Spia e riprende i vicini di casa con le telecamere
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Spia e riprende i vicini di casa con le telecamere
Spia e riprende i vicini di casa con le telecamere: denunciato, finisce a processo L'ipotesi di accusa del tribunale è di “violazione della privacy”, ma l'imputato si difende asserendo che le telecamere che aveva installato servivano solo per la difesa dai malintenzionati. La procura, adesso, ha ordinato il rinvio a giudizio un uomo di 63 anni, residente in provincia di Vicenza, dopo che aveva provveduto all'oscuramento col sequestro di 3 delle 7 telecamere che riprendevano il perimetro dell'abitazione ad insaputa dei vicini di casa. La scoperta di essere scrutata dagli “occhi telescopici”, aveva dato parecchio fastidio a una signora vicentina e ai suoi congiunti, che si sentivano spiati. Il tribunale era così intervenuto e aveva spedito i carabinieri del maresciallo a sequestrare le videocamere perché erano puntate verso l'altrui “spazio vitale”. «Ma tutelavo solo la mia proprietà, perché avevo trovato dieci metri della mia siepe bruciata dall'acido e volevo capire chi era stato», ha dichiarato il 63enne indagato per violazione della privacy. La tesi della difesa, insomma, è che le telecamere non invadevano la sfera privata dei vicini e avevano l'esclusivo obiettivo di proteggere il perimetro della villa dai malintenzionati. Se è vero che coi vicini c'erano stati episodi incresciosi in passato, è altrettanto vero che il “muro tecnologico” non era stato fatto collocare a una ditta specializzata della zona per ispezionare la vita dei vicini, e dunque violarla, bensì con il metodo "fai da te" per proteggersi da chi voleva farle del male. Diametralmente opposta la posizioni delle presunte parti lese, le quali quando avevano visto in diretta che quelle telecamere puntate contro la loro casa riprendevano “brani” della loro esistenza, avevano preso cappello e si erano rivolte alla magistratura per far rimuovere lo spionaggio. Ma quanto sarebbe durata la violazione della privacy, ammesso che ci sia stata? La procura di Vicenza ipotizza sei mesi, da maggio a dicembre, quando la signora si era rivolta ai carabinieri dopo avere scoperto con stupore che la sua vita privata non avrebbe avuto segreti per i vicini. I quali avrebbero dovuto comunque collocare dei cartelli "informativa minima" prescritti dalla legge per segnalare la presenza delle videoriprese, anche se le videocamere non avrebbero potuto scandagliare la proprietà avversaria. «C'è un equivoco perché le telecamere inquadravano il confine», si difende l'improvvisato detective. « No, siamo stati spiati», replicano i vicini. Come finirà? Staremo a vedere cosa decideranno i Giudici, ma se le cose stessero come riporta il Giornale di Vicenza, emergerebbero diverse violazioni del Codice della Privacy. E le conseguenze sarebbero pesanti. Fonte: Il Giornale di Vicenza