D_UMANI NEL TEMPO DELLA GLOBALIZZAZIONE Mognon2E

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D_UMANI NEL TEMPO DELLA GLOBALIZZAZIONE Mognon2E
Per spigare quali siano i nessi e i punti in comune tra diritti umani e scienza credo sia opportuno fare
riferimento a fatti attuali e problemi che viviamo noi stessi e in cui ci sentiamo immersi. Anche se
magari siamo poco interessati, li sentiamo, senza volerlo, ogni giorno tramite tv, giornali, internet o
vivendoci a contatto.
Come la scienza, e la conoscenza di strumentalizzazioni tecnologiche derivanti da lunghi processi di
“scoperte” scientifiche possono quindi influire sui diritti dell’umanità?
Come guardare i diritti umani?
Tra i molti possibili punti di vista da cui guardare ai diritti umani credo che il più preciso (ed
attuale) sia quello indicato da Norberto Bobbio nel 1996:
“Il problema di fondo relativo ai diritti dell’uomo non è oggi tanto quello di giustificarli, quanto
quello di proteggerli. E’ un problema non filosofico ma politico”.
A che serve, infatti, discettare di diritti dell’uomo se ancora oggi non si riesce ad estirpare
neppure la pena di morte o la tortura? Certo: si può e si deve dibattere dei diritti dell’uomo ma
è certo molto meglio farlo a partire da chi li vede conculcati sulla propria pelle. Da chi vede
ogni giorno di più l’urgenza del loro riconoscimento, del loro rispetto, e nel contempo paga
tragicamente l’assenza di entità sovranazionali (o panumane come direbbe Antonio Papisca)
capaci di farne garantire il rispetto o di sanzionarne realmente il mancato rispetto.
Scrive l’art. 3 della Costituzione Italiana: "Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono
eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i
lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".
Dalla Dichiarazione Universale uno degli articoli(art.23)in assoluto meno citati e meno
rispettati: “Ognuno ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti
condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo ha diritto ad
una retribuzione eguale per lavoro eguale, senza alcuna discriminazione......”
Qui riporto degli esempi concreti della vita odierna:
- Non è un ricordo, ma una mostruosa realtà che muove interessi miliardari
in tutto il mondo Convenzione contro la tortura ed altri maltrattamenti e punizioni crudeli,
inumane e degradanti.
- I dati, le vittime, i metodi, l'impunità e le azioni da intraprendere Dal 18 ottobre 2000 i sostenitori di Amnesty International hanno dato vita
ad una campagna internazionale contro la tortura. Insieme ad associazioni
per i diritti umani, comunità, gruppi femminili, scuole e sindacati AI
lavorerà su tre grandi aree tematiche: prevenzione della tortura, fine dell'
impunità, lotta alla discriminazione. Questo documento sintetizza le
ricerche presentate nel rapporto di Amnesty "Non sopportiamo la tortura".
- La Tortura oggi - Una visione d'insieme -
In preparazione della campagna, AI ha condotto ricerche dal 1997 a metà 2000
in 195 tra territori e paesi. Torture e maltrattamenti inflitti da agenti di
stato sono stati riscontrati in oltre 150 paesi; in più di 70 sono assai
diffusi. In oltre 80 paesi queste torture hanno provocato morti.
Il mondo è enormemente cambiato da quando, in piena guerra fredda, AI
cominciò a denunciare la tortura. Ma questa pratica abominevole continua ad
essere praticata e non è limitata a dittature militari o a regimi
autoritari, ma è inflitta anche in stati democratici. Vittime della tortura
sono presunti criminali e prigionieri politici, dissidenti ed emarginati,
persone perseguitate per il loro credo, o per le proprie opinioni. Sono
donne e uomini, bambini ed adulti.
La ricerca di AI sembra suggerire che le vittime di tortura, da parte di
agenti di polizia, sono soprattutto delinquenti comuni, veri o presunti. Dal
1997 ad oggi hanno subito torture e maltrattamenti in oltre 130 paesi. Nello
stesso periodo sono state registrate torture e maltrattamenti contro
prigionieri politici in oltre 70 paesi e contro dimostranti non violenti in
60.
La campagna di AI si occupa della tortura operata dalla polizia nell'ambito
di indagini e nel mantenimento dell'ordine pubblico; di tortura e
maltrattamenti in carcere; di sanzioni giudiziarie equivalenti a torture; di
tortura in conflitti armati. Saranno inoltre prese in considerazione altre
forme di violenza che possono essere considerate tortura, anche se non sono
commesse da agenti statali.
- Metodi di tortura -
La ricerca rivela come le percosse siano ampiamente il metodo di tortura più
diffuso tra gli agenti di polizia in oltre 150 paesi. Le percosse vengono
inflitte con pugni, bastoni, calci, colpi di pistola, fruste improvvisate, tubi di
ferro, mazze da baseball, fili elettrici. Le vittime patiscono contusioni,
emorragie interne, frattura di ossa, perdita di denti, danni ad organi
vitali. Molti
perdono la vita.
Sono molto diffusi lo stupro e gli abusi sessuali sui prigionieri. Tra gli
altri metodi di tortura più comuni, c'è l'elettroshock (accertato in 40
paesi), sospensione del corpo (oltre 40 paesi), colpi di bastone sulla
pianta dei piedi (oltre 30 paesi), soffocamento (oltre 30 paesi), finte
esecuzioni e minacce di morte (oltre 50 paesi) e detenzioni in isolamento
prolungate (oltre 50 paesi).
Altri metodi sono l'immersione in acqua, lo spegnimento di sigarette sul
corpo, la privazione del sonno e delle funzioni sensitive.
Tra le forme di contenzione crudeli, inumane e degradanti citate nel
rapporto di AI, ci sono le cinture elettriche.
- Le vittime -
Chiunque può essere vittima di torture, a prescindere dall'età, dal genere,
dall'appartenenza etnica e delle convinzioni politiche.
Il più delle volte, ad ogni modo, le vittime di torture da parte delle forze
dell'ordine sono criminali comuni.
Questo avverrebbe perché i sospetti criminali sono meno capaci di protestare
e spesso prevale l'opinione che in fondo "se la sono cercata".
Spesso queste vittime provengono dai settori sociali più disagiati.
La tortura si nutre di discriminazione
E' più semplice per il torturatore infliggere dolore a qualcuno che è
considerato meno che umano, qualcuno disprezzato per la sua provenienza
sociale o per la sua appartenenza politica o religiosa.
C'è un chiaro legame tra razzismo e tortura.
Per esempio, la maggioranza delle vittime della brutalità della polizia in
Europa e negli USA sono neri, o appartenenti a minoranze etniche. In tutta
Europa, i rom sono comunemente visti come criminali e per questo subiscono
pestaggi da parte delle forze dell'ordine.
-Indios delle Americhe sono stati torturati nell'ambito di dispute
territoriali-
-In Australia è impressionante quanti aborigeni muoiono in
carcere in seguito a maltrattamenti, o per la mancanza di cure adeguate-
-Immigrati, lavoratori all'estero e richiedenti asilo che hanno abbandonato
le loro case in cerca di sicurezza, spesso incappano nei maltrattamenti
xenofobi e razzisti delle forze di sicurezza-In Austria, Germania, Svizzera
e Regno Unito diversi cittadini stranieri sono morti nel corso di
deportazioni per l'uso eccessivo della forza da parte della polizia e per
metodi di contenzione pericolosi-
-In Arabia Saudita i lavoratori stranieri
hanno maggiori rischi di subire amputazioni giudiziarie e fustigazioni-In Giappone i lavoratori stranieri colti con il permesso di soggiorno
scaduto vengono picchiati e umiliati-
-Nei conflitti armati, la tortura è usata come strumento di pulizia etnica.
Le forze governative russe hanno torturato e maltrattato Ceceni a Mosca e in
altre parti del paese per tutto il periodo del conflitto nel Caucaso-La tortura e i maltrattamenti basati sull'identità sessuale sono un problema
mondiale particolarmente sotto stimato. Mentre alcuni governi negano che
gay, lesbiche, bisessuali e transgender vengano torturati, altri
giustificano questa pratica in nome della morale e della religione-
- Bambini torturati -
La tenera età non è una protezione contro la tortura. Negli ultimi tre anni
bambini sono stati torturati o maltrattati dalla polizia in oltre 50 paesi.
-Bambini in custodia di polizia sono particolarmente vulnerabili a stupri e
abusi sessuali, sia da parte delle guardie che degli altri detenuti-
-I bambini di strada sopravvivono elemosinando, compiendo piccoli crimini e
prostituendosi. In alcuni paesi i proprietari di negozi pagano sicari che
"ripuliscono" le strade attaccando e uccidendo i bambini-Nei conflitti armati i bambini del gruppo nemico sono spesso attaccati
perché rappresentano il futuro di quel gruppo-I bambini sono a volte torturati, per ferire o punire i loro parenti-
-In Uganda migliaia di bambini sono reclutati nel gruppo d'opposizione armata
Esercito della Resistenza di Dio (LRA) e costretti a prendere parte ad
omicidi di iniziazione. Mentre tutti i ragazzi sono costretti a combattere
ed uccidere, le ragazze sono messe a disposizione del comando del LRA come
schiave sessuali-
- Donne torturate -
Dal 1997 Amnesty International ha ricevuto rapporti di donne stuprate da
agenti di polizia in 50 stati di tutto il mondo. Dato che è difficile
ottenere informazioni su stupri e abusi sessuali, la cifra reale è
probabilmente molto più alta.
-Come si è visto nei recenti conflitti in ex Jugoslavia, Africa centrale e
Sierra Leone, lo stupro di massa di donne nemiche è un'arma molto usata-
Le donne costituiscono la maggioranza dei rifugiati e degli sfollati di
tutto il mondo e sono estremamente vulnerabili agli stupri nei campi e lungo
i confini.
- Le donne di Timor Est riparate nei campi di Timor Ovest
(Indonesia) nel 1999, pare siano stati costretti a prostituirsi e tenute in
schiavitù sessuali dalla milizia, o dagli ufficiali dell'esercito
indonesiano-
Con minore accesso a difese legali e sottoposte a leggi discriminatorie, le
donne hanno maggiori difficoltà nell'ottenere giustizia dopo aver subito
torture.
- La tortura è illegale? -
Il divieto di tortura è assoluto. "Nessuno dovrà essere sottoposto a tortura
o trattamenti o punizioni crudeli, inumani e degradanti", recita l'articolo
5 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Simili assunti sono
presenti in molti altri testi sui diritti umani.
Una forma di tortura permessa dalle legge di alcuni paesi sono le punizioni
corporali giudiziarie.Pene corporali sono contemplate dalle leggi di almeno 31 paesi.
03-03-2001 - Fonte: Amnesty.it
La pena di morte nel mondo
26 MINORENNI CONDANNATI e
GIUSTIZIATI (gennaio 1990 - luglio 2001), di cui 15 negli
USA
La legge internazionale vieta sia il carcere a vita sia la condanna a morte e
l’esecuzione di persone minori di 18 anni all’epoca del reato. Questo divieto non intende
minimizzare il crimine commesso, ma esprime il riconoscimento che i minori, in quanto
individui in crescita e con una personalità in evoluzione, più facilmente di un adulto hanno la
capacità di riabilitarsi, di reinserirsi nella società e di riacquistare o acquisire per la prima
volta quei principi etici che regolano un’armonica vita sociale. Lo scopo principale del diritto
minorile è quindi quello della riabilitazione e dell’integrazione del minore nella società. La
condanna a morte nega questa possibilità e relega la giustizia ad un ruolo esclusivamente
punitivo.
Nonostante il divieto della pena di morte, molti paesi del mondo continuano a condannare a
morte e, anche se per fortuna in pochi casi, a permettere le esecuzioni di minori.
Nell’ultimo decennio vi sono state esecuzioni di minorenni in Nigeria, Pakistan, Iran, Iraq,
Arabia Saudita, Yemen, Repubblica Democratica del Congo. Negli USA vi sono state esecuzioni
di detenuti che erano stati condannati a morte per reati compiuti quando erano minorenni .
- Legislazione internazionale -
L’uso della pena di morte contro persone minori di 18 anni è proibito da numerosi trattati
internazionali:
il Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (art. 6(5)): “Una sentenza capitale non
può essere pronunciata per delitti commessi dai minori di 18 anni ...”
la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (art. 37(a)): “... Né la pena capitale né
l’imprigionamento a vita senza possibilità di rilascio devono essere decretate per reati
commessi da persone di età inferiore a 18 anni.”
la Convenzione Americana sui Diritti Umani (art. 4(5)): “Una sentenza capitale non può
essere pronunciata per delitti commessi da persone che avevano meno di 18 anni al
momento del crimine...”
Stati degli USA in cui è consentita l’esecuzione di minorenni all’epoca del reato:
Alabama, Arizona, Arkansas, Delaware, Florida, Georgia, Idaho, Indiana, Kentucky,
Louisiana, Mississippi, Missouri, Montana, Nevada, Nord Carolina,
Oklahoma,Pennsylvania, Sud Carolina, Sud Dakota, Texas, Utah, Virginia, Washington,
Wyoming.
Nel giugno del 1989, una sentenza della Corte Suprema stabilì che era accettabile l’esecuzione
di criminali di 16/17 anni e affermò che gli standard internazionali erano irrilevanti e che ciò
che contava veramente era la “... concezione americana della decenza”.
Le ricerche condotte da Amnesty International mettono in luce come molti giovani accusati di
crimini per cui era prevista la pena di morte erano stati privati dei più elementari diritti
processuali.
In alcuni casi la giovane età non era stata considerata un’attenuante.
La maggior parte di questi giovani portava sulle spalle una storia di abusi e di violenze
risalenti all’infanzia, contro cui lo Stato non era mai intervenuto a proteggerli.
Altri erano affetti da disturbi psichici, altri erano dotati di un quoziente di intelligenza
inferiore alla media o erano ritardati mentali;
Qualcuno aveva commesso il suo crimine sotto l’effetto dell’alcool o della droga.
Nella maggior parte dei casi neppure queste circostanze attenuanti sono state prese in
considerazione.
Tutte le esecuzioni trasmettono il messaggio contraddittorio che si può uccidere per
insegnare che è sbagliato uccidere. L’esecuzione di un minore aggiunge però un altro pericolo:
è il segnale che è possibile per uno Stato non rispettare le leggi internazionali. Se uno Stato
può decidere quale trattato sui diritti umani vuol rispettare e quale no, si mina tutto il sistema
internazionale di protezione dei diritti umani e il rispetto degli stessi diritti perde il suo valore
e la sua universalità.
Manifesto di Amnesty International
Traffico d'organi a Kabul
i bambini, le vittime preferite
di RENATO CAPRILE
KABUL - Un cuore fruttava dai 25 ai 30 milioni, la metà un rene o una cornea.
Centinaia di bambini afgani, di età compresa fra i 4 e i 10 anni, sono stati usati come "pezzi di
ricambio" e poi gettati morti per strada o nei fossati. Un maxitraffico di organi umani via
Pakistan che ha prosperato per anni all'ombra dei Taliban così fiscali in fatto di barbe, donne e
preghiere, ma che non hanno mai mosso un dito per reprimere questo orrore e che hanno
addirittura mandato libero un reo confesso che solo lui di ragazzini ne aveva uccisi 60.
Non ci sono cifre ufficiali in materia, non c'è alcuna autorità a cui chiedere conto di questa
barbarie, ma c'è la memoria della gente di Kabul, della gente di strada che ha contato i
cadaveri, ha visto in faccia gli aguzzini arabi e pachistani per lo più, tutti ricchi e protetti dal
regime e ha potuto solo sperare che la stessa sorte non toccasse ai propri figli. Nel più grande
ospedale cittadino, Sha Faknà, c'era un reparto offlimits per i locali con personale medico
straniero. Così attrezzato e pulito rispetto alla sporcizia e alla precarietà di tutto il resto da
sembrare quasi una clinica svizzera. Gli espianti se non addirittura i trapianti, è opinione
diffusa, si effettuavano proprio lì.
La materia prima era reperibile per le vie di Kabul, pullulanti di bambini nonostante i divieti
degli studenti col mitra. Nel libro delle nefandezze commesse dai seguaci del mullah Omar,
quello del traffico di organi umani occupa purtroppo un capitolo di molte pagine. Tante quante
sono le storie di chi ha perso un figlio o una figlia. Quella che segue è solo una di queste, non
l'ultima purtroppo.
-UNA STORIA A CUI NESSUNO VORREBBE CREDERERhuma aveva 4 anni. Ne avrebbe compiuti 5 in ottobre. Era una bella, vivace bambina, l'unica
figlia femmina di Ali Akmad, 40 anni, commesso in una botteguccia di ferramenta al bazar.
Martedì 21 agosto 2001, ecco la data che quest'uomo, piccolo, macilento che da allora ha
perso il sonno e l'appetito, non dimenticherà mai più. E' la data della scomparsa della sua
Rhuma. Poco dopo l'ora di pranzo, Rhuma, dopo aver mangiato un po' di riso, esce in strada
Akmad e i suoi vivono nel popoloso quartiere Shasdarak per giocare con gli altri bambini. Lo fa
sempre. La madre non si preoccupa più di tanto. Qualche minuto dopo Najib, 18 anni, il fratello
più grande, sente una brusca frenata, un pianto disperato e si precipita subito in strada,
Rhuma non c'è più e i suoi compagni di gioco muti indicano il gippone che se la sta portando
via. Urla a sua volta, Najib: "Papà, l'hanno rapita, rapita". La strada si affolla di gente, di madri
preoccupate. Riscatto, vendetta? Due ipotesi che Ali nemmeno prende in considerazione. Non
ha soldi, guadagna solo poche decine di dollari al mese, e non ha mai torto un capello a
nessuno. E allora perché?, si chiede senza trovare risposta. Anzi una risposta ce l'ha ma non
vuole prenderla in considerazione. Vive ore da incubo facendo mille congetture, passando al
setaccio tutta la sua povera vita. Ma niente, non sa spiegarsi perché sia toccato proprio a lui.
Due giorni dopo, giovedì, ore 23. Il rombo di un'auto in corsa e qualcosa che va a sbattere
quasi contro il loro uscio fa sobbalzare Ali e sua moglie che si precipitano fuori. Per terra c'è un
sacco di terra grezza. Dentro c'è quel che resta di Rhuma. Gli assassini l'hanno come
sventrata, le hanno portato via il cuore, i reni, un occhio e l'altro le penzola fuori dall'orbita.
Ali e la sua donna stringono per ore quel corpicino piangendo tutte le lacrime che hanno,
mentre una tendina viene subito riaccostata nella bella casa di fronte. Quella dove vive l'arabo.
Si chiama Yasser, ha poco più di trent'anni, è ricco sfondato. Ha tre-quattro mogli, servitori e
guardie del corpo. Davanti alla sua palazzina stazionano sempre fuoristrada nuovissimi, ha la
parabola sul tetto e gira sempre con un satellitare così piccolo che sembra un cellulare. E'
arrogante e violento, ha già ucciso un amico di Ali per prendersi la sua giovane donna. Traffica
ogni genere di cose alla luce del sole e odia i tagiki.
Tutte le volte che incrocia Akmad, che è di quell'etnia, gli urla in faccia il suo disprezzo. Per il
solo fatto che sia tagiko crede che sia parente di Massud, il leader dell'Alleanza del Nord, il
nemico giurato dei Taliban. "Vi metteremo tutti al muro, compreso il tuo comandante", lo
minaccia. Ali ora non ha quasi più dubbi: Yasser deve sicuramente entrarci con la morte della
sua bambina. Se avesse un'arma, Ali non esiterebbe a farlo fuori all'istante, ma non ha che le
mani. Bussa alla porta del suo vicino, ma uno dei suoi guardaspalle poco ci manca che lo
prenda a fucilate: "E' tardi, tagiko, riprova domani".
L'indomani arriva dal prefetto Njasir. "Hanno ucciso la mia figlia più piccola strappandole
cuore, reni, occhi dice so chi è stato, chiedo, anzi pretendo giustizia". Njasir lo ascolta
distrattamente e poi lo licenzia con una minaccia: "Attento, vacci piano con le accuse, capisco
il tuo stato d'animo ma stai gettando fango addosso a un galantuomo. Tornatene a casa,
vedremo". Se ne torna a casa Ali e fa l'unica cosa che può fare: spedire lontano gli altri due
figli piccoli. E fa bene perché nel suo stesso quartiere, appena una settimana più tardi, un'altra
bambina subisce la stessa terribile sorte di Rhuma.
(25 novembre 2001)
Fonte Repubblica.it