Quale bussola per una società senza orientamento? Una analisi del

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Quale bussola per una società senza orientamento? Una analisi del
CHIESA DI CRISTO IN POMEZIA
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Roberto Tondelli
Quale bussola per una società
senza orientamento?
ROMA 2015
Solo per fede
Si appiccia il lume nell’ora delle tenebre
Perché serva forse
Ad allumare l’ora che verrà
Se non diversamente indicato, le citazioni bibliche sono tratte dalla Versione Riveduta (G. Luzzi).
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Quale bussola per una società senza orientamento?
© Proprietà letteraria riservata – Roberto Tondelli, marzo 2015
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Synopsis
What compass for a society with no orientation?
The well-known work sociologist Domenico De Masi (University of Rome, La Sapienza), in his
book Mappa Mundi (2014), writes that “all post-industrial society lacks an intellectual basis.
That causes a profound disorientation for which we are no more capable to distinguish what
is good and what is evil, what is beautiful and what is ugly, what is left and what is right,
even what is male and what is female, what is alive and what is dead…. I maintain that as
soon as possible it is necessary to elaborate a pattern having universal value and the best of all
previous patterns, discarding the negative aspects” (emphasis mine).
Though De Masi’s thesis is obviously primarily sociological and political, it also allows moral
spiritual considerations.
First, his words strike for their humility in admitting “profound disorientation”. True culture is
always humble.
Second, the lack of capability in distinguishing good and evil, and so on, is clearly determined
by a lack of criterion in doing so. For all the NT writers it is quite clear that such a criterion
does exist, though Christians tend sometimes to forget it and non-Christians to neglect it. Christ
is the only master and guide, which should be read as an existential, not a rhetorical, statement
(Mtt. 23:8 ff.).
Third, De Masi’s very words are the unmistakable sign of a general situation of moral spiritual
laxity, a situation lamented by all the prophets (e.g. Judges 21:25!), Christ and the apostles.
Evidence of such a laxity is the situation of people engaging in multiple marriages/remarriages,
separations because of personal, temper, private, sometimes egotistic and/or intolerance
motivations, each of which should be carefully and prayerfully considered, and wisely judged in
the light of the Scriptures. But such an attentive course is quite different from the “leave them in
the hands of the Lord” and “live and let live” approaches. Conscience and personal
responsibility are not to be underestimated (quite to the contrary), just as it is not to be
underestimated the “honor” the Lord links to marriage life (Heb. 13:4).
Fourth, laxity brings recklessness along with it, as even the eye of the man in the street (not just
the sociologist) can tell at a glance. Much more should tell so the (inner) eye of a Christian,
whose mind should be renewed (Greek, metánoia) by the spiritual moral knowledge of Christ.
But when the mind is corrupted by the spirit of this world (particularly by the demons of evil
use of sexuality and economic interest in marriage, separation, divorce, remarriage, etc.), then
the very last sociological – and more than that, moral spiritual – distinction between “what is
alive and what is dead” comes to nothing. Moral spiritual death is behind the corner. The
individual is in such a state that the consent of just a few ones, as disoriented as he is, to his
disoriented behavior is sufficient to make him/her feel his/her conduct to be not that wrong after
all. If others can do so and tell me it is all right to do so, then why I could or should not do so?
Not a new refrain. The individual is thus led to believe and practice what he chooses to believe
and practice – which is the Greek meaning of the NT word heresy (Gk. verb aireomai).
Fifth, it is here proposed that man, woman, society have lost orientation simply because they
have lost – sometimes willingly – that precious compass which is the conscience lit up by the
New Testament of Christ. Paraphrasing Descartes one might say I think, thus I believe. Which
can also be reversed, I believe, thus I think. Individual conscience led by the will of the Lord
can reach genuine moral spiritual orientation and salvation. R.T. 
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Quale bussola per una società senza orientamento?
Ai giovani disorientati dagli adulti
Nel volume Mappa Mundi (2014) l’autorevole sociologo del lavoro Domenico De Masi,
dell’Università di Roma, La Sapienza, scrive:
Tutta la società postindustriale, non solo l’Occidente, manca di una base intellettuale. Ciò
determina un profondo disorientamento per cui non siamo più capaci di distinguere cosa è
bene e cosa è male, cosa è bello e cosa è brutto, cosa è sinistra e cosa è destra, persino
cosa è maschio e cosa è femmina, cosa è vivo e cosa è morto... io sostengo che occorre
elaborare la più presto un modello che abbia valore universale e che unisca il meglio di
tutti i modelli precedenti, scartandone gli aspetti negativi.1
Ovviamente, la tesi di De Masi non è primariamente morale e spirituale, bensì sociologica e
politica. Egli analizza infatti quindici modelli del passato e del presente,2 fornendo una vera e
propria mappa delle civiltà sperimentate dall’uomo nel corso della sua storia millenaria. Per
ogni modello De Masi indica ciò che salverebbe e ciò che eliminerebbe, al fine di ottenere il
materiale necessario per progettare un “modello nuovo”, capace di orientare la nostra società
disorientata. Si comprende tuttavia che quando egli, con strumenti sociologici e quindi
scientifici, rileva nella società mancanza di base intellettuale, disorientamento e incapacità di
distinzione etica, ciò non può che sollecitare una riflessione anche sul piano morale spirituale, il
che è quanto qui vorrei proporre.
1. La prima cosa che colpisce nelle parole del dotto sociologo è l’umiltà con cui ammette il
disorientamento “profondo” che provoca la mancanza di criterio per “distinguere” il bene dal
male, il bello dal brutto e così via. La vera cultura è sempre umile. L’umiltà è riconoscere di non
farcela da soli, riconoscere il bisogno d’aiuto, ma nel contempo nutrire il desiderio fattivo di
1
Angelo Roma (a cura di), Domenico De Masi. Modelli di vita per una società senza orientamento, in
Almanacco Youbi, aprile 2013-aprile 2014, 134 ss.
2
De Masi esamina i modelli indiano, cinese, giapponese, classico-rinascimentale, cristiano, musulmano,
protestante, ebraico, illuminista, liberale, socialista, industriale capitalista, industriale comunista,
postindustriale, brasiliano.
4
aiutarsi a risollevarsi, a ritrovare capacità e criteri perduti. L’umiltà è la prima condizione per
aiutare l’individuo e la società. Ci si può chiedere se la mancanza di “base intellettuale”
lamentata da De Masi non abbia forse qualcosa a che vedere con la decisione dei più di vivere
senza un’autorità autorevole da cui farsi guidare nei vari momenti dell’esistenza. È un dato di
fatto sociologico che molti hanno deciso di vivere senza Dio o a prescindere da Dio, e certo
senza curarsi di un qualsivoglia volere di Dio. L’umiltà, cristianamente intesa, tende invece a
riconoscere la nostra dipendenza da Dio e, dopo aver fatto il possibile, rimettere ogni cosa nelle
mani di lui. È stato rettamente osservato che “col Padre nostro non si governa” (Norberto
Bobbio), cioè che non si può imporre per legge né l’Evangelo né la fede che da esso scaturisce.
Forse però un ritorno dell’uomo a una dimensione più umana, e quindi più vicina a Dio, non gli
farebbe male, anzi gli gioverebbe da ogni punto di vista esistenziale.
2. De Masi lamenta a ragione la perdita di capacità nel distinguere il bene dal male, il bello dal
brutto. Ma operare queste distinzioni significa essere dotati di un metro, di una misura, di un
criterio per distinguere. All’inizio della bella lettera di Paolo ai filippesi c’è la preghiera
dell’apostolo per loro affinché sappiano “discernere il bene dal male”. Agli efesini scrive che
“leggendo” le Scritture è possibile ottenere la “intelligenza” delle cose di Dio, cioè la
comprensione di ciò che è bene per la salute morale spirituale della persona. Ancora agli efesini
ricorda che il frutto delle cose che Dio ama sta in tutto ciò che è “bontà, giustizia e verità”
secondo Cristo. Pietro scrive che mediante la conoscenza delle Scritture si può evitare ignoranza
e instabilità, errore morale e corruzione, che sono il risultato di “scelte che portano alla
perdizione”.3 Per gli scrittori del Nuovo Testamento, ispirati da Dio, è chiaro che i criteri per
distinguere il bene dal male e il bello dal brutto – moralmente parlando – esistono.
Purtroppo talvolta si abbandona o si trascura il criterio distintivo tra buono e cattivo secondo
Dio, si rinuncia all’intelligenza delle cose come le vede Dio per lasciarsi indurre a giudizi
superficiali (“secondo apparenza”) determinati in genere da: sentimentalismo (sentimenti spuri,
superficiali), vittimismo (si fa la vittima mentre si è persecutore), pregiudizio (forse l’elemento
più subdolo), calunnia e maldicenza (vezzosi elementi, efficaci catalizzatori di confusione e
quindi di indistinzione etica).
3
Tale è il senso dell’espressione “eresie di perdizione” (2 Pt 2,1b). Anche i cristiani possono perdere
l’orientamento, al punto da rigettare di fatto il volere buono di Dio per “scegliere” (greco, aireomai)
invece volontà estranee a quella divina, seguendo le quali si finisce per “diffamare” Cristo (2 Pt 2,2).
5
In un certo senso l’uomo si ritrova sempre di fronte all’albero della “conoscenza del bene e del
male”; vale a dire o indipendenza e autonomia rispetto a Dio (è la corsia preferenziale che si sta
seguendo) o dipendenza, riconoscimento e gratitudine verso Dio (è la via indicata da Cristo).4
Il discepolo di Gesù riconosce che un maestro di vita e di etica c’è ed è unico. Una guida morale
e spirituale esiste ed è unica. Con acuta punta polemica verso maestri e guide d’ogni tempo e
luogo, Gesù Cristo stesso si proclama maestro “unico”, guida “unica” (Matteo 23,8 ss.). Peccato
che l’uomo postmoderno non sappia più distinguere il bello dal brutto. Invece nel Nuovo
Testamento Gesù spiega bene che ciò che è buono è anche bello, bello secondo Dio e non in
senso puramente estetico – l’ossessione per l’estetica corporale nasconde troppo spesso vanità,
superficialità, presunzione, orgoglio; cioè appunto bruttezza.
La (in-)distinzione tra maschio e femmina, richiamata da De Masi, è all’origine della vicenda
umana. Dio creò l’uomo maschio e femmina. Una traduzione meno elegante ma più fedele
all’originale è che Dio li creò “uomo” e “uoma”. Erano entrambi belli e buoni. Ogni cosa era
buona e bella nel creato, prima che decidessimo di fare come se Dio non ci fosse, di vivere a
prescindere da lui, cioè dal nostro stesso Bene. In Paolo riecheggia questa bontà originaria
quando afferma che “nel Signore” né l’uomo è senza la donna né la donna è senza l’uomo.
Pietro attesta che il marito deve onorare la moglie, la quale è erede anche lei della “grazia”
vitale in Cristo.
La (in-)distinzione tra destra e sinistra può richiamare quella nota parola di Gesù: quando fai
un’offerta al povero “non sappia la tua sinistra quello che fa la destra”. Il contesto dice che si
tratta di un insegnamento polemico contro la superbia e la vanagloria di coloro che fanno il bene
solo se ne traggono un tornaconto personale, o di chi si comporta bene solo se può farsi notare
dall’occhio sociale. Si tratta di persone che fanno il bene per egoismo e ipocrisia, cioè per
motivi moralmente errati che annullano il bene fatto. Guardiamoci intorno (e esaminiamoci
dentro); è proprio così difficile valutare chi fa una cosa buona per mostrarsi al pubblico e chi
invece compie il bene per amore, solo per amore?5 È proprio tanto difficile giudicare chi agisce
per interesse personale e chi invece lotta per ciò che è buono e bello secondo Dio? È davvero
4
Cfr. Fausto Salvoni, I due alberi del paradiso terrestre: Il Seme del regno (1954) 264.
Qui si imporrebbe la lettura dello studio molto bello di Roland De Pury, Giobbe, l’uomo in rivolta
(1962), o almeno una rilettura dei primi capitoli del libro di Giobbe.
5
6
così complicato riuscire a distinguere chi si dà da fare per carpire il consenso degli altri e chi
invece opera per semplice ubbidienza al Signore?
La pur sintetica analisi di De Masi consente ulteriori considerazioni.
3. L’incapacità di distinguere “cosa è bene e cosa è male, cosa è bello e cosa è brutto, cosa è
sinistra e cosa è destra, persino cosa è maschio e cosa è femmina, cosa è vivo e cosa è morto...”
è il segno inequivocabile di una situazione di generale lassismo morale spirituale, cioè di
quella sregolatezza che la Bibbia ebraica, con la sua semplice ma efficace filosofia della storia,
descrive in modo lapidario: “Ognuno fa ciò che gli pare meglio” (Giud 21,25; non al passato ma
al presente profetico!). Una condizione, questa, lamentata pure da tutti i profeti che hanno
esortato al bene, ad evitare il male, a non contraffare il bene col male (Is 5,20; 7,15; Ger 4,22;
Amos 5,14; Mic. 3,2). Non dovrebbe esser necessario ricordare in quali e quante occasioni Gesù
e gli apostoli si sono pronunciati contro la colpevole mancanza di distinzione fra il bene e il
male. Purtroppo però, il disorientamento e l’incapacità di distinguere che caratterizzano la
società attuale, sono gradualmente penetrati anche nella società dei cristiani (di qualunque tipo),
che pure affermano di voler seguire l’Evangelo. Solo qualche esempio, per chiarire.
Le situazioni di matrimoni/divorzi multipli, separazioni e scioglimenti matrimoniali per
situazioni del tutto personali, caratteriali, privatistiche, talvolta forse egoistiche, talaltra forse
insopportabili, possono (debbono) essere ben considerate, valutate, chiarite, giudicate in base
alle Scritture. Eppure si afferma il contrario, cioè che queste situazioni non possono (non
debbono) essere valutate né giudicate qui e ora, per mantenere invece un approccio più sobrio,
informato piuttosto al vivi e lascia vivere. Conviventi, sposati per varie volte, mariti di mogli
successive, mogli di mariti successivi, padri di figli avuti da diverse mogli o compagne…
andrebbero lasciati al Signore.
Non è certo il caso di sottovalutare la responsabilità personale e di coscienza in queste situazioni
(tutt’altro), ma si dovrà pur spiegare che cosa mai significhi, ad esempio, l’esortazione “sia il
matrimonio tenuto in onore da tutti” (Eb 13,4 v. contesto); e ci si dovrà chiedere se ciò che ai
tempi apostolici era onorevole sia oggi cambiato per il Signore.
In una situazione di disorientamento e quindi di sregolatezza e di indistinzione del bene dal
male, le forze in gioco sono comunque numerose e potenti; consideriamone ad esempio due, il
cattivo uso di sessualità e interesse economico. Sregolatezza e mancanza di orientamento
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consentono a queste due forze formidabili di scatenarsi; ed infatti le pulsioni sia sessuali sia
economiche possono giocare ruoli di primaria importanza nelle scelte individuali di chi si sposa,
o si risposa, o si accompagna, o si riaccompagna per la seconda, terza, ennesima volta.
Ecco un marito innamoratissimo della moglie, alla quale si dedica anima e corpo, alla quale
pure intesta i propri beni. Hanno due figli, sembrano una famiglia felice. Improvvisamente lei
s’innamora d’un’altro e propone al marito la convivenza a tre (appunto: disorientamento,
sregolatezza). Lui rifiuta recisamente, e in breve si ritrova sul lastrico.
Un discepolo viene aiutato moralmente e spiritualmente dai fratelli a superare una sua scelta
infelice ed erronea. Egli arriva a comprendere il proprio errore. Se ne ravvede pubblicamente e
abbandona quella sua condotta. Tutta la famiglia del Signore se ne rallegra, ne è lieta, tutti
partecipano commossi alla stessa festa morale spirituale cui partecipano persino gli angeli. Poi
però, grazie a ripetuti e vari interventi esterni di zelanti amici, quel discepolo torna sulla sua
decisione precedente e, grazie al loro consenso, torna alla sua scelta iniziale. Sconcertante.
Eppure il fenomeno sociologico della intrusione volgare e interessata nelle comunità religiose è
tutt’altro che raro (appunto: disorientamento, sregolatezza).
Ecco un credente che bacia con santi baci, abbraccia e prega commosso coi fratelli che lo hanno
aiutato ad uscire dalle sabbie mobili di una difficile situazione morale. Ma poco tempo dopo
egli torna a gettarsi nella stessa palude, portando anzi con sé altri, i quali ritengono così di aver
raggiunto un “bene” maggiore in Cristo, una “bellezza” spirituale più alta. Talvolta può forse
essere difficile – non impossibile – valutare situazioni e intervenire con cura e per amore, ma
non dovrebbe essere affatto complicato riconoscere almeno il caso di una evidente doppiezza
d’animo, a meno che non si sia proprio disorientati e scriteriati.
Una coppia ha allevato con cura i propri figli. Un giorno il figlio presenta la sua fidanzata ai
genitori. Poi si viene a sapere che lei è stata sposata con due precedenti mariti e ha un figlio da
ogni matrimonio. Grande sconcerto, apprensione, preoccupazione nel padre e nella madre del
giovane. Il quale però non sente ragioni e sposa la donna. Hanno un figlio, e quando tutta la
famiglia allargata si ritrova assieme non si sa più chi è il padre di chi, chi è la madre di chi, chi
è il consuocero di chi ed è arduo discernere chi è fratello o sorella di chi, e con quale grado di
fratellanza, perché nel frattempo i primi due mariti della donna si sono riaccompagnati/risposati,
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hanno avuto figli da altre donne, le quali erano state sposate in precedenza e avevano altri
figli… (appunto: disorientamento, sregolatezza).
4. Sappiamo dall’Evangelo e dall’archeologia che una delle immagini care ai primi cristiani era
quella del pastore che reca intorno al collo la pecorella ritrovata per ricondurla all’ovile. Il
fratello o la sorella che esercitano realmente la cura spirituale morale delle anime cerca di
andare a liberare dai rovi la pecorella. Ma il disorientamento in cui l’animale sperduto si trova
può rivelarsi molto pericoloso, perché può generare in esso paure, isterie, caparbietà,
irresponsabilità, cattiverie, malignità, reazioni malvage d’ogni tipo... E il pastore può trovarsi
dinanzi non la pecorella desiderosa di libertà, ma un caprone che attacca e ferisce il malcapitato
che con amore cercava di esortare, aiutare, consigliare per il bene.
Per i cristiani, il disorientamento e l’incapacità di distinguere il bene dal male sono spesso
dolosi; si tratta cioè di disorientamento e incapacità colpevoli sia moralmente sia spiritualmente.
È questo il frutto più amaro del lassismo, della sregolatezza, che caratterizzano la società
postindustriale (fenomeno atteso), ma che penetrano anche nel modo di pensare di molti
credenti, purtroppo. Così la “mente rinnovata” (metànoia) dalla conoscenza spirituale morale
del Cristo viene corrotta dallo spirito del mondo. Il credente si conforma “a questo secolo”,
rinuncia allo sforzo di “conoscere per esperienza quale sia la volontà di Dio, buona, accettabile
e perfetta”, perché vuole e decide di adattarsi, di credere, di affidarsi alla volontà delle persone
del mondo (Rom 12,2 s.).6 Quando i dèmoni del cattivo uso della sessualità e dell’interesse
economico si scatenano, c’è forse qualcosa di più piacevole che ascoltare ciò che le proprie
orecchie vogliono sentire?
In questo modo cade purtroppo anche l’ultima distinzione sociologica e morale, quella fra “cosa
è vivo e cosa è morto”. Il credente che si adatta allo spirito del mondo pensa d’essere vivo,
invece sta morendo. Muore infatti in lui il sobrio concetto di se stesso (si ritiene superiore agli
altri, non ha bisogno di ascoltarne il consiglio, Rm 12,3); muore il suo senso della misura della
fede che Dio gli ha assegnata (ha fede in se stesso, perciò tende facilmente a prestare fede a ciò
che è falso, Rm 12,3); muore in lui ogni relazione col “corpo unico di Cristo” (trova quindi la
6
Il testo di Rm 12,2 parla proprio di “discernere quello che Dio vuole, ciò che è buono, gradito e
perfetto” (ed. UTET, 1963). Nonostante ciò, secondo alcuni, questo discernimento sarebbe impedito, nel
campo delle relazioni matrimoniali interrotte e poi riprese con altri partner, da una volontà di Dio non
chiara, o non ben rivelata, o non bene espressa, o forse poco comprensibile. Strano che proprio in un
ambito tanto umano e delicato Dio si sia espresso in modo così fluido.
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comunione con qualche forma frastagliata che gli si adatta, Rm 12,5; si noti qui l’aggettivo
“unico”); muore in lui ogni senso della condivisione comunitaria dei doni ricevuti da Dio (esalta
invece il proprio individualismo, Rm 12,6 ss.); muore in lui l’amore (che diventa vittimismo
ipocrita, Rm 12,9); muore in lui ogni desiderio di “aborrire il male” e di “attenersi fermamente
al bene” (proprio perché non distingue più il bene dal male, Rm 12,9; si noti il significativo
verbo “aborrire” e l’avverbio “fermamente”); muore in lui ogni significato reale di “amore
fraterno” (non distingue più infatti chi lo previene nell’onore in Dio, anche per esempio nelle
questioni matrimoniali, e chi invece lo aiuta sulla via del disonore, Rm 12,10); muore in lui ogni
desiderio buono di coltivare “un medesimo sentimento” in Cristo (per aderire invece allo
sfruttamento dei sentimenti prodotto dal contrario dell’umiltà che è presunzione, Rm 12,16);
muore in lui ogni senso della veracità in Dio (in mancanza di argomenti adotta di solito la
maldicenza come arma di difesa e ritorsione, Rm 12,19).
La situazione diviene paradossale, perché la morte morale spirituale ghermisce l’individuo
proprio quando egli si ritiene al colmo della sua scelta di vita: mi ri/sposo… ri/comincio a
vivere… ri/parto con una persona nuova al mio fianco…7
L’animo dell’individuo – disorientato, senza criterio, impaurito, indeciso e deciso al contempo –
è tale che gli basta il minimo consenso di qualcuno alla sua condotta perché subito questa gli
sembri già meno grave di quanto gli era stato prospettato da altri.8 È per questo che Eva e
Adamo si scambiarono il famoso frutto vietato. È per questo che Anania e Saffira si
accordarono nel loro intento bugiardo.
È il vicendevole consenso che fa apparire meno erronea, quasi gradevole, anzi accettabile anche
una scelta errata. È il consenso che la rende paragonabile a situazioni analoghe: se lo fanno gli
altri perché io no? Se lo hai fatto tu, perché io non posso? È il consenso che fa di un errore una
7
Si prescinde qui da situazioni eccezionali, p.es. quella del vedovo o di chi, avendo cercato invano di
allontanare il coniuge dalla fornicazione, lo lascia e, dopo un tempo congruo, si risposa (Mt 19,9).
8
La psicologia dell’individuo e la facilità con cui, specie il giovane, aderisce alle insistenze degli adulti
(famigliari, parenti, amici) che gli indicano una infelice strada esistenziale viene studiata molto bene da
A. Manzoni nell’incipit del capitolo in cui la giovane Gertrude accetta il religioso consiglio sciagurato e
interessato dei famigliari: “Vi son de’ momenti in cui l’animo, particolarmente de’ giovani, è disposto in
maniera che ogni poco d’istanza basta a ottenerne ogni cosa che abbia un’apparenza di bene e di
sacrifizio: come un fiore appena sbocciato, s’abbandona mollemente sul suo fragile stelo, pronto a
concedere le sue fragranze alla prim’aria che gli aliti punto d’intorno. Questi momenti, che si dovrebbero
dagli altri ammirare con timido rispetto, son quelli appunto che l’astuzia interessata spia attentamente, e
coglie di volo, per legare una volontà che non si guarda” (I promessi Sposi, X). Spesso si vincola “una
volontà che non si guarda”, per la quale cioè non si nutre vero rispetto. Il tempo si incarica poi di
manifestare i drammatici risultati di tutto ciò.
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scelta non proprio condannabile e in fin dei conti, a pensarci bene... la rende perfettamente
aderente alla stessa “volontà di Dio”. È così facile alla mente umana mentire a se stessa. Mentire
a se stessi è più naturale che mentire agli altri. Si tratta di credere ciò che si sceglie di voler
credere.9 Si cede semplicemente e naturalmente alla propria volontà dominata tra l’altro da
vettori potenti quali sono la sessualità e l’interesse economico. A questo punto, scambiare la
propria volontà per la santa volontà di Dio può essere rinfrescante, rassicurante e facile, più che
mangiare un gelato al pistacchio di Bronte in una calda serata estiva.
5. Nelle parole di De Masi, “la mancanza di una base intellettuale” – cioè il criterio biblico, per
il cristiano – “determina un profondo disorientamento, per cui non si è più capaci di distinguere
cosa è vivo e cosa è morto”. Alla fine è questo il frutto tragico della trappola del lassismo, in cui
si rischia continuamente di cadere se non si bada ai propri passi, come dice la Scrittura.
Forse l’uomo, la donna, la società sono senza orientamento perché si è perduta, volentieri, la
sola bussola capace di indirizzare al bene vero voluto da colui che è il solo Buono, cioè Dio.
Questa bussola è la coscienza illuminata dal Nuovo Testamento di Cristo.
Purtroppo, quando la coscienza viene diseducata al bene verace, svilita da cattivi esempi,
abbeverata da maldicenza, umiliata nell’ignoranza, oscurata da mancanza di letture e di studio,
da mancata riflessione sulla parola magistrale di Cristo, quando la coscienza viene educata da
ignoranza e da instabilità caratteriale, da immaturità morale spirituale, da infantile caparbietà, la
coscienza stessa perde la “memoria” (in Cristo), la cognizione (di Cristo), il senso stesso della
riflessione (in Cristo), perde la propria “base intellettuale” (in Cristo). Cioè, l’intelletto si
“ottenebra”, secondo la parola profetica del Nuovo Testamento (Ef 4,18).
Eppure non bisogna demordere, non bisogna arrendersi né tantomeno smettere di sperare e
pregare. Anche in mezzo alla palude può nascere un bel fiore. Per l’Alzheimer spirituale morale
esiste una terapia. Il disorientamento può essere superato mirando alla luminosa Stella
mattutina, che è il Cristo. Paura e diffidenza possono essere vinte con l’amore disinteressato e
non ipocrita: “L’amore sia senza ipocrisia” (Rom 12,9). L’ignoranza può essere fugata
crescendo nella conoscenza/esperienza di Cristo, come consiglia Pietro. L’instabilità può essere
controllata con la fermezza nella nobile parola etica di Cristo.
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Il Nuovo Testamento definisce questo stato di cose come “eresia”; cfr. n. 3.
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Se è possibile, se è mai possibile, occorre fermarsi. Arrestarsi a pensare. A riflettere: che il
corpo10 è più del vestito; che la vita è più del cibo; che la persona che ho davanti a me conta più
del videomessaggino che sto ricevendo; che è ben difficile intrattenere relazioni umane veraci
con facebook; che il prossimo – figli, genitori, fratelli, amici, conoscenti, sconosciuti – non va
usato mai e in nessun caso, neppure a fin di bene, né tantomeno va abusato, perché quel
prossimo è la sola immagine sacra che Dio ci ha lasciato di Sé (vedi n. 8).
Il Nuovo Testamento non può certo essere imposto giuridicamente – quasi fosse una cristiana
sharī’a –, forse però l’analisi sociologica, come pure quella biblica, possono considerare che per
ritrovare l’orientamento, operare distinzioni, aderire a significati e criteri necessari a vivere in
Dio, solo Buono, occorre rimettere la persona umana al centro. Cioè rimettere a fuoco colui che
ha saputo proporre il modello universale più alto, Cristo Gesù Signore.
Il Lettore avrà già notato per proprio conto come l’analisi puntuale di De Masi ricordi certi
aspetti del racconto biblico della Torre di Babel, da leggersi non come mero racconto di un
mitico passato, bensì come profetico Monumento alla Confusione che genera disorientamento
per via dell’ancestrale voglia dell’uomo di indipendenza e autonomia.
L’analisi del disorientamento in altri ambiti dell’esistenza e dei criteri per superarlo potrebbe
qui continuare. I frutti mortali del disorientamento, della carenza di base intellettuale e del
discernimento etico non si esauriscono certo in queste note o nell’ambito ristretto, ma pur
rilevante, della vita a due. Se il Lettore ritiene che qui sia stato presentato qualche elemento
buono, potrà proseguire l’analisi per proprio conto, applicandola ai mutevoli e variegati aspetti
dell’esistenza, magari parafrasando il detto cartesiano: Cogito ergo credo; penso, dunque ho
fede. Che si può anche leggere al contrario: ho fede, quindi penso. Le due sentenze sono
soggette a condizioni: che si sappia come si fa a pensare e che la fede sia verace. Sempre
badando, però, che fare il copia e incolla nella vita produce mostri.
10
Mi riprometto di studiare in futuro come viene presentato il “corpo” nella Bibbia: la corporeità, la
fisicità dell’individuo; il corpo come strumento di azione buona ma anche come mezzo per operare il
male; se sussiste o meno una distinzione così netta (neognostica?) tra corporeità e spiritualità, ecc.
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