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Il territorio e la sua storia
Gru Langer Heinrich, un’architettura
navale nel porto di Genova
di Linda Kaiser
Langer Heinrich è una gru, posata su un pontone galleggiante.
Normalmente è ormeggiata a Calata Boccardo, nel Porto
di Genova. La sua silhouette emerge sopra i palazzi dell’antica
zona del Molo.
Perfettamente funzionante, nasce come mezzo militare, in
Germania, nei cantieri AG Weser di Bremerhaven, nel 1915.
Commissionata dalla Kriegsmarine, la Marina Militare tedesca, oltre a essere la più grossa gru galleggiante del mondo, è molto avanzata: può sollevare 250 tonnellate, che corrispondono al peso dei cannoni delle corazzate di allora;
può ruotare il braccio a 360 gradi; può affrontare il carico di qualsiasi nave; è versatile e all’avanguardia. La governava un equipaggio di 21 uomini.
Langer Heinrich nasce come macchina a vapore, che produceva l’energia necessaria al sollevamento. In seguito, alla stessa macchina a vapore viene collegata una dinamo,
che generava energia per far funzionare i motori elettrici,
sia per la propulsione che per il sollevamento della gru.
Nel 1955 la macchina a vapore viene smantellata e sostituita con quattro motori Diesel, elettromeccanici. Si tratta
dell’unica modifica rispetto alla costruzione originaria, che
conserva ancora le condutture di vapore, ma non il tipico
fumaiolo esterno.
La tipologia del “pontone galleggiante”, asserisce il Corpo
Reale del Genio Civile nel 1892, “è, in un porto commerciale, da preferirsi pel sollevamento dei grossi pesi ai meccanismi fissi, perché si può portare ovunque faccia d’uopo, né ingombra od impedisce la continuità delle calate”.
Anche per merito di tale mobilità questo mezzo riesce a sopravvivere alle due guerre mondiali e ai relativi bombardamenti, viene impiegato nel recupero di navi affondate e relitti a Brema, entra persino a far parte della flotta americaA fronte
Gru Langer Heinrich in Calata Boccardo. Esterno dei locali argani.
na alla fine dei conflitti. Nella sua storia a servizio delle costruzioni navali, vive le trasformazioni dei porti di Wilhelmshaven e di Bremerhaven, partecipando sia al montaggio che
alla demolizione di navi. Il momento di massima attività di
Langer Heinrich, così chiamato familiarmente per le sue dimensioni, ma varato come Grosse Schwimmkran I, è negli anni ’20, durante la Repubblica di Weimar. Oltre a comparire in cartoline e immagini, l’effigie della gru è riprodotta sul verso delle banconote da 500 miliardi di Marchi, emesse nel 1925, in tempi di inflazione.
Negli anni ’50 il mezzo continua a essere operativo e il governo della Repubblica Federale Tedesca lo noleggia dalla
Marina americana a un prezzo simbolico. Gli alti costi di mantenimento dell’equipaggio, ridotto a sette uomini, e dell’efficienza della gru spingono gli americani, nel 1980, a mettere all’asta il Langer Heinrich. Da un privato che lo acquista,
il mezzo viene rivenduto a una compagnia di lavori navali.
Nel 1985 la Coe & Clerici lo acquisisce per scaricare carbone a Sant’Antioco, in Sardegna. In occasione di questo passaggio di proprietà, il Langer Heinrich, registrato presso il Germanische Lloyd come BD 6000, acquisisce il nome di Maestrale ed entra nel registro Navale Italiano, il RINA.
La gru evita la dismissione nel 1990, quando un nuovo armatore, Alessandro Zamponi, la acquista per effettuare riparazioni navali a Genova. Oltre a caricarsi dell’onere del
restauro, Zamponi segue un percorso di conservazione, tutela e valorizzazione del mezzo, in ciò affiancato dalla Soprintendenza al Patrimonio Storico Artistico Etnoantropologico della Liguria. In occasione delle manifestazioni del
2004 per Genova Capitale della Cultura, il Langer Heinrich
viene presentato al pubblico come preziosa “testimonian-
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za di archeologia industriale per la storia dei lavori marittimi”. Da questo momento, mostre, visite guidate e spettacoli teatrali trovano a bordo del pontone galleggiante – che
nel frattempo riconquista il suo originario nome tedesco –
un’ambientazione affascinante.
Quando si sale a bordo, si percepiscono meglio le dimensioni gigantesche del mezzo: dal pontone, che misura 50
x 30 metri, si solleva lo sguardo fino a 84 metri, l’altezza
massima alla quale può arrivare la gru a pieno carico. Sin
dalla discesa nella Sala macchine, sottocoperta, si comprende subito la rilevanza della memoria storica della tecnologia navale del secolo scorso. La struttura in ferro chiodato
è esemplare e la reticolatura richiama quella della Torre Eiffel. Lo scafo in acciaio, alto 5 m, con un’immersione massima di 3,18 m, è suddiviso in 41 compartimenti, che ospitano le sale macchine, quelle delle attrezzature e gli spazi
per l’equipaggio, oltre a vani più piccoli riservati alle due
timonerie, alla zavorra e al carburante. La gru raggiunge
oggi una velocità massima di 4 nodi e, per gli spostamenti più impegnativi, utilizza due eliche di acciaio a quattro
pale del diametro di due metri circa. Per le operazioni cosiddette di tonneggio, cioè per i piccoli spostamenti durante le manovre nelle zone operative, si avvale di funi di ormeggio che vengono tese o rilasciate a seconda del caso.
In plancia è posto il comando di direzione del movimento
della gru, che avviene attraverso due timoni.
Si può notare che le macchine sono ben conservate, anche
perché la manutenzione degli ultimi anni è stata costante.
Oltre ai quattro motori Diesel principali di cui si diceva e che
erogano ciascuno una potenza di 480 HP a 600 giri/min, si
possono vedere i quadri di comando e altri motori per l’alimentazione ausiliaria di bordo e per l’azionamento delle eliche. La cabina di comando del sollevamento si trova invece a 23 m di altezza e i motori a corrente continua necessari al suo funzionamento sono collocati ai tre piani della gru.
La plancia di governo della propulsione è sul pontone, in
posizione centrale e in relazione con i due punti di mano-
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vra a dritta e a manca dello scafo. Sono un vero reperto i
vecchi apparecchi telefonici Siemens Halske dedicati alle
comunicazioni interne, mentre il più classico tubo portavoce collega plancia e coperta.
I meccanismi degli argani del Langer Heinrich sono ancora oggi degni di studio a livello ingegneristico per le loro particolarità costruttive. Inizialmente gli argani erano quattro,
con diverse capacità di carico (250 tonnellate, 50, 20 e 10
t); adesso l’ultimo non è più operativo. L’argano principale
comanda il gancio vicino alla sommità del braccio della gru.
Il macchinario che lo governa è collocato al secondo piano
del castello girevole e comprende i motori, il riduttore di velocità, i sistemi frenanti e i tamburi di trascinamento delle
funi. Immaginiamo il meccanismo in funzione e apprendiamo un dato tecnico: a marcia lenta e a pieno carico, la velocità massima di sollevamento raggiunge 1,20 m/min. Il primo degli argani ausiliari, quello da 50 t, aziona il gancio all’estremo del braccio della gru, mentre il secondo argano
ausiliario, oltre ad azionare il gancio, può anche movimentare il carrello scorrevole lungo lo stesso braccio.
Questo misura 54 m e può ruotare verticalmente per circa 50°, con un’alzata minima di 56 m sul livello del mare
quando è in posizione orizzontale. Il traliccio del braccio si
inserisce con due grossi perni sulla sommità del castello
girevole ed è bilanciato da un contrappeso adeguato al peso dei carichi sospesi. Gli ingranaggi di rotazione sono composti da ruote dentate, collegate anche con un sistema di
frenatura, importantissimo per la sicurezza.
Le due scale a elica (copia di quelle originali, non più sicure) che salgono ai locali che ospitano gli argani sono particolarmente eleganti, con i loro gradini traforati e la vista
che offrono gradualmente ampliata al visitatore. La gru è
perfettamente funzionante e lavora normalmente, ma dal
2002 la Soprintendenza Regionale della Liguria l’ha decretata anche un bene che “riveste interesse storico e archeologico-industriale particolarmente importante”, ai sensi del
Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di be-
Il territorio e la sua storia
ni culturali e ambientali (D. Lgs. 29/10/1999 n. 490). Per
questa ragione, ci sono occasioni particolari, durante le quali l’armatore stesso ha il piacere di accogliere a bordo del
suo mezzo chi vuole leggere un pezzo significativo di storia della navigazione e del lavoro.
Gli interventi conservativi, seguiti principalmente dall’architetto Guido Rosato, hanno mirato innanzitutto a mantenere le caratteristiche formali, tecnologiche e funzionali del Langer Heinrich e a conservare tutta l’attrezzatura di bordo, databile fra il 1915 e il 1955. Si è intervenuto sulle strutture
metalliche e si sono ripristinate in diverse fasi le componenti elettromeccaniche; sono stati introdotti o sostituiti pezzi
mancanti o deteriorati e, naturalmente, sono state inserite
le componenti a norma (ad es. i quadri elettrici), sempre
preservando le vecchie vicino alle nuove. Per avere idea della mole dei lavori, eseguiti dalle maestranze del cantiere Gino Gardella, basti pensare che la lunghezza totale dei cavi
elettrici sostituiti ha superato i 4 km e che la quantità di ferro sostituita tra lamiere e profilati ha raggiunto le 100 tonnellate, circa il 4% del materiale di cui è composto il mezzo. Nell’occasione, sono state svolte indagini e analisi chimico-fisiche sui materiali costitutivi della gru, dai metalli ai legni. Intorno alla struttura è stato creato un ponteggio e il restauro ha proceduto pezzo per
pezzo, per non compromettere l’operatività del Langer Heinrich. Una
squadra di cinque carpentieri metallici ha rinchiodato a mano il mezzo, recuperando la prassi di un antico mestiere. Sono state anche eliminate le aggiunte incongrue ed effettuati trattamenti protettivi su molti elementi di bordo e su tutte le superfici che dovevano essere pitturate.
Oggi nel mondo si conservano pochis-
Il territorio e la sua storia
simi esempi di questa tipologia di gru galleggiante, che ha
il suo periodo di sviluppo tra la fine del XIX secolo e la seconda guerra mondiale. Nonostante la grande quantità di
commissioni in quel periodo da parte delle città portuali più
importanti d’Europa, pochi mezzi simili sono sopravvissuti alla distruzione. Langer Heinrich pare essere la gru galleggiante più antica, preservata nelle sue caratteristiche originarie e ancora operativa. Se svetta proprio sui palazzi di
Genova lo dobbiamo a un armatore illuminato.
Bibliografia e linkografia
Guido Rosato (a cura di), La gru galleggiante Langer Heinrich dal 1915
a oggi. Storia, tecnologia e conservazione, Genova, Erga, 2008.
Guido Rosato, La tutela ed il restauro dei beni galleggianti. Note sulla condizione di applicabilità delle norme del Ministero per i Beni e
le Attività Culturali, Genova, De Ferrari, 2008.
www.langerheinrich.it
www.langer-heinrich.de.vu
A fronte
La Gru Langer Heinrich ormeggiata in calata Boccardo,
nel porto di Genova.
Sotto a sinistra: una delle scale ad elica che salgono ai locali argani.
A destra: il braccio della gru con i ganci di carico.