Lo strano caso del Dottor Stevenson e di Mister Myers
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Lo strano caso del Dottor Stevenson e di Mister Myers
Lo strano caso del Dottor Stevenson e di Mister Myers Giacomo Scarpelli Attorno al 1850 un dentista del Connecticut che impiegava a scopo sperimentale il cloroformio sui pazienti, rimase intossicato dai vapori di quel farmaco tanto volatile, al punto da svilupparne una snaturata e irreversibile dipendenza. Prese a condurre una doppia vita: di giorno stimato professionista, di notte efferata canaglia che si dilettava a scagliare vetriolo sul viso di malcapitate peripatetiche. Caduto nelle mani della legge, lo sciagurato tossicomane involontario rilasciò una confessione in cui meticolosamente riferiva del senso di selvaggio appagamento provato durante le sue scorrerie notturne. Quindi si tolse la vita. Questo episodio giudiziario di centocinquant’anni fa, che sembra anticipare la sconvolgente realtà dei delitti senza perché dei nostri giorni, assai probabilmente servì a Robert Louis Stevenson per mettere in piedi Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde (1886). E tuttavia, se così fosse, ciò costituì solo lo spunto narrativo. Per svelare la duplice dimensione della psiche umana - quella della civilizzata coscienza e quella della ferina istintualità - e rendere la novella memorabile, egli aveva avuto bisogno di qualcos’altro ancora: di calare la lanterna della conoscenza nelle tenebre di se stesso. La costante attenzione di Stevenson per i fenomeni di alterazione e trasformazione della personalità non era certo segno di un esasperato atteggiamento estetizzante (alla Oscar Wilde, per intendersi). In verità rivelava una crepitante passione sinceramente scientifica, quando - si badi bene - le indagini di Freud erano ancora di là da venire. Circa la natura della propensione stevensoniana ne ebbe consapevolezza almeno un suo contempo9 raneo, Frederic W.H. Myers. Chi era costui? Un cultore di letteratura classica che si era acceso di entusiasmo per le emergenti discipline psicologiche di fine secolo ed era diventato figura trainante della Society for Psychical Research di Londra, ossia la SPR. Essa si proponeva l’investigazione di fenomeni che spaziavano dalle alienazioni mentali all’ipnotismo e giù fino alla telepatia, alla telecinesi e alle trances medianiche. Fra gli affiliati della Società nomi illustri, accomunati da un’avventata fiducia nell’impresa di intrappolare le energie delle spirito: Lewis Carroll e Jung, Lombroso e i coniugi Curie, Alfred R. Wallace e Conan Doyle, William James e Bergson (gli ultimi due ricoprirono in tempi diversi anche la carica di presidente della SPR) 1. Myers, che andava architettando una sua teoria del flusso continuo dell’attività mentale conscia e inconscia, battezzata dell’Io subliminale, era stato colpito dalla lettura di Un capitolo sui sogni, una lesta autobiografia onirica di Stevenson2. Il quale, probabilmente in conseguenza dell’acuirsi della sensibilità generato da prolungate infermità fisiche, vi aveva riferito di un duello impegnato con se stesso, nel tentativo di impedire che taluni incubi notturni ricorrenti lo sopraffacessero anche di giorno. Chi scrive ha scoperto che Myers chiese a Stevenson una testimonianza personale, come contributo all’iniziativa della SPR. E RLS accettò di buon grado. Chi scrive è dunque andato a sollevare la polvere dei vecchi archivi dell’istituzione londinese, sotto la benevolenza della sua segretaria, Wyllys Poynton, ed ha scovato ciò che desiderava: la lettera di Stevenson a Myers, pubblicata nel nono faldone dei “Proceedings” della SPR, datata luglio 1892 e proveniente nientemeno che dall’ultima residenza del romanziere scozzese, Vailima, nelle Samoa, dove egli, alla ricerca di una guarigione ai malanni del corpo l’aveva invece trovata per la psiche. Nella let2 M. Serres, Statues, Bourin, Paris, 1987, pp. 89-91. 1 I contatti fra Bergson e i ricercatori psichici britannici verosimilmente potrebbero essere stati instaurati anche per tramite di S. L. Mathers, gran maestro della società iniziatica Golden Dawn, il quale aveva sposato una sorella del filosofo ed aveva vissuto per qualche tempo a Parigi. 2 A Chapter on Dreams, risalente al 1888, era stato letto da Myers nella raccolta stevensoniana Across the Plains, del 1892. Cfr. F. W. H. Myers, The Subliminal Consciousness, in “Proceedings of the Society for Psychical Research”, VIII, 1892, p. 371: “Grazie alla autosuggestione praticata prima del sonno, il signor Stevenson ha conferito intensità visiva e drammatica alla rappresentazione dei sogni, la stessa che ha poi inserito in alcuni motivi ricor- 10 tera, inedita in italiano e quanto meno dimenticata in Gran Bretagna3, Stevenson racconta e classifica quattro esperienze personalmente capitategli di scissione dell’io in due distinte entità, che chiama con ironia e malcelata cautela me stesso e l’altro tizio. Sarà bene chiarire subito che questa perturbante e farneticante identità duplicata, sfuggita dal senno di Stevenson, non ci autorizza a diagnosticare in lui alcun tipo di psicopatia schizoide. E ciò semplicemente perché tutto è conseguenza di una comunissima alterazione dell’organismo, quale la febbre alta. Insomma, deliri e smanie del malato a letto piuttosto che sintomi di morbose divaricazioni psichiche. Detto questo, la psicoanalisi ci insegna però che ogni manifestazione onirica e allucinatoria è rimozione di ossessioni e manìe concrete. Chissà Freud cosa sarebbe comunque riuscito a rintracciare dietro i vaneggiamenti febbrili di Stevenson... E a questo proposito viene allora da rammentare che anche il vecchio maestro viennese nel 1911 finirà per essere cooptato nella SPR, la quale un anno più tardi riuscirà ad estorcergli un articolo sull’inconscio in psicoanalisi (era stato proprio l’inesauribile Myers a divulgare le ricerche freudiane in Inghilterra). Ma torniamo alla lettera da Vailima. La sua rilevanza in definitiva risiede non nel contenuto delle allucinazioni occorse a Stevenson, bensì nell’utilizzazione che egli ne seppe fare, per affinare il suo pennino di narratore. Impiegò la parola per ricreare sulla pagina un mondo interiore sommerso, così come il pittore riproduce col pennello il mondo circostante alla luce del sole. E qui, come resistere alla tentazione di riesumare un passo del volume di Stevenson Memorie e ritratti, in cui racconta il suo autoapprendistato di scrittore a passeggio: “Mentre camminavo la mia mente era occupata ad esprimere con parole adeguate ciò che vedevo; quando mi sedevo lungo una strada, leggevo, oppure tenevo in mano una matita e un quadernetto di appunti, per annotarvi gli aspetti di quanto mi stava d’intorno...” Confessa ancora Stevenson: “Spesso accompagnavo le mie passeggiate con dialoghi drammatici, nei quali recitavo diverse parti”4. Riecco la scissione della personalità piegata ai fini della comrenti dei suoi più riusciti romanzi.” 3 Inutile cercarla nella raccolta, per altro bellissima, Lettere da Vailima (Milano, Mursia, 1990), traduzione di A. Crespi Bortolini, con introduzione di Attilio Brilli, di quelle Vailima Letters indirizzate da Stevenson all’amico Sidney Colvin e che costituiscono il XVII volume della sua opera omnia. 11 posizione artistica. Stevenson afferma che durante le sue crisi dissociative era sempre l’identità chiamata il me stesso a parlare e muoversi; la seconda identità, l’altro tizio, non aveva controllo diretto sul corpo e sulla voce e poteva esprimersi solo per tramite del me stesso. Legittimo allora supporre che in fondo le novelle stevensoniane non costituiscano altro che il tentativo di portare alle estreme conseguenze il confronto fra i due componenti della psiche, che finisce per tramutarsi in un conflitto, un conflitto fra il Bene e il Male, al dunque fra il compassato gentleman britannico e la sua repellente metà di gnomo gotico. Ciò vale per il Dr. Jekyll e Mr. Hyde (va reputato un caso che il nome Hyde replichi quello di Hydesville, la cittadina americana in cui nel 1847 erano nato il cosiddetto Spiritismo moderno?) ma anche per il Trafugatore di salme (1884), ispirato al celebre caso del dottor Knox, l’anatomista entrato in combutta con predatori di tombe e assassini. E per certi versi vale per Markheim (1885), imperniato su un personaggio dall’io diviso su entrambi gli orli dell’abisso del peccato e, ancora, per Janet la Storta (1881), in cui una veneranda perpetua è posseduta da una seconda identità indemoniata. E vale infine per l’Isola del Tesoro (1883), dove un John Silver tetro e solare, avido e generoso, crudele e compassionevole si svela anche lui tempestosamente attraversato dalla molteplicità dell’individuale umano. In questa sua frenetica ricerca Stevenson, probabilmente senza rendersene conto, era andato a ricongiungersi con i perduti primordi della sapienza occidentale, quando ancora il mito coesisteva con il logos e l’Uno conteneva in sé anche il suo contrario ed era, per dirlo con i greci, un’endiade. Stevenson la sera in cui morì, per emorragia cerebrale, si trovava nella cucina della casa di Vailima assieme alla moglie ed era intento a stappare una bottiglia di borgogna. A un tratto era stato percorso da un brivido ed aveva esclamato: “Che succede?.. Mi sento strano... La mia faccia sta cambiando...” Prima di stramazzare sull’assito, in quell’istante supremo l’autore del Dr. Jekyll e Mr. Hyde, nell’avvertire che qualcosa in lui si stava modificando - o si era rotto - cosa aveva temuto? Forse che quello che chiamava l’altro tizio, tenuto così a lungo segregato, fosse ricomparso e stesse per trionfare? 12 Bibliografia: Bergson, Henri, Presidential Address, in “Proceedings of the Society for Psychical Research”, XXVI, 1913, pp. 462-479 (anche come Fantômes de vivants et recherche psychique, in “Annales des Sciences Psychiques”, XI\XII, 1913, pp. 321-329); trad. it. e cura di Giacomo Scarpelli, Conferenza sui fantasmi, Roma, Theoria 1987, 3ª ediz. 1993. Freud, Sigmund, A Note on Inconscious in Psycho-Analysis, in “Proceedings of the Society for Psychical Research”, XXVI, 1912, pp. 312318; trad. it. di Cesare Musatti, Nota sull’inconscio in psicoanalisi, in Opere, Torino, Bollati Boringhieri 1989, VI, pp. 573-581. James, William, Frederic Myers’s Service to Psychology, in “Proceedings of the Society for Psychical Research”, XLII, 1901, pp. 1-11. Myers, Frederic, W.H., Science and Future Life, London, Macmillan 1893. Idem, The Mechanism of Hysteria, in “Proceedings of the Society for Psychical Research”, IX, 1893-1894, pp. 12-15. Idem, Human Personality and Its Survival of Bodily Death, a cura di Leo Hamilton Myers, London, Longmans, Greene 1907. Idem, Robert Louis Stevenson [Obituary], in “Journal of the Society for Psychical Research”, January 1895, pp. 6-7. Scarpelli, Giacomo, Il cranio di cristallo. Evoluzione della specie e spiritualismo, Torino, Bollati Boringhieri 1993. Stevenson, Robert Louis, Romanzi, Racconti e Saggi, a cura di Attilio Brilli, Milano, Mondadori 1892. 13