I dialetti italiani-lezione del 10 ottobre 2014 [modalità compatibilità]
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I dialetti italiani-lezione del 10 ottobre 2014 [modalità compatibilità]
LE AREE DELL’ITALIA DIALETTALE I dialetti italiani o italoromanzi (secondo G. Battista Pellegrini) “sono quelli parlati nei territori in cui la lingua guida [o lingua tetto] è l’italiano”. Dunque, per esempio, non il corso (in Corsica la lingua guida è il francese), né il ladino (che ha come lingua guida in parte l’italiano, in parte il tedesco). L’Italia può essere divisa in 5 aree dialettali: 1. dialetti settentrionali (gallo-italici e veneti) 2. [friulano] 3. toscano 4. dialetti centromeridionali (mediani, meridionali, meridionali estremi) 5. [sardo] La classificazione va in parte rivista perché friulano e sardo sono considerate minoranze linguistiche dalla legge 482 del 15 dicembre 1999. Quali fenomeni linguistici distinguono i dialetti settentrionali dagli altri? 1. Le consonanti sorde diventano sonore (sonorizzazione) in posizione intervocalica: non si ha ortica ma ortiga, non fratello ma fradello, non capello ma cavello. In alcuni dialetti settentrionali il processo di sonorizzazione può giungere fino al dileguo (caduta della consonante): da ortiga si passa a ortìa 2. Le consonanti doppie diventano scempie (scempiamento): non si ha gallina ma galina. 3. Le vocali finali non accentate diverse da a generalmente cadono (apocope): non si ha cane ma can. DIALETTI GALLOITALICI • Sono i dialetti piemontesi, lombardi, liguri, emiliani e romagnoli e vengono chiamati così (gallo-) perché condividono elementi con il francese. • Fra i fenomeni più caratteristici si hanno: - le cosiddette vocali turbate ü ed ö (lüna, cör), per influsso dell’antica presenza dei Celti; - il passaggio di a accentata ad e (aperta): cantè ‘cantare’, sèl ‘sale’, sempre per il sostrato celtico, specialmente in piemontese e in romagnolo; - parole come latte, notte (dove -tt- proviene da –ctlatino: LACTEM) diventano lait, noit (Piemonte centroccidentale, ligure) oppure lac, noc (Piemonte orientale, Lombardia). DIALETTI VENETI All’interno dei dialetti settentrionali quelli veneti si differenziano perché: - non hanno le vocali turbate; - in molti di essi non c’è la caduta delle vocali finali; - non si ha né lait né lac, ma late. TOSCANO Il toscano si articola in quattro varietà dialettali: - gruppo pisano-lucchese; - gruppo senese e grossetano; - gruppo aretino-chianaiolo; - fiorentino. Caratteristica dei dialetti toscani è la “gorgia toscana”: Si tratta dell’aspirazione delle occlusive sorde (p, t, k) intervocaliche. Questo fenomeno è diffuso soprattutto nell’area fiorentina (altrove si limita alle sole velari sorde. Es.: amiho anziché amico). Alcuni lo riconducono all’influenza dell’antico etrusco, che aveva consonanti aspirate. Inoltre, sono tipici dei dialetti toscani rispetto agli altri dialetti italiani: • il suffisso -aio (da –ARIUM latino): ad es. gennaio, fornaio, mentre nei dialetti centromeridionali si hanno Gennaro, fornaro. • Il dittongamento di o ed e (provenienti da vocali brevi latine) toniche in sillaba aperta: nuovo, piede, mentre nel resto d’Italia si ha novo, pede. • (tipica del fiorentino) L’anafonesi: e passa ad i, o passa ad u davanti a certe consonanti: fungo invece di fongo, famiglia invece di fameglia. Dal toscano, questi fenomeni sono passati all’italiano standard. I DIALETTI CENTRO-MERIDIONALI Sono accomunati dalla presenza della metafonesi (vedi slide successiva). Principali caratteristiche: - la sonorizzazione della t quando è preceduta da n (monte diventa monde); - l’assimilazione di nd in nn (quando diventa quanno), attribuita al sostrato osco-umbro; - la posposizione dell’aggettivo al nome (soreta ‘tua sorella’). La metafonesi In parole che avevano una i o una u finale in latino, e ed o toniche passano ad i e u. Esempi: dal lat. RŬSSŬ(M) abbiamo – anziché rosso – russo (russë con vocale indistinta) per metafonesi. Si pensi alla diffusione del cognome Russo al sud. La metafonesi esiste anche nei dialetti settentrionali, ma solo per quanto riguarda e che passa ad i (neri diventa niri). Al nord non esiste metafonesi da u. Una variante della metafonesi è il dittongamento metafonetico Invece che passare a i e u, e ed o toniche si dittongano in ie e uo. Ess.: MĔDICŬ(M) diventa miedico; GRŎSSŬ(M) diventa gruosso. In Calabria esiste il dittongamento metafonetico ma arriva solo fino a una linea Vibo Valentia-Stilo (cfr. Loporcaro 2009). DIALETTI MEDIANI Quest’area comprende le Marche e l’Umbria centromeridionali, il Lazio centrale. Sono mantenute intatte le vocali atone finali. DIALETTI MERIDIONALI Quest’area comprende tutta l’Italia meridionale tranne il Salento, la Calabria centro-meridionale e la Sicilia. - Le vocali finali si indeboliscono e diventano indistinte o evanescenti (ë); - è diffuso il betacismo (confusione tra b e v): vocca invece di bocca, che bbuoi anziché ‘che vuoi’. DIALETTI MERIDIONALI ESTREMI In Salento, Calabria centromeridionale e Sicilia sono diffusi i seguenti fenomeni: - è presente la consonante cacuminale o retroflessa (l’apice della lingua si piega all’indietro) in parole che nel latino presentavano -LL- o -(S)TR-: CABALLU(M) diventa cavaɖɖu ‘cavallo’; MATREM diventa maʈsi ‘madre’. Altri ess.: iɖɖu dal lat. ILLUM, ʈsi dal lat. TRE(S). - L’infinito verbale è spesso sostituito da una frase esplicita (es.: voglio dormire diventa vogghiu mu dormu a Catanzaro; a Reggio la congiunzione non è mu ma mi). Probabile l’influsso del greco bizantino. Nei dialetti meridionali estremi questa costruzione sintattica è obbligatoria dopo ‘volere’, ‘dovere’ (=‘avere a’), verbi di moto, predicati aspettuali (cominciare a). Esempi tratti da Facebook (scrivente=studentessa universitaria di Reggio Calabria): Mi scordai mi fazzu u bigliettu; ma pekki tutti i storti, incapaci, imbecilli e ritardati ndannu i mi ncappanu a mmia?! L’influsso del greco è chiamato in causa anche per i seguenti fenomeni: - Il passato remoto è usato al posto del passato prossimo (es.: comu dormisti?); - il periodo ipotetico dell’irrealtà è realizzato con l’imperfetto indicativo (es.: se potevo, venivo). Non ha invece a che fare col greco un fenomeno che si riscontra nei dialetti reggini meridionali: l’anteposizione dell’aggettivo possessivo ai nomi di parentela (to soru ‘tua sorella’ anziché soruta). Ciò accade anche nel siciliano (a cui è arrivato dai dialetti settentrionali). Per fenomeni come questi si è parlato di “modernità” dei dialetti di Sicilia e Calabria reggina. MA IL FENOMENO PIÙ CARATTERIZZANTE È IL SEGUENTE: In posizione tonica, al posto di e chiusa si ha i, al posto di o chiusa si ha u: nivi ‘neve’, vuci ‘voce’: è il cosiddetto vocalismo siciliano. È presente in tutto il meridione estremo, tranne che nel Salento settentrionale. Dunque in posizione tonica le vocali del sistema siciliano sono 5 (a, ε, i, ɔ, u). In posizione atona (dove non esiste distinzione tra vocali aperte e chiuse) tutte le vocali di timbro e ed o sono sostituite da i e u; pertanto le vocali diventano 3 (a, i, u). Se il vocalismo tonico romanzo si definisce a quattro gradi (vocale centrale a, vocali mediobasse ε ed ɔ, medio-alte e ed o, alte i ed u); il vocalismo siciliano tonico è a tre gradi (voc. centrale, medio-basse, alte), quello siciliano atono a due gradi (voc. centrale, alte).