Parronchi, addio come versi malinconici

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Parronchi, addio come versi malinconici
LA NAZIONE
CRONACA FIRENZE
MARTEDÌ 9 GENNAIO 2007
VII
.
LUI E LA NAZIONE 쩨
Con i suoi preziosi articoli
ha raccontato ai nostri
lettori e a tutta Firenze
le intuizioni e scoperte
Una lunga collaborazione
CRITICO MILITANTE 쩨
Ha seguito le sue idee
con coraggio senza mai
accettare mediazioni
L’affetto dei pittori
e quello degli allievi
Parronchi, addio come versi malinconici
Indiana Jones dell’arte, aveva scoperto opere di Donatello e Michelangelo
di NICOLA COCCIA
ronchi, classe 1915, hanno voluto
l’ultimo grande testimone
VOLTI DEGLI AMICI era- salutare
della
stagione
dell’Ermetismo.
no, come la sua poesia, malinco- Aveva respirato
quell’aria insieme
nici e tristi.
Carlo Bo, Bigongiari, Betocchi,
Piano piano sono accorsi a riempi- aAlfonso
Gatto, Vasco Pratolini e
re la basilica della Santissima An- Mario Luzi,
ma non si considerava
nunziata dove il suo parroco, quel- un poeta ermetico.
Fin dai «Giorni
lo di san Marco Vecchio, don Leosensibili»
del 1941
nardo Salutati, ha ceaveva
comninciato
lebrato la messa in- SUONO SOLENNE a cercare nuove strasieme ai frati dell’orde in un continuo
Le chiarine
dine dei Servi di Matentativo di rinnoria. Il rettore Augudi Palazzo Vecchio
vamento. Nel 2001
sto Marinelli e il prohanno salutato
aveva ricevuto a Gerettore Sergio Givoil prestigioso
ne, il vicesindaco la salma del letterato nova
premio
Campana,
Giuseppe Matulli, il
un poeta, come lui
professor Francesco Gurrieri e diceva «fuori da ogni scuola», ma
l’editore Piero Pananti, il figlio di
Mario Luzi, Gianni, e Bruno Santi che faceva «sentire il rischio della
della Soprintendenza, Giovanni poesia ed il fascino della sua proPallanti e i pittori Vignozzi e Falla- fondità». Parronchi non è stato soni, ma anche Guido Borgianni, ar- lo uno dei grandissimi poeti del
tista stimato e apprezzato da Par- Novecento, ma anche traduttore,
I
docente di storia dell’arte, un Indiana Jones dell’arte che ha scoperto un Donatello e quattordici opere giovanili di Michelangelo. Gli
amici e i discepoli — Marino Biondi, Enrico Ghidetti, Luciano Bellosi, Giancarlo Gentilini e Francesco
Caglioti — ne hanno ricordato la
raffinata cultura, l’anticonformismo, le scelte etiche.
VEDEVA DOVE ALTRI occhi
non riuscivano a vedere. Ieri davanti alla sua bara un’altra testimonianza. Nel 1965 Parronchi aveva
individuato nel Veneto un Giovanni Bellini. Ebbene ora è in restauro
e sarà presentato al Quirinale
nell’autunno del 2008.
Parronchi ha percorso la sua strada, senza mediazioni, con coraggio
e onestà, anche se ciò non sempre
gli ha procurato consenso. Ha sostenuto che Mario Marcucci è uno
dei grandi pittori del Novecento in- monio» mi chiese? Sì, che era valisieme a De Chirico, Carrà, Moran- do. C’erano i miei genitori Ines Bodi, Scipione e Rosai. I suoi amici nini e il babbo, Guido. Testimone
pittori erano anche Rosai, Loffre- di nozze mio cognato, Renzo Paodo, per il quale ha scritto una poe- li. Invece per Sandro, c’era Mario
sia, ma anche Alberto Magri, Ma- Luzi. Lo avvertì la sera avanti, sul
rio Maestrelli, Venturino, Borgian- tardi, proprio per non farlo sapere
ni e Enzo Faraoni.
in giro. A matrimonio celebrato inLa moglie, Nara Soviammo un biglietmigli, gli è stata semto nel quale si dicepre accanto. «Que- LA MOGLIE NARA va che Nara Somigli
sto — ci ha raccontaeAlessandro ParronLuzi testimone
to — era il nostro
chi si erano sposati.
di nozze
53˚ anno di matriCon tutta questa
In luna di miele
monio. Ci sposamfretta qualcuno potemo il 18 settembre
a casa di Pratolini va pensare male e co1954 a San Felice a
sì pregai che la mia
Ema dove era parroprima figlia non naco uno zio della sua mamma, mon- scesse di sette mesi. Rosa nacque il
signor Paoletti. Non volle aspetta- 6 luglio 1955. Andammo a Siena,
re le pubblicazioni e ci sposammo in viaggio di nozze, a sentire il festival della Chigiana. E poi gìù nel
con l’articolo 13, come si usava in Lazio, paesino dopo paesino. Fino
tempo di guerra. Mio padre era pre- a Roma, fino alla casa di Vasco Praoccupato. «Ma sarà valido il matri- tolini».
IL RICORDO UN CONTRIBUTO DI RILIEVO ALLA CULTURA DEL NOVECENTO
di MARCO MARCHI*
Strane creature i poeti veri come lui
Fuori dal tempo ma in tutti i tempi
NCHE PARRONCHI se
ne è andato. Avevamo festeggiato nel 2004, come per il
coetaneo e amico Mario Luzi, i
suoi operosi e incredibili novant’anni, il suo vasto e protratto
contributo alla cultura del Nove- l’unica ragione per vivere». Un imcento. Un contributo di assoluto ri- pegno inclusivo e fagocitante, indelievo, situabile fra poesia e storia rogabile, per cui Parronchi aveva e
dell’arte, idealmente suggellato da avrebbe affidato a sguardi e parole,
un’icona che è uno dei grandi doni senza stancarsi, la sua presenza nel
che il caro Sandro ci ha fatto: lo mondo.
strepitoso, umano e poeticissimo Strane creature, i poeti, quelli veri,
Crocifisso di Donatello a Bosco ai come Parronchi è stato: disagiati e
incantati, separati e con gli altri,
Frati.
fuori del tempo e in
Avevamo letto allotutti i tempi, qui e dora di Parronchi Un
LA
FESTA
vunque, vertiginosatacito mistero, il carmente attaccati al preI novant’anni
teggio intrattenuto
sente anche allorché
per più di quacompiuti nel 2004
il loro sguardo è rivolrant’anni con Sere«Un tacito mistero» to – zona di riparo soni, traendone un testo scenico e definen- il carteggio con Sereni litario o paesaggio comune sognato –
do l’autore – in
all’infinito.
quell’occasione e in un incontro
all’Università – un «poeta impavido», sulla base di una testimonian- MA CI SONO momenti in cui il
za lì recuperabile che dice: «Non poeta sente più che mai di dover esmi stancherò tanto presto di guar- sere tutti, fatta salva la possibilità
di avere già parlato benissimo a nodare, almeno fino a quando le ‘que- me di un’«intera sortita d’uomini e
stioni di lavoro’ mi parranno, come non d’un singolo» – sono parole di
lo sono ormai da tempo per me, un altro poeta, Caproni –, di avere
già rispecchiato storicamente la disavventura di una «generazione
A
L’OMAGGIO
Alessandro
Parronchi,
festeggiato per i
suoi 90 anni nel
2004 e
celebrato per il
suo contributo
alla poesia e alla
storia dell’arte
d’uomini incenerita da due ‘grandi
guerre’ e dall’interludio di una dittatura».
Così la Stanza dei poeti immaginata per festeggiare i novant’anni di
Parronchi era stata sì lo studio milanese di Vittorio Sereni visitato
un giorno d’ottobre del 1948, ma
soprattutto la stanza di lavoro di
una vita di Parronchi stesso.
L’importante era stato suggerire –
come accade nel genere epistolare e
più in profondo nell’esercizio poetico – che l’assenza produce presenza: una sorta di «mysterium mortis», per citare un titolo di Boros,
una sparizione di chi confida nella
capacità di esprimere se stesso e il
mondo morendo a se stesso e al
mondo.
Dire queste cose di fronte a Parronchi, che della morte ha fatto uno
dei temi ricorrenti e fondanti della
sua poesia, non era stato difficile.
Morto al mondo Dante, morto al
mondo Leopardi, ma tutt’altro che
scomparsi i frutti della loro applicazione.
Sta di fatto, come ha scritto Ramat,
che «sezioni liriche dell’immediato
dopoguerra, e in special modo ‘Occhi sul presente’, smuovono la posizione di Parronchi da una eventualità intimistica».
Ad attendere il poeta ermetico dei
Giorni sensibili, l’ormai programmatico «coraggio di vivere» che intitolerà i versi degli anni Cinquanta e investirà potentemente tutto il
successivo itinerario, da Pietà
dell’atmosfera a Replay: «il ritrovamento – secondo Enrico Ghidetti,
prefatore leopardianamente affiatato delle poesie di Parronchi per Polistampa – di un linguaggio naturale, lungo la via dell’umano». Di là,
le «quiete stanze» dei poeti risuonano.
* Docente di Letteratura italiana
moderna e contemporanea