una produzione con distribuito da

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una produzione con distribuito da
una produzione
con
distribuito da
Cast tecnico
regia
Daniele Vicari
da un’idea di
Gigi De Luca
Silvio Maselli
Ilir Butka
soggetto
Antonella Gaeta
Daniele Vicari
sceneggiatura
Antonella Gaeta
Benni Atria
Daniele Vicari
montaggio
Benni Atria
fotografia
Gherardo Gossi
musica
Teho Teardo
Ed. musicali Indigo Film srl
Valentino Giannì
Gianluca Costamagna
suono in presa diretta
coordinatore di produzione
Ines Vasiljevic
prodotto da
Nicola Giuliano
Francesca Cima
Carlotta Calori
per Indigo Film
Silvio Maselli
per Apulia Film Commission
Ilir Butka
per Ska-ndal Production
una produzione
Indigo Film
Apulia Film Commission
prodotto con
Rai Cinema
in co-produzione con
Ska-ndal Production
in collaborazione con
Archivio Centrale Statale del Film di Albania
in collaborazione con
Telenorba
in collaborazione con
Digitalb
Microcinema Distribuzione
Tel. +39 06.64760273
email: [email protected]
Rai Trade
Catia Rossi
Tel. +39 06 37498 244; Mob. +39 335 6049456;
email: [email protected]
Studio PUNTOeVIRGOLA
Tel. 06.39388909
[email protected]
www.studiopuntoevirgola.com
InterNos
[email protected]
distributore italiano
distribuzione internazionale
ufficio stampa
ufficio stampa web
Italiana
2012
90’
DCP
nazionalità
anno
durata
formato
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crediti non contrattuali
Lo chiamarono
“lo sbarco dei ventimila”
Fu il primo respingimento di massa in Italia
foto di Vittorio Arcieri
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crediti non contrattuali
Sinossi
L’8 agosto 1991 una nave albanese, carica di ventimila persone, giunge nel porto di Bari.
La nave si chiama Vlora.
A chi la guarda avvicinarsi appare come un formicaio brulicante, un groviglio indistinto
di corpi aggrappati gli uni agli altri.
Le operazioni di attracco sono difficili, qualcuno si butta in mare per raggiungere la
terraferma a nuoto, molti urlano in coro “Italia, Italia” facendo il segno di vittoria con le
dita.
La Vlora è un vecchio mercantile costruito all’inizio degli anni Sessanta a Genova.
Il 7 agosto 1991 la nave, di ritorno da Cuba, arriva al porto di Durazzo, nella stiva
diecimila tonnellate di zucchero.
Sono in corso le operazioni di scarico quando una folla enorme di migliaia di persone
assale improvvisamente il mercantile, costringendo il capitano Halim Milaqi a fare rotta
verso l’Italia.
È una marea incontenibile di uomini, ragazzi, donne, bambini.
C’è Eva che sale arrampicandosi lungo le cime d’ormeggio insieme al marito.
C’è Kledi, un ragazzino che si trova in spiaggia con gli amici quando decide di seguire
incuriosito la folla che va verso il porto. C’è il piccolo Ervis con la sua famiglia, c’è Robert,
giovane regista con i suoi compagni di studi.
Qualcuno, una volta a bordo, incontra un fratello, un amico.
Il motore centrale è in avaria, non c’è cibo, né acqua. Solo zucchero.
Il sole di agosto arroventa il pontile. Poi scende la notte, il capitano governa la nave senza
poter utilizzare il radar, evita anche una collisione.
Il mattino dopo, ad attendere la Vlora c’è una città incredula e stordita e uno stadio di
calcio vuoto, dove, dopo lunghissime operazioni di sgombero del porto, gli albanesi
vengono rinchiusi prima del rimpatrio.
Sono passati ventuno anni da quel giorno.
La maggior parte di coloro che salirono sulla nave, carica di zucchero, vennero rispediti
in Albania ma gli sbarchi continuarono e qualcuno tentò ancora la traversata.
Oggi vivono in Italia quattro milioni e mezzo di stranieri.
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crediti non contrattuali
Con
(in ordine di apparizione)
Eva Karafili
Agron Sula
Halim Milaqi
Kledi Kadiu
Robert Budina
Eduart Cota
Ervis Alia
Ali Margjeka
Giuseppe Belviso
Nicola Montano
Domenico Stea
Fortunata Dell’Orzo
Luca Turi
Raffaele Nigro
Maria Brescia
Luigi Roca
Vito Leccese
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crediti non contrattuali
Chi sono
Eva Karafili
Laureata in Economia, si arrampicò lungo le cime d’ormeggio insieme al marito e, per
caso, a bordo trovò il fratello.
Oggi vive in Puglia con la sua famiglia e alterna il lavoro di traduttrice a quello di
badante.
Agron Sula
Aveva 15 anni quando sentì che dal porto di Durazzo partiva una nave. All’insaputa della
madre, scappò di casa con un amico e riuscì ad imbarcarsi.
Rimpatriato, ha provato altre volte a tornare in Italia. Alla fine, ce l’ha fatta e oggi è tra i
migliori pizzaioli di Bari Vecchia.
Halim Milaqi
Era il capitano della Vlora. Fu costretto, con un cacciavite piantato in una coscia, a
condurre la nave in Italia.
Ormai in pensione, è la prima volta che racconta quei fatti.
Kledi Kadiu
Era un ragazzo e si trovava in spiaggia con gli amici quando decise di seguire la folla che
andava verso il porto e imbarcarsi.
Oggi, raggiunta la notorietà in Italia grazie a numerosi programmi televisivi, continua la
sua attività di danzatore.
Robert Budina
Era uno studente dell’Accademia delle Arti di Tirana deluso dal nuovo corso politico dopo
la caduta del regime, quando lasciò l’Albania insieme ai suoi compagni di studio.
Rimasto qualche tempo in Italia a inseguire il sogno del Cinema, oggi è tornato nel suo
Paese e fa il regista.
Eduart Cota
Era macchinista delle Ferrovie e, perso il lavoro, decise di cercare fortuna sulla Vlora.
Rimase in Italia, scappando dallo Stadio.
Dopo aver fatto per vent’anni il cuoco a Bari, ora è in pensione.
Ervis Alia
Era un bambino che i genitori, rinchiusi nello Stadio della Vittoria, affidarono
rocambolescamente a un passante barese, prima di essere rimpatriati.
Preso in affidamento da quell’uomo, è riuscito a far richiamare in Italia tutta la sua
famiglia. Ora fa l’autotrasportatore.
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crediti non contrattuali
Ali Margjeka
Giunto in Italia qualche mese prima dell’arrivo della Vlora, fu chiamato come interprete
all’interno dello Stadio della Vittoria. Alla vista dei connazionali rinchiusi, si rifiutò di
farlo.
Oggi è rappresentante sindacale della Federazione Lavoratori Stranieri della Cisal Puglia.
Giuseppe Belviso
Nel 1991 era giornalista e telecineoperatore Rai nelle zone di guerra. Seguì lo sbarcò fin
dai primi momenti.
Oggi è un giornalista professionista in pensione.
Nicola Montano
Ispettore della Polizia di frontiera del Porto di Bari, sin dall’alba aspettò sul molo l’arrivo
della nave. Seguì tutte le operazioni di arrivo e rimpatrio degli albanesi.
Alla sua esperienza di ispettore, ormai in pensione, ha dedicato il libro, “Ladri di stelle.
Storie di clandestini ed altro”.
Domenico Stea
Quando la voce dell’arrivo della nave si diffuse, corse al porto per proteggere la sede della
sua agenzia marittima specializzata nel trasporto con i Balcani.
Continua il suo lavoro e, dalla vicenda Vlora in poi, cura anche collegamenti con
l’Albania.
Fortunata Dell’Orzo
Assunta il primo agosto da Telebari, l’8 agosto venne inviata a seguire lo sbarco e questo
fu il suo primo servizio esterno, il suo battesimo di fuoco.
Oggi continua a fare la giornalista come redattore del mensile ‘Puglia d’oggi’.
Luca Turi
Fotoreporter, era sul lungomare di Bari quando vide arrivare la nave. Realizzò lo scatto
della Vlora carica di albanesi che ha fatto il giro del mondo.
Continua a fare il fotoreporter, specializzato in servizi fotogiornalistici dall’Albania.
Raffaele Nigro
Scrittore e giornalista della sede regionale di RaiTre, vide dalla finestra della redazione la
Vlora e si precipitò sul molo. Solo un anno prima era stato in Albania per presentare il
suo romanzo.
Oggi è caporedattore della sede regionale di RaiTre e continua a fare lo scrittore.
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Luigi Roca e Maria Brescia
Luigi Roca era il custode dello Stadio della Vittoria al cui interno viveva con la moglie
Maria Brescia. Nessuno li avvertì e rimasero prigionieri dello stadio insieme gli albanesi.
La loro casa fu devastata.
Dopo 18 anni di battaglie giudiziarie, Luigi Roca ha ottenuto 110mila euro di
risarcimento per aver vissuto “in un campo di concentramento improvvisato nello stadio
comunale”.
Vito Leccese
Giovane assessore alla Sanità del Comune di Bari, fu al fianco del sindaco Enrico
Dalfino, contrario alla decisione del Governo di rinchiudere gli albanesi nello Stadio della
Vittoria.
Dopo essere stato deputato dei Verdi, è tornato ad occuparsi di politica cittadina e oggi è
direttore generale del Comune di Bari.
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crediti non contrattuali
Note di regia
Nel 1991 avevo 24 anni ed ero uno studente universitario impegnato politicamente. Di
quell’anno ricordo bene gli avvenimenti. Avvenimenti epocali come la guerra in Iraq, lo
scioglimento dell’Urss e l’arrivo della Vlora.
Ricordo l’arrivo della Vlora come una sorta di cataclisma mediatico. Questa nave
stracolma di esseri umani che fuggono da una condizione che non ritengono più
sopportabile, nudi e sofferenti, si contrappose alle immagini della guerra in Iraq che fu
una sorta di orrendo “videogioco” fatto di traccianti notturni, obiettivi di missili che
scomparivano al momento dell’impatto, immagini satellitari anonime e grigie.
All’epoca studiavo il cinema e le teorie della comunicazione e riflettevamo su queste
immagini. Da una parte il trionfo della derealizzazione, della “rimozione del tragico” che
la post-modernità teorizzava e gli eserciti praticavano, dall’altra l’insorgenza del reale,
seppure imprigionato nei palinsesti televisivi. Ricordo che sarei voluto andare a Bari, ma
il mio impegno di lavoro estivo non me lo permise.
Alcuni accadimenti storici assumono senso nella coscienza di ciascuno di noi come nella
coscienza collettiva, e cambiano la nostra percezione del tempo e dello spazio, ci
conquistano e ci modificano. Sono eventi apparentemente marginali, che invece
cambiano la Storia sotto i nostri occhi, dettano il tempo di immensi cambiamenti: l’arrivo
della nave Vlora nel porto di Bari l’8 agosto del 1991 è uno di questi. Quell’approdo
impressionante è stato l’innesco di una rivoluzione socioculturale di proporzioni fino ad
allora inimmaginabili. In Italia nel ’91 c’erano poco più di 300.000 stranieri, oggi ce ne
sono quasi 4.5 milioni!
A distanza di vent’anni la ricerca di quelle immagini archiviate è stata per me
un’esperienza straordinaria: stavo scavando nei miei ricordi di cittadino-spettatore ma
con la consapevolezza che il tempo trascorso mi ha concesso.
E questa ricerca ha dato fin da subito esiti insperati: le televisioni locali e quelle nazionali
avevano centinaia di ore di girato vergine nei magazzini e negli archivi. E’ la profezia di
Zavattini: negli archivi giacciono immagini impazienti di prendere vita. Una cosa
preziosissima, la nostra memoria collettiva registrata su nastri magnetici in via di
smagnetizzazione salvati con fatica, e con ampio margine di casualità, su supporti
digitali.
Lavorare sui repertori cinematografici o televisivi di eventi così importanti è un po’ come
lavorare “dentro” la coscienza collettiva. E’ una grande responsabilità quella di utilizzare
repertori per costruire narrazioni, perché in quei repertori c’è la morte, c’è la
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disperazione, ci sono i desideri e le frustrazioni di esseri umani in carne ed ossa, c’è la
vita vera.
La rievocazione in immagini di quell’evento si è subito rivelata di un fascino e di una
potenza che immaginavo solo in parte. Le televisioni avevano lasciati liberi i loro
operatori di seguire interamente gli avvenimenti, forse perché ad agosto non succede mai
niente di così importante, forse perché “inconsciamente” a tutti era chiaro che quella
cosa andava documentata davvero, chissà. E gli operatori si erano subito trasformati in
cineasti capaci di documentare con nitidezza, stupore e continuità quell’evento
straordinario. Stesso risultato in Albania. Negli archivi privati e nell’Archivio di stato
abbiamo trovato la storia in immagini. Quando ho visto tutto questo materiale ho provato
la stessa emozione che provo quando vedo insieme al montatore il girato di un film da me
realizzato: conosco già tutto, ma è una continua scoperta.
Mi sono innamorato fin da subito di queste lunghissime riprese e fin da subito con Benni
Atria ci siamo detti: beh, è come se avessimo spedito le nostre troupe indietro nel tempo
a documentare un avvenimento già accaduto. Quindi dobbiamo montarle così, come se
fosse il film che abbiamo girato noi, dobbiamo tener fede all’intenzione che muove la
ripresa, allo stupore che le informa e dobbiamo sfruttarle per la loro forza evocativa,
dobbiamo rintracciarvi il progetto drammaturgico che “inconsapevolmente” quei bravi
operatori hanno messo in campo. Quegli operatori stavano raccontando il radicale
mutamento storico che di lì a poco l’Italia e l’Europa avrebbero subito, e che accadeva
sotto i loro occhi. Com’è accaduto per l’omicidio di Kennedy, per la “caduta del muro”,
per il G8 di Genova, per l’11 settembre 2001…
Contemporaneamente al lavoro sugli archivi audiovisivi, con Antonella Gaeta abbiamo
cominciato una ricerca di “storie”. Antonella ha ripercorso palmo a palmo la vicenda ed
ha individuato alcuni preziosissimi testimoni diretti, persone coinvolte nei fatti. Non è
stata una ricerca semplice, io avevo in mente solo il percorso: quello della nave. Per me i
testimoni in un film come quello che stavamo disegnando avrebbero dovuto essere capaci
di re-immergersi nella storia, “riviverla” davvero, emozionalmente. Perché non bastano le
immagini, anche se straordinarie, a far rivivere un avvenimento, in un film così ci vuole
la vita vissuta, ci vogliono le emozioni e le idee che hanno spinto quegli uomini e quelle
donne ad attraversare il mare con una nave in avaria, rischiando la vita.
Con Gherardo Gossi abbiamo costruito un set “astratto”, uno sfondo bianco, come una
lavagna luminosa su cui far vivere le emozioni dei testimoni, nella loro purezza, nella loro
freschezza. In modo che tra un testimone e l’altro ci fosse un’assoluta continuità
emozionale e narrativa, una limpidezza del percorso. Ecco, volevo che le testimonianze
fossero limpide.
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crediti non contrattuali
Non volevo più sentire le parole “extracomunitari”, “profughi” ,“disperati” a favore delle
parole “uomini”, “donne”, “bambini”. È grazie alle testimonianze dirette delle persone,
anche degli italiani che accolsero e/o respinsero quei 20.000 albanesi, che è possibile
fare il “contropelo” alla storiografia ufficiale, sempre troppo lineare e consequenziale per
essere non dico vera, che sarebbe già molto, ma viva. Non è la ricerca di una verità
purchessia; in un film più che la “verità”, io penso debba esserci la vita. Come penso
dovrebbe esserci anche nei libri di storia. Quando in un libro di storia non trovo la vita
ma solo l’ingegneria dei fatti, il mio interesse di lettore scema in fretta. Questo per me è
centrale: rimettere la “filosofia” con i piedi per terra, altrimenti le vite individuali sono
solo numeri e funzioni, i popoli soltanto masse indistinte e i fatti storici semplicemente
accadimenti da analizzare.
Ma non è facile raccontare un evento collettivo al cinema, il territorio privilegiato del
racconto cinematografico solitamente è l’eroe o l’antieroe. La nave dolce si intreccia nella
mia coscienza di narratore con Diaz. Non so dire fino in fondo il perché, ma sento che
hanno
qualcosa
in
contemporaneamente,
comune.
Oltre
parallelamente,
alla
casualità
entrambi
di
raccontano
essere
episodi
stati
realizzati
collettivi
che
rappresentano una porzione di avvenimenti storico-politici più grandi e complessi. Ma
entrambi nell’essere la “pars pro toto” tentano di restituire il senso del tutto attraverso
l’esperienza di una molteplicità di persone. Ma anche dal punto di vista storico-politico
vedo una continuità tra i due episodi: Cossiga che scende dall’aereo e va a rivendicare in
conferenza stampa il primo respingimento avvenuto in Italia, è per me il segno del grande
cambiamento politico avvenuto nel nostro paese dopo il crollo del muro di Berlino. Da
quel momento in poi la gestione dell’ordine pubblico tende a sostituirsi alla politica sul
piano dei diritti sociali e civili. Una involuzione democratica in piena regola che ha
trovato la sua massima espressione a Genova nel 2001.
Come Diaz, La nave dolce è un film che mi si è imposto, mi ha costretto a superare lo
schema narrativo in tre atti, prendendo a prestito strutture più ampie dalla tragedia e
dalla narrativa classica. I due film sono una sfida radicale ai miei limiti di narratore, devo
ammetterlo. Infatti sono due “mostri” che mi hanno fatto soffrire e gioire come non mi era
mai accaduto prima.
Ringrazio la Indigo Film, l’ Apulia Film Commission, Rai Cinema e Ska-ndal Production
di avermi messo nelle migliori condizioni per realizzare un film così complesso.
Daniele Vicari
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crediti non contrattuali
Note di sceneggiatura
Per quelli della mia generazione (e della mia terra: Bari), la Vlora è rimasta per sempre in
mezzo al mare. Perché a ripensarlo, quell’agglomerato umano prodigioso non si sposta di
lì, sta per attraccare e rovesciare su di noi un altro mondo; sta per fare della nostra costa
la porta di centinaia di migliaia di arrivi e di passaggi per l’Europa. E di noi, il guado tra
dolore e futuro.
Per La nave dolce, siamo partiti dalla Vlora e abbiamo intrecciato una rete. La ricerca dei
testimoni è cominciata come la più classica delle ricognizioni. Dagli articoli di giornale ai
servizi televisivi. Dalla domanda: “Conoscete qualcuno che è arrivato a Bari con la
Vlora?” fatta circolare presso sportelli per immigrati, associazioni interculturali, social
network, volontari, colleghi giornalisti, amministratori, medici di primo soccorso,
poliziotti di frontiera, autorità portuale, agenzie marittime e, naturalmente, albanesi
ormai baresi. Un annodarsi di ricordi, rimandi, numeri di telefono, che di bocca in bocca,
di faccia in faccia, ha portato alle storie. Abbiamo pensato a una trama che prevedesse
per ciascun ‘personaggio’ un piccolo avanzamento del racconto, dalla caduta della statua
di Enver Hoxha alla partenza della nave, dall’epica traversata alla detenzione arbitraria
nello Stadio della Vittoria, fino alla fuga o al rimpatrio forzato. Ciascuno, portatore di un
capitolo di questo storico esodo. Li abbiamo incontrati, intervistati e loro hanno riaperto
per noi il varco, dall’Albania all’Italia.
Tutto si è naturalmente composto, dall’eroico comandante della nave, Halim Milaqi al
piccolo Ervis, affidato dai genitori a un passante perché avesse diritto a un mondo
nuovo. E, alla fine, è arrivato Tony, il pizzaiolo di sempre. “Tony, tu che sei albanese, per
caso conosci qualcuno arrivato con la Vlora?”. “Io!”. Tony si chiama in realtà Agron ma
questa è stata una scoperta di quel giorno. Ci ha svelato che la Vlora trasportava
zucchero con il quale, a bordo, “tenevano viva l’anima”.
Così Agron Sula ci ha regalato il titolo: La nave dolce. E siamo partiti.
Antonella Gaeta
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crediti non contrattuali
Note del direttore della fotografia
Il documentario è costruito con interviste e repertorio per lo più televisivo.
Per le
interviste abbiamo scelto di lavorare su un fondo bianco che accompagnasse in modo
unitario e solare lo sguardo di speranza che hanno avuto i nostri protagonisti
nell'intraprendere il viaggio verso la realizzazione dei sogni di una vita. Sogni costruiti
attraverso le immagini delle nostre televisioni che hanno gonfiato il loro immaginario. Ed
ecco che per noi il materiale televisivo molto variegato diventa materia di elaborazione
visiva, strumento per raccontare un’epoca in cui due mondi così vicini, a pochi chilometri
di distanza l'uno dall'altro, erano così temporalmente lontani. Vite che, seppur scorrendo
parallele, portavano segni di una differenza di quasi vent’anni dalle nostre, visi scavati,
capigliature e vestiti anni Settanta. Ormai sembra incredibile in un mondo dove
l'omologazione dei costumi è la normalità. Il tempo ritorna. Anche oggi come ieri, barche
cadenti attraversano i mari con i loro sogni e la loro disperazione, ma lo spirito di
accoglienza si è perso. Il repertorio quindi lo caratterizzeremo fotograficamente per
amplificare e sottolineare queste differenze.
Gherardo Gossi
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crediti non contrattuali
Note del musicista
Il mio rapporto con questo film è iniziato guardando alcuni filmati di repertorio:
tutti quei corpi aggrappati alla nave mi avevano fatto venire in mente le immagini
bibliche dell’Apocalisse, come la pioggia di rane.
Mi pareva tutto impossibile, ma quelle migliaia di persone in fuga erano proprio lì,
davanti ai miei occhi, ed erano talmente tanti che non si vedeva nemmeno più la forma
della nave.
Con la speranza di restituirci la realtà, la musica ed il cinema possono tentare di stabilire
un rapporto con quanto appare incredibile.
A volte accade.
Teho Teardo
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crediti non contrattuali
Daniele Vicari
Nato il 26/02/67 a Castel di Tora (Rieti).
Si è laureato in Storia e Critica del cinema presso l’Università di Roma “La Sapienza”,
Cattedra di Storia e Critica del Cinema, con il prof. Guido Aristarco. Ha collaborato in
qualità di critico cinematografico con la rivista Cinema Nuovo dal 1990 al 1996, e con la
rivista Cinema 60 dal 1997 al 1999. Dopo aver realizzato alcuni documentari, tra i quali
Uomini e Lupi, premio Sacher 1998 e il documentario di lungometraggio Non mi basta mai
(co-regia Guido Chiesa), premio Cipputi al Festival di Torino nel 1999, ha esordito alla
regia del film di finzione nel 2002 con Velocità Massima, David di Donatello miglior film
d’esordio, in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Nel 2005 il suo secondo film di
finzione L’Orizzonte degli eventi, viene selezionato presso “La semaine de la critique” del
Festival di Cannes.
Sempre nel 2005 ha pubblicato, in collaborazione con Antonio Medici, “L’alfabeto dello
sguardo, capire il linguaggio audiovisivo”, presso Carocci, ricevendo il premio Umberto
Barbaro per il miglior saggio di divulgazione del linguaggio cinematografico.
Nel 2007 riceve un secondo David di Donatello con il documentario di lungometraggio Il
mio paese oltre che il premio Pasinetti dei Giornalisti cinematografici.
Nel 2008 Il passato è una terra straniera viene selezionato in concorso al Festival del film
di Roma e vince il Miami International Film Festival come miglior film e per il miglior
attore protagonista Michele Riondino.
Nel 2012 con il film Diaz, don’t clean up this blood, vince il premio del pubblico al Festival
di Berlino. Vive e lavora a Roma.
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crediti non contrattuali
Fondazione Apulia Film Commission
La Fondazione Apulia Film Commission (AFC), istituita con legge della Regione Puglia
nasce nel 2007 per attrarre le produzioni audiovisive attraverso la valorizzazione e la
promozione delle location pugliesi.
tangibili sulle economie locali.
Tutela le maestranze e produce impatti economici
Sono oltre 160 le produzioni (tra film, serie tv,
documentari e cortometraggi) sostenute da AFC in pochi anni di attività attraverso i tre
bandi di finanziamento a fondo perduto: (Apulia National Film Fund, Apulia International
Film Fund e Bando di Ospitalità) per un totale di 3 milioni di euro e i servizi alle
produzioni sempre più competitivi.
Gaeta
e
diretta
da
Silvio
AFC, presieduta dal dicembre 2011 da Antonella
Maselli
(eletto
all’unanimità
nel
2012
presidente
dell’Associazione Italiana Film Commission), fa parte di Cine-Regio, della AFCI, del
coordinamento delle film commission italiane (IFC), della EUFCN, della Conferenza per
l’audiovisivo del Mediterraneo (COPEAM) e partecipa stabilmente ai tavoli ministeriali di
concertazione delle politiche di settore.
Apulia Film Commission sostiene e finanzia progetti trasversali attraverso l’utilizzo
strategico di Fondi Europei (FESR) come PugliaExperience, Mediterranean Coproduction
Forum, Bif&st, la Festa di cinema del Reale e Circuito d’Autore, una rete di sale di
qualità sul territorio regionale.
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crediti non contrattuali
Indigo Film
La INDIGO FILM, fondata nel 1999 da Nicola Giuliano, Francesca Cima e Carlotta Calori,si
occupa di produzione di documentari, cortometraggi, film.
Nel 2001 produce il film lungometraggio, L’uomo in più, opera prima di Paolo Sorrentino,
presentato in concorso al Festival di Venezia.
Tra il 2003 e il 2006 realizza Le conseguenze dell’amore e L’amico di famiglia, secondo e terzo
film di Paolo Sorrentino, entrambi presentati in concorso al Festival di Cannes.
Nel 2004 produce Apnea, opera prima di Roberto Dordit. Il film, distribuito dall’Istituto Luce, con
il sostegno della CGIL, esce in sala nel 2007.
Nel 2005 realizza La guerra di Mario di Antonio Capuano, in concorso al Festival di Locarno.
Nel 2007 la Indigo Film è presente alla Mostra del Cinema di Venezia con tre produzioni: i
documentari Il passaggio della linea di Pietro Marcello, Bianciardi! di Massimo Coppola e il
film lungometraggio La ragazza del lago, opera prima di Andrea Molaioli, selezionato dalla
Settimana Internazionale della Critica. Il film ha conseguito numerosi riconoscimenti tra cui 10
David di Donatello, 3 Nastri d’Argento e 4 Ciak d’oro.
Nel 2008 la Indigo Film ha prodotto con Lucky Red Il Divo di Paolo Sorrentino, presentato al
61 Festival Internazionale di Cannes, il film ha ottenuto il Premio della Giuria e il Prix Vulcain.
Il film si aggiudica, tra gli altri premi, 7 David di Donatello, 5 Nastri d’Argento, 3 Ciak d’Oro.
Nel 2009 viene presentato alla Mostra del Cinema di Venezia La doppia ora, opera prima di
Giuseppe Capotondi. Il film ottiene la Coppa Volpi per la miglior interpretazione femminile, il
Premio Pasinetti per la miglior interpretazione maschile ed il Premio Arca Giovani.
Sempre nel 2009 viene prodotto La bocca del lupo film documentario di Pietro Marcello,
premiato al Torino Film Festival come Miglior Film ed al Festival di Berlino nella sezione Forum
con il Premio Caligari ed il Teddy Award. Il documentario ha successivamente ottenuto il David di
Donatello ed il Nastro d’Argento.
Nel 2010 la Indigo Film produce Hai paura del buio opera prima di Massimo Coppola, film
presentato al Festival di Venezia all’interno della Settimana della Critica.
Nel 2011 realizza il film documentario Questa storia qua, sulla vita di Vasco Rossi, evento
speciale alla 68 Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia; Ulidi piccola mia, opera prima di
Mateo Zoni, in concorso al Festival di Torino e Napoli 24 film collettivo che racconta la città di
Napoli attraverso 24 cortometraggi firmati da altrettanti registi partenopei.
Nello stesso anno produce Il Gioiellino opera seconda di Andrea Molaioli con Toni Servillo e
Remo Girone, ed insieme a Lucky Red This must be the place, quinto film di Paolo Sorrentino,
interpretato da Sean Penn e Frances McDormand. In concorso al 64 Festival di Cannes il film,
venduto in tutto il mondo, ha ottenuto numerosi riconoscimenti tra cui 6 David di Donatello, 3
Nastri d’Argento e 4 Ciak d’oro. Infine sempre nel 2011 la Indigo Film produce l’opera prima di
Ivan Cotroneo La kryptonite nella borsa in concorso al Festival di Roma.
Sono attualmente in corso le riprese de La grande bellezza sesto film di Paolo Sorrentino.
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crediti non contrattuali