Versione pdf - Circolo Culturale La Torre

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PORCELLUM ALL'AMERICANA
Giuseppe Cassini* per FQ -*Diplomatico italiano dal 1967 al 2008
IL SISTEMA ELETTORALE USA E' UNA MEZZA TRUFFA
- IL PRESIDENTE E' DECISO DAGLI "SWINGING
STATES": NON A CASO STANOTTE SI PARLAVA SOLO
DI OHIO E FLORIDA - PUO' ACCADERE CHE CHI VINCE
NEL VOTO POPOLARE NON RIESCA A CONQUISTARE
LA CASA BIANCA (SUCCESSE AD AL GORE NEL 2000) DAL '700 SONO STATE CENTINAIA LE PROPOSTE DI
RIFORMA, MA NON E' MAI CAMBIATO NULLA - IL VOTO
E' ROBA DA RICCHI...
Ogni quattro anni il mondo intero assiste al match elettorale tra un presidente in carica e il suo sfidante, con la
stessa suspense che si prova assistendo attorno al ring a un combattimento fra due pugili. Eppure, solo un'infima
minoranza degli "spettatori" conosce le regole stravaganti che disciplinano l'elezione presidenziale: stravaganti in
quanto sono le medesime, immutate dal Settecento.
La prima bizzarria, almeno con gli occhi di oggi, sta nel sistema a doppio turno: non si vota direttamente per i
candidati alla Casa Bianca; si vota in ogni Stato per dei
grandi elettori, associati all'uno o all'altro candidato e che
compongono il cosiddetto Collegio elettorale. E per
rispettare lo spirito federalista della neonata nazione - per
evitare cioè che i grandi Stati oscurassero i piccoli - si
decise all'epoca che mini-Stati come il Delaware e il Rhode
Island o grandi come la Pennsylvania avessero diritto a due
senatori ciascuno.
Egualmente si decise che i grandi elettori fossero almeno
due per ogni Stato, più un numero pari ai deputati inviati da ogni Stato
al Congresso (questi sì corrispondenti alla popolazione di quello Stato).
Già queste regole di "almeno due per ogni Stato" oggi risultano
anomale, perché gli Stati meno popolosi sono più rappresentati che il
Texas o la California: nei mini-Stati bastano 200 mila abitanti circa per
votare un grande elettore, mentre in California ne occorrono 685 mila. Il
numero dei grandi elettori è prefissato in 538; entrerà alla Casa Bianca
chi se ne aggiudica almeno 270.
Qui sta la seconda bizzarria: chi vince in uno Stato, fosse anche per un
solo voto di
scarto, si prende
l'intero mazzo di
grandi elettori di quello Stato. Come in un sistema
maggioritario "secco", chi ottiene il 50,1% dei voti si
aggiudica tutti i delegati dello Stato. Ma così si sa in anticipo a chi dei due candidati andranno i voti della
California (al candidato democratico), del Texas (al candidato repubblicano) e di molti altri. Di conseguenza la
vera sfida si limita ai swinging States, un gruppetto di otto o nove Stati che storicamente oscillano fra uno
schieramento e l'altro.
Peggio, con questo sistema può accadere che il voto dei grandi elettori non corrisponda al voto "popolare", l'unico
a esprimere con precisione la reale volontà degli elettori; si è già verificato nel 1876, nel 1888 e da ultimo nel
2000, quando nei collegi elettorali il "perdente" Al Gore ottenne mezzo milione di voti in più del "vincente" Bush jr.
Meglio non pensare, poi, a cosa accadrebbe con un risultato di parità, 269 a 269: una serie allucinante di
riconteggi nelle circoscrizioni, di ricorsi e controricorsi legali bloccherebbe per mesi il governo della Superpotenza.
Si potrebbe arrivare, al limite, ad assegnare la Casa Bianca a un repubblicano e la vicepresidenza a un
democratico (o viceversa), dato che in caso di perfetta parità
spetta alla Camera eleggere il presidente e al Senato il vice.
Infine c'è una terza, grave anomalia. In Europa generalmente il
cittadino riceve il certificato elettorale a casa e non gli resta che
recarsi al seggio.
Negli Stati Uniti, invece, per aver diritto al voto occorre iscriversi
nelle liste elettorali, e all'atto dell'iscrizione occorre specificare il
partito di appartenenza: o repubblicano o democratico o
indipendente, alla faccia della segretezza del voto. Le liste vengono poi controllate dalle commissioni statali, che
cancellano i nominativi di chi è interdetto dai pubblici uffici o presenta altre irregolarità: una "ripulitura" condotta
spesso in maniera disinvolta a svantaggio dei cittadini più indifesi, soprattutto ispanici e neri.
Alle presidenziali del 2000 si è verificato in Florida un vero broglio elettorale, che finì per assegnare a Bush la
Casa Bianca, compiacenti la Corte Suprema statale e poi di quella federale, composte in maggioranza da giudici
conservatori. Un viluppo d'interessi e di pastette fra le tre massime istituzioni della Florida. Il governatore della
Florida era Jeb Bush, fratello del candidato repubblicano, e il Segretario di Stato locale era Katherine Harris.
Costei era per legge incaricata delle procedure di voto, e quindi avrebbe dovuto dimostrare imparzialità.
Invece presiedeva pure il comitato elettorale repubblicano, era una ricchissima evangelica e con un sorriso alla
Crudelia Demon proclamava ai quattro venti (testuale): "È dio a scegliere i nostri governanti". Dal Settecento sono
state centinaia le proposte di emendare questo bizzarro sistema elettorale.
Non se ne è fatto nulla, benché i due terzi degli elettori intervistati dalla Gallup nel 2011 si siano detti favorevoli a
farla finita col sistema vigente. Tutto ciò non fa che rinfocolare lo scetticismo di chi rifiuta di registrarsi e preferisce
l'ironia: "Se servisse a cambiare alcunché, il voto verrebbe dichiarato illegale". Va a votare l'80% di chi guadagna
più di 150 mila dollari l'anno, mentre il 60% dei meno abbienti non esercita il diritto di voto.