- Osservatorio sulle fonti
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LA CORTE DI GIUSTIZIA CONSOLIDA LA PROPRIA GIURISPRUDENZA SUL DIRITTO DI SOGGIORNO NELL’UNIONE DEI SOGGETTI NON ECONOMICAMENTE ATTIVI: LE SENTENZE TEIXEIRA E IBRAHIM Con le sentenze del 23 febbraio 2010 Maria Teixeira c. London Borough of London and Secretary of State for the Home Department e Nimco Hassan Ibrahim c. London Borough of London and Secretary of State for the Home Department (rispettivamente, cause C- 480/08 e C-310/08) la Corte di giustizia si è pronunciata in materia di diritti di soggiorno all’interno di uno Stato membro dell’Unione di persone economicamente non attive e non aventi la cittadinanza di tale Stato. In particolare, la Grande Sezione ha precisato che l’art. 12 del Regolamento 1612/68/CEE, secondo cui «I figli del cittadino di uno Stato membro, che sia o sia stato occupato nel territorio di un altro Stato membro, sono ammessi a frequentare i corsi d’insegnamento generale, di apprendistato e di formazione professionale alle stesse condizioni previste per i cittadini di tale Stato, se i figli stessi vi risiedono» attribuisce un diritto di soggiorno autonomo a favore dei figli di lavoratori migranti che hanno esercitato il proprio diritto di accesso all’istruzione nello Stato membro in cui uno dei genitori sia o sia stato occupato. Di un analogo diritto gode il genitore che abbia l’affidamento del figlio. Il carattere autonomo del diritto comporta che il godimento dello stesso non é subordinato al soddisfacimento dei requisiti di cui alla Direttiva 2004/38/CE, ed, in particolare, alla condizione che il genitore disponga di risorse sufficienti onde non costituire un onere a carico a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro di residenza. Il Regolamento 1612/68/CEE disciplinava (e, in parte, continua a disciplinare) la libera circolazione dei lavoratori all’interno della Comunità economica europea (ora, Unione europea). Nella sentenza 17 settembre 2002, causa C-413/99, Baumbast e R, in Raccolta, p. I-7091, la Corte ha riconosciuto un autonomo diritto di soggiorno in capo al figlio di un lavoratore migrante o di un ex lavoratore migrante che eserciti il proprio diritto di accesso all’insegnamento previsto dall’art. 12 del regolamento n. 1612/68/CEE, laddove esso intenda proseguire gli studi nello Stato membro di immigrazione del genitore. In altre parole, il diritto di soggiorno del figlio è stato configurato come un diritto accessorio al diritto di fruire dell’insegnamento, autonomo in quanto non subordinato al possesso di risorse sufficienti al mantenimento del figlio da parte del genitore. Allo stesso tempo, in Baumbast la Corte riconosceva un analogo diritto di soggiorno a favore del genitore effettivamente affidatario del figlio; tuttavia, il diritto di accesso all’istruzione e quello di soggiorno del figlio non venivano subordinati alla condizione che il genitore migrante continuasse a lavorare o a risiedere nello Stato Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010 1 membro di immigrazione. Successivamente, la Direttiva 2004/38/CE, relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri ha parzialmente abrogato il Regolamento 1612/1968. In particolare, l’art. 12 non è stato abrogato, mentre lo è stato l’art. 10, il quale indicava i familiari ammessi al ricongiungimento, stabilendo le relative condizioni (in particolare, il possesso, da parte del lavoratore al quale i familiari si ricongiungono, di un alloggio che sia considerato normale per i lavoratori nazionali nella regione in cui è occupato, senza che tale disposizione possa provocare discriminazioni tra i lavoratori nazionali ed i lavoratori provenienti da altri Stati membri). L’art. 7 della Direttiva 2004/38 disciplina il diritto di soggiorno per una durata superiore a tre mesi dei cittadini dell’Unione in uno Stato membro di cui non abbiano la cittadinanza prevedendo a tal fine che: «Ciascun cittadino dell’Unione ha il diritto di soggiornare per un periodo superiore a tre mesi nel territorio di un altro Stato membro, a condizione: a) di essere lavoratore subordinato o autonomo nello Stato membro ospitante; o b) di disporre, per se stesso e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti, affinché non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro ospitante durante il periodo di soggiorno, e di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante; omissis Nel caso Teixeira si poneva il problema di chiarire se l’art. 12 del Regolamento 1612/68 continuasse ad attribuire, anche dopo l’entrata in vigore della Direttiva, un diritto di soggiorno autonomo ovvero se tale diritto risultasse ora subordinato al soddisfacimento dei requisiti di cui all’art. 7 della Direttiva 2000/43/CE. La sig.ra Teixeira, cittadina portoghese, si era trasferita nel Regno Unito con il marito, anch’esso cittadino portoghese, e qui aveva lavorato, sebbene non in modo continuativo. Qui la figlia inizia la carriera scolastica. La sig.ra Teixeira non lavorava al momento dell’avvio degli studi della figlia, ma aveva poi lavorato a più riprese durante il corso degli stessi. A seguito del divorzio dei coniugi, la figlia veniva affidata alla madre, che presentava una domanda di sussidio per l’alloggio. Lo Housing Act (la legge inglese in materia abitativa) subordina il diritto al sussidio per l’alloggio al godimento del diritto di soggiorno nel Regno Unito, oltre che alla residenza abituale nello stesso. Titolari del diritto di soggiorno sono considerati, oltre ai cittadini britannici, i cittadini degli Stati membri che esercitano, ai sensi del diritto dell’Unione, il diritto di entrare nel territorio del Regno Unito e di soggiornarvi per un periodo prolungato. Quale unico fondamento del proprio diritto di soggiorno, la sig.ra Teixeira invocava l’art. 12 del Regolamento 1612/68/CEE, come interpretato dalla Corte di giustizia nella ricordata sentenza Baumbast: essa infatti non godeva di un diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 7, n. 1, della direttiva 2004/38, in quanto soggetto non economicamente attivo, né possedeva un permesso di soggiorno permanente ai sensi dell’art. 16 della stessa direttiva. A seguito del rigetto della propria richiesta, la sig.ra Teixeira presentava ricorso dinanzi alla County court (il Tribunale civile di primo grado), che lo respingeva. Il giudice dell’appello decideva di sospendere il procedimento, per chiedere alla Corte di giustizia di chiarire se l’art. 12 del Regolamento 1612/68/CEE attribuisca un diritto di soggiorno Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010 2 autonomo al figlio del lavoratore o ex lavoratore migrante e al genitore effettivamente affidatario. La Corte era, in sostanza, chiamata a precisare se l’interpretazione di tale norma sancita nella sentenza Baumbast trovasse ancora applicazione a seguito della entrata in vigore della Direttiva 2000/43/CE, o se, al contrario, il diritto di soggiorno di un cittadino dell’Unione che ha smesso di lavorare sussista solo ove siano soddisfatti i requisiti previsti dalla Direttiva medesima: cioè il possesso, per sé e per i propri familiari, di risorse economiche sufficienti ed il possesso di una assicurazione malattia che copra tutti i rischi nello Stato membro ospitante. La Corte ha chiarito che l’entrata in vigore della direttiva non ha messo in discussione la natura autonoma dell’art. 12 del Regolamento 1612/68. Tale norma attribuisce ai figli di lavoratori migranti il diritto alla parità di trattamento nell’accesso all’istruzione nello Stato membro in cui i genitori o il genitore lavoratori/e migranti/e si siano/sia trasferiti/o, a condizione che tali figli si siano previamente installati in questo Stato membro (dunque, che vi si trovino per nascita o che abbiano raggiunto il genitore). In connessione a tale diritto di accesso all’istruzione, l’art. 12 del Regolamento riconosce al figlio anche un diritto di soggiorno autonomo, ossia non subordinato alla condizione che il figlio conservi, durante tutto il periodo degli studi, un diritto di soggiorno ai sensi dell’art. 10 del Regolamento (e ora dell’art. 7 della Direttiva), né alla circostanza che i genitori mantengano lo status di lavoratori migranti durante lo stesso periodo (parr. 46, 49, 50). Unica condizione per il godimento di tale autonomo diritto di soggiorno è che il figlio abbia vissuto con i genitori o con uno di essi in uno Stato membro mentre almeno uno dei genitori vi risiedeva in qualità di lavoratore (par. 52). Sussistendo tale condizione, non solo il figlio ma anche il genitore che sia di questo effettivamente affidatario, gode del diritto di soggiorno nello Stato membro diverso da quello di cittadinanza, senza dover soddisfare altri requisiti. In altre parole, il diritto di soggiorno del genitore affidatario non è soggetto alla condizione che esso disponga di risorse sufficienti in modo da non divenire un onere a carico dell’assistenza sociale dello Stato membro del quale non ha la cittadinanza, nonché di un’assicurazione malattia che copra tutti i rischi in tale Stato (par. 70). Richiamando la sentenza Baumbast, la Corte ha infatti osservato che ‘lo scopo del Regolamento n. 1612/68, vale a dire la libera circolazione dei lavoratori, richiede condizioni ottimali di integrazione della famiglia del lavoratore nello Stato membro ospitante e che il diniego nei confronti dei genitori affidatari della possibilità di risiedere nello Stato membro ospitante per il periodo di frequenza scolastica dei figli potrebbe risultare tale da privare i figli stessi di un diritto loro riconosciuto dal legislatore dell’Unione’ (par. 66). Inoltre, una diversa interpretazione priverebbe la disposizione in parola di ogni effetto utile (par. 67). La Corte ha inoltre precisato che il diritto di soggiorno del genitore affidatario non è soggetto alla condizione che il genitore lavorasse alla data in cui il figlio ha iniziato gli studi e che il diritto del genitore viene meno con la maggiore età del figlio, a meno che quest’ultimo continui a necessitare della presenza e delle cure del genitore per poter proseguire e terminare gli studi. Non osta al riconoscimento del diritto di soggiorno in quanto genitore effettivamente affidatario il fatto che il genitore sia cittadino di uno stato terzo, come dimostra la pronuncia della Corte di giustizia nel caso Ibrahim (il rinvio pregiudiziale, peraltro, era stato proposto dallo stesso giudice della causa Teixeira). In questo caso, la ricorrente nel procedimento principale è una cittadina somala coniugata con un cittadino Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010 3 danese. Quest’ultimo si era trasferito nel Regno Unito, dove aveva svolto un’attività lavorativa, sebbene non in modo continuativo. La sig.ra Ibrahim aveva raggiunto il marito con i quattro figli, anch’essi cittadini danesi. A seguito della separazione, il marito aveva lasciato il Regno Unito, mentre la sig.ra Ibrahim vi era rimasta con i figli che nel frattempo avevano iniziato i propri studi. La sig.ra Ibrahim non era economicamente autosufficiente: non lavorava e dipendeva interamente dall’assistenza sociale per coprire le proprie spese correnti e di alloggio, né disponeva di un’assicurazione completa di malattia. La sua domanda per il sussidio dell’alloggio era stata respinta. La sig.ra Ibrahim proponeva dunque ricorso che veniva accolto, con il riconoscimento del diritto della stessa di soggiornare nel Regno Unito in quanto genitore effettivamente affidatario dei figli, in forza dell’art. 12 del Regolamento 1612/68. La decisione veniva tuttavia impugnata dal London Borough of Harrow. Richiesta dal giudice dell’appello di chiarire la natura del titolo di soggiorno fondato sulla disposizione appena citata, la Corte di giustizia ha chiarito che i figli della sig.ra Ibrahim, in quanto figli di un cittadino dell’Unione ex lavoratore migrante che hanno vissuto nello Stato membro in cui esso ha lavorato durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, hanno acquisito il diritto di accedere all’istruzione in questo Stato e con esso un autonomo diritto di soggiorno, indipendente dal soddisfacimento dei requisiti di cui alla Direttiva 2000/43/CE. Allo stesso modo, anche la madre, sebbene cittadina di Stato terzo e soggetto economicamente non attivo, beneficia di un autonomo diritto di soggiorno in base all’art. 12 del Regolamento, in quanto genitore effettivamente affidatario. Nicole Lazzerini Osservatoriosullefonti.it, fasc. 2/2010 4