La tormentata passione per la buona cucina

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La tormentata passione per la buona cucina
direttore LUIGI CARICATO - [email protected]
società > cultura
La tormentata passione per la buona
cucina
Nata grassa, non fu mai accettata dalla madre. Colpita nell’orgoglio, portò a termine una dieta drastica. Un omaggio alla
Divina nel libro di Roberta Maresci, con alcune chicche gastronomiche legate alla vita dell’artista, tra cui la ricetta della
celebre «torta mia», che cucinava quando tornava a Sirmione per riposarsi
Paola Cerana
In occasione del novantesimo anniversario della sua nascita ecco un libro che ridà vita alla grande Maria Callas.
Ventiquattro favole per raccontare un’icona di stile e di voce. Da Cenerentola a Barbablù, da I musicanti di Brema a Il
soldatino di piombo, la storia della Divina è quella di un brutto anatroccolo diventato cigno reale. Donna vissuta d’arte e
d’amore, è morta prematuramente in grande solitudine.
Nata grassa, non fu mai accettata dalla mamma che la spinse a esibirsi in stamberghe frequentate da viziosi soldati e,
invano, a farla prostituire. Insonne, miope e affetta da dermatomiosite, fu grafomane, ambiziosa, perfezionista e di grande
carattere. Lo dimostrò sempre, anche quando la sarta Biki le impose di perdere almeno 30 chili. E così fu: colpita
nell’orgoglio la Callas reagì da leonessa. Con feroce determinazione si chiuse nella sua camera, appese una foto di
Audrey Hepburn e portò a termine una dieta drastica.
Leggenda vuole che fu una tenia ingoiata bevendo una coppa di champagne a farle tramutare il ventre matronale in vitino
da vespa, con grande sacrificio comunque, perché il cibo era per lei una vera passione, tanto che annotava le ricette dei
suoi piatti preferiti ovunque andasse.
Roberta Maresci nel suo libro ripercorre i passi esistenziali della Divina, anche a tavola, svelandone curiosità e segreti.
Perché i grandi personaggi della storia si raccontano soprattutto attraverso i gusti, i capricci e le passioni del palato.
Nata a Roma 42 anni fa, Roberta Maresci è giornalista, esperta di collezionismo e antiquariato. Autrice e voce
spumeggiante per Rai Radio2 ha scritto per la Treccani alcune voci dell’Enciclopedia della Moda e pubblicato vari libri,
oltre ad aver ricevuto diversi premi. Il più curioso? “Due palle in carriera”.
LA CALLAS A TAVOLA: GUSTI, SEGRETI E RICETTE DELLA DIVINA
“Visse d’arte. Visse d’amore.
Ma nacque grassa, grossa e
stranamente già piena di
curve. La realtà era crudele e
nei momenti più difficili, dopo
ore filate trascorse a cantare
senza pausa e con incredibile
spirito di sacrificio, la
ragazzina, per sfogare le
proprie ansie, si ritrovava a
mangiare grandi quantità di
cibo.” Pian piano, il
comportamento alimentare
compulsivo e ossessivo di
Maria Callas le condizionò
definitivamente l’esistenza,
senza per altro impedire la
sua ascesa all’eterno trono di
Divina.
Ecco alcune chicche
gastronomiche legate alla vita
della Callas, piacevolmente
raccontate nel libro di Roberta
Maresci.
Maria Callas era una carnivora: amava soprattutto bistecche da 800 grammi che Giovanni Battista Meneghini le portava
dalla Toscana o dalle scorte dei fiorentini che dominavano la buona cucina di Milano. La Divina le amava “a crudo”
condite solo con due gocce di olio extra!
Pia Meneghini (sorella di Titta), preparava spesso polenta e baccalà per Maria Callas, che andava pazza per la cucina
veronese. A villa Meneghini le due donne sfogavano spesso la comune passione per le pentole. La Callas apprese da
Giuseppina Meneghini i segreti del lesso con la pearà e del risotto con il tastasal, piatti che poi riproponeva al marito. A
Maria piaceva molto anche la “pastissada”.
Beveva limonata ghiacciata. Era severa, intransigente. «Una volta che la governante servì la bevanda più diluita del
solito, l’apostrofò duramente», ha raccontato Bruno Risi, allora figlio della cuoca dei Meneghini, poi giardiniere per il
commendatore a Sirmione.
La Callas della cucina greca si ricorda apprezzasse soprattutto la moussaka, a Milano non rinunciava mai al risotto con
l’ossobuco e a Parigi cedeva volentieri davanti ostriche e champagne.
Ritagliava con attenzione le ricette di cucina dalle riviste e le disponeva in ordine dentro le cartelline. Le piaceva
particolarmente preparare alcuni piatti tipici della cucina veronese: la pearà, il risotto al tastasal, la pastissada.
«Aveva mantenuto il gusto per una cucina semplice e casalinga», ha raccontato Arrigo Cipriani, direttore dell'Harry’s Bar
ad Ign per Adnkronos: «Pasta, tagliatelle. Preferiva il gusto alla vista, non si era lasciata influenzare dal lusso degli
ambienti che frequentava». Nessun capriccio particolare in cucina. Quando Maria varcava la porta del ristorante «si
sedeva dove c’era posto. Come tutte le persone importanti non voleva un tavolo particolare, solo quelli che non lo sono lo
pretendono. E da noi chiedeva sempre il piatto del giorno», conclude Cipriani. Golosa di ostriche alla veneziana, la
peverada, i tagliolini gratinati al prosciutto: ne andava pazza. E quando un piatto le piaceva, voleva la ricetta. I grandi chef
dettavano e lei scriveva puntigliosamente grammi, etti e ingredienti.
Smessi così i panni di Tosca, Norma o Lucia di Lammermoor, amava mettersi il grembiulino e, dosatore in mano,
trafficava tra i fornelli. «Cucinare bene – aveva confidato una volta Maria Callas – è come creare. Chi ama la cucina ama
anche inventare». Per tutta la vita, la grande primadonna, nella sua vocazione di perfetta padrona di casa, ha sempre
sognato di preparare squisiti manicaretti per se stessa e per i suoi ospiti. Invece la sua dieta fu drastica, dai trent’anni in
su. Niente fois gras, fegato alla veneziana con polenta, riso con le anguille e bignè di cioccolata, ovvero tutto quello che
adorava. Non poteva permetterseli Maria Callas, di cui è rimasta celebre «la torta mia», che cucinava quando tornava a
Sirmione, per riposarsi dalle sue tournée internazionali. La ricetta è stata trovata nei suoi scritti lasciati nella sua villa.
La Torta Paradiso di Maria Callas è molto semplice da preparare.
Ingredienti:
300 g di burro
3 uova
3 tuorli
300 g di zucchero
100 g di farina
200 g di fecola di patate
1 bustina di lievito
1 bustina di vanillina
scorza di limone q.b.
zucchero a velo q.b.
Preparazione:
Portare il burro a temperatura ambiente, versarlo in una ciotola capiente e iniziare a montarlo con un cucchiaio di legno o
con uno sbattitore elettrico. Quando sarà ben montato e soffice aggiungere i tuorli, uno per volta, e non aggiungere il
successivo sino a quando il precedente non si sarà perfettamente amalgamato. Poi aggiungere le uova intere.
Continuando a sbattere, aggiungere prima dello zucchero, la scorza grattugiata del limone, poi la farina e la fecola fatta
cadere a pioggia da un colino.
Imburrare una tortiera con cerniera del diametro di 28 centimetri, versarvi l’impasto e metterla in forno già caldo a 180°
per circa 40 minuti. Controllare la cottura della torta con uno stecchino e una volta cotta toglierla dalla tortiera e lasciarla
raffreddare. Servirla spolverizzata abbondantemente di zucchero vanigliato. Avvolta in carta di alluminio si conserva per
parecchio tempo e acquista nel gusto. Lo zucchero vanigliato va sempre cosparso appena prima del servizio.
Il suo ricettario era vasto. Perché Maria non ha mai perso l’abitudine di scrivere su fogli di carta intere ricette sotto
dettatura di chi cucinava. Le piaceva, e molto anche, smessi i panni di Violetta o di Tosca, indossare il grembiule da
cucina e cucinare rispecchiando le fasi della sua vita. Piatti regionali, come i bigoli con ragù d’anatra, collezionati quando
viveva nel veronese a fianco del primo marito Giovanni Battista Meneghini. E poi quelli della “Milano da bere”, che
gustava negli storici locali milanesi Biffi e Savini, dopo l’esibizione alla Scala. O insieme a Vittorio De Sica allo Sporting di
Montecarlo, con Onassis al Maxim’s di Parigi, con la giornalista Elsa Maxwell all’Harry’s Bar di Venezia. Nessun capriccio
particolare in cucina. E quando un piatto le piaceva, voleva la ricetta come qualsiasi foodbloger dei nostri tempi. Per
cucinarla. Per riproporla in casa. Per non dimenticarla. Scriveva puntigliosamente grammi, etti e ingredienti. Lo fece
anche per il consommé gelé en tasse del periodo del jet-set internazionale, il risotto alle erbe fini che si faceva preparare
sullo yacht del secondo marito, e le tagliatelle che cucinava per pochi amici intimi, come Grace di Monaco, nell’ultimo
periodo nella casa di Parigi.
Ma com’era la sua cucina? Nel suo regno culinario, arredato con componibili in laminato bianco, Maria aveva trovato un
ampio spazio per raccogliere i libri di ricette che puntualmente collezionava. Tra gli scaffali facevano capolino l’Artusi
come l’immancabile Boston Cooking, tanto importante quanto i manuali popolari sul genere de «Il piccolo Talismano».
Numerosi anche i ricettari ricevuti dalla suocera Giuseppina Cazzarolli, che non sfiguravano di certo accanto ai libri di
cucina mediterranea della sua patria, la Grecia. Insieme, sempre stipati tra le costine dei volumi, c’erano anche diversi
raccoglitori dedicati alle figurine Liebig. Segno che la Divina non disdegnava di usare il prodotto simbolo della cucina
dell’era industriale: il dado.
Ma questo non è che un assaggio. Per assaporare pienamente tutto il fascino segreto di un’inedita Maria Callas, per
rievocare la sua voce e accompagnare la Divina nella preparazione di qualche goloso manicaretto, non resta che
sfogliare il libro di Roberta Maresci.
Buona lettura, dunque, e buon appetito!
Roberta Maresci, Maria Callas, Gremese editore, in collaborazione con Diva Universal
La foto di Maria Callas è tratta da Internet
Paola Cerana - 07-12-2013 - Tutti i diritti riservati
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