Settimana pedagogica Domenica 6 Il Gesto di Ettore

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Settimana pedagogica Domenica 6 Il Gesto di Ettore
Settimana pedagogica
Domenica
Lunedì
Martedì
Mercoledì
Giovedì
Venerdi
Sabato
6
7
8
9
10
11
12
Il Gesto di Ettore
Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia
Io un Kamikaze?
Perché tengo il cellulare spento
SE IL FUTURO NON ARRIVA – 27 Gennaio Forever
Il fattore E
MILANO – Rondini, pappagalli e la gatta Bastet
Da:
Inviato:
A:
Oggetto:
AUTORE.IT
Domenica 6 del Mese del Salice
(sotto il segno dell’Oro e della (Ri)nascita)
LEI.IT
Il Gesto di Ettore (48)
Mi chiamo Jakob e non vi dico subito il cognome perché la vostra mente sarebbe portata a
pensare a mio figlio (molto più bravo e noto di me).
Dunque, vi stavo dicendo che mi chiamo Jakob e sabato mattina stavo passeggiando per
Freiberg, come faccio tutti i sabati mattina quando sono libero dai miei impegni con la
famiglia e con il lavoro (commercio in tessuti, per la precisione), generalmente sono ben
vestito e faccio la mia bella figura, ma sabato sfoggiavo un berretto di pelliccia nuovo di
zecca che era una bellezza, mi stava molto bene e mi donava un’aria veramente
carismatica, camminavo lentamente guardando distratto le vetrine e stavo pensando se
avrei dovuto oppure no fare un salto in pasticceria, quando all’improvviso mi trovo davanti
un brutto ceffo, che, fermo a gambe larghe, mi blocca il passaggio, occupando l’intero
marciapiedi. Era basso, tarchiato e visibilmente affetto dai postumi di una prematura
bevuta. Io sono alto, snello e in gran forma. Lui mi aveva guardato torvo e mi aveva detto:
“Giù dal marciapiedi, sporco ebreo!”, poi aveva fatto un salto, aveva afferrato il mio
berretto nuovo e l’aveva gettato nel fango in mezzo alla strada, e aveva urlato “Raccoglilo,
ebreo di m…”, poi era corso via ridendo.
Tornato a casa ho raccontato l’episodio in famiglia perché capissero in che tempi stavamo
vivendo. Tutti hanno ascoltato in silenzio, tranne il mio piccolo Sigmund, che mi aveva
domandato: “E tu cosa hai fatto?”, “Sono sceso dal marciapiedi e ho raccolto il berretto”,
gli avevo risposto.
Sigmund, udita la mia risposta, era rimasto visibilmente deluso per la mancanza di
eroismo che avevo dimostrato.
Ci sarebbero voluti molti anni perché capisse che io avevo fatto un cambio: rinunciare ad
una soddisfazione immediata, per ottenere un benessere futuro per tutta la famiglia e per
l’intera comunità ebraica di Freiberg.
Ora vi posso dire anche il mio cognome, Freud, mi chiamo Jakob Freud, padre di
Sigmund. (49)
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Lunedì 7 del Mese del Salice
(sotto il segno dell’Argento e della Morte)
LEI.IT
Un vecchio che muore è una biblioteca che brucia (50)
No comment!
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Martedì 8 del Mese del Salice
(sotto il segno del Rubino e del Declino)
LEI.IT
Io un kamikaze?
Il DNA fa l’RNA, l’RNA fa le proteine e le proteine fanno noi, (51) ma noi come facciamo a
diventare un kamikaze?
Il kamikaze sceglie di dare la propria vita per l’affermazione di una giusta causa.
Dare la propria vita non è come dare il proprio contributo, vuole proprio dire eliminare se
stesso dal mondo. E una giusta causa vuole proprio dire una causa per la quale vale la
pena di dare la propria vita.
Il kamikaze non è un suicida, sia ben chiaro, perché non agisce mai in privato. Il kamikaze
è l’officiante di un rito preparato con cura e meticolosità e agisce sotto l’insegna di una
bandiera fisica e ideale. Va alla morte in nome di un progetto di vita diverso e lo fa perché
a questo progetto di vita diverso non è data altra via.
Il kamikaze non può fiorire dalle nostre parti perché da noi nessuno darebbe la propria vita
per George Bush (né senior, né junior), per Chirac, per Tony Blair, per Silvio
Berlusconi…Vedete? Ci viene da ridere solo a pensarlo. Il kamikaze non può fiorire dalle
nostre parti perché noi siamo la commedia all’americana, all’inglese, alla francese,
all’italiana, non siamo, da troppo tempo, la tragedia.
Il kamikaze non può fiorire dalle nostre parti, ma può immigrare nelle nostre parti, e
questo, sì, ci da molto fastidio e ci fa smettere subito di ridere. Diciamo la verità: molto, ma
molto fastidio.
La nostra società moderna e liquida del consumo promette, anche se non permette, una
facile felicità, raggiungibile attraverso mezzi del tutto non eroici e fatta di tentazioni e di
gratificazioni alla portata di tutti i consumatori, cioè, volevo dire, “di tutti i cittadini”.
Noi non abbiamo bisogno di diventare kamikaze, ma solo un po’ più ricchi di quanto non lo
siamo già. (52)
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Mercoledì 9 del Mese del Salice
(sotto il segno del Topazio e della Crescita)
LEI.IT
Perché tengo il cellulare spento
Tengo il cellulare spento perché mi sto allenando al blackout, all’apocalisse elettronica che
potrebbe capitare da un momento all’altro.
Esagerato?
Ma voi lo sapete che tutti noi siamo come bambini, molto sofisticati se è per quello, ma
sempre bambini che camminano per il mondo tenuti per mano da una mamma satellitare?
Avete idea di quante centinaia di satelliti occorrono per garantirci i fili invisibili di tutte le
nostre connessioni quotidiane?
Sulla nostra testa girano satelliti telefonici, militari, spia, meteorologici, televisivi, satelliti
pubblici e satelliti privati, centinaia di satelliti per tutti i gusti e per tutte le tasche.
Avete mai visto uno di questi satelliti? Sono piccoli, misurano un metro per lato, sono
potentissimi, hanno nomi strani, come GPS, LEO, GALAXY, e sono tutti figli irriconoscibili
del vecchio nonno russo che si chiamava SPUTNIK.
Ora, mettiamo che un GALAXY qualsiasi decida, non chiedetemi perché, di suicidarsi:
zzzzzack. Si brucia il suo nocciolo elettronico in uno spasmo di infarto tecnologico a
50.000 chilometri nello spazio, e subito 45.000.000 di persone sulla terra entrano nel caos.
45.000.000 di operazioni in tilt, bancomat che non funzionano, carte di credito bloccate,
ospedali nel panico perché i medici non ricevono bip delle chiamate, Borse impazzite,
agenti infuriati, semafori bloccati, code a dismisura, televisioni offuscate, aerei che
perdono la rotta, bambini che piangono fuori dalle scuole perché i genitori non possono
comunicare tra loro per dirsi chi li deve andare a prendere, uffici paralizzati, mercati
bloccati, gente sull’orlo di una crisi di nervi che maledice il suo server innalzando pugni e
bestemmie al cielo…
E tutto questo, solo perché un piccolo GALAXY qualsiasi si rompe. Immaginate se a
rompersi contemporaneamente fossero tre o quattro.
Ecco perché tengo il cellulare spento. Mi alleno a farne a meno, mi alleno a convivere con
il blackout, mi alleno a vivere senza l’elettronica.
In questo modo mi riprendo il sapore del dolce far niente e di pensare con le dieci dita.
Pazzo? Mi credete pazzo?
Solo perché i miei mi hanno fatto interdire e vivo ormai da un anno in una clinica per
malattie mentali, voi credete di potermi dare del pazzo?
E anche se fosse: pazzo si, stupido è tutto da vedere. (53)
Alla prossima…
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Giovedì 10 del Mese del Salice
(sotto il segno dello Smeraldo e dell’Apocalisse)
LEI.IT
SE IL FUTURO NON ARRIVA - 27 Gennaio Forever (54)
(55)
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Venerdì 11 del Mese del Salice
(sotto il segno del Rubino e del Declino)
LEI.IT
Il fattore E
“I giovani hanno un solo compito: quello di diventare adulti” (56), così mi dicevano quando
ero ragazzo e per questo sono scappato.
La gioventù non esiste (57), conosco giovani già vecchi dalla nascita e vecchi che
rimangono giovani fino alla morte.
Sono scappato in America, dove ho preso il nome di Jim Stark, e ho passato anni tra
amori tormentati e sfide in auto con bande rivali (58).
Sono scappato in Inghilterra, dove ho preso il nome di Alex, e ho passato anni a
gongolarmi tra la “nona” di Beethoven e lo stupro premeditato, prima di essere inserito in
un programma di rieducazione governativo. (59)
Sono scappato in Sud Dakota, dove ho preso il nome di Kit, mi sono innamorato di Holly,
le ho ucciso il padre e sono fuggito con Holly attraversando tutto il Montana. (60)
Sono scappato in Sudafrica, a Isandlwana, dove ho costruito una capanna circolare, così
se entra uno spirito cattivo non trova angoli per nascondersi ed è costretto ad uscire, lì ho
avuto dieci mogli che mi preparavano la birra con la quale mi sono ubriacato tutte le sere,
in attesa di una battaglia o di un nemico vero. Mi alleno tutti i giorni per questo, soprattutto
a squarciare il petto dell’avversario in segno di rispetto, perché squarciandogli il petto
permetto alla sua anima di librarsi nel cielo.
Sono diventato un orgoglioso Zulu e mi sono trovato bene. (61)
Per tutti voi il fattore “E” evoca il problema dell’età, per me il fattore “E” è l’endorfina che
ancora riesco ad autoprodurre ridendo della vostra baronale gerontocrazia.
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Sabato 12 del Mese del Salice
(sotto il segno del Piombo e dell’Estinzione)
LEI.IT
MILANO - Rondini, pappagalli e la gatta Bastet
Arrivano in massa a San Benedetto le rondini e il primo luogo milanese nel quale si
fermano è il Castello Sforzesco, ne sono sicuro.
Il loro volo saettante, occupa l’aria dalla Corte Maggiore al Cortile della Rocchetta, dalla
Corte Ducale ai Torrioni dell’ingegnere militare Bartolomeo Gadio, dalle Merlate agli spazi
aperti di quella che fu la Piazza d’Armi e che oggi è il Parco Sempione.
Vanno le rondini dalla posticcia Torre del Filarete allo spiazzo del Cannone e il Castello
prende una poetica dimensione familiare da cascina lombarda e la sua Corte Maggiore
quella dell’aia, tanto che non sorprenderebbe di vedere oche e galline là dove formicolano
turisti dall’occhio incollato alle cineprese.
Tutti i castelli e tutti i fortilizi che punteggiano la valle del Po sanno di cascina. Hanno tutti
un che di casalingo. E questo sapore appare ancora più intensamente quando arrivano le
rondini. (62)
Quest’anno le rondini hanno trovato un nuovo ed esotico amico, è un piccolo pappagallo
tropicale verde e blu, con una macchia rossa sul petto e sulla testa. Abita dalle parti della
Barona, insieme a un centinaio di piccioni grigi che, se non l’hanno adottato, almeno lo
stanno tollerando. Tutti insieme aspettano ogni mattina l’arrivo della Rosaria, che può
permettersi l’illegalità di dare loro del cibo perché ha più di 80 anni.
Il pappagallo non parla perché è molto arrabbiato, ma per la Rosaria fa un’eccezione e, a
volte, la chiama: “Saaria, Saaaaaria…” Quando si libra la sua voce, tacciono anche le
cornacchie in segno di rispetto e la Rosaria ringrazia grattandogli la testa e lasciandogli
una manciata di miglio straordinaria.
Anche questa è Milano. (63)
E la gatta Bastet?
Lei è una dea gatto, è fatta di bronzo, ha una catenina d’oro, è egizia e risale all’età
romana. La puoi trovare tutti giorni al Castello Sforzesco, se la vuoi incontrare, dicono che
porti buono, ma non ti aspettare fusa. (64)
A Testa Bassa - www. rifiutiquotidiani.org
Mese del salice
NOTE
alle e-mail della settimana pedagogica
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“Il Gesto di Ettore” è il titolo del libro di Luigi Zoja che tratta della preistoria, della
storia, dell’attualità e della scomparsa del padre. (Bollati e Boringhieri, pagg.
318, lire 48.000).
L’episodio di Jakob Freud è contenuto nell’articolo “Paternità: tutto quello che
manca ai figli del nuovo millennio” di Luciano Sica, che raccoglie l’intervista di
Luigi Zoja in occasione della presentazione del libro citato sub nota 48.
Frase pronunciata da Ibraim Boubakar Keita, premier del Mali, durante un
incontro della Commissione Progress Globale del 1998, riportata nell’articolo
“Una società moderna difende gli anziani” del primo ministro spagnolo Filipe
Gonzales, su Repubblica di martedì 20 luglio 1999.
Frase di Francis Crick pronunciata nel 1957 e inserita nell’articolo di Luca
Tancredi Barone “Un software chiamato DNA” apparso su Il Manifesto del 10
maggio 2003.
Spunti liberamente tratti dall’articolo “Identikit di un kamikaze” di Zygmunt
Barman, pubblicato da Repubblica il 19 gennaio 2005.
E’ tutto vero ed è già tutto accaduto in America il 19 maggio 1998, come ci ha
raccontato Vittorio Zucconi nell’articolo “Prove di apocalisse elettronica per gli
schiavi della tecnologia”, pubblicato su Repubblica venerdi 23 maggio 1998.
27 gennaio: è il giorno della memoria, è la data in cui, nel 1945, i soldati russi
entrarono ad AUSCHWITZ e il mondo conobbe l’orrore della SHOAH. In dieci
articoli su tutti i giornali italiani, in anni diversi, fino a che anche in Italia è stata
votata la legge istitutiva
Disegno copiato da AUTORE.IT dal solito Altan in una vignetta creata per la
campagna abbonamenti de Il Manifesto.
Frase attribuita a Benedetto Croce, utilizzata da Edmondo Berselli nell’articolo “Il
fattore E, se l’età è la condizione del potere”, pubblicato su Repubblica il 7
giugno 2005.
Frase dello storico francese Jean Claude Smith, utilizzata per l’articolo “Chi ha
paura dell’ideale giovanile” da Fabio Gambero, Repubblica 7 giugno 2005
E’ la sintesi estrema del film “Gioventù Bruciata” con James Dean e Sal Mineo,
diretto da Nicholas Ray nel 1955.
Sintesi del film “Arancia Meccanica”, con Malcolm McDowell, diretto da Stanley
Kubrick nel 1971.
Sintesi del film “La rabbia giovane” di Terence Malick nel 1973.
Notizie ricavate dall’articolo “L’orgoglio degli Zulu” a firma di Franco Marcoaldi,
pubblicato su Repubblica il 18 agosto 2002.
Il testo iniziale è di Guido Vergani e fa parte dell’articolo “La storia, le rondini e la
magia padana”, pubblicato sul Corriere della Sera il 10 gennaio 2000.
Notizia data da Repubblica nell’articolo “Il pappagallo della Barona” a firma di
Anna Mannucci in un giorno che AUTORE.IT si è scordato.
La dea-gatto Bastet è citata nello speciale “Invito al Castello”, nella sezione
Corriere Eventi del Corriere della Sera del 10 gennaio 2000.