del 28 Giugno

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del 28 Giugno
Del 26 Ottobre 2015
Estratto da pag.36
Del 26 Ottobre 2015
Estratto da pag. 36
Supermercati I consumatori tornano a riempire il carrello
Dopo anni, si inverte la tendenza: la spesa a valore cresce più di quella a volume
Di Roberta Scagliarini I l carrello della spesa torna a riempirsi e la grande distribuzione nazionale tira un
sospiro di sollievo. A ottobre il fatturato ha registrato il quindicesimo rialzo consecutivo e, nei giorni, scorsi la
Banca d’Italia ha confermato il consolidamento della ripresa dei consumi privati. Ma il dato più rassicurante
per le catene retail è l’aumento di valore del carrello medio dopo anni di cali: se tra il 2007 e il 2015 i consumi
hanno subito una perdita di valore di 80 miliardi ora, invece, stanno recuperando. L’inversione di tendenza,
con la spesa che cresce a valore più che a volume, indica che il peggio è passato. I consumatori ricercano
prodotti con caratteristiche qualitative e di prezzo che premiano le aspirazioni e la gratificazione. Per le
aziende della distribuzione moderna è il momento di riorganizzarsi per intercettare i nuovi stili di consumo.
Categorie Le variabili sono tante. La ripresa non è uguale in tutte le regioni: è partita prima nelle aree più
ricche del Paese, a Nordovest, nel Centro e nel Nordest ma gradualmente si sta allargando anche al Sud e nelle
isole. I consumatori mostrano di preferire alcuni format rispetto ad altri: i supermercati con superfici di vendita
tra 1.500 e i 4.500 metri quadri crescono più del 4%, mentre gli iper e i negozi a libero servizio continuano a
scendere. Piacciono e crescono oltre il 4% anche i discount, catene con prodotti low price con marche di
fantasia esplose in tempi di crisi che stanno resistendo anche con la ripresa. Un altro fenomeno che si sta
imponendo quello dei cosiddetti «specialisti drug», le catene specializzate dedicate ai prodotti biologici
piuttosto che ai prodotti per la cura della persona o della casa o degli animali.
La grande distribuzione nazionale è un settore maturo e gli addetti ai lavori prevedono un consolidamento
intorno ai poli più efficienti. Tra il 2007 e il 2014 le superfici commerciali sono cresciute molto più dei
consumi, del 20,3% in più rispetto secondo Nielsen. La rete italiana, nota la società di ricerche, è arrivata
ormai a livelli europei con 226 metri quadri ogni mille abitanti contro i 343 della Germania e i 193 della
Francia e i 191 della media europea. Il ridimensionamento e il riposizionamento dei punti vendita è iniziato lo
scorso anno. Le aziende hanno cominciato a chiudere i punti vendita senza aprirne di nuovi e a investire sul
rinnovamento dei loro format e sull’innalzamento della qualità degli assortimenti. Nel 2014 secondo uno
studio Ancc-Coop sono calati sia i punti vendita sia le aree degli iper (-0,8%), dei super (-1,3%), del libero
servizio (-4,1%), mentre sono aumentati gli spazi e il numero dei discount (+2,8%) e dei superstore (+1,7%).
Anche l’analisi della produttività e delle quote di mercato conferma il vantaggio dei superstore e dei discount
rispetto alle altre categorie di negozi. I primi sono arrivati a coprire il 16% delle superfici di vendita, i secondi
sono al 15%. La frammentazione rende il mercato italiano più aperto e competitivo: la quota dei primi tre
operatori è limitata al 34% contro il 61% del Regno Unito e della Germania e il 53% e 54%, rispettivamente,
di Francia e Spagna. L’altra faccia della medaglia è l’inefficienza e la scarsa redditività dell’industria al
dettaglio nazionale: lo scorso anno il Roe medio delle insegne della grande distribuzione si è fermato allo 0,2%
mentre quello delle industrie produttrici è stato del 7%. Nuovi canali La scorsa settimana nella convention
annuale tra i rappresentanti dell’industria e quelli della distribuzione moderna si è parlato di molti temi caldi.
La pressione promozionale sta finalmente calando, ma l’obiettivo di tutti è farla scendere a livelli fisiologici
intorno al 20%. Questo potrebbe aiutare il prodotto a marchio del distributore che stenta a sfondare: mentre
negli altri Paesi europei i prodotti con i brand della catena o di fantasia superano il 50%, in Italia sono fermi
intorno al 20%. Tra le novità che il settore sta affrontando c’è anche l’e-commerce: dopo l’ingresso questa
estate del colosso Amazon nel mercato del food, le catene nazionali si stanno organizzando per lanciare le
proprie piattaforme. Per ora si tratta di un mercato minuscolo, l’1% dell’ecommerce nazionale che a sua volta
è solo il 4% di tutte le vendite retail, ancora lontano dai principali mercati occidentali. Gli italiani che
acquistano online prodotti alimentari sono quattro milioni e generano un giro d’affari di 460 milioni. Secondo
il Politecnico di Milano il web-commerce è un comparto in progressivo aumento e che a fine 2015 vedrà un
totale di 250 milioni di acquisti per oltre 16 miliardi di valore effettuati da oltre 21 milioni di persone. I settori
che più contribuiscono alla crescita sono turismo (+14%), informatica ed elettronica di consumo (+21%),
abbigliamento (+19%) ed editoria (+31%), ma è importante anche l’apporto di comparti emergenti come food
& grocery.