Dei - LuniLicei
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Summer School 2014 Per una didattica della Shoah – terza edizione Intervento di Fabio Dei (Università di Pisa) Abstract e riferimenti bibliografici Il film “L’onda” si basa sulla tradizione di studi di psicologia sociale volti a chiarire i meccanismi di “obbedienza all’autorità” e di “produzione dell’indifferenza”: vale a dire il fatto che in determinati contesti sociali e relazionali la coscienza morale degli individui può esser messa da parte o disattivata (condizione di “eteronomia”), rendendo possibili comportamenti violenti e crudeli verso altri esseri umani. Il paradigma di questi studi sono i celebri esperimenti american condotti da Stanley Milgram (1974) e Philip Zimbardo (2008): per l’Italia si possono vedere i lavori di Adriano Zamperini e Marcella Ravenna. Su queste idee sono basati in gran parte importanti contributi allo studio della Shoah, come Modernità e olocausto di Z. Bauman (1989), Uomini comuni di C. Browning (1992) e Di fronte all’estremo di T. Todorov (1991). Queste teorie poggiano più o meno direttamente sul concetto di “banalità del male” elaborato da Hannah Arendt a proposito del caso Eichmann. Questo concetto, diventato col tempo quasi senso comune, è oggi sottoposto ad alcuni ripensamenti e revisioni. In particolare, occorre notare come la possibilità della violenza sembra discendere, per Arendt e i suoi seguaci, dalla sospensione di una coscienza naturale o universale – dunque da una mancanza, da un’assenza. L’influenza del sociale consisterebbe nel togliere qualcosa, nel mutilare la soggettività di una funzione che dovrebbe normalmente esserci: nel produrre un “vuoto” laddove si supporrebbe esistere un “pieno” di valori o sentimenti elementari, uguali per tutti. Un modello alternativo è rappresentato dalle teorie che insistono sul nesso tra violenza ed esercizio del potere: in ottica foucaultiana, la possibilità di compiere la violenza è legata al modo in cui forme specifiche di potere costituiscono la soggettività e i corpi. La versione forse oggi più fortunata di questo approccio è quella che fa capo al concetto (sempre elaborato da Foucault) di “biopotere”: un approccio rappresentato ad esempio dal pensiero di Giorgio Agamben e in particolare dal volume Homo sacer (1995). Per Agamben, la “ domanda corretta rispetto agli orrori commessi nei campi non è quella che chiede ipocritamente come sia stato possibile commettere delitti tanto atroci rispetto a degli esseri umani”: occorre piuttosto “indagare attentamente attraverso quali procedure giuridiche e quali dispositivi politici degli esseri umani abbiano potuto essere così integralmente privati dei loro diritti e delle loro prerogative, fino a che commettere nei loro confronti qualsiasi atto non apparisse più come un delitto”. Non è dunque una “assenza” ma un dispositivo giuridico-politico che apre lo spazio del male. Tuttavia anche il modello di Agamben non prende abbastanza sul serio la concretezza della violenza, la modalità della sua costruzione culturale: la riconduce piuttosto a caratteristiche generalissime di un potere che si manifesta sulla scala di una filosofia della storia universalista. L’alternativa che vorrei in definitiva proporre è quella di un approccio etnografico alla violenza, in grado di comprenderne i significati culturali e in modi in cui viene appresa, trasmessa, incorporata fino a divenire parte dell’habitus dei perpetratori (rimando per approfondimenti di questa prospettiva a Dei, Di Pasquale 2013) . Riferimenti bibliografici: Agamben G., 1995, Homo sacer. Il potere sovrano e la nuda vita, Torino, Einaudi. Arendt, H., 1963, Eichmann in Jerusalem, New York, Viking (trad. it. La banalità del male, Milano, Feltrinelli, 1964) Bauman Z., 1989, Modernity and the Holocaust, Ithaca, Cornell University Press (trad. it Modernità e olocausto, Bologna, il Mulino, 1992). Benjamin W., 1955, Schriften, Frankfurt a. M., Suhrkamp Verlag (trad. it Angelus Novus. Saggi e frammenti, a cura di R. Solmi, Torino, Einaudi, 1962). Browning C.R., 1992, Ordinary Men. Reserve Police Battalion 101 and the Final Solu- tion in Poland, New York, Harper Collins (trad. it. Uomini comuni. Polizia tedesca e “soluzione finale” in Polonia, Torino, Einaudi, 1995). Burgio A., Zamperini A. (a cura di), 2013, “Identità del male. La costruzione della violenza perfetta”, numero monografico di Psicoterapia e scienze umane, XLVII (2). Dei, F., 2013, “Spettri del biopotere”, in Storie di questo mondo, a cura di F. Bachis, A.A. Pusceddu, Roma, CISU. Dei, F., Di Pasquale, C. a cura di, Grammatiche della violenza. Esplorazioni etnografiche tra guerra e pace, Pisa, Pacini. Gatti, F., 2007, Bilal. Viaggiare, lavorare, morire da clandestini, Milano, Rizzoli. Milgram S., 1974, Obedience to Authority, New York, Harper & Row (trad. it. Obbedien- za all’autorità, Milano, Bompiani, 1975). Todorov T., 1991, Face a l’extrême, Paris, Seuil (trad. it. Di fronte all’estremo, Milano, Garzanti, 1992). Zimbardo, Ph. C., 2008, The Lucifer Effect, Stanford, Stanford University Press (trad. it. L’effetto Lucifero, Cattivi si diventa, Milano, Cortina, 2008)