Racconto Niki O

Transcript

Racconto Niki O
Cyber virus
Parte prima
«Ciaoo»
«Ehi Giudy!»
«Finalmente mio fratello mi ha installato quel programma di cui ti ho parlato»
«Il simulatore di mondi fantastici? Forte!» commenta Jennifer.
«Già ma non ti ho ancora detto la parte più bella!» proseguo.
«Dai non tenermi sulle spine!» mi incalza l’amica.
«Ok, Ok… Il mio fratellone mi ha dato due dritte per poter navigare insieme!»
«Davvero? Accendo subito il pc!»
«Bene, io intanto accedo al primo livello…»
Scelgo il mio Avatar, una tipetta rossiccia spettinata, con una splendida felpa azzurro
fiammante, e mi guardo intorno.
«Jennifer… Mi vedi?»
Al mio fianco si materializza una ragazza tutta trecce con un vestitino “fru fru” rosa.
«Mmh… Abbigliamento proprio adatto»
«Già… Non pensavo che il primo livello fosse una foresta incantata...»
Uno strano rumore e il monitor fa le bizze.
« Ehi che succede!»
«Jennifer ci sei?»
Mi metto le mani tra i capelli preoccupata… Sono rossi?!
Mi guardo intorno, stranita… Ma dove sono? Circondata da lecci, mi ritrovo nella
radura della simulazione.
Giocherello nervosamente con la felpa …
La felpa? Ma non avevo una maglietta?
«Giudy… Ci sei?»
«Jennifer! Ma dove siamo?»
« Lo chiedi a me? Diamo un’occhiata in giro»
Ci addentriamo nella foresta, gli occhi bassi, angosciate, sconvolte. Un sibilo. Una
freccia acuminata si infigge sulla corteccia del leccio al mio fianco.
«Ferme dove siete donzelle!»
«Ehm ci scusi… Non sappiamo dove siamo e Il mio cell qua non prende! Non
c’è nemmeno un accenno di wi-fi!»
«Mi presento… Il mio nome è Amadeus, elfo girovago.»
«Amico o nemico?»
«Dipende da voi.»
«Dobbiamo farcelo amico» sussurro.
«Ok… però che tipetto…-.» commenta Jennifer sottovoce.
Continuiamo a chiacchierare ostentando sicurezza, ma in realtà siamo terrorizzate e
al contempo incantate dalla sua innaturale bellezza.
Non ci rendiamo conto che, nel frattempo altri elfi ci hanno circondato.
« Ferme! In nome della legge! Complimenti Amadeus, bel lavoro… Gli ospiti
qui non sono di certo graditi!» tuona un nanerottolo vestito in modo bizzarro.
«Amadeus io… Non capisco» esclamiamo all’unisono io e Jennifer.
«Vi spiego subito mie care fanciulle» risponde con aria complice.
«Lui è l’indomito e insuperabile re degli elfi neri, re di tutto il terreno che i
vostri piedi impuri stanno calpestando» prosegue il traditore.
«Presentazione eccelsa mio prode Amadeus! Sono Kurman! Re guerriero! Il
mio nome è leggendario!»
In pochi secondi ci ritroviamo le mani legate da radici e gli occhi bendati da foglie.
Percepisco una lama che mi preme sulla schiena, e mi trascino, tremante, in avanti.
Perdo la cognizione del tempo, ogni tanto sprofondo nel terriccio fangoso.
Finalmente mi viene tolta la “benda naturale” ,ma vengo bruscamente spinta in una
specie di cella. La brandina appesa alla parete sembra scomoda e instabile. La porta
sbatte e mi ritrovo sola.
«Jennifer mi senti?!» urlo angosciata.
Dalla cella a fianco qualcuno risponde con un brontolio cupo che assomiglia
vagamente ad un ”si”.
«Ma dove siamo?»
Nessuna risposta. Una ciotola di legno sbuca da sotto la porta della mia stanza.
All’interno un liquido verdastro e fangoso con qualcosa che potrebbe essere pane, o
meglio, qualcosa che potrebbe essere stato pane in un’altra vita. La porta si spalanca
ed Amadeus entra in scena.
«Bentrovata dolce donzella...»
Una freccia gli sfiora l’orecchio appuntito, facendolo strillare dal dolore ed in mezzo
a noi balza un elfo con la pelle grigiastra, i pantaloni a brandelli e senza nemmeno la
decenza di una maglietta a coprire i muscoli del petto.
«Sorellina… Tutto bene?»
Mi guardo intorno senza badare al mal di testa martellante.
Sono a casa.
« Ma che fine ha fatto il mio bellissimo salvatore?»
«Ehi Giudy...Ti piaceva così tanto il mio avatar? Perché se vuoi ti organizzo una
cenetta romantica e poi…Uhh...»
«Christopher Jonatan Bayer, smettila subito! Non è il momento di scherzare…
La mia migliore amica è rinchiusa ancora in quel mondo fatto di pixel… E io
cosa dovrei raccontare ai suoi genitori! Che ho un fratello pazzo che ci ha
teletrasportate in un computer?!»
«Datti una calmata! Basterà solo che rientri nel gioco e poi…»
«Oh no, no no no no! Volevi dire che noi rientreremo nel gioco, salveremo la
mia amica, ce ne ritorneremo a casa e disinstalleremo il tuo stramaledetto
programma! E non voglio obbiezioni. »
Accendo il computer, apro il mondo virtuale.
Afferro mio fratello per la maglietta, non si sa mai, e con la mano che trema,
premo il classico pulsante lampeggiante che a tutti piace vedere: “START”.
Le braccia iniziano a formicolare, Christopher si dimena e cerca di divincolarsi
dalla mia stretta.
Parte seconda
Tutto è cupo, gli alberi gettano su di noi ombre sinistre.
In questo mondo sta calando il sole, ma tutto è di un colore aspro e freddo. Insolito.
Ci guardiamo.
«Non per offenderti ma… Se nella realtà fossi così saresti appeso alle pareti
delle camere di milioni di ragazze, e non al mio bersaglio per le freccette.»
Mio fratello scuote la testa.
«Non è il momento delle battute. Saliamo su un albero e facciamo il punto
della situazione. »
Le mani mi bruciano, e il viso di mio fratello è arrossato per lo sforzo. Siamo arrivati
nel punto più alto, ma la vista non ci rincuora affatto.
Lo stesso identico panorama si estende per miglia e miglia, sotto un cielo plumbeo
che non preannuncia niente di buono.
Sto fissando la valle da parecchio tempo ma al mio cospetto c’è solo un bosco fitto e
tetro.
Un tonfo, una luce che punta verso il cielo, un urlo irritato. Risuonano dei passi.
Scuoto mio fratello, gli faccio segno di fare silenzio.
Indico una piccola radura tra gli alberi, dove un piccolo esercito sta accerchiando un
ragazzo dalla pelle blu.
«Guarda… I soldati portano lo stesso stemma di Kurman…»
«Sorellina… Non pensare neppure di…»
«Seguiamoli!»
Christopher mi guarda soffocando a stento una risata, mi lancia la sacca che porta a
tracolla e si cala lentamente verso il ramo sottostante.
Apro curiosa l’ingombrante e ruvida sacca e mi ritrovo tra le mani un leggero e
maneggevole arco di tasso. Qualche runa incisa sul ruvido legno, la corda, quasi
trasparente, emana riflessi azzurrognoli.
La faretra è ricolma di dardi affilati e letali, dalla punta nera come la pece.
Guardo sotto di me. Mio fratello fa un cenno verso il ragazzo, poi si cala ancora di
qualche metro.
Stiamo seguendo l’esercito da ore, stanno tornando alla base, dicono. La chiamano
Rahal, il tempio. Io continuo a pensare che non stiamo andando da nessuna parte.
Le spine lacerano i nostri vestiti, e gli alberi sbarrano la strada di continuo.
Mio fratello attira la mia attenzione.
«Ehi.. Guarda…»
Alzo lo sguardo, ancora immersa nei miei pensieri.
Una torre enorme. Il metallo scuro la riveste come un’armatura indistruttibile.
Migliaia e migliaia di uomini, schiavi, strane creature. Una sola parola.
Rahal, il tempio.
Una donna punta il dito verso di noi, che ci accovacciamo spaventati.
La osservo con attenzione, il vestitino rosa, lacerato, i capelli sporchi raccolti in due
trecce.
Non faccio in tempo a vedere altro. Un uomo la prende, la butta a terra, la spinge
avanti colpendola con un bastone.
Ne sono certa, è Jennifer.