Storia del rapporto tra sclerosi laterale amiotrofica e sport
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Storia del rapporto tra sclerosi laterale amiotrofica e sport
Vol. 97, N. 7-8, Luglio-Agosto 2006 Pagg. 408-410 Storia del rapporto tra sclerosi laterale amiotrofica e sport: alla ricerca dell’etiopatogenesi sconosciuta Alessandro Cristani, Elisa Romagnoli Riassunto. Da “Lou” Gehrig – celebre campione del baseball statunitense – a Gianluca Signorini, giocatore professionista del calcio italiano: quasi 70 anni di storia del rapporto tra sclerosi laterale amiotrofica e sport. Dalle prime intuizioni e supposizioni alle recenti evidenze epidemiologiche che avvalorano una possibile relazione tra gioco del calcio (italiano) e sclerosi laterale amiotrofica; il confronto tra vecchie e nuove ipotesi etiopatogenetiche. Parole chiave. Baseball, gioco del calcio, sclerosi laterale amiotrofica, sport. Summary. In search of unknown aetiopathogenesis: from Henry Louis (“Lou”) Gehrig to Gianluca Signorini: history of the link between amyotrophic lateral sclerosis and sport. From “Lou” Gehirg to Gianluca Signorini: the history of almost 70 years of link between amyotrophic lateral sclerosis and sport. From first intuitions and assumptions to late epidemiological evidences supporting the possible relation between Italian soccer and amyotrophic lateral sclerosis; comparison among old and new aetiopathogenetic hypothesis. Key words. Amyotrophic lateral slerosis, baseball, Italian soccer, sport. Lou Gehrig, nato nel 1903 da genitori tedeschi, La malattia fu trattata con iniezioni giornaliere di giocò per i New York Yankees dal 1923 al 1939. Sovitamina E2,3; due anni dopo, il 2 giugno 1941, a 39 anprannominato “The Iron Horse” per la sua forza e reni, Lou Gehrig morì. Fu il primo atleta, nella storia sistenza, era un giocatore completo, mancino, formidello sport, di cui una squadra – per onorarne la medabile nella battuta. Vinse quattro volte il premio di moria – non assegnò più ad alcuno il numero di mamiglior giocatore di Lega, detiene ancor oggi il magglia, il 4. Sua moglie Eleanor donò al Columbia Pregior numero (23) di Grand Slam; divenne il più famosbyterian Medical Center 100.000 dollari e destinò all’assistenza dei malati di so prima base della storia del baseball professionistiSLA i proventi derivati dalco americano, avendo giocala vendita di prodotti di ab«This is to certify that mr. Lou Gehrig has to 2130 partite consecutive bigliamento sponsorizzati been under examination at the Mayo Clinic prima di perderne una nel dal suo nome. from June 13 to June 19, 1939. After a 1939, stabilendo un record La sclerosi laterale careful and complete examination, it was rimasto storico, perché batamiotrofica fu descritta found he is suffering from ALS. These tytuto solo nel 1995. per la prima volta in Franpe of illness involves the motor pathways cia nel 1874 da Charcot e Molti cronisti di sport e and cells of the central nervous system. biografi ritengono che Gehdefinita come «malattia The nature of this trouble makes it such rig abbia accusato i primi progressiva dei motoneuthat mr. Gehrig will be unable to continue sintomi della sclerosi lateroni». La perdita del primo his active participation as a baseball rale amiotrofica (SLA) nelmotoneurone corticale si player. Signed: Harold H Habein MD» la stagione agonistica del manifesta con la scompar1938; questa convinzione è sa dell’assone e, in via senata dopo uno studio basacondaria, della guaina to sulla statistica delle battute effettuate, su due film mielinica nelle vie corticospinali e corticobulbari. La da lui interpretati da protagonista ed infine su inforscomparsa delle fibre nervose nelle vie corticospinamazioni ottenute da compagni di squadra o avverli del midollo, associata alla concomitante gliosi, prosari1. La malattia determinò un crollo atletico sorvoca un aumento di consistenza del midollo (sclerosi laterale). La morte del secondo motoneurone nel prendente ed angosciante, che lo portò, il 4 luglio tronco encefalico e nel midollo spinale porta alla de1939, nello Yankee Stadium, ad annunciare il suo rinervazione con conseguente atrofia delle fibre mutiro dal baseball con un discorso rimasto memorabiscolari corrispondenti (amiotrofia)4. le (Lou Gehrig’s Farewell, Pathé News, Inc.,1960). Unità operativa di Medicina II, Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche, Ospedale Policlinico, Università di Modena e Reggio Emilia. Pervenuto il 23 maggio 2006. A. Cristani, E. Romagnoli: Storia del rapporto tra sclerosi laterale amiotrofica e sport Simile alla malattia di Alzheimer e alla malattia di Parkinson, la slerosi laterale amiotrofica si caratterizza come una patologia neurovegetativa ad insorgenza tardiva, caratterizzata da aggregati proteici che si associano alla perdita neuronale5; a differenza dei due morbi sopra citati, la SLA ha una progressione rapida e la maggior parte dei pazienti muoiono entro i 5 anni dalla diagnosi, spesso per asfissia. Dopo la morte del grande campione di baseball, negli Stati Uniti d’America e successivamente in tutto il mondo, la sclerosi laterale amiotrofica, definizione lunga e difficile da ricordare, assunse il nome di «Lou Gehrig disease»6. E fu traendo spunto dalla sua vicenda che alcuni studi epidemiologici indicarono una relazione tra malattia, traumi ripetuti e attività fisica intensa8. Si riteneva che questi fattori, da soli, non sarebbero stati in grado di determinare la SLA, ma avrebbero comunque potuto modificare gli effetti di altri fattori etiologici, quali le neurotossine, determinando così un potenziamento di queste sui motoneuroni. Fino ad oggi i fattori di rischio presi in considerazione sono l’età, il sesso maschile, l’esposizione a metalli o a prodotti chimici per l’agricoltura e, come ricordato, i traumi ripetuti e l’attività fisica intensa. L’eziologia della malattia non è stata ancora chiarita; solo in circa il 10% dei casi è trasmessa in modo autosomico-dominante e si definisce SLA familiare6,7. Lou Gehrig: «Io non mi considero la mera vittima di una forma di paralisi progressiva, bensì il simbolo della speranza di migliaia di ammalati di sclerosi laterale amiotrofica». 409 È evidente che riuscire a fare luce sulle cause e sui meccanismi che stanno alla base della malattia sarebbe di enorme importanza per scoprire nuovi ed efficaci trattamenti. Una possibile svolta in questa direzione è recente. A determinarla è stato un magistrato di Torino, che nel 1999 ha aperto un’inchiesta per valutare l’ incidenza di SLA e di altre malattie, come i tumori del fegato e la leucemia, in ex giocatori di calcio professionisti di squadre italiane di medio-alto livello. I dati ottenuti sono stati resi noti nel 2003 ed hanno suscitato molto clamore, non solo nella comunità scientifica interessata alla malattia: su 24.000 calciatori professionisti che hanno giocato tra il 1960 ed il 1997, otto erano morti per SLA. Il numero di casi attesi nella popolazione generale era 0,61; quindi l’incidenza della SLA nei giocatori di calcio è risultata 10 volte maggiore. In realtà, da notizie di stampa, il numero di giocatori morti o affetti da SLA erano più di 30. Ma fu rilevata una seconda importante peculiarità: l’insorgenza della malattia nei professionisti dello sport avviene a circa 40 anni o anche prima, così come è accaduto per Gehrig, mentre i segni della malattia nei non calciatori compaiono tipicamente attorno ai 60 anni. Alcuni autori italiani9 hanno ritenuto scientificamente ed eticamente importante meditare su queste rilevazioni: in particolare, il rapporto tra SLA e gioco del calcio poteva aprire nuove prospettive per l’interpretazione delle cause della malattia e conseguentemente la possibilità di nuove terapie. A livello patogenetico, gli AA rilevano che lo stress ossidativo è tra le principali cause di patologie neurodegenerative, sia per il danno diretto su elementi molecolari, sia per il rilascio di calcio intracellulare e di aminoacidi eccitatori. Si è visto inoltre che i processi e i marker neuroinfiammatori (ciclo ossigenasi e prostaglandina E2) sono aumentati nella SLA e che le cellule della glia partecipano direttamente alla morte dei motoneuroni: l’utilizzo di antiinfiammatori potrebbe così prevenire questo danno. D’altra parte, sembra invece che la morte delle cellule neuronali sia dovuta a fenomeni apoptotici. In conclusione, l’associazione tra risposta infiammatoria, stress ossidativo ed eventi apoptotici non è ancora chiara e ulteriori studi sono indispensabili per svelare il meccanismo molecolare che conduce alla SLA. Una relazione tra sport e malattia, come abbiamo visto, era stata supposta ma mai dimostrata; l’inchiesta di Torino, lo studio che ne è derivato ed uno successivo10, unico al mondo, sembrano confermare che giocare a calcio a livello professionistico possa costituire un forte fattore di rischio di contrarre la malattia. Nell’ultimo lavoro citato, eseguito su un campione di 7325 giocatori italiani di calcio, professionisti di serie A e B, attivi tra il 1970 e il 2001, furono identificati 5 casi di SLA (attesi 0,77) con età media di diagnosi 43,4 anni; inoltre, è stata trovata una relazione statisticamente significativa tra la durata dell’attività agonistica ed il rischio di contrarre la SLA. 410 Recenti Progressi in Medicina, 97, 7-8, 2006 Il commento di un Autore: «Fra noi studiosi di SLA si è discusso molto dell’aumentato rischio tra i militari americani reduci dalla prima guerra del Golfo, ma fra loro l’aumento è di 2 volte, mentre nei calciatori italiani è 6,5 volte»; tale evidenza – unitamente alla conferma della precocità (circa 20 anni prima) di insorgenza della malattia nei calciatori – costituiscono dati di significativo valore scientifico. Partendo da queste osservazioni, da un lato sono state recuperate vecchie ipotesi etiopatogenetiche quale il traumatismo: l’insorgenza della SLA può essere spiegata con i ripetuti traumi al capo subìti nel colpire il pallone con la testa, in individui geneticamente predisposti11. Le smentite non mancano e vengono avanzate nuove ipotesi da parte di alcuni epidemiologi12. Uno di essi afferma: «Come cause dirette della SLA si possono escludere due delle ipotesi più accreditate: i microtraumi ed il metabolismo “accelerato” tipico del calciatore. Altri sono i fattori di rischio: l’uso eccessivo di antiinfiammatori, sostanze tossiche illegali, integratori o supplementatori (aminoacidi ramificati, creatina) , il contatto con i diserbanti usati nei campi da calcio». Significativa in questo senso la testimonianza di un calciatore di 45 anni13 con 17 anni di attività (1978-1994) e che, nel 2004, ha ricevuto la diagnosi di SLA con tutte le peculiarità ritrovabili nei calciatori colpiti dalla malattia: la giovane età di insorgenza, l’impegno professionale (centrocampista, come la maggior parte dei suoi compagni di malattia), la forma con cui si manifesta la SLA (quella bulbare, la più rara e micidiale e la più frequente tra i calciatori), l’avere giocato negli anni che oggi possono essere considerati come quelli maggiormente a rischio. Per la prima volta l’ammalato ha potuto raccontare nei dettagli gli abusi farmacologici eseguiti nel periodo in cui giocava a calcio (fruttosio 1,6 bifosfato, estratti di corteccia surrenalica, aminoacidi ramificati, creatina). Il sospetto che la sclerosi laterale amiotrofica possa essere considerata una malattia professionale dei calciatori italiani si sta facendo strada: Gianluca Signorini, giocatore professionista morto a 42 anni nel 2002, l’aveva intuito. Nel ricordarlo, la figlia Benedetta ha detto: Io non mi sono arresa. A mio parere non è possibile che nel 2005 ci siano ancora malattie delle quali non si sa niente e per le quali non si può fare niente; io non mi arrendo, continuerò a lottare come avrebbe fatto lui. È da ritenere che la grande forza d’animo dimostrata durante il corso della malattia da Signorini sia equiparabile a quella di Gehrig, il quale affermò di «non considerarsi una mera vittima di una forma di paralisi, ma il simbolo della speranza di migliaia di ammalati di SLA». Per dare una risposta a queste parole cariche di attese, nuovi studi epidemiologici e clinici sono necessari, anche in altre discipline sportive; perseguendo innanzitutto l’indagine delle storie cliniche delle vittime già accertate e tenendo presente che le evidenze segnalate supportano la relazione tra una specifica professione, quella di calciatore, e l’insorgenza della SLA. Bibliografia 1. Kasarskis EJ, Winslow BA. When did Lou Gehrig’s personal illness begin? Neurol 1989; 39: 1243-5. 2. Innes M, Chudley AE. Genetic landmarks philately. Henry Louis “Lou” Gehrig and amyotrophic lateral sclerosis. Clin Genetics 1999; 56: 425-8. 3. Reider CR, Paulson GW. Lou Gehrig and amyotrophic lateral sclerosis. Is vitamin E to revisited? Arch Neurol 1997; 54: 527-8. 4. Harrison. Principi di Medicina Interna. Ed. ital. dalla 13a USA. Milano: McGraw Hill 1995; 2574. 5. Ray S , Lansbury T. A possible therapeutic target for Lou Gehrig’s disease. Acad Sci 2004; 101:2817-22. 6. Nathanson M. 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Vanacore N, Binazzi A, Bottazzi M, Belli S. Amyotrophic lateral sclerosis in an Italian professional soccer player. Parkinsonism Relat Disord 2006; (Epub ahead of print). Indirizzo per la corrispondenza: Dott. Elisa Romagnoli Ospedale Policlinico Dipartimento di Medicina Interna Unità Operativa di Medicina II 41100 Modena E-mail: cristani. [email protected]