Un , due , tre …. stella !
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Un , due , tre …. stella !
Antonio Lazzarini Barnabei Un , due , tre …. stella ! Figurine Luca era chiuso nel bagno , la porta chiusa , il cuore che batteva a mille . Aspettava . Sentì la porta del bagno accanto a lui aprirsi e il rumore metallico e indeciso del chiavistello . Indugiò ancora un attimo guardando l'elefante disegnato sul contenitore rotondo della carta igienica Jumboroll : come sarebbe bello avere un elefante , pensò , e arrivare a scuola in groppa al pachiderma ; si immaginò proprio tutta la scena , il mastodontico animale che saliva le scale gridando la sua collera contro il mondo e tutti che scappavano di qua e di la . Finalmente raccolse il suo poco coraggio e disse con voce tremante di bambino “ Due per due “. Con l'adrenalina che gli scorreva nelle vene tese l'orecchio e finalmente arrivò la risposta . “ Quattro “ disse una voce anonima . Luca si abbassò e fece passare sotto la plastica celeste il piccolo tesoro che aveva tenuto nascosto nel calzino tutta la mattina : una goccia di sudore si infranse sulle mattonelle bianche e così Luca si accorse che stava sudando freddo . Aspettava e si sentiva morire per il terrore , non la paura , ma proprio il terrore . Una volta , di nascosto , aveva visto un film dell'orrore e per molte notti non aveva dormito (quell'orribile clown ) ma era niente in confronto a questo . Finalmente ritornò a parlare la voce anonima . “ Va bene “ disse e un piccolo rettangolo di carta scivolo nel suo bagno . Lo raccolse e un'esplosione di euforia gli riscaldò le viscere : un ragazzo con uno sguardo inespressivo lo guardava da una piccola foto . Andrij Rukowski , disse la mente di Luca , il cherubino venuto dall'est . Il suo cuore invece manifestò la sua soddisfazione rallentando un po' . Luca si nascose il piccolo tesoro dentro il calzino e uscì dal bagno ritrovandosi davanti ai lavandini . Fece scorrere l'acqua e si sciacquò la faccia poi si asciugò con la carta . Cavolo , Rukowski , gli tumultuava il cervello , Giorgio morirà di invidia . Si guardò allo specchio finché non ritrovò una faccia normale e poi uscì dal bagno . X Valerio era in piedi in mezzo alla piccola folla radunatasi davanti ai bagni : stava mangiando la sua colazione , una barretta di cioccolato , quando era cominciato il trambusto . Una maestra aveva beccato un bambino di quinta con almeno quindici figurine . Espulsione ripeteva eccitata la mente di Valerio e , ne era sicuro , quella di tutti gli altri . Ma , era ovvio , dove c'era un colpevole ne stava arrivando un altro . La faccia del bimbo che uscì dal bagno sbiancò in maniera comica ma nessuno trovò la cosa divertente . La maestra lo squadrò da capo a piedi poi disse “ Bene , Marini , sei nei guai “ . Il bambino sembrò sul punto di svenire e di diventare più piccolo ma non successe niente tranne il fremito del labbro inferiore che anticipava il pianto . “ Tirala fuori subito , Marini . E' sequestrata “ disse con calma la maestra , cosa che spaventò ancora di più Valerio che non riuscì più a ignorare l'irrequietezza che gli stava salendo su . Deglutì mentre il bambino si piegava e tirava fuori la piccola effige . Lacrime gli scendevano sulle guance ma non abbozzò scuse e per questo Valerio lo ammirò . La maestra calò il colpo di grazia : “ Ora vieni con me dal direttore che chiamerà i tuoi genitori . E voi bambini imparate cosa succede a chi non rispetta le regole . “ Valerio deglutì un'altra volta e la campanella squillò come uno squarcio nel silenzio . Si avviò verso la sua classe , ancora scosso : cosa avrebbe detto quel bimbo ai suoi genitori ? Pensò che preferiva essere morto piuttosto che spiegare a sua madre che aveva fatto una cosa criminale : in verità non sapeva neanche perché le scambiava , perché correva quel rischio e non sapeva nemmeno dove si prendevano , quelle figurine . Sapeva solo che da quando era arrivato li dentro , tre anni prima , tutti i bambini avevano sempre l'aria di tener segreto qualcosa e quando aveva scoperto cos'era non aveva potuto farne a meno . Si diceva che il primo che le aveva portate ne avesse più di duecento ma lui non ci credeva . Lui in tre anni era riuscito a vederne solo una trentina e ora ne aveva solo sette , nascoste nel fondo di un cassetto , a casa . Pensò ancora a quel povero bambino : sarebbe arrivata l'espulsione , quindi le punizioni, forse perfino il ricovero e la sonda psichica . Sua madre , se lo avesse beccato , la avrebbe sicuramente fatto sondare . Rabbrividì al pensiero , No che non l'avrebbero beccato , se stava attento . Valerio entrò in classe con un peso nel cuore e la gola serrata . Gli tornò in mente la sonda e rabbrividì di nuovo . In quel momento la leggera pressione che la piccola foto rettangolare esercitava sulla sua caviglia , sotto il calzino , divenne particolarmente intensa e nitida nella sua mente . Cose da uomini Il campo della Polisportiva “ Luigi Saleo “ era un rettangolo di terra battuta con qualche ciuffo d'erba a fare da contrasto e due scheletriche porte arrugginite dal tempo . A sud passava la ferrovia , il resto erano solo palazzoni , enormi facciate coperte di finestre minuscole , terrazzi con le scope che pendevano , odore di orina di gatto , uomini in canottiera e bambine con le ginocchia sbucciate che giocavano a campana . Periferia . Gli spogliatoi erano una casetta in cemento posta dietro la bandierina del calcio d'angolo , di colore grigio , senza finestre . A tre o quattro metri c'era una fontanella e perfino un parcheggio , asfalto segnato dai pneumatici . La Polisportiva era tale perché li vicino c'era una palestra dove si giocava a pallavolo e basket . Assurda , una chiesetta , anch'essa in cemento , completava il panorama . Era il ventidue di maggio : non penso di riuscire a dimenticarlo . Da sette anni allenavo la squadra under 14 della Polisportiva , un avamposto di gioia in un deserto di miseria e rassegnata frustrazione : la mattina non era raro trovare siringhe usate sul pavimento degli spogliatoi dopo le partite dei ragazzi più grandi . Quel giorno era uno di quei giorni splendidi di primavera che ogni tanto si affacciano anche qui da noi all'inferno , il sole dominava sprezzante il mondo degli uomini e una leggera brezza ti liberava la testa dai pensieri . La partita era bella e veloce e le occasioni era tutte per l'altra squadra . Michele sedeva accanto a me , in panchina . Abitava in un condominio a pochi metri dal campo : l'avevo visto per tre mesi assistere agli allenamenti , muto , seduto per terra , mangiando pane e mortadella , la merenda dei poveri come diceva sempre mia madre . Ci parlai per la prima volta nel cortile di quell'orribile monumento alla tristezza dove abitava . Agli allenamenti sputavo troppo sangue dietro agli altri per fargli attenzione ma quella mattina tornando dall'edicola non potei fare a meno di notarlo : un paio di scarpe da tennis vecchie e luride stavano tenendo su da terra , con dei veloci colpetti precisi , un secchiello da mare . Alzai un po' lo sguardo e vidi il viso di un bambino con i capelli corti e neri che comunicava concentrazione sotto un cappellino giallo . Palleggiò con quell'assurdo secchiello per circa cinque minuti senza farlo cadere finché , con un elegante giravolta , colpendolo col collo del piede lo spedì con forza a sbattere all'incrocio di due tubi dell'acqua : guardo e gioco a calcio da una vita e ve lo posso giurare , l'aveva messa all'incrocio dei pali di quella sua porta immaginaria . Si stava già andando a riprendere il suo “ pallone “ quando lo chiamai : “ Ah regazzì viè un po' qua “ Si girò e mi raggiunse . “ Come te chiami ? “ richiesi io . “ Michele Minniti , signore “ rispose con la vocina di un uccellino . “ E quanti anni c'hai ? “ “ Undici “ “ Senti un po' “ cominciai sfilando una sigaretta dal pacchetto “ ma tu non sei quel regazzino che viene sempre a vedè gli allenamenti ? “ Arrossì ma continuò a tenere gli occhi fissi nei miei . “ Si , so' io “ “ Perché giochi co' sto secchiello ? Non ce l'hai un pallone ? “ Scosse la testa continuando ad arrossire : sapete com'è , a undici anni sei già abbastanza grande da capire di essere il più povero di tutti . “ C'avresti voglia di giocare con un pallone vero ?” ripresi e lui annuì . “ Bene , domani alle tre vieni al campo con un paio di pantaloncini che vediamo che sai fare .” “ Va bene , signore “ rispose lui . In quel momento una sagoma si sporse da una finestra dieci piani sopra di noi e una voce femminile urlò : “ Michè moviti ca'si fredda 'a pasta “ . “ Ciao “ gli dissi mentre si allontanava ; lui si fermò , si girò , agitò la mano come i bambini piccoli e rispose “ Ciao , signore “ . Poi scomparve dentro il palazzo . X Michele affrontò le scale di corsa , due a due , nella frescura dell'ombra : i polpacci , come pistoni , proiettavano il suo corpo leggero su per i pianerottoli . La casa di Michele erano tre stanza piccole e spoglie ; i termosifoni accoglievano vestiti piegati , la televisione gracchiava in un angolo , il divano , ricoperto di una specie di telo impermeabile , ospitava un gatto color del fumo , in cucina sua madre e sua sorella stavano mangiando . Si sedette , insensibile al sudore e allo sporco come solo i bambini possono , e cominciò la sua preghiera : pregavano sempre prima di mangiare e chiedevano sempre che il buon Dio rendesse alla mamma la vista “ così magari trovava lavoro e loro se ne uscivano da quello schifo “. “ Michele , chi era quel signore ? “ chiese la madre che vestiva una tuta sformata e aveva i capelli neri legati con uno scialle ; Michele distolse la sua attenzione dal pranzo , spaghetti al burro , e rispose con la bocca piena : “ Era l'allenatore , dice se voglio giocare nella sua squadra “ “ Digli che soldi per comperarti le scarpe non ne teniamo “ rispose la madre . Michele la guardò in viso e sentì ancora una volta una fitta di dolore : l'ustione aveva fatto diventare la pelle una specie di cuoio marcio del colore della terra bruna e gli occhiali da sole nascondevano uno spettacolo nauseante , una terra di nessuno dove la pelle lacera si contorceva in orribili abbracci. Viva per miracolo aveva detto il dottore . Lei continuava a pregare Dio ma Dio continuava a non rispondere . Michele continuò a mangiare . X Quel giorno all'allenamento successero cose incredibili . Arrivai alle tre meno un quarto e con Carletto aprimmo gli spogliatoi e portammo fuori i palloni . Carletto era il mio assistente e in generale una specie di mascotte della Polisportiva . Era un uomo sulla cinquantina con una pancia enorme e un problema al cervello : era un po' ritardato per i medici , tonto per tutti gli altri . Lavorava al comune come centralinista e il suo vocabolario contava si e no quindici parole e non era capace di reggere un discorso . L'unica frase che ripeteva , implacabile , durante le partite , ogni venti minuti circa , era “ Daje , regà , che me sembrate la Magica !” . Questa frase di incoraggiamento era ormai la nostra bandiera e Carletto era conosciuto nel quartiere con il soprannome di “ Magica “ . Era comunque un brav'uomo e mi dava una mano . Michele arrivò in orario . Aveva una polo che sembrava sopravvissuta ad una sparatoria , tanti buchi c'erano , dei jeans tagliati al ginocchio e le scarpe da tennis del giorno prima . Ho forse dimenticato di dire che , sebbene avesse undici anni , Michele ne dimostrava forse sette , piccolo come un topo , magro come un ronzino e con un visino gentile e scarno , quasi femminile . Ma quando cominciò l'allenamento a nessuno venne in mente di prenderlo in giro : era veloce come una saetta e aveva piedi di velluto . Carletto era sbalordito e io più di lui : quel ragazzino non giocava a calcio , era il calcio , sembrava nelle movenze un professionista ed aveva una coordinazione muscolare incredibile per la sua età . Mi cadde la sigaretta dalla bocca quando lo vidi inarcarsi nell'aria e andare a colpire un pallone in mezza rovesciata spedendolo dritto in porta . Mezz'ora prima della fine lo presi di peso e lo portai nell'ufficio : il suo cartellino doveva essere pronto per domenica . Quel giorno , come ho già detto , il sole splendeva alto e la partita era difficile : gli avversari giocavano bene e noi al quarto d'ora prendemmo il primo gol . Cinque minuti dopo Carletto , puntuale , gridò la sua frase e Michele lo guardò sorridendo . Io pensavo a quando mettere in campo Michele , perché facevamo giocare tutti : avevo pensato di metterlo all'inizio e cambiarlo all'intervallo ma lui mi aveva detto che alle quattro doveva arrivare suo padre , un camionista calabrese , e lui voleva che lo vedesse giocare . Così avevo deciso di farlo entrare nel secondo tempo ; all'intervallo il padre era arrivato con la sorella a salutare Michele che era pazzo di gioia . Ci fu qualcosa che mi colpì in quell'uomo alto e magro , come un'ombra sul viso o in fondo agli occhi . Ma il padre non avrebbe visto la partita : spiegò a Michele che era troppo stanco del viaggio e che si doveva riposare sennò moriva . Guardai Michele aspettandomi di vederlo deluso ma c'era ancora gioia nei suoi occhi : mi chiesi da quanto tempo non lo vedesse . X Le luci al neon dell'autogrill accoglievano solo tre o quattro persone . Una di queste era seduta in disparte . Sotto la luce gialla abbagliante l'uomo , smilzo , con dei baffi neri , con gli occhi neri , una sigaretta in mano , rifletteva : i pensieri si ingarbugliavano come fili elettrici e da tutto questo nodo sfrigolante Luigi Minniti non riusciva a trovare nessuna conclusione . I fatti erano senza appello : con ottocentomila lire al mese non si può mandare avanti nessuna famiglia . Fra i sentimenti di dolore , fra i rimpianti e le preoccupazioni per l'avvenire faceva capolino un sentimento nuovo dettato dalla stanchezza , dalle tante ore di camion , ininterrotte , fino allo sfinimento : il sentimento che emergeva lentamente come un sottomarino dalla acque di una palude salmastra era l'odio , l'odio verso la persona che una volta aveva amato , l'odio verso sua moglie che , certo incolpevole , da due mesi aveva dovuto lasciare il lavoro e lo aveva costretto al trasferimento nella periferia della capitale . In modo assurdo eppure non raro fra gli uomini che si trovano nel limbo della depressione più nera , Luigi si ripeteva che era certo per quell'incidente che la sua vita aveva preso quella piega schifosa e senza speranza , era stata la stupida distrazione di sua moglie a distruggere il sogno di una vita migliore . Così pensava Luigi Minniti nel vuoto di un autogrill alle tre del mattino con davanti i resti di un panino da tremila lire e una Coca , con in mano il resto di una sigaretta , mentre dentro di lui quell'odio strisciante e schifoso che si univa carnalmente alla pazzia cresceva e continuava a crescere . Avrebbe continuato a crescere per tutta la notte sui lunghi binari bianchi delle autostrade . Quell'autostrada che l'avrebbe condotto a casa , a casa da sua moglie , a casa dai suoi figli e , più di tutto , a casa dal suo destino . X E a un certo punto ci fu solo il sole di maggio e il prato e il pallone . Michele piegò verso destra , il pallone che continuava ad andare e venire dal suo piede , come uno yo-yo , superò una gamba tesa verso la palla e si trovò nella libertà . I suoi muscoli cantavano buttandolo in avanti , il tempo gli scorreva sulla pelle , il vento gli accarezzava i capelli , le esili braccia mulinavano in cerca dell'equilibrio migliore . Posò tutto il peso sulla gamba destra e da quella parte si avventò il difensore mentre Michele era ormai avanti come un veliero sospinto dal vento . Superò l'aria di rigore e un portiere disperato gli si fece incontro , di nuovo il peso sulla gamba destra e il corpo che , dimentico di tutte le leggi del mondo , si buttava a sinistra portandosi dietro il pallone : la porta si spalancò e sembrava ancora nemica , decisa a non farsi penetrare , ma in fondo conscia della sua fine . “ Gol “ gridarono tutte le menti che stavano guardando , tutte tranne quella del terzino che in uno sforzo enorme di autodeterminazione si era convinto di poter riprendere la palla , o al limite la gamba , e si era gettato in scivolata al termine di una lunga rincorsa laterale proprio davanti a Michele . L'assaporava già il pallone quando si accorse di essere stato fregato : il pallone si era fermato un attimo sotto il piede di Michele e poi era ripartito verso destra prendendo esattamente in contropiede il terzino stupefatto : a quel punto la palla era già in viaggio e un attimo dopo la rete vecchia e lurida si gonfiava . E poi furono paradisi , fuochi artificiali , assalti orgasmici del sole e pugni che picchiavano l'aria e la brezza spirò tra i mille tuffi del cuore . X Io non l'avrei mai immaginato . Un attimo stavo brindando con una birra gelata alla più bella vittoria della mia vita , al nuovo compiersi della favola più antica e bella , quella del fiore raro cresciuto nella spazzatura e l'attimo dopo la volante dei carabinieri entrava ululando nel quartiere . Mi ritrovai in un capannello di gente davanti al palazzo di Michele ma nemmeno allora sentii nulla , se non la curiosità . Capii solo quando uscì il padre , ammanettato e pieno di sangue , e dietro le tre barelle con sopra le lenzuola bianche macchiate di rosso : era stato proprio lui , il padre , a chiamare i carabinieri . È stato tre mesi a Regina Coeli e poi si è ammazzato con un cacciavite preso chissà dove . Mi hanno anche interrogato , in questura , sono arrivati i giornalisti e anche il nostro quartiere ha avuto i suoi minuti di telegiornale e le sue folle ai funerali . Non so cosa abbia pensato Michele quando ha visto la madre e la sorella a terra inondate di sangue ne se abbia provato a lottare contro quella morte inspiegabile , non so nemmeno se sarebbe diventato un calciatore e cosa passasse nella testa di Luigi Minniti . So solo che il sole è ancora alto nel cielo e il vento continua a giocare con i miei pochi capelli . Autunno “ Cristiano spegni la tv e mettiti le scarpe “ urlò la madre di Cristiano dalla cucina mentre un'aquila volava tra le montagne alla televisione. Rovistò un po' sotto il divano finché tirò fuori , prima l'una e poi con un po' di fatica l'altra , le sue scarpe . Le infilò continuando a sbirciare il televisore che parlava di queste aquile che mangiavano topi e piccoli roditori ; si infilò il cappotto e rimise a posto il telo del divano , sempre guardando : gli piacevano un sacco quei documentari , lui un'aquila non l'aveva mai vista . In macchina poteva salire davanti , visto che Giorgio non c'era , e così poteva guidare anche lui , inventandosi il volante , le luci e quella manopola rivestita di pelle che c'era nello spazio tra i sedili davanti . “ Dove andiamo , mamma ? “ chiese continuando a muovere di qua e di là le mani per sterzare . “ Andiamo a comprare il grembiule per la scuola , Cristiano “ disse la mamma guardandolo divertita. Cristiano le sorrise e poi cominciò a leggere i cartelli : aveva cominciato a leggere solo da poco ma tutti gli dicevano che gli calzava a pennello ; in verità riusciva a leggere solo le scritte più brevi perché la macchina andava troppo veloce e così ogni volta chiedeva . “ Mamma , Cast e poi ? “ “ Castel di Lama , Cristiano “ “ Fol... Foli“ “ Folignano , è dove sta la zia Teresa “. Gli piaceva girare in macchina perché poi si arrivava sempre in bei posti e poi perché c'erano tutte le lucine e le persone camminavano e andavano in macchina . Arrivarono in una piazzetta un po' in discesa e la mamma fece un po' di su e giù per cercare posto . Da una parte c'era un prato con tanti alberi e una ringhiera blu , dall'altra tutti dei negozi , uno accanto all'altro . “ Stix “ sillabò a voce alta Cristiano e la mamma disse “ E' lì che andiamo “. Entrarono e una signora grassa con un gran sorriso alzò la testa da dietro il bancone . “ Ciao Tiziana , come stai ?” disse avvicinandosi . “ Bene . Ciao Giulia “ disse la mamma baciando la signora grassa che poi si rivolse verso di lui e facendo una faccia ammirata disse “ E questo ometto chi è ? non può essere certo Cristiano ?” Al che Cristiano gonfiò un po' il petto e rispose fiero “ Si che sono io , invece .” . La signora scoppiò a ridere e disse tra le risate “ Gesù che uomo deciso , Tiziana , io me lo prenoto per il matrimonio !” . Anche la mamma adesso rideva come una matta e la signora sembrava sul punto di scoppiare dal troppo ridere : invece si riprese , dopo un po' , e gli chiese “ Siamo pronti per la scuola signorino ?” Cristiano pensò che la signora era un po' matta perché continuava a strabuzzare gli occhi e a ridere ma rispose lo stesso di si . Poi si distrasse un po' , mentre la mamma parlava con la signora , a guardare il negozio che secondo lui era bellissimo con tutti quei teli e quella stoffa e tutti i colori e poi c'erano dei brillantini sulla vetrina e delle stelline di carta e la luce era ricoperta da un panno verde molto sottile che la cambiava e la rendeva più allegra . Sembrava un po' la signora , solo che il negozio non rideva . La mamma lo richiamò e gli disse di sedersi su uno sgabello che adesso provavano qualche grembiule . Invece continuarono a parlare ma a Cristiano non dispiaceva perché così poteva guardare dalla vetrina . Girava rapidamente gli occhi di qua e di là , notando con grande interesse quel gran viavai , finché la sua attenzione non colse una lucina intermittente rossa , di una macchina , che sembrò ipnotizzarlo . Piano piano si dissolse tutto il resto e ci fu solo quella lucina che andava e veniva , andava e veniva , e una piccola parte di Cristiano si accorse dell'umidità sul mento provocata dalla bava che gli usciva dalla mascella spalancata . Poi non ci fu più nemmeno la lucina e i rumori morirono del tutto assieme ai pensieri di Cristiano . Fu il buio più totale . X La sensazione si muoveva a ritmo lento , su e giù , su e giù . La mano accarezzava una superficie dura ma in qualche modo confortevole e le gambe erano rilassate e senza peso . Ancora su e giù , senza soluzione di continuità . Una sedia a dondolo . L'immagine si stagliò nella mente come proiettata sulle diapositive . Seguirono rumori di traffico lontano , voci sparse e confuse , l'accelerata squillante del motore di uno scooter . Un pensiero di disgusto apparve come una stella cadente ad illuminare brevemente il buio . Brezza . Brezza fresca sulla pelle e tra i capelli , brezza che si infilava sotto i vestiti e scivolava morbida e piacevole sulla pelle delle gambe . E poi odore di città e di qualcosa di fritto e sapori di caffè sul palato e sulla lingua . E finalmente occhi e cielo stellato visibile a malapena alla luce dei lampioni . E palazzi e antenne . E un terrazzino piccolo con la ringhiera di ferro e qualche vaso con piccole piante dentro . Sempre su e giù , su e giù . Una mano entrò nel campo visivo ed era una mano vecchia , di colore bruno , con le vene come fiumi su una cartina di una terra brulla e scheletrica . La mano si mosse come a mostrarsi ad uno spettatore interessato , con delicatezza e grazia , prima il dorso poi il palmo . Ed era la sua mano . Ne sentiva i tendini e i muscoli e le unghie e ne sentiva il peso contro la gravità . Era la sua mano . La mano tornò ad appoggiarsi sulla superficie di prima e un pensiero ovvio espose quello che già sapeva . La mano era appoggiata sul bracciolo della sedia , legno levigato dall'uso e quasi morbido al tocco . Il corpo intero si rilassò contro lo schienale e il cielo ricomparve solcato dalle nuvole . Su e giù , su e giù . Ma non era una sedia a dondolo , era il suo piede che spingeva poggiato contro il bordo basso della ringhiera facendo muovere la sedia inclinata . Gli occhi ancora puntati verso il cielo , odori sapori e rumori che arrivavano e scappavano via come le onde del mare , il muscolo della gamba che si stirava e si contraeva a ritmo lento facendo dondolare la sedia e il corpo . Come luci nella notte piccoli pensieri e piccole sensazioni si accendevano nel buio . Serenità . Stanchezza . Piacere . Come assaggiare un cibo e scoprirne i sapori . E contemporaneamente messaggi da tutte le parti del corpo , come dispacci di una flotta di navi . Il cuore batte con calma . Gli occhi sono un po' pesanti . Le gambe un po' stanche . Il sedere è un po' addormentato . Un pezzettino di pelle prude leggermente sul piede sinistro . Qualcosa è infilato nei capelli e li tiene fermi con dolce durezza . E poi altre immagini . Riflessioni di se dentro il cervello . Una donna vecchia . Un vestitino estivo che arriva sotto alle ginocchia e che accarezza la pelle . Piedi nudi . Mutande lente di cotone . Qualcosa di morbido e leggero sulle spalle . Il vento aumenta un pochino , passa tra i capelli e un piccolo brivido scuote le spalle e il piede destro smette di spingere e si strofina contro la gamba sinistra all'altezza del polpaccio . Devo mettermi a letto . Il pensiero è come una luce che si accende in una stanza buia . Di colpo tutto è visibile e reale . Come una stanza arredata il letto è l'immagine di se , il comodino è la stanchezza fisica , l'armadio è il flusso di sensi che arrivano dall'esterno , il tappeto è l'intrico sempre in movimento dei pensieri che sfrecciano come macchinine in giro per la mente . Ogni oggetto è continuamente cangiante , come se ci fosse una palla da discoteca a cambiarne continuamente i colori . Pensieri e ricordi si sovrappongono come serpenti ammucchiati che si strusciano l'uno contro l'altro . E' ora di andare a dormire . Si sta bene con questo venticello . Domattina devo prendere un po' di verdura . Giovanni è più preoccupato di quello che da a vedere . Con i soldi è un problema . Tra poco finisce pure luglio . La bambina : domenica viene la bambina . Giochiamo a nascondino ma si nasconde solo lei e io giro per la casa col bastone piano piano e intanto la chiamo e la sento che ridacchia da qualche parte e poi salta su come un tappo e corre e grida tana tana tana . E mi dice che non c'è gusto e che vince sempre lei . Ma intanto saltella e grida tana tana tana e ride . Mangiamo il minestrone freddo e fa i capricci perché vuole le patatine e facciamo dei patti e finisce il minestrone e io tiro fuori la torta e mangia una grossa fetta . La bambina ha la pelle fresca e i piedini piccoli e le gambotte grasse e mi pettina i capelli d'argento e lisci e pochi e intanto canticchia una canzoncina che ha imparato a scuola . Giochiamo a carte e poi fa merenda con pane e il prosciutto e il succo di frutta con la cannuccia . E poi viene Giovanni e ci guarda serio mentre mi chino per farmi dare un bacio e lei risponde che si è divertita e ha fatto la brava . Giovanni mi dice Ciao Mamma e io vedo le ombre in fondo ai suoi occhi e mi preoccupo e ci sto male e allora il mio cervello si distrae e tira fuori ricordi colorati e il pensiero di Giovanni , grigio grigio , affonda tra i colori e tornerà a galla più tardi e più tardi e più tardi come quelle sveglie di adesso che trillano e fanno le musichine . Ma i ricordi sono vividi e colorati e vogliono sempre venire fuori e anche adesso vengono fuori e il cielo è diverso e il caldo è più caldo e il suo corpo è piccolo e abbronzato e lei corre a piedi nudi nel tramonto tra case vecchie e ha una bambola di pezza nella mano e il sudore le scende lungo il collo e lei non lo sente e sua sorella la chiama correndo . Corri Melina corri . E poi chiacchierano fitte fitte e pettinano le loro bambole e si raccontano di quando saranno sposate e saranno ancora amiche e si metteranno dei bei vestiti e andranno alla marina la domenica con i loro fidanzati e si daranno un bacio e mangeranno un gelato . La mente vede un sorriso spuntare sulle labbra e sente i piccoli muscoli delle labbra cambiare di posizione e sente le rughe che si formano sulla pelle intorno e sente la pelle d'oca sulle braccia e i piedi nudi sono freddi e la brezza sta diventando fastidiosa e gli occhi sempre più pesanti . I piedi si piantano per terra e la mano si muove a recuperare il bastone appoggiato a pochi decimetri contro la ringhiera e le ginocchia si piegano e i muscoli tirano e poco a poco l'equilibrio si sposta e il corpo si riposiziona e la mano sinistra è poggiata sullo schienale della sedia e la destra fa forza sul bastone e la schiena si stira verso l'alto e le gambe si muovono e a ritmo col bastone la portano dentro , oltre la porta finestra , e lei spinge il bottone e la serranda nuova che le ha regalato Giovanni si chiude da sola con un gran rumore di motore e di ingranaggi che scorrono . La mano accende l'abatjour nella penombra e si siede sul letto e poggia il bastone contro il comodino e si leva il vestito e si gratta con dolcezza sulla schiena all'altezza dei reni e pesca con lentezza la camicia da notte sotto il cuscino e se la infila da sopra la testa . Di nuovo il bastone e la lotta lenta e implacabile per alzarsi e la passeggiata fino al bagno con la testa già mezza addormentata e la pipì che fa rumore contro la porcellana e la catenella dello sciacquone e lei deve mettersi sulle punte e Giovanni gli può mettere un bottone anche qui e di ritorno verso il letto si è già dimenticata e la sua testa è di nuovo nel sole dell'infanzia e una bambina che è sempre lei le canticchia una filastrocca nella testa e lei spegne le lucina e si mette comoda nel letto e si porta la coperta leggera sopra il vecchio corpo ma lascia i piedi fuori e con voce tenue canticchia a se stessa . Paletta paletta signora comare aviti na figlia non sapi iocari e iocamo allu ventiquattro uno due tre e quattro e la devo insegnare alla bambina domenica e gli faccio i tortellini che le piacciono tanto col prosciutto e la panna e il parmigiano e poi giochiamo e Giovanni . X Non dormivano . Nessuno dei due . Cristiano guardava il poster delle tartarughe ninja : era affascinato da come la lucina della notte , aveva chiesto lui alla mamma di lasciarla accesa , troncasse in due Michelangelo . Metà di Michelangelo sembrava ingoiato dal buio mentre l'altra metà era nella solita posa con la spada in mano e la bandana in testa , con un sorriso furbo . Era come se la metà che si vedeva ignorasse la metà inghiottita dal buio . Giorgio pure era sveglio e aveva il broncio , anche se nessuno poteva vederlo . Erano passate ore ma ancora gli pareva di sentire lo schiaffo sulla guancia e le lacrime di stupore e paura che aveva pianto : erano passate ore ma era ancora risentito con la mamma ed anche con Cristiano , pure se non era colpa sua . “ Giorgio “ bisbigliò Cristiano “ Sei sveglio , Giorgio ?” . Dalla sala arrivava attutito il rumore della televisione . Giorgio grugnì . “ Giorgio ?” domandò ancora Cristiano con voce un po' più alta . “ Sono sveglio “ bisbiglio allora di rimando la voce di Giorgio nel buio ed aveva una punta di sdegno e di broncio che Cristiano non colse . “ Lo sai chi ero quando mi è venuta la pilessia ?” domandò Cristiano e un sorriso gli spuntò sul viso . Lo sentì anche al buio . Giorgio pensò che era una sciocchezza , una delle tipiche sciocchezze di Cristiano . E poi la parola gli riportò in mente lo schiaffo della mamma e si incupì di nuovo al ricordo : non era giusto , lui aveva solo voluto sapere e la mamma lo aveva schiaffeggiato . La mamma non lo schiaffeggiava mai . “ Cosa ha Cristiano ?” aveva continuato a ripetere eccitato e nell'eccitazione non aveva certo notato in che stato era la mamma , stanca , confusa , con le mani sempre in mezzo ai capelli come uccellini impauriti . “ Cristiano ha la pilessia ? “ aveva chiesto alla fine , eccitato e curioso , e la mamma era scattata . Lo schiaffo aveva bruciato e lui aveva cominciato a piangere mentre la mamma lo sgridava e gli urlava che Cristiano non aveva niente . E la mamma piangeva . Se ne era andato piangendo e suo padre lo aveva trovato che guardava imbronciato la televisione senza davvero vederla . “ Dove hai sentito quella parola , Giorgio ? “ gli aveva chiesto suo padre sedendosi sul divano . “ La mamma parlava al telefono con la zia “ aveva risposto Giorgio senza guardarlo e con un tono che voleva essere di sdegno . Non gli dicevano mai niente , lo trattavano come un bambino piccolo , lui voleva solo sapere , non era giusto . Una vocina nella sua testa continuava a ripetergli queste frasi dal momento dello schiaffo e Giorgio aveva immaginato di andarsene di casa a vivere con i barboni . Oppure di portarli dal giudice come aveva visto in qualche film americano . Ma al momento del dunque non disse nulla di più . “ Giorgio “ disse suo padre e lui si girò a guardarlo con aria di sfida “ Quello che ha Cristiano... i dottori non sono ancora sicuri . Dovrà fare degli esami . E tu non devi andare in giro a parlare di cose che non sai . E non devi spaventare Cristiano , più di quanto sia già spaventato . Hai capito ? “ Giorgio annuì con la testa ma non disse niente . Ancora ingiustizie , gli ripeteva quella voce nella testa . Anche suo padre era contro di lui . “ Potrebbe darsi che non abbia nulla , Giorgio . Forse è solo stata una cosa che è successa una volta e non succederà più . E non voglio che tu lo spaventi . E' chiaro ? “ una nota di durezza aveva chiuso la frase e Giorgio si sbrigò a rispondere “ Si , papà “ . Ma era permaloso e si era tenuto il muso tutta la sera : il fatto che entrambi i genitori coccolassero Cristiano non aiutò il suo umore . E quindi adesso replicò stizzito al fratello con un bisbiglio che sembrava il verso di un serpente . “ Dormi e non dire stupidate “ . E si girò dall'altra parte del letto . Cristiano mantenne il silenzio per qualche secondo e poi con una vocina chioccia sussurrò . “ Ero una vecchina , Gio' “ e fece un rumore come di una risatina corta . Giorgio si dimenticò del suo broncio e si girò di nuovo nel letto . “ Come una vecchina ? “ domandò stupefatto . “ Si , una vecchina . “ disse Cristiano sempre a voce bassa “ Stavo su una sedia . Su un terrazzo , Piccolo , non come il nostro . Ero tutta .. “ si fermò alla ricerca di una parola “ Tutta grinzosa , come quando facciamo il bagno e ci vengono le mani grinzose . Ma tutto però , anche la faccia “ Qui si fermò come a riflettere dell'assurdità della cosa . Giorgio pure era sbalordito : una vecchina ? Un pensiero gli passò per la testa : se Cristiano va in giro a dire che ha la pilessia la mamma se la prenderà con me un'altra volta , anche se lui non gli aveva detto nulla e Cristiano doveva aver sentito in giro la parola come lui . Ma a dieci anni la curiosità era troppa e il pensiero fu immediatamente cestinato . C'erano cose più importanti . “ E chi era questa vecchina ? “ Chiese ed ora era appoggiato su un gomito e proteso verso il fratello , nel buio . “ Non lo so chi era . Però mi chiamavo Melina .” rispose Cristiano ed aveva un tono di gaio stupore . “ Come ti chiamavi ? Ma eri tu o eri lei ? “ chiese ancora Giorgio che si era dimenticato dello schiaffo , della mamma e di tutto il resto . “ Era come … “ ancora Cristiano non riusciva a esprimersi del tutto “ Era come se io non c'ero più . Cioè … io e la vecchina eravamo insieme . Come una persona “ concluse . Giorgio era sempre più curioso . “ E che facevate allora ? “ sibilò subito dopo . “ Col piede mi spingevo sulla seggiola . E guardavo le stelle . Avevo la gonna . “ disse con una punta di orgoglio . “ La gonna ? “ esclamò sbalordito Giorgio e poi , ricordandosi che doveva bisbigliare “ Come la gonna ? “ “ Si , si , una gonna “ disse Cristiano con tono sicuro “ E non ci avevo le scarpe . Però faceva caldo . E mi muovevo lento lento . Col bastone . “ “ Uau “ bisbigliò Giorgio . Cristiano andò avanti . “ E pensavo ad una bambina e a un signore alto con gli occhiali . Il signore si chiamava Giovanni . E poi pensavo ed ero al mare e correvo con mia sorella . “ “ Tua sorella ?” interruppe ancora Giorgio . “ Si , si . “ continuò Cristiano “ E lei mi diceva “ Corri , Melina , Corri “ e io correvo “ . “ E dopo ? Cos'è successo dopo ? “ Giorgio era curiosissimo di sapere cos'altro era successo . “ E dopo sono entrato e c'era la serranda col bottone . E poi ho fatto la pipì , seduto , come le bambine . E poi sono andato a letto . Mi ricordo che avevo dei mutandoni e c'avevo pure le pocce . Come mamma . Ma erano tutte secche . “ concluse Cristiano . Giorgio era a bocca aperta . La richiuse e chiese ancora “ E poi ? “ “ E poi mi sono svegliato e la mamma piangeva “ una nota di paura si insinuò nella voce “ e dicevano che mi volevo mangiare la lingua e che avevo la pilessia . E poi ho pianto “ disse Cristiano e si rese conto che stava per piangere di nuovo . Odiava piangere davanti a suo fratello . Ma Giorgio non colse nessuna di queste sfumature . Pensava alla vecchina che si chiamava Melina . E d'un tratto l'assurdità di suo fratello con la gonna che faceva la pipì seduto lo colpì in pieno . Giorgio cominciò a ridacchiare cercando di non fare troppo rumore e coprendosi la bocca con le mani . “ Che ridi ? “ domandò Cristiano disorientato e sospettoso . Giorgio gli rispose a spizzichi e bocconi , ancora soffocando le risa con le mani , che aveva la gonna e le pocce e faceva la pipì seduto . Poi divenne incomprensibile . Cristiano che era anche lui un po' permaloso si offese un poco . “ Non ti racconto più niente “ bisbigliò arrabbiato . Scusa tentò di dire Giorgio ma intanto continuava a ridacchiare . C'era una parte di Cristiano che pareva trovare anche lei la cosa divertente ma la sua parte arrabbiata la soffocava , come se ci si fosse seduta sopra . Così continuò ad ascoltare il fratello che ridacchiava con le sopracciglia contratte all'ingiù e le labbra in fuori . Finalmente Giorgio si calmò un po' e riuscì a scusarsi con il fratello . Non voleva offenderlo e di fatto avrebbe voluto ringraziarlo : era la storia più interessante che avesse sentito e ne era affascinato . Diventare qualcun altro era una cosa che non gli era mai venuta in mente ma la trovò subito interessantissima . “ Non è che volevo essere una vecchina . “ ci tenne a precisare Cristiano con tono indignato . Come se lui volesse essere una femmina , con le pocce e la gonna . Che idea cretina . “ Lo so , lo so “ lo tranquillizzò il fratello “ che figata . Pensa se diventavi … se diventavi Van Basten e potevi giocare col Milan e fare gol “ . Cristiano , che aveva un'idea piuttosto vaga di chi fosse Van Basten , fece un rumore di ammirazione . Rimasero un po' in silenzio e entrambi pensavano a chi volessero essere . “ Era bello anche essere la vecchina “ concluse Cristiano “ Era come .. come essere dentro … dentro la vecchina . “ Non sapeva spiegarlo meglio di così . Giorgio fece un grugnito di approvazione . Si sentiva bene e cominciavano a chiuderglisi gli occhi . Era già mezzo addormentato quando il fratello chiese con un bisbiglio preoccupato “ Mica muoio per la pilessia ? Mica mi chiudono in qualche posto e non mi fanno più vedere nessuno ? Eh , Giorgio ? “ Giorgio aveva sonno ma sentì la voce del fratello e ne riconobbe la paura e una nota di disperazione : voleva bene a suo fratello e non voleva che avesse paura , se poteva evitarlo . Un pensiero gli passò per la testa ed era come la lampadina di Archimede : fallo ridere . E Giorgio sapeva esattamente come far ridere il fratello . “ Ma sei proprio un besugo “ bisbigliò con un buffo tono di voce : era difficile imitare il Gabibbo bisbigliando ma lui ce la mise tutta “ Uè , besughiiii , ecco il più besugo di tutti . Il besugone “ continuò sempre imitando il personaggio della televisione . . Cristiano già rideva cercando disperatamente di tenere la voce bassa . Non resisteva a suo fratello che faceva le imitazioni . Lo faceva sbellicare . Intanto Giorgio era passato a Fantozzi , un altro dei loro preferiti , e mugugnava dicendo cose tipo “ Com'è umano lei “ e “ mi si sono intrecciati i diti “ . Cristiano si dimenava nel letto ridacchiando contro il cuscino . Si era dimenticato della “ pilessia “ , della vecchina e di tutto quello che era successo . Quando Giorgio bisbigliò con voce autorevole “ Fantozzi , merdaccia “ una nuova crisi di riso lo fece quasi cadere dal letto . Giorgio lo sentiva ridacchiare e sorrideva nel buio : era un po' preoccupato che la mamma si accorgesse di loro ma era contento che il fratello ridesse e non pensasse alle cose brutte . Quando finalmente finì di ridere Cristiano si rese conto di essere molto stanco . Uno sbadiglio enorme lo portò praticamente a metà strada fra veglia e sonno . Si accomodò meglio nel letto e bisbigliò , già quasi addormentato , “ era proprio una vecchina simpatica . “ Giorgio lo ascoltò respirare tranquillo . Ormai dorme , pensò con sollievo quasi paterno . Io vorrei essere un pilota di aerei , fu il suo ultimo pensiero e poi si addormentò anche lui . Fuori dalla porta socchiusa della loro camera la mamma piangeva di sollievo e di paura e di amore e di preoccupazione . Pianse per qualche minuto in silenzio e poi entrò nella cameretta . Baciò tutti e due i figli e aggiustò le coperte . Lasciò la lucina accesa . Non aveva sentito tutti i loro discorsi ma li aveva sentiti ridere e riuscì a dormire meglio di quanto si fosse aspettata . Stelle cadenti La bicicletta sfrecciava nelle stradine tutte uguali . Il ragazzino che ne spingeva con disperata ferocia i pedali aveva i capelli rossi tagliati a spazzola e il suo respiro affannoso si mischiava al rumore delle ruote nella notte silenziosa . Lampioni e villette tutte uguali . Qualche strada più in là il lungomare , la spiaggia e l'Adriatico . Le strade erano deserte . In un paesino piccolo come quello le strade erano deserte e silenziose anche nelle notti di Agosto : i giovani andavano a fare casino da qualche altra parte . Il ragazzino era sudato marcio e stringeva il manubrio con tale forza che le nocche si erano sbiancate : le gambe pompavano sui pedali e il cervello ignorava i muscoli e i polmoni che non ce la facevano più . Gli occhi del ragazzino guizzavano di qua e di la , spiritati . La bicicletta , una vecchia scassona a cui il ragazzino arrivava a malapena , si fermò indecisa ad un incrocio . Il ragazzino si guardò intorno con occhi di panico e di disperazione . Dopo qualche secondo scelse una direzione e riprese a pedalare furiosamente , respirando come un grosso cane in affanno . Il sudore ricominciò presto a corrergli a rivoli lungo il corpo . La luna , le case , il cielo lo guardavano indifferenti . Un ragazzino pelle e ossa che pedalava come un ossesso su una vecchia bicicletta troppo grande per lui . Nella mente del ragazzino era in corso un uragano tropicale di pensieri ed emozioni . Sottotraccia una preghiera veniva recitata da parte della sua coscienza come un mantra . Fammelo ritrovare , ti prego , fammelo trovare , per favore , fammelo trovare , che tutto si risolva in un incubo , ti prego , ti prego , ti prego . Sfrecciò davanti ad uno chalet deserto e svoltò di nuovo verso l'interno del paesello . Ogni pochi secondi doveva passarsi una mano sulla fronte perché il sudore gli bruciava gli occhi e gli annebbiava la vista . Il sudore e le lacrime . Ti prego ti prego ti prego ti prego . La strada ora era in leggera discesa e smise di pedalare perché i pedali giravano a vuoto . Guardò a destra e a sinistra , sempre con la stessa espressione di disperato panico . Alla lontana si indovinavano le sagome scure del Luna Park . Forse è andato la . Oddio ti prego . Fa che sia la . Il ragazzino si passo di nuovo una mano sugli occhi e riprese a pedalare con furia . Centocinquanta metri dopo , dove la discesa si diradava e la strada svoltava , la luna si nascose dietro una nuvola e la ruota anteriore si infilò repentinamente in una buca dell'asfalto . Alla velocità a cui andava avrebbe forse potuto tenere in piedi la bicicletta ma si stava di nuovo passando la mano destra tra i capelli e il manubrio si piegò verso sinistra . La bicicletta si fermò di colpo e il ragazzino fu disarcionato con forza . Atterrò un battito di ciglia dopo sbattendo con forza la testa sull'asfalto rovinato . Perse subito i sensi . Un ragazzino con pantaloncini e una maglietta di Italia '90 . Una strada deserta senza lampioni , illuminata dalla luna d'agosto . Ai lati della strada campi incolti e in lontananza le sagome delle attrazioni . Gli occhi chiusi del ragazzino erano rivolti verso il cielo . Nel buio di quella zona periferica le stelle la facevano da padrone assieme alla luna ormai un po' calante . Nel buio e nel silenzio una stella cadente solcò la volta stellata . Il ragazzino non la vide . Il ragazzino era sdraiato in una posizione strana e sanguinava da un taglio nella parte superiore del sopracciglio . La bicicletta giaceva a qualche metro . La stella cadente fece un giro lungo , forse un paio di secondi , e scomparve . Il ragazzino rimase a terra nella notte silenziosa . X “ Eccola ! L'ho vifta ! L'ho vifta “ . Giacomino gridava felice con un dito puntato verso il cielo e con la sua esse spastica , come la chiamava Felice . Era sdraiato sullo scivolo mentre i fratelli Bordò si dividevano le altalene . Michele , che chiamavano tutti “ Roscio “ per via dei suoi capelli , era sulla piattaforma che girava assieme a Vincenzo , appoggiati su uno dei sostegni di metallo . Il piccolo parchetto era di terra polverosa e contava anche un paio di coccinelle di quelle con la molla sotto per dondolarsi . Tutto intorno il villaggio “ Little Star “ con i suoi piccoli appartamenti dai colori pastello e le mura che cominciavano a scrostarsi . Tutte le teste si voltarono nella direzione indicata da Giacomino ma era troppo tardi . La stella cadente se ne era scappata . Era il due agosto , sette giorni prima che Michele volasse via dalla bicicletta . “ Te la sei inventata , spastico ! “ sibilò Felice Bordò dall'altalena . Era piccolo e rotondetto e aveva una vena da bulletto . Suo fratello Danilo , che invece era alto e secco , sembrava perso dietro altri pensieri e guardava ancora il cielo , “ Non è vero , ftronzo ! “ protestò Giacomino , tirandosi a sedere sullo scivolo . “ Ftronzo “ gli fece il verso Felice . Danilo ridacchiò . Giacomino si fece rosso rosso e stava per replicare qualcosa . Poi la discussione sarebbe degenerata e Giacomino se ne sarebbe andato a casa gonfiando il petto e trattenendo furiosamente le lacrime . “ L'hai espresso il desiderio , Giacomino ? “ si interessò invece Vincenzo , Giacomino fu lieto dell'interruzione e fiero che Vincenzo gli credesse e si interessasse a lui . Vincenzo era il loro piccolo Dio . “ Si , ho chiefto ..“ cominciò gaio Giacomino ma Vincenzo lo interruppe subito “ Non si deve dire , sennò non si avvera “ . Vincenzo era di San Severo e parlava con un accento che lo faceva sembrare un po' più grande . Era il più alto di tutti e aveva i capelli neri e lisci che spesso gli coprivano gli occhi . Sembrava un po' Ghemon , l'amico samurai di Lupin , quello che apriva i carri armati in due con la spada , aveva confidato una volta Michele a Giacomino . “ Dovevi chiedere di non parlare come uno spastico “ disse con cattiveria Felice . “ E smettila , cretino “ gli rispose Vincenzo . “ Che fai , mò difendi gli spastici ?” lo sfidò il panzone con tono di scherno . “ Faccio quello che voglio e se non la smetti ti meno pure “ considerò Vincenzo con un sorrisetto . Felice vide la mala parata e si chiuse in un imbronciato silenzio . Rimasero tutti per un po con i loro pensieri . Giacomino era soddisfatto che quello stronzo di Felice fosse stato umiliato . Felice covava rancore verso Vincenzo e gli altri . Danilo era impegnato ormai da un po' in un sogno erotico ad occhi aperti causato da un giornaletto porno che era riuscito a sbirciare la mattina all'edicola . Vincenzo guardava ancora il cielo e pensava a cosa desiderare se vedeva una stella cadente : era indeciso tra il pallone da calcio di cuoio vero che aveva visto alla Standa o uno skateboard , che era un suo vecchio sogno ( anche se non sapeva dove sarebbe potuto andarlo a comprare ) . Michele invece pensava ai guai suoi : a casa sua girava un'aria pesantissima e lui aveva passato tutto il giorno a rimuginare odio e veleno verso suo padre . Aveva pure pensato di scappare . Non ne aveva parlato con nessuno , nemmeno con Vincenzo , ma tutti lo avevano visto di che umore era . “ E fse andiamo alle macchinette ? “ propose Giacomino dopo qualche minuto . La proposta fu accolta con discreto entusiasmo da tutti , anche da Danilo che non teneva nemmeno duecento lire . Era meglio che stare li ad annoiarsi e a punzecchiarsi . “ Me ne vado a casa “ annunciò Michele con tono scontroso e senza guardare in faccia nessuno . “ Meeh , ci prendiamo un gelato “ provò a convincerlo Vincenzo . “ No , non mi va “ rispose a occhi bassi Michele e girò i tacchi mentre gli altri si avviavano . Mentre si allontanavano sentì Giacomino che chiedeva a Vincenzo “ Che c'ha il Roscio ? “ . Non sentì la risposta di Vincenzo e dopo qualche secondo era rimasto solo . La verità era che non poteva uscire dal villaggio , per espresso ordine di suo padre . Si vergognava a dirlo agli altri . E adesso ? Michele tirò un calcio a un sasso , alzandosi dal seggiolino su cui si era appolaiato . Non aveva voglia di tornare a casa . Rimase li a tirare calci ai sassi e a covare frustrazione . La sensazione di ingiustizia e depressione sembrava essersi piazzata tra la gola e gli occhi e gli faceva venire voglia di piangere . Invece tirava calci ai sassi e dopo un po' si sedette su una delle due altalene , ormai libere . Stava ormai per andarsene quando la stella cadente gli apparve maestosa nella notte di Agosto . Che se ne vada affanculo , pensò con ferocia . Ecco il mio desiderio . Che se ne vada affanculo , quello stronzo . Si alzò e si avviò verso casa strisciando i piedi . Lo stronzo , cioè suo padre , non fece commenti quando rientrò : stava guardando il calcio . Sua madre provò a intavolare una conversazione ma Michele tagliò corto . Dette la buonanotte con un tono che sperava gelido e se ne andò in camera sua . Aveva il sonno pesante e non sentì il telefono squillare nel cuore della notte . X Il gestore del bagno “ Capriccio “ gli faceva la guerra da quando era cominciata l'estate ma doveva sopportarli perché la madre di Giacomino era una cliente storica . Delinquenti , pensava accigliato mentre li guardava spruzzarsi e rotolarsi nell'acqua . Michele era raggiante e rideva e scherzava . Si prese in un'imitazione di lotta con Vincenzo e si azzuffarono per scherzo mentre gli altri gridavano e gli tiravano acqua in faccia . La mattina aveva portato buono : lo stronzo se ne era andato . Questioni di lavoro , aveva precisato sua madre al tavolo della colazione . Due ore dopo Michele era sdraiato insieme agli altri sul bagnasciuga , sorridente e rilassato . Chiacchieravano di imprese scolastiche ma si interruppero quando videro arrivare Giacomino , sgargiante in tenuta da giocatore della squadra di calcio della Germania . Era la sua ossessione e gli aveva rotto le scatole fino allo sfinimento : lo stesso aveva fatto con i suoi e con chiunque gli desse retta . La maglia era bianca con una striscia gialla e nera a ricordare i colori della bandiera . Giacomino sfoggiava un sorriso da orecchio a orecchio . “ E questa da dove è uscita ?” domandò Vincenzo a nome di tutti . “ Bella , eh ?” si pavoneggiava Giacomino al colmo della felicità “ Mio zio Giovanni me l'ha regalata . E' venuto ftamattina . “ mentì e si girò a mostrare il retro . “ Forte , t'ha fatto scrivere il nome ! “ disse ammirato Michele . Sopra il numero 10 scintillava in lettere eleganti il nome Giacomo . “ E' originale “ tenne a precisare Giacomino “ Tocca qui , che fico ! “ . Tutti toccarono il tessuto e ammirarono le trasparenze e gli arabeschi in filigrana . “ Allora dobbiamo fare una partita ! “ concluse Vincenzo e andarono al campaccio ,dietro la ferrovia . Giocarono fino all'ora di pranzo e Giacomino fece pure due gol . Camminava a mezzo metro da terra di ritorno al suo appartamento . Michele si spazzolò un piattone di spaghetti e si mise sul divano con un Topolino nuovo . Non si ricordava l'ultima volta che si era sentito così felice . Si addormentò al fresco del salotto e passò un pomeriggio fantastico con i suoi amici . La sera strappò un permesso distratto alla madre e assieme agli altri andò a giocare ai videogiochi e si prese pure un bel gelato . Si erano dimenticati delle stelle cadenti e chiacchieravano mangiando i loro coni , Giacomino sempre con la sua maglietta . Di tutti e cinque solo Danilo si era accorto della coincidenza : Giacomino aveva visto la stella cadente e si era presentato con la maglietta che desiderava da chissà quanto tempo . Sicuro che aveva desiderato la maglietta la sera prima . E pure Michele , lo sapevano tutti che odiava suo padre e quello , puf , se n'era sparito . E Michele era rimasto da solo ieri sera : poteva benissimo aver visto una stella cadente pure lui . Nessuno lo vide sgattaiolare dal suo appartamento quando Felice si era addormentato quella notte . Se n'era andato al parchetto e guardava il cielo . Aveva un po' freddo e anche sonno ma era determinato . Rientrò che era tardi e si mise a letto . Inutile nasconderselo , ci sperava . X “ Meh , dove sta Danilo ? “ domandò Vincenzo il mattino dopo in spiaggia . Felice alzò le spalle . Non si sentiva bene , aveva detto . Se ne era rimasto a casa . Danilo aveva detto di avere mal di testa e aveva aspettato pazientemente che suo fratello e sua madre se ne andassero al mare . Appena li aveva visti allontanarsi dal terrazzino si era catapultato in salotto e aveva acceso la televisione . Il canale lo sapeva a memoria , il trentotto . Tele più Canale Erotico . Aveva passato ore a farsi venire il mal di testa per cercando di decifrare le immagini criptate . Se non pagavi l'abbonamento la trasmissione veniva oscurata e si poteva solo cercare di indovinare . Danilo rimase a bocca aperta . Il canale trentotto , in tutta la sua gloria , era perfettamente visibile . Si affrettò ad abbassare il volume mentre una bionda mozzafiato era impegnata con due uomini neri in acrobazie pornografiche inimmaginabili . Passò le seguenti quattro ore davanti alla televisione e consumò un numero importante di fazzoletti di carta . I suoi occhi avidi immagazzinavano scena dopo scena e le salvavano nella memoria per future proiezioni mentali . All'ora di pranzo sua madre si preoccupò : era pallido e aveva l'aria sbattuta . Danilo stette al gioco e con galanteria insistette perché la sua famiglia andasse a divertirsi e non passasse pena per lui . “ Casomai ti telefono al Capriccio “ disse a sua madre con i suoi migliori occhi da Bambi “ Che stai a fare tutto il giorno chiusa in casa ?” . La madre finalmente acconsentì , dopo avergli misurato la febbre e avergli somministrato un'aspirina . “ Se ti senti male telefonami , mi raccomando “ gli disse dalla porta . “ Ciao Danì “ lo salutò suo fratello che , panzone scemo che era , non sospettava nulla . Sicuro torna prima , pensò Danilo , e si affrettò a tornare alle sue occupazioni . Fu solo all'ora di cena , sempre più sbattuto e con due belle occhiaie di contorno , che realizzò la portata degli avvenimenti . Il bicchiere gli scivolò dalla mano e si schiantò per terra . Si avverano i desideri pensava Danilo a bocca spalancata . Si avverano per davvero . Danilo se ne andò a letto presto , rimuginando su una lista di meraviglie che per la prima volta nella sua vita sembravano a portata di mano . X Il terzo giorno cominciò senza sole . Nuvole bianche coprivano il sole e la spiaggia era deserta . Erano di nuovo tutti al parchetto , annoiati . Giacomino sfoggiava la sua maglietta bianca . Il padre di Michele era sempre assente . Pure Danilo scese al parchetto , che sua madre si era installata in casa visto il brutto tempo . Aveva paura che per caso finisse sul canale trentotto e scoprisse il suo segreto ma dopo mezz'ora di Beautiful non ne poteva più . Che lo scoprisse , non poteva certo accusare lui . “ Se viene il genio della lampada voi che gli chiedete ?” domandò agli altri , dondolandosi sulle altalene . “ Il genio di che ? “ chiese Felice . “ Il genio della lampada . Quello che avvera i desideri . “ . Felice ci pensò su . “ La Ferrari “ concluse . “ La moto “ disse Vincenzo . “ La Mountain Bike “ Michele . Giacomino ci pensò su . Un desiderio ce l'aveva anche lui ma si vergognava a dirlo . “ Io pure la Ferrari “ mentì . “ Eh , ma la Ferrari poi non te la fanno guidare . “ considerò Danilo “ Ci vuole la patente “ “ E io la guido uguale . Me ne fotto ! “ disse sfidante Felice . “ E tu che vorresti ? “ gli domandò Michele . Appunto a quello stava pensando . Soldi ? Ma per comprarci che ? Il Sega Megadrive ? Gli sembrava troppo poco . La collezione di Topolino . Ma gli sembravano desideri da bambino . La mente eccitata da un giorno e mezzo di film pornografici gli sussurrava altri desideri . Ma si poteva desiderare una cosa così ? Allargò le braccia per far capire a Michele che , appunto , non aveva deciso . Felice conosceva suo fratello e cominciò a insospettirsi : quello non diceva così per dire . Che aveva in mente ? Decise che non era il caso di affrontarlo direttamente : avrebbe negato ed era più forte di lui , lo poteva menare . No , doveva fare come un detective , tenerlo d'occhio , spiarlo . Quello teneva un segreto , sicuro . Gli altri fantasticavano a voce alta : chi voleva una villa , chi voleva giocare nella Juventus , Vincenzo voleva andare a Gardaland . Il pomeriggio tornò il sole e lo passarono a mare , a giocare a biglie e a fare il bagno . La sera il cielo era sgombro e stellato . A notte fonda Felice sentì la porta che si apriva e si affacciò cauto alla finestra . Lo sapevo , pensò esultante vedendo suo fratello che sbucava sotto di lui . Si affrettò ad inseguirlo . Danilo , all'oscuro di tutto , aveva deciso di andarsene alla spiaggia . Se vedeva una stella cadente aveva intenzione di desiderare qualcosa di grandioso : due ragazze , come nel film “ Studenti vogliose “ che aveva visto la notte prima verso le tre del mattino sul suo canale magico . E se non funziona vuol dire che era tutta una coincidenza e il televisore si era impazzito . Felice lo seguiva a distanza di sicurezza , un po' spaventato dal buio ma troppo curioso per desistere . Si appostò dietro una palma rachitica e osservò il fratello . Si era sdraiato in spiaggia . Che fa ? Si domandò Felice . Non aveva risposte . Passò del tempo . Faceva fresco e Felice sentiva gli occhi pesanti ma non riusciva a mollare l'osso : che diavolo combina ? Aveva fatto mille ipotesi : suo fratello era impazzito , aveva un appuntamento con qualcuno , si era innamorato e sospirava alla luna . E quello se ne restava fermo , sdraiato come uno scemo . Passò altro tempo . Felice non aveva l'orologio ma era tardi , sicuro . Finalmente suo fratello sembrò ridestarsi dal coma : Felice lo vide alzarsi e anche da lontano si capiva che era nervoso , elettrizzato , si guardava intorno girandosi di qua e di la . Felice si acquattò dietro la sua palma , sempre più perplesso . Quando si sporse a guardare suo fratello si dirigeva verso le cabinette per cambiarsi . Ne aprì una , entrò e si chiuse la porta dietro . Questa poi , pensò Felice . Danilo è uscito scemo davvero . Si avviò con passo felpato verso le cabine , tutto piegato per cercare di rendersi invisibile . Cominciò a sentire risatine e rumori , affievoliti , da dentro la cabinetta dove era entrato il fratello . Allora aveva un appuntamento , concluse . Ma con chi ? Gli sembravano voci di donna . Percorse gli ultimi metri con precauzione quasi comica . Adesso sentiva qualcuno che ansimava e rumori come di risucchio . La porta della cabina era zigrinata e lasciava intravedere strisce di quello che succedeva dentro , alla luce fioca della luna . Felice vide la faccia di suo fratello affondata in quelle che sembravano due tette , vide braccia e gambe e lunghi capelli , vide natiche e ginocchia . E poi sentì gemiti e mugolii . E finalmente capì : scopavano ! Sbirciò ancora , sbalordito . Ed erano in tre . Danilo e due ragazze . Felice era due anni più piccolo di Danilo e la pubertà ancora in bocciolo ma si sentì lo stesso eccitato : erano due ragazze bellissime , con i lunghi capelli biondi e nel piccolo spazio della cabina sembrava si fossero fusi tutti e tre in un abbraccio sincopato che aumentava di velocità con il passare dei secondi . Adesso apro e lo sputtano , penso Felice . Si , così ti riempie di botte gli rispose una voce nella sua testa . E io lo dico a Mamma . Accarezzo il pensiero per qualche secondo mentre il ritmo dentro aumentava e la cabina sembrava sul punto di esplodere . Poi si allontanò per la spiaggia , alla luce tenue della luna . Se ne tornò a casa a passo lento , rimuginando . Parte di se gridava di svelare il segreto del fratello , oppure di ricattarlo o di dirlo a sua madre . Ma c'era qualcosa che voleva capire e gli diceva di aspettare . Qui c'è qualcosa che non torna . Ci stava pensando ancora , già nel letto . Ricapitolava : Danilo che esce di nascosto la notte , si sdraia in spiaggia e aspetta due ore poi arrivano due ragazze bonissime e scopano . Non ha senso . Se avevano un appuntamento cosa era rimasto a fare due ore sdraiato in spiaggia ? E poi chi erano quelle due ? Mai viste prima . E poi quello spastico di Danilo , figurati . Continuava a girare intorno alle sue domande quando si addormentò . Si sveglio di soprassalto e doveva essere l'alba perché si indovinava un po' di luce fuori . Danilo dormiva beato accanto a lui . Le stelle cadenti ! Urlava il suo cervello . Aveva capito tutto nel sonno . I desideri delle stelle cadenti ! Si avverano davvero ! Si rimise sdraiato , si era tirato a sedere quasi involontariamente nello svegliarsi , e un sorriso lento lento si formò sul suo viso rotondo . X Il quarto giorno il segreto durò fino a sera . “ Eccolo là “ gridò Vincenzo quando vide la sagoma di Danilo alla fine del pratone che si avvicinava . Erano le undici e mezza ed erano al campetto da almeno un'ora . Vincenzo e Michele tiravano in porta , Felice faceva il portiere . Ma non si muoveva ed era come se non ci fosse . Gli amici lo sfottevano e gli gridavano Piscione ma lui sembrava si accorgesse che avevano tirato due o tre secondi dopo che il pallone era entrato in rete . E non reagiva agli insulti : li guardava con un'espressione ebete e andava a recuperare il pallone in fondo al sacco . Era proprio strano e Vincenzo e Michele si era lanciati sguardi per tutta la mattina . Michele aveva pure chiesto sottovoce “ Che ha ?” a Vincenzo mentre Felice recuperava un pallone finito nella sterpaglia . Vincenzo non aveva potuto che alzare le spalle . Lo stesso aveva fatto Felice quando gli avevano chiesto di Danilo : che , sta male pure oggi ? Boh , aveva bofonchiato Felice con l'aria di uno che si fosse drogato come un cavallo . Pure Giacomino non c'era . Forse doveva fare qualcosa con la madre , pensava Michele . Suo padre , lo stronzo , era ancora mancante e cominciava a sentir crescere qualcosa sotto la felicità egoista di non averlo tra i piedi . Sua madre gli era sembrata stanca e pensava gli stesse dicendo bugie . Un lavoro improvviso . Ma non l'aveva guardato negli occhi . Il pallone aveva cancellato tutti quei pensieri come il cancellino della lavagna . Ed ecco Danilo . E con un sorriso a diciotto carati . “ Uè , Danilo , facciamo all'americana ?” domandò Vincenzo vedendolo avvicinare . Danilo li guardò sorridendo . “ Certo , perché no ? “ e si era levata la maglietta . Felice sembrò scuotersi dal coma ebete in cui galleggiava e salutò il fratello con un ghigno “ Ciao Danilo . Hai fatto proprio una dormita , eh ? “ Vincenzo e Michele notarono il tono da serpente di Felice ma Danilo sembrava troppo raggiante e non se ne accorse nemmeno . Giocarono all'americana per un'altra oretta e Michele si sorprese più volte a sbirciare di straforo gli occhi di Felice che non si staccavano dal fratello : brillavano di una felicità cattiva , qualcosa che associava ai cattivi dei film che guardava in televisione . Nel pomeriggio si erano dati appuntamento al Capriccio e ancora una volta Giacomino non c'era . Non c'era nemmeno Michele che si stava annoiando da matti con suo cugino ai bagni “ Principessa “ : la zia e suo cugino erano venuti a pranzo e il pomeriggio erano scesi tutti a mare : non aveva nemmeno provato a sganciarsi , sapeva che il suo destino per quel giorno era segnato . Vincenzo e Danilo discutevano dell'assenza di Giacomino e pensarono di andarlo a cercare o almeno di domandare alla madre ma le due Michele apparvero sulla scena e cambiarono faccia alla giornata . X Le due Michele erano Michela Rigitano e Michela Campana , entrambe dodici anni , migliori amiche per forza quell'estate . Michela Rigitano era piccola e cicciottella , con i capelli ricci neri : l'estate prima faceva comunella insieme alla sua vera migliore amica , Romina Cascioni . Ma quest'anno Romina non veniva e si doveva accontentare della Campana . Michela Campana era alta per la sua età e aveva lunghi capelli castani . Come dicevano i suoi compagni di scuola era piatta come un asse da stiro . Era la prima volta che andava in vacanza con i suoi al villaggio ed aveva ceduto facilmente alle lusinghe dell'altra Michela : era una timida e cedeva su tutto pur di sentirsi accettata dall'amica . Aveva ceduto anche sull'andare a trovare i maschi , idea che aveva tirato fuori Michela Rigitano quando era finito “ Non è la Rai “ . Si sentiva a disagio e in qualche modo nuda davanti a quei ragazzini che aveva intravisto al parchetto e stava un passo indietro all'amica con un sorriso scemo in faccia . Michela Rigitano aveva una cotta per Vincenzo dall'estate scorsa e faceva sfoggio delle tecniche femminili che scimmiottava dalla televisione . “ Ciao , che fate ? “ domandò mettendosi a sedere sull'asciugamano di Vincenzo con nonchalance . Vincenzo si irrigidì subito e balbettò qualcosa di rimando . L'altra Michela ancora in piedi come un palo era divorata dal disagio e dalla timidezza . “ Lei è un'amica mia , si chiama pure Michela “ la presentò l'altra . I tre ragazzini bofonchiarono un “ Ciao “ strascicato e lei continuò a sorridere come una scema , indecisa se sedersi o meno . “ Vieni , siediti pure tu “ le disse Michela Rigitano e lei si accucciò come un cagnolino vicino all'amica . Michela Rigitano si lanciò subito in una filippica sul suo futuro di starlette televisiva volta ad impressionare Vincenzo che la guardava inebetito e travolto dal fiume di parole . Il ragazzino alto e magro con i boxer rossi si rivolse a Michela Campana con calma naturalezza . “ E' la prima volta che vieni al villaggio ?” e aggiunse “ Io mi chiamo Danilo “ . “ Piacere . “ rispose timida Michela e le sembrava che le andassero a fuoco le orecchie “ Si , è la prima volta che veniamo . Prima andavamo da mia nonna , in Puglia “ . Danilo considerò l'informazione e passò oltre “ Che classe fai ? “ chiese mentre la guardava . Michela rispose con gli occhi bassi “ La seconda media “ . “ Pure io “ fece Danilo “ Quest'anno ci sono gli esami “ e lanciò un grosso sbadiglio . Un sibilo inatteso giunse dal bambino ciccione che avevano alle spalle “ Se non ti bocciano di nuovo “ proferì sarcastico Felice . Michela rimase imbarazzata ma Danilo alzò le spalle . In sottofondo sentivano il rumore della parlantina interminabile di Michela Rigitano che era passata ai Take That e sciorinava articoli di “ Cioè “ al povero Vincenzo . “ La professoressa d'italiano mi odia “ disse calmo Danilo . Si sentiva come uno di quei bonzi dell'india : calmo e tranquillo , sentiva il suo corpo come un perfetto meccanismo oliato e la sua mente come un mare placido dalle acque chiarissime . Michela cominciava a essere interessata a quel ragazzo alto e magro : le piacevano i suoi modi calmi e le sembrava che avesse un atteggiamento quasi da adulto . Leggeva un che di saggio in quei grandi occhi neri . Felice intanto schiumava rabbia in silenzio : se c'era qualcosa che lo faceva veramente imbestialire era vedere suo fratello così rilassato e di buon umore . A fare il cretino con quella ragazza . Felice non aveva alcun interesse per quella Michela li , come non ne aveva per le femmine in generale , ma era competitivo di natura e con suo fratello diventava ossessivo . Sentiva come una vibrazione di essere rimasto escluso dalla situazione , come un soprammobile che nessuno nota . Danilo e Michela intanto chiacchieravano delle loro esperienze a scuola , lui con la testa da un'altra parte e lei dolorosamente cosciente di ogni singola parola che la timidezza lasciava passare . Felice si alzò e annunciò scontrosamente che si andava a fare un gelato allo chalet . Nessuno se ne accorse . Camminava a occhi bassi di pessimo umore . Al bar prese invece una coca cola e un pacchetto di Fonzies . Alla radio passava Jovanotti . “ Sei come la mia moto , sei proprio come lei andiamo a farci un giro , fossi in te io ci starei “ Per felice Jovanotti era il massimo : non tanto per la musica quanto per l'immaginario che era quanto di più ribelle riuscisse a concepire la sua mente di undicenne di provincia . Si era sognato mille volte di andare in giro con una moto di grossa cilindrata , una giacca di pelle con la bandiera dell'America e il cappellino all'incontrario . Sarebbe una figata , pensava mentre si mangiava i suoi Fonzies , Gliel'avrebbe fatta vedere lui a Vincenzo e a quello stronzo di suo fratello . E mentre ingollava patatine untuose una voce nel suo cervello gli ricordò che adesso poteva farlo , che adesso sapeva qual'era il segreto . Un sorriso si aprì sul suo viso mentre Felice , seduto da solo sul tavolinetto sporco , pensava alla faccia di quegli scemi quando sarebbe arrivato con la sua moto vestito come Jovanotti . Nessuno si accorse di lui e del suo sorriso . Sei o sette ore più tardi erano tutti davanti al Chioschetto seduti sul parapetto di cemento che delimitava la spiaggia . La notte era chiara e faceva un bel caldo . Circa le nove , ancora un'oretta prima di dover andare a casa . C'erano Michele con suo cugino Luigi , che si era dovuto portare appresso per forza , Michela Rigitano con i rotoli che sporgevano dai jeans troppo stretti che si strusciava a Vincenzo e Danilo e l'altra Michela seduti uno accanto all'altro sul muretto a guardare la gente che passeggiava . Michela Campana pensava a Danilo e si sentiva come in una scena da telefilm americano . Danilo pensava ad una stella cadente e a Moana Pozzi . Michela Rigitano pensava , o meglio sentiva che il suo bel pesciolino stava abboccando all'amo . Vincenzo pensava a non fissare troppo le tette di Michela che le aveva grosse per la sua età e le aveva messe in risalto con una maglietta attillata : Vincenzo sentiva che il suo corpo e la sua testa non rispondevano più al controllo , gli ormoni avevano preso il sopravvento . Michele chiacchierava con suo cugino di cartoni animati ma era preoccupato per quello che succedeva a casa sua dove suo padre ormai mancava da due giorni interi e sua madre pareva distrutta . Luigi , che aveva nove anni e si sarebbe trovato più a suo agio con Giacomino , era contento di essere in giro la sera e si sforzava di comportarsi da grande il più che poteva . Il rombo potente e in qualche modo rotondo del motore di grossa cilindrata li interruppe tutti . A bassa velocità una moto fichissima di quelle americane avanzava sul lungomare con maestosa regalità . Alla guida c'era Felice ! Felice ! Lo videro tutti montato sopra quel mostro cromato con un “chiodo” di pelle nera e un cappellino con le lettere NY a coprirgli gli occhi . La scena era in qualche modo comica ma a nessuno venne in mente di ridere . Erano stupefatti . Felice , tronfio come un rospo , si avvicinò facendo cantare il motore e frenò a qualche metro dagli amici . Parve che dovesse schiantarsi a terra ma riuscì in modo miracoloso a smontare a terra con entrambi i piedi a terra ed a mantenere la moto enorme in equilibrio . “ Vincenzo “ ordinò “ scendimi il cavalletto , veloce “ . Vincenzo , che era a un metro , piazzò un piede sul cavalletto e il meccanismo scattò bloccando il mostro da entrambi i lati . Felice smontò con lentezza e li guardò . Bocche aperte e occhi enormi lo fissavano . Si aggiustò il giubbotto di pelle e il cappellino con studiata lentezza , sentendosi come Tom Cruise in Top Gun , e con annoiata naturalezza domandò : “ Bella , eh ? “ Il primo a reagire fu Luigi che dall'alto dei suoi nove anni proruppe nel primo “ Porca puttana “ ad alta voce della sua vita . Si avvicinò alla moto con passi pieni di cautela e ammirazione , mangiandosela con gli occhi . Il sellino , lungo e sinuoso , era di pelle nera , lucida e morbida , i manubri erano lunghissimi ed arcuati e risplendevano come argento , la parte anteriore era stata dipinta con fiamme arancioni e rosse sullo sfondo nero , le ruote erano enormi e la marmitta grossa come la coscia di un calciatore e cromata . “ E' bellissima “ sussurrò Luigi mentre accarezzava il sellino . “ E' un chopper “ disse con autorevolezza Felice che si era appoggiato con naturalezza sull'enorme mostro di metallo e giocherellava con il suo cappellino aggiustandoselo sulla testa . Gli altri uscirono poco a poco dall'immobile stupore che li aveva presi e si avvicinarono all'apparizione da tutti i lati ammirando i dettagli . Felice sorrideva con il petto gonfio osservando gli amici , al settimo cielo . “ Ma dove l'hai presa ? “ chiese infine Vincenzo con occhi grandi da cartone animato . “ Che importa ? “ rispose Felice “ Ti piace ? “ “ E' bellissima “ rispose Vincenzo confuso e guardò Michele che era ancora più stupefatto . “ Ma la puoi guidare ? “ domandò Michela Campana che si chiedeva confusa se ci voleva la patente per guidare la moto : perlomeno ci vogliono quattordici anni , pensava . “ Certo , non mi hai visto ? “ rispose con arroganza Felice “ Vuoi fare un giro ? “ le domandò con un sorrisetto da squalo . Michela fece un passo indietro , come spaventata dalla prospettiva , e arrossì . “ Lo faccio io , un giro “ si fece avanti l'altra Michela sorpassando l'amica : Vincenzo o non Vincenzo quella era una moto mondiale e ci potevano andare pure a Moggiano in discoteca . Felice si aggiustò definitivamente il cappellino e l'aiutò a salire . Salì lui stesso e accese con la chiave . Il motore emise un rombo che sembrava la fine del mondo e la marmitta sputò fumo bianco . Felice scese dal sellino e puntò i piedi a terra . Spinse in avanti e non appena il meccanismo del cavalletto scattò balzò sul sellino con velocità da gatto e diede gas . La moto approvò soddisfatta alzando i giri del motore e la velocità la mantenne in equilibrio . Pochi secondi dopo la moto era sparita all'orizzonte e se ne sentiva solo il rombo lontano ; l'aria era satura dell'odore di fumo e di benzina , quasi a testimoniare che non si trattava di un'apparizione . Rimasero tutti a guardare la strada e quasi saltarono in aria quando il gestore del chioschietto domandò avvicinandosi “ Ma che era Felice quello ? Ma che è matto ? Dove l'ha presa quella bestia ?” . Tutti lo guardarono come se parlasse un'altra lingua , ancora prigionieri della meraviglia . Michele pensò a qualcosa da dire , si rese conto che non aveva detto una sola parola in cinque minuti e si bloccò di nuovo . Vincenzo provò anche lui a parlare e si accorse che aveva la mascella spalancata . L'adulto li guardò e vide specchiata la sua confusione negli occhi di quei bambini : si grattò la testa e pensò che aveva voglia di una sigaretta . Si girò e se ne andò a recuperarle al bancone senza una parola . Rimasero tutti immobili . All'improvviso Danilo disse “ Mi sento male “ , si girò e vomitò sul marciapiede . X Danilo vomitò la sua confessione subito dopo la cena . Ritrovarono tutti la lingua e i minuti volarono tra una domanda e l'altra . Danilo aveva glissato sul canale trentotto e sulle due ragazze della sera prima : li per li non aveva saputo cosa inventarsi e aveva stornato la conversazione sulla moto di Felice . Quella l'avevano vista tutti . E anche la maglietta di Giacomino . Danilo se ne andò a casa da solo , con la faccia lunga e lo stomaco ancora in disordine : non aveva più voglia di avventure sessuali e pensava a cosa avrebbe raccontato a sua madre a proposito di suo fratello . Michela pure se ne andò da sola domandandosi se la stessero prendendo in giro oppure se si trattasse di ragazzini con problemi mentali . E se fosse vero ? Cosa chiederesti ? Vincenzo fece trio con Michele e Luigi . “ Tu ci credi ? “ gli domandò Michele che si stava rodendo sul destino di suo padre . Poteva essere vero ? L'aveva veramente mandato via per sempre ? Morto ? Ucciso ? Da lui ? Vincenzo , che aveva capito a cosa pensava Michele , era rimasto cauto . “ Non lo so . Ma può essere pure che c'è un'altra spiegazione . “ aveva detto e adesso la cercava nella sua testa . Da dove poteva essere spuntata fuori la moto ? E Giacomino che fine aveva fatto ? Luigi fantasticava e guardava il cielo . Gli altri due se ne accorsero ma non seppero cosa dirgli . “ Quand'è San Lorenzo ? “ domandò all'improvviso Michele “ San Lorenzo è quando cadono tutte le stelle , vero ? “ e guardava Vincenzo con una strana espressione di speranza e disperazione . “ Mi pare che è il dieci Agosto “ rispose Vincenzo stupito dell'amico . Quando arrivarono al villaggio lo fecero in silenzio . Non trovavano più cose da dirsi . Non si salutarono nemmeno . Vincenzo se ne andò a letto ma fissava il soffitto e il suo cervello era un'interminabile macchina di pensieri e domande , come le macchine dello zucchero filato alle giostre che girano e girano lo zucchero . Michele e Luigi salirono in silenzio le scale e trovarono sua madre in lacrime con la zia che le accarezzava i capelli . Luigi ne fu incuriosito , Michele sentì aria di disastro e una cappa nera lo avvolse come un mantello . “ Mamma “ disse imbarazzato e sentì le lacrime che spuntavano dai suoi occhi “ Mamma , che è successo ? “ “ Tutti e due a letto subito “ li prese di petto la zia e li portò in camera loro nonostante le proteste di Michele “ Non è niente , Michele . Non ti preoccupare . Vai a letto e non ci pensare “ gli diceva la zia spingendolo verso camera sua . Si misero capo a piedi nel letto , che era una piazza e mezzo , e Luigi ebbe la decenza di starsene zitto e lasciare Michele solo con i suoi pensieri e le sue lacrime . Pure Michela era sveglia nella sua cameretta e pensava : ti sei divertita , le avevo chiesto suo padre che beveva una birra sul terrazzino e fumava . Michela aveva risposto di si da un altro pianeta ed era passata a dare un bacio a sua madre che si era coricata con il mal di testa e già dormiva . Sembra una bambina , pensò Michela e si ritirò in camera sua . Non dormiva nessuno quella notte . Danilo era in macchina insieme a sua madre e piangeva in silenzio : andavano verso Moggiano e cercavano Felice e Michela Rigitano . Danilo non aveva saputo che inventarsi e aveva detto la verità , o almeno la parte della verità che riguardava Felice e la sua moto . Non lo sapeva dove l'aveva presa , aveva giurato in lacrime . Li trovarono che tornavano a piedi , appena cinquecento metri fuori il paese di Moggiano che era a una quindicina di kilometri dal loro villaggio . Felice fu sottoposto ad un interrogatorio serrato e ridotto in lacrime anche lui . La moto gliel'avevano rubata poco dopo l'ingresso trionfale in paese dei ragazzi grandi e l'avevano pure umiliato prendendogli il cappellino e il giubbotto di pelle : non lo avevano menato solo perché era troppo piccolo . Felice piangeva lacrime di rabbia e frustrazione . Scaricò parte della sua rabbia contro sua madre e si prese due schiaffi . La madre di Danilo e Felice pensò che fosse meglio riparlarne dopo aver riportato al villaggio tutti e tre e riuscì in qualche modo a reprimere la furiosa preoccupazione . In tutto questo bailamme Michela Rigitano osservava con lo stesso distacco con cui si guarda un film noioso alla televisione : la sua mente era occupata con cose molto più interessanti di quei due bambini frignoni e di quella cicciona che strillava . Michela Rigitano aveva visto il futuro che voleva tra le luci di Moggiano , tra gli chalet agghindati a discoteche che vomitavano ragazzi bonissimi e ragazze vestite da dio , tra le macchine sportive e le moto fichissime che solcavano il lungomare . Era stata la serata più bella della sua vita . La più bella fino ad ora . E la prossima volta non si sarebbe portato dietro quel cretino che si era fatto soffiare la moto e si era messo a piangere per quattro spintoni . Erano quasi le undici quando arrivarono al villaggio : scaricarono Michela dai suoi genitori e con poche parole la madre di Danilo e Felice rimandò al giorno dopo una spiegazione coerente dei fatti . I genitori di Michela non erano molto d'accordo ma i due ragazzini davano risposte ormai sconclusionate dalla stanchezza e alla fine accettarono . Michela si liberò dell'interrogatorio molto in fretta : che ne sapeva dove quello aveva preso la moto ? Ce l'aveva ed erano andati a fare un giro . Ma quale pericoloso ? Quello scemo andava pianissimo e ci avevano messo una vita ad arrivare a Moggiano . I genitori esasperati la spedirono a letto . Ma anche lei tardò a dormire . I fratelli Bordò invece crollarono stremati dalle emozioni , dal vomito e dalle lacrime . La vedova Bordò li guardò a lungo con preoccupazione e poi si preparò un cocktail bello forte . Chi non dormiva era Giacomino , che anzi aveva deciso . Il giorno dopo avrebbe sfidato suo padre e sua madre e avrebbe sfoggiato in spiaggia il suo segreto , il suo secondo desiderio . Si alzò ancora una volta a guardarsi allo specchio : il tatuaggio gli copriva la parte alta del torace , la spalla e metà del braccio . Serpenti , teschi e arabeschi formavano un disegno bellissimo sul suo corpo . Era stato tutto il giorno in casa , adducendo il mal di stomaco , per evitare la spiaggia e svelare il suo corpo e si era specchiato in continuazione . Era almeno un anno che desiderava quel tatuaggio che aveva visto ad un cantante americano alla televisione e adesso ce l'aveva . I suoi avrebbero sbraitato e l'avrebbero punito e tutto il resto : di questo era certo e ne aveva paura ma , dopo una giornata di riflessioni , aveva deciso che l'avrebbe tenuto . Che potevano farci dopotutto i suoi ? Un tatuaggio non si può levare , in nessun modo . A meno di non esprimere un desiderio ad una stella cadente , pensò sorridendo Giacomino . Aveva il suo tatuaggio e aveva la sua maglietta , desideri che covava da mesi , se non anni . Il resto non gli importava . La notte , indifferente a tutto , spargeva i suoi minuti . Non c'era nessuno che guardasse le stelle cadenti . X Il quinto giorno si videro a spizzichi e bocconi , come reduci della battaglia . La mattina aveva portato sgridate e punizioni ma nessuna spiegazione plausibile : la famosa moto era apparsa dal nulla e nel nulla era scomparsa . Felice sosteneva di averla trovata . La madre considerò se avvisare la polizia o i carabinieri e decise che non era il caso . I fratelli Bordò erano in punizione : niente mare , fate i compiti per le vacanze . Michela Rigitano pure era in punizione ma appena i suoi erano usciti si era piazzata davanti alla televisione , felice come una pasqua . Aveva progetti di vedere stelle cadenti , quella sera . I suoi genitori erano andati dalla vedova Bordò e un terzo interrogatorio aveva dato gli stessi frutti degli altri due . Danilo viveva nella paura costante che suo fratello sapesse dei suoi desideri e lo sputtanasse da un momento all'altro : soprattutto era preoccupato di sua madre e pensava che non sarebbe più riuscito a guardarla negli occhi . In una certa misura si sentiva un mostro , un pervertito . Nascondeva a se stesso certi pensieri che stavano tornando a fare capolino sotto le sue paure . Ma Felice stava zitto e si limitava a raccontare la stessa storia che ripeteva dalla sera prima : aveva trovato la moto , l'aveva accesa , aveva chiesto chi voleva fare un giro , era andato a Moggiano con Michela , dei ragazzi grandi gli avevano rubato la moto . Inutile menzionare il cappellino con le lettere NY e la giacca di pelle nera . Felice non pensava ne a Michela ne a Danilo e ai suoi segreti : Felice pensava a quegli stronzi che lo avevano umiliato e li odiava con ferocia . Felice pensava alle stelle cadenti che avverano i desideri . Felice pensava a pistole e giustizieri della notte . Vincenzo e Michela si incontrarono al bar del “ Capriccio “ e passarono il tempo assieme : non ci furono silenzi imbarazzanti , avevano di che parlare . Giacomino , che alla luce del sole si era scoperto molto meno coraggioso della sera prima , li raggiunse con la sua maglietta della Germania anche se faceva trenta gradi e sudava copiosamente . “ Volete vedere un fsegreto ? “ domandò dopo i saluti e i convenevoli . Michela e Vincenzo si guardarono come a dirsi : un altro ? Michele si era svegliato presto e aveva origliato . La madre e la zia prendevano il caffè ed erano ignare di essere sorvegliate . “ Aspettiamo ancora oggi , Tiziana “ diceva la zia alla mamma “ Se oggi non si fa vivo andiamo dai carabinieri , ti ci porto io , prometto “ . “ Sono così preoccupata , non ce la faccio più “ piagnucolava la madre . Michele capì che non era il solo che non sapeva che fine avesse fatto suo padre . Fece colazione veloce e si tolse dai piedi , portandosi dietro Luigi . Non sopportava di vedere sua madre in quello stato , il senso di colpa lo azzannava alla gola . Verso le undici Giacomino faceva vedere il suo tatuaggio anche a lui . Passarono il resto della giornata a farsi domande e a darsi risposte e a fare ipotesi e ragionamenti : Giacomino , Luigi , Michele , Michela e Vincenzo . Parlavano e parlavano e parlavano e intanto una vocina faceva la stessa domanda nelle loro teste : e tu cosa desideri ? Aspettavano tutti la sera e il giorno si faceva interminabile . Nessuno aveva voglia di farsi il bagno o di mangiare un gelato . Perfino Vincenzo non insisteva per giocare a pallone e quello era un evento . La cena a casa Bordò fu un supplizio silenzioso e interminabile : tutti e tre mangiarono di malavoglia . Alla fine la madre prese la parola guardandoli negli occhi : “ Statemi a sentire molto attentamente . Tutti e due . “ i due bambini ricambiarono lo sguardo “ Se non ve ne siete accorti io lavoro tutto l'anno come un mulo . E se permettete sono in vacanza anch'io . E non ho intenzione di passarla a fare la sorvegliante di voi due . Ma vi faccio una promessa .” si interruppe un attimo a fissarli in silenzio “ E prometto sul nome di vostro padre “ si fermò di nuovo a guardarli . Danilo inghiottì saliva che sapeva di lacrime . Lui se lo ricordava il padre . “ Alla prossima cazzata che combinate prendiamo e ce ne andiamo a casa . E non mi interessa se è colpa di uno o dell'altro . Sono stata chiara ? “ domandò dura ai sue fratelli che risposero all'unisono di si . “ Bene . E adesso fuori che non vi sopporto più . Non vi voglio rivedere prima delle dieci . E non un minuto più tardi “ . I due fratelli si alzarono da tavola e si avviarono a testa bassa verso la porta . Danilo , passandole accanto , disse un “ mi dispiace “ sottovoce e con la voce roca . “ Fuori “ rispose sua madre dura e uscirono . Nello stesso momento a due minicondomini di distanza Giacomino Vandelli veniva scoperto e sua madre , che era sempre molto melodrammatica , lanciava un urlo come se suo figlio fosse morto . Era semplicemente entrata in camera , non bussava certo alla porta di suo figlio di dieci anni , e lo aveva beccato mentre si metteva una maglietta nuova dopo essersi lavato . Giacomino aveva provato a coprirsi ma la madre lo aveva costretto a mostrare il torace e poi aveva strillato , come avesse visto il demonio . Carmelo Vandelli era corso in camera dal terrazzino dove stava guardando il tramonto e aveva trovato sua moglie sull'orlo del collasso : all'inizio non ci aveva capito niente e continuava a chiederle “ Terè , che c'hai ? Che tieni ? “ mentre sua moglie gli si abbandonava nelle braccia come una diva dei film del muto . “ Tuo figlio “ era riuscita a biascicare lei e alla terza o quarta volta lui si era finalmente girato a guardare suo figlio che a torso nudo guardava a terra e piangeva . E aveva visto qualcosa di strano sul corpo . “ Che hai fatto Giacomì ? Fammi vedere “ aveva ordinato , preoccupato : poteva essere sangue ? Giacomino piangendo aveva scosso la testa . “ Un ta.. un ta.. “ aveva provato a dire Teresa Vandelli ancora mezza rovesciata nel letto . Ma Carmelo se l'era dimenticata . “ Fammi vedere , Giacomino “ aveva ordinato e si era alzato . Giacomino aveva solo continuato a piangere mentre si copriva alla bellemeglio con la maglietta . Il padre si era alzato e gliel'aveva strappata dalle mani . Poi era rimasto fermo , a fissare suo figlio con stupida meraviglia . Per i seguenti dieci minuti c'erano stati solo urla e parolacce e schiaffi e pianti isterici . La camera sembrava sopravvissuta ad un tifone . Più tardi Carmelo Vandelli , che era di Reggio Calabria e si ricordava piuttosto bene della sua infanzia , lo aveva messo a sedere sul divano e con un sussurro di rabbia contenuta , come un uragano in una bottiglia aveva sibilato“ Chi è stato ? Chi è stato , Giacomì ? “ Giacomino piangeva con la testa china . Il padre gli alzò la testa con delicatezza e lo guardò fisso negli occhi . “ Giacomino “ cominciò , sempre con quella calma che faceva paura “ Stammi a sentire . “ Giacomino tirò su col naso . “ Qui non si tratta di una bravata . Di una stupidaggine . Qui c'è qualche delinquente che fa tatuaggi ai bambini . E chissà che altro . “ Gli occhi di suo padre erano di ghiaccio . “ E tu mi devi dire chi è “ concluse suo padre “ Me lo devi dire , Giacomì “ . Due ore dopo Carmelo Vandelli usciva da casa infuriato come un bisonte , fumando la trecentesima sigaretta della serata e con un mal di testa che sembrava un trapano . Se ne era uscito perché quanto è vero Iddio lo avrebbe ammazzato . Aveva lasciato sua madre e suo figlio in preda ad una crisi di pianto isterico . Camminava e bestemmiava sottovoce senza nemmeno accorgersene . Una stella cadente . Che lo aveva preso , per un cretino ? Lo aveva picchiato , lo aveva abbracciato , lo aveva minacciato , lo aveva blandito . Aveva provato tutto . E quello ripeteva la stessa stupida storia : aveva visto una stella cadente , aveva espresso un desiderio e si era ritrovato con il tatuaggio . Ogni volta che ci pensava la sua rabbia saliva di un gradino e gli pulsava dietro le tempie assieme al mal di testa . Michele , Vincenzo e Danilo lo videro passare e si affrettarono a nascondersi : sembrava una tigre liberata dopo giorni di digiuno e se li avesse beccati non si sarebbero certo divertiti . Quando fu fuori tiro Vincenzo bisbigliò “ E pure il segreto di Giacomino non è più un segreto “ . Felice se n'era andato per conto suo . Danilo aveva provato a farlo ragionare ma suo fratello aveva una luce omicida negli occhi : l'aveva guardato con fredda determinazione e l'aveva minacciato . “ Danilo , se non ti togli di mezzo ti ammazzo di botte “ . Danilo aveva passato anni ad esercitare la sua supremazia fisica sul fratello ma ora era diverso : ora era spaventato e molto da quello che leggeva negli occhi del fratello . “ E' come un pazzo “ aveva confidato agli amici che aveva trovato a bighellonare al parchetto “ Se stasera vede una stella cadente non lo so che può fare “ ed era pallido . “ Danì , ma allora è tutto vero ? “ aveva chiesto Vincenzo sbalordito . Danilo aveva raccontato a bassa voce e con lo sguardo a terra le avventure sessuali degli ultimi due giorni . Gli altri due lo avevano ascoltati sbalorditi . Alla fine Michele aveva detto con voce disperata “ Allora l'ho fatto sparire io “ . Gli altri due lo avevano guardato senza muovere un muscolo . Ma la risposta era si e lo sapevano tutti e tre . Più o meno in contemporanea le due Michele erano in spiaggia sdraiate su due asciugamani che si erano portate da casa . Michela Rigitano parlava e parlava e parlava . Lo sguardo fisso alle stelle raccontava di tutti i desideri che aveva in testa e della sua futura vita . Michela aveva provato a ribattere , a spiegare , a capire poi si era richiusa nel silenzio . Anche lei guardava il cielo . Felice Bordò era sulla stessa spiaggia ad un paio di kilometri di distanza . Ne la predica di sua madre ne i tentativi di Danilo lo avevano minimamente interessato : aveva avuto un'idea quel pomeriggio e dopo non c'era stato spazio per nient'altro nella sua mente . Superpoteri . Altro che pistole e moto americane . Volare . Essere fortissimi come Hulk . Uccidere le persone con la mente . Felice sorrideva . Era sicuro che ne avrebbe vista una . La fine della serata li vide ognuno per conto suo . I gruppetti erano durati poco . Erano ognuno per conto suo ed era un fatto , come la mattina che segue alla notte . Vincenzo , Danilo e Michele non avevano più saputo che dirsi e si erano separati . Danilo se ne era andato a cercare suo fratello ma più che altro guardava il cielo . Michele aveva i suoi pensieri e il suo senso di colpa : era rientrato a casa e aveva trovato sua madre a letto e una bottiglia di vino quasi vuota sul tavolo in cucina . Aveva preso una sedia ed era in balcone a guardare il cielo con i piedi appoggiati alla ringhiera . Vincenzo era rientrato ed aspettava che i suoi dormissero per sgattaiolare fuori . Giacomino pure si era ripreso dai suoi pianti e nel letto aspettava che tornasse suo padre : non dormiva e non aveva intenzione di dormire . Felice e Michela Rigitano erano sempre in spiaggia , sempre a due kilometri di distanza , e tutti e due pensavano la stessa cosa : è ora che me ne vado a casa o domani sarò così sotto stretta sorveglianza che non potrò nemmeno mettere il naso fuori . Si avviarono a meno di un minuto di distanza l'uno dall'altra . Michela Capanna era già a casa e guardava le stelle dalla finestra di camera sua . Aveva mollato l'amica quando aveva scoperto qual'era il suo desiderio . L'altra Michela l'aveva guardata con uno sguardo di rapace , come a dire “ se mi rubi il desiderio ti ammazzo “ . Fu l'unica che vide una stella cadente quella notte e passò i giorni seguenti a maledire quel momento e se stessa . Anche Luigi , che era tornato a Vareso con sua madre , avrebbe voluto vedere le stelle ma era crollato dal sonno e dormiva a bocca aperta . X Il sesto giorno ci fu la riunione . Si tenne allo chalet “ Capriccio “ e vide presenti solo i grandi . Carmelo Vandelli sudava birre Peroni e schiumava ancora rabbia . “ Qua c'è qualcuno che la deve pagare “ proferì come benvenuto . Sua moglie sorseggiava granita e annuiva . La vedova Bordò avrebbe preferito essere da un'altra parte e beveva una coca . I coniugi Rigitano erano sulla stessa lunghezza d'onda di Carmelo . Peppe Rigitano , canottiera nera di Vasco e occhiali da sole sulla testa rasata , agitava la sigaretta e si lamentava che non si poteva più stare tranquilli nemmeno in vacanza . L'Ingegner Capanna andò al pratico : c'era qualche sospetto ? Gennaro Spataro , macellaio e padre di Vincenzo Spataro , la buttò li : “ Dietro il Luna Park ci stanno gli zingari “ Una luce di odio si accese negli occhi di Carmelo Vandelli . “ Gli zingari “ disse quasi a se stesso con il tono di chi si meraviglia di non averci pensato prima . E chi cazzo poteva essere stato quel disgraziato che aveva deturpato il corpo di un bambino di dieci anni ? Gli zingari bastardi , ecco chi . La vedova Bordò era dubbiosa : non ricordava di aver mai visto uno zingaro tatuato in vita sua . E poi c'era la moto di Felice . Più ci pensava e più si chiedeva dove finiva la realtà e dove cominciava la fantasia dei suoi figli : lei tanto per cominciare questa famosa moto non l'aveva mai vista . Poteva essere benissimo un vecchio motorino scassato . I tre uomini però si erano convinti : soprattutto l'Ingegner Capanna era sicuro come un fanatico religioso e pontificava senza freni . “ E' tipico degli zingari non avere rispetto di nessuna legge .” recitava come un avvocato di un film americano agitando il suo ghiacciolo al limone “ E se un bambino commette un errore .. Zac .. eccoli pronti ad approfittarsene . “ Si decise per una spedizione e a nulla valsero le obiezioni e le preoccupazioni delle due donne presenti . La vedova Bordò li mollò dopo pochi minuti : che manica di deficienti ! Nel frattempo la madre di Michele si trovava nella piccola stazione dei carabinieri a denunciare la scomparsa di suo marito : appoggiata come un'edera rampicante a sua sorella raccontava da un'ora la stessa storia ad un carabiniere di Trento che boccheggiava alla macchina da scrivere . I figli erano a mare e chiacchieravano nervosi : provavano la stessa sensazione di ansia che provavano quando i loro genitori partecipavano alle riunioni con i professori . Nessuno aveva visto una stella cadente la notte prima . Nessuno nessuno ? Michela Rigitano cominciava ad avere qualche sospetto . Dov'era Michela Campana ? Perché non era scesa a mare ? “ Sentite “ interruppe l'ennesima chiacchiera a vuoto sulle conseguenze della riunione dei grandi “ Io dico di andare da Michela . Quella tiene un segreto . “ I ragazzi si guardarono tra di loro e alla fine Giacomino domandò : “ Che fsegreto ? “ Michela Rigitano sbuffò infastidita “ E che segreto ? “ domandò sarcastica “ Ha visto una stella , è chiaro . Sennò stava qua con noi “ Fissò gli altri negli occhi . “ E forza ! “ li esortò strattonando Giacomino dalla maglietta “ Non è giusto ! Se ha visto la stella ce lo deve dire . Forza . Andiamo ! “ I maschi si alzarono con lentezza e occhi dubbiosi e la seguirono senza proferire parola . Michela guidava il gregge sicura , con la sicurezza di quelli che sono nel giusto . A seguire Giacomino e Luigi che avevano legato visto che erano i più piccoli . Michele , Vincenzo e Danilo si guardavano di sottecchi e ogni tanto buttavano uno sguardo a Felice che chiudeva imbronciato la fila . La piccola spedizione attraversò il paese e dieci minuti dopo erano tutti sotto il terrazzo dell'appartamento affittato dall'Ingegner Capanna . Michela si sentì chiamare alla finestra e si sentì precipitare in un incubo . Nella sua orribile mattinata di tutto aveva bisogno meno che di quei curiosi a ficcanasare . Fai finta che non ci sei , pensò . Ma non poteva funzionare : c'era sua madre e anche se era davanti alla televisione imbottita di tranquillanti prima o poi si sarebbe accorta di loro . Con passi riluttanti Michela arrivò al terrazzino . “ Ciao “ disse con voce tremante . Magari sono venuti solo a vedere come stai , sussurrò una voce speranzosa nella sua testa . Michela Rigitano saltò i convenevoli . “ Come mai non sei venuta oggi a mare ?” domandò con tono sospettoso e perfino dal terrazzo si scorgeva la curiosità negli occhi porcini . “ Non .. “ cominciò Michela abbassando gli occhi “ Non mi sento tanto bene “ concluse con la prima bugia che trovò in testa . “ E certo , proprio oggi non ti sentivi bene “ la schermì gelida la Rigitano “ che tieni , freddo ? “ le domandò . Michela indossava una felpa rossa della Dunlop sopra i pantaloncini . “ Forse ho un po' di febbre “ rispose Michela con voce incerta . L'altra proseguì implacabile “ E certo , la febbre . E proprio oggi ! “ e rivolgendosi ironicamente agli altri la compatì per finta “ Poverina , Michela , tiene la febbre “ . Gli altri avevano facce che sembravano fatte di pongo e non sapevano che cosa dire . Improvvisamente Felice parlò con voce roca , fissandola con occhi cattivi dal basso verso l'alto . “ Tanto prima o poi devi uscire . “ le disse e Michela si portò istintivamente le mani sul petto . Michela Rigitano prese al volo l'imbeccata “ Felice tiene ragione . Non puoi stare li chiusa per sempre . Prima o poi ce lo devi dire cosa hai desiderato “ . Michela li guardava con occhi sbarrati di paura dal terrazzo e si sentiva la paura come liquido freddo nelle gambe . “ Ma che dite ?” riuscì a sussurrare sgomenta . “ Va bene , fai così “ la rimproverò l'altra con occhi fiammeggianti “ fai così , tieniti i segreti , brava , fai così “ e annuiva con la testa . Michela Capanna non ce la faceva più , le sembrava di svenire . Indietreggiò senza riuscire a staccare gli occhi dalle loro facce e quasi cadde quando arrivò alla porta finestra . “ Andiamocene va “ disse la Rigitano “ Ma tanto torniamo “ disse a voce più alta per farsi sentire da quella scema . La scema intanto era in salotto a guardare sua madre che dormiva con la bocca spalancata davanti alla tv accesa . Grosse lacrime silenziose le scorrevano sul viso . Piangendo se ne andò piano piano in camera sua . Lo specchio le restituì la sua faccia rossa e i suoi capelli scombinati . Poi abbassò lo sguardo e come per un maleficio fu costretta e vedere quello che aveva combinato : nemmeno la felpa riusciva a nascondere la verità ai suoi occhi . La parte anteriore del suo torace che la sera prima era liscia adesso sporgeva di parecchi centimetri . Michela si passò per l'ennesima volta le mani su quel seno alieno , su quei due globi di carne e pelle che la sera prima non c'erano e che le sembravano più dolorosi della peggior ferita . Si buttò sul letto scossa dal pianto . Anche da sdraiata con la faccia contro il cuscino le sentiva , le sue enormi mammelle schiacciate contro il materasso . Con che faccia avrebbe guardato suo padre ? E come avrebbe potuto uscire ? E il costume ? Tutti l'avrebbero presa in giro , ne era sicura . Il suo più grande desiderio si era rivoltato come un feto orribile e informe , una maledizione , una gobba schifosa . Michela continuava a piangere disperata mentre sua madre dormiva nella stanza accanto stordita dai farmaci e suo padre faceva progetti di spedizioni punitive al campo degli zingari . Il gruppetto dei ragazzi durò altri venti minuti e poi litigarono . Fu Danilo a tirare fuori timidamente i suoi dubbi : forse Michela stava male davvero , forse avevano esagerato . Il fronte si spaccò subito . Michela e Felice da una parte , gli altri tre dall'altra . Luigi e Giacomino stavano zitti e neutrali . Dopo pochi minuti Felice e Michela li mollarono e se ne andarono cospirando in direzione dei bagni . Gli altri cinque ragazzini rimasero a spartirsi un muretto sul lungomare , musi lunghi e poche parole . “ Io non ne voglio più di stelle cadenti “ disse dopo un lungo e imbarazzato silenzio Danilo con una voce che era regredita di qualche anno per la paura “ Quello , Felice , è matto . Mi fa paura . E' come .. come il cattivo dei film di Superman . Se vede una stella cadente io non lo so che può fare “ concluse ad occhi bassi . Gli altri lo guardavano muti . Danilo inghiottì e riuscì ad esprimere quello che temeva “ Quello è capace che ammazza qualcuno “ confessò e rialzò gli occhi a guardarli . Gli altri ressero il suo sguardo con imbarazzo e non dissero niente . Passarono altri minuti sotto il sole cocente . Ormai era quasi ora di andare a pranzo . “ Io vi devo chiedere un favore “ disse piano Michele . Gli altri si voltarono a guardarlo . Michele andò avanti . “ Mio padre è tre giorni che è sparito . Nessuno sa dov'è . Mia madre è andata dai carabinieri oggi “ Michele si interruppe e tirò su col naso . Lottava per non piangere . “ Io credo … “ si interruppe di nuovo e si passò una mano sugli occhi “ Io credo di essere stato io .” riuscì a concludere tra le lacrime . Rimase a testa bassa a piangere , gli altri lo guardavano e non dicevano niente . Alla fine si ricompose e riuscì ad andare avanti . “ Ho pensato che se vedo una stella cadente lo posso far tornare . Se vedo una stella ed esprimo un desiderio .. forse .. “ e si interruppe di nuovo ricominciando a piangere più forte . Vincenzo Spataro fece due passi in avanti e gli posò una mano sulla spalla . Michele sentì una stilettata di amore puro per l'amico che non lo lasciava solo . “ Forza , facciamo il giuramento “ disse Vincenzo con la voce forte che hanno gli eroi e i padri giusti “ Sputate sulla mano e giurate sul nome di vostra madre . “ Tutti si avvicinarono e si sputarono sulla mano destra . “ Adesso uniamo le mani e giuriamo tutti : aiuteremo Michele a vedere la stella cadente e nessuno esprimerà il desiderio così suo padre potrà tornare . Adesso unite tutte le mani e ripetete tutti . “ I cinque bambini , Michele compreso , unirono le mani in una stretta collettiva e recitarono a voce composta e chiara . “ Giuro su mia madre “ cominciarono recitando dietro a Vincenzo “ Che aiuteremo Michele a vedere la stella cadente “ Vincenzo fece una pausa per guardarli negli occhi e riprese “ E nessuno esprimerà il desiderio “ gli altri ripeterono dietro a lui “ Così suo padre potrà tornare “ conclusero assieme e quando Michele alzò gli occhi sorridevano . Luigi vinto dall'emozione piangeva anche lui : Giacomino gli passò un braccio intorno alle spalle sempre sorridendo . “ E se poi ne passa un'altra la lasciamo a Giacomino “ disse Danilo “ così si leva sto tatuaggio e suo padre non lo ammazza di botte “ . Tutti scoppiarono a ridere , compreso Giacomino . Michele si sentiva felice e pieno di speranza , meglio di come si fosse sentito per giorni . “ Grazie “ sussurrò a Vincenzo mentre se ne tornavano al villaggio . X La luna era calante sopra il piccolo campo degli zingari . Piazzato dietro il luna Park consisteva di tre roulotte scalcinate . Dal fondo della strada avanzavano cinque uomini in riga come in un film western . L'unico uomo del campo era un sessantenne originario di Belgrado e alle nove e trenta di sera era praticamente pronto a mettersi a letto . Una bambina spaventata fu mandata dalle donne a chiamarlo . “ Cinque uomini ?” domandò il vecchio rimettendosi i pantaloni . Si avviò dietro la bambina e trovò le tre figlie e i suoi nipoti in piedi a guardare la strada : a pochi metri cinque uomini li fissavano . Carmine Vandelli era in canottiera e jeans e aveva nascosto nella tasca di dietro un coltello che aveva requisito in uno dei cassetti della cucina . L'ingegner Capanna aveva la camicia bianca che svolazzava sopra i pantaloni e nella tasca posteriore la sua Beretta Special , al momento scarica . Rigitano si era portato due cugini di Marsese che come lui erano militanti del Movimento Sociale e con il quale era solito bersi una birra dopo le partite del Pescara . I cugini avevano portato tre spranghe con la macchina . Il vecchio zingaro , spaventato dalle facce truci , dovette raschiarsi due o tre volte la gola prima di poter parlare . “ Che volete ?“ disse con tono basso , un misto di paura e sospetto . Carmelo Vandelli prese la parola . Aveva bevuto birra tutto il giorno e aveva il tono strascicato degli ubriachi . “ Voglio sapere chi ha fatto un tatuaggio a mio figlio “ dichiarò truce . Le donne e il vecchio si guardarono per un attimo . Alla fine il vecchio non poté che domandare “ Che tatuaggio ? “ L'ingegnere ringhiò eccitato “ Lo sapete benissimo quale tatuaggio ! Non fate gli stronzi sennò finisce male ! “ minacciò e tirò fuori la pistola . Gli zingari lo guardarono come se fosse pazzo . I Rigitano intanto accarezzavano le spranghe . Il silenzio pesava come piombo . “ E allora ? Parlate o no ? “ domandò con la sua voce altalenante Carmelo Vandelli . Il vecchio , che sentiva la paura risalirgli la schiena dorsale come un insetto freddo , regredì ad un italiano elementare “ Noi non sappiamo nulla . Noi no tatuaggi “ balbettò . Carmine Vandelli stava perdendo la sua poca pazienza . “ Zingari bastardi “ sibilò e si guardò intorno . Anche da ubriaco sapeva che non poteva attaccare a coltellate un vecchio , tre donne e i bambini , anche se erano zingari bastardi . Si avvicinò ad una delle roulotte a zig zag , si sfilò il coltello dalla tasca posteriore e lo affondò in una delle gomme posteriori . Fece parecchia fatica perché il coltello non tagliava un granché e per via della sbronza . Gli altri capirono l'antifona . I Rigitano si dettero a tirare sprangate contro le altre roulotte spaccando finestrini e lunotti mentre l'Ingegnere staccava con rabbia i panni stesi e li buttava per terra . Le zingare e i bambini li guardavano con occhi pieni di paura rannicchiandosi vicino per cercare di proteggersi tra di loro . Il vecchio , un passo avanti e una sensazione di umido sul fondo delle mutande che credeva di capire , ripeteva “ per favore , per favore , noi bravi , per favore , non fate male “ con forte accento dell'Est. Dopo qualche minuto i cinque uomini si fermarono ad ammirare la loro opera . Carmelo Vandelli avanzò barcollante verso il vecchio con il coltello in mano . Il vecchio lo guardava con occhi sbarrati . Carmelo si piazzò proprio davanti a lui e alzò il coltello all'altezza degli occhi : si accorse di essersi tagliato e di avere la mano piena di sangue ma lasciò perdere e guardò il vecchio negli occhi . “ Domani sera torniamo “ disse sputacchiando e annacquando le esse “ Se non ci dite chi è stato tocca a te . Hai capito ? “ urlò alla fine in faccia allo zingaro . Lo zingaro si limitò ad annuire . Qualsiasi cosa purché se ne andassero . Il gruppetto dei cinque giustizieri si allontanò in fila così come era venuto . Quando furono fuori tiro i bambini cominciarono a piangere . Intanto a pochi chilometri di distanza Vincenzo Spataro usciva finalmente di casa : suo padre gli aveva parlato con calma ma lo aveva tenuto lì per almeno un'ora . “ Vincè , se sai qualcosa me lo devi dire “ continuava a ripetergli come un disco rotto . Gennaro Spataro non aveva partecipato alla piccola spedizione : quando era tornato dal bar era indeciso ma sua moglie lo aveva messo sotto . “ Ma sei diventato cretino ? Mò ti vuoi mette a fa il giustiziere della notte ? Con quei due scemi ? Ma che cazzo dici Gennà ? Ma fatti li cazzi tuoi che stiamo pure in vacanza !! “ aveva concluso sua moglie e Gennaro Spataro non aveva avuto più dubbi e se ne era stato a casa . Però gli era rimasta la curiosità . Vincenzo però era stato una tomba ed era stato facile perché in fondo a lui non era successo niente . Alla fine suo padre lo aveva lasciato andare . Vincenzo aveva un piano semplice : guardare le stelle con gli altri e aiutare Michele , come aveva promesso . Tutto si aspettava scendendo le scale del piccolo condominio e andandosene al parchetto al piccolo trotto tranne che di incontrare Michela Rigitano . E invece eccola lì , a dondolarsi mogia mogia sulle altalene . “ Ciao Michela “ esordì intimidito dopo un breve istante in cui aveva vigliaccamente pensato di sgattaiolare “ Che fai qua ? “ disse avvicinandosi e arrossendo . Michela Rigitano sfoderò il suo sorriso da civetta e rispose sfrontata “ Aspettavo a te “ . Vincenzo ingoiò un bolo di saliva che sembrava due volte la sua trachea e non riuscì che a emettere un singolo “ Ah “ . Michela lo studiava dall'altalena . “ Vieni , siediti qui vicino a me “ cantilenò mentre si dondolava pigramente “ non ti mordo mica “ aggiunse . Vincenzo arrivò all'altalena su gambe che gli parevano di plastilina e si sedette composto come se avesse un manico di scopa nel sedere . Tentò un sorriso e sentì fisicamente la sua faccia esprimere un'espressione da idiota : il cuore intanto sembrava essersi trasferito in gola e un certo movimento si avvertiva nelle parti basse . “ Che ti pensi che sono cattiva ? Per il fatto di oggi di Michela ? Quello già mi è passato .” dichiarò Michela muovendo una mano a spazzare via quell'argomento tanto stupido . Vincenzo pensò a qualcosa da dire e non gli venne in mente niente . Dieci minuti dopo la natura e l'iniziativa di Michela Rigitano avevano fatto il resto ed erano nascosti dietro un cespuglio . Michela lo accarezzava proprio lì mentre lui le si era aggrappato come dovesse cadere da una scogliera . Vincenzo non capiva più niente e sentiva solo la spinta del piacere che come un ascensore lo portava in alto , in alto , in alto . “ Tutte le stelle per me le devi desiderare “ gli sussurrava all'orecchio Michela e Vincenzo annuiva con la testa tuffata dentro la maglietta della ragazzina . “ Tutte per me .. solo per me … giuralo .. giura che tutte per me le desideri “ gli sussurrava Michela languida e lui aveva alzato la testa e aveva detto di si , aveva giurato di si . Secondi dopo il tessuto dei suoi pantaloni si bagnava all'altezza della cintura lampo . Per un po' rimasero in silenzio sdraiati sull'erba rada . Vincenzo si sentiva a disagio per via dei pantaloncini bagnati ma se il corpo non era più tutto un fervore come cinque minuti prima in testa aveva la stessa confusione . Immagini romantiche rubate alla televisione gli riempivano la testa . Canzoni piene di violini . Michela si tirò un po' su e lo guardò negli occhi . “ Tutte per me “ gli disse guardandolo fissa fissa “ Hai giurato “ . Vincenzo si sentiva pronto ad uccidere sua madre per lei e annuì lentamente . Dopo altri quindici o venti minuti a guardare il cielo Vincenzo si alzò : si doveva per forza cambiare i pantaloncini . Michela lo attese di sotto . Vide arrivare da lontano Michele e suo cugino Luigi e li accolse con il suo miglior sorriso . I due cugini tardavano tanto perché a casa di Michele la situazione era sempre più tetra : sua madre piangeva in continuazione e la zia non ce la faceva più . Li aveva quindi reclutati per sparecchiare , lavare i piatti e ritirare i panni . “ E' il minimo che potete fare “ li rimproverava dalla cucina “ E che siete due principini ? Aiutate un poco anche voi ! “ e poi girandosi verso sua sorella “ E iamm Tiziana , nun fa cussì . E riprenditi “ sbuffava . Michele sentiva la rabbia che lo spingeva a rispondere male o a tirare i piatti dalla finestra ma sentiva più forte il senso di colpa : in breve aveva passato due ore da incubo e non vedeva l'ora che finisse . Anche Luigi fu contento di uscire : non gli pesava tanto di fare i mestieri ma l'atmosfera era pesante e ogni respiro che faceva gli sembrava di inalare depressione e veleno . Alla fine la zia riuscì a far prendere una misteriosa pasticca alla madre di Michele e collassando sul divano li congedò “ Statevene fuori almeno un'oretta ma state qua attorno . E state tranquilli che si aggiusta tutto “ concluse con un sorrisetto diretto a Michele . I ragazzi uscirono mentre la televisione cominciava il suo chiacchiericcio . Quando Vincenzo scese con i pantaloncini cambiati li guardò con un'espressione strana che non seppero interpretare . “ Andiamo alla spiaggia “ disse Michela dopo qualche secondo di silenzio . A nessuno venne in mente di domandare a fare cosa , lo sapevano fin troppo bene . Si sdraiarono a guardare il cielo , parlando poco . Michela si era piazzata accanto a Vincenzo , stretta stretta . Dopo un'altra ventina di minuti , niente stelle , arrivò con passo strascicato Danilo . “ Ciao “ salutò spiazzato dalla presenza di Michela appiccicata a Vincenzo . Michela fu lesta a replicare con vivacità “ Ciao Danilo . E Felice ? “ Danilo si strinse nelle spalle . “ Boh , se n'è uscito solo “ fu la sua risposta e non ci furono ulteriori commenti . Non erano necessari . Felice e Danilo Bordò erano per la verità in giro dalle nove , dopo una cena veloce . La madre non li voleva in mezzo alle scatole quella sera e aveva fissato il coprifuoco alle undici . Appena usciti da casa Felice aveva subito messo in chiaro le cose : senza nemmeno una parola lo aveva piantato e si era allontanato con passo deciso e con le mani nelle tasche . Danilo aveva cercato di ammazzare il tempo al chioschetto ma i videogiochi non riuscivano a distrarlo dalle sue preoccupazioni . Dopo un'ora interminabile era andato in spiaggia come radiocomandato . Suo fratello era in spiaggia anche lui , sotto la pineta , da solo . Prima aveva svolto una piccola commissione , aveva recapitato un piccolo messaggio di avvertimento a Michela Campana . Il messaggio era stato infilato dentro il guscio di plastica gialla della sorpresa di un ovetto kinder e recitava : “ULTIMATUM ! Ci devi dire il tuo segreto entro domani o lo scopriamo da soli ! Non fare la furba !!!” Felice aveva tirato l'ovetto dalla strada verso il balcone dell'appartamento di Michela e aveva sentito il rumore che aveva fatto sbattendo contro il vetro della porta finestra . Era rimasto in attesa . Nelle mani aveva una scorta di sassolini che aveva raccolto per tirarli contro la finestra e attirare l'attenzione di Michela . Non ce ne fu bisogno . Pochi secondi dopo aveva sentito la porta finestra aprirsi . Si era nascosto dietro una palma e aveva visto Michela Campana che usciva guardinga sul terrazzo . Aveva ancora la felpa rossa . L'aveva vista guardare qua e la con paura e poi chinarsi a raccogliere qualcosa. Anche da dietro la palma Felice vide l'espressione di sgomento sul viso della ragazza : Michela si guardò attorno come un cagnolino impaurito e poi batté in ritirata chiudendo la porta dietro di se . Ha l'aria condizionata , pensò Felice e se ne andò provando una cupa soddisfazione . Sdraiato in spiaggia si rivedeva la scena dentro la sua testa e sorrideva al buio : aveva fatto bene , pensava , Michela Rigitano aveva ragione . Era una stronza . L'altro pensiero fisso che gli girava per la mente era il suo desiderio : voglio gli stessi superpoteri di Superman . Facile . E quando li avrebbe avuti avrebbe fatto un bel giro a Mosciano , per prima cosa . Si passò le mani all'indietro e le intrecciò dietro la testa . Stelle e costellazioni lo guardavano dal cielo buio . Un bambino un po' grassottello che guarda in alto con determinazione sdraiato da solo in una spiaggia deserta . Gli stessi astri occhieggiavano dallo stesso cielo il resto dei ragazzi . Michele aveva una sensazione strana : avvertiva una brutta consapevolezza che tra lui e Vincenzo fosse cambiato qualcosa . E sapeva anche cosa : Michela Rigitano . Michele si accorse dopo un po' che la odiava e che una paura sottile gli passeggiava in fondo alla mente . Ma la cosa importante era suo padre : Michele guardava il cielo con disperata concentrazione girando gli occhi di qua e di la come a voler racchiudere l'universo nel suo campo visivo . Danilo aveva anche lui brutte sensazioni , meno definite e forse per questo più cupe : si sentiva come se fosse al largo e non riuscisse più a nuotare , l'acqua che ti risucchia come fossero sabbie mobili . Giacomino era preoccupato per suo padre e per quello che poteva succedere . Luigi si ripeteva nella testa la promessa del pomeriggio : il piccolo rito lo aveva affascinato e immagini di cavalieri coraggiosi , come nel cartone animato dello Zodiaco , gli coloravano la testa . Michela Rigitano non guardava il cielo perché non ne aveva bisogno : sussurrava nelle orecchie di Vincenzo come un mantra la stessa frase “ Voglio essere una ragazza di “Non è la Rai “ . “Voglio essere famosa “ . Sussurrava e si strusciava al suo bel maschietto telecomandato ed era inebriata dalla sensazione di potere . Vincenzo riusciva a malapena a pensare : il suo corpo aveva interrotto il cessate il fuoco e aveva ricominciato a pulsare di propria iniziativa . La mente , completamente soggiogata , vomitava immagini di stucchevole romanticismo intramezzate a piccoli filmini pornografici . Il profumo , l'alito , la voce , il tatto di Michela lo stordivano e occupavano tutto il suo pensiero , come una forza aliena che avesse fatto prigioniera la sua coscienza . “Hai giurato a Michele “ ripeteva una vocina da qualche parte ma era così lontana e fievole che veniva continuamente soffocata al minimo struscio della ragazza che aveva accanto . Come un meccanismo automatico il piccolo struscio rimetteva in moto la ruota panoramica di sensazioni e pensieri e la vocina spariva . La notte sembrava immobile e il tempo pareva fosse rimasto impigliato come un pulviscolo di polvere tra le foglie . Ma erano solo sensazioni ed arrivò il momento di andare a casa . Fu proprio mentre si alzavano controvoglia e delusi che la scia di luce apparve sopra le loro teste . La videro tutti attraversare la volta notturna con elegante lentezza . Un pezzo di roccia che si brucia nell'atmosfera , pensò affascinato Danilo . Poi si affrettò a esprimere il desiderio per Michele . Tutti espressero desideri nel silenzio delle loro menti . Tutti tranne Michela che invece strinse la mano di Vincenzo e premette il suo corpo contro il suo . Michele desiderò con tale forza che rimase per quasi un minuto ad occhi chiusi dopo il passaggio dell'astro . Fallo tornare fallo tornare fallo tornare fallo tornare . Speranza e paura facevano la lotta dentro di lui . Aspettarono altri cinque minuti ma non ne videro altre e dovevano andare , altrimenti sarebbero stati guai . Camminarono in assoluto silenzio di ritorno a casa : si diedero una buonanotte quasi solenne e si separarono . Michele notò con preoccupazione e una punta di gelosia che Vincenzo si tratteneva con Michela mentre si avviava al suo portone . Rientrò con Luigi e trovarono sua zia che russava a bocca aperta davanti alla televisione accesa . Michele andò a letto pieno di speranza e con un pizzico di preoccupazione . Domani mi sveglio e papà è in cucina a bere il caffè con la mamma , si ripeteva nella testa , visualizzando la scena come alla televisione . Danilo trovò suo fratello ad aspettarlo davanti al portone : Felice era li ma era come se non ci fosse . Non si dissero nemmeno una parola e si coricarono . Danilo era preoccupato : se non avesse sentito Felice alzarsi e sgattaiolare nella notte voleva dire che l'aveva vista pure lui . Vincenzo e Michela accompagnarono Giacomino fino al portone e passarono dieci minuti buoni a scambiarsi baci umidi sotto il portone di Michela . Michela andò a dormire soddisfatta come quei serpenti che riescono a ingoiare animali molto più grandi di loro e passano giorni a digerirli . Vincenzo salì le scale con un'andatura piuttosto comica causata dal dolore misto a piacere che gli invadeva i testicoli : si mise a letto con un'espressione sognante e si abbandonò alle sue fantasie . Se qualcuno gli avesse chiesto chi era Michele Apitrano in quel momento avrebbe solo potuto domandare stupidamente : Michele chi ? I cinque giustizieri della notte si ritirarono tardi dopo una lunga sessione di bevute celebrative al Pub dello Squalo a Mosciano . Avevano festeggiato soprattutto i cugini Rigitano fanfaronando delle loro imprese paramilitari allo stadio : l' Ingegner Capanna , sempre pratico , era concentrato sulle prossime mosse della strategia . Carmelo Vandelli era ancora in piedi principalmente perché beveva solo birra ma era in uno stato di odio catatonico e non riusciva nemmeno più ad accendersi le sigarette . “ Bastardi zingari schifosi “ bofonchiava mentre cercava di azzeccare la sigaretta con l'accendino . Verso le due del mattino lo avevano accompagnato a casa tutti piuttosto ubriachi , anche l'ingegnere che per darsi un tono da poliziotto americano aveva bevuto whisky liscio tutta la sera . Mollarono Carmelo davanti al portone di casa sua e si congedarono con grandi pacche sulle spalle . “ Signori “ disse a mo di congedo l'ingegner Capanna arringandoli come un generale sudista della guerra civile americana “ La battaglia è appena cominciata . “ Si fermò ad aspirare dalla sua sigaretta “ Boia chi molla “ concluse fiero ricordando il saluto che si scambiava quando era giovane e aveva partecipato per qualche tempo alle riunioni della Fiamma Tricolore . Mentre si incamminava con il petto in fuori verso casa sua figlia metteva a letto sua moglie , che quell'estate era ormai una tossicodipendente da calmanti , e si predisponeva a passare la notte in bianco a guardare il cielo . Ma l'unica stella cadente l'aveva mancata perché faceva compagnia a sua madre davanti ad un film idiota e quando l'alba spuntò sul mare Adriatico la trovò seduta sul suo letto con uno sguardo disperato negli occhi rossi di pianto e cerchiati da occhiaie . Sentiva il peso del suo seno come un coltello piantato nel cuore . Era il settimo giorno . X Li arrestarono tutti tra le otto e le nove . Giacomino fu svegliato dal campanello e osservò con orrore tutta la scena : quattro carabinieri in divisa controllavano suo padre che si vestiva e recuperava spazzolino e dentifricio . Carmelo Vandelli aveva l'aria di uno che fosse stato ripescato in una discarica e masticava tra i denti minacce terribili verso i carabinieri e gli zingari . Teresa Vandelli era svenuta già due volte e adesso giaceva sul divano con una pezza bagnata in fronte e occhi da cerbiatto ferito . Giacomino guardava i carabinieri in silenzio e non trovava forze nemmeno per piangere . Aveva la sua maglietta della Germania e occhiaie profonde . Nel giro di due ore i cinque uomini furono arrestati per minacce e violenza privata e portati al commissariato di Pescara . L'ingegner Capanna aveva tentato una poco probabile fuga dal terrazzino e aveva rimediato una dolorosa distorsione alla caviglia . Michela era rimasta accanto a sua madre sul divano , entrambe con lo sguardo fisso nel vuoto anche se per motivi diversi . L'altra Michela aveva altre cose in testa di quello scemo di suo padre e i suoi stupidi cugini : aveva pazientato sbattendo con nervosismo il piede a terra che se lo portassero via ed era subito corsa ad accendere la televisione . Aveva cercato la pagina 393 del Televideo che consultava almeno una volta alla settimana : dovette rileggere quattro volte per convincersi che era tutto vero . “ Prossime audizioni per “ Non è La Rai “ . Venerdì 9 Agosto Mosciano . “ Il giorno prima c'era Trento !! Se lo ricordava benissimo ! C'era Trento ! Disse a se stessa sul divano . Era tutto vero . Sarebbe andata a “ Non è la Rai “ . Immobile sul divano Michela Rigitano sentiva spandersi nelle sue viscere un benessere totale che non aveva mai provato prima in vita sua . Alla lontana sentiva sua madre che singhiozzava in cucina ma il rumore le era così insignificante che poteva essere la pioggia , per quello che la riguardava . Danilo si svegliò presto ed era solo . Sentì subito il terrore invadergli la mente come uno stormo di pipistrelli . “ Mamma ! Mamma ! “ gridò uscendo dalla sua camera in mutande . Attraversò correndo il corridoio e si fermò di colpo quando arrivò in cucina . Felice era seduto al tavolo di formica . “ Feli' “ ansimò Danilo . Il fratello aveva gli occhi bassi ed era come se non lo avesse sentito . “ Felì , stai bene ?“ continuò Danilo e la voce gli tremava un po' “ Dove sta mamma ? “ Felice alzò gli occhi verso di lui e Danilo trasalì : erano iniettati di sangue e sembravano vibrare di odio . “ Chi è stato ? “ domandò Felice con voce roca , come dall'oltretomba . Danilo fece senza accorgersene mezzo passo indietro , nella sua testa la paura frullava come un uccellino impazzito . “ Felì “ fu tutto quello che riuscì a dire e poi non seppe come continuare . Felice inalò a lungo aria . Aveva la faccia paffuta stravolta e gli occhi da pazzo . “ CHI E' STATOOOO ? “ urlò dopo qualche secondo e la sua voce di bambino vibrò di note stridule e cacofoniche , come unghie sulla lavagna . Danilo fu scosso dai brividi . Felice era diventato matto . Adesso preso dalla rabbia scaraventava verso di lui gli oggetti del tavolo , bicchieri , confezioni di brioche , pezzi di pane . “ Era mia “ continuava a gridare mentre gli lanciava di tutto . Un bicchiere si schiantò contro il muro a mezzo metro da Danilo che si era accucciato senza pensarci . Danilo , ormai preda del terrore , non lo capiva nemmeno più . E' mia cosa ? Pensava mentre il fratello gli scagliava di tutto addosso urlando come un diavolo . Passò forse un minuto , Felice che urlava e Danilo che si ritraeva come un topolino spaventato . Felice smise di urlare e di tirare oggetti e si alzò lentamente . “ Era mia “ disse quasi tra se e se “ La stella era mia . Chi è stato ? Chi è stato , Danilo ? “ e adesso avanzava verso di lui . Danilo era passato ad implorare dentro di se che si trattasse di un brutto sogno : adesso mi sveglio , adesso mi sveglio pensava ossessivamente . Ma ci sentiva ancora e alla fine capì . La stella cadente . Felice aveva desiderato e non era successo niente : Felice aveva capito . Aveva Felice ormai a un metro quando riuscì a balbettare “ N-non lo s-so , F-felì... te lo giuro , Ffelì “ . Felice gli fu addosso : pesava dieci chili meno del fratello ed era alto almeno trenta centimetri di meno . Oltre a nove anni di sudditanza fisica . Lo prese per il bavero e lo tirò su fino a che i loro visi non furono uno di fronte all'altro . “ Sei stato tu ? Sei stato tu , maniaco schifoso ? “ gli sibilava Felice in faccia . Danilo vedeva solo occhi neri di rabbia e furore . “ Allora , spastico ? “ Felice lo scosse con entrambe le mani . . Danilo si lasciò sbattere come un manichino . “ Sei stato tu ? “ Felice aveva ricominciato a urlare sputazzando saliva “ E' stato quello stronzo di Vincenzo ? Quella puttanella ? Me lo devi dire !! Me lo devi dire !! “ . Danilo non trovava forze per reagire . Era travolto dalla personalità impazzita del fratello , un estraneo . Mamma , mamma , pensava e poco altro filtrava nella nebbia della paura . Felice lo guardò per un attimo schifato , girò la testa con disgusto e tirò un lungo sospiro . Un attimo dopo colpiva suo fratello con tutta la forza che aveva in corpo . A pochi metri di distanza Michele era alle prese con la sua delusione . Non c'era nessuno al tavolo della cucina . Ne suo padre , ne sua madre . Rimase indeciso sul da farsi e finalmente si scosse : girò per la casa e infine aprì piano la porta della camera da letto . Sua madre era nel letto che dormiva rannicchiata come una bambina piccola : aveva il viso ancora contratto anche nel sonno e dopo qualche secondo Michele si rese conto che stava digrignando i denti mentre dormiva . Il rumore era orribile e una serie di brividi gli passarono lungo la schiena . Michele si allontanò chiudendo dietro di se la porta piano per non svegliarla . Senza sapere che fare aggirò il tavolo della cucina e si sedette su una delle quattro sedie di legno . Intanto nella sua testa c'era un'assemblea di pensieri che dibattevano come in una di quelle riprese del Parlamento che aveva visto di sfuggita alla televisione . Le stelle cadenti sono una cazzata . No , funzionano , ma qualcun altro ha espresso un altro desiderio . C'è una spiegazione logica , come in tutte le cose . Ma chi l'ha espresso il desiderio ? Quella stronza di Michela sicuramente se ne fregava di te . Ma non stava guardando . E gli altri avevano giurato . Si fidava degli altri . E Vincenzo ? No , Vincenzo non l'avrebbe mai fatto . E via così in un dibattito interminabile che non portava a nulla . Michele mandò giù meccanicamente una colazione raffazzonata ed uscì dall'appartamento . Passò prima dal parchetto e trovò Giacomino che piangeva sulle altalene . Giacomino piangeva forte e fu difficile capire che cosa era successo . Michele ne rimase sconcertato : arrestati . Negli stessi istanti la Vedova Bordò scopriva la stessa notizia dalla giornalaia davanti al supermercato che aveva un cugino che lavorava in Questura . “ Gli zingari hanno fatto la denuncia ieri notte “ raccontava alla piccola folla che si era riunita “ Pare che avessero una pistola “ piccole esclamazioni di meraviglia si sollevarono dalla piccola folla . La vedova Bordò si allontanò sconcertata con le borse della spesa : tutto per il tatuaggio di quel bambino , pensava persa nell'incredulità . Nel piccolo appartamento che affittava ormai da tre anni per le vacanze , a poco più di un chilometro , il suo figlio minore stava picchiando il suo figlio maggiore con ferocia . Michela Rigitano era davanti allo specchio e si provava tutti i vestiti che si era portata dietro canticchiando assieme alla radio e sculettando insieme alla musica da discoteca . Michela Capanna si era addormentata , sfinita dalla nottata in bianco , sul divano . Sua madre Giovanna la aveva aggiustata in una posizione più comoda e aveva avvertito il morbido sotto la felpa : sta crescendo Michelina aveva pensato in maniera sdolcinata senza chiedersi dove la figlia avesse preso un seno tanto sviluppato nello spazio di giorni . Ma lo Xanax stava facendo effetto e la sua vita si stava ritrasformando nello sceneggiato televisivo che guardava con pacato interesse ormai da mesi : erano tutte cose che capiva , suo marito arrestato , Michela che dormiva , ma non ne era minimamente toccata . Galleggiando in una bambagia che sapeva di zucchero filato rosa si preparò la sedia a sdraio e si accomodò spalmandosi crema solare . Minuti dopo le tre pastiglie di Xanax che aveva tirato giù fecero il loro effetto e Giovanna Capanna sprofondò in un buio catatonico e indefinito mentre il suo corpo magro sudava al sole di Agosto . X Non c'era il pronto soccorso , solo la guardia medica . Danilo e Michela vi arrivarono più o meno alla stessa ora ma non si incontrarono . Danilo era , almeno a detta di uno degli infermieri che lo avevano preso in carico , in stato di shock : le ferite erano superficiali ma aveva preso parecchi colpi in testa e aveva vomitato dopo pochi minuti sul lettino su cui lo avevano poggiato . La madre , che lo aveva trovato solo in casa che piangeva e si teneva la testa tra le mani , passeggiava avanti e indietro in corridoio . La Dottoressa Giulivi sudando abbondantemente era al telefono con il Pronto Soccorso di Martinello . “ Lo sediamo , ve lo venite a prendere e gli fate una TAC “ disse in tono risoluto mentre sudava e fumava nervosamente “ No , una forte contusione . “ fece una pausa per aspirare “ Un bastone o qualcosa del genere “ gettò la sigaretta e la stritolò con il tacco della scarpa con rabbia “ Va bene , si , muovetevi “ . Non fece a tempo a confermare l'ambulanza agli infermieri che Torelli , il più giovane e più inesperto , arrivò correndo bianco come un cencio . La dottoressa lo ascoltò sudando come una fontana per circa un minuto . Torelli era a metà tra il terrorizzato e l'eccitato , notò parte della sua mente . Aveva capito solo quattro cose del discorso sconclusionato : donna , stato di coma , calmanti , insolazione . Spostò con una rude manata l'infermiere che se ne stava li a guardarla fermo come un palo come ad aspettarsi una medaglia e si precipitò all'accettazione . Entrando vide una donna adagiata su una lettiga , un'infermiera che le misurava il polso , un altro infermiere che guardava come uno scemo ed una ragazzina in piedi in un angolo con gli occhi grandi fissi dinanzi a se e le mani incrociate sul petto . Si avvicinò alla lettiga e l'infermiera alzò lo sguardo e riferì “ Polso presente ma estremamente lento . “ poi facendo un piccolo gesto in direzione della ragazzina “ Quella è la figlia . L'ha trovata immobile al sole . Sul tavolino del salotto c'era questo “ e indicò un contenitore cilindrico . La dottoressa guardò l'etichetta del contenitore e sentì una fitta di acidità allo stomaco . Daversin , combinazione di barbiturici . Cazzo , cazzo , cazzo pensò la dottoressa . Ma che cazzo succede oggi ? La dottoressa scosse il contenitore ed ascoltò il rumore di due o tre pasticche che rimbalzavano all'interno . Merda , quasi vuoto ! le comunicò una vocina nella sua mente e la dottoressa cominciò ad avere paura . D'un tratto si ricordò dov'era e di chi la stava guardando : alzò gli occhi . L'infermiera aveva fatto il suo stesso ragionamento e le lanciò uno sguardo impaurito mentre ispezionava le pupille della paziente . L'altro infermiere aveva lo sguardo che hanno gli uomini quando regrediscono allo stato di bambini eccitati . La dottoressa distolse lo sguardo con disprezzo : stava cercando di pensare . La ragazzina aveva capito anche lei : aveva lo sguardo basso e le lacrime le avevano disegnato strisce sulle guance . Ma non ha caldo ? Pensò la dottoressa guardando la pesante felpa rossa indossata da Michela . Lei stava sudando praticamente ovunque . “ Chiamo Pescara “ annunciò ritrovando una qualche forma di controllo “ Prova a farla vomitare “ ordinò all'infermiera china sul corpo incosciente “ E tu porta fuori la ragazzina , razza di scimunito !! “ concluse urlando contro l'altro infermiere . Quindici minuti dopo era a bordo dell'ambulanza inizialmente prevista per Danilo Bordò diretta verso Pescara a tutta velocità , al telefono con lo specialista di tossicologia che le spiegava i controlli e le procedure da eseguire . Aveva lasciato le chiavi della sua macchina a Mariana , la più esperta delle sue infermiere , e le aveva ordinato di portare il ragazzino in stato di shock a Martinello per i controlli . La madre poteva venire con la macchina sua . Michela Capanna era rimasta seduta nella piccola sala d'aspetto e , nel bailamme in cui era piombato l'ufficio della guardia medica , nessuno si ricordava di lei . Michela Capanna piangeva senza fare rumore e sudava dentro la sua felpa rossa . Al bar dello Chalet “ Capriccio “ una decina di persone discuteva animatamente degli eventi . Gaetano Spataro raccontava con foga dei progetti del giorno prima di quei matti , così li chiamava , e sbraitava che lui aveva provato inutilmente a dissuaderli . Suo figlio intanto era dietro le cabine con Michela Rigitano che lo metteva al corrente della grandiosa novità . “ Andrò a Non è la RAI “ gli ripeteva Michela che pure sudava come una fontanella “ Mi prendono sicuro . E' sicuro ! E' sicuro ! “ esclamava ad un passo da lui . Vincenzo si sentiva strano e l'odore dolciastro del sudore di Michela gli stava facendo venire la nausea : parte di se avrebbe voluto scostarsi ma non osava . Nella sua mente l'eccitazione aveva lasciato spazio ad una specie di depressione , la sensazione di aver sprecato se stesso , la sensazione di aver sbagliato tutto . Davvero l'aveva fatto per lei ? Davvero era innamorato di lei ? Di questa specie di macchinetta con le tette ? Di colpo gli tornò in mente la scena del giorno prima : la stretta di mano e il giuramento . La sensazione del senso di colpa lo colpì in un punto imprecisato tra lo stomaco e il cuore e la nausea divenne di colpo insopportabile . “ Dobbiamo andare con i tuoi “ lo riportò alla realtà Michela “ Quella scema di mia madre è tutto il giorno che piange . Non ce la fa nemmeno ad andare in salotto “ . Vincenzo , che stava sempre peggio , provò a dire “ Ma tuo padre... “ . Poi si fermò sentendosi come un bambino che ha fatto qualcosa di male . Michela lo squadrò per qualche secondo , come a soppesare la persona che aveva davanti . “ Hai detto che avresti fatto tutto per me . “ gli disse gelida “ Te lo rimangi ? “ Vincenzo avrebbe voluto rispondere con tutto il cuore di si . Si , me lo rimangio . E poi sarebbe andato a cercare Michele . “ No “ disse invece “ no , certo “ . Michela lo fissò ancora per qualche secondo . “ Andiamo da tua madre “ ordinò prendendolo per mano . Erano le quattro del pomeriggio . Michele Apitrano e suo cugino Luigi giocavano a briscola nel divano dell' appartamento di Michele . Giocavano senza entusiasmo , giusto per aver qualcosa da fare . La situazione era uguale a quella del giorno prima . Le due sorelle stavano riposando , o così avevano detto dopo un pranzo deprimente e interminabile . Luigi , di solito un bambino solare , rimuginava triste sulla situazione e non trovava parole da dire al cugino per cercare di tirarlo su . Michele era perso nel gorgo dei suoi pensieri e giocava senza far caso alle carte che prendeva o perdeva . Nel silenzio del pomeriggio si introdusse improvviso il carillon chiassoso di uno di quei furgoncini che d'estate girano per i paesi a pubblicizzare le feste e le sagre . I due bambini ne ascoltarono distratti il rumore che si avvicinava e le parole che piano piano diventavano intellegibili . Questa sera . Mosciano . Discoteca il Pappagallo . A partire dalle nove e trenta . Non è la Rai . Grande serata . Audizioni . Interverrà il famoso . Non è la Rai . Questa sera . Mosciano . Di colpo Michele si immobilizzò con una carta a mezz'aria come quando si gioca e si fa finta di essere di sale , come una statua . Luigi lo guardò senza capire . Michele aprì la bocca e parlò con calma , come si parla quando si realizzano le cose in contemporanea . “ Non è la Rai … le audizioni di Non è la Rai … Michela “ Finalmente il suo sguardo mise a fuoco “ E' il desiderio di Michela !! “ quasi gridò in faccia a Luigi . Con il carillon che si allontanava Luigi guardò il cugino . “ Ma non aveva guardato la stella “ disse perplesso ripensando alla sera prima . Michele stette in silenzio per qualche secondo , ancora con le carte in mano . Alla fine disse a voce alta quanto il suo cervello gli aveva appena sussurrato . “ Vincenzo ! “ Luigi capì . Ne fu tanto colpito che si portò una mano alla bocca : nella sua mente ricostruiva la sera prima , quella che si appiccicava tutto il tempo a Vincenzo e gli sussurrava nelle orecchie . Subito dopo rivide Vincenzo che recitava a voce alta il giuramento . Luigi non sapeva cosa fosse l'indignazione ma capiva benissimo cos'era il tradimento : si sentì sgomento e fu come se qualcuno gli tirasse via la seggiola dell'infanzia da sotto il sedere . “ Vincenzo “ ripeté Michele e la sua voce era strana , come un misto di rabbia e lacrime . Si alzò e recuperò le ciabatte da sotto il divano . Luigi lo guardò preoccupato . Michele senza guardarlo annunciò “ Vado a cercarlo “ mentre si infilava la maglietta . Luigi provò a protestare “ Ma la mamma ha detto di non andare da nessuna parte e … “ . Si bloccò perché Michele era già alla porta e la stava aprendo . Luigi ci pensò su un attimo e poi balzò in piedi . “ Aspetta “ disse mentre si sbrigava a recuperare le sue cose “ Vengo anch'io “ . X Suo marito faceva lo sbruffone ma decideva tutto lei e lo sapevano benissimo entrambi . Isabella Spataro aveva deciso : sarebbero andati a Mosciano . Quella ragazzina , l'amica di suo figlio , l'aveva quasi commossa . Non era giusto che non potesse partecipare alle audizioni che sognava tanto per quello che era successo al padre : anche lei era stata una ragazzina e aveva sempre dovuto subire la vita invece che provare ad inseguire i suoi sogni . E poi , a parte tutto , una serata a Mosciano era una serata a Mosciano . E poi la televisione . Gaetano Spataro sarebbe rimasto volentieri a guardare la partita ma non provò nemmeno a ribellarsi : la parola di sua moglie era legge e lui sarebbe stato il loro bravo autista e accompagnatore . E in fondo si sentiva pure un po’ in colpa con quella ragazzina : a dispetto delle ipocrite tirate morali che aveva sparato per tutto il pomeriggio la storia degli zingari era stata anche un po’ colpa sua . Vincenzo non aveva spiccicato una parola e aveva passato tutto il tempo a cercare di respingere la nausea : i genitori avevano scambiato il silenzio del figlio per timidezza . Passarono a casa Rigitano , consolarono con tante belle parole la madre di Michela e si diedero appuntamento per le sette e mezzo al villaggio . Caterina Rigitano nel frattempo era riuscita a parlare con l'avvocato : suo marito avrebbe dovuto rispondere di accuse pesanti ma nei prossimi giorni lo avrebbero lasciato andare a casa , in attesa del processo . Fu persino invidiosa di non poterci andare lei a Mosciano , lei che era stata Miss Lampredotto 83 , ma aveva ritenuto che non fosse un comportamento socialmente accettabile date le circostanze e si era consolata nell'augurare in bocca al lupo a Michela . Michele e Luigi avevano girato per tre ore e non avevano trovato ne Vincenzo ne Michela : li avevano mancati al “ Capriccio “ e non sapevano dove fossero . Erano tornati al parchetto , ad annoiarsi sulle altalene . Felice Bordò e Carmelo Vandelli provavano a una cinquantina di chilometri di distanza sensazioni sorprendentemente simili per un uomo di quarant'anni e un bambino di nove . Entrambi erano prigionieri . Felice era prigioniero in camera sua ed era sdraiato sul letto : muoveva nervosamente il piede destro e fissava il soffitto . Carmelo era stato trasferito nel supercarcere di Ascoli Piceno e camminava per la sua piccola cella tirando pugni contro le pareti . Entrambi erano furiosi . Felice odiava sua madre , che lo aveva imprigionato li dentro , quello spastico di suo fratello , quelli che erano stati suoi amici fino a qualche giorno prima , i giovanotti che gli avevano rubato la moto a Mosciano , il resto dell'umanità , il mondo e l'universo . Carmelo Vandelli odiava i poliziotti , i politici , i carcerieri , i carcerati , gli italiani e gli stranieri . Ma soprattutto odiava gli zingari . Se si fosse trovato davanti quel vecchio schifoso lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani torcendogli quel collo da avvoltoio che si ritrovava . Felice provava sensazioni pericolosamente simili verso sua madre . Il sonno se li prese a distanza di pochi minuti nelle loro celle prima che arrivassero le otto e non si svegliarono che la mattina dopo . La dottoressa Silvia Giulivi aveva finalmente smontato e beveva birra Peroni gelata fumando al bar dello Sparviero dietro la guardia medica . Ogni sorso le pareva uno spicchio di paradiso . La mente tornava agli eventi della giornata e un'immagine le tornava in mente con frequenza : gli occhi neri pieni di disperazione di quella ragazzina . “ Tua madre sta bene “ le aveva detto e quella non si era mossa . Occhi come di chi è finito in un gorgo . “ Era solo svenuta “ le aveva detto imbarazzata e aveva atteso una qualche reazione . Disorientata da quei dolenti occhi neri aveva confessato la verità . “ Quel tubetto che hanno trovato in casa ci ha fatto preoccupare . Quelle pasticche potevano essere molto pericolose “ Una voce le ripeteva in testa che doveva essere impazzita a raccontare quel genere di cose ad una bambina ma aveva continuato “ Invece non le aveva prese . Quel contenitore doveva già essere vuoto da mesi . Dalle analisi abbiamo trovato solo tracce di calmanti molto leggeri “ e qui aveva tentato un goffo sorriso “ Beh , meglio essere sicuri , comunque “ . La ragazzina che continuava a tenersi la sua felpa rossa e le braccia incrociate sul petto aveva sorriso anche lei , probabilmente per convenzione , per togliersela dai piedi . Quel sorriso dolente , rassegnato e finto era stata la parte peggiore della sua giornata . La parte peggiore della vedova Bordò era stata tutta la giornata . Chi l'avesse vista sul terrazzino adagiata su un'elegante sdraio arancione a sorseggiare da un lungo bicchiere e a guardare il tramonto avrebbe pensato ad una persona che si gode un lungo momento di relax . In realtà nel lungo bicchiere c'era il quarto Long Island in tre ore , nel posacenere una ventina di cicche e , per quello che le importava , poteva essere notte in un parcheggio di periferia . La sua mente era un ingorgo di angosce che l'alcool riusciva solo a confondere . I suoi due figli dormivano a pochi metri da lei , aveva controllato . Danilo non si era fatto niente di grave ma era stato terrorizzato per ore e aveva riempito di terrore anche lei : Felice sembrava semplicemente un'altra persona . Si , è vero , era sempre stato un po' aggressivo e aveva forse una vena cattivella ma non aveva mai osato nemmeno risponderle . Anche con il fratello era sempre stato costretto a subire . Chi era questo piccolo mostro che aveva reagito con le mani ( con le mani ! ) fissandola con quello che , ne era sicura , era odio puro . Aveva dovuto chiuderlo in camera sua con la chiave e quello aveva continuato ad urlare per almeno mezz'ora . “ Me la pagherete “ ripeteva tirando pugni contro la porta e una paura sottile l'aveva assalita : e se riesce a sfondarla ? Danilo era in camera sua , sul suo letto matrimoniale . Non diceva una parola dalla sera prima . La vedova Bordò tirò giù un altro bel sorso e ruttò . Con mani che le sembravano di qualcun altro pescò l'ennesima sigaretta . Stava per accendere quando sentì le voci e il rumore di persone che si muovono sul vialetto di ghiaia . Con spenta curiosità si affacciò a guardare . La famiglia Spataro si apprestava ad uscire per la serata : tutti rivestiti e pettinati . Isabella Spataro si era messa un lungo vestito nero con un'ampia scollatura e portava i capelli sciolti sulle ampie spalle : non era certo una bellezza e appariva anche un po' comica sui tacchi alti . Ricordava vagamente un cinghiale sui trampoli . Perfino quel grezzo di suo marito sembrava quasi una persona civile , con la camicia dentro i pantaloni e i capelli imbrillantinati . Vincenzo era in jeans e maglietta e la vedova Bordò notò che era pallido come un cencio . Rimasero in attesa solo pochi secondi . Chiamando a gran voce arrivò trotterellando la figlia dei Rigitano . “ Eccomi qui , eccomi qui “ cinguettava gioiosa e si baciò con evidente complicità con il cinghiale sui trampoli . Un pensiero di curiosità , lento e apatico come un vecchio tram , attraversò la mente della vedova : chissà dove vanno tutti in ghingheri ? Poi tornò alle sue angosce . Intanto la famiglia Spataro e la loro ospite si erano allontanati sul vialetto e stavano montando a bordo della Regata Special rossa lavata per l'occasione . La macchina lasciò il villaggio sollevando un polverone nell'aria calma della sera . Nessuno si accorse dei due bambini in fondo alla strada che fissavano l'autovettura che si allontanava . Luigi e Michele guardavano l'auto che si allontanava pensando a cose diverse . Luigi non avrebbe saputo dire a cosa pensasse suo cugino ma aveva un brutto presentimento . Provò un'altra emozione che non aveva mai provato prima , una specie di egoismo adulto : vorrei che fossimo andati in vacanza da un'altra parte . Vorrei non essere qui . La sensazione fu di un frutto acerbo che ti lascia la bocca amara . Michele rimase almeno per un minuto a fissare il punto dove si trovava l'auto . Poi girò sui tacchi e prese la strada di casa senza dire una parola . Luigi lo seguì a testa bassa . Era l'ultima notte X Mosciano sembrava sul punto di esplodere . Sciami di famiglie si spostavano come un lungo corteo per il lungomare con lentezza esasperante : bambini piccoli boccheggiavano aria pregna di umidità in passeggini di tutte le fogge circondati dal rumore assordante della folla . Ragazzi e ragazze chiassosi e allegri sgusciavano da ogni dove . Bancarelle e camion che vendevano panini avevano invaso il paese . Il puzzo e il fastidioso ronzio dei generatori riempiva l'aria . Pochi chilometri più avanti una moltitudine ancora più fitta si era assiepata davanti al grande palco montato sulla pista della discoteca “ Il Pappagallo “ . Ai lati della pista erano parcheggiati due camion di Tivù Super Marche , l'ambulanza e due autovetture dei vigili . Una fila che pareva infinita portava al banchetto delle iscrizioni . Sul palco si lavorava con la disperata frenesia dell'ultimo momento . Gennaro Spataro avanzava a fatica nella calca e sulle labbra sentiva il sapore della brillantina che gli colava sul viso mista al sudore . . Aveva scaricato i tre passeggeri sul lungomare alle otto meno un quarto e aveva trovato parcheggio quasi un'ora dopo . Avanzava piano , a tempo con le centinaia di persone attorno a lui , cercando disperatamente di rintracciare i suoi in quel bailamme infernale . Finalmente , come per miracolo , vide suo figlio abbarbicato su una delle transenne . Lo raggiunse faticosamente e urlando per via del chiasso domandò “ Dove sta tua madre ? “ Vincenzo alzò un braccio con l'entusiasmo di uno zombie e indicò in direzione del palco . Gaetano si sforzò di individuare sua moglie ma si accorse presto che era un'impresa disperata . Guardò suo figlio e si accorse della faccia che portava : pure a lui gli fa schifo tutto questo casino , pensò . “Vieni “ gli gridò “ ci prendiamo una cosa da bere “ e aiutandolo a smontare si avviarono controcorrente verso un banchetto di bibite . Se la faccia di Vincenzo era quella di chi ha appena perduto una persona cara quella di Giacomino , che era a una cinquantina di metri ed un paio di migliaia di persone da lui , era quella di chi è così costernato che non sa più nemmeno come sentirsi . Attaccato alla mano di sua madre che lo aveva condotto in quel girone infernale Giacomino era ormai poco più di un burattino . Sua madre se lo portava dietro come ci si porta dietro una valigia . Teresa Vandelli era passata dagli svenimenti della mattina all'euforia della sera con naturalezza da attrice : alle dieci del mattino era al telefono con la sua migliore amica a recitare la scena della moglie disperata e quindici minuti dopo prendevano accordi per la serata , discutendo di vestiti e capigliature . Giacomino , inerme spettatore delle volute emotive di sua madre , si era sottoposto senza protestare ai preparativi e adesso si lasciava trascinare con i capelli appiccicati in testa vestito come un cretino . Non vide Vincenzo e se lo avesse visto non avrebbe saputo cosa dirgli : il suo orizzonte emotivo si era ristretto all'idea di suo padre in carcere . Suo padre in carcere per colpa sua . E da li non si era più mosso , scivolando lentamente in quella specie di catatonia . Fu con distratto fastidio che ascoltò la voce del microfono che sovrastava la folla . “ Buonasera Mosciano “ esordì esultante il famoso presentatore Kevin Lasagna mentre la folla esplodeva in un boato e contemporaneamente si spostava collettivamente in avanti . Dietro il presentatore , da qualche parte tra le decine di persone che tentavano disperatamente di far funzionare quel carrozzone improvvisato , Michela Rigitano e Isabella Spataro attendevano il loro turno . Entrambe eccitate e determinate come tigri si tenevano per mano ascoltando le parole sovraeccitate che giungevano dal palco . Lo spettacolo cominciò a rotolare rombando come il tuono sulle teste della gente , una valanga di brutta musica e ragazzine minorenni che si dimenavano a tempo . Nel frastuono di luci e rumori nessuno si interessò di controllare se gli astri stessero onorando la notte di San Lorenzo . Nemmeno Michela Capanna guardava le stelle cadenti . Michela Capanna stava riconsiderando se stessa : una vocina da qualche parte nella sua coscienza poneva domande che nessuno vorrebbe chiedere a se stesso . Sei tutta qui Michela ? Quello che ti interessa veramente è solo la tua accettazione sociale ? Essere popolare ? Cosa pensi rappresentino i tuoi due seni rotondi e appetibili ? In cosa pensi di essere diversa da Michela Rigitano ? E cosa dice tutto questo della tua personalità ? Dice forse che in fondo non sei che una ragazzina egoista che mette se stessa davanti a tutto ? Non racconta forse della donnetta che diventerai ? Michela Capanna si guardava in quell'orribile specchio dell'anima nel salotto buio dell'appartamento anonimo che suo padre aveva affittato per le vacanze . Suo padre era in custodia cautelare , quello era il termine corretto , a Pescara . Sua madre era in custodia cautelare di Morfeo in camera da letto . Si ritrovò a pensare a Danilo con triste nostalgia : Danilo l'aveva trovata interessante , per lo meno come un'amica , quel giorno in spiaggia . Esisteva un'altra via di uscita da quella solitudine che sembrava azzannarla nei suoi giorni di scuola , anonimo agnellino in mezzo ai lupi . Questa era la parte più brutta . Il suo desiderio non era solo dannoso , l'aveva spersonalizzata . Aveva venduto la sua anima , ecco cosa aveva fatto . Nel silenzio e nel buio di un salotto inutile nuove lacrime le scorrevano sulle dolci forme del viso adolescente . Stupide lacrime , pensò . Non servite a nulla . Singhiozzava da sola seduta su quel brutto divano . Anche Michele Apitrano piangeva ed erano lacrime amare . Seduto sul suo letto ascoltava distrattamente la televisione cicalare nell'altra stanza e piangeva . Pensava al suo amico Vincenzo . Un amico che era stato un idolo per lui . La sua mente proiettava masochisticamente filmati di loro due che giocavano a calcio , che correvano da qualche parte , che parlavano di videogiochi , di paure , di sogni . In cucina sua madre , Luigi e sua zia guardavano la diretta da Mosciano sulla tivù regionale . Nessuna notizia di suo padre ma quel pensiero era evaporato come neve al sole . Adesso c'era solo Vincenzo . E lui . E una nera nuvola di rabbia che stava montando dentro di lui . Vincenzo sgattaiolò fuori da casa e nessuno dei suoi parenti si accorse di lui . Danilo non dormiva più . Era sveglio e aveva gli occhi aperti nel buio della stanza di sua madre . Sua madre era accanto a lui nel letto matrimoniale e russava . Puzzava di fumo di sigaretta e di alcool . Felice , Danilo lo sapeva , era intrappolato nella loro stanza , a pochi metri . Danilo non pensava . Danilo riviveva gli eventi degli ultimi giorni con la sensazione che una pietra invisibile gli pesasse sul torace . Danilo rivedeva Felice che lo picchiava con la padella gridando come un pazzo e piangendo e sputazzando . Felice , suo fratello . Danilo rivedeva la faccia feroce che menava colpi con tutta la sua forza contro di lui . Felice , pensò disperato e anche lui cominciò a piangere silenziosamente nel buio . A Mosciano la notte era illuminata da un universo di luci artificiali . Il corpo di Michela Rigitano notò il calore che i potenti fari creavano sul palco della discoteca “ Il Pappagallo “ ma lei non se ne accorse . Non si accorse nemmeno del sudore . Michela Rigitano danzava sotto i riflettori con tutta la forza che aveva dentro . Nella sua mente bruciava una feroce concentrazione . Questo era il suo momento . Non c'era nient'altro . Ogni mossa , ogni saltello sarebbe stato perfetto . Non ci sarebbero stati errori . La sua vita avrebbe preso il volo , nulla l'avrebbe fermata . Il ritmo forsennato di una canzone di successo riempiva le orecchie del pubblico . Vincenzo e i suoi genitori guardavano Michela che ballava a tempo e a tutti loro sembrava quasi una dea , una divinità lontana anni luce dalla ragazzina che era stata solo il giorno prima . Vincenzo ne aveva quasi paura . I suoi genitori ne erano ammirati , specialmente sua madre che nella sua testa le dedicava silenziose incitazioni sorridendo . Alla fine dei tre minuti la piazza esplose in un boato . Applaudivano tutti gridando e Michela si esibì in un piccolo inchino . Sorrideva radiosa e anche sugli schermi televisivi sembrava l'immagine stessa della grazia e della bellezza giovanile . Solo Giacomino non applaudiva e sembrava un manichino da supermercato in mezzo all'entusiasmo di quella folla che lo circondava . Giacomino guardava di fronte a se senza vedere nulla . Di fianco a se sua madre piangeva commossa e batteva le mani con frequenza da colibrì . Giacomino guardava il vuoto e pensava a palle di neve che rotolano giù dalle montagne e via via che rotolano diventano più grandi e travolgono tutto e tutti . Mentre il presentatore riprendeva gridando eccitato il palco e Michela prendeva trionfalmente la via delle quinte la decisione veniva presa nella stanzetta della regia . “ Michela Rigitano , ecco qui “ segnalò uno degli autori della trasmissione televisiva indicando un nome nella lista delle iscritte . Minuti dopo grandiosi fuochi di artificio frastornavano l'aria mentre un incaricato della rete parlava con Michela e Isabella Spataro di clausole e orari di registrazione . Vincenzo e Gennaro Spataro guardavano le due donne da una decina di metri con la stessa espressione vacua in volto . Negli stessi istanti Luigi ascoltava la sigla di chiusura della trasmissione trasmessa sopra le riprese dei fuochi di artificio e si chiedeva che stesse facendo Michele . Si chiedeva se magari stesse male , oppure se stesse piangendo . Si chiedeva se fosse il caso che si alzasse dalla sedia e andasse a consolarlo . Si chiedeva se non fosse ora che si comportasse come un amico . Luigi zittì in qualche modo quelle domande nella sua testa e si strinse a sua madre che lo guardò con divertita meraviglia . Michele era in spiaggia . Non guardava nemmeno il cielo perso nei suoi pensieri . Il silenzio era assoluto . Se ne sono andati tutti a Mosciano , pensava con rabbia . Bastardi , sussurrò nella spiaggia deserta . E pensava soprattutto a Vincenzo . Aveva giurato e lo aveva tradito . Bastardo . Michele non si era mai sentito così gonfio di furore in vita sua : avrebbe voluto distruggere tutto ma si rendeva vagamente conto che così non avrebbe in nessun modo colpito il suo traditore . Se lo fosse trovato davanti lo avrebbe assalito gridando . Ma non ce lo aveva davanti . Era a Mosciano con quella stronza . E si divertivano alla faccia sua . Michele raccolse un sasso dalla rena e lo scagliò rabbiosamente lontano . No . Non sarebbe bastato picchiarlo . Non era abbastanza . Ora lo sapeva . Non era abbastanza . Lo aveva tradito e per lui non doveva essere più niente . Vincenzo doveva essere niente . Il vuoto . Michele alzò verso il cielo occhi fiammeggianti di vendetta e un destino maligno lo tentò come il serpente di Eva . Il sasso celeste illuminò il cielo sgretolandosi contro l'atmosfera terrestre . Un sorriso terribile si spandeva come veleno sul viso di Michele . Vincenzo deve sparire , pensò . Vincenzo è sparito e non tornerà più . Un attimo dopo la stella cadente spariva dissolta a rendere irrevocabile la sua scelta . Michele rimase immobile , in spiaggia , in piedi , a fissare il mare . A quattordici chilometri e sessantotto metri da lui , in una Mosciano colma di luci e rumore , Gennaro Spataro si voltava e avvertiva “ Vincè , non ti allontanà , che te perdi “ e qui si bloccava perché Vincenzo non era più dov'era un secondo prima . Gennaro bestemmiò in silenzio dentro di se . Si rigirò e gridò verso sua moglie “ Isabè ! Isabè! “ . La moglie che teneva per mano Michela si fermò a guardarlo con stanco fastidio . “ S'è perso Vincenzo !” gli urlò Gennaro e si affrettò ad aggiungere di fronte alla moglie che aggrottava le sopracciglia “ Lo cerco io . Andate avanti . Ci vediamo alla macchina , dietro alla rotonda “ . La moglie lo fissò per un attimo riflettendo amaramente su quanto era cretino suo marito . Poi si girò senza degnarlo di una parola e ricominciò ad avanzare tra la folla sul lungomare . Gennaro Spataro si avviò invece sussurrando parolacce tra la folla a cercare quel fesso di suo figlio . Michela Rigitano camminava un passo avanti alla madre di Vincenzo e sorrideva come una regina . Sui tacchi alti i suoi rotolini di grasso erano forme sinuose e il vestito lungo le metteva in risalto il seno in fiore : i capelli bagnati e ricci le incorniciavano il dolce ovale del viso dove gli occhi splendevano come diamanti . Un sorriso trionfale e in qualche modo sensuale la illuminava . Ogni quattro o cinque passi qualcuno le faceva i complimenti e Michela notata con soddisfazione il tono di sottile deferenza di quelli che la approcciavano , il linguaggio del loro corpo che sottolineava inconsciamente la sottomissione . Michela notava come la guardavano i ragazzi , anche molto più grandi di lei e il suo cuore esultava di gioia velenosa ad ogni sguardo d'odio e invidia che le amministravano le sue coetanee . Michela non le guardava nemmeno ma si nutriva dei loro sguardi . Nessuno in quella folla valeva ormai la sua attenzione . Anche i ragazzi più belli erano ai suoi occhi solo degli sfigati . Lei adesso puntava a qualcos'altro . Prima di tutto Roma . Avrebbe schiacciato sotto i suoi tacchi chiunque avesse provato a mettersi sulla sua strada come scarafaggi . Si sarebbe presentata con il suo sorriso dolce e la sua anima di freddo metallo negli studi televisivi e avrebbe raso al suolo le sue concorrenti come un bulldozer . E per quanto riguardava i ragazzi , anzi gli uomini , adesso erano diventati un mezzo , solo uno dei tanti mezzi che Michela intendeva utilizzare per arrivare in cima . Michela Rigitano aveva assaggiato altre volte il potere ma adesso aveva la possibilità di assaggiare il potere con la p maiuscola . Niente mi fermerà pensava dietro il suo sorriso dolce e umile . Niente e nessuno . La sua omonima intanto era stata vinta dal sonno . Michela Capanna non aveva trovato nessuna serenità alla fine del suo lungo auto interrogatorio . Gli occhi le si erano chiusi mentre la giostra dei suoi pensieri era ancora in pieno esercizio . Giaceva mezza sdraiata sul divano , con i lunghi capelli castani che risplendevano alla luce tenue della luna : gambe da gazzella si allungavano fino ai braccioli e il suo seno , finalmente liberato dalla pensante felpa rossa che lo incarcerava da due giorni , puntava glorioso verso l'alto . Michela Capanna era addormentata e bellissima come una ninfa in un quadro rinascimentale . A poca distanza Michele Apitrano era invece il ritratto vivente di una tragedia . Rannicchiato su se stesso si affondava le unghie nel cranio tra i capelli a spazzola mugolando e lamentandosi come se lo stessero picchiando . Lo aveva fatto di nuovo . Ne era sicuro . La cupa soddisfazione che l'aveva invaso dopo il suo terribile desiderio si era dissolta nel giro di pochi minuti in un turbine di disperazione totale . L'ho fatto di nuovo . O Dio perdonami , l'ho fatto di nuovo . Oddio , l'ho fatto di nuovo , sono un cattivo . La realizzazione lo aveva colpito come un pugno invisibile emerso dalla nebbia della sua coscienza . Lui era un cattivo . Un cattivo come quelli che aveva visto nei film . Era una persona cattiva . Tutto quello che desiderava era la distruzione . Aveva distrutto suo padre . E adesso aveva distrutto Vincenzo . Era il peggior essere umano che avesse mai conosciuto . Ed era tutto vero , non era un film americano . Era una persona cattiva . Orribile . Un mostro . No ! No ! Singhiozzava Michele contorcendosi nella sabbia come un eroe tragico . Non sono un mostro . Non voglio essere un mostro . Non è stata colpa mia . Rimase a dimenarsi , solo , sulla spiaggia deserta , per un tempo che non è possibile misurare . Un tempo che non esiste . Finalmente qualcosa scattò nel rutilare dei suoi pensieri e una luce spuntò nei suoi occhi . Devo cercarlo , pensò Michele rimettendosi lentamente in piedi . Non posso arrendermi . Posso ancora farcela . Michele si aggrappò a questi pensieri come una persona che sta affogando si aggrappa ad un pezzo di legno sbattuto dalle onde del mare in tempesta . Michele cominciò a correre . Lo stesso atto del muoversi verso un obiettivo ( Non è impossibile ! Non è impossibile ! Non è impossibile ! Dio , ti prego , fa che non sia impossibile ! ) ridette un senso più o meno razionale al flusso dei suoi pensieri . Erano passati dieci minuti e trovò la vecchia bicicletta appoggiata contro un muretto . Michele balzò in sella e cominciò la sua Odissea . Tre ore e quasi quaranta chilometri dopo sarebbe caduto sullo stradone che portava al Luna Park . X La notte era quasi pronta a lasciare spazio ad un nuovo giorno . Il buio era ancora padrone di quello spicchio di terra ma un chiarore di alba si indovinava nell'aria . Danilo camminava con passi lenti e pesanti con la testa china per la via deserta e silenziosa . Sembrava che portasse un invisibile peso sulle spalle , tutto il suo corpo schiacciato come se la gravità fosse raddoppiata e lo tirasse a terra con forza irresistibile . Danilo aveva occhi che avrebbero spaventato chiunque lo avesse incontrato . Ma non c'era nessuno . Il paese osservava il magro ragazzino che si trascinava nel silenzio e pensare che dentro le case ci fossero creature vive era come pensare che ci fosse vita nel grande vuoto dello spazio siderale . La sensazione era quella del momento dopo l'apocalisse . Danilo continuava ad avanzare ciondolando , le braccia poggiate lungo i fianchi , pantaloncini e maglietta . La luna era tramontata . Solo stelle nel cielo . Ma Danilo guardava a terra , asfalto screpolato . Finalmente arrivò alla spiaggia e il mare cominciò a sussurrargli nelle orecchie la sua monotona cantilena . Danilo si sentiva così stanco che ogni passo sembrava uno sforzo irripetibile . Continuò tuttavia a muoversi con esausta pazienza , un piede dopo l'altro . Adesso sentiva sulla pelle la sensazione in qualche modo affettuosa della sabbia . L'adriatico si spandeva di fronte a lui . Danilo perse finalmente l'ultima delle sue forze e cadde in ginocchio sul bagnasciuga . Alzò il viso reclinando la testa all'indietro sul collo e spalancando la bocca . Le sue palpebre si aprirono con pesantezza , come fossero serrande di metallo pesante . Un cielo sfocato si mostrò ai suoi occhi . Danilo piangeva rumorosamente e mugolava con la testa reclinata verso l'alto . Danilo era perso in un abisso di disperazione . Tra i sussulti cominciò a pregare a voce alta . Tremava tutto come un foglia e ripeteva tra le lacrime . Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego . Nella sua mente un'unica speranza . Che tutto torni com'era . Che tutto torni com'era . Danilo pianse ancora più forte e lasciò un lungo ululato di puro dolore . Quando l'ululato si spense assieme al suo respiro ricominciò a sussurrare . Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego . Si passò una mano sugli occhi per poter vedere oltre il velo sfocato . Ti prego Ti prego Oh per favore per favore TI prego . All'orizzonte l'aurora avanzava implacabile , aliena alla vita . Ti prego Ti prego Ti prego . E la stella cadde . Fece un percorso lungo , lungo un momento o un'eternità , come a voler osservare curiosa quel ragazzino in ginocchio nella spiaggia deserta . Il cuore di Danilo si contraeva con sempre maggiore velocità , come un motore che va fuori giri . Come prima . Come prima . Nulla è successo . Come prima . I desideri non si avverano . Tutto come prima . Oh per favore . Oddio , ti prego . Per favore . La luce dell'astro si spense . Fu come se si tuffasse nel mare dell'aurora rosa che colorava l'orizzonte . Danilo chiuse gli occhi , ancora piangendo . Il desiderio era stato espresso .