Lu Pietru Lau
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Lu Pietru Lau
Lu Pietru Lau IL protagonista dei Canti te l’autra vita di Giuseppe De Dominicis era un contadino di Cavallino condannato all’eternità dell’inferno per aver rubato un tomolo di grano. Certo di aver subito un torto, grazie alla sua intelligenza ed al culto per LIBERTA’ e GIUSTIZIA, riuscì a mettere in difficoltà persino il Padreterno costretto all’esilio col suo Figliuolo. Per la sua azione in favore dei diritti umani bisognerebbe chiamarlo Pietru Law (Pietro Legge o Pietro Diritto). a cura di Giovanni Paladini Pietru Lau, il protagonista dei Canti de l’autra vita (Canti dell’aldilà), era un contadino di Cavallino condannato all’inferno per aver rubato un tomolo (44 kg circa) di grano. Arrivato nell’aldilà, nell’attesa di essere ricevuto dal capo dei diavoli, continuò a soffrire la fame patita sulla terra. “Na ndore te purpette se sentìa ca veramente a nterra te menaa… Idhu, puriedhu miu ca certu aìa do giurni ca lu pane nu saggiaa ncignau:<<Ohimmè! lu primu male è quistu, tte scazzeca la ndore e cu nu pruèi! Ulìa cu ssacciu cce nni fici a Cristu quali su' state le peccate mei!>>” (Si sentiva un odore di polpette/ che veramente a terra ti buttava!.../Egli, poverino, che di certo erano/due giorni che non assaggiava il pane/ cominciò:<<Ohimé! Questa è la prima tortura, l'odore ti stuzzica ma non puoi provare! Vorrei sapere che cosa ho fatto a Cristo, quali sono stati i peccati miei!>>”) Nonostante la fame, una volta al cospetto del capo dell’Inferno, prima di accettare di espiare la pena per il suo peccato, riuscì a farsi ascoltare e a far valere le sue ragioni. “Nnu tùmmenu te ranu agiu rubbatu è veru, nu llu necu, ssissignore… Ma ammenu ammenu s’ia ccunsiderare per quale fine foi ca lu rubai… Nui stìamu a casa mia senza mangiare, dha li ricchi lemosena nu truai, cc’ìa ffare? Me l’ìa bìtere murire li cinque fili, la mugghere mia? cc’ìa ffare? a nnanti me li etìa chiangire cc’ìa ffare? dimme tie! pigghiai la ìa e scii rrubbai. Lu ranu me accappau cu fazzu pane!” (Un tomolo di grano ho rubato/è vero, non lo nego, sissignore/ Ma quantomeno si dovrebbe considerare/ per quale scopo fu che lo rubai/ noi eravamo a casa mia senza mangiare/e presso i ricchi non trovai elemosina,/ che cosa dovevo fare? Li dovevo vedere morire/ i miei cinque figli e la moglie mia?/ che cosa dovevo fare? Davanti me li vedevo piangere/ che cosa dovevo fare? Dimmi tu! Uscii di casa/ e andai a rubare. Mi capitò di trovare del grano per farne pane”). Il “cc’ìa ffare?” ripetuto tre volte più che una domanda all’interlocutore è un capo d’accusa contro il Padreterno che permette che la gente muoia di fame sul nostro pianeta. Il poeta De Dominicis, più noto con lo pseudonimo di Capitano Black, a parer mio, avrebbe fatto meglio a chiamare il suo eroe Pietru Law. (“Law” è l’equivalente inglese di Legge, Diritto o 1 Scienza giuridica.) Egli, infatti, una volta nell’aldilà, non si comportò più da umile contadino timorato dalle leggi divine ma da rivoluzionario consapevole di aver ragione; fu granitico nel portare avanti le sue idee, si comportò da grande socialista riformista ed impose la legge dell’umanità. I saporiti versi del principe del vernacolo leccese rivelano un Padreterno ingessato dalle sue stesse leggi severe e immutabili mentre il capodiavolo si dimostra di buon cuore e misericordioso: - “Ieu tegnu core/ su cchiù piatusu te lu Patreternu” –. spirito rivoluzionario, rimase così sconvolto da quella legge esageratamente austera ed iniqua che decise di abbatterla. “L'idea de dhu mumentu rrefurmau ca quidha legge a nterra s'ìa mmenare. A dhu mumentu disse: - Pietru Lau, lu mundu capisutta ha' sci' butare!” (Da quel momento concepì l’idea/ che doveva buttare a terra quella legge/ Disse in quel momento: - Pietro Lau,/ il mondo sottosopra devi voltare!) Pietru Lau riuscì a convincere i dannati dell’esistenza di una giustizia più equa e li trasformò da rassegnati in rivoluzionari combattenti in nome di Giustizia e Libertà. “Cussine ste palore descetara na semente intru ll'arma durmesciuta. Libertà, libertà, quantu si' cara la sape ci pe ttie l'anni rifiuta!” (Così queste parole svegliarono/ un seme nell’anima addormentata/ Libertà, libertà, quanto sei cara/ lo sa chi per te rifiuta gli anni!) E Pietru Lau non fu fatto precipitare tra le fiamme eterne, ma fu assunto come servitore con il compito di curare il giardino dell'Inferno. Il contadino per riconoscenza svolse il suo lavoro con solerzia, tanto da cambiare in breve i connotati al giardino che divenne ordinato, pulito e pieno di alberi piantati lungo gli stradoni. Satanasso aveva una giovane figlia, Farfarina, che soleva spesso passeggiare nel giardino. Pietro era gentile con lei e le regalava spesso fiori. Ben presto si innamorarono e, quando la bella e intraprendente Farfarina (fu lei a prendere l’iniziativa) rimase incinta, furono costretti a fuggire prima di convolare a giuste nozze riparatrici. Fu così che Pietru Lau da servitore diventò padrone; fece amicizia con i diavoli e, potendosi muovere liberamente nel regno dei morti, conobbe la storia delle anime dannate di cui era colmo l'inferno. Apprese di pene indicibili, tanto sproporzionate e ingiuste che egli, sempre dotato della sua intatta umanità e del suo L’occasione per la rivoluzione fu fornita da un banchetto al quale tutti i demoni di qualsiasi rango erano invitati per il fastoso sposalizio di un diavolo appartenente ad una importantissima famiglia. L’astuto Pietru Lau, prevedendo cosa sarebbe successo dopo aver bevuto e mangiato ogni oltre limite, ritenne quella l'occasione opportuna per tentare l'insurrezione. “e ppe dha notte stessa cuncertau ca tutti de lu nfiernu ìanu bessire.(…) E dha notte scappara. Comu? Comu? Bedhi, la libertà nde face tante! Nnu piccinnu cussine ddenta nn'omu, ogne creaturu tantu nnu gigante; Nu nc'è pparìti, nienti! na muragghia se zumpa megghiu de nnu rapetale; nn'omu stuccatu a ntuttu cu nu mbàgghia ene la libertà e nni minte l'ale; nu scemu ddenta nn'omu giudeziusu, ogne pporta de fierru è de cartune, la catina è nnu filu, nnu pertusu se face rande comu nnu purtune. ("E per quella stessa notte concertò/ che tutti dall’inferno dovevano andarsene”(…) “E quella notte scapparono. Come? Come?/ Belli, la libertà ne fa tante!/ Uno piccolo così, diventa un uomo,/ ogni giovane quanto un gigante;/ non ci sono ostacoli, niente! Un muro/ si salta meglio di una siepe;/ un uomo tanto malandato da non valere niente,/ viene la 2 libertà e gli mette le ali; uno scemo diventa un uomo di giudizio,/ ogni porta di ferro diventa di cartone,/ la catena un filo sottile, un buco/ si fa grande quanto un portone".) Che bello! E come è vero! La sete di giustizia e libertà mette le ali. E furono vincenti. “Scappara, quistu è tuttu, se nde sçera;” (“Fuggirono, questo è tutto, se ne andarono;”) Tutte le anime dei trapassati abbandonarono l'Inferno governato con leggi tanto malvagie e furono liberati per sempre dagli ingiusti castighi e dalle crudeli torture. (“Riversò sull'umanità/ tutti i guai, miserie, malattie,/ fino a quando Cristo si mutò in uomo/ e disse: - Padre, scontala con me!/- E se la sconta in modo da farlo morire in croce con due ladri;) Pietru Lau meditò molto sulla storia dell’uomo e il suo rapporto col Padreterno e, seguendo l’ esempio di Cristo, decise di prendere a cuore tutte le storie dei dannati e di combattere per farli santi. “Cristu l'amore a nterra predecau e morse perdunandu tutti quanti; e a st'àutru mundu nc'ete Pietru Lau ca li dannati te l'ha ffare Santi!” (“Cristo sulla terra predicò l’amore/ e morì perdonando tutti quanti; e in/ quest’altro mondo c’è Pietru Lau che/ i dannati deve farli santi!”) Pietru Lau, ideatore e guida della rivolta, accompagnò le anime vittoriose, provvisoriamente, nel Limbo, luogo rimasto spopolato da quando Gesù Cristo aveva portato in Paradiso le anime degli innocenti che in quel luogo erano state radunate. L’eroe di Giuseppe De Dominicis, anziché essere appagato dalla sua incredibile impresa, volle recarsi nel Purgatorio per salvare anche quelle anime dalle ingiuste pene del Padreterno. “Camenandu pensaa: lu Patreternu nc'è ccerte cose ca l'ha fatte storte! Idhu criau lu peccatu e criau lu nfiernu, fice dèbule l'omu e Ilu ose forte. ” (“Camminando pensava: il Padreterno/ci sono alcune cose che l’ha fatte male! Lui creò il peccato e creò l'inferno, fece l'uomo debole e lo volle forte.”) “Subra tutti li fintantu e disse: E sse la ncruciatu all'umanità ni menesciàu uai, meserie, malatie, Cristu de omu se cangiàu - Tata, scùntala cu mmie! scunta a mmodu ca murire cu do latri lu facìa;” Fu instancabile nell’aiutare le anime dannate a liberarsi dalle fiamme e a venir fuori dalle fosse. Liberò anche Anna Maria, la sua moglie terrena. Per gratitudine tutte le anime liberate nominarono Pietru Lau loro re assoluto ma lui rifiutò la carica. – “Cquai simu tutti na famiglia amica, tutti parienti te na stessa razza; cinca cchiù megghiu sape, cchiùi cu dica; cinca cchiù mutu pote, cchiùi cu fazza.” (“Qua siamo tutti una famiglia di amici/ tutti parenti di una stessa razza;/ chi sa dire meglio, dica di più/ chi può dare di più faccia di più.”) Tale regime che non riconosce capi assoluti era, secondo Pietru Lau, la forma di governo più auspicabile perché fondato sulla Libertà, l’Eguaglianza e la Fraternità. Il programma politico del liberatore Pietru Lau era quello del suo creatore, Giuseppe De Dominicis, uomo di sinistra che nel 1904 fondò a Cavallino una “Società agricola operaia di mutuo soccorso”. Dopo aver liberato le anime dell’inferno e del purgatorio, Pietro Lau con uno stratagemma entrò in paradiso. Una volta lì riuscì a convincere anche i santi che il padreterno molte cose le aveva fatte storte e li invitò alla rivolta. Nella seduta in cui si discuteva della realizzazione del progetto rivoluzionario i santi fecero un po’ di calcoli e conclusero che non c’era speranza di uscirne vittoriosi perchè gli Angeli del Signore erano molto più numerosi di loro. A questo punto prese la parola Pietru Lau e propose: 3 - Dunque, cumpagni mei, nu tuccarìa cu sçia' ccercamu iutu alli dannati? (Dunque compagni miei, non occorrerebbe/ andare a chiedere aiuto ai dannati?) - Benissimu! - retara - Evviva! Brau! quistu ntru lla cucuzza porta sale! Alli voti mo moi! Sam Pietru Lau s'ha ffare te sta uerra generale! - Cce generale e generale, santi! - idhu ni respundiu - cquai tra de nui simu surdati rasi, tutti quanti; cinca pote te cchiùi, fazza te cchiùi! I Canti de l’autra vita, nonostante gli stretti confini del dialetto, hanno avuto un notevole successo letterario e teatrale. Di recente Nfiernu è diventato un fumetto illustrato per la Lupo editore da Pietro De Carlo e Filippo Volpi. ("Benissimo! gridarono. Evviva! Bravo! /Questo ha sale in testa!/Ai voti, subito! San Pietro Lau/ si deve fare generale di questa guerra!/Che generale e generale, santi!/- egli rispose loro - qui tra di noi siamo soldati rasi, tutti quanti;/ chiunque può di più, faccia di più!". Si rivolge ai santi chiamandoli “compagni”, termine col quale, da lì a qualche anno, si chiameranno i militanti del partito comunista e del partito socialista. In gran fretta Pietru Lau scese nel Limbo e agli ex condannati rivolse un discorso accorato riferendo quanto era accaduto in Paradiso. Chiese loro se erano decisi e pronti a seguirlo e tutti si dichiararono concordi e determinati. Le forze alleate dei santi e dei dannati vinsero la guerra e il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo abbandonarono la reggia e si misero al sicuro scomparendo. Anche Pietru Lau, portate tutte le anime alla vittoria e avendo compiuto con successo la sua missione, scomparve, e di lui non si seppe più nulla. 4 5