IL TITOLO I del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro
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IL TITOLO I del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro
IL TITOLO I del Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro ORGANIZZAZIONE DELLA PREVENZIONE E OBBLIGHI DI CARATTERE GENERALE 1. Generalità Il testo unico, al pari del decreto 494/96 ormai abrogato, dedica molto spazio alle definizioni e questa nuova impostazione della norma migliora senz’altro la comprensione nello sviluppo della legge. Nell’articolo dedicato alle definizioni compaiono, accanto ad alcuni termini ormai conosciuti per i quali è sembrato opportuno fissare il significato concettuale, altri termini affatto nuovi che entrano a far parte della cultura della prevenzione e che saranno senz’altro di qui in avanti oggetto di sviluppo e approfondimenti. Tuttavia nonostante i nuovi concetti tratteggino un sistema che pone all’origine della tutela dell’incolumità e della salute dei lavoratori l’aspetto culturale dei soggetti responsabili e migliorino sulla carta i futuri strumenti di prevenzione, si deve ancora una volta lamentare la superficialità del legislatore che, nonostante le buone intenzioni, rimanda la concretizzazione delle interessanti novità al lavoro di commissioni pletoriche e alla emanazione di appositi decreti per i quali l’esperienza insegna a non tenere conto dei termini perentori di emanazione impartiti dalla stessa normativa, alla pari delle grida manzoniane o peggio le rimanda a documenti da molto tempo annunciati ma ancora non esistenti. Valga come esempio l’art. 37 comma 14, come modificato dal decreto correttivo, che prescrive di registrare le competenze acquisite dal lavoratore a seguito dello svolgimento delle attività di formazione sul libretto formativo del cittadino “se concretamente disponibile”. Il legislatore non dovrebbe forse accertarsi dell’esistenza di un documento prima di citarlo? E nel caso ne accerti la non esistenza, come in questo caso, non dovrebbe attivarsi per la sua attuazione? 2. Le definizioni Vediamo di commentare brevemente le definizioni più interessanti. Valutazione dei rischi. Al primo posto poniamo senz’altro la definizione di valutazione dei rischi, la cui complessa attività poteva essere individuata nel decreto 626/94 solo in modo indiretto attraverso la lettura di diversi articoli: «valutazione dei rischi»: valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza; Si sottolinea il termine globale che anticipa i nuovi rischi particolari (stress, donne in gravidanza, ecc.) negli articoli seguenti. Pericolo e rischio pericolo»: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni; «rischio»: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione; Apprezziamo lo sforzo del legislatore, interessante da un punto di vista culturale, nel definire due termini sempre usati ma mai circostanziati ; tuttavia anche in questo caso dobbiamo notare, nel caso del termine rischio la contaminazione dovuta a una visione distorta della prevenzione infortuni esclusivamente medicalizzata, per la quale il termine rischio è sempre associato legata al termine probabilità, valido per l’esposizione agli agenti nocivi ma non certo applicabile al rischio di caduta nel vuoto. Linee guida e buone prassi buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all’articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, previa istruttoria tecnica dell’ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione; «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai ministeri, dalle regioni, dall’ISPESL e dall’INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano; Anche in questo caso si era in presenza di una notevole produzione di linee guida senza saperne né il valore giuridico rispetto alla legge né gli enti competenti alla loro validazione. Ora se ne chiarisce la genesi e la validità. Addestramento «addestramento»: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro; Questo è termine affatto nuovo e rappresenta il livello più alto di trasferimento di conoscenza da parte aziendale al lavoratore, sopra la formazione e la informazione. Si nota che in altra parte si prescrive che l’addestramento debba svolgersi all’interno dell’azienda. 3. Le Misure generali di tutela e l’art.2087 del C.C. Le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: a) la valutazione di tutti i rischi per la salute e sicurezza; b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro; c) l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico; d) il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo; e) la riduzione dei rischi alla fonte; f) la sostituzione di ciò che è pericoloso con ciò che non lo è, o è meno pericoloso; g) la limitazione al minimo del numero dei lavoratori che sono, o che possono essere, esposti al rischio; h) l’utilizzo limitato degli agenti chimici, fisici e biologici sui luoghi di lavoro; i) la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale; l) il controllo sanitario dei lavoratori; m) l’allontanamento del lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e l’adibizione, ove possibile, ad altra mansione; n)l’informazione e formazione adeguate per i lavoratori; o) l’informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti; p) l’informazione e formazione adeguate per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; q) l’istruzioni adeguate ai lavoratori; r) la partecipazione e consultazione dei lavoratori; s) la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza; t) la programmazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza, anche attraverso l’adozione di codici di condotta e di buone prassi; u) le misure di emergenza da attuare in caso di primo soccorso, di lotta antincendio, di evacuazione dei lavoratori e di pericolo grave e immediato; v)l’ uso di segnali di avvertimento e di sicurezza; z) il regolare manutenzione di ambienti, attrezzature, impianti, con particolare riguardo ai dispositivi di sicurezza in conformità alla indicazione dei fabbricanti. Le misure generali di tutela rappresentano il decalogo della prevenzione e un punto di riferimento per tutti gli ambienti di lavoro. L’elenco di tali misure introdotto per la prima volta dal D.to Lgs 626/94 è stato ripreso immutato dal testo unico e vale la pena ogni tanto leggerlo, unitamente all’art. 2087 del codice civile Art. 2087. Tutela delle condizioni di lavoro . L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro , l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. per rifasare tutto il nostro scibile. 4. La delega di funzioni Articolo 16 - Delega di funzioni 1. La delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressamente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: a) che essa risulti da atto scritto recante data certa; b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate. e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto 2. Alla delega di cui al comma 1 deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.3. La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. La vigilanza si esplica anche attraverso i sistemi di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4. Le leggi precedenti, pur prevedendo per dirigenti sanzioni identiche a quelle previste ai datori di lavoro non hanno mai trattato le condizioni per il trasferimento delle responsabilità da questi a quelli. Nel tempo tuttavia si è consolidata una giurisprudenza, condivisa e conosciuta dagli addetti ai lavori, che si riflette in maniera quasi totale nella norma dell’art. 16. Si osserva che non è esplicitamente citato ai fini della efficacia della delega il trasferimento del potere di assumere o licenziare personale, che invece veniva sempre sottolineato quando si affrontava il problema. Il decreto correttivo ha aggiunto la possibilità che il primo delegato possa a sua volta delegare. 5. Il DUVRI Il documento unico della valutazione dei rischi, già presente in altra forma nell’art. 7 del decreto 626/94 anch’esso ormai abrogato, ricompare nel testo unico nel quale è finalmente raccordato al campo di applicazione dei cantieri temporanei o mobili ove la presenza di un’altro documento di coordinamento generava dubbi sulla loro coesistenza. Ora la situazione appare molto chiara: Il DUVRI deve essere redatto nel caso che un datore di lavoro affidi lavori, servizi o forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi ove si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo. Il Titolo I si applica a tutti i settori produttivi e quindi il DUVRI vale anche nell’edilizia, dove tuttavia, l’accettazione del PSC e la redazione del POS costituiscono adempimento all’obbligo di redazione del DUVRI, obbligo che rimane invece nel caso che non sia stato prodotto il PSC o perché non sussista l’obbligo di elaborarlo o perché, pur sussistendo, non sia stato assolto . L’articolo 26 comma 3 , modificato, ha analogamente stabilito che non sono dovuti gli obblighi di realizzazione del DUVRI nel caso di servizi di natura intellettuale, di mere forniture di materiali e di attrezzature , nonchè ai lavori o servizi di durata non superiore ai due giorni, sempre che essi non comportino rischi derivanti dalla presenza di agenti cancerogeni, biologici, atmosfere esplosive o dalla presenza dei rischi particolari di cui all’allegato XI. 6. Il sistema di qualificazione delle imprese Articolo 27 - Sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi 1. Nell’ambito della Commissione di cui all’articolo 6, anche tenendo conto delle indicazioni provenienti da organismi paritetici, vengono individuati settori e criteri finalizzati alla definizione di un sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi, con riferimento alla tutela della salute e sicurezza sul lavoro, fondato sulla base della specifica esperienza, competenza e conoscenza, acquisite anche attraverso percorsi formativi mirati e sulla base delle attività di cui all’art. 21, comma 2, nonché sulla applicazione di determinati standard contrattuali e organizzativi nell’impiego di mano d’opera, anche in relazione agli appalti e alle tipologie di lavoro flessibile, certficati ai sensi del titolo VIII, capo I del decreto legislativo 10 settembre, n. 276. 1.bis - Con riferimento all’edilizia il sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi si realizza almeno attraverso l’adozione e la diffusione, nei termini e alle condizioni individuati dal D.P.R.di cui all’art. 6, comma 8 lettera g), di uno strumento che consenta la continua verifica dell’idoneità delle imprese e dei lavoratori autonomi in assenza di violazioni alle disposizioni di legge e con riferimento ai requisiti previsti, tra cui la formazione in materia di salute e sicurezza del lavoro e i provvedimenti impartititi dagli organi di vigilanza. Tale strumento opera per mezzo di attribuzione alle imprese e ai lavoratori autonomi un punteggio iniziale, che misuri tale idoneità, soggetto a decurtazione per accertate violazioni in materia di sicurezza del lavoro. L’azzeramento del punteggio per la ripetizione di violazioni in materia di salute e sicurezza del lavoro determina l’impossibilità per l’impresa o il lavoratore autonomo di svolgere attività nel settore edile. 2. Fermo restando quanto previsto dal comma 1.bis, che potrà, con le modalità ivi previste, essere esteso ad altri settori di attività . . . il possesso dei requisiti per ottenere la qualificazione di cui al comma 1 costituisce elemento preferenziale per la partecipazione alle gare relative agli appalti e subappalti pubblici e per l’accesso ad agevolazioni, finanziamenti e contributi a carico della finanza pubblica, sempre se correlati ai medesimi appalti o subappalti. 2 –bis Sono fatte salve le disposizioni in materia di qualificazione previste dal d.Lgs. 163/2006 e successive modificazioni. Una delle più interessanti novità del testo unico è la previsione di un sistema di qualificazione delle imprese. Il decreto correttivo inoltre introduce nel sistema di qualificazione delle imprese, limitatamente per il settore edile, un meccanismo, già comunemente definito “patente a punti delle imprese”, che nel percorso della qualificazione lo strumento dovrebbe permettere di attribuire alle imprese, a misura della loro idoneità, un punteggio iniziale, soggetto a decurtazione (come nel caso della patente di guida) per accertate violazioni in materia di sicurezza del lavoro. L’azzeramento di tale punteggio determina l’impossibilità per l’impresa o il lavoratore autonomo di svolgere attività nel settore edile. A prescindere da questa novità si ritiene che un sistema di qualificazione impostato su parametri dinamici (es.:anzianità sul mercato, organigramma, indice dei lavori subappaltati rispetto a quelli presi in appalto, indice del tempo medio di permanenza dei lavoratori, indice dell’ investimento in attrezzature da cantiere rispetto al fatturato e qualità delle attrezzature stesse, indice del monte ore formazione, ecc.). possa contrastare i notevoli ribassi d’asta nelle gare di appalto pubbliche che, paradossalmente, proprio nelle realtà “governate” dal committente pubblico, vedono il crearsi di condizioni potenzialmente negative per il rispetto delle condizioni di sicurezza e possa contrastare il sistema esasperato del subappalto (solo in parte giustificato dal processo di specializzazione delle imprese) che favorisce il lavoro sommerso 7. Il Modello di organizzazione e digestione. «modello di organizzazione e di gestione»: modello organizzativo e gestionale per la definizione e l’attuazione di una politica aziendale per la salute e sicurezza, ai sensi dell’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, idoneo a prevenire i reati di cui agli articoli 589 e 590, terzo comma, del codice penale, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela della salute sul lavoro; Come è noto il modello di organizzazione e digestione è stato introdotto dalla legge che in caso che un dipendente commetta un illecito penale fra i cui effetti ci siano vantaggi per l’azienda per da prevede pesanti sanzioni amministrative per gli amministratori e per l’azienda stessa. Il modello di gestione, volontariamente adottato e correttamente applicato esime da tali sanzioni. Nel settore della prevenzione infortuni ancora non risultano ipotesi di applicazione della legge 231/06, tuttavia si ritiene che il modello organizzativo possa essere in generale una scelta aziendale come fase successiva al documento di valutazione del rischio, in quanto garanzia di applicazione di tutte le procedure contenute nel documento stesso. Si vede con favore anche un sistema di gestione per ordinare e rendere visibile l’attività dei coordinatori per l’esecuzione, sempre al centro di dibattiti per definirne le caratteristiche. 8. Osservazioni finali Si segnalano inoltre: • l’emergere della figura di preposto sia nella definizione, sia nell’organizzazione aziendale sia nella apposita formazione di cui sono esplicitati i contenuti • la limitazione rappresentata da un massimo di cinque lavoratori dipendenti per i datori di lavoro che vogliano svolgere in proprio l’incarico di addetto all’emergenza e al primo soccorso • gli obblighi di comunicazione del RLS e la partecipazione a un fondo economico nel caso che questo non venga eletto dai lavoratori.