"Vita Giuseppina" di Marzo 2011

Transcript

"Vita Giuseppina" di Marzo 2011
Anno CXVII - N. 2 Marzo 2011 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, ROMA
marzo 2011 - n. 2
Vita Giuseppina
M e n s i l e
d e i
g i u s e p p i n i
d e l
m u r i a l d o
Educatori
con il cuore
di san Giuseppe
1
L’orizzonte
All’ombra
del PADRE
di p. Mario Aldegani
Padre generale
N
ella vicenda umana e spirituale di San Giuseppe leggo un aspetto che spesso mi fa riflettere.
Si dice e si scrive che San Giuseppe visse sempre “nell’ombra”, un po’ in disparte, senza alcun protagonismo.
Non si tratta, secondo me, solo del fatto che la figura di Giuseppe non “parla” nel Vangelo e che, anche
negli episodi nei quali è presente anche lui, la sua parte non sembra mai quella del primattore.
Ho sempre pensato che, nella vita di Giuseppe, “l’ombra” sia qualcosa di più profondo e drammatico.
È la missione difficile che il Signore gli ha chiesto di compiere.
È l’impegno a credere e ad obbedire, forse senza capire, avventurandosi in un territorio al di fuori dei suoi
schemi e delle sue capacità di comprensione.
Forse proprio questo è il suo fascino e la sua grandezza: ha vissuto “dentro l’ombra” una traiettoria esistenziale
in cui Dio e la sua volontà sono state la sua luce.
Nel mistero della vita, delle trame relazionali, dei rapporti educativi ci sono spesso vaste zone di ombra; ma è
l’ombra che rende preziosi nel bosco i chiarori che vengono dall’alto, attraverso raggi che vincono il fitto delle
foglie: essi ci appaiono proprio dentro l’ombra e grazie all’ombra.
Il problema è appunto riuscire a camminare nell’ombra, per trovarsi improvvisamente dentro questi chiari del
bosco che sono certe “sorprese” che i nostri ragazzi ci fanno, certe incredibili capacità di inizio, di tessitura di
fedeltà nel tempo.
Si dice che è difficile oggi educare, in un tempo che è difficile.
Questo sarà pur un tempo difficile, ma nello stesso tempo è affascinante, perché ha dentro di sé i tratti del
tempo ultimo, come quello di Giuseppe.
Forse ogni tempo ha dentro di sé anche i tratti del tempo ultimo; ma questo nostro tempo sembra averli dentro
in un modo tutto particolare…: c’è il difficile rapporto con la diversità, con la vulnerabilità e la fragilità nostra e
altrui; ci sono la frammentazione e l’incertezza…
Il nostro San Giuseppe il suo tempo, con le sue ombre, lo ha vissuto nello spazio di un’obbedienza totalmente
affidata a Dio e perciò gioiosa e serena.
Così ha educato un uomo-Dio, di nome GesùSalvatore, che ha portato a tutti una parola e una
testimonianza che è “Vangelo” per l’uomo e per
la storia: “Dio ama ogni creatura umana; l’ama di
un amore invincibile; sempre pronto ad aiutare e a
perdonare, conta i capelli del capo; nessuno di essi
cade a terra senza che lui lo voglia… il Dio Padre che
Gesù ci rivela è davvero, come scriveva San Paolo, il
“Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione”
(2Cor 1,3). n
Durante la sua visita alla Provincia Brasiliana, nel
settembre scorso, il Padre generale ha incontrato
l’Arcivescovo di Brasilia, Mons. João Braz De
Aviz, ora nominato dal Santo Padre Prefetto della
Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e
le Società di Vita Apostolica.
Vita Giuseppina 2 2011
l
3
Vita Giuseppina
In copertina
I Giuseppini del Murialdo continuano oggi in tutto il
mondo l’opera educativa a favore dei giovani, specialEducatori
mente i più poveri, secondo il carisma del Fondatore e con
il cuore
sotto il patrocinio di S. Giuseppe: educatori con il cuore di san Giuseppe
di S. Giuseppe.
Los Josefinos de Murialdo continúan hoy en todo el
mundo la obra educativa en favor de los jóvenes, especialmente de los más pobres, según el carisma del Fundador y bajo el patrocinio de San José: Educadores con el corazón de S. José.
Os Josefinos de Murialdo continuam hoje, em todo o mundo, a obra educativa
em favor dos jovens, especialmente dos mais pobres, segundo o carisma do
Fundador e sob o patrocínio de S. José: Educadores com o coração de S. José.
The Josephites of Murialdo continue today throughout the world the
education work in favor of young people, especially the poorest, according to the charism of the Founder and under the patronage of St.
Joseph: educators with the heart of St. Joseph.
grandangolo
marzo 2011 - n. 2
5
grandangolo
Il resto non conta
6
reportage
Educatori con il cuore di S. Giuseppe
8
di p. Mario Aldegani
di Giuseppe Novero
di p. Mario Aldegani
di p. Valerio Pierangelo
uomini di dio
Padre Massimino Benassati
11
LETTERE
12
MURIALDO: STORIA PER IMMAGINI
L. Franchino papà di S. Leonardo
13
il mURIALDO ci parla
S. Giuseppe e il Murialdo
14
educare
I giovani in libera uscita
16
verso la comunità murialdina
Una vocazione che impegna...
17
vita giovani - africa
21
POsso farti una domanda?
Ma che male c’è a divertirsi?
di p. Orides Ballardin
di p. Giovenale Dotta
a cura di p. Giuseppe Fossati
di Alessandro Mazza e Alessandro Diliberto
di p. Ferruccio Cavaggioni
di p. Massimo Rocchi
22 murialdine
Murialdina di S. Giuseppe per sempre
di sr. Emma Bellotto
23 vita della chiesa
Educare alla vita buona del Vangelo
di p. Tullio Locatelli
di p. Ferruccio Cavaggioni
25 Engim ong
Servizio Volontario Europeo...
di Massimo Angeli
26 attualità
Un focolare per i minori in difficoltà
di Elisa Conti e Chiara Ferraro
27 attualità
Cosa c’è che non va
G I U S E P P I N I
D E L
M U R I A L D O
Vita Giuseppina mensile dei giuseppini del murialdo
anno CXVII - marzo 2011
a cura della redazione
28 NELLA CASA DEL PADRE
n. 2
Direttore responsabile Giuseppe Novero
Redattore M. De Summa
Redazione
M. Aldegani - A. Santonico - M. Regosa - U. Maggiore - S. Agazzi
Segreteria F. De Summa - A. Romozzi
Editing G. Rocchetti - Progetto grafico S. Aureli
Collaboratori grafici
A. Aimetta - G. Marzano - M. Villalba - S. Girodo - I. Soncini (web)
Direzione e amministrazione Via Belvedere Montello, 77
00166 Roma - Tel. 066247144 - Fax 066240846 - [email protected]
www.giuseppini.org - www.murialdo.org
Autorizzazione del Tribunale di Roma 26-7-1954 - n. 4072 del Registro della Stampa.
La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250.
Stampa Scuola Tipografica S. Pio X
Via degli Etruschi, 7 - 00185 Roma
24 attualità
Raccontare ed ascoltare... Insieme
D E I
di Giuseppe Novero
1
reportage
Un santuario di S. José in Guinea Bissau
10
M E N S I L E
Anno CXVII - N. 2 Marzo 2011 - POSTE ITALIANE S.P.A. - SPEDIZIONE IN A.P. D.L. 353/03 (CONV. IN L. 27/02/2004 N. 46) ART. 1 COMMA 1, ROMA
l’orizzonte
L’ombra del Padre
sommario
3
Libreria Editrice murialdo
Per Abbonarsi
Sostieni Vita Giuseppina e le Missioni giuseppine
- con il tuo ABBONAMENTO:
ordinario € 20,00 - sostenitore € 50,00 - benefattore € 100,00
- con una BORSA DI STUDIO:
- con OFFERTE per le MISSIONI e S.MESSE
€ 155,00
Effettua un versamento su c.c.p. 62635008 intestato a:
VITA GIUSEPPINA - Via Belvedere Montello, 77 - 00166 Roma
34 controluce
specificando la causale: abbonamento / missioni / borsa di studio...
Oppure un bonifico bancario intestato a "Casa Generalizia Pia
Società Torinese di San Giuseppe" specificando la causale.
35 san giuseppe
IBAN: IT 37 O (lettera) 076 0103 2000 0006 2635 008
30 flash di vita
il resto non conta
I
giorni in cui viviamo soffrono di una malattia subdola: quella di dimenticare - e far dimenticare - le
ragioni che consentono a un popolo di sentirsi unito da vincoli storici, di identità, impegnativi per
tutti, da valori civili e passioni sociali in grado di interpretare un sentire comune, un’idea di destino
condiviso e riconosciuto.
È questo il retroterra che spinge, in questo mese di marzo, a celebrare i 150 anni dell’unità d’Italia.
Ma il Risorgimento non è stato e non deve essere un’agiografia. La reazione maturata negli anni
più recenti a molte rievocazioni forse scaturisce anche dal quadro lezioso e superficiale che ha
accompagnato molti libri scolastici sull’argomento.
È indubbio che l’Italia è nata con incomprensioni che ci siamo trascinati fino ai nostri giorni; oggi
conosciamo anche gli aspetti meno gloriosi che demoliscono miti, monumenti nazionali e figure
storiche.
Il Risorgimento è stato però un periodo di fervore, di grandi entusiasmi giovanili, di generosità
portate all’estremo, di sacrifici oggi inimmaginabili. Senza dimenticare, poi, l’”altro Risorgimento”.
Quello della generosità e della bontà perseguite dai santi sociali nelle città in preda alla povertà
dilagante, alla miseria umana e materiale.
Le celebrazioni di questi eventi - se non vogliono cadere nella retorica - trovano allora in
questi motivi ragioni meno edulcorate e superficiali e possono veramente coinvolgere tutti,
superando i luoghi comuni. E di luoghi comuni la storia del Risorgimento è ridondante. A
cominciare dal ritratto che ci è stato consegnato di Vittorio Emanuele II, un re mai preso
troppo sul serio di cui, però, non è inutile rileggere alcune pagine, per ricordarsi come
si comporta un uomo di Stato. Per esempio la lettera inviata a Costantino Nigra, alla
vigilia della seconda guerra d’indipendenza: “Io parto domattina per la campagna
con l’esercito. Ecco il mio testamento: se sarò ucciso voi l’aprirete e avrete cura che
tutto ciò che vi si trova sia eseguito. Io procurerò di sbarrare la via di Torino; se
non ci riesco e se il nemico avanza, ponete al sicuro la mia famiglia e ascoltate
bene questo: vi sono al Museo delle Armi quattro bandiere austriache, prese
dalle nostre truppe nella campagna del 1848 e là deposte da mio padre.
Questi sono i trofei della sua gloria. Abbandonate tutto, al bisogno:
valori, gioie, archivi, collezioni, tutto ciò che contiene questo palazzo,
ma mettete in salvo quelle bandiere. Che io le ritrovi intatte
e salve come i miei figli. Ecco tutto quello che vi
chiedo: il resto non conta.” n
Vita Giuseppina 2 2011
l
5
reportage
reportage
EDUCATORI
con il cuore
di san Giuseppe
Pubblichiamo alcuni passaggi della
lettera del Padre generale
ai confratelli giuseppini
in occasione della festa
di san Giuseppe.
C
ari Confratelli,
ogni volta che si avvicina la festa di
San Giuseppe, mi torna sempre lo stesso pensiero e lo stesso desiderio.
Vorrei essere in quella raccolta Cappella del Collegio Artigianelli di Torino, partecipare della preghiera e
dell’intensità dell’emozione spirituale del Murialdo e
dei confratelli che gli stavano intorno a formare il primo nucleo della “Congregazione di San Giuseppe”.
Dove siamo nati? Come siamo nati? Perché siamo
nati?
Dove siamo nati?
Siamo nati come Congregazione dentro un’istituzione educativa, dentro la sua storia e le sue difficoltà,
dentro le sue vicende quotidiane… si potrebbe dire
che siamo nati in mezzo ai problemi, alle lacrime e alle
speranze di quegli orfani che il Collegio e l’intera Opera Artigianelli, vero “sistema educativo”, accoglievano
da bambini e non abbandonavano fino a quando essi
non erano preparati per entrare nella vita con una degna istruzione, una adeguata formazione e con una
professione: buoni cristiani ed onesti cittadini.
Forse mentre nella Cappella del Collegio Artigianelli,
quel 19 marzo, il Murialdo, don Reffo, don Costantino e gli altri erano raccolti in preghiera, sentivano
lo schiamazzo dei ragazzi nel cortile o il passaggio di
qualche “squadra” nei corridoi o i rumori che venivano dai laboratori dei piccoli apprendisti. Erano quei
6
volti, quelle voci, quei cuori il senso della loro consacrazione e della loro missione.
Come siamo nati?
In mezzo agli orfani, ai giovani poveri, ai piccoli lavoratori; in mezzo alle preoccupazioni per i loro problemi
e il loro futuro; “addolorati” per lo sfruttamento di
cui erano vittime e per aiutarli ad alleviare le loro sofferenze.
Perché siamo nati?
Il Murialdo ha fondato la nostra Congregazione
perché l’Opera educativa degli Artigianelli avesse un
futuro, una continuità e una solidità.
Siamo nati per essere educatori cristiani dei ragazzi
e di giovani più poveri, per essere la loro voce e per
difenderli da ogni pericolo o sopruso, per garantire i
loro diritti e aiutarli a comprendere e a compiere i loro
doveri, per dare loro un aiuto nella vita, per stare dalla
loro parte, per essere in mezzo a loro sempre, dedicare loro l’intera nostra esistenza: questa missione è la
nostra “consacrazione”!
Nel ricordo della nostra nascita, del suo preciso
contesto e della sua ragione, c’è dunque chiara l’indicazione della nostra consacrazione come giuseppini,
della nostra spiritualità come Famiglia del Murialdo,
del nostro cammino di fronte alla realtà e ai problemi della gioventù del nostro tempo. A San Giuseppe,
dunque, dobbiamo guardare per rinnovare e qualificare la nostra vocazione di consacrati educatori.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Ci è di esempio il suo silenzio, che però è presenza.
La presenza silenziosa di Giuseppe accanto al Figlio
dice della piena assunzione della responsabilità, della
totale fedeltà e dedizione.
Suggerisce anche la piena coerenza, necessaria
all’educatore, fra parola e vita.
Indica la necessità di abbandonare ogni pretesa di
protagonismo o dominio sulla vita dell’altro: il compito è quello di aiutare ed illuminare il cammino dell’obbedienza filiale e poi sapersi fare da parte, perché la
vita del figlio fiorisca nella libertà.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Rinnoviamo la gratitudine a Dio per averci chiamati
ad essere “porzione dell’eredità di Dio” in questa congregazione di educatori fondata da San Leonardo Murialdo: il ricordo della nostra nascita illumini ed indirizzi il nostro cammino; il patrocinio e l’esempio di San
Giuseppe ravvivino e sostengano la nostra missione.
Buona festa di San Giuseppe a tutti! n
p. Mario Aldegani
Padre generale
7
reportage
rEportage
UN SANTUARIO
di S. José
in Guinea Bissau
U
na ventina di anni fa il compianto Mons. Settimio
Arturo Ferrazzetta, francescano, primo Vescovo
e Primate della Guinea Bissau, con sagace arguzia di pastore individuò, nel cuore del popolare “bairro” di Bandim, un terreno, che poteva essere il cuore
cristiano pulsante di un quartiere in fermento e crescita
continua, per i movimenti di urbanizzazione, a sfavore
dei villaggi dell’interno del paese.
I Giuseppini del Murialdo ricevettero l’incarico della
cura pastorale della parrocchia di S. Antonio di Bandim
nel 1997, forse per questo fu scelto come patrono della
nuova realtà pastorale, nel Bairro Alto Bandim, il nome
del nostro San Giuseppe.
La Comunità “S. José” è una delle quattro comunità che fanno parte della popolosissima Parrocchia intitolata a S. Antonio di Bandim, che complessivamente
conta oltre 75.000 abitanti. I membri sono quasi esclusivamente giovani, studenti o disoccupati; poche le
L’oratorio in costruzione
presso la Parrocchia
S. Antonio di Bandim.
persone anziane e influenti, i bambini sono centinaia
e centinaia.
Dal 1991 la Comunità è cresciuta moltissimo; oltre
1.100 i catechizzandi (tra bambini, giovani ed adulti),
una quarantina di catechisti, un gruppo di 75 adolescenti, un gruppo di 65 giovani, un gruppo di 70 adulti,
un gruppo di 20 ministranti, un gruppo di 46 lettori,
una corale di 30 giovani e un gruppo di 40 animatori.
Ogni anno la comunità si arricchisce di circa 150 nuovi battezzati, che frequentano la catechesi per almeno
sette anni. I cresimati sono circa 70 all’anno. Sono presenti i movimenti giovanili dello Scoutismo Cattolico,
dei Valentes e tre gruppi di Legionari di Maria. Inoltre a
livello educativo la parrocchia gestisce una scuola elementare di 630 allievi con una ventina di educatori.
Tutte le attività si sono svolte per anni in una baracca
fatta di blocchi di cemento e lamiere di zinco. Quelli
che non potevano entrarci per mancanza di posto, staL’oratorio concluso, già popolato di ragazzi.
è uscito un nuovo DVD sulla Guinea Bissau curato dagli “Amici della Guinea Bissau”.
Contiene due video: 1. Viaggio coinvolgente in Guinea Bissau. 2. La solidarietà trasforma il sogno in realtà.
Chi volesse riceverlo, lo richieda a ENGIM Internazionale, Corso Palestro 14 oppure info@solidarietà-guineabissau.com
8
Vita Giuseppina 2 2011
l
Il Santuario in costruzione.
vano all’ombra dei grandi manghi, baobab e “poilon”,
delle autentiche meraviglie della natura.
Nel 2008 un benefattore torinese ci permise di realizzare un pozzo, profondo 200 mt, da cui sgorga acqua
pura e abbondante anche durante la stagione secca, a
favore della Comunità e di tutti gli abitanti del “bairro”:
una vera benedizione per un paese dove piove solo cinque mesi all’anno e le fonti superficiali sono spesso inquinate e insalubri.
Nel settembre 2009 potevamo disporre di un accogliente centro pastorale, adibito anche a scuola elementare, con cinque ampie aule, due uffici e servizi,
grazie all’impegno degli Amici della Guinea Bissau e
dell’ENGIM Internazionale.
Mancava solo la chiesa. Circa 6-7 anni fa il parroco
precedente aveva iniziato la costruzione di una cappella, ma realizzò solo le fondamenta e alcune colonne; i
lavori furono presto interrotti per mancanza di mezzi
finanziari.
Due anni fa il nuovo vescovo di Bissau, Mons. Dom
Josè Camnate Na Bissign, ha suggerito di chiedere l’intervento delle benemerite associazioni tedesche “Aiuto
alla Chiesa che soffre” (Kirche im Not) e “Missio”.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Il Santuario di San Giuseppe, oggi.
Con l’impegno della Confederazione delle Diocesi
Tedesche, abbiamo ottenuto quanto necessario per la
realizzazione della nuova chiesa di S. José
La struttura dell’edificio sacro è semplice, scelta imposta da esigenze di massima economia e funzionalità.
In prossimità dello scorso Natale la struttura è stata
finalmente ultimata.
Abbiamo vissuto la Messa di Mezzanotte nel nuovo
ambiente dipinto di fresco e illuminato.
Ora desideriamo abbellirla con qualche dipinto della
vita di S. José, una via crucis in stile africano, alcune
sculture in legno locale che abbelliscano l’altare di marmo, arrivato da Chiampo, gli amboni e il tabernacolo.
Nel suo piccolo, desideriamo di cuore che questo sia
il “santuario di S. José” della Guinea Bissau.
Il vescovo ha dato la sua disponibilità per consacrare
la nuova chiesa nel prossimo mese di luglio.
Ringraziamo di cuore Dio, di cui sperimentiamo ogni
momento la sua grande Misericordia e Provvidenza;
ringraziamo tutti i benefattori e siamo impegnati a crescere nella fede e nella testimonianza di vita, come comunità, chiesa viva di “persone”, non di “mattoni”. n
p. Valerio Pierangelo
9
uomini di dio
Padre
Massimino
Benassati
Q
uesto santo sacerdote giuseppino nacque a Ganaceto (Modena) il 28 aprile 1890.
La sua vocazione giuseppina fiorì e si sviluppò
nell’Istituto “S. Cuore” di Modena, l’ultima opera, in ordine di tempo, iniziata da S. L. Murialdo. In esso il giovane Massimino frequentò e completò il corso ginnasiale.
Chiese quindi di entrare in noviziato e vi fu ammesso. L’inizio fu a Volvera il 7 settembre 1905. Seguirono
gli anni della sua formazione fino alla teologia. Fu ordinato sacerdote a Modena il 22 dicembre 1915.
Pochi mesi dopo fu chiamato al servizio militare durante la guerra come addetto al servizio sanitario; operò in diversi ospedali fino al suo congedo, che avvenne
nel novembre 1919. Rientrato dal servizio militare, fu
mandato a svolgere il suo ministero sacerdotale nella
Parrocchia dell’Immacolata a Roma dove rimase per
12 anni. Nel 1931 p. Massimino assume a Foggia la
cura pastorale della parrocchia di S. Michele Arcangelo
come parroco. Continuò, nel suo ministero pastorale, a
mostrarsi zelante, instancabile e santo parroco, avendo
cura delle anime e visitando con tanto affetto gli ammalati e aiutando i poveri.
Nel 1938 la Congregazione, nell’ambito dello sviluppo delle opere in Brasile, inizia una nuova presenza a
Muriaé, nello stato di Minas Gerais. Vi vengono inviati
p. Massimino Benassati, p. Agostino Gastaldo e p. Ulrico Franchi, per dare inizio ad una nuova parrocchia.
A Muriaè - scrive il parroco, p. Agostino Gastaldo - il
pio p. Massimino ha scelto, come suo campo apostolico
prediletto, gli ammalati e i poveri. Per
gli ammalati era sempre pronto, giorno
e notte, a fare le sue visite. Percorreva le
vie e strade polverose e di fango, sempre a piedi, non accettando mezzi di
trasporto, con pioggia o caldo torrido
d’estate… Per i poveri aveva un affetto
speciale. Prediligeva una favela, a circa
due chilometri dalla chiesa parrocchiale, nel quartiere chiamato di Porto.
10
LETTERE
Cara Vita Giuseppina...
di p. Orides Ballardin
La favela era miserabile, senza acqua, senza luce,
senza fognature, alle pendici di una collina al lato di
un fiume. P. Massimino diceva la messa nella misera
cappella, insegnava catechismo ai bambini, scalzi e mal
vestiti, visitava gli infermi, e distribuiva aiuti ai più bisognosi. S’impegnò molto, con risorse governative e di
privati, nell’aiutare a costruire casette popolari. Soccorse per lunghi anni i suoi poveri con il “pane dei poveri”.
Il vescovo, in visita pastorale il 19 maggio 1942, scriveva di lui: “Ho ascoltato mille e mille volte, da ragazzi
e adulti, da uomini e donne, l’ammirazione e la stima
che tutti hanno per il loro infaticabile e caritatevole parroco, che tanto santamente, tanto zelantemente e tanto affettuosamente guida il suo ovile”.
La Congregazione si è ritirata dalla cura della parrocchia di Muriaé nel 1944. P. Ulrico Franchi, gravemente
infermo e impossibilitato a muoversi, dovette rimanere
lì; e p. Massimino si fermò con lui.
Continuava egli il suo apostolato sempre nella favela
di Porto, godendo del permesso e della benevolenza
dei nuovi parroci.
Quando, nel 1951, le sue forze non glielo permisero più, ormai infermo, si ritirò nell’ospedale, assistito
amorevolmente dalle Suore Marcelline. Continuava la
sua opera di aiuto materiale e spirituale a tutti, specialmente ai poveri che lo cercavano continuamente. Il ministero delle confessioni fu l’ultimo ad essere lasciato.
Partì per la Casa del Padre il 26 marzo 1974.
Ai funerali, che furono un trionfo, la massa del popolo era così grande che impediva ogni
movimento. La bara entrò nel cimitero, sollevata di mano in mano sopra la
testa della gente. Per tutti era morto
un santo.
La sua tomba era e continua ad essere visitata continuamente da fedeli
che ringraziano o chiedono grazie,
lasciando candele e fiori sopra quella
venerata tomba. n
Vita Giuseppina 2 2011
l
Nel mese dedicato a San
Giuseppe e alla nascita della
Congregazione dei Giuseppini
(19.03.1873) pubblichiamo un
inedito molto particolare.
È una lettera di p. Luigi Rizzo, missionario giuseppino del
Napo, morto il 4 novembre 2008.
La notizia della sua morte
improvvisa giunse prima che
giungesse la lettera al Padre generale.
è una testimonianza di vita
che, oggi, ha il sapore di un testamento e che esprime un grande
amore e un grande senso di appartenenza alla Congregazione!
Tena, 1 ottobre 2008
Revmo. Superiore Generale
e carissimo Padre,
Laudetur Jesus Christus.
Fra una settimana è il suo compleanno: 55 anni. Auguri.
La accompagno con la mia preghiera e il mio affetto. Sono contentissimo di essere giuseppino
e, grazie alla bontà dei miei Superiori, di coronare il mio ideale
di Missionario.
Già gli anni avanzano, gli acciacchi si fanno sentire. Da Gennaio 2007 ho dovuto ritirarmi
dal Telag dove stavo come Parroco e mi sono stabilito qui in
Tena, aiutando Mons. Mietto e
dando una mano a confratelli
che abbisognano. Non posso fare
tante cose, mi limito fare quello
che posso, contento di essere ancora utile a questa missione del
Napo tanto cara.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Ogni mercoledì, come oggi, prego per la Congregazione e il 19
di ogni mese è destinato a questo fine.
Le faccio i miei migliori auguri;
stiamo leggendo la sua circolare delle relazioni tra Confratelli e laici collaboratori.
Procurerò fare quanto posso
per essere fedele al mio ideale
“Ti ringrazio di avermi creato, fatto cristiano, chiamato
allo stato religioso, sacerdotale e missionario…”
Umilmente le chiedo una
sua speciale Benedizione,
come attuale successore del
nostro Santo Fondatore.
Suo sempre dev.mo
p. Luigi Rizzo
Convegno
su San Giuseppe
Giovedì 17 marzo
2011, si svolgerà
presso l’Istituto
Teologico San Pietro di Viterbo la
Giornata di studi
sulla figura e la
persona di San
Giuseppe.
Il convegno annuale è organizzato dal Centro Studi San Giuseppe, dei Giuseppini del Murialdo.
Estate 2011
Vuoi vivere “un’esperienza che
elimina i confini”?
Dove? In un’opera giuseppina di
Albania, Ghana, Guinea Bissau,
Romania, Sierra Leone.
Quando? Durante il mese di
agosto.
Per ulteriori informazioni:
[email protected]
[email protected]
Per ulteriori informazioni:
www.giuseppini.org
11
murialdo: storia per immagini
Il Murialdo ci parla
di p. Giovenale Dotta
Leonardo
Franchino
papà di
san Leonardo
I
l padre di san Leonardo nacque a Torino il 6
novembre 1776. Nell’atto di battesimo viene
chiamato con sei nomi (Gioachino, Leonardo,
Amedeo, Maria, Carlo, Franchino). Il principale
era Leonardo, ma noi usiamo chiamarlo Franchino, o Leonardo Franchino, per distinguerlo
dal figlio.
Esercitava la professione di agente di cambio e sensale di commercio. Si trattava di un
impiego elitario e lucroso: agli inizi dell’Ottocento erano soltanto venti gli agenti di cambio
ufficialmente operanti a Torino. La professione
dava il diritto esclusivo di accertare il corso del
cambio delle monete alla Borsa di Torino, di negoziare i titoli pubblici, di verificare ufficialmente il valore delle merci, dei preziosi, e di dare
validità legale alle compere e alle vendite. Leonardo Franchino fu nominato agente di cambio il 2 aprile 1804, con un arrêté (decreto) del
Primo Console (Bonaparte). In quell’occasione,
insieme a lui venivano ammessi all’incarico altri
tre suoi colleghi. Come si vede nella figura, il
decreto napoleonico, custodito nell’Archivio di
Stato di Torino, reca la data del «12 germinal,
an XII», cioè del 2 aprile 1804.
Il 29 aprile 1815 Leonardo Franchino, già
trentottenne, si sposò con Teresa Rho, che era
appena ventenne. La nuova famiglia prese di-
12
mora nel vasto e signorile appartamento dove già Leonardo
Franchino abitava. Nel suo Testamento spirituale, scritto tra il
1891 e il 1899, san Leonardo così si esprime: «La mia famiglia era stimata e godeva di una certa agiatezza; mio padre era
un onesto agente di cambio, cattolico praticante». Secondo la
mentalità e gli usi del tempo, per un uomo della borghesia essere un cattolico praticante significava partecipare alla messa domenicale ed accostarsi alla confessione e alla comunione a Pasqua e in qualche altra festività importante. Purtroppo Leonardo
Franchino morì prematuramente il 15 giugno 1833, all’età di
56 anni, lasciando la moglie, Teresa, con sei figlie e due figli: la
maggiore, Olimpia, aveva diciassette anni, la minore, Delfina,
non ne contava ancora tre, mentre Leonardo era quasi giunto
alla soglia dei cinque anni. n
S. Giuseppe e il Murialdo
San Giuseppe è stato per il Murialdo un punto di riferimento per un’esistenza quotidiana vissuta con fede
nella semplicità e nel nascondimento.
In particolare ammirava in San Giuseppe la sua obbedienza pronta alla volontà di Dio, la sua laboriosità, la
sua dedizione nell’educare Gesù e la sua intimità con
il Signore.
In questo testo, tratto da una conferenza del 1875,
il Murialdo presenta San Giuseppe come modello di
umiltà per la sua missione di essere “ombra” nel mistero dell’Incarnazione.
“Chi è San Giuseppe? Un personaggio semplice, tranquillo, silenzioso, soprattutto oscuro. Nel Vangelo non
si trova mai una sua parola. L’umile Maria, nello smarrimento di Gesù, gli presta la sua voce: «Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,42). Lascia
questa terra senza che noi sappiamo come e quando.
Si dice che era falegname, poi non se ne parla più,
non solo, non fece mai miracoli.
Non basta questo. Più che un personaggio, San Giuseppe è un’ombra che oscura, un’ombra nel grande
quadro del mistero dell’Incarnazione. La sua missione
è quella di nascondere ed oscurare.
In questo quadro ci sono quattro personaggi tanto splendenti: Dio Padre, Gesù Cristo, lo Spirito Santo, Maria Vergine. San Giuseppe è come l’ombra del quadro.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Vita Giuseppina 2 2011
l
Nei quadri materiali le ombre servono a far risaltare le
figure; qui, invece, è necessaria un’ombra che temperi
lo splendore dei quattro personaggi. Giuseppe solo ha
una virtù di oscurare così grande, che basta per velarle, per coprirle tutte fino a quando Dio non piacerà
manifestarle al mondo.
La Vergine è nascosta alla sua ombra; la sua verginità e la sua maternità sono coperte dal velo del suo
matrimonio con Giuseppe. Ugualmente per lo Spirito
Santo: «Quel che è generato in lei viene dallo Spirito
Santo» (Mt 1,20); è il suo capolavoro, è la sua gloria;
Giuseppe ne spegne i raggi.
L’uomo-Dio è nascosto in questa oscurità, tanto da
passare per il «Figlio del falegname» (Mt 13,55). Dio
Padre non appare padre di Gesù Cristo fino a quando dirà: «Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi
sono compiaciuto» (Mt 17,5). Gli apostoli, i santi, i
martiri hanno la missione di glorificare Gesù Cristo;
San Giuseppe invece quella di nascondere Gesù Cristo
fino all’ora della sua manifestazione.
Siccome oscurare la gloria divina è maggior miracolo
che manifestarla, perciò l’onnipotenza e la sapienza di
Dio non si manifestò meno grande in San Giuseppe
che in tutti gli altri santi. San Giuseppe brilla agli occhi
di Dio e degli angeli in ragione della sua oscurità agli
occhi degli uomini”. S. L. Murialdo (Scritti, IV, p. 237) n
A cura di p. Giuseppe Fossati
13
educare
educare
I GIOVANi
in
libera uscita
D
ando seguito al precedente
articolo, alla riflessione sulla mutevolezza del giovane
a seconda del “piano” su cui si
trova, diamo oggi uno sguardo su
quella parte della loro vita che sicuramente ricercano maggiormente: il divertimento.
La cosa da dire prima di ogni
altra è che, indipendentemente
da dove fisicamente si trovino, i
ragazzi non sentono nessun tipo
di controllo educativo, sono cioè
“luoghi” in cui mancano assolutamente delle figure di riferimento e,
perché no, di controllo.
Questo non vuol dire che ognuno possa fare quello che vuole, ma
vuol dire che il limite e il giudizio
delle cose è affidato al gruppo di
amici con cui si è e al ruolo che
ci si è creati all’interno di questo
gruppo.
Ci sono, nella stessa cerchia di
amici, persone che possono fare o
dire delle cose e persone che non
possono, ci sono le persone che
guidano il gruppo e quelle che non
hanno la possibilità di esprimere la
loro opinione.
Capire bene questo è fondamentale per capire i nostri giovani
e per poter star loro vicino. Non
ho volutamente fatto un elenco di
14
“luoghi per il divertimento”, né ho
diviso le tipologie dei giovani per
cercare di fare un discorso il più
generico possibile.
Ci sono svariati posti in cui un
giovane con i suoi amici può passare il tempo: le discoteche, i pub,
i giardini, una casa libera… in sostanza qualunque luogo può essere una meta, dipende molto dal
tipo di persone da cui è composto
il gruppo. L’importante è, in ogni
luogo, essere (o apparire, c’è poca
differenza) migliore degli altri.
Questo fa si che, dal punto di
vista maschile, ognuno deve essere contemporaneamente quello
che regge meglio gli alcolici, quello che “baccaglia” di più e quello
che si ubriaca in maniera più esagerata, deve essere quello che fa
più il pazzo con la macchina, deve
essere quello che attacca briga con
gli altri… Deve essere insomma,
il maschio “alfa” che dimostra di
essere più “pazzo” degli altri. Uso
la parola “pazzo” non a caso, ma
perché è entrata nel gergo giovanile come uno dei complimenti più
apprezzati: il pazzo è quello che fa
le cose non curandosi di nulla del
contorno, quello che si lascia andare senza remore e passa il tempo
stupendo gli amici.
Per le ragazze ovviamente il discorso è diverso, ma analogo: anche esse vivono nell’ansia di trovarsi un ruolo.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad un profondo mutamento
del loro comportamento: fino a
qualche anno fa le ragazze erano
quelle che tenevano a freno i loro
amici maschi, adesso invece fanno
a gara nell’essere provocanti e nel
sentirsi desiderate dai ragazzi.
Loro non bevono per dimostrare
di reggere l’alcool, ma, al contrario,
il bere è la scusa per lasciarsi andare e, volontariamente, lasciar cadere qualche tabù. Per questo motivo (ma ovviamente non solo per
questo) si sono fatte sempre più
intraprendenti e spesso giocano a
mettere alla prova i ragazzi che, per
dimostrare di essere dei “fighi”,
non possono far altro che accettare la sfida. Oltre a questo le giovani donne devono dimostrare di
essere “forti” caratterialmente e di
non farsi mettere i piedi in testa da
nessuno, hanno il mito della donna
di successo e spesso, con questo,
vogliono prendere le distanze dalla
loro madre, considerata, per ragioni prettamente culturali ed economiche, meno forte del padre, che
tendenzialmente guadagna di più.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Il linguaggio e i modi di fare dei
giovani in libera uscita si adattano
alla perfezione a questa ricerca del
proprio ruolo e alla mancanza di
freni. È assolutamente necessario
adattarsi alle parolacce e al linguaggio scurrile (e in questo spesso le donne battono i loro colleghi
uomini), è necessario fare continui
richiami alla sfera sessuale, spesso
è necessario fumare (e, se c’è l’occasione di fumare uno spinello,
guai a chi si tira indietro).
Per quanto riguarda le droghe,
il discorso è differente da come
viene spesso presentato dai mezzi
di informazione: i giovani in genere disprezzano i “drogati”, che
vengono considerati come schiavi
della dose e quindi non abbastanVita Giuseppina 2 2011
l
za forti. Pertanto tendono ad assumere solo quelle sostanze che
non considerano droghe vere e
proprie, in genere da fumare, sminuendo così gli effetti negativi.
Di tutte queste cose sono ovviamente ignari i genitori: il proprio
figlio/a in casa è generalmente
tranquillo ed educato, non usa il
turpiloquio, né tantomeno viene
visto fumare; purtroppo spesso
non si ha la minima idea di come
sia realmente la loro vita o di come
siano e cosa pensino realmente i
loro figli. È per questo motivo che
poi capita, da educatore, di dover
chiamare un genitore per dire che
il figlio ha alzato le mani su un altro
ragazzo e ci si sente dire: “ma mio
figlio non farebbe mai una cosa
del genere, chissà cosa gli ha fatto
quell’altro ragazzo, certo che se i
genitori lo controllassero di più.”
Rileggendo l’articolo mi viene
da pensare al fatto che, anche se
in compagnia, anche se in gruppo, i nostri giovani sono fondamentalmente soli, in cerca di se
stessi e soprattutto in cerca della
propria affermazione nel mondo.
Quando si interagisce con un
giovane bisogna tenere conto di
questo: ogni cosa che fa, dal dire
una parolaccia al fumare, è per
lui un gesto con cui si presenta
all’esterno del contesto familiare,
dove, solo, cerca di trovarsi un posto ed un ruolo. n
Alessandro Mazza e
Alessandro Diliberto
15
V ER S O L A CO M UNIT à M URI A L DIN A
Una vocazione
che impegna a vivere
un carisma
T
utto muove dalla consapevolezza, dalla presa di coscienza gioiosa ed entusiasmante che
su ciascuno di noi si è posato, da sempre, lo
sguardo di predilezione di Dio.
Egli ci coglie nella nostra quotidianità per farci un
dono: sotto il fico (Gv 1,48), oppure mentre gettiamo
o riassettiamo le reti (Mt 4,18-22) o mentre traffichiamo nella nostra attività (Mc 2,14), ecc; e il dono è la
chiamata alla santità che si realizza amando, e sentendoci amati.
La chiamata-dono noi l’abbiamo colta attraverso
un incontro: l’incontro con un santo, San Leonardo
Murialdo, che ha incarnato un carisma e che ce lo ha
lasciato in eredità.
Di questo carisma ci siamo innamorati.
Un carisma che si può così sintetizzare, ovviamente
semplificando: sei amato; ama!
Cioè: scopri ogni giorno quanto bene ti vuole Dio e
trasforma la tua vita in una risposta d’amore, soprattutto verso i giovani e i giovani più disastrati.
Fa sentire loro che sono amati e che dà gioia grande
16
“In questo mese dedicato a San Giuseppe,
che è anche il titolare della Delegazione
dell’Africa dei Giuseppini, scopriamo,
attraverso alcune immagini inedite
la presenza del carisma del Murialdo in
in un continente amato e benedetto da Dio,
che trabocca di sorrisi, di fede e
di voglia di futuro”
di p. Ferruccio Cavaggioni
sentirsi amati e amare; e che tu sei un segno concreto
di quanto Dio li ama. È la pedagogia dell’amore, l’educazione del cuore.
La comunità murialdina nasce quindi come risposta
a una chiamata di Dio: testimoniare insieme che siamo
amati da Dio e testimoniarlo soprattutto ai giovani.
È il riconoscimento di questa comune chiamata che
fonda l’unità e quindi la comunità.
Allora, per quanto riguarda la vocazione, potremmo
affermare che la comunità murialdina nasce dall’incontro di persone diverse per situazione di vita, ma
che hanno incontrato lo stesso carisma, lo vogliono
fare proprio e sperimentarlo in una qualche forma di
comunione in cui vivere la meravigliosa avventura del
sentirsi amati e amare e, carichi di questa esperienza,
donarsi ai giovani.
“Questa passione è un impegno personale e politico, una testimonianza precisa, una scelta di campo,
un luogo per dare forza concreta alla propria vita cristiana e alla fedeltà alla vocazione ricevuta”. (Road
Map p. 17). n
Vita Giuseppina 2 2011
l
AFRICA:
GIOVANI,
SPERANZA,
GIOIA...
VitaGiovani
1
“Il mio Dio è giovane, perché non
c’è nulla nel giovane: forza, bellezza, coraggio, passione,
ardore, generosità, gioia, amicizia,… che non esista in Dio”.
Ripensando a queste belle espressioni di un celebre libro
di meditazione che mi aveva accompagnato negli anni
dell’adolescenza, credo che non ci fosse altro posto al
mondo dove avrei potuto scoprire meglio e sentire ogni
giorno la presenza di un Dio così giovane, come qui in
Africa. Se è vero che possiamo incontrare Dio soprattutto
nel volto dei fratelli, ebbene, in Africa si tratta davvero
di un volto giovanissimo! La bassa età media, la
giovinezza della Chiesa e anche della Congregazione
dei Giuseppini, i numeri impressionanti di bambini,
ragazzi e giovani … tutto ti spinge ad essere giovane e
ottimista, anche perché ti accorgi che loro ti vogliono
più bene di quanto non riesca a fare tu!
In queste pagine qualche foto “evocativa” per
sentire, seppur da lontano per i lettori di “Vita
Giuseppina”, tutta la prorompente vitalità dei giovani
della Delegazione Africa, che è intitolata proprio a
San Giuseppe, alla cui intercessione, in questo mese di Marzo,
raccomandiamo con grande affetto tutti loro!
5
4. Le danze e le feste africane, ovviamente
affollatissime di giovani!
5. I giovani africani sono anche i nostri
seminaristi giuseppini: eccone un gruppo in
partenza per una biciclettata!
d. Mariolino
Delegato dell’Africa
I NUMERI della DELEGAZIONE AFRICA
➢ 50 i confratelli (di cui 25 di voti temporanei)
➢ 38 gli anni dell’età media
➢ 40 i seminaristi (dai postulanti ai teologi)
➢ 6 le comunità presenti in 3 nazioni (Sierra Leone, Guinea Bissau e Ghana)
➢ 8 le nazionalità tra i confratelli e i seminaristi (Sierra Leone, Guinea Bissau, Ghana, Italia, Brasile, Nigeria, Benin,
Inghilterra)
➢ 900 circa gli allievi nelle 5 Scuole Professionali di Lunsar, Bula, Bissau e Kissy (2)
➢ 1250 circa gli allievi nelle 3 Scuole Secondarie di Lunsar, Bula e Kissy
➢ 1700 circa i bambini nelle Scuole Primarie delle nostre parrocchie di Bissau e Kissy
➢ 200.000 circa gli abitanti delle nostre 3 parrocchie di Bissau, Bula e Kissy
➢ 20 circa le cappelle dove i confratelli prestano regolare servizio ministeriale
➢ 4500 circa i giovani catecumeni nella nostra parrocchia di “S. Antonio di Bandim” a Bissau
➢ 51 i ragazzi delle Case famiglie della Sierra Leone
➢ Oltre 1000: i volontari e i visitatori giovani o adulti venuti per brevi o lunghi periodi in 32 anni dall’inizio della
nostra presenza
➢ 3000 circa i bambini e ragazzi seguiti con il sostegno a distanza o con le borse di studio
➢ 500 circa i pozzi realizzati in villaggi di Sierra e Guinea (specie zone di Lunsar e Bula)
➢ 140 circa le piccole cooperative agricole create nei villaggi di Sierra Leone e di apicoltura in Guinea Bissau
➢ E ancora: piccole scuole edificate nei villaggi, chiese e cappelle, centri giovanili, saloni polivalenti, magazzini,
laboratori e capannoni per cooperative di ex-allievi, ambulatori e centri medici, corsi di alfabetizzazione, sostegno
economico per le tasse scolastiche e le cure mediche, aiuto ad amputati, ciechi e poliomielitici, …
2
1. Gruppo dei “Murialdo Boys” di Ejisu (Ghana) con p.
Luigi Cencin
2. I trionfi dell’Inter in Europa e nel mondo hanno
contagiato anche i giovani e i Giuseppini africani!
3. Gli scout con la loro immancabile divisa!
18
3
Vita Giuseppina 2 2011
l
Vita Giuseppina 2 2011
3
19
e
l
a
t
o
d
r
e
c
a
festa s
e
n
o
e
L
a
r
r
e
i
s
in
“Successful”, bella e riuscita! Erano questi gli aggettivi per definire la festa dell’ordinazione del nostro confratello Andrew Dumbuya, che è diventato
sacerdote insieme ad altri due giovani della diocesi
di Makeni, in Sierra Leone, sabato 22 Gennaio.
Una celebrazione all’aperto, come sempre viva e
colorata con i ritmi e i suoni dell’Africa, nell’ampio
palmeto a due passi dalla Cattedrale, con oltre 80
concelebranti e molti familiari ed amici. Anche i
Giuseppini e i seminaristi della Sierra Leone erano presenti in massa con tanti giovani e amici delle
nostre opere, oltre ad un bel gruppetto di confratelli
e laici arrivato dalla Guinea Bissau, via terra con i
mezzi pubblici, dopo un viaggio avventuroso!
Ci uniamo alla gioia della Delegazione dell’Africa
con i migliori auguri a p. Andrew per un ministero
sacerdotale vissuto sempre con il suo immancabile
sorriso e secondo il cuore di Dio! Sarà Bissau il suo
primo campo di apostolato, dove migliaia di giovani
lo aspettano per tante altre feste ed attività!
Tratto da www.giuseppini.org
Nella foto in basso: la comunità di Ejisu (Ghana)
con i suoi 23 Giuseppini è la più numerosa della
Congregazione: 19 filosofi, 3 formatori e il Delegato.
POSSO farti una domanda?
Ma che male
c’è a divertirsi?
È una domanda che avremo discusso tante volte con i nostri
adolescenti e giovani.
Ho provato a proporla io a
loro: “Qual è la vera gioia e
qual è la vera festa? Come
sono gli ingredienti delle feste
dei giovani?”.
Interessante: non è la predica
di un adulto, di un prete, ma
sono pensieri dei nostri stessi
adolescenti!
Tutti gli uomini hanno voglia di
divertirsi e far festa.
Si festeggia qualche successo
o qualche data, per liberarsi dalla
vita comune e staccarsi dalla routine di tutti i giorni.
Le persone del giorno d’oggi
lavorano molto, anche troppo, e
cercano la festa per potersi riprendere e “lasciarsi andare”.
E’ indispensabile anzitutto stabilire di che tipo di occasione si tratta, se un compleanno, o la festa
di fine anno, o una festività del
calendario come il carnevale.
Nel caso di una festività religiosa la cosa migliore è riunire la
famiglia per trascorrere insieme
la giornata nella preghiera, nello
svago, nel riposo.
Nella religione cristiana la vera
festa è la domenica: il giorno di riposo, dove si va a messa con tutta
la famiglia. Poche famiglie seguono questo modo di festeggiare.
Noi ragazzi preferiamo uscire il
sabato sera, stare fuori fino a tarVita Giuseppina 2 2011
l
di, perché poi possiamo dormire la
domenica mattina.
Occorre un’inversione di rotta,
la religione sta diventando un po’
troppo trascurata.
Il modo di festeggiare più usuale dei giovani è quello di andare in
discoteca o a feste private, dove
poter ballare, bere, conoscere
nuova gente e stare con gli amici.
Gli ingredienti principali delle
feste dei giovani sono la musica
“a palla”, l’alcool e tanta gente
che crea una grande confusione.
Viviamo in un mondo, dove non
sappiamo ascoltare e stare in silenzio, bisogna che ci sia sempre
musica nelle orecchie.
La vera gioia e la vera festa sono
quando stai con delle persone con
cui ti trovi bene, come i tuoi amici,
indipendentemente da quello che
fai, anche stando a parlare del più
e del meno. Ma per andare controcorrente rispetto alla massa,
rischiamo di escluderci dal gruppo e quindi siamo costretti a fare
quello che fanno gli altri per non
perdere delle amicizie.
Oggi le mete più ambite sono
spesso le discoteche. Entrati nella
discoteca, la musica a tutto volume e assordante avvolge completamente e inizia a rimbombare
instancabilmente nella mente, impedendo anche la comunicazione.
L’euforia aumenta con le bevande
alcoliche.
Un altro fattore del divertimento che sta degenerando sono le
di p. Massimo Rocchi
feste giovanili di massa: si leggono spesso articoli di cronaca
nera, che riguardano giovani che
durante le feste si ubriacano, si
drogano e quindi finiscono nei
telegiornali. Non si sa più come
divertirsi, in che modo essere felici
o consolarsi.
Ogni volta che uscivo da questo
tipo di feste non mi sentivo completamente soddisfatto; ero deluso dal fatto di aver buttato via i
soldi: lo scopo di quella festa non
era di far star bene le persone, ma
avere un ritorno economico soddisfacente.
Noi giovani abbiamo sostituito
alla gioia il divertimento, credendo che fosse la stessa cosa.
Probabilmente ce ne rendiamo
anche conto, ma non facciamo
niente per cambiare le cose, per
non rimanere da soli…
Perdere il controllo delle proprie
azioni è segno di debolezza e fragilità!
L’idea del divertimento dei giovani non è un’idea di serena gioia,
ma di sregolatezza. Lo sballo e divertimento non sono la vera gioia.
Per noi ragazzi è difficile svincolarsi da una società e da un gruppo che propongono il solito modo
di fare festa.
In fin dei conti la festa è un momento di ritrovo per gli amici che
amano stare tra loro per parlare
delle bellezze della vita. n
Scrivete le vostre domande a:
[email protected]
21
murialdine
vita della chiesa
Murialdina di S. giuseppe
per sempre
P
receduta da una settimana di spiritualità, riflessione e incontri tra consorelle, sabato 8 gennaio
2011 si è realizzata la professione perpetua di
suor Maria Teresa Gaspar Gaspar, la terza suora murialdina messicana, che giunge al traguardo della consacrazione solenne.
Erano presenti le consorelle delle due comunità (Città del Messico ed Aguascalientes), la superiora generale suor Orsola Bertolotto, padre Giuseppe Rainone,
superiore provinciale dei Giuseppini del Murialdo che
ha presieduto la concelebrazione, confratelli, familiari, parenti, laici della famiglia del Murialdo, giovani e
amici della festeggiata.
Abbiamo rivolto alcune domande a suor Maria Teresa ed ecco cosa ci ha raccontato di sé e della sua scelta
vocazionale.
Come è nata la tua vocazione?
Rendo grazie a Dio per il suo infinito amore che ho
sperimentato, fin dalla mia infanzia, attraverso l’affetto dei miei genitori e della mia famiglia. Fin da piccola
infatti ho imparato a conoscere il Signore e sempre mi
attirava la storia sacra, desideravo conoscere e sapere
sempre più di Gesù. Mi affascinava sentir raccontare il vangelo, ma non avrei pensato di farmi suora. È
stato più avanti, quando già ero ragazza e frequentavo la parrocchia dei Giuseppini: ho fatto parte dei
gruppi giovanili e lì ho sentito parlare della bellezza
della vocazione, della gioia di appartenere a Cristo e
22
di sr Emma Bellotto
di essere totalmente sua. Ho cominciato a frequentare
la direzione spirituale che mi ha portata a scoprire la
chiamata alla vita consacrata. Poi ho fatto una prima
esperienza presso la comunità delle Suore Murialdine
a Città del Messico e da lì ho cominciato il mio cammino: aspirante, postulante, novizia ed infine consacrata
a Dio con i voti temporanei. Oggi è il giorno solenne
nel quale celebro l’infinita bontà del Signore per me.
Appartengo a Lui per tutta la vita! Un dono estremamente grande e per sempre!
Come ti sembra di poter definire la “vocazione”?
La vocazione è una chiamata gratuita da parte di
Dio: fin dal nostro concepimento il Signore ci chiama per vivere con lui, e come lui perché ci ama. Nella
sua infinita misericordia ci chiama a diventare persone
nuove, capaci di vivere la vita come dono di sé agli
altri. Il Signore vuole servirsi anche delle nostre povere
mani vuote per portarlo ad altri fratelli. È con la consapevolezza e con la gioia di questa scoperta che ho
detto il mio “sì” al Signore e che ho scelto di seguirlo
sulla via della povertà, della castità e dell’obbedienza
sui passi del Murialdo.
Cosa significa per te essere Murialdina di San
Giuseppe?
Posso rispondere così, come ho scritto sull’immagine-ricordo dei miei voti perpetui:
Essere murialdina è amare totalmente Dio e
il prossimo.
Essere murialdina è essere Misericordia per
gli ultimi e i lontani, come Cristo ci insegna.
Essere murialdina è vivere l’umiltà e la carità
come stile di vita.
Essere murialdina è vivere nella gioia di
saperci amate teneramente da Colui che è
l’Amore.
Essere murialdina è diventare “prima sante e
poi tante” come diceva p. Casaril.
Essere murialdina è servire i giovani, adolescenti, ragazzi, bambini e famiglie povere.
Essere murialdina è il dono più grande che
Dio mi ha fatto! n
Vita Giuseppina 2 2011
l
Educare
alla vita buona
del Vangelo
I
l 4 ottobre 2010 sono stati pubblicati gli Orientamenti
Pastorali dell’episcopato italiano per il decennio 20102020. Titolo del documento: “Educare alla vita buona
del Vangelo”.
La Chiesa italiana pone così al centro della sua attenzione l’urgenza educativa, nella consapevolezza che si tratti
di una sfida, ma anche di una grande opportunità che
trova impegnate sia la comunità ecclesiale e sia la comunità civile in vista della formazione di una umanità nuova.
Gli Orientamenti hanno lo scopo di indicare alcune linee
di fondo, capaci di caratterizzare la missione delle singole
diocesi per una crescita concorde nell’arte di educare.
Il documento prende atto che siamo di fronte ad una
sfida determinata da un mondo che cambia, o, come si
dice, non tanto di fronte ad un’epoca di cambiamenti,
quanto piuttosto ad un cambiamento di epoca.
Alcuni aspetti di tale cambiamento sono così segnalati:
«Considerando le trasformazioni avvenute nella società,
alcuni aspetti, rilevanti dal punto di vista antropologico,
influiscono in modo particolare sul processo educativo:
l’eclissi del senso di Dio e l’offuscarsi della dimensione
dell’interiorità, l’incerta formazione dell’identità personale in un contesto plurale e frammentato, le difficoltà di
dialogo tra le generazioni, la separazione tra intelligenza
e affettività.
Si tratta di nodi critici che vanno compresi e affrontati
senza paura, accettando la sfida di trasformarli in altrettante opportunità educative». (n. 9) L’attenzione è poi
portata direttamente sulle persone: «Le persone fanno
sempre più fatica a dare un senso profondo all’esistenza.
Ne sono sintomi il disorientamento, il ripiegamento su se
stessi e il narcisismo, il desiderio insaziabile di possesso e
di consumo, la ricerca del sesso slegato dall’affettività e
dall’impegno di vita, l’ansia e la paura, l’incapacità di sperare, il diffondersi dell’infelicità e della depressione. Ciò si
riflette anche nello smarrimento del significato autentico
dell’educare e della sua insopprimibile necessità.
Il mito dell’uomo “che si fa da sé” finisce con il separare la persona dalle proprie radici e dagli altri, rendendola
alla fine poco amante anche di se stessa e della vita». (ivi).
Non possiamo dimenticare che chi scrive sono i responsaVita Giuseppina 2 2011
l
di p. Tullio Locatelli
bili delle nostre chiese, coloro che hanno per primi il compito dell’evangelizzazione, in quanto pastori e maestri per
il popolo di Dio.
Per cui è alla luce del Vangelo che viene individuata la
vera causa del trapasso culturale e religioso che stiamo
vivendo; questa è, mi pare, l’affermazione centrale che
legge la situazione attuale: «Le cause di questo disagio
sono molteplici – culturali, sociali ed economiche – ma al
fondo di tutto si può scorgere la negazione della vocazione trascendente dell’uomo e di quella relazione fondante
che dà senso a tutte le altre: “Senza Dio l’uomo non sa
dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi
egli sia”». (ivi).
Tuttavia il documento è un forte richiamo alla fiducia e
alla speranza, termini che tornano molto spesso nel testo.
Le ultime parole sono rivolte a Maria così invocata: «Maria, amante della vita, preserva le nuove generazioni dalla
tristezza e dal disimpegno. Rendile per tutti noi sentinelle
di quella vita che inizia il giorno in cui ci si apre, ci si fida,
ci si dona». (n. 56).
Educazione alla luce del Vangelo, quindi, capace di restituire all’uomo ragioni di vita e di speranza, perché la
vita stessa possa raggiungere la sua pienezza.
Il documento chiama in causa tutte le comunità cristiane e tutte le componenti delle singole comunità, in
dialogo con le altre agenzie presenti sul territorio. Forse
sta qui la sfida più grande: educare insieme, perché è un
problema che interpella tutti e avrà una risposta valida
nella misura in cui tutti sapranno impegnarsi. Così scrivono i vescovi: «La complessità dell’azione educativa sollecita i cristiani ad adoperarsi in ogni modo affinché si
realizzi un’alleanza educativa tra tutti coloro che hanno
responsabilità in questo delicato ambito della vita sociale
ed ecclesiale». (n. 35). In modo particolare: «Nell’ottica
di una decisa scommessa per l’educazione e della ricerca
di sinergie e alleanze educative, un’attenzione specifica
andrà rivolta ad alcune esperienze peculiari. - La reciprocità tra famiglia, comunità ecclesiale e società» (n.54 c).
Un discorso che interessa tutti a partire dai genitori e
da coloro che hanno compiti formativi nella scuola e nella
catechesi, in parrocchia e nelle associazioni. n (continua...)
23
attualità
engim ong
Raccontare ed ascoltare
rivivendo INSIEME
SERVIZIO VOLONTARIO EUROPEO
Incontro Missionario Nazionale
Padova — Parrocchia San Pio X
Sabato 4 dicembre 2010
ore 10 –17
Giuseppini del Murialdo PROVINCIA ITALIANA S.Famiglia di Nazareth E
fu così che ci siamo incontrati
per raccontarci e ascoltarci rivivendo insieme…
Era una fredda giornata di dicembre, sabato 4 dicembre per l’esattezza; a Padova imperava una uggiosa
umidità, ma è bastato rivederci, per
richiamare alla memoria esperienze
intrise di sudore, di gioia, di scoperte, di riflessione, di compassione,…
e chi più ne ha più ne metta! Tutte
memorie che riscaldano il cuore; e il
freddo che intirizziva è scomparso.
Eravamo un centinaio, convenuti per l’annuale incontro-convegno
missionario.
Era questo il tema: “incontrarci
per raccontarci e ascoltarci rivivendo insieme”, ma che si è trasformato in un amarcord di eccezionale
intensità. Bastava riconoscere un
volto perché il cuore si affollasse di
una ridda di sentimenti legati a ricordi indimenticabili.
È proprio vero: sono esperienze
che non ti lasciano più e soprattutto
non ti lasciano più come prima.
Tutte persone che avevano fatto esperienza in terra
straniera accanto ai giuseppini, chi in Sierra Leone, chi
in Ghana, in Guinea Bissau, in Albania o Romania, anche in India qualcuno, e tutti con qualcosa da raccontare, sentimenti da esternare, ricordi da condividere.
La mattinata è stato questo: raccontarci.
E così abbiamo rivissuto il viaggio di nozze di Daniela e Paolo in Sierra Leone, il Natale di Antonella a
Makeni, l’emozione di Marco a Bula e di Federica e
del gruppo “romano” a Lunsar, l’esperienza di Daniele a Popesti. Alcuni filmati erano proprio degli scrigni
aperti che contenevano delle piccole perle preziose,
offerte a tutti.
24
Raccontare ed ascoltare
rivivendo insieme
E poi i canti del coro nigeriano della parrocchia S.
Pio X, che ci ospitava, ci ha fatto rivivere i suoni delle
terre africane. Infine i saluti, molto prolungati.
Ognuno torna a casa: a Mirano, a Venezia, Treviso, Thiene, Montecchio Maggiore, Milano, Modena,
Roma, Viterbo, Ravenna, Lucera,…
Fuori continuava a fare freddo, ma dentro di noi il
caldo dell’esperienza rivissuta ci accompagnava.
Ci consolava la promessa di ritrovarci in facebook,
per dare seguito all’esperienza, in terra italiana: anche
qui si può vivere in modo essenziale, anche qui si può
trovare il modo di dare una mano a qualcuno… n
p. Ferruccio Cavaggioni
Vita Giuseppina 2 2011
l
un’opportunità che cambia la vita
S
pendere un anno della propria vita a servizio
degli altri, confrontarsi con una nuova cultura
e vivere un’esperienza formativa spendibile sul
mercato del lavoro. Queste le motivazioni del progetto
di “Servizio Volontario Europeo” che l’ENGIM internazionale sta per inaugurare in Ecuador.
Da marzo, infatti, inizieranno le selezioni per i quattro volontari che il 1 luglio 2011 partiranno per 10
mesi con destinazione Santo Domingo del los Tsachilas. Qui i giovani parteciperanno al progetto “Giovani
Insieme in Ecuador”, che prevede la collaborazione
dei volontari alla creazione di un centro giovanile destinato ad accogliere bambini e adolescenti che vivono
per le strade dei quartieri più poveri ed in situazioni
di rischio. L’intervento vuole offrire ai giovani più bisognosi della città di Santo Domingo un’esperienza
educativa integrale per migliorare la qualità della loro
vita attraverso la pratica sportiva, un’adeguata alimentazione, il controllo medico periodico, il sostegno
psicologico e l’educazione professionale.
“Il progetto di Servizio Volontario Europeo nasce,
come ovvio, dal desiderio di servire i giovani e di offrire
loro la possibilità di vivere un’esperienza formativa che
possa essere importante nella loro
crescita - spiega Francesco Farnesi,
direttore di ENGIM internazionale -.
In un contesto come quello di Santo
Domingo, i ragazzi potranno sperimentare l’importanza dell’impegno personale e la bellezza della
solidarietà, e riportare a casa conoscenze e valori di grande rilevanza
per la loro vita”.
Considerato l’interesse che il volontariato internazionale riveste
nella formazione dei giovani, è dal
2007 che l’Unione Europea ha reso
disponibile un programma a sostegno di tutti quei giovani che non vogliono perdere l’occasione di vivere
Vita Giuseppina 2 2011
l
un periodo all’estero (all’interno del quale si muove il
progetto dell’ENGIM), investendo nella propria formazione e mettendosi a servizio della collettività.
Promosso dalla Commissione Europea nell’ambito
del programma “Gioventù in Azione 2007-2013”, il
progetto è dedicato a giovani tra i 18 e i 30 anni. A
loro il Servizio Volontario Europeo propone un’esperienza di formazione per un periodo compreso tra i 2
e i 12 mesi, durante il quale i giovani coinvolti potranno conoscere un altro Paese, approfondire una cultura
differente dalla propria ed imparare una nuova lingua.
Nello stesso tempo si potranno rendere utili partecipando alla realizzazione di un progetto necessario allo
sviluppo della comunità locale.
I partecipanti potranno, quindi, migliorare il proprio
bagaglio di esperienze personali e culturali, oltre che
le proprie competenze professionali. Ad ogni volontario, al termine dell’esperienza, verrà rilasciato lo “Youthpass”, una certificazione con cui l’Unione Europea
attesta che il periodo svolto nel paese prescelto è riconosciuto come un’esperienza formativa spendibile sul
mercato del lavoro. n
Massimo Angeli
“Spendere un an
no della propria
vita
a servizio per gli al
tri...”
attualità
attualità
COSA C’è CHE NON VA
SMS: servizio Messaggeria solidale
I
giovani sono ciò che è più prezioso nella società e il
cuore è ciò che è più prezioso nei giovani.
È questo il principio cardine da cui prende le mosse l’associazione Murialdo di Viterbo.
Costituitasi nel 1984, la onlus viterbese, da anni
impegnata nell’accoglienza e nel supporto di tutti
quei minori che si trovano a dover affrontare situazioni socio-familiari disagiate, opera a tutto campo per
cercare percorsi di crescita il più possibile adatti alle
esigenze dei ragazzi disagiati.
Tra i servizi offerti dall’associazione Murialdo, rientra
anche il Centro Aperto. Nata nel 1991, la struttura
coinvolge i minori in attività didattiche e ricreative pomeridiane, dando loro la possibilità di potersi esprimere liberamente e socializzare.
Il Centro Aperto è rivolto ai ragazzi che frequentano
dalla terza elementare alla terza media ed è attivo dal
lunedì al venerdì. I bambini, suddivisi in fasce d’età,
sono coinvolti in attività di studio e di animazione.
È una piccola realtà multiculturale; basti pensare che
circa il 60% dei ragazzi proviene dai paesi più diversi:
algerini, rumeni, peruviani e tunisini.
“Ogni giorno è una lotta continua per reperire i
fondi necessari - afferma la coordinatrice - ed è per
questo che abbiamo bisogno della solidarietà di tutti.
Anche un piccolo gesto può fare la differenza.
Se potessimo contare su più volontari che aiutino
i ragazzi nei compiti e nella animazione del tempo
libero, potremmo
offrire un servizio
migliore a chi è già
presente ed accoglierne un numero
maggiore”.
Elisa Conti
Tratto dal “Corriere
di Viterbo”
del 6.12.2010
26
E, come diceva il Murialdo…
giovani che aiutano i giovani!
Durante le vacanze di Natale il gruppo giovani della Parrocchia Santa Maria delle Farine di Viterbo, ha
compiuto un grande gesto di solidarietà.
In alcune stanze dove studiano i ragazzi del Centro
Aperto dell’associazione Murialdo di Viterbo c’era bisogno di una bella ripulita!
Ma, come spesso capita in questi casi, non c’erano
abbastanza risorse per chiamare dei veri muratori che
facessero i lavori; così questi giovani hanno prontamente risposto all’invito di cimentarsi in questa nuova
ed insolita impresa. Due giorni di lavoro per smantellare i pannelli di legno vecchio e rovinato che ricoprivano alcune pareti, per sostituirli poi con pannelli nuovi
termoisolanti.
Il risultato è stato sorprendente e soprattutto il loro
impegno è stato un grande esempio di buona volontà
e grande disponibilità nel fare il bene; in questo modo
hanno contribuito a migliorare l’ambiente dove passano molto tempo i ragazzi del centro e… perché no?...
Hanno imparato qualcosa di utile!!
Un immenso grazie dall’associazione Murialdo a Selena, Marco, Edoardo, Chiara, Walter, Aurora, Alessandra, Giacomo, Francesca, Federico, Gian Marco,
Riccardo. n
Chiara Ferraro
Le nuove tecnologie della comunicazione a servizio
dei minori: da circa un anno, nell’Opera Giuseppina di
Lucera, ha preso il via un’iniziativa “originale” a servizio dei ragazzi e dei giovani. Ne parliamo con Clementina Capogrosso, presidente dell’associazione di
Volontariato “Famiglia Murialdo” leader del progetto.
Cosa è questo “SMS”?
È un progetto che, attraverso l’uso delle nuove tecnologie della comunicazione, si prefigge di offrire ai
ragazzi e ai giovani del nostro territorio una sorta di
sportello “virtuale” di ascolto, cui ci si può rivolgere,
anche in anonimato, per parlare, confidarsi, chiedere
aiuto, con la sicurezza di trovare un “amico” disponibile ad ascoltare e ad aiutare
Come vi è venuta questa idea?
Seguendo la cronaca quotidiana, ci siamo resi conto che i ragazzi spesso hanno bisogno di parlare con
qualcuno e, per tanti motivi, non sanno a chi rivolgersi.
Abbiamo pensato di dare loro l’opportunità di utilizzare le nuove tecnologie di comunicazione, nelle quali
sono molto esperti. Se un ragazzo ha un problema, è
difficile che vada a parlare direttamente con qualcuno;
con questi mezzi invece può parlare in anonimato. In
seguito, stabilito il contatto, se lui vuole, ci sono a sua
disposizione persone competenti a seconda del problema che presenta. Credo che la novità del servizio stia
soprattutto nel mezzo: ci mandano e-mail e soprattutto
messaggini al numero di cellulare dedicato.
Avete avuto molte chiamate?
Abbiamo aperto il servizio praticamente nel settembre
scorso e, nei primi 4 mesi, abbiamo avuto circa 350 contatti.
Chi vi chiama? E quali sono i problemi presentati?
La fascia di persone che chiama di più sono ragazzi/e
dai 14 ai 16 anni. Le problematiche presentate sono per
lo più di tipo sentimentale o le difficoltà di relazione con
gli adulti, genitori o insegnanti. I ragazzi esprimono una
grande difficoltà a parlare apertamente dei loro problemi.
Il primo ”contatto” ha un seguito?
Abbiamo avuto parecchie richieste di colloquio con
le psicologhe.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Quindi avete alle spalle
un’equipe di specialisti…
Sì, l’équipe è formata da
psicologhe, consulenti familiari, un sacerdote, un legale, degli educatori professionali. Tutte queste persone
sono disponibili a mettere a
disposizione la propria professionalità attraverso sms,
mail, telefono e, se richiesto,
anche incontri personali.
Quali sono le prospettive del progetto?
Il progetto, realizzato con
fondi di Fondazioni bancarie e Volontariato, ha una
durata di due anni, ma noi
speriamo che possa continuare, anche perché i nostri
contatti sono un monitoraggio molto significativo per
proporre altre iniziative efficaci ed utili, che intercettino
i problemi dei ragazzi e dei
giovani e vengano incontro
ai loro bisogni.
L’associazione di volontariato “Famiglia Murialdo“
ha trovato compagni di
strada in questa iniziativa?
Si, la nostra associazione
ha presentato il progetto in
partenariato con la Cooperativa Paidos e con l’associazione “Impegno Donna“ di Foggia. La sinergia tra
le forze è molto importante. Più importante ancora è
sottolineare che noi, in questa impresa, stiamo cercando di interpretare, nel nostro piccolo, la parola del
Murialdo: “a bisogni nuovi, opere nuove!”.
a cura della Redazione
27
nella casa del padre
nella casa del padre
P. Silvio Fracasso
P. Domenico Paiusco
ë Montebello Vicentino (Vicenza), 25 novembre 1923
+ Villa Nueva di Guaymallén (Mendoza - Argentina), 26 gennaio 2011
ë Lobia di San Bonifacio (Verona), 17 febbraio 1927
+ Padova, 11 febbraio 2011
Padre Silvio Fracasso è nato a Montebello Vicentino il 25 novembre 1923.
Ha vissuto il periodo di postulato a Montecchio Maggiore, l’anno di noviziato a
Vigone, emettendo la professione religiosa il 29 agosto 1941.
Dopo gli studi superiori frequentati a Sommariva Bosco ed a Ponte di Piave, seguì
l’esperienza di tirocinio vissuta a Vicenza, durante la quale ha professato in perpetuo, a Oderzo, il 9 agosto 1946. Compiuti gli studi teologici a Viterbo, è stato
consacrato sacerdote il 10 marzo 1951.
Dopo i primi mesi di apostolato vissuto a Modena, nel 1952 è partito per l’Argentina. Dopo aver insegnato a Morrison, nella Colonia Agricola, nel 1956 è in Cile,
a La Punta de San Francisco de Mostazal, in noviziato, quindi a Requinoa, parrocchia e scuola parrocchiale e nel
1959 nuovamente in Argentina, a Villa Nueva de Guayamallén, Hogar del Niño Obrero, poi Instituto Murialdo,
impegnato nella scuola secondaria. Nel 1964 è nominato direttore, incarico che riveste fino al 1970.
Quindi a Buenos Aires, all’Istituto Cristo Obrero, di cui diviene direttore dal 1973 al 1982.
In questo periodo, dal 1976 al 1982, riveste anche la funzione di consigliere e segretario provinciale.
Ritorna quindi a Villa Nueva, come direttore; quindi, dal 1988, è parroco a Buenos Aires - Villa Soldati e, dal
1998, è nominato anche direttore.
Ha vissuto le ultime due tappe, come collaboratore parrocchiale, prima a Villa Bosch dal 2001 e quindi ancora a
Villa Nueva di Guaymallén, dove ha concluso il suo cammino di fedeltà al Signore ed ai fratelli il 26 gennaio 2011.
La salma è stata sepolta nel cimitero di Guaymallén (Mendoza).
Il giorno 11 febbraio, ricordo delle apparizioni di Maria Ss.ma a Lourdes, è mancato, presso la Clinica Santa Chiara di Padova, p. Domenico Paiusco.
Era nato il 17 febbraio 1927 a Lobia di San Bonifacio (Verona). Dopo il periodo di
postulato a Montecchio e l’anno di noviziato vissuto a Vigone, ha emesso la professione religiosa il 29 agosto 1934. Ha frequentato gli studi superiori a Sommariva
Bosco ed a Ponte di Piave; tirocinio a Venezia dal 1946 al 1949 e, quindi, gli studi
teologici a Viterbo. Ha fatto la professione perpetua a Oderzo il 29 luglio 1948 ed
è stato ordinato sacerdote a Viterbo il 21 marzo 1953.
Dopo il primo anno di sacerdozio nel Patronato di Padova, la sua vita è tutta spesa
nell’apostolato parrocchiale: a Venezia dal 1955 al 1961, Roma San Tito dove è parroco dal 1961 al 1985; ancora
parroco a Roma Centro San Leonardo Murialdo dal 1985 al 1994, dove il suo servizio ministeriale continua fino al
1998, quando passa all’ultima sua comunità, la Parrocchia San Pio X di Padova.
La sua carità pastorale, vissuta per tanti anni, è certo la sua carta di identità presso il Padre. La sua alta sensibilità
umana, non priva di connaturale timidezza e riservatezza, lo aveva reso ben accetto tra i suoi parrocchiani, che ne
apprezzavano al tempo stesso dedizione e sacrificio.
Uniti nella preghiera fraterna lo affidiamo al Dio Fedele, che sa essere il premio per una vita spesa in fedeltà.
I funerali di p. Domenico sono stati celebrati il 15 febbraio presso la parrocchia di San Pio X in Padova.
Nel pomeriggio, dopo la celebrazione presso la parrocchia di Lobia di San Bonifacio (Verona), la salma è stata
sepolta nella tomba di famiglia nel cimitero della frazione di Locara.
P. Giorgio Pacher
ë Levico (Trento), 15 luglio 1926
+ Pancalieri (Torino), 13 febbraio 2011
La Famiglia del Murialdo in Cielo
La mattina di domenica 13 febbraio 2011 p. Giorgio Pacher, della comunità di
Rivoli, è tornato alla Casa del Padre. Era da tempo ospite della struttura di accoglienza delle suore di San Gaetano a Pancalieri, nei pressi di Torino.
Era nato a Levico (Trento) il 15 luglio 1926; professò per la prima volta a Vigone nel
1949; il 16 maggio 1954 professò in perpetuo a Viterbo. Dopo gli studi superiori
a Ponte di Piave, svolse il suo periodo di tirocinio a Pinerolo come insegnante nelle
scuole elementari dal 1951 al 1954. Alla fine degli studi teologici fu consacrato
sacerdote a Viterbo il 22 marzo 1958.
Ha dedicato la sua vita ai ragazzi della scuola, come assistente ed insegnante nei nostri collegi: Santa Margherita
Ligure dal 1958 al 1961, Pinerolo dal 1961 al 1963, Rivoli dal 1963 al 1966, Cascine Vica dal 1966 al 1968, Rivoli
dal 1968 al 1971. Nel 1971 fu chiamato ad organizzare l’Archivio generale in casa generalizia, che aveva sede,
allora, a Roma in via della Fanella. E ritornò, infine, al Collegio San Giuseppe di Rivoli, ancora come insegnante e,
poi, come segretario del Liceo, prima di mettersi un po’ in disparte, in solitudine, cercando di non “dare fastidio”.
La sua è stata una vita spesa con dedizione ai suoi doveri e con precisione, su cui si poteva sempre far conto: è
stato il suo modo di essere al servizio, nel nascondimento.
Lo affidiamo al Padre perché lo faccia partecipe della comunione senza fine.
I funerali sono stati celebrati nella cappella di San Giuseppe della nostra opera di Rivoli.
La salma è stata sepolta nel cimitero di Levico, suo paese natale.
Eleonora Capovilla,
sorella di p. Giuseppe della comunità degli
Artigianelli di Torino, morta il 25 gennaio,
a 82 anni.
Marcella Vari,
sorella di p. Amerigo della comunità di Albano,
morta il 9 gennaio, a 83 anni.
Luciana Salvati,
sorella di p. Roberto, della comunità di Albano,
morta il 24 dicembre, a 83 anni.
Nella foto: la tomba di Congregazione
situata nel cimitero di Requinoa (Cile).
28
Vita Giuseppina 2 2011
l
Vita Giuseppina 2 2011
l
29
flash di vita
flash di vita
VITERBO
Dal 2 al 5 gennaio 2011 presso l’Istituto San Pietro in Viterbo si è tenuto
l’incontro dei confratelli di voti temporanei presenti nella provincia italiana.
Otto confratelli: due della Romania,
uno dell’India, uno del Benin, uno del
Messico, tre dell’Italia. Tema dell’incontro: “La vita interiore”. Hanno guidato
la riflessione: p. Giuseppe Fossati, della
comunità dell’Istituto, p. Cesare Cotemme, padre maestro nella sede di Roma,
p. Tullio Locatelli, superiore della provincia italiana.
Domenica 16 gennaio le comunità religiose dei Giuseppini e
delle Murialdine si sono strette
attorno alla Comunità dei Laici del Murialdo di Foggia, che
ha rinnovato la sua promessa
annuale. Il momento è stato
preceduto da una riflessione
guidata da p. Ferruccio Cavaggioni, che ha poi celebrato
l’eucaristia assieme a p. Luigi
Pierini, ed ha accolto, a nome
delle congregazione, la promessa dei Laici. Si sono così ritrovate insieme tre componenti
della FdM.
Domenica 16 gennaio a Montecchio Maggiore, presso l’Istituto Maria Immacolata, le Comunità Laici del Murialdo del Nord Est si sono ritrovate per una giornata di spiritualità.
Padre Rino Cozza ha approfondito il tema “Che Bello! Dio ci Ama”, partendo da alcuni
brani dei quattro evangelisti e ci ha fatto scoprire la gioia vissuta dal Murialdo nel sentirsi amato in modo tenero, misericordioso, personale.
FOGGIA
MONTECCHIO MAGGIORE
INDIA
La spiritualità indiana ci invita a vedere
l’immagine di Dio in tutti e in ciascuno.
Vengod è una zona di missione, dove persone di religioni diverse vivono e convivono insieme. In Vengod abbiamo da poco
tempo una nuova comunità giuseppina. Il
lavoro e l’entusiasmo non mancano per i
giuseppini presenti accanto ai tanti bambini e giovani di questa parte dell’India.
30
Vita Giuseppina 2 2011
l
Il gruppo “Giovani Famiglie” di Montecchio Maggiore ad Assisi a inizio gennaio. Sulle
orme di Francesco e Chiara, un gruppo di una cinquantina di persone ha vissuto una “tre
giorni” comunitaria, all’insegna di un ottimo clima di fraternità e tanta allegria. La famiglia cristiana è la strada maestra per accompagnare i figli nel cammino di fede.
Vita Giuseppina 2 2011
l
31
flash di vita
flash di vita
pubblicazioni
MARINGA
Una bicicletta in regalo.
Anche quest’anno un gruppo di laici amici del Murialdo ha scoperto,
in un semplice gesto di solidarietà,
il valore di un’azione indirizzata a
costruire un futuro felice per un
bambino.
Il 15 dicembre 2010, nella casa-scuola dei ragazzi di Maringa, nell’ambito della campagna “Vuoi sponsorizzare una bicicletta?”, il gruppo
è riuscito a sorprendere i bambini
donando a loro 17 biciclette.
Che bella azione per la vita!
I sorrisi e le lacrime di commozione
sono stati molti…
BRASILE
Comunità in preghiera
Congregazione di san Giuseppe
LEM (Libreria Editrice Murialdo), Roma, 2010.
Tratto dalla prefazione di p. Mario Aldegani, padre generale:
Cari Confratelli, in questo anno 2010, 40^ anniversario della Canonizzazione del
nostro Fondatore, giunge a compimento un lungo lavoro, frutto della collaborazione di tanti, già quasi pronto nel 2006 e presentato in bozza al CG di quell’anno.
È una nuova edizione del nostro libro di preghiera per la comunità, arricchito,
rispetto a quello del 1973 di nuovi schemi e di nuovi formulari, e che raccoglie il
meglio del contenuto di “Comunità in Preghiera” e di “Preghiamo con la Regola”. Un libro nel segno della tradizione perché, in particolare, accoglie schemi
e proposte per le novene in occasione delle nostre ricorrenze; nel segno della
novità perché arricchito di nuovi testi e letture, di nuovi formulari, specialmente
riferiti al nostro impegno apostolico.
AA.VV.
L’emergenza educativa
Congregazione di san Giuseppe
LEM (Libreria Editrice Murialdo), Roma, 2010.
romania
Continua il lavoro senza sosta dell’ufficio FISEM,
a favore della Fundatia Murialdo di Popesti Leordeni.
Oltre ad aver presentato in questi ultimi mesi
diversi progetti sia per la Fondazione sia per la
Chiesa locale, a favore degli allievi dei nostri corsi
professionali del settore Alberghiero sono stati
stipulati accordi di collaborazione con la catena
alberghiera Continental, con l’Hotel Capital Plaza e con il Rin Grand Hotel, uno dei più grandi
hotel dell’Est Europa, situato a pochi chilometri da Popesti Leordeni.
Infine, dopo aver aderito alla Camera di Commercio Italiana in Romania, la Fundatia Murialdo ha aderito anche alla Camera di Commercio
Norvegese in Romania, quale prima Onlus al suo interno, per poter
accedere con maggior facilità ai finanziamenti per il sociale che Norvegia, Islanda e Liechtenstein attuano annualmente in Romania.
32
Vita Giuseppina 2 2011
l
Tratto dalla prefazione di p. Tullio Locatelli, provinciale italiano:
Per noi Giuseppini del Murialdo, laici della Famiglia del Murialdo, collaboratori
a vario titolo nelle opere giuseppine della Provincia Italiana è del tutto normale
parlare di educazione. Si tratta della centralità del nostro carisma, del nostro
impegno quotidiano, del servizio reso in molteplici attività e secondo diverse
modalità. La presente pubblicazione raccoglie i testi che durante l’anno pastorale e comunitario 2009-2010 sono stati inviati alle comunità per una comune
riflessione. Si tratta di una serie di riflessioni sia di carattere generale sul tema
dell’educazione sia una specifica lettura dello stesso tema alla luce di un particolare ambiente educativo.
Sandro Palumbo
Di terra e di cielo
Centro Grafico Edizioni
Foggia, 2010.
Sandro Palumbo da sempre è impegnato nel mondo della cultura
e dell’associazionismo cattolico.
Ha fatto parte della commissione
famiglia nel convegno ecclesiale
“evangelizzazione e promozione umana”.
Tratto dalla prefazione di
Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo:
Ho accettato con gioia l’invito dell’amico Sandro
Palumbo a proporre questa breve premessa alla
raccolta delle sue poesie “Di terra e di cielo”... ricchissima di vita, di anni di esperienza, di fede, di
contemplazione.
Vita Giuseppina 2 2011
l
Giovanni Di Vecchia
Ragazzi,
questa è la “via”!
Luglio Editore
Trieste, 2009.
Tratto dalla prefazione:
Il libro affronta il tema della
montagna nel contesto educativo-pedagogico di alcuni sacerdoti dell’otto-novecento, attraverso la vita, il pensiero e l’opera
di questi apostoli dei giovani. Chi non conosce la
vita di don Bosco, don Murialdo, don Orione o
don Gnocchi! Questi sono stati parte rilevante,
con la loro opera, della storia della Chiesa nell’otto-novecento, ma non solo. Sono stati apostoli a
favore della gioventù. In questo libro l’autore approfondisce l’opera di questi Santi, dedicando a
San Leonardo Murialdo 4 dei 16 capitoli.
33
c o n t r o l u c e
Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI
per la XIX Giornata Mondiale del Malato - 11 febbraio 2011
“Dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2,24).
“Cari fratelli e sorelle
Ogni anno, nella ricorrenza della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa propone la Giornata Mondiale del Malato.
Tale circostanza, come ha voluto il venerabile Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la
società civile verso i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole, il
sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione, perché nessuno di
loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell’umanità si determina essenzialmente
nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo vale per il singolo come per la società. (…)
Desidero esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze e delle
speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto, perché vi doni la pace
e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi la Vergine Maria, che invochiamo con
fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei sofferenti (...)”.
Messaggio integrale su: www.vatican.va
la foto del mese
Torino, 17 marzo 1861:
nasceva L’Italia!
Centocinquanta anni fa Vittorio
Emanuele II, per voto unanime del
Parlamento, è proclamato Re d’Italia.
Torino è la capitale del Nuovo Regno.
Questi saranno anni indimenticabili
anche per la Chiesa torinese, per la
Chiesa italiana… sono infatti gli anni
dei cosidetti “santi sociali”:
Cottolengo prete dei malati incurabili;
don Murialdo e don Bosco
preti dei giovani;
Cafasso, il prete della forca;
la marchesa Giulia di Barolo e il marito
Tancredi, don Orione. Ed ancora don
Allamano, Francesco Faà di Bruno,
Piergiorgio Frassati…
La figura di san giuseppe
negli affreschi di Pietro Ivaldi,
il Muto di Toleto
La pittura di Pietro Ivaldi (1810 – 1885), artista nativo di
Toleto di Ponzone (AL), rappresenta un’esigenza comunicativa diretta, che si esprime attraverso una gestualità
insistita, impossibile da eludere in un rapporto anche superficiale con la sua pittura.
Questa gestualità che è la caratteristica stilistica dominante della sua arte, è da connettere direttamente alla
sua infermità (Pietro viene infatti soprannominato “il
Muto” in quanto sordomuto, fin da bambino, in seguito
ad uno spavento) e alla pratica del linguaggio dei gesti
dei sordomuti di fine 800.
La corrispondenza fra i gesti dei personaggi del Muto e
quanto codificato nel linguaggio dei segni, emerge dalle espressioni del volto, dagli atteggiamenti del corpo,
dalle posizioni delle mani, che consentono di riconoscere nell’artista, oltre che un conoscitore della lingua dei
segni, anche un attento osservatore del comportamento
umano.
Nel ciclo pittorico dedicato alla vita di Gesù, la gestualità espressa dall’Ivaldi traspare con vigore nei personaggi che riempiono le scene, immagini ora intense ora quasi sfuggenti, a seconda dell’importanza che
Pietro ne vuole dare. Proprio San Giuseppe appare il trait-d’union tra le varie raffigurazioni, una figura
in evoluzione nella quale l’Ivaldi coglie il simbolo di umanità, rappresentandone il mutare d’aspetto nel
volgere del tempo in cui partecipa alla vita di Gesù.
Nello “Sposalizio della Vergine” (Chiesa dell’Assunta, Ovada, 1866/67), Pietro fornisce una immagine di
San Giuseppe simile a quella di Raffaello e ben diversa da quella che era stata data dal V secolo in poi,
destituita di ogni autorità e relegata come personaggio marginale tra angeli e pastori, bue e asinello.
Giuseppe viene dipinto come un uomo di bell’aspetto, alto e dignitoso, a rappresentare il capofamiglia e
la sacralità del vincolo del Matrimonio.
Anche nella “Adorazione dei pastori” (Chiesa
di S. Urbano, Molare, 1869), Giuseppe appare
distaccato rispetto alla Madonna e al Bambino:
è posto in piedi ad osservare il Bambino e reca
nella mano destra il bastone da cui fiorì il giglio,
che lo indicò come prescelto dal Signore come
sposo di Maria. Con la mano sinistra accarezza
invece teneramente il bue che, posto sulla destra
insieme all’asino, sembra attento alla presenza
del piccolo Gesù.
Enrico Ivaldi
34
Vita Giuseppina 2 2011
l
35
e Maria,
le, dopo Dio
a
1885)
u
q
el
n
e
, III, 1069, del
Giusepp
io
r
S.
la
o
at
to
is
er
Ep
en
.
v
Murialdo
quel caro e
eranza” (S. L.
sp
“Ci benedica
a
r
st
o
n
i
o ogn
noi mettiam
“Nos bendiga el querido y venerado San José en quien,
después de María, ponemos todas nuestras esperanzas”
sé em quem,
turado S. Jo
en
av
m
be
e
esperança”
s o querido
toda nossa
s
o
m
a
c
Abençõe-no
lo
o
,c
eus e Maria
depois de D
“May that dear and venerable S. Joseph bless us. In him,
after God and Mary, we put all our hope”
,
ezeu şi Maria
după Dumn
e,
r
a
c
în
f,
atul Sf. Iosi
nul şi vener
bu
ze
te
n
vâ
u
ostra”
“Să vă binec
ă speranţa n
at
to
em
n
pu
noi
“Na bekoftë i Dashuri dhe i Nderuari Shën Jozefi në të cilin,
pas Hyjit dhe Marisë, ne vendosim çdo shpresë tonën”
Jozefi
GiuseppeIosif
Joseph
José