1968, relativo alla determinazione di norme di qualit per i fiori recisi

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1968, relativo alla determinazione di norme di qualit per i fiori recisi
1968, relativo alla determinazione di norme di qualità per i fiori recisi e il
fogliame fresco, che gli esperti giudicano troppo generico.
4. IL FLOROVIVAISMO E L’AMBIENTE
Le principali problematiche ambientali che il settore si trova ad affrontare
sono essenzialmente due: elevato consumo di acqua e di energia.
Negli ultimi anni si sono avviate alcune iniziative nei singoli “distretti” al
fine di affrontare le suddette tematiche, offendo in queste sedi non solo una
maggiore informazione circa le problematiche in esame, ma anche alcune
soluzioni tecnologiche e/o organizzative, che sono state di fatto impiegate
e che potrebbero avere una maggiore diffusione, consentendo così di
affrontare con maggiore efficacia i problemi ambientali.
Infine, occorre sottolineare che molte di queste iniziative sono state
condotte in collaborazione con istituti di ricerca e università, a
dimostrazione di come si possa giungere a positivi risultati quando si
innescano meccanismi di collaborazione tra le diverse parti, con ricadute
benefiche in termini di innovazione tecnologica e gestionale e di qualità
dell’occupazione prodotta.
L'industria del verde si trova di fronte a molti problemi, non solo
economici (costi di produzione, prezzi e richiesta di mercato, le sfide dei
paesi emergenti) ma anche ambientali (qualità del terreno e dell'acqua
irrigua, stress per le colture ecc.). Questa situazione si ripercuote anche
sull'industria dell'arredo urbano verde (progettazione, realizzazione e
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gestione di parchi, giardini, aree verdi ecc.) oltre che sulla clientela ed sul
pubblico in generale.
Il florovivaismo è senza dubbio la forma di produzione agricola più
intensiva essendo basata su di un ingente impiego di acqua, fertilizzanti e
fitofarmaci distribuiti alle piante con l'intento di ottenere prodotti di qualità
(elevato valore estetico) in tempi relativamente brevi. Ad esempio, in
vivaio si è progressivamente passati dalla coltura in terreni minerali a
quella in terreni molto arricchiti di sostanza organica ed infine alla coltura
in contenitore (coltura fuori suolo o idroponica). In questi sistemi occorre
irrigare molto frequentemente in quanto la riserva idrica è assai limitata.
Inoltre, considerando che l'acqua, i fertilizzanti e i fitofarmaci costano
relativamente poco se confrontati con la manodopera, l'energia e il
trasporto post-coltura, si incorre nel rischio di eccedere nell’uso. Così
l'entità delle perdite delle sostanze chimiche (concimi, insetticidi, fungicidi
e diserbanti) con le acque di drenaggio (runoff) è notevole con ovvie
conseguenze dal punto di vista ambientale. Non si può certo negare che
negli anni a venire una delle maggiori sfide al settore floroivaistico sia
costituito dall'uso razionale dell'acqua, dei concimi e dei fitofarmaci e dal
tentativo di abbassare i costi energetici. Ciò vale in particolare in un paese
come il nostro dove la bolletta energetica grava pesantemente sulle attività
produttive e dove i margini di redditività, a causa di nuova e agguerrita
concorrenza, rischiano di assottigliarsi se non si sfruttano le economie di
scala e se non si potenziano i punti forti del settore e non si aggrediscono
quelli di debolezza.
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4.1 L’energia
L’energia costituisce sicuramente una voce di spesa significativa per le
imprese florovivaistiche che risultano essere sicuramente tra le attività
energivore, avendo necessità di forti quantitativi di energia e calore per
supportare
la
produzione.
Considerando
il
quadro
geopolitico
internazionale che si è venuto a creare (specie nel settore energetico) e il
fatto che, qualunque soluzione il nostro paese sceglierà di adottare come
sistema a livello strutturale e strategico, e che l’applicazione di tale
soluzione ad ogni modo richiederà tempo (siamo nell’ordine di una decina
di anni almeno), sarebbe opportuno che le aziende si impegnino a trovare
adeguate soluzioni, singolarmente o in forme collaborative, ad un
problema che già costituisce e rappresenterà sempre più, una delle voci
maggiormente significative di spesa e, quindi, di competitività. Tale costo
di produzione, si presta ad essere diminuito e razionalizzato e il consumo
energetico reso più efficiente anche dal punto di vista ambientale. Infatti, le
soluzioni tecnologiche e organizzative per ridurre il consumo energetico
sono possibili sia dal punto di vista tecnico che normativo.
L’attuale disciplina consente ai clienti, sia individualmente che come
consorzio, che consumano oltre un certo quantitativo di energia elettrica, di
poter accedere al mercato libero, scegliendo quindi quale fornitore sulla
base di valutazioni legate al prezzo e alle caratteristiche della fornitura. Ciò
in altri settori ha consentito di abbassare notevolmente il costo della
bolletta energetica.
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Le tecnologie a minore consumo energetico e, quindi, a minore impatto
ambientale sono tecnicamente disponibili a costi economici paragonabili,
se non più convenienti, rispetto a un investimento di tipo tradizionale.
La scelta di tali comportamenti maggiormente rispettosi dell’ambiente ma,
a
questo
punto,
anche
economicamente
convenienti,
andrebbero
adeguatamente incentivati da parte pubblica e resi più comuni, come
succede in altri paesi, e occorrerebbe che sia la parte pubblica che quella
privata, e i centri di ricerca e di formazione esistenti, si impegnassero a
collaborare mettendo a disposizione professionalità, conoscenze, risorse e
competenze
L’adozione di impianti di cogenerazione, ad esempio, risulta fattibile,
consentendo notevoli risparmi energetici e una maggiore autonomia nella
programmazione delle produzioni.
Inoltre, sono stati effettuati alcuni interessanti esperimenti consistenti
nell’applicazione di temperature differenti giorno-notte per alcune
produzioni: adottando una temperatura diurna maggiore di quella notturna
(DIF positivo giorno notte) si ottiene una maggiore efficienza nella
fotosintesi, che si traduce in una migliore e più vigorosa crescita.
Si tratta di un sistema semplice e immediato, che comporta semplicemente
un uso diverso delle strutture tecnologiche esistenti – senza quindi
l’effettuazione di particolari innovazioni e investimenti - che, però,
laddove è stato applicato ha consentito un risparmio energetico fino al 27%
e con piante di qualità, in termini di sviluppo in altezza e nel diametro della
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pianta, paragonabili e in alcuni casi superiore rispetto all’adozione di una
stessa temperatura durante tutta la giornata.
Inoltre, occorre adeguatamente sostenere e promuovere l’utilizzo di fonti
energetiche rinnovabili, anche per produzioni biologiche e integrate.
4.2 L’acqua
Diversi ordini di motivi spingono e spingeranno sempre di più i
florovivaisti a razionalizzare l’impiego dell’acqua. La disponibilità
dell’acqua per usi irrigui, infatti, sta diminuendo rapidamente sia per
l’irregolarità delle precipitazioni atmosferiche, che ne rendono più difficile
e inefficiente l’utilizzazione, sia per la competizione per l’uso dell’acqua
con altri settori (ad esempio, quello turistico, ma anche civile tout court:
poiché molta parte delle serre e dei vivai è dislocato in vicinanza delle
città, si sta creando una situazione di forte competizione per l'acqua tra i
flovorivaisti e la popolazione urbana). In alcune zone costiere, inoltre, le
falde idriche sono interessate dalla salinizzazione delle falde, con evidenti
ripercussioni su colture sensibili allo stress salino come quelle
florovivaistiche e, in particolare, le piante ornamentali, un settore che,
come abbiamo visto, risulta in forte espansione, tale da compensare la
diminuzione della produzione di fiori e piante in vaso.
Il rifornimento di acqua per la popolazione e molti degli usi economici
dipende dall'acqua di falda. Questo fatto spiega la grand'attenzione rivolta
verso l'uso massiccio di composti che possono inquinare le falde idriche,
come sono appunto i fertilizzanti e i pesticidi, che contengono sostanze
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nocive per l’uomo e per l’ambiente. Inoltre, i fertilizzanti preoccupano
anche per i fenomeni di eutrofizzazione.
Pertanto, le aziende florovivaistiche si trovano ad operare in uno scenario
contraddistinto da una diminuzione e da un peggioramento delle risorse
idriche per l’irrigazione. Molte aziende italiane, quelle all’avanguardia, già
impiegano tecniche e tecnologie in grado di aumentare l’efficienza
dell’irrigazione. Il problema è il trasferimento di queste tecnologiche nelle
aziende più piccole e più deboli economicamente.
Occorre quindi individuare le idonee strategie che, a livello di singole
aziende e di infrastrutture, possono consentire un uso più efficiente
dell’acqua nelle colture florovivaistiche.
In realtà, con riferimento all’uso della risorsa idrica nel settore, il problema
è duplice: non è solo relativo alla quantità di acqua utilizzata a scopi
irrigui, ma anche di qualità della stessa, sia in entrata che in uscita dal
processo produttivo.
Nel proseguo della trattazione si affronteranno le principali problematiche
e alcune soluzioni tecnologiche e/gestionali adottate, senza pretesa di
esaustività, ma solo con l’intenzione di dare un quadro della situazione del
settore il più completo possibile, così da meglio essere utili agli scopi di
questa analisi, cioè l’identificazione dei fabbisogni professionali nel
florovivaismo.
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4.3 L'acqua come risorsa e bene prezioso
L'acqua è stata considerata per anni un bene di scarso valore in quanto
ritenuta di fatto inesauribile e di nessun costo reale.
In passato, infatti, a seguito di questa distorta e poco corretta visione,
nessuna azienda agricola si è mai veramente preoccupata di fare un uso
accorto e tecnicamente corretto di questo elemento, anche quando l'acqua
viene di fatta pagata sulla base di specifici parametri economici.
Solo in paesi aridi le si è dato un valore considerandola di fatto un fattore
di produzione con un costo proprio e un proprio rendimento monetario. Ad
esempio, nella realtà israelita, l'acqua d'irrigazione è sempre stata
considerata un elemento fondamentale di produzione di cui tenere conto sia
del costo d'utilizzo sia del ricavo marginale che deriva dal suo impiego.
Non a caso, le soluzioni tecnologiche e gestionali adottate in quel paese
sono un raro esempio di buone prassi applicate a condizioni climatiche
certamente più difficili delle nostre.
Tali concetti, pur non essendo estranei alla nostra coltura, non hanno mai
trovato un'applicazione estesa, in quanto il concetto che l'acqua fosse un
bene privo di costo monetario ha fatto aggio su ogni altra considerazione.
Attualmente, anche a seguito d'iniziative legislative in sede U.E. ed alle
susseguenti leggi nazionali da queste derivate, si sta facendo largo una
valutazione dell'acqua come di una risorsa limitata di cui fare un uso
corretto al fine di non dissipare un bene che è considerato patrimonio di
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tutti. Tale maggiore attenzione anche a seguito della carenza di acqua che,
di fatto, negli ultimi anni interessa non solo zone del meridione, ma anche
del centro nord, a causa della diminuzione delle precipitazioni piovose e
concentrazione in pochi mesi, nell'aumento della temperatura media,
aggravati dalla generale inefficienza del sistema di trasporto ed utilizzo
dell'acqua, ma anche per usi confliggenti tra i diversi settori economici.
E’ opportuno per le aziende agricole, soprattutto quelle che per la loro
specializzazione
colturale
utilizzino
grandi
volumi
d'acqua,
un
ripensamento sui modi d'utilizzo dell'acqua irrigua individuando metodi
d'irrigazione e d'utilizzazione che riducano al minimo gli sprechi di questa
risorsa.
METODI
TRADIZIONALI
PER
LA
CONCIMAZIONE
E
L'IRRIGAZIONE
Come detto le colture florovivaistiche richiedono grossi input di acqua,
concimi e fitofarmaci. Ad esempio, i fabbisogni annuali di N di queste
colture arrivano fino 5.000 kg/ha e più nel caso di colture da fiore in serra
o delle piante in contenitore, mentre i consumi minimi delle colture in
piena terra sono di poco inferiori a 200 kg/ha. Le piante ornamentali hanno
tassi di crescita relativamente elevati e si ritiene che siano necessari delle
concimazioni e delle irrigazioni abbondanti per ridurre i tempi di
coltivazione, per aumentare la taglia delle piante, per migliorarne la qualità
e in definitiva per ottenere margini di guadagno più alti.
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Occorre però dire che per molte colture non si hanno dati sufficienti sulle
effettive esigenze di acqua e nutrienti. L’assorbimento di alcune sostanze,
come l’azoto ad esempio, è di tipo asintotico.
Inoltre, essendo l'assorbimento nutritivo un processo attivo che richiede
energia ed è regolato metabolicamente, non necessariamente un aumento
della disponibilità di un nutriente nella zona radicale si traduce in un
aumento dell'assorbimento radicale, mentre aumenta la lisciviazione ed il
rischio della tossicità minerale o dello stress salino.
In suolo poco profondi o in banquette, cioè in sistemi caratterizzati da un
ridotto
volume
di
substrato/terreno,
si
richiedono
irrigazioni
e
fertilizzazioni frequenti: le abbondanti e frequenti irrigazioni aumentano le
perdite per lisciviazione dei nutrienti, che così devono essere forniti in
continuazione e così via.
Infine, altri due fattori contribuiscono all'uso eccessivo di acqua e di
fertilizzanti nelle colture florovivaistiche: i) per comprensibili ragioni
commerciali non si ammettono sintomi, neppure lievi, di disordini
nutrizionali; ii) i costi per l'acqua e per i fertilizzanti incidono molto poco
sui costi totali di produzione rispetto ad altri fattori produttivi come la
manodopera e l'energia. Tutto ciò è all'origine della scarsa efficienza d'uso
dell'acqua e dei fertilizzanti e delle notevoli perdite di nutrienti, fino al 5060% di quelli distribuiti con le concimazioni e le fertirrigazioni, con
evidenti ricadute sull'ambiente circostante.
L'eccessiva fertilizzazione azotata può aumentare la salinità del terreno,
riducendo la crescita e lo sviluppo delle piante, e per ovviare alla
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salinizzazione, occorre irrigare abbondantemente e frequentemente, ma
questo aumenta la lisciviazione dei nutrienti.
Nei vivai di piante in contenitore, invece, è assai diffuso il ricorso ai
concimi a lento rilascio (CLR), anche se spesso sono integrati con la
fertirrigazione. Così, i nutrienti tendono ad essere maggiormente
disponibili nelle prime fasi di crescita, quando minori sono i fabbisogni
delle piante; al contrario, la loro concentrazione nel substrato può essere
insufficiente nelle seconda parte della stagione di coltivazione obbligando
ad intervenire con concimazioni manuali e/o con la fertirrigazione.
Generalmente le specie floricole ornamentali di serra e di vivaio sono
sensibili alla salinità soprattutto per le caratteristiche estetiche della pianta
finita. L'impiego nel florovivivaismo, per le ragioni indicate in precedenza,
dei sistemi di coltivazione a ciclo chiuso (cioè, con recupero e riutilizzo
delle acque di drenaggio) rende cruciale gestire la fertilizzazione in modo
da evitare la salinizzazione.
La tecnica irrigua impiegata condiziona moltissimo l'efficienza d'uso
dell'acqua e dei fertilizzanti. L'irrigazione a pioggia (sprinkler) è assai poco
efficiente: il rapporto tra l'acqua somministrata e quella resa effettivamente
disponibile per l'assorbimento in questo sistema irriguo è infatti abbastanza
bassa, tra il 72 e l'87%, per ragioni legate alle perdite di carico lungo la
linea, la scarsa qualità degli erogatori, la ridotta manutenzione degli
impianti. Maggiore l’efficienza utilizzando sistemi goccia a goccia.
Nella realtà del vivaismo possono essere messi in pratica diversi
accorgimenti per risparmiare acqua e fertilizzanti, con benefici effetti per
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l’ambiente, accorgimenti che non presentano difficoltà o grossi
investimenti. Senza addentrarci in eccessivi tecnicismi le possibili strade
che possono essere seguite sono di seguito individuate.
Come premessa generale, la definizione precisa delle esigenze idriche e
minerali delle numerose specie d'interesse florovivaistico è essenziale per
aumentare l'efficienza dell'irrigazione e della concimazione e ridurne gli
effetti sull'ambiente. Le osservazioni e le valutazioni empiriche dei
coltivatori sono molto utili, ma occorre aumentare la ricerca ad hoc
sull'andamento stagionale dell'assorbimento d'acqua e di elementi nutritivi
delle specie ornamentali sia in serra che in vivaio. In molti casi si è notato
un andamento ciclico che si esprime a livello stagionale (mensile),
settimanale, giornaliera e perfino orario che suggerisce la possibilità di
modulare la distribuzione dell'acqua e dei fertilizzanti su scale temporali
diverse.
a) recupero delle acque e loro riutilizzo
La possibilità di recuperare l'acqua usata per l'irrigazione e di riutilizzarla
successivamente è una pratica già molto diffusa nelle aziende vivaistiche.
In pratica tutte le aziende la cui disponibilità di acqua di falda è inferiore
alle necessità irrigue attuano il recupero delle acque in bacini posti a valle
dell'impianto di irrigazione al fine di evitare ogni inutile dispersione di un
bene che per loro è limitato e quindi prezioso.
Gli impianti per il ricircolo dell’acqua sono assai diversi per tecnologia
impiegata e costi di investimento e presentano comunque alcuni problemi.
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Sono tre i fattori principali che possono frenare l’impiego di questi sistemi:
1. la ampia disponibilità di acqua di falda costituisce un disincentivo al
recupero delle acque
2. l'opinione diffusa, anche se infondata, che il riutilizzo delle acque
possa essere una fonte di potenziale dannosità per le piante, in
quanto veicolo di malattie
3. lo sviluppo di popolazioni algali nelle vasche di recupero delle
acque costituisce un elemento di alterazione del buon funzionamento
degli impianti irrigui.
Con riferimento al primo punto, per quanto utilitaristico e sostanzialmente
egoistico, questo modo di pensare ha una sua logica che fino ad oggi era
difficile da negare. Al momento attuale però con l'entrata in vigore del
D.L. 152/1999 e della successiva integrazione del D.L. n° 258/2000, tale
posizione deve essere rivista e ciò in quanto dette leggi pur non
modificando la possibilità di emungere acqua di falda per fini irrigui
pongono limiti alla possibilità che le acque utilizzate a fini irrigui possano
essere scaricate in corsi d'acqua superficiali. Limiti stringenti che possono
essere facilmente superati in tutte le coltivazioni intensive.
Circa il pregiudizio che il recupero delle acque possa essere causa di un
incremento delle malattie delle piante possiamo semplicemente affermare
che non ci sono mai state evidenze che questa possibilità corrisponda a
verità.
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Al contrario il punto 3 costituisce uno dei punti dolenti del processo di
recupero delle acque. Le alghe sono l’effetto della presenza di fertilizzanti
e sostanze nutrienti nelle acque recuperate.
Il problema è ben conosciuto dagli addetti al settore e vari sono stati i
rimedi proposti ma pochi i risultati ottenuti.
Anche in questo caso però una corretta gestione del recupero delle acque
può venire in aiuto per limitare i danni: l’ abbattimento mediante tecniche
di fitodepurazione può costituire un grosso contributo alla soluzione di
questa problema.
Inoltre, se un trattamento di fitodepurazione fosse attuato anche alle acque
in uscita dai depuratori di acque urbane avremo meno nitrati nei corsi
d'acqua e, per logica conseguenza, meno alghe nelle vasche di irrigazione
delle aziende che attingono acqua a valle di un depuratore.
Un vivaio a ciclo chiuso richiede un bacino di raccolta delle acque
adeguatamente dimensionato, dei canali aperti o interrati di recupero del
runoff, degli invasi di sedimentazione e degli impianti di filtrazione e
disinfezione dell'acqua immediatamente a monte degli impianti di
irrigazione/fertirrigazione. Oltre ai costi iniziali per la realizzazione degli
impianti, notevoli sono i fabbisogni di energia, di prodotti chimici e di
manodopera per la gestione (inclusa la manutenzione); il costo dell'acqua,
però, rimane inferiore a quello dell'acqua municipale e infine si ha un
notevole risparmio sull'acquisto dei fertilizzanti, oltre evidentemente ad
una sostanziale riduzione dell'inquinamento.
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L’utilizzo di un sistema di lotta integrata e biologica rimanda al
florivivaismo biologico e alle sue potenzialità, che verrà sinteticamente
messo in luce successivamente.
b) migliori metodi di distribuzione delle acque irrigue
E’ ovvio che uno dei metodi per ridurre il consumo di acqua nel settore
consiste nell’adozione di un adeguato sistema di irrigazione che aumenti
l'efficienza di distribuzione e di conseguenza ne diminuisca il consumo: se
tutte le aziende sostituissero gli impianti di irrigazione aerei con impianti a
goccia il consumo di acqua subirebbe un calo drastico.
L'irrigazione localizzata, negli ultimi anni si è notevolmente estesa, a
scapito del sovrachioma, perché permette di apportare ad ogni singola
pianta il volume di acqua ad essa necessaria e perché è rilasciata
direttamente nel contenitore di allevamento, evitando inutili sprechi fuori
dal vaso. Si ritiene, a titolo indicativo, che un impianto a goccia consumi
fino a dieci volte di meno rispetto a quello a pioggia.
Sempre all'interno del vivaismo, possono essere attuate altre pratiche per
incrementare l'efficienza dell'irrigazione, contenendo le perdite. La
programmazione degli interventi irrigui sulla base di una attenta
valutazione del fabbisogno di ogni singola specie è una delle azioni
prioritarie, oltre all’irrigazione nelle ore più fresche o tecniche per limitare
le perdite per evapotraspirazione (teli ombreggianti).
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La microrrigazione e l'irrigazione ciclica sono le innovazioni più
importanti dal punto di vista dell'efficienza d'uso dell'acqua nei vivai.
Queste due tecniche sono sicuramente economicamente convenienti nel
caso di piante allevate in contenitori di grosse dimensione. L'irrigazione a
goccia può consentire risparmi di acqua fino all'80% rispetto all'irrigazione
a pioggia. Per quanto riguarda l'irrigazione ciclica (più interventi nell'arco
della giornata), questa tecnica può ridurre sensibilmente il runoff idricominerale, soprattutto se accoppiata alla microirrigazione.
Un altro metodo di irrigazione a basso consumo d'acqua è la sub
irrigazione o irrigazione a flusso, pratica molto conosciuta e diffusamente
utilizzata nelle coltivazioni di piante da interno allevate su bancali. E’usata
perlopiù in serra e richiede notevoli investimenti, oltre ad una manodopera
più preparata essendo più difficile la gestione della soluzione nutritiva
ricircolante.
Un’altra possibilità di ridurre i consumi di acqua e di fertilizzanti è la
raccolta e il riutilizzo delle acque di drenaggio.
c) utilizzo di acqua derivate da impianti di depurazione
La possibilità di attingere acqua irrigua da fonti diverse dalle falde o dalla
pioggia è un modo ulteriore di risparmio idrico. Una potenziale soluzione,
per utilizzare più efficacemente le risorse idriche, potrebbe essere quindi
quella d'impiegare per l'agricoltura "acque reflue" ossia provenienti dal
drenaggio degli impianti di depurazione urbani ed industriali.
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L'uso in agricoltura dei reflui permetterà anche di rispettare la Legge Galli
del '94 che prevede la destinazione delle acque di maggiore qualità per i
bisogni primari della comunità ed in particolare per quello idropotabile. Le
acque reflue anche se trattate dagli appositi impianti di depurazione
contengono sempre una certa quantità di nutrienti come N, P, K e sostanze
organiche che se scaricate in laghi, fiumi o mare provocano il processo di
eutrofizzazione. Utilizzando però queste acque nell'irrigazione delle
colture si ottiene una specie di "fitodepurazione" che migliora la qualità
chimico-biologica dell'acqua prima che sia restituita al ciclo idrologico.
Inoltre queste sostanze fertilizzanti svolgono un'azione concimante nei
confronti delle colture irrigue, riducendo la necessità d'apportare concimi
artificiali.
In conclusione, i risultati ottenuti in alcune ricerche per verificare
l’utilizzabilità delle acque reflue nel florovivasimo e che hanno riguardato
diverse specie di piante in vaso, non hanno messo in luce particolari
problemi ed anzi emerge una sostanziale validità dell'acqua reflua urbana
come risorsa idrica alternativa per l'irrigazione in vivaio.
Il D.L. 258/2000 prevede delle normative specifiche per l'impiego di acque
reflue a fini irrigui. Per raggiungere i livelli di disinfezione richiesti dalla
normativa per la riutilizzazione dei reflui nell'irrigazione, sono stati
realizzati in alcuni impianti di depurazione utilizzati per questa
sperimentazione, in coda all'impianto centrale un impianto pilota per
effettuare tre tipi di trattamenti: filtrazione a doppio stadio, raggi UV e
aggiunta di acido peracetico.
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I vantaggi di utilizzare per l'irrigazione acque derivate da impianti i
depurazione di reflui urbani o industriali possono essere così riassunti:
¾ risparmio di acqua di qualità da destinarsi all'uso umano;
¾ miglioramento della qualità delle acque reflue dato che il loro
utilizzo per fini irrigui può essere paragonato ad una fitodepurazione;
¾ riduzione, come diretta conseguenza di quanto sopra detto, dei
quantitativi di fertilizzanti da somministrare alle piante;
¾ certezza della disponibilità di acqua irrigua anche nei periodi estivi
in quanto il flusso di acque reflue è quasi costante durante tutto l'arco
dell'anno.
Per contro devono essere attentamente valutati due aspetti:
¾ sanitario per quanto riferibile ai reflui urbani
¾ di possibili danni alle piante derivati da reflui industriali.
In assoluto possiamo affermare che mentre il rischio sanitario derivato da
acque reflue urbane può essere facilmente risolto con specifici trattamenti,
il rischio di tossicità derivata da scarichi industriali, anche se depurati,
deve essere valutato con estrema attenzione caso per caso. Se in futuro
saranno riutilizzate le acque reflue dal depuratore, sarà necessario
realizzare una rete di distribuzione che raggiunga i singoli vivai ed un
invaso di raccolta per soddisfare i mesi estivi con maggior fabbisogno
idrico. La necessità di una programmazione dell’intero sistema territoriale
piuttosto che una per settori, emerge chiaramente anche da quest’ultima
considerazione.
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4.4 il florovivaismo biologico
Le produzioni, il commercio e i consumi dei prodotti biologici sono in
crescita non solo in Europa, in Giappone e nel nord America, ma anche in
tanti Paesi in rapido sviluppo sociale ed economico come l'India e la Cina.
Forti sono anche le pressioni sulla pubblica amministrazione affinché si
definiscano regole precise anche per le coltivazioni biologiche no food;
d’altronde la domanda che proviene da consumatori esigenti, attenti al
danno ambientale, è in crescita.
L’approfondimento delle tematiche tecniche, economiche, giuridiche
relative a questo tipo di florovivaismo (realizzato con metodi quanto più
naturali, senza OGM e senza l'impiego di prodotti chimici di sintesi nei
fertilizzanti, negli insetticidi, nei diserbanti, come antibiotici, ecc. quindi
nel complesso a basso impatto ambientale), costituisce sicuramente una
necessità per ottenere una ulteriore qualificazione dei prodotti e intercettare
una nuova tipologia di domanda, prima che venga fatto da paesi esteri più
vivaci.
Si tratta, evidentemente, di nuovi campi d'azione che, in quanto tali, vanno
preventivamente esplorati con appositi programmi di ricerca da attivare,
per indagare sugli tutti gli aspetti, così da evitare agli operatori di rischiare
in proprio e senza un’adeguata programmazione.
Vi è l'esigenza, quindi, di predisporre un progetto o dei progetti di ricerca
di vasto respiro per il futuro sviluppo del florovivaismo biologico
nazionale che siano utili sia per risolvere talune questioni in sospeso –
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agronomiche, sanitarie, economiche - anche per la valorizzazione dei cicli
produttivi orientati verso il risparmio energetico e di acqua.
4.5 prospettive future
Da quanto detto appare chiaro come la possibilità di ridurre i consumi di
risorse naturali e fertilizzanti sia non solo alla portata di ogni azienda ma,
sempre di più, si ponga come una necessità.
Il settore florovivaistico è profondamente influenzato dagli alti costi
energetici, dalla carenza d’acqua, dalla sempre più severa legislazione
ambientale e dagli usi conflittuali tra settori economici; il suo futuro
dipende, pertanto, dal modo in cui sono e saranno affrontati i problemi
relativi alla quantità e alla qualità dell'acqua irrigua ed all'inquinamento.
Tutti sembrano d'accordo che nel prossimo futuro le serre ed i vivai
avranno meno acqua a disposizione e che quindi si renderà necessario un
aumento consistente dell'efficienza d'uso sia dell'acqua sia dei fertilizzanti.
L'adozione
di
tecniche
innovative
riguardanti
l'irrigazione
e
la
fertilizzazione è il primo passo in quella direzione.
Il mondo della ricerca sta studiando il modo di integrare l'irrigazione e la
fertilizzazione sulla base dell'effettiva esigenza della coltura, in modo da
somministrare l'acqua ed i concimi nella giusta quantità e nel giusto
momento.
Un'altra strategia è quella di identificare, selezionare e coltivare le piante
più efficienti dal punto di vista idrico e minerale e più resistenti agli stress.
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Sembra necessario quindi allargare i criteri con cui gli ibridatori e gli stessi
agricoltori scelgono le specie da coltivare; alle caratteristiche estetiche, al
rapido tasso di crescita e alla facilità di propagazione occorre aggiungere
anche la resistenza a stress come la mancanza d'acqua e/o l'eccessiva
salinità. Sono in corso anche altri programmi nazionali o regionali per
identificare le specie ornamentali più efficienti nell'uso delle risorse e
maggiormente resistenti agli stress.
E’ da ritenere che una attenzione migliore a questo problema possa
contribuire non poco a migliorare gli standard produttivi e la qualità totale
del prodotto e del modo di gestione dell’azienda in relazione all’ambiente
circostante.
Anche “l’istituzionalizzazione” dei distretti produttivi e la creazione di
ecoregioni, dove i limiti ambientali nell’uso delle risorse (acqua, energia) e
nell’impiego di sostanze nutrienti siano più restrittivi, appaiono come
soluzioni gestionali di tipo territoriale che possono aiutare nel superamento
dei problemi ambientali e nell’innalzamento della qualità complessiva del
prodotto.
L’attività florovivaistica, infatti, è fortemente concentrata in alcune
territori, formando così dei distretti. Si potrebbe perciò “sfruttare” il
vantaggio di “essere distretto”, cioè la presenza di attività similari
concentrate su un territorio relativamente circoscritto, in cui, per la logica
che sottende ai distretti, si dovrebbero creare dei rapporti informali tra i
soggetti tali da potenziare la circolazione di informazioni, quindi di
conoscenze.
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Già in alcuni di questi si sono segnalate esperienze di attività di
collaborazione tra i diversi soggetti per la soluzione di alcune
problematiche comuni. Bisognerebbe favorire in tali distretti la
realizzazione di un sistema di gestione delle loro attività capace di ridurre
fortemente l’impatto ecologico sul territorio, cioè a “ciclo chiuso”,
stabilendo un sistema di relazioni interaziendali fondato sulla gestione
comune delle problematiche ambientali e incentrato sullo scambio dei
materiali di scarto e sul loro reimpiego come materie prime all’interno
delle filiere produttive.
Il livello di cooperazione tra imprenditori, tra imprenditori e parti sociali e
istituzioni risulta, però, diverso da zona a zona.
Occorrerebbe invece potenziare la creazione di reti tra gli imprenditori, le
parti sociali e le istituzioni locali per l’individuazione di un percorso
comune al fine di risolvere i problemi del florovivaismo, non solo di tipo
ambientale ma in generale per fronteggiare le nuove sfide seguendo
percorsi più collaborativi. Alcuni esempi di attività che potrebbero essere
svolte in maniera più cooperativa, a vantaggio di tutti e sfruttando le
sinergie, così da superare i problemi tipici della piccola dimensione
aziendale, sono i seguenti:
¾ Analisi tecniche e socioeconomiche: un’attività che mira a
individuare ed analizzare i fattori che ostacolano la diffusione nel
settore florovivaistico delle tecnologie più innovative e più efficienti
in termini di gestione dell'acqua e dei fertilizzanti, oltre che di
risparmio energetico. La simulazione dei costi aziendali e sociali
legati all'acqua e alle risorse naturali;
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¾ Inventari delle conoscenze disponibili su problematiche di interesse,
ad esempio le materie riutilizzabili nell’area; tecnologie e modifiche
organizzative per il risparmio idrico ed energetico disponibili, sia a
livello di singola azienda che come soluzione cooperativa del
territorio;
¾ Prove sperimentali e studi di fattibilità, in collaborazioni con
università ed enti di ricerca;
¾ Analisi di marketing a supporto della internazionalizzazione (ricerca
di
nuovi
mercati,
intesi
sia
come
paesi,
che
come
produzioni/clientela) e alla produzione market oriented: far maturare
una conoscenza critica dello scenario della floricoltura mondiale
nonché la capacità di operare in un segmento produttivo market
oriented con approcci e metodi propri della tecnica industriale
applicati a produzioni regolate, sostanzialmente, da fenomeni
biologici;
¾ Attività di ricerca, sviluppo e divulgazione delle principali
innovazioni, sia tecnologiche che gestionali, con riferimento
particolare alle PMI.
Strutture di questo genere, già operanti in alcune zone, dovrebbero offrire
all' utente, in particolare PMI per superare le difficoltà intrinseche di
questo tipo di aziende, servizi specializzati di qualità, nell'ottica della
realizzazione di una attività "ecocompatibile".
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In sintesi, il florovivaismo si troverà ad affrontare in un futuro breve
alcune sfide ambientali molto importanti, costrette per un verso da vincoli
e pressioni, sociali ed economiche, che bisogna però trasformare in
opportunità di rilancio. Ciò richiede anzitutto un’azione di tipo strategico e
coordinata, ma soprattutto l’innalzamento del livello qualitativo delle
produzioni,
ottenibile
solo
attraverso
importanti
investimenti
in
innovazione e formazione.
Il settore florovivaistico è un settore agricolo estremamente eterogeneo per
approccio tecnologico (colture high-tech e colture biologiche), impiego di
risorse e mercato di riferimento. Le aziende florovivaistiche sono
generalmente caratterizzate da un elevato grado di professionalità e di
specializzazione e, per le sfide che si trova a dover sostenere in termini di
competitività internazionale e di qualificazione del prodotto, anche in
termini di sostenibilità, richiede una preparazione professionale particolare.
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