Non siete soli

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Non siete soli
Attualità / Giustizia La Libia ha condannato a morte cinque infermiere bulgare
e un medico palestinese accusati di aver inoculato il virus dell’Aids a 426 bambini libici.
Accuse che non hanno trovato riscontro scientifico. Sgomento in tutto il mondo
e tante iniziative per fermare l’esecuzione
Non siete soli
di Emma Martellotti
L
Il programma UE
di aiuto alla Libia
L’Unione Europea, per sostenere
concretamente le autorità libiche, nel 2004
ha lanciato un “piano di azione Hiv per il
Benghazi”, che prevede assistenza tecnica e
sanitaria finalizzata all’integrazione sociale dei
pazienti e delle loro famiglie e alla redazione
di un programma nazionale contro l’Aids. Il
lavoro, implementato dalle Autorità libiche
con il sostegno della Commissione e degli
Stati Membri dell’UE, è ben avviato e la
Commissione per finanziarlo ha già stanziato
2 milioni di euro del budget comunitario.
Diversi Stati Membri dell’UE, inoltre, si sono
impegnati a contribuire all’iniziativa.
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L’infermiere 1/2007
a Federazione nazionale Ipasvi e la
Federazione nazionale dei Medici e
degli Odontoiatri hanno deciso di
promuovere un’azione comune per salvare la vita ai colleghi condannati a
morte in Libia. I Collegi e gli Ordini provinciali sono invitati a deliberare la propria adesione ad una
mozione congiunta che verrà presentata entro febbraio al Governo italiano per sollecitarlo ad
esercitare ogni forma di pressione possibile nei confronti delle
Autorità libiche per evitare che sia
dato corso a questo atto di inaudita
gravità.
Essere infermiere è una scelta di vita, oltre che una professione. A testimoniare le
ragioni profonde di questa scelta ci sono i
valori e i principi contenuti nel Codice deontologico che ogni infermiere si impegna a
rispettare nel momento in cui, a conclusione del proprio percorso formativo, entra a
far parte del gruppo professionale, accettando consapevolmente un ruolo sociale importante, spesso difficile e, per più aspetti,
ancora poco riconosciuto e valorizzato.
Questo giuramento pronunciato senza enfasi e clamore è sempre volto a difendere la
vita. Se fosse possibile, quella di tutta l’umanità dolente, al di là di ogni distinguo e di
ogni frontiera geografica, sociale, religiosa
e culturale.
Sappiamo bene che questa difesa disperata
della vita in un mondo aggredito da povertà, guerra, fame e morte può richiedere sacrifici che sfiorano l’eroismo. Come definire altrimenti infermieri e medici che partono ogni giorno per Paesi lontani a prestare
la loro opera nelle zone più reiette e dimen-
ticate? E, soprattutto come scambiare questi
eroi del nostro tempo per nuovi untori e seminatori di morte? Con quale scopo, poi, dovrebbero farlo? È questa la domanda che vogliamo porre ai giudici del tribunale libico
che il 22 dicembre 2006 ha confermato la
condanna a morte per le cinque infermiere
bulgare Kristiana Vulcheva, Nasya Nenova,
Valentina Siropulo, Valya Chervenyashka e
Snezhana Dimitrova e per il medico palestinese Ashraf Al Hagoug, detenuti fin dal 1999.
Il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha recentemente dichiarato che nessun uomo ha il diritto di togliere la vita ad un altro uomo, ma essere costretti a ricordarlo in questa circostanza e
per queste persone appare viepiù un paradosso e un insulto contro la ragione e la civiltà.
UNA CONDANNA
SENZA PROVE SCIENTIFICHE
L’accusa è di aver infettato intenzionalmente con il virus dell’Hiv oltre 400 bambini libici ricoverati nell’Ospedale pediatrico AlFateh di Benghazi, in cui lavoravano. Secondo le testimonianze su cui si basa il verdetto della Corte, il progetto criminale fu “preparato dall’intelligence israeliana per motivi
politici e per creare disordini” in Libia.
I sei imputati erano già stati condannati nel
2004, ma la sentenza era stata annullata per
effetto delle pressioni internazionali. Anche
il secondo processo, però, si è concluso con
una conferma della condanna, ignorando il
parere dei numerosi scienziati internazionali che dal 1998 in poi hanno visitato la Libia
per studiare il caso e curare i bambini.
Sia il Rapporto del 1999 dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), sia il Rap-
| Attualità / Formazione infermieristica
Cosa hanno detto...
porto del 2003 redatto su incarico dello stes- 100 firme di protesta e le ha consegnate in
so Governo libico da Luc Montagnier, uno ottobre alla missione libica presso le Naziodei co-scopritori dell’Hiv, e dall’italiano Vit- ni Unite. “Il Governo libico non vuole amtorio Collizzi, specialista di malattie infet- mettere che il suo ospedale abbia avuto una
tive dell’Università Tor Vergata di Roma, carenza di igiene che ha fatto propagare
sostengono che l’epidemia è stata di tipo l’Hiv”, ha spiegato Roberts. “Queste personosocomiale, causata dal riutilizzo di dispo- ne erano dei capri espiatori ideali: erano
sitivi sanitari contaminati. Tali conclusioni stranieri. Ed i libici sapevano che i Governi
sono state raggiunte sulla base dell’esame della Bulgaria e della Palestina non avrebdelle cartelle cliniche, dell’analisi di centi- bero potuto sollevare un polverone”.
naia di campioni di sangue e dell’osservaOggi circa 50 dei bambini infettati sono
zione delle modalità di erogaziomorti e le loro famiglie chiedono
ne delle prestazioni e dell’assicon forza che la punizione dei
stenza. Si è rilevato, per
colpevoli venga eseNessuna prova presunti
esempio, che le infusioni di
guita. L’anno scorso il Godi iniezione
albumina, un prodotto
verno libico ha comunicaematico non controllato,
to che la Bulgaria avrebbe
intenzionale
venivano normalmente utipotuto tacitare le famiglie e
di materiale
lizzate se un bambino semottenere la liberazione delcontaminato le persone accusate dalla legbrava debole e che bottiglie,
tubi e siringhe venivano spesso
ge islamica pagando 10 milioni
riutilizzati per più pazienti.
di dollari “di penale” per ciascun
Invece “non è stata trovata alcuna prova di bambino. La Bulgaria ha respinto la richieiniezione intenzionale di materiale conta- sta affermando che ciò avrebbe costituito
minato con il virus Hiv (bioterrorismo)”, un’ammissione di colpa; ma i diplomatici
hanno scritto Colizzi e Montagnier, sottoli- bulgari hanno anche fatto presente che taneando che “la stratificazione epidemiolo- le somma avrebbe portato il loro Paese alla
gica, in base al tempo del ricovero, della da- bancarotta.
ta della sieropositività e dei risultati dell’ana- In realtà, la lettura degli atti processuali è
lisi molecolare, esclude del tutto questa even- inquietante: sembra la trama di un film di
tualità”.
spionaggio, in cui loschi interessi e oscuri
“In questo tribunale la scienza non è stata giochi di potere prevaricano il destino di
rispettata; senza le prove scientifiche questo persone innocenti. Le vittime di questa brutprocesso non potrà mai essere considerato ta storia sono numerose: in primo luogo i
equo”, ha commentato il Nobel in Fisiolo- bambini, ma anche chi, volendo assisterli e
gia e Medicina Richard Roberts, che ha rac- curarli, si è trovato nel posto sbagliato al mocolto tra i suoi colleghi vincitori del Nobel mento sbagliato.
“Non possiamo assolutamente accettare
questo verdetto e siamo fiduciosi che la
questione sarà rimandata a un’autorità
superiore. Spero fermamente che venga
concessa la clemenza al personale sanitario
con lo stesso spirito di reciproco rispetto e
compassione umana che ha caratterizzato il
dialogo intenso tra l’Unione Europea e i
familiari dei bambini di Benghazi”. Benita
Ferrero-Waldner, Commissario europeo per le
Relazioni estere e la politica dei Paesi
“La collaborazione con l’UE deve essere
basata sui diritti fondamentali e non si può
nemmeno immaginare che tali esecuzioni
possano aver luogo”. Franco Frattini,
Commissario europeo della Giustizia
“Dal punto di vista dei diritti umani e nel
quadro dei valori europei, la Fepi si dichiara
fermamente contraria alla pena di morte e
chiede un atto di clemenza al Governo libico
... Riconoscendo che il problema del controllo
dell’Aids, proprio per la sua complessità, non
possa ricadere esclusivamente sulla
responsabilità dei professionisti della salute,
si impegna ad operare per un concreto
coinvolgimento delle istituzioni internazionali,
oltre che dei singoli Stati”. Loredana Sasso,
Presidente della Federazione europea delle
professioni sanitarie
“Siamo costernati dalla decisione della Corte
libica di condannare a morte le cinque
infermiere bulgare e il medico palestinese.
La decisione odierna rifiuta di considerare
i fatti e l’evidenza che dimostrano
chiaramente che i bambini erano stati
infettati prima che questi operatori
arrivassero in ospedale. Quanti altri bambini
moriranno negli ospedali libici mentre
il Governo ignora le radici del problema?
Se esiste una speranza di giustizia per
queste infermiere e per il medico, chiediamo
che la Suprema Corte d’appello annulli le
sentenze di morte”. International Council of
Nurses (Icn) e World Medical Association
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