mio primo contatto con la Sparkasse, colosso bancario
consigliato dai Signori Della Galassia in persona (il che non è automaticamente una cosa positiva,
ma per questa volta, essendoci dei soldi di mezzo, faremo finta di sì).
Io e la mia ragazza (al solito, per le cose importanti, la sfrutto come interprete personale gratuita) ci
dirigiamo verso la sede centrale della città, senza un reale motivo se non che alla fine è la più
comoda.
Già l'ingresso, altissimo e luminosissimo, è un po' surreale. Muri di finte cassettiere nere e lucide
fanno da divisori in una specie di loft gigantesco, invaso da una luce artificiale diffusa che però non
dà fastidio. Fondamentalmente viene il dubbio di essere in un film di Kubrick (il 2001 è passato da
13 anni, che tristezza).
Chiediamo a uno sportello per aprire un conto, illudendoci di poter fare in 5 minuti con un modulo e
due documenti, come già accaduto nelle nostre rispettive esperienze Erasmus. Grave errore.
Lo sportello ci indica una fila di giovanotti vestiti come Barney Stinson, disposti perfettamente
all'interno della geometria solo apparentemente asimmetrica dell'enorme salone. Andiamo dal più
vicino, che sembra anche il più giovane. Come tutti i suoi colleghi, aspetta in piedi (poveraccio,
neanche una sedia), impacciato ma sorridente dietro la sua colonnina, replica perfetta di tutti i suoi
colleghi ultime-ruote-del-carro. Gli spieghiamo la nostra situazione, dopodiché ci chiede di
aspettare un attimo e lo vediamo sparire (per modo di dire perché spunta tutta la testa) dietro i già
citati muri di cassettiere. Sta al telefono per un po', col sorriso congelato sulla faccia, forse
consapevole di essere visto, mentre annuisce e parla con un suo superiore.
Al suo ritorno ci dice che possiamo aspettare una sua collega nella vicina sala d'aspetto, dove ci
accompagna personalmente, caso mai dovessimo perderci. La saletta è piccola, evidentemente c'è
poco da aspettare. Infatti arriva dopo pochissimo una ragazza giovanissima, anche se non quanto il
suo collega. Sorridente e gentile ci conduce a degli ascensori fantastici dove non ci si accorge quasi
di muoversi. Ovviamente arrivati al piano si apre la porta opposta a quella da cui siamo entrati e io
faccio la solita figura del pirla.
Percorriamo corridoi sempre più surreali e asettici, e ora penso ai Coen, tanto per rimanere in tema
di citazioni cinematografiche. Oltrepassiamo una serie di porte tutte uguali, per poi aprirne una
indistinguibile dalle precedenti. Entriamo in una stanza ancora più assurda. Totalmente vuota, con
solo due sedie e una scrivania al centro. La parete opposta è di vetro e capiamo di essere affacciati
sul salone di prima, ma dal terzo piano. Mi sembra sempre più di essere in un non-luogo, come la
stanza rossa di Twin Peaks. Ci assomiglia anche vagamente per il pavimento rosso sangue.
Come prima cosa, la ragazza ci chiede cosa vogliamo da bere. Il mio istinto, come sempre, sarebbe
per il "niente grazie", ma sono stato avvertito che qui non si può. Quindi acqua naturale per
entrambi, portata in costosissime bottigliette di vetro da 25cl dalla ragazza stessa (che è molto brava
nel suo ruolo, ma si vede che come barista non ha mai lavorato — la mia non è certo una critica, io
maldestro come sono avrei sicuramente tirato per terra tutto).
Alla fine l'operazione si è svolta piuttosto nei canoni, con in più qualche intermezzo di traduzione
quando non capivo nulla e qualche chiacchiera sulle nostre vite di Ausländer. E un vago tentativo di
piazzarci una delle mille assicurazioni che si fanno i tedeschi.
A quanto pare è possibile aprire e gestire conti solo online senza spese anche qui, per fortuna.
#32a la fine, ovvero il lavoro crucco 1
Prima o poi era un argomento che andava toccato, anche per me.
Andiamo quindi a toccare quest'argomento spinoso ma necessario. Almeno per noi che non
possediamo la Galassia.
Anche a scuola si è parlato spesso di lavoro, ed è proprio in classe che ho scoperto le cose più
mirabolanti di questa terra dove mi sono andato a cacciare. Ringrazio per le seguenti informazioni
sia i compagni di classe più sgami e che soprattutto vivono qui da più tempo di me (ci vuole poco,
ma c'è anche chi vive qui da 11 anni...e segue il corso di tedesco con me, vabbè), alcuni dei quali
sono rimasti comunque sorpresi da ciò che ci veniva rivelato come fosse normale.
Ad esempio, ci viene spiegato che qui chi ha un reddito inferiore a 900€ mensili è considerato
ufficialmente povero e potrebbe (condizionale d'obbligo, non è automatico, inoltre bisogna accettare
i lavori proposti dall'agenzia di collocamento, altrimenti nessuno lavorerebbe più in tutta la
Germania) avere accesso agli aiuti statali.
E che questi aiuti statali possono arrivare fino a 300€ al mese + affitto + bonus spese. Praticamente
uno stipendio italiano.
Ma andiamo con ordine.
La tendenza dei tedeschi a pianificare ogni cosa, per i successivi 10 anni (ma possibilmente per tutta
la vita e oltre), si vede soprattutto nel lavoro.
Si dà abbastanza per scontato che i contratti siano a tempo indeterminato. Gli altri sono casi
particolari e diversamente regolamentati. Ci sono ad esempio gli Ausbildung, periodi di istruzionelavoro presso aziende, molto adatti agli stranieri perché spesso prevedono anche un corso di lingua
pagato (oltre che uno stipendio a 4 cifre). Questi Ausbildung per dire di solito durano 3 anni.
Io, sarà che sono cresciuto in Italia, sarà il periodo storico, sarà che sono pessimista di mio, ma non
ho questa visione così a lungo termine e già mi sembra difficile prevedere cosa sarà di me il
prossimo mese, figuriamoci imbarcarmi in un'impresa simile di 3 anni. Dall'altro canto diciamo che
i contratti teutonici qualche certezza in più di quelli italiani la danno (per dire un eufemismo).
Oltre a queste possibilità, per gli studenti lavoratori (o per chi voglia in realtà) ci sono anche i
cosiddetti Minijob. Ovvero lavoretti di poca responsabilità (i più diffusi sono i magazzinieri o
commessi dei supermercati) da tipo 10 ore settimanali e pagati non meno di 400-450€ al mese.
Comunque una bazza.
Inutile dire che ho fatto il giro dei supermercati di Roxel con il mio Lebenslauf (CV), venendo
ignorato il giusto. Cioè del tutto.
#32b la fine, ovvero il lavoro crucco 2
Continua il mio viaggio pressapochista e casuale all'interno del fantastico mondo del lavoro crucco.
I già citati Minijob sono decisamente il mio sogno, ma evidentemente quando ho portato i miei CV
sapevo troppo poco tedesco e/o ho fatto troppa scena muta per essere anche solo considerato come
magazziniere muto part-time.
Ecco, ci sono anche i Teilzeit (part-time), molto più diffusi che in Italia. Inspiegabilmente visto che
qui vogliono lavorare tutti e guadagnare tantissimo.
Rimane il fatto che anche i Teilzeit di solito sono per lavori non (troppo) qualificati. E, specie per
me straniero che non parla il tedesco, è quasi più facile trovare un lavoro qualificato piuttosto che il
contrario. Senza il quasi.
Infatti, capita che abbia un paio di contatti per fare colloqui come ingegnere informatico (figura che
poi qui non esiste, dirò solo informatico laureato).
Uno di questi colloqui si svolge all'enorme clinica universitaria, con reparto IT proporzionato.
Quando arrivo già le due donne della portineria mi guardano male. Nella loro bellissima e
nuovissima clinica devo sembrare un barbone che ha sbagliato strada. Senza farmi intimorire
(troppo), cerco il capo supremo con cui ho appuntamento.
Mi imbatto quindi nella sua segretaria che mi conduce nella sala riunioni, offrendomi da bere da
minuscole e costosissime bottigliette di vetro (vedi quelle della banca). Questa cosa mi mette
sempre in imbarazzo, ma dopo la precedente esperienza alla banca, ho accettato una bottiglietta
d'acqua naturale con molta umiltè. Il colloquio si svolgerà in inglese, con mio sommo sollievo, ma
ciò non basta a farmi stare più comodo di tanto sulle poltrone di pelle umana della sala riunioni.
Il Capo Supremo del reparto IT (che si rivela una donna piuttosto giovane) non mi fa aspettare e la
chiacchierata è molto tranquilla, nonostante il mio evidente impaccio dovuto anche alla confusione
di tedesco e inglese nella mia testa. Il Capo Reparto IT (ha già cambiato titolo, ma è sempre una
donna) cerca comunque di farmi sentire più a mio agio possibile e mi illustra la possibilità di fare un
tirocinio nella clinica. A me la cosa pare molto interessante, ma il mio inglese di cui vado
sufficientemente fiero mi tradisce più volte, facendo subentrare il tedesco o creando semplicemente
vuoti incolmabili nella mente.
Quando me ne vado sono piuttosto sicuro di aver fatto una pessima figura, anche se sono
stranamente tentato dall'idea di lavorare in questo posto, ma più che altro di lavorare in generale!
Sarà l'aria teutonica.
#32c la fine, ovvero il lavoro crucco 3
Riassunto brevissimo per chi non ricordasse le puntate precedenti, perché qui entriamo (e
chiudiamo) in continuity serrata: il mondo del lavoro in Germania pare una bazza, i Minijob sogno
della mia vita non mi hanno cagato allora ho puntato al lavoro qualificato, ho fatto un colloquio in
inglese in un posto fantasmagorico dove però temo di aver fatto anche una gran figura di cacca.
Il giorno dopo mi suona il telefono, cosa piuttosto strana perché fondamentalmente l'unica a
chiamarmi al numero tedesco è la mia ragazza, che in questo momento è davanti a me. E non ha il
cellulare in mano.
Rispondo un po' dubbioso, timoroso di affrontare la mia prima conversazione telefonica tedesca. Ci
metto qualche secondo a capire che la voce di donna dall'altra parte mi sta parlando in inglese e mi
sta chiedendo se sono interessato poi a fare un tirocinio da loro. Si tratta del Capo Reparto IT della
clinica che in meno di 24h pare abbia deciso clamorosamente di prendermi.
La cosa che mi lascia più interdetto è che al telefono mi chieda di quanti mesi vorrei il contratto,
con un minimo di quindici. La mia risposta è quindici.
Quando poi mi scrive che faremo un colloquio con quelli dell'HR per vedere cosa è possibile fare a
fine mese, temo di aver fatto ancora una volta cattiva impressione, specie presso i tedeschi e la loro
tendenza a pianificare verso l'infinito e oltre.
Invece, al suddetto colloquio pare che vada tutto bene e non viene neanche messo in discussione il
fatto di prendermi o meno. Anzi, fondamentalmente mi viene chiesto se la loro proposta mi
interessa.
Il momento clou dell'ultimo colloquio però avviene quando ormai pare tutto concordato, nelle
durate, tempistiche, mansioni, e merita di essere riportato.
CAPO: “se hai altre domande, qualunque siano, fai pure, siamo qui per questo...”
IO: “beh ecco...scusate se lo chiedo, ma non ne abbiamo parlato per niente...è previsto anche uno
stipendio per questo tirocinio?”
CAPO: “Ahahah, certo, di solito qui siamo abituati a pagare i nostri dipendenti”
IO: “Già...”
#33 ritorno in Germania
Dopo la pausa pasquale in Italia, sono tornato in Germania, pronto ad affrontare il mese più intenso
di tutti. Mi aspettano il temutissimo B1-Prüfung di tedesco, l'inizio di un nuovo lavoro e la ricerca
di un nuovo appartamento. Insomma, una nuova vita. Ma prima di tutto devo tornare a Münster, e
non è così scontato atterrando con l'aereo a Weeze e dovendo prendere ben 3 bus.
Ryanair lo chiama aeroporto di Düsseldorf, ma come al solito è una definizione un po'
pressapochista, visto che Weeze dista 80km da Düsseldorf. E come al solito i bus-navetta degli
aeroporti sono carissimi. Inoltre devo aspettare un'ora e mezza prima di poterlo prendere, così mi
piazzo nel baretto subito fuori a mangiare le mie belle piadine, le ultime piadine per qualche mese
(sigh). È una splendida giornata e da qui posso assistere a numerosi ciccioni seminudi che prendono
il sole nelle aiuole del parcheggio. Sono decisamente tornato in Germania.
Il secondo viaggio in bus, pur essendo di 50km più lungo del primo, incredibilmente costa un terzo.
Potenza di Flixbus. Io approfitto di entrambi per dormire beatamente, usando il libro che mi porto
sempre dietro come cuscino. Tornare a Münster non è più un'impresa o qualcosa di nuovo,
effettivamente ora è quasi come se avessi due case. Sensazione già provata, ma che questa volta è
ancora più radicata dalla consapevolezza della mia (probabile?) permanenza qui per (almeno!) i
prossimi quindici (15) mesi.
Rimane il fatto che quando arrivo sono le 6 e i supermercati sono tutti chiusi. E io a casa non ho
nulla né per cenare né per fare colazione domattina. È dramma, ma mi salva il solito supermercato
sotto la scuola, il più costoso e meno fornito, ma nettamente il più comodo e soprattutto l'unico che
tiene aperto fino a queste ore improbabili della notte.
Finalmente posso prendere l'ultimo bus (il caro vecchio #1), per tornare alla mia stanza nella
campagna di Roxel. Con trolley e spesa alla mano ci metto un po' più dei canonici 10 minuti dalla
fermata alla porta di casa, ma per fortuna è davvero una splendida giornata.
L'idillio però si rompe proprio sulla porta di casa, quando trovo una lettera dei miei futuri datori di
lavoro. Più che una lettera è un pacco A4 contenente una cinquantina di fogli, fra scartoffie e
moduli da compilare, tutti ovviamente in tedesco. Leggendo velocemente (si fa per dire) la prima
pagina, scopro che avrei dovuto rispedire il tutto compilato, con tanto di altri certificati, foto,
fotocopie, etc., un paio di settimane fa. Anche loro però me l'hanno spedito a cinque giorni dalla
scadenza, la settimana prima di Pasqua. Sono dei geni del male. Me ne preoccuperò poi, ora ho cose
molto più importanti da fare. Come rifare il letto coi soliti lenzuoli che non coprono il materasso e
controllare chi è di turno per le pulizie.
Ovviamente Maurizio.
#bonus storia di un amore finito male
Sono mesi che siedo su questa sedia girevole rossa.
Ricordo ancora la prima volta, mi ci sedetti sopra a una fermata del bus, subito dopo averla trovata,
credendo nella fortuna sfacciata e non sapendo ancora della settimana di caccia. E anche se ora ho
visto e “rimediato” anche altre sedie, anche più belle e comode (come la già citata poltroncina in
finta pelle umana), lei rimane la mia preferita. Il primo amore.
Ci siedo mentre mangio, mentre scrivo, mentre faccio i compiti per casa. A volte la porto anche in
terrazza per leggere o guardare le mucche e i tramonti. Non troppo spesso che il terrazzo è in
comproprietà col Grande Capo e non vorrei che temesse intrusioni temerarie. Non sono temerario.
Ci sono seduto sopra anche adesso.
È delle dimensioni giuste per la mia scrivania, per la mia stanza, per l'intera casa di Herr Vermieter.
Chissà come starà nel nuovo appartamento.
Ebbene sì, mi sto per trasferire. Lei verrà con me. La sedia intendo.
Saluterò il Grande Capo con una virile stretta di mano in cui mi inghiottirà il braccio fino al gomito
suppongo, saluterò Üter in silenzio attraverso la porta chiusa della sua camera, saluterò Maurizio
con un cenno del capo di quelli che hai già capito ci si vede in disco il prossimo weekend. A meno
che.
Chissà la mia stanza da chi sarà occupata poi. Da un altro gigante teutonico, probabilmente. Chissà
se avrà maggior fortuna coi coinquilinen. Chissà se la cercherà.
Mi mancherà questa vista forse, questo tramonto, questi prati, il materasso coi lenzuoli sbagliati, la
musica terribile del Grande Capo, le mucche che mi guardano quando mi affaccio al terrazzo. Mi
mancheranno le pecore in fondo alla strada, i cani dei Signori Della Galassia, il #1, la via della
cacca. Non esageriamo.
Tra l'altro mi sto trasferendo a 5km da qui, giusto in un posto più raggiungibile dagli esseri umani.
Per questo sarà semplice portarmi dietro tutto il poco mobilio accumulato in questi mesi. Credo.
Spero.
Mentre mi lascio andare ai miei pensieri malinconici (niente di strano), mi lascio anche andare
indietro con la schiena. Allungo un braccio, sfruttando anche la rotazione della mia sedia preferita,
per raggiungere il bidone oltre il minifrigo e buttare uno stupido fazzoletto.
Non penso neanche a quel che sto a fare, un gesto ripetuto decine di volte nei mesi scorsi. Ma
questa non è una di quelle, perché il pavimetno, le pareti, il minifrigo, i bidoni, tutto si avvicina
lentamente e attraverso una prospettiva sbagliata. Mi sento cadere al rallentatore come fossi un
dittatore portoghese in un racconto di Saramago. Non c'è nessun tarlo qui, non c'è motivo storico,
solo un silenzioso e inesorabile cedimento di uno dei quattro piedi della mia povera sedia girevole.
La discesa dura davvero diversi minuti, forse una decina, quelli che bastano per comprendere che
non ci sarà modo di tornare indietro. Le conseguenze rimarranno, anche fuori da ogni tipo di
metafora. Non c'è che una direzione.
Mi appoggio sulla moquette a una velocità ridicola e rimango, con la schiena sul pavimento e un
fazzoletto sporco in mano, a contemplare il soffitto più del dovuto. Uno dei quattro piedi metallici è
piegato di novanta gradi per consentire la mia posizione surreale. Non ho neanche percepito l'urto
sul pavimento. La mia amata sedia rossa mi ha reso anche quest'ultimo servigio, conducendomi
quaggiù a una lentezza esasperante. E ora sto qua, disteso fra l'azzurro della moquette e il rosso
dello schienale, fra il bianco del minifrigo e il grigio dei bidoni, qua dove non arriva la luce del
tramonto e il verde dei campi, qua dove non arrivano muggiti o belati, dove non arrivano i rombi
delle macchine né quelli del cielo.
Quaggiù nella polvere di una moquette che non è mai stata pulita e mai lo sarà, capisco che ogni
cosa, persino la più grande storia d'amore, ha una fine. E che con ogni probabilità sarà la più
ingloriosa possibile.