Un , due , tre …. stella !

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Un , due , tre …. stella !
Antonio Lazzarini Barnabei
Un , due , tre …. stella !
Figurine
Luca era chiuso nel bagno , la porta chiusa , il cuore che batteva a mille .
Aspettava .
Sentì la porta del bagno accanto a lui aprirsi e il rumore metallico e indeciso del chiavistello .
Indugiò ancora un attimo guardando l'elefante disegnato sul contenitore rotondo della carta igienica
Jumboroll : come sarebbe bello avere un elefante , pensò , e arrivare a scuola in groppa al
pachiderma ; si immaginò proprio tutta la scena , il mastodontico animale che saliva le scale
gridando la sua collera contro il mondo e tutti che scappavano di qua e di la .
Finalmente raccolse il suo poco coraggio e disse con voce tremante di bambino “ Due per due “.
Con l'adrenalina che gli scorreva nelle vene tese l'orecchio e finalmente arrivò la risposta .
“ Quattro “ disse una voce anonima .
Luca si abbassò e fece passare sotto la plastica celeste il piccolo tesoro che aveva tenuto nascosto
nel calzino tutta la mattina : una goccia di sudore si infranse sulle mattonelle bianche e così Luca si
accorse che stava sudando freddo .
Aspettava e si sentiva morire per il terrore , non la paura , ma proprio il terrore .
Una volta , di nascosto , aveva visto un film dell'orrore e per molte notti non aveva dormito
(quell'orribile clown ) ma era niente in confronto a questo .
Finalmente ritornò a parlare la voce anonima .
“ Va bene “ disse e un piccolo rettangolo di carta scivolo nel suo bagno .
Lo raccolse e un'esplosione di euforia gli riscaldò le viscere : un ragazzo con uno sguardo
inespressivo lo guardava da una piccola foto .
Andrij Rukowski , disse la mente di Luca , il cherubino venuto dall'est .
Il suo cuore invece manifestò la sua soddisfazione rallentando un po' .
Luca si nascose il piccolo tesoro dentro il calzino e uscì dal bagno ritrovandosi davanti ai lavandini .
Fece scorrere l'acqua e si sciacquò la faccia poi si asciugò con la carta .
Cavolo , Rukowski , gli tumultuava il cervello , Giorgio morirà di invidia .
Si guardò allo specchio finché non ritrovò una faccia normale e poi uscì dal bagno .
X
Valerio era in piedi in mezzo alla piccola folla radunatasi davanti ai bagni : stava mangiando la sua
colazione , una barretta di cioccolato , quando era cominciato il trambusto .
Una maestra aveva beccato un bambino di quinta con almeno quindici figurine .
Espulsione ripeteva eccitata la mente di Valerio e , ne era sicuro , quella di tutti gli altri .
Ma , era ovvio , dove c'era un colpevole ne stava arrivando un altro .
La faccia del bimbo che uscì dal bagno sbiancò in maniera comica ma nessuno trovò la cosa
divertente .
La maestra lo squadrò da capo a piedi poi disse “ Bene , Marini , sei nei guai “ .
Il bambino sembrò sul punto di svenire e di diventare più piccolo ma non successe niente tranne il
fremito del labbro inferiore che anticipava il pianto .
“ Tirala fuori subito , Marini . E' sequestrata “ disse con calma la maestra , cosa che spaventò ancora
di più Valerio che non riuscì più a ignorare l'irrequietezza che gli stava salendo su .
Deglutì mentre il bambino si piegava e tirava fuori la piccola effige .
Lacrime gli scendevano sulle guance ma non abbozzò scuse e per questo Valerio lo ammirò .
La maestra calò il colpo di grazia : “ Ora vieni con me dal direttore che chiamerà i tuoi genitori . E
voi bambini imparate cosa succede a chi non rispetta le regole . “
Valerio deglutì un'altra volta e la campanella squillò come uno squarcio nel silenzio .
Si avviò verso la sua classe , ancora scosso : cosa avrebbe detto quel bimbo ai suoi genitori ?
Pensò che preferiva essere morto piuttosto che spiegare a sua madre che aveva fatto una cosa
criminale : in verità non sapeva neanche perché le scambiava , perché correva quel rischio e non
sapeva nemmeno dove si prendevano , quelle figurine .
Sapeva solo che da quando era arrivato li dentro , tre anni prima , tutti i bambini avevano sempre
l'aria di tener segreto qualcosa e quando aveva scoperto cos'era non aveva potuto farne a meno .
Si diceva che il primo che le aveva portate ne avesse più di duecento ma lui non ci credeva .
Lui in tre anni era riuscito a vederne solo una trentina e ora ne aveva solo sette , nascoste nel fondo
di un cassetto , a casa .
Pensò ancora a quel povero bambino : sarebbe arrivata l'espulsione , quindi le punizioni, forse
perfino il ricovero e la sonda psichica .
Sua madre , se lo avesse beccato , la avrebbe sicuramente fatto sondare .
Rabbrividì al pensiero ,
No che non l'avrebbero beccato , se stava attento .
Valerio entrò in classe con un peso nel cuore e la gola serrata .
Gli tornò in mente la sonda e rabbrividì di nuovo .
In quel momento la leggera pressione che la piccola foto rettangolare esercitava sulla sua caviglia ,
sotto il calzino , divenne particolarmente intensa e nitida nella sua mente .
Cose da uomini
Il campo della Polisportiva “ Luigi Saleo “ era un rettangolo di terra battuta con qualche ciuffo
d'erba a fare da contrasto e due scheletriche porte arrugginite dal tempo .
A sud passava la ferrovia , il resto erano solo palazzoni , enormi facciate coperte di finestre
minuscole , terrazzi con le scope che pendevano , odore di orina di gatto , uomini in canottiera e
bambine con le ginocchia sbucciate che giocavano a campana .
Periferia .
Gli spogliatoi erano una casetta in cemento posta dietro la bandierina del calcio d'angolo , di colore
grigio , senza finestre .
A tre o quattro metri c'era una fontanella e perfino un parcheggio , asfalto segnato dai pneumatici .
La Polisportiva era tale perché li vicino c'era una palestra dove si giocava a pallavolo e basket .
Assurda , una chiesetta , anch'essa in cemento , completava il panorama .
Era il ventidue di maggio : non penso di riuscire a dimenticarlo .
Da sette anni allenavo la squadra under 14 della Polisportiva , un avamposto di gioia in un deserto
di miseria e rassegnata frustrazione : la mattina non era raro trovare siringhe usate sul pavimento
degli spogliatoi dopo le partite dei ragazzi più grandi .
Quel giorno era uno di quei giorni splendidi di primavera che ogni tanto si affacciano anche qui da
noi all'inferno , il sole dominava sprezzante il mondo degli uomini e una leggera brezza ti liberava
la testa dai pensieri .
La partita era bella e veloce e le occasioni era tutte per l'altra squadra .
Michele sedeva accanto a me , in panchina .
Abitava in un condominio a pochi metri dal campo : l'avevo visto per tre mesi assistere agli
allenamenti , muto , seduto per terra , mangiando pane e mortadella , la merenda dei poveri come
diceva sempre mia madre .
Ci parlai per la prima volta nel cortile di quell'orribile monumento alla tristezza dove abitava .
Agli allenamenti sputavo troppo sangue dietro agli altri per fargli attenzione ma quella mattina
tornando dall'edicola non potei fare a meno di notarlo : un paio di scarpe da tennis vecchie e luride
stavano tenendo su da terra , con dei veloci colpetti precisi , un secchiello da mare .
Alzai un po' lo sguardo e vidi il viso di un bambino con i capelli corti e neri che comunicava
concentrazione sotto un cappellino giallo .
Palleggiò con quell'assurdo secchiello per circa cinque minuti senza farlo cadere finché , con un
elegante giravolta , colpendolo col collo del piede lo spedì con forza a sbattere all'incrocio di due
tubi dell'acqua : guardo e gioco a calcio da una vita e ve lo posso giurare , l'aveva messa all'incrocio
dei pali di quella sua porta immaginaria .
Si stava già andando a riprendere il suo “ pallone “ quando lo chiamai :
“ Ah regazzì viè un po' qua “
Si girò e mi raggiunse .
“ Come te chiami ? “ richiesi io .
“ Michele Minniti , signore “ rispose con la vocina di un uccellino .
“ E quanti anni c'hai ? “
“ Undici “
“ Senti un po' “ cominciai sfilando una sigaretta dal pacchetto “ ma tu non sei quel regazzino che
viene sempre a vedè gli allenamenti ? “
Arrossì ma continuò a tenere gli occhi fissi nei miei .
“ Si , so' io “
“ Perché giochi co' sto secchiello ? Non ce l'hai un pallone ? “
Scosse la testa continuando ad arrossire : sapete com'è , a undici anni sei già abbastanza grande da
capire di essere il più povero di tutti .
“ C'avresti voglia di giocare con un pallone vero ?” ripresi e lui annuì .
“ Bene , domani alle tre vieni al campo con un paio di pantaloncini che vediamo che sai fare .”
“ Va bene , signore “ rispose lui .
In quel momento una sagoma si sporse da una finestra dieci piani sopra di noi e una voce femminile
urlò : “ Michè moviti ca'si fredda 'a pasta “ .
“ Ciao “ gli dissi mentre si allontanava ; lui si fermò , si girò , agitò la mano come i bambini piccoli
e rispose “ Ciao , signore “ .
Poi scomparve dentro il palazzo .
X
Michele affrontò le scale di corsa , due a due , nella frescura dell'ombra : i polpacci , come pistoni ,
proiettavano il suo corpo leggero su per i pianerottoli .
La casa di Michele erano tre stanza piccole e spoglie ; i termosifoni accoglievano vestiti piegati , la
televisione gracchiava in un angolo , il divano , ricoperto di una specie di telo impermeabile ,
ospitava un gatto color del fumo , in cucina sua madre e sua sorella stavano mangiando .
Si sedette , insensibile al sudore e allo sporco come solo i bambini possono , e cominciò la sua
preghiera : pregavano sempre prima di mangiare e chiedevano sempre che il buon Dio rendesse alla
mamma la vista “ così magari trovava lavoro e loro se ne uscivano da quello schifo “.
“ Michele , chi era quel signore ? “ chiese la madre che vestiva una tuta sformata e aveva i capelli
neri legati con uno scialle ; Michele distolse la sua attenzione dal pranzo , spaghetti al burro , e
rispose con la bocca piena : “ Era l'allenatore , dice se voglio giocare nella sua squadra “
“ Digli che soldi per comperarti le scarpe non ne teniamo “ rispose la madre .
Michele la guardò in viso e sentì ancora una volta una fitta di dolore : l'ustione aveva fatto
diventare la pelle una specie di cuoio marcio del colore della terra bruna e gli occhiali da sole
nascondevano uno spettacolo nauseante , una terra di nessuno dove la pelle lacera si contorceva in
orribili abbracci.
Viva per miracolo aveva detto il dottore .
Lei continuava a pregare Dio ma Dio continuava a non rispondere .
Michele continuò a mangiare .
X
Quel giorno all'allenamento successero cose incredibili .
Arrivai alle tre meno un quarto e con Carletto aprimmo gli spogliatoi e portammo fuori i palloni .
Carletto era il mio assistente e in generale una specie di mascotte della Polisportiva .
Era un uomo sulla cinquantina con una pancia enorme e un problema al cervello : era un po'
ritardato per i medici , tonto per tutti gli altri .
Lavorava al comune come centralinista e il suo vocabolario contava si e no quindici parole e non
era capace di reggere un discorso .
L'unica frase che ripeteva , implacabile , durante le partite , ogni venti minuti circa , era “ Daje ,
regà , che me sembrate la Magica !” .
Questa frase di incoraggiamento era ormai la nostra bandiera e Carletto era conosciuto nel quartiere
con il soprannome di “ Magica “ .
Era comunque un brav'uomo e mi dava una mano .
Michele arrivò in orario .
Aveva una polo che sembrava sopravvissuta ad una sparatoria , tanti buchi c'erano , dei jeans tagliati
al ginocchio e le scarpe da tennis del giorno prima .
Ho forse dimenticato di dire che , sebbene avesse undici anni , Michele ne dimostrava forse sette ,
piccolo come un topo , magro come un ronzino e con un visino gentile e scarno , quasi femminile .
Ma quando cominciò l'allenamento a nessuno venne in mente di prenderlo in giro : era veloce come
una saetta e aveva piedi di velluto .
Carletto era sbalordito e io più di lui : quel ragazzino non giocava a calcio , era il calcio , sembrava
nelle movenze un professionista ed aveva una coordinazione muscolare incredibile per la sua età .
Mi cadde la sigaretta dalla bocca quando lo vidi inarcarsi nell'aria e andare a colpire un pallone in
mezza rovesciata spedendolo dritto in porta .
Mezz'ora prima della fine lo presi di peso e lo portai nell'ufficio : il suo cartellino doveva essere
pronto per domenica .
Quel giorno , come ho già detto , il sole splendeva alto e la partita era difficile : gli avversari
giocavano bene e noi al quarto d'ora prendemmo il primo gol .
Cinque minuti dopo Carletto , puntuale , gridò la sua frase e Michele lo guardò sorridendo .
Io pensavo a quando mettere in campo Michele , perché facevamo giocare tutti : avevo pensato di
metterlo all'inizio e cambiarlo all'intervallo ma lui mi aveva detto che alle quattro doveva arrivare
suo padre , un camionista calabrese , e lui voleva che lo vedesse giocare .
Così avevo deciso di farlo entrare nel secondo tempo ; all'intervallo il padre era arrivato con la
sorella a salutare Michele che era pazzo di gioia .
Ci fu qualcosa che mi colpì in quell'uomo alto e magro , come un'ombra sul viso o in fondo agli
occhi .
Ma il padre non avrebbe visto la partita : spiegò a Michele che era troppo stanco del viaggio e che si
doveva riposare sennò moriva .
Guardai Michele aspettandomi di vederlo deluso ma c'era ancora gioia nei suoi occhi : mi chiesi da
quanto tempo non lo vedesse .
X
Le luci al neon dell'autogrill accoglievano solo tre o quattro persone .
Una di queste era seduta in disparte .
Sotto la luce gialla abbagliante l'uomo , smilzo , con dei baffi neri , con gli occhi neri , una sigaretta
in mano , rifletteva : i pensieri si ingarbugliavano come fili elettrici e da tutto questo nodo
sfrigolante Luigi Minniti non riusciva a trovare nessuna conclusione .
I fatti erano senza appello : con ottocentomila lire al mese non si può mandare avanti nessuna
famiglia .
Fra i sentimenti di dolore , fra i rimpianti e le preoccupazioni per l'avvenire faceva capolino un
sentimento nuovo dettato dalla stanchezza , dalle tante ore di camion , ininterrotte , fino allo
sfinimento : il sentimento che emergeva lentamente come un sottomarino dalla acque di una palude
salmastra era l'odio , l'odio verso la persona che una volta aveva amato , l'odio verso sua moglie che
, certo incolpevole , da due mesi aveva dovuto lasciare il lavoro e lo aveva costretto al trasferimento
nella periferia della capitale .
In modo assurdo eppure non raro fra gli uomini che si trovano nel limbo della depressione più nera ,
Luigi si ripeteva che era certo per quell'incidente che la sua vita aveva preso quella piega schifosa e
senza speranza , era stata la stupida distrazione di sua moglie a distruggere il sogno di una vita
migliore .
Così pensava Luigi Minniti nel vuoto di un autogrill alle tre del mattino con davanti i resti di un
panino da tremila lire e una Coca , con in mano il resto di una sigaretta , mentre dentro di lui
quell'odio strisciante e schifoso che si univa carnalmente alla pazzia cresceva e continuava a
crescere .
Avrebbe continuato a crescere per tutta la notte sui lunghi binari bianchi delle autostrade .
Quell'autostrada che l'avrebbe condotto a casa , a casa da sua moglie , a casa dai suoi figli e , più di
tutto , a casa dal suo destino .
X
E a un certo punto ci fu solo il sole di maggio e il prato e il pallone .
Michele piegò verso destra , il pallone che continuava ad andare e venire dal suo piede , come uno
yo-yo , superò una gamba tesa verso la palla e si trovò nella libertà .
I suoi muscoli cantavano buttandolo in avanti , il tempo gli scorreva sulla pelle , il vento gli
accarezzava i capelli , le esili braccia mulinavano in cerca dell'equilibrio migliore .
Posò tutto il peso sulla gamba destra e da quella parte si avventò il difensore mentre Michele era
ormai avanti come un veliero sospinto dal vento .
Superò l'aria di rigore e un portiere disperato gli si fece incontro , di nuovo il peso sulla gamba
destra e il corpo che , dimentico di tutte le leggi del mondo , si buttava a sinistra portandosi dietro il
pallone : la porta si spalancò e sembrava ancora nemica , decisa a non farsi penetrare , ma in fondo
conscia della sua fine .
“ Gol “ gridarono tutte le menti che stavano guardando , tutte tranne quella del terzino che in uno
sforzo enorme di autodeterminazione si era convinto di poter riprendere la palla , o al limite la
gamba , e si era gettato in scivolata al termine di una lunga rincorsa laterale proprio davanti a
Michele .
L'assaporava già il pallone quando si accorse di essere stato fregato : il pallone si era fermato un
attimo sotto il piede di Michele e poi era ripartito verso destra prendendo esattamente in
contropiede il terzino stupefatto : a quel punto la palla era già in viaggio e un attimo dopo la rete
vecchia e lurida si gonfiava .
E poi furono paradisi , fuochi artificiali , assalti orgasmici del sole e pugni che picchiavano l'aria e
la brezza spirò tra i mille tuffi del cuore .
X
Io non l'avrei mai immaginato .
Un attimo stavo brindando con una birra gelata alla più bella vittoria della mia vita , al nuovo
compiersi della favola più antica e bella , quella del fiore raro cresciuto nella spazzatura e l'attimo
dopo la volante dei carabinieri entrava ululando nel quartiere .
Mi ritrovai in un capannello di gente davanti al palazzo di Michele ma nemmeno allora sentii nulla ,
se non la curiosità .
Capii solo quando uscì il padre , ammanettato e pieno di sangue , e dietro le tre barelle con sopra le
lenzuola bianche macchiate di rosso : era stato proprio lui , il padre , a chiamare i carabinieri .
È stato tre mesi a Regina Coeli e poi si è ammazzato con un cacciavite preso chissà dove .
Mi hanno anche interrogato , in questura , sono arrivati i giornalisti e anche il nostro quartiere ha
avuto i suoi minuti di telegiornale e le sue folle ai funerali .
Non so cosa abbia pensato Michele quando ha visto la madre e la sorella a terra inondate di sangue
ne se abbia provato a lottare contro quella morte inspiegabile , non so nemmeno se sarebbe
diventato un calciatore e cosa passasse nella testa di Luigi Minniti .
So solo che il sole è ancora alto nel cielo e il vento continua a giocare con i miei pochi capelli .
Autunno
“ Cristiano spegni la tv e mettiti le scarpe “ urlò la madre di Cristiano dalla cucina mentre un'aquila
volava tra le montagne alla televisione.
Rovistò un po' sotto il divano finché tirò fuori , prima l'una e poi con un po' di fatica l'altra , le sue
scarpe .
Le infilò continuando a sbirciare il televisore che parlava di queste aquile che mangiavano topi e
piccoli roditori ; si infilò il cappotto e rimise a posto il telo del divano , sempre guardando : gli
piacevano un sacco quei documentari , lui un'aquila non l'aveva mai vista .
In macchina poteva salire davanti , visto che Giorgio non c'era , e così poteva guidare anche lui ,
inventandosi il volante , le luci e quella manopola rivestita di pelle che c'era nello spazio tra i sedili
davanti .
“ Dove andiamo , mamma ? “ chiese continuando a muovere di qua e di là le mani per sterzare .
“ Andiamo a comprare il grembiule per la scuola , Cristiano “ disse la mamma guardandolo
divertita.
Cristiano le sorrise e poi cominciò a leggere i cartelli : aveva cominciato a leggere solo da poco ma
tutti gli dicevano che gli calzava a pennello ; in verità riusciva a leggere solo le scritte più brevi
perché la macchina andava troppo veloce e così ogni volta chiedeva .
“ Mamma , Cast e poi ? “ “ Castel di Lama , Cristiano “ “ Fol... Foli“ “ Folignano , è dove sta la zia
Teresa “.
Gli piaceva girare in macchina perché poi si arrivava sempre in bei posti e poi perché c'erano tutte
le lucine e le persone camminavano e andavano in macchina .
Arrivarono in una piazzetta un po' in discesa e la mamma fece un po' di su e giù per cercare posto .
Da una parte c'era un prato con tanti alberi e una ringhiera blu , dall'altra tutti dei negozi , uno
accanto all'altro .
“ Stix “ sillabò a voce alta Cristiano e la mamma disse “ E' lì che andiamo “.
Entrarono e una signora grassa con un gran sorriso alzò la testa da dietro il bancone .
“ Ciao Tiziana , come stai ?” disse avvicinandosi .
“ Bene . Ciao Giulia “ disse la mamma baciando la signora grassa che poi si rivolse verso di lui e
facendo una faccia ammirata disse “ E questo ometto chi è ? non può essere certo Cristiano ?”
Al che Cristiano gonfiò un po' il petto e rispose fiero “ Si che sono io , invece .” .
La signora scoppiò a ridere e disse tra le risate “ Gesù che uomo deciso , Tiziana , io me lo prenoto
per il matrimonio !” .
Anche la mamma adesso rideva come una matta e la signora sembrava sul punto di scoppiare dal
troppo ridere : invece si riprese , dopo un po' , e gli chiese “ Siamo pronti per la scuola signorino ?”
Cristiano pensò che la signora era un po' matta perché continuava a strabuzzare gli occhi e a ridere
ma rispose lo stesso di si .
Poi si distrasse un po' , mentre la mamma parlava con la signora , a guardare il negozio che secondo
lui era bellissimo con tutti quei teli e quella stoffa e tutti i colori e poi c'erano dei brillantini sulla
vetrina e delle stelline di carta e la luce era ricoperta da un panno verde molto sottile che la
cambiava e la rendeva più allegra .
Sembrava un po' la signora , solo che il negozio non rideva .
La mamma lo richiamò e gli disse di sedersi su uno sgabello che adesso provavano qualche
grembiule .
Invece continuarono a parlare ma a Cristiano non dispiaceva perché così poteva guardare dalla
vetrina .
Girava rapidamente gli occhi di qua e di là , notando con grande interesse quel gran viavai , finché
la sua attenzione non colse una lucina intermittente rossa , di una macchina , che sembrò
ipnotizzarlo .
Piano piano si dissolse tutto il resto e ci fu solo quella lucina che andava e veniva , andava e veniva
, e una piccola parte di Cristiano si accorse dell'umidità sul mento provocata dalla bava che gli
usciva dalla mascella spalancata .
Poi non ci fu più nemmeno la lucina e i rumori morirono del tutto assieme ai pensieri di Cristiano .
Fu il buio più totale .
X
La sensazione si muoveva a ritmo lento , su e giù , su e giù .
La mano accarezzava una superficie dura ma in qualche modo confortevole e le gambe erano
rilassate e senza peso .
Ancora su e giù , senza soluzione di continuità .
Una sedia a dondolo .
L'immagine si stagliò nella mente come proiettata sulle diapositive .
Seguirono rumori di traffico lontano , voci sparse e confuse , l'accelerata squillante del motore di
uno scooter .
Un pensiero di disgusto apparve come una stella cadente ad illuminare brevemente il buio .
Brezza .
Brezza fresca sulla pelle e tra i capelli , brezza che si infilava sotto i vestiti e scivolava morbida e
piacevole sulla pelle delle gambe .
E poi odore di città e di qualcosa di fritto e sapori di caffè sul palato e sulla lingua .
E finalmente occhi e cielo stellato visibile a malapena alla luce dei lampioni .
E palazzi e antenne .
E un terrazzino piccolo con la ringhiera di ferro e qualche vaso con piccole piante dentro .
Sempre su e giù , su e giù .
Una mano entrò nel campo visivo ed era una mano vecchia , di colore bruno , con le vene come
fiumi su una cartina di una terra brulla e scheletrica .
La mano si mosse come a mostrarsi ad uno spettatore interessato , con delicatezza e grazia , prima il
dorso poi il palmo .
Ed era la sua mano .
Ne sentiva i tendini e i muscoli e le unghie e ne sentiva il peso contro la gravità .
Era la sua mano .
La mano tornò ad appoggiarsi sulla superficie di prima e un pensiero ovvio espose quello che già
sapeva .
La mano era appoggiata sul bracciolo della sedia , legno levigato dall'uso e quasi morbido al tocco .
Il corpo intero si rilassò contro lo schienale e il cielo ricomparve solcato dalle nuvole .
Su e giù , su e giù .
Ma non era una sedia a dondolo , era il suo piede che spingeva poggiato contro il bordo basso della
ringhiera facendo muovere la sedia inclinata .
Gli occhi ancora puntati verso il cielo , odori sapori e rumori che arrivavano e scappavano via come
le onde del mare , il muscolo della gamba che si stirava e si contraeva a ritmo lento facendo
dondolare la sedia e il corpo .
Come luci nella notte piccoli pensieri e piccole sensazioni si accendevano nel buio .
Serenità .
Stanchezza .
Piacere .
Come assaggiare un cibo e scoprirne i sapori .
E contemporaneamente messaggi da tutte le parti del corpo , come dispacci di una flotta di navi .
Il cuore batte con calma .
Gli occhi sono un po' pesanti .
Le gambe un po' stanche .
Il sedere è un po' addormentato .
Un pezzettino di pelle prude leggermente sul piede sinistro .
Qualcosa è infilato nei capelli e li tiene fermi con dolce durezza .
E poi altre immagini .
Riflessioni di se dentro il cervello .
Una donna vecchia .
Un vestitino estivo che arriva sotto alle ginocchia e che accarezza la pelle .
Piedi nudi .
Mutande lente di cotone .
Qualcosa di morbido e leggero sulle spalle .
Il vento aumenta un pochino , passa tra i capelli e un piccolo brivido scuote le spalle e il piede
destro smette di spingere e si strofina contro la gamba sinistra all'altezza del polpaccio .
Devo mettermi a letto .
Il pensiero è come una luce che si accende in una stanza buia .
Di colpo tutto è visibile e reale .
Come una stanza arredata il letto è l'immagine di se , il comodino è la stanchezza fisica , l'armadio è
il flusso di sensi che arrivano dall'esterno , il tappeto è l'intrico sempre in movimento dei pensieri
che sfrecciano come macchinine in giro per la mente .
Ogni oggetto è continuamente cangiante , come se ci fosse una palla da discoteca a cambiarne
continuamente i colori .
Pensieri e ricordi si sovrappongono come serpenti ammucchiati che si strusciano l'uno contro l'altro
.
E' ora di andare a dormire .
Si sta bene con questo venticello .
Domattina devo prendere un po' di verdura .
Giovanni è più preoccupato di quello che da a vedere .
Con i soldi è un problema .
Tra poco finisce pure luglio .
La bambina : domenica viene la bambina .
Giochiamo a nascondino ma si nasconde solo lei e io giro per la casa col bastone piano piano e
intanto la chiamo e la sento che ridacchia da qualche parte e poi salta su come un tappo e corre e
grida tana tana tana .
E mi dice che non c'è gusto e che vince sempre lei .
Ma intanto saltella e grida tana tana tana e ride .
Mangiamo il minestrone freddo e fa i capricci perché vuole le patatine e facciamo dei patti e finisce
il minestrone e io tiro fuori la torta e mangia una grossa fetta .
La bambina ha la pelle fresca e i piedini piccoli e le gambotte grasse e mi pettina i capelli d'argento
e lisci e pochi e intanto canticchia una canzoncina che ha imparato a scuola .
Giochiamo a carte e poi fa merenda con pane e il prosciutto e il succo di frutta con la cannuccia .
E poi viene Giovanni e ci guarda serio mentre mi chino per farmi dare un bacio e lei risponde che si
è divertita e ha fatto la brava .
Giovanni mi dice Ciao Mamma e io vedo le ombre in fondo ai suoi occhi e mi preoccupo e ci sto
male e allora il mio cervello si distrae e tira fuori ricordi colorati e il pensiero di Giovanni , grigio
grigio , affonda tra i colori e tornerà a galla più tardi e più tardi e più tardi come quelle sveglie di
adesso che trillano e fanno le musichine .
Ma i ricordi sono vividi e colorati e vogliono sempre venire fuori e anche adesso vengono fuori e il
cielo è diverso e il caldo è più caldo e il suo corpo è piccolo e abbronzato e lei corre a piedi nudi nel
tramonto tra case vecchie e ha una bambola di pezza nella mano e il sudore le scende lungo il collo
e lei non lo sente e sua sorella la chiama correndo .
Corri Melina corri .
E poi chiacchierano fitte fitte e pettinano le loro bambole e si raccontano di quando saranno sposate
e saranno ancora amiche e si metteranno dei bei vestiti e andranno alla marina la domenica con i
loro fidanzati e si daranno un bacio e mangeranno un gelato .
La mente vede un sorriso spuntare sulle labbra e sente i piccoli muscoli delle labbra cambiare di
posizione e sente le rughe che si formano sulla pelle intorno e sente la pelle d'oca sulle braccia e i
piedi nudi sono freddi e la brezza sta diventando fastidiosa e gli occhi sempre più pesanti .
I piedi si piantano per terra e la mano si muove a recuperare il bastone appoggiato a pochi decimetri
contro la ringhiera e le ginocchia si piegano e i muscoli tirano e poco a poco l'equilibrio si sposta e
il corpo si riposiziona e la mano sinistra è poggiata sullo schienale della sedia e la destra fa forza sul
bastone e la schiena si stira verso l'alto e le gambe si muovono e a ritmo col bastone la portano
dentro , oltre la porta finestra , e lei spinge il bottone e la serranda nuova che le ha regalato
Giovanni si chiude da sola con un gran rumore di motore e di ingranaggi che scorrono .
La mano accende l'abatjour nella penombra e si siede sul letto e poggia il bastone contro il
comodino e si leva il vestito e si gratta con dolcezza sulla schiena all'altezza dei reni e pesca con
lentezza la camicia da notte sotto il cuscino e se la infila da sopra la testa .
Di nuovo il bastone e la lotta lenta e implacabile per alzarsi e la passeggiata fino al bagno con la
testa già mezza addormentata e la pipì che fa rumore contro la porcellana e la catenella dello
sciacquone e lei deve mettersi sulle punte e Giovanni gli può mettere un bottone anche qui e di
ritorno verso il letto si è già dimenticata e la sua testa è di nuovo nel sole dell'infanzia e una
bambina che è sempre lei le canticchia una filastrocca nella testa e lei spegne le lucina e si mette
comoda nel letto e si porta la coperta leggera sopra il vecchio corpo ma lascia i piedi fuori e con
voce tenue canticchia a se stessa . Paletta paletta signora comare aviti na figlia non sapi iocari e
iocamo allu ventiquattro uno due tre e quattro e la devo insegnare alla bambina domenica e gli
faccio i tortellini che le piacciono tanto col prosciutto e la panna e il parmigiano e poi giochiamo e
Giovanni .
X
Non dormivano . Nessuno dei due .
Cristiano guardava il poster delle tartarughe ninja : era affascinato da come la lucina della notte ,
aveva chiesto lui alla mamma di lasciarla accesa , troncasse in due Michelangelo .
Metà di Michelangelo sembrava ingoiato dal buio mentre l'altra metà era nella solita posa con la
spada in mano e la bandana in testa , con un sorriso furbo .
Era come se la metà che si vedeva ignorasse la metà inghiottita dal buio .
Giorgio pure era sveglio e aveva il broncio , anche se nessuno poteva vederlo .
Erano passate ore ma ancora gli pareva di sentire lo schiaffo sulla guancia e le lacrime di stupore e
paura che aveva pianto : erano passate ore ma era ancora risentito con la mamma ed anche con
Cristiano , pure se non era colpa sua .
“ Giorgio “ bisbigliò Cristiano “ Sei sveglio , Giorgio ?” .
Dalla sala arrivava attutito il rumore della televisione .
Giorgio grugnì .
“ Giorgio ?” domandò ancora Cristiano con voce un po' più alta .
“ Sono sveglio “ bisbiglio allora di rimando la voce di Giorgio nel buio ed aveva una punta di
sdegno e di broncio che Cristiano non colse .
“ Lo sai chi ero quando mi è venuta la pilessia ?” domandò Cristiano e un sorriso gli spuntò sul viso
.
Lo sentì anche al buio .
Giorgio pensò che era una sciocchezza , una delle tipiche sciocchezze di Cristiano .
E poi la parola gli riportò in mente lo schiaffo della mamma e si incupì di nuovo al ricordo : non era
giusto , lui aveva solo voluto sapere e la mamma lo aveva schiaffeggiato .
La mamma non lo schiaffeggiava mai .
“ Cosa ha Cristiano ?” aveva continuato a ripetere eccitato e nell'eccitazione non aveva certo notato
in che stato era la mamma , stanca , confusa , con le mani sempre in mezzo ai capelli come uccellini
impauriti .
“ Cristiano ha la pilessia ? “ aveva chiesto alla fine , eccitato e curioso , e la mamma era scattata .
Lo schiaffo aveva bruciato e lui aveva cominciato a piangere mentre la mamma lo sgridava e gli
urlava che Cristiano non aveva niente .
E la mamma piangeva .
Se ne era andato piangendo e suo padre lo aveva trovato che guardava imbronciato la televisione
senza davvero vederla .
“ Dove hai sentito quella parola , Giorgio ? “ gli aveva chiesto suo padre sedendosi sul divano .
“ La mamma parlava al telefono con la zia “ aveva risposto Giorgio senza guardarlo e con un tono
che voleva essere di sdegno .
Non gli dicevano mai niente , lo trattavano come un bambino piccolo , lui voleva solo sapere , non
era giusto .
Una vocina nella sua testa continuava a ripetergli queste frasi dal momento dello schiaffo e Giorgio
aveva immaginato di andarsene di casa a vivere con i barboni .
Oppure di portarli dal giudice come aveva visto in qualche film americano .
Ma al momento del dunque non disse nulla di più .
“ Giorgio “ disse suo padre e lui si girò a guardarlo con aria di sfida “ Quello che ha Cristiano... i
dottori non sono ancora sicuri . Dovrà fare degli esami . E tu non devi andare in giro a parlare di
cose che non sai . E non devi spaventare Cristiano , più di quanto sia già spaventato . Hai capito ? “
Giorgio annuì con la testa ma non disse niente .
Ancora ingiustizie , gli ripeteva quella voce nella testa .
Anche suo padre era contro di lui .
“ Potrebbe darsi che non abbia nulla , Giorgio . Forse è solo stata una cosa che è successa una volta
e non succederà più . E non voglio che tu lo spaventi . E' chiaro ? “ una nota di durezza aveva
chiuso la frase e Giorgio si sbrigò a rispondere “ Si , papà “ .
Ma era permaloso e si era tenuto il muso tutta la sera : il fatto che entrambi i genitori coccolassero
Cristiano non aiutò il suo umore .
E quindi adesso replicò stizzito al fratello con un bisbiglio che sembrava il verso di un serpente .
“ Dormi e non dire stupidate “ .
E si girò dall'altra parte del letto .
Cristiano mantenne il silenzio per qualche secondo e poi con una vocina chioccia sussurrò .
“ Ero una vecchina , Gio' “ e fece un rumore come di una risatina corta .
Giorgio si dimenticò del suo broncio e si girò di nuovo nel letto .
“ Come una vecchina ? “ domandò stupefatto .
“ Si , una vecchina . “ disse Cristiano sempre a voce bassa “ Stavo su una sedia . Su un terrazzo ,
Piccolo , non come il nostro . Ero tutta .. “ si fermò alla ricerca di una parola “ Tutta grinzosa , come
quando facciamo il bagno e ci vengono le mani grinzose . Ma tutto però , anche la faccia “
Qui si fermò come a riflettere dell'assurdità della cosa .
Giorgio pure era sbalordito : una vecchina ?
Un pensiero gli passò per la testa : se Cristiano va in giro a dire che ha la pilessia la mamma se la
prenderà con me un'altra volta , anche se lui non gli aveva detto nulla e Cristiano doveva aver
sentito in giro la parola come lui .
Ma a dieci anni la curiosità era troppa e il pensiero fu immediatamente cestinato .
C'erano cose più importanti .
“ E chi era questa vecchina ? “ Chiese ed ora era appoggiato su un gomito e proteso verso il fratello
, nel buio .
“ Non lo so chi era . Però mi chiamavo Melina .” rispose Cristiano ed aveva un tono di gaio stupore
.
“ Come ti chiamavi ? Ma eri tu o eri lei ? “ chiese ancora Giorgio che si era dimenticato dello
schiaffo , della mamma e di tutto il resto .
“ Era come … “ ancora Cristiano non riusciva a esprimersi del tutto “ Era come se io non c'ero più .
Cioè … io e la vecchina eravamo insieme . Come una persona “ concluse .
Giorgio era sempre più curioso .
“ E che facevate allora ? “ sibilò subito dopo .
“ Col piede mi spingevo sulla seggiola . E guardavo le stelle . Avevo la gonna . “ disse con una
punta di orgoglio .
“ La gonna ? “ esclamò sbalordito Giorgio e poi , ricordandosi che doveva bisbigliare “ Come la
gonna ? “
“ Si , si , una gonna “ disse Cristiano con tono sicuro “ E non ci avevo le scarpe . Però faceva caldo .
E mi muovevo lento lento . Col bastone . “
“ Uau “ bisbigliò Giorgio .
Cristiano andò avanti .
“ E pensavo ad una bambina e a un signore alto con gli occhiali . Il signore si chiamava Giovanni .
E poi pensavo ed ero al mare e correvo con mia sorella . “
“ Tua sorella ?” interruppe ancora Giorgio .
“ Si , si . “ continuò Cristiano “ E lei mi diceva “ Corri , Melina , Corri “ e io correvo “ .
“ E dopo ? Cos'è successo dopo ? “ Giorgio era curiosissimo di sapere cos'altro era successo .
“ E dopo sono entrato e c'era la serranda col bottone . E poi ho fatto la pipì , seduto , come le
bambine . E poi sono andato a letto . Mi ricordo che avevo dei mutandoni e c'avevo pure le pocce .
Come mamma . Ma erano tutte secche . “ concluse Cristiano .
Giorgio era a bocca aperta .
La richiuse e chiese ancora “ E poi ? “
“ E poi mi sono svegliato e la mamma piangeva “ una nota di paura si insinuò nella voce “ e
dicevano che mi volevo mangiare la lingua e che avevo la pilessia . E poi ho pianto “ disse Cristiano
e si rese conto che stava per piangere di nuovo .
Odiava piangere davanti a suo fratello .
Ma Giorgio non colse nessuna di queste sfumature . Pensava alla vecchina che si chiamava Melina .
E d'un tratto l'assurdità di suo fratello con la gonna che faceva la pipì seduto lo colpì in pieno .
Giorgio cominciò a ridacchiare cercando di non fare troppo rumore e coprendosi la bocca con le
mani .
“ Che ridi ? “ domandò Cristiano disorientato e sospettoso .
Giorgio gli rispose a spizzichi e bocconi , ancora soffocando le risa con le mani , che aveva la gonna
e le pocce e faceva la pipì seduto .
Poi divenne incomprensibile .
Cristiano che era anche lui un po' permaloso si offese un poco .
“ Non ti racconto più niente “ bisbigliò arrabbiato .
Scusa tentò di dire Giorgio ma intanto continuava a ridacchiare .
C'era una parte di Cristiano che pareva trovare anche lei la cosa divertente ma la sua parte
arrabbiata la soffocava , come se ci si fosse seduta sopra .
Così continuò ad ascoltare il fratello che ridacchiava con le sopracciglia contratte all'ingiù e le
labbra in fuori .
Finalmente Giorgio si calmò un po' e riuscì a scusarsi con il fratello .
Non voleva offenderlo e di fatto avrebbe voluto ringraziarlo : era la storia più interessante che
avesse sentito e ne era affascinato .
Diventare qualcun altro era una cosa che non gli era mai venuta in mente ma la trovò subito
interessantissima .
“ Non è che volevo essere una vecchina . “ ci tenne a precisare Cristiano con tono indignato .
Come se lui volesse essere una femmina , con le pocce e la gonna .
Che idea cretina .
“ Lo so , lo so “ lo tranquillizzò il fratello “ che figata . Pensa se diventavi … se diventavi Van
Basten e potevi giocare col Milan e fare gol “ .
Cristiano , che aveva un'idea piuttosto vaga di chi fosse Van Basten , fece un rumore di
ammirazione .
Rimasero un po' in silenzio e entrambi pensavano a chi volessero essere .
“ Era bello anche essere la vecchina “ concluse Cristiano “ Era come .. come essere dentro …
dentro la vecchina . “ Non sapeva spiegarlo meglio di così .
Giorgio fece un grugnito di approvazione .
Si sentiva bene e cominciavano a chiuderglisi gli occhi .
Era già mezzo addormentato quando il fratello chiese con un bisbiglio preoccupato “ Mica muoio
per la pilessia ? Mica mi chiudono in qualche posto e non mi fanno più vedere nessuno ? Eh ,
Giorgio ? “
Giorgio aveva sonno ma sentì la voce del fratello e ne riconobbe la paura e una nota di disperazione
: voleva bene a suo fratello e non voleva che avesse paura , se poteva evitarlo .
Un pensiero gli passò per la testa ed era come la lampadina di Archimede : fallo ridere .
E Giorgio sapeva esattamente come far ridere il fratello .
“ Ma sei proprio un besugo “ bisbigliò con un buffo tono di voce : era difficile imitare il Gabibbo
bisbigliando ma lui ce la mise tutta “ Uè , besughiiii , ecco il più besugo di tutti . Il besugone “
continuò sempre imitando il personaggio della televisione . .
Cristiano già rideva cercando disperatamente di tenere la voce bassa .
Non resisteva a suo fratello che faceva le imitazioni .
Lo faceva sbellicare .
Intanto Giorgio era passato a Fantozzi , un altro dei loro preferiti , e mugugnava dicendo cose tipo “
Com'è umano lei “ e “ mi si sono intrecciati i diti “ .
Cristiano si dimenava nel letto ridacchiando contro il cuscino .
Si era dimenticato della “ pilessia “ , della vecchina e di tutto quello che era successo .
Quando Giorgio bisbigliò con voce autorevole “ Fantozzi , merdaccia “ una nuova crisi di riso lo
fece quasi cadere dal letto .
Giorgio lo sentiva ridacchiare e sorrideva nel buio : era un po' preoccupato che la mamma si
accorgesse di loro ma era contento che il fratello ridesse e non pensasse alle cose brutte .
Quando finalmente finì di ridere Cristiano si rese conto di essere molto stanco .
Uno sbadiglio enorme lo portò praticamente a metà strada fra veglia e sonno .
Si accomodò meglio nel letto e bisbigliò , già quasi addormentato , “ era proprio una vecchina
simpatica . “
Giorgio lo ascoltò respirare tranquillo .
Ormai dorme , pensò con sollievo quasi paterno .
Io vorrei essere un pilota di aerei , fu il suo ultimo pensiero e poi si addormentò anche lui .
Fuori dalla porta socchiusa della loro camera la mamma piangeva di sollievo e di paura e di amore e
di preoccupazione .
Pianse per qualche minuto in silenzio e poi entrò nella cameretta .
Baciò tutti e due i figli e aggiustò le coperte .
Lasciò la lucina accesa .
Non aveva sentito tutti i loro discorsi ma li aveva sentiti ridere e riuscì a dormire meglio di quanto
si fosse aspettata .
Stelle cadenti
La bicicletta sfrecciava nelle stradine tutte uguali .
Il ragazzino che ne spingeva con disperata ferocia i pedali aveva i capelli rossi tagliati a spazzola e
il suo respiro affannoso si mischiava al rumore delle ruote nella notte silenziosa .
Lampioni e villette tutte uguali .
Qualche strada più in là il lungomare , la spiaggia e l'Adriatico .
Le strade erano deserte .
In un paesino piccolo come quello le strade erano deserte e silenziose anche nelle notti di Agosto : i
giovani andavano a fare casino da qualche altra parte .
Il ragazzino era sudato marcio e stringeva il manubrio con tale forza che le nocche si erano
sbiancate : le gambe pompavano sui pedali e il cervello ignorava i muscoli e i polmoni che non ce la
facevano più .
Gli occhi del ragazzino guizzavano di qua e di la , spiritati .
La bicicletta , una vecchia scassona a cui il ragazzino arrivava a malapena , si fermò indecisa ad un
incrocio .
Il ragazzino si guardò intorno con occhi di panico e di disperazione .
Dopo qualche secondo scelse una direzione e riprese a pedalare furiosamente , respirando come un
grosso cane in affanno .
Il sudore ricominciò presto a corrergli a rivoli lungo il corpo .
La luna , le case , il cielo lo guardavano indifferenti .
Un ragazzino pelle e ossa che pedalava come un ossesso su una vecchia bicicletta troppo grande per
lui .
Nella mente del ragazzino era in corso un uragano tropicale di pensieri ed emozioni .
Sottotraccia una preghiera veniva recitata da parte della sua coscienza come un mantra .
Fammelo ritrovare , ti prego , fammelo trovare , per favore , fammelo trovare , che tutto si risolva in
un incubo , ti prego , ti prego , ti prego .
Sfrecciò davanti ad uno chalet deserto e svoltò di nuovo verso l'interno del paesello .
Ogni pochi secondi doveva passarsi una mano sulla fronte perché il sudore gli bruciava gli occhi e
gli annebbiava la vista .
Il sudore e le lacrime .
Ti prego ti prego ti prego ti prego .
La strada ora era in leggera discesa e smise di pedalare perché i pedali giravano a vuoto .
Guardò a destra e a sinistra , sempre con la stessa espressione di disperato panico .
Alla lontana si indovinavano le sagome scure del Luna Park .
Forse è andato la .
Oddio ti prego .
Fa che sia la .
Il ragazzino si passo di nuovo una mano sugli occhi e riprese a pedalare con furia .
Centocinquanta metri dopo , dove la discesa si diradava e la strada svoltava , la luna si nascose
dietro una nuvola e la ruota anteriore si infilò repentinamente in una buca dell'asfalto .
Alla velocità a cui andava avrebbe forse potuto tenere in piedi la bicicletta ma si stava di nuovo
passando la mano destra tra i capelli e il manubrio si piegò verso sinistra .
La bicicletta si fermò di colpo e il ragazzino fu disarcionato con forza .
Atterrò un battito di ciglia dopo sbattendo con forza la testa sull'asfalto rovinato .
Perse subito i sensi .
Un ragazzino con pantaloncini e una maglietta di Italia '90 .
Una strada deserta senza lampioni , illuminata dalla luna d'agosto .
Ai lati della strada campi incolti e in lontananza le sagome delle attrazioni .
Gli occhi chiusi del ragazzino erano rivolti verso il cielo .
Nel buio di quella zona periferica le stelle la facevano da padrone assieme alla luna ormai un po'
calante .
Nel buio e nel silenzio una stella cadente solcò la volta stellata .
Il ragazzino non la vide .
Il ragazzino era sdraiato in una posizione strana e sanguinava da un taglio nella parte superiore del
sopracciglio .
La bicicletta giaceva a qualche metro .
La stella cadente fece un giro lungo , forse un paio di secondi , e scomparve .
Il ragazzino rimase a terra nella notte silenziosa .
X
“ Eccola ! L'ho vifta ! L'ho vifta “ .
Giacomino gridava felice con un dito puntato verso il cielo e con la sua esse spastica , come la
chiamava Felice .
Era sdraiato sullo scivolo mentre i fratelli Bordò si dividevano le altalene .
Michele , che chiamavano tutti “ Roscio “ per via dei suoi capelli , era sulla piattaforma che girava
assieme a Vincenzo , appoggiati su uno dei sostegni di metallo .
Il piccolo parchetto era di terra polverosa e contava anche un paio di coccinelle di quelle con la
molla sotto per dondolarsi .
Tutto intorno il villaggio “ Little Star “ con i suoi piccoli appartamenti dai colori pastello e le mura
che cominciavano a scrostarsi .
Tutte le teste si voltarono nella direzione indicata da Giacomino ma era troppo tardi .
La stella cadente se ne era scappata .
Era il due agosto , sette giorni prima che Michele volasse via dalla bicicletta .
“ Te la sei inventata , spastico ! “ sibilò Felice Bordò dall'altalena .
Era piccolo e rotondetto e aveva una vena da bulletto .
Suo fratello Danilo , che invece era alto e secco , sembrava perso dietro altri pensieri e guardava
ancora il cielo ,
“ Non è vero , ftronzo ! “ protestò Giacomino , tirandosi a sedere sullo scivolo .
“ Ftronzo “ gli fece il verso Felice .
Danilo ridacchiò .
Giacomino si fece rosso rosso e stava per replicare qualcosa .
Poi la discussione sarebbe degenerata e Giacomino se ne sarebbe andato a casa gonfiando il petto e
trattenendo furiosamente le lacrime .
“ L'hai espresso il desiderio , Giacomino ? “ si interessò invece Vincenzo ,
Giacomino fu lieto dell'interruzione e fiero che Vincenzo gli credesse e si interessasse a lui .
Vincenzo era il loro piccolo Dio .
“ Si , ho chiefto ..“ cominciò gaio Giacomino ma Vincenzo lo interruppe subito “ Non si deve dire ,
sennò non si avvera “ .
Vincenzo era di San Severo e parlava con un accento che lo faceva sembrare un po' più grande .
Era il più alto di tutti e aveva i capelli neri e lisci che spesso gli coprivano gli occhi .
Sembrava un po' Ghemon , l'amico samurai di Lupin , quello che apriva i carri armati in due con la
spada , aveva confidato una volta Michele a Giacomino .
“ Dovevi chiedere di non parlare come uno spastico “ disse con cattiveria Felice .
“ E smettila , cretino “ gli rispose Vincenzo .
“ Che fai , mò difendi gli spastici ?” lo sfidò il panzone con tono di scherno .
“ Faccio quello che voglio e se non la smetti ti meno pure “ considerò Vincenzo con un sorrisetto .
Felice vide la mala parata e si chiuse in un imbronciato silenzio .
Rimasero tutti per un po con i loro pensieri .
Giacomino era soddisfatto che quello stronzo di Felice fosse stato umiliato .
Felice covava rancore verso Vincenzo e gli altri .
Danilo era impegnato ormai da un po' in un sogno erotico ad occhi aperti causato da un giornaletto
porno che era riuscito a sbirciare la mattina all'edicola .
Vincenzo guardava ancora il cielo e pensava a cosa desiderare se vedeva una stella cadente : era
indeciso tra il pallone da calcio di cuoio vero che aveva visto alla Standa o uno skateboard , che era
un suo vecchio sogno ( anche se non sapeva dove sarebbe potuto andarlo a comprare ) .
Michele invece pensava ai guai suoi : a casa sua girava un'aria pesantissima e lui aveva passato tutto
il giorno a rimuginare odio e veleno verso suo padre .
Aveva pure pensato di scappare .
Non ne aveva parlato con nessuno , nemmeno con Vincenzo , ma tutti lo avevano visto di che
umore era .
“ E fse andiamo alle macchinette ? “ propose Giacomino dopo qualche minuto .
La proposta fu accolta con discreto entusiasmo da tutti , anche da Danilo che non teneva nemmeno
duecento lire .
Era meglio che stare li ad annoiarsi e a punzecchiarsi .
“ Me ne vado a casa “ annunciò Michele con tono scontroso e senza guardare in faccia nessuno .
“ Meeh , ci prendiamo un gelato “ provò a convincerlo Vincenzo .
“ No , non mi va “ rispose a occhi bassi Michele e girò i tacchi mentre gli altri si avviavano .
Mentre si allontanavano sentì Giacomino che chiedeva a Vincenzo “ Che c'ha il Roscio ? “ .
Non sentì la risposta di Vincenzo e dopo qualche secondo era rimasto solo .
La verità era che non poteva uscire dal villaggio , per espresso ordine di suo padre .
Si vergognava a dirlo agli altri .
E adesso ?
Michele tirò un calcio a un sasso , alzandosi dal seggiolino su cui si era appolaiato .
Non aveva voglia di tornare a casa .
Rimase li a tirare calci ai sassi e a covare frustrazione .
La sensazione di ingiustizia e depressione sembrava essersi piazzata tra la gola e gli occhi e gli
faceva venire voglia di piangere .
Invece tirava calci ai sassi e dopo un po' si sedette su una delle due altalene , ormai libere .
Stava ormai per andarsene quando la stella cadente gli apparve maestosa nella notte di Agosto .
Che se ne vada affanculo , pensò con ferocia .
Ecco il mio desiderio .
Che se ne vada affanculo , quello stronzo .
Si alzò e si avviò verso casa strisciando i piedi .
Lo stronzo , cioè suo padre , non fece commenti quando rientrò : stava guardando il calcio .
Sua madre provò a intavolare una conversazione ma Michele tagliò corto .
Dette la buonanotte con un tono che sperava gelido e se ne andò in camera sua .
Aveva il sonno pesante e non sentì il telefono squillare nel cuore della notte .
X
Il gestore del bagno “ Capriccio “ gli faceva la guerra da quando era cominciata l'estate ma doveva
sopportarli perché la madre di Giacomino era una cliente storica .
Delinquenti , pensava accigliato mentre li guardava spruzzarsi e rotolarsi nell'acqua .
Michele era raggiante e rideva e scherzava .
Si prese in un'imitazione di lotta con Vincenzo e si azzuffarono per scherzo mentre gli altri
gridavano e gli tiravano acqua in faccia .
La mattina aveva portato buono : lo stronzo se ne era andato .
Questioni di lavoro , aveva precisato sua madre al tavolo della colazione .
Due ore dopo Michele era sdraiato insieme agli altri sul bagnasciuga , sorridente e rilassato .
Chiacchieravano di imprese scolastiche ma si interruppero quando videro arrivare Giacomino ,
sgargiante in tenuta da giocatore della squadra di calcio della Germania .
Era la sua ossessione e gli aveva rotto le scatole fino allo sfinimento : lo stesso aveva fatto con i
suoi e con chiunque gli desse retta .
La maglia era bianca con una striscia gialla e nera a ricordare i colori della bandiera .
Giacomino sfoggiava un sorriso da orecchio a orecchio .
“ E questa da dove è uscita ?” domandò Vincenzo a nome di tutti .
“ Bella , eh ?” si pavoneggiava Giacomino al colmo della felicità “ Mio zio Giovanni me l'ha
regalata . E' venuto ftamattina . “ mentì e si girò a mostrare il retro .
“ Forte , t'ha fatto scrivere il nome ! “ disse ammirato Michele .
Sopra il numero 10 scintillava in lettere eleganti il nome Giacomo .
“ E' originale “ tenne a precisare Giacomino “ Tocca qui , che fico ! “ .
Tutti toccarono il tessuto e ammirarono le trasparenze e gli arabeschi in filigrana .
“ Allora dobbiamo fare una partita ! “ concluse Vincenzo e andarono al campaccio ,dietro la ferrovia
.
Giocarono fino all'ora di pranzo e Giacomino fece pure due gol .
Camminava a mezzo metro da terra di ritorno al suo appartamento .
Michele si spazzolò un piattone di spaghetti e si mise sul divano con un Topolino nuovo .
Non si ricordava l'ultima volta che si era sentito così felice .
Si addormentò al fresco del salotto e passò un pomeriggio fantastico con i suoi amici .
La sera strappò un permesso distratto alla madre e assieme agli altri andò a giocare ai videogiochi e
si prese pure un bel gelato .
Si erano dimenticati delle stelle cadenti e chiacchieravano mangiando i loro coni , Giacomino
sempre con la sua maglietta .
Di tutti e cinque solo Danilo si era accorto della coincidenza : Giacomino aveva visto la stella
cadente e si era presentato con la maglietta che desiderava da chissà quanto tempo .
Sicuro che aveva desiderato la maglietta la sera prima .
E pure Michele , lo sapevano tutti che odiava suo padre e quello , puf , se n'era sparito .
E Michele era rimasto da solo ieri sera : poteva benissimo aver visto una stella cadente pure lui .
Nessuno lo vide sgattaiolare dal suo appartamento quando Felice si era addormentato quella notte .
Se n'era andato al parchetto e guardava il cielo .
Aveva un po' freddo e anche sonno ma era determinato .
Rientrò che era tardi e si mise a letto .
Inutile nasconderselo , ci sperava .
X
“ Meh , dove sta Danilo ? “ domandò Vincenzo il mattino dopo in spiaggia .
Felice alzò le spalle .
Non si sentiva bene , aveva detto .
Se ne era rimasto a casa .
Danilo aveva detto di avere mal di testa e aveva aspettato pazientemente che suo fratello e sua
madre se ne andassero al mare .
Appena li aveva visti allontanarsi dal terrazzino si era catapultato in salotto e aveva acceso la
televisione .
Il canale lo sapeva a memoria , il trentotto .
Tele più Canale Erotico .
Aveva passato ore a farsi venire il mal di testa per cercando di decifrare le immagini criptate .
Se non pagavi l'abbonamento la trasmissione veniva oscurata e si poteva solo cercare di indovinare
.
Danilo rimase a bocca aperta .
Il canale trentotto , in tutta la sua gloria , era perfettamente visibile .
Si affrettò ad abbassare il volume mentre una bionda mozzafiato era impegnata con due uomini neri
in acrobazie pornografiche inimmaginabili .
Passò le seguenti quattro ore davanti alla televisione e consumò un numero importante di fazzoletti
di carta .
I suoi occhi avidi immagazzinavano scena dopo scena e le salvavano nella memoria per future
proiezioni mentali .
All'ora di pranzo sua madre si preoccupò : era pallido e aveva l'aria sbattuta .
Danilo stette al gioco e con galanteria insistette perché la sua famiglia andasse a divertirsi e non
passasse pena per lui .
“ Casomai ti telefono al Capriccio “ disse a sua madre con i suoi migliori occhi da Bambi “ Che stai
a fare tutto il giorno chiusa in casa ?” .
La madre finalmente acconsentì , dopo avergli misurato la febbre e avergli somministrato
un'aspirina .
“ Se ti senti male telefonami , mi raccomando “ gli disse dalla porta .
“ Ciao Danì “ lo salutò suo fratello che , panzone scemo che era , non sospettava nulla .
Sicuro torna prima , pensò Danilo , e si affrettò a tornare alle sue occupazioni .
Fu solo all'ora di cena , sempre più sbattuto e con due belle occhiaie di contorno , che realizzò la
portata degli avvenimenti .
Il bicchiere gli scivolò dalla mano e si schiantò per terra .
Si avverano i desideri pensava Danilo a bocca spalancata .
Si avverano per davvero .
Danilo se ne andò a letto presto , rimuginando su una lista di meraviglie che per la prima volta nella
sua vita sembravano a portata di mano .
X
Il terzo giorno cominciò senza sole .
Nuvole bianche coprivano il sole e la spiaggia era deserta .
Erano di nuovo tutti al parchetto , annoiati .
Giacomino sfoggiava la sua maglietta bianca .
Il padre di Michele era sempre assente .
Pure Danilo scese al parchetto , che sua madre si era installata in casa visto il brutto tempo .
Aveva paura che per caso finisse sul canale trentotto e scoprisse il suo segreto ma dopo mezz'ora di
Beautiful non ne poteva più .
Che lo scoprisse , non poteva certo accusare lui .
“ Se viene il genio della lampada voi che gli chiedete ?” domandò agli altri , dondolandosi sulle
altalene .
“ Il genio di che ? “ chiese Felice .
“ Il genio della lampada . Quello che avvera i desideri . “ .
Felice ci pensò su .
“ La Ferrari “ concluse .
“ La moto “ disse Vincenzo .
“ La Mountain Bike “ Michele .
Giacomino ci pensò su .
Un desiderio ce l'aveva anche lui ma si vergognava a dirlo .
“ Io pure la Ferrari “ mentì .
“ Eh , ma la Ferrari poi non te la fanno guidare . “ considerò Danilo “ Ci vuole la patente “
“ E io la guido uguale . Me ne fotto ! “ disse sfidante Felice .
“ E tu che vorresti ? “ gli domandò Michele .
Appunto a quello stava pensando .
Soldi ? Ma per comprarci che ?
Il Sega Megadrive ? Gli sembrava troppo poco .
La collezione di Topolino .
Ma gli sembravano desideri da bambino .
La mente eccitata da un giorno e mezzo di film pornografici gli sussurrava altri desideri .
Ma si poteva desiderare una cosa così ?
Allargò le braccia per far capire a Michele che , appunto , non aveva deciso .
Felice conosceva suo fratello e cominciò a insospettirsi : quello non diceva così per dire .
Che aveva in mente ?
Decise che non era il caso di affrontarlo direttamente : avrebbe negato ed era più forte di lui , lo
poteva menare .
No , doveva fare come un detective , tenerlo d'occhio , spiarlo .
Quello teneva un segreto , sicuro .
Gli altri fantasticavano a voce alta : chi voleva una villa , chi voleva giocare nella Juventus ,
Vincenzo voleva andare a Gardaland .
Il pomeriggio tornò il sole e lo passarono a mare , a giocare a biglie e a fare il bagno .
La sera il cielo era sgombro e stellato .
A notte fonda Felice sentì la porta che si apriva e si affacciò cauto alla finestra .
Lo sapevo , pensò esultante vedendo suo fratello che sbucava sotto di lui .
Si affrettò ad inseguirlo .
Danilo , all'oscuro di tutto , aveva deciso di andarsene alla spiaggia .
Se vedeva una stella cadente aveva intenzione di desiderare qualcosa di grandioso : due ragazze ,
come nel film “ Studenti vogliose “ che aveva visto la notte prima verso le tre del mattino sul suo
canale magico .
E se non funziona vuol dire che era tutta una coincidenza e il televisore si era impazzito .
Felice lo seguiva a distanza di sicurezza , un po' spaventato dal buio ma troppo curioso per desistere
.
Si appostò dietro una palma rachitica e osservò il fratello .
Si era sdraiato in spiaggia .
Che fa ? Si domandò Felice .
Non aveva risposte .
Passò del tempo .
Faceva fresco e Felice sentiva gli occhi pesanti ma non riusciva a mollare l'osso : che diavolo
combina ?
Aveva fatto mille ipotesi : suo fratello era impazzito , aveva un appuntamento con qualcuno , si era
innamorato e sospirava alla luna .
E quello se ne restava fermo , sdraiato come uno scemo .
Passò altro tempo .
Felice non aveva l'orologio ma era tardi , sicuro .
Finalmente suo fratello sembrò ridestarsi dal coma : Felice lo vide alzarsi e anche da lontano si
capiva che era nervoso , elettrizzato , si guardava intorno girandosi di qua e di la .
Felice si acquattò dietro la sua palma , sempre più perplesso .
Quando si sporse a guardare suo fratello si dirigeva verso le cabinette per cambiarsi .
Ne aprì una , entrò e si chiuse la porta dietro .
Questa poi , pensò Felice .
Danilo è uscito scemo davvero .
Si avviò con passo felpato verso le cabine , tutto piegato per cercare di rendersi invisibile .
Cominciò a sentire risatine e rumori , affievoliti , da dentro la cabinetta dove era entrato il fratello .
Allora aveva un appuntamento , concluse .
Ma con chi ?
Gli sembravano voci di donna .
Percorse gli ultimi metri con precauzione quasi comica .
Adesso sentiva qualcuno che ansimava e rumori come di risucchio .
La porta della cabina era zigrinata e lasciava intravedere strisce di quello che succedeva dentro , alla
luce fioca della luna .
Felice vide la faccia di suo fratello affondata in quelle che sembravano due tette , vide braccia e
gambe e lunghi capelli , vide natiche e ginocchia .
E poi sentì gemiti e mugolii .
E finalmente capì : scopavano !
Sbirciò ancora , sbalordito .
Ed erano in tre .
Danilo e due ragazze .
Felice era due anni più piccolo di Danilo e la pubertà ancora in bocciolo ma si sentì lo stesso
eccitato : erano due ragazze bellissime , con i lunghi capelli biondi e nel piccolo spazio della cabina
sembrava si fossero fusi tutti e tre in un abbraccio sincopato che aumentava di velocità con il
passare dei secondi .
Adesso apro e lo sputtano , penso Felice .
Si , così ti riempie di botte gli rispose una voce nella sua testa .
E io lo dico a Mamma .
Accarezzo il pensiero per qualche secondo mentre il ritmo dentro aumentava e la cabina sembrava
sul punto di esplodere .
Poi si allontanò per la spiaggia , alla luce tenue della luna .
Se ne tornò a casa a passo lento , rimuginando .
Parte di se gridava di svelare il segreto del fratello , oppure di ricattarlo o di dirlo a sua madre .
Ma c'era qualcosa che voleva capire e gli diceva di aspettare .
Qui c'è qualcosa che non torna .
Ci stava pensando ancora , già nel letto .
Ricapitolava : Danilo che esce di nascosto la notte , si sdraia in spiaggia e aspetta due ore poi
arrivano due ragazze bonissime e scopano .
Non ha senso .
Se avevano un appuntamento cosa era rimasto a fare due ore sdraiato in spiaggia ? E poi chi erano
quelle due ? Mai viste prima . E poi quello spastico di Danilo , figurati .
Continuava a girare intorno alle sue domande quando si addormentò .
Si sveglio di soprassalto e doveva essere l'alba perché si indovinava un po' di luce fuori .
Danilo dormiva beato accanto a lui .
Le stelle cadenti ! Urlava il suo cervello .
Aveva capito tutto nel sonno .
I desideri delle stelle cadenti ! Si avverano davvero !
Si rimise sdraiato , si era tirato a sedere quasi involontariamente nello svegliarsi , e un sorriso lento
lento si formò sul suo viso rotondo .
X
Il quarto giorno il segreto durò fino a sera .
“ Eccolo là “ gridò Vincenzo quando vide la sagoma di Danilo alla fine del pratone che si
avvicinava .
Erano le undici e mezza ed erano al campetto da almeno un'ora .
Vincenzo e Michele tiravano in porta , Felice faceva il portiere .
Ma non si muoveva ed era come se non ci fosse .
Gli amici lo sfottevano e gli gridavano Piscione ma lui sembrava si accorgesse che avevano tirato
due o tre secondi dopo che il pallone era entrato in rete .
E non reagiva agli insulti : li guardava con un'espressione ebete e andava a recuperare il pallone in
fondo al sacco .
Era proprio strano e Vincenzo e Michele si era lanciati sguardi per tutta la mattina .
Michele aveva pure chiesto sottovoce “ Che ha ?” a Vincenzo mentre Felice recuperava un pallone
finito nella sterpaglia .
Vincenzo non aveva potuto che alzare le spalle .
Lo stesso aveva fatto Felice quando gli avevano chiesto di Danilo : che , sta male pure oggi ?
Boh , aveva bofonchiato Felice con l'aria di uno che si fosse drogato come un cavallo .
Pure Giacomino non c'era .
Forse doveva fare qualcosa con la madre , pensava Michele .
Suo padre , lo stronzo , era ancora mancante e cominciava a sentir crescere qualcosa sotto la felicità
egoista di non averlo tra i piedi .
Sua madre gli era sembrata stanca e pensava gli stesse dicendo bugie .
Un lavoro improvviso .
Ma non l'aveva guardato negli occhi .
Il pallone aveva cancellato tutti quei pensieri come il cancellino della lavagna .
Ed ecco Danilo .
E con un sorriso a diciotto carati .
“ Uè , Danilo , facciamo all'americana ?” domandò Vincenzo vedendolo avvicinare .
Danilo li guardò sorridendo .
“ Certo , perché no ? “ e si era levata la maglietta .
Felice sembrò scuotersi dal coma ebete in cui galleggiava e salutò il fratello con un ghigno “ Ciao
Danilo . Hai fatto proprio una dormita , eh ? “
Vincenzo e Michele notarono il tono da serpente di Felice ma Danilo sembrava troppo raggiante e
non se ne accorse nemmeno .
Giocarono all'americana per un'altra oretta e Michele si sorprese più volte a sbirciare di straforo gli
occhi di Felice che non si staccavano dal fratello : brillavano di una felicità cattiva , qualcosa che
associava ai cattivi dei film che guardava in televisione .
Nel pomeriggio si erano dati appuntamento al Capriccio e ancora una volta Giacomino non c'era .
Non c'era nemmeno Michele che si stava annoiando da matti con suo cugino ai bagni “ Principessa
“ : la zia e suo cugino erano venuti a pranzo e il pomeriggio erano scesi tutti a mare : non aveva
nemmeno provato a sganciarsi , sapeva che il suo destino per quel giorno era segnato .
Vincenzo e Danilo discutevano dell'assenza di Giacomino e pensarono di andarlo a cercare o
almeno di domandare alla madre ma le due Michele apparvero sulla scena e cambiarono faccia alla
giornata .
X
Le due Michele erano Michela Rigitano e Michela Campana , entrambe dodici anni , migliori
amiche per forza quell'estate .
Michela Rigitano era piccola e cicciottella , con i capelli ricci neri : l'estate prima faceva comunella
insieme alla sua vera migliore amica , Romina Cascioni .
Ma quest'anno Romina non veniva e si doveva accontentare della Campana .
Michela Campana era alta per la sua età e aveva lunghi capelli castani .
Come dicevano i suoi compagni di scuola era piatta come un asse da stiro .
Era la prima volta che andava in vacanza con i suoi al villaggio ed aveva ceduto facilmente alle
lusinghe dell'altra Michela : era una timida e cedeva su tutto pur di sentirsi accettata dall'amica .
Aveva ceduto anche sull'andare a trovare i maschi , idea che aveva tirato fuori Michela Rigitano
quando era finito “ Non è la Rai “ .
Si sentiva a disagio e in qualche modo nuda davanti a quei ragazzini che aveva intravisto al
parchetto e stava un passo indietro all'amica con un sorriso scemo in faccia .
Michela Rigitano aveva una cotta per Vincenzo dall'estate scorsa e faceva sfoggio delle tecniche
femminili che scimmiottava dalla televisione .
“ Ciao , che fate ? “ domandò mettendosi a sedere sull'asciugamano di Vincenzo con nonchalance .
Vincenzo si irrigidì subito e balbettò qualcosa di rimando .
L'altra Michela ancora in piedi come un palo era divorata dal disagio e dalla timidezza .
“ Lei è un'amica mia , si chiama pure Michela “ la presentò l'altra .
I tre ragazzini bofonchiarono un “ Ciao “ strascicato e lei continuò a sorridere come una scema ,
indecisa se sedersi o meno .
“ Vieni , siediti pure tu “ le disse Michela Rigitano e lei si accucciò come un cagnolino vicino
all'amica .
Michela Rigitano si lanciò subito in una filippica sul suo futuro di starlette televisiva volta ad
impressionare Vincenzo che la guardava inebetito e travolto dal fiume di parole .
Il ragazzino alto e magro con i boxer rossi si rivolse a Michela Campana con calma naturalezza .
“ E' la prima volta che vieni al villaggio ?” e aggiunse “ Io mi chiamo Danilo “ .
“ Piacere . “ rispose timida Michela e le sembrava che le andassero a fuoco le orecchie “ Si , è la
prima volta che veniamo . Prima andavamo da mia nonna , in Puglia “ .
Danilo considerò l'informazione e passò oltre “ Che classe fai ? “ chiese mentre la guardava .
Michela rispose con gli occhi bassi “ La seconda media “ .
“ Pure io “ fece Danilo “ Quest'anno ci sono gli esami “ e lanciò un grosso sbadiglio .
Un sibilo inatteso giunse dal bambino ciccione che avevano alle spalle “ Se non ti bocciano di
nuovo “ proferì sarcastico Felice .
Michela rimase imbarazzata ma Danilo alzò le spalle .
In sottofondo sentivano il rumore della parlantina interminabile di Michela Rigitano che era passata
ai Take That e sciorinava articoli di “ Cioè “ al povero Vincenzo .
“ La professoressa d'italiano mi odia “ disse calmo Danilo .
Si sentiva come uno di quei bonzi dell'india : calmo e tranquillo , sentiva il suo corpo come un
perfetto meccanismo oliato e la sua mente come un mare placido dalle acque chiarissime .
Michela cominciava a essere interessata a quel ragazzo alto e magro : le piacevano i suoi modi
calmi e le sembrava che avesse un atteggiamento quasi da adulto .
Leggeva un che di saggio in quei grandi occhi neri .
Felice intanto schiumava rabbia in silenzio : se c'era qualcosa che lo faceva veramente imbestialire
era vedere suo fratello così rilassato e di buon umore .
A fare il cretino con quella ragazza .
Felice non aveva alcun interesse per quella Michela li , come non ne aveva per le femmine in
generale , ma era competitivo di natura e con suo fratello diventava ossessivo .
Sentiva come una vibrazione di essere rimasto escluso dalla situazione , come un soprammobile che
nessuno nota .
Danilo e Michela intanto chiacchieravano delle loro esperienze a scuola , lui con la testa da un'altra
parte e lei dolorosamente cosciente di ogni singola parola che la timidezza lasciava passare .
Felice si alzò e annunciò scontrosamente che si andava a fare un gelato allo chalet .
Nessuno se ne accorse .
Camminava a occhi bassi di pessimo umore .
Al bar prese invece una coca cola e un pacchetto di Fonzies .
Alla radio passava Jovanotti .
“ Sei come la mia moto , sei proprio come lei
andiamo a farci un giro , fossi in te io ci starei “
Per felice Jovanotti era il massimo : non tanto per la musica quanto per l'immaginario che era
quanto di più ribelle riuscisse a concepire la sua mente di undicenne di provincia .
Si era sognato mille volte di andare in giro con una moto di grossa cilindrata , una giacca di pelle
con la bandiera dell'America e il cappellino all'incontrario .
Sarebbe una figata , pensava mentre si mangiava i suoi Fonzies ,
Gliel'avrebbe fatta vedere lui a Vincenzo e a quello stronzo di suo fratello .
E mentre ingollava patatine untuose una voce nel suo cervello gli ricordò che adesso poteva farlo ,
che adesso sapeva qual'era il segreto .
Un sorriso si aprì sul suo viso mentre Felice , seduto da solo sul tavolinetto sporco , pensava alla
faccia di quegli scemi quando sarebbe arrivato con la sua moto vestito come Jovanotti .
Nessuno si accorse di lui e del suo sorriso .
Sei o sette ore più tardi erano tutti davanti al Chioschetto seduti sul parapetto di cemento che
delimitava la spiaggia .
La notte era chiara e faceva un bel caldo .
Circa le nove , ancora un'oretta prima di dover andare a casa .
C'erano Michele con suo cugino Luigi , che si era dovuto portare appresso per forza , Michela
Rigitano con i rotoli che sporgevano dai jeans troppo stretti che si strusciava a Vincenzo e Danilo e
l'altra Michela seduti uno accanto all'altro sul muretto a guardare la gente che passeggiava .
Michela Campana pensava a Danilo e si sentiva come in una scena da telefilm americano .
Danilo pensava ad una stella cadente e a Moana Pozzi .
Michela Rigitano pensava , o meglio sentiva che il suo bel pesciolino stava abboccando all'amo .
Vincenzo pensava a non fissare troppo le tette di Michela che le aveva grosse per la sua età e le
aveva messe in risalto con una maglietta attillata : Vincenzo sentiva che il suo corpo e la sua testa
non rispondevano più al controllo , gli ormoni avevano preso il sopravvento .
Michele chiacchierava con suo cugino di cartoni animati ma era preoccupato per quello che
succedeva a casa sua dove suo padre ormai mancava da due giorni interi e sua madre pareva
distrutta .
Luigi , che aveva nove anni e si sarebbe trovato più a suo agio con Giacomino , era contento di
essere in giro la sera e si sforzava di comportarsi da grande il più che poteva .
Il rombo potente e in qualche modo rotondo del motore di grossa cilindrata li interruppe tutti .
A bassa velocità una moto fichissima di quelle americane avanzava sul lungomare con maestosa
regalità .
Alla guida c'era Felice !
Felice !
Lo videro tutti montato sopra quel mostro cromato con un “chiodo” di pelle nera e un cappellino
con le lettere NY a coprirgli gli occhi .
La scena era in qualche modo comica ma a nessuno venne in mente di ridere .
Erano stupefatti .
Felice , tronfio come un rospo , si avvicinò facendo cantare il motore e frenò a qualche metro dagli
amici .
Parve che dovesse schiantarsi a terra ma riuscì in modo miracoloso a smontare a terra con entrambi
i piedi a terra ed a mantenere la moto enorme in equilibrio .
“ Vincenzo “ ordinò “ scendimi il cavalletto , veloce “ .
Vincenzo , che era a un metro , piazzò un piede sul cavalletto e il meccanismo scattò bloccando il
mostro da entrambi i lati .
Felice smontò con lentezza e li guardò .
Bocche aperte e occhi enormi lo fissavano .
Si aggiustò il giubbotto di pelle e il cappellino con studiata lentezza , sentendosi come Tom Cruise
in Top Gun , e con annoiata naturalezza domandò : “ Bella , eh ? “
Il primo a reagire fu Luigi che dall'alto dei suoi nove anni proruppe nel primo “ Porca puttana “ ad
alta voce della sua vita .
Si avvicinò alla moto con passi pieni di cautela e ammirazione , mangiandosela con gli occhi .
Il sellino , lungo e sinuoso , era di pelle nera , lucida e morbida , i manubri erano lunghissimi ed
arcuati e risplendevano come argento , la parte anteriore era stata dipinta con fiamme arancioni e
rosse sullo sfondo nero , le ruote erano enormi e la marmitta grossa come la coscia di un calciatore e
cromata .
“ E' bellissima “ sussurrò Luigi mentre accarezzava il sellino .
“ E' un chopper “ disse con autorevolezza Felice che si era appoggiato con naturalezza sull'enorme
mostro di metallo e giocherellava con il suo cappellino aggiustandoselo sulla testa .
Gli altri uscirono poco a poco dall'immobile stupore che li aveva presi e si avvicinarono
all'apparizione da tutti i lati ammirando i dettagli .
Felice sorrideva con il petto gonfio osservando gli amici , al settimo cielo .
“ Ma dove l'hai presa ? “ chiese infine Vincenzo con occhi grandi da cartone animato .
“ Che importa ? “ rispose Felice “ Ti piace ? “
“ E' bellissima “ rispose Vincenzo confuso e guardò Michele che era ancora più stupefatto .
“ Ma la puoi guidare ? “ domandò Michela Campana che si chiedeva confusa se ci voleva la patente
per guidare la moto : perlomeno ci vogliono quattordici anni , pensava .
“ Certo , non mi hai visto ? “ rispose con arroganza Felice “ Vuoi fare un giro ? “ le domandò con
un sorrisetto da squalo .
Michela fece un passo indietro , come spaventata dalla prospettiva , e arrossì .
“ Lo faccio io , un giro “ si fece avanti l'altra Michela sorpassando l'amica : Vincenzo o non
Vincenzo quella era una moto mondiale e ci potevano andare pure a Moggiano in discoteca .
Felice si aggiustò definitivamente il cappellino e l'aiutò a salire .
Salì lui stesso e accese con la chiave .
Il motore emise un rombo che sembrava la fine del mondo e la marmitta sputò fumo bianco .
Felice scese dal sellino e puntò i piedi a terra .
Spinse in avanti e non appena il meccanismo del cavalletto scattò balzò sul sellino con velocità da
gatto e diede gas .
La moto approvò soddisfatta alzando i giri del motore e la velocità la mantenne in equilibrio .
Pochi secondi dopo la moto era sparita all'orizzonte e se ne sentiva solo il rombo lontano ; l'aria era
satura dell'odore di fumo e di benzina , quasi a testimoniare che non si trattava di un'apparizione .
Rimasero tutti a guardare la strada e quasi saltarono in aria quando il gestore del chioschietto
domandò avvicinandosi “ Ma che era Felice quello ? Ma che è matto ? Dove l'ha presa quella bestia
?” .
Tutti lo guardarono come se parlasse un'altra lingua , ancora prigionieri della meraviglia .
Michele pensò a qualcosa da dire , si rese conto che non aveva detto una sola parola in cinque
minuti e si bloccò di nuovo .
Vincenzo provò anche lui a parlare e si accorse che aveva la mascella spalancata .
L'adulto li guardò e vide specchiata la sua confusione negli occhi di quei bambini : si grattò la testa
e pensò che aveva voglia di una sigaretta .
Si girò e se ne andò a recuperarle al bancone senza una parola .
Rimasero tutti immobili .
All'improvviso Danilo disse “ Mi sento male “ , si girò e vomitò sul marciapiede .
X
Danilo vomitò la sua confessione subito dopo la cena .
Ritrovarono tutti la lingua e i minuti volarono tra una domanda e l'altra .
Danilo aveva glissato sul canale trentotto e sulle due ragazze della sera prima : li per li non aveva
saputo cosa inventarsi e aveva stornato la conversazione sulla moto di Felice .
Quella l'avevano vista tutti .
E anche la maglietta di Giacomino .
Danilo se ne andò a casa da solo , con la faccia lunga e lo stomaco ancora in disordine : non aveva
più voglia di avventure sessuali e pensava a cosa avrebbe raccontato a sua madre a proposito di suo
fratello .
Michela pure se ne andò da sola domandandosi se la stessero prendendo in giro oppure se si
trattasse di ragazzini con problemi mentali .
E se fosse vero ? Cosa chiederesti ?
Vincenzo fece trio con Michele e Luigi .
“ Tu ci credi ? “ gli domandò Michele che si stava rodendo sul destino di suo padre .
Poteva essere vero ? L'aveva veramente mandato via per sempre ? Morto ? Ucciso ? Da lui ?
Vincenzo , che aveva capito a cosa pensava Michele , era rimasto cauto .
“ Non lo so . Ma può essere pure che c'è un'altra spiegazione . “ aveva detto e adesso la cercava
nella sua testa .
Da dove poteva essere spuntata fuori la moto ? E Giacomino che fine aveva fatto ?
Luigi fantasticava e guardava il cielo .
Gli altri due se ne accorsero ma non seppero cosa dirgli .
“ Quand'è San Lorenzo ? “ domandò all'improvviso Michele “ San Lorenzo è quando cadono tutte
le stelle , vero ? “ e guardava Vincenzo con una strana espressione di speranza e disperazione .
“ Mi pare che è il dieci Agosto “ rispose Vincenzo stupito dell'amico .
Quando arrivarono al villaggio lo fecero in silenzio .
Non trovavano più cose da dirsi .
Non si salutarono nemmeno .
Vincenzo se ne andò a letto ma fissava il soffitto e il suo cervello era un'interminabile macchina di
pensieri e domande , come le macchine dello zucchero filato alle giostre che girano e girano lo
zucchero .
Michele e Luigi salirono in silenzio le scale e trovarono sua madre in lacrime con la zia che le
accarezzava i capelli .
Luigi ne fu incuriosito , Michele sentì aria di disastro e una cappa nera lo avvolse come un mantello
.
“ Mamma “ disse imbarazzato e sentì le lacrime che spuntavano dai suoi occhi “ Mamma , che è
successo ? “
“ Tutti e due a letto subito “ li prese di petto la zia e li portò in camera loro nonostante le proteste di
Michele “ Non è niente , Michele . Non ti preoccupare . Vai a letto e non ci pensare “ gli diceva la
zia spingendolo verso camera sua .
Si misero capo a piedi nel letto , che era una piazza e mezzo , e Luigi ebbe la decenza di starsene
zitto e lasciare Michele solo con i suoi pensieri e le sue lacrime .
Pure Michela era sveglia nella sua cameretta e pensava : ti sei divertita , le avevo chiesto suo padre
che beveva una birra sul terrazzino e fumava .
Michela aveva risposto di si da un altro pianeta ed era passata a dare un bacio a sua madre che si era
coricata con il mal di testa e già dormiva .
Sembra una bambina , pensò Michela e si ritirò in camera sua .
Non dormiva nessuno quella notte .
Danilo era in macchina insieme a sua madre e piangeva in silenzio : andavano verso Moggiano e
cercavano Felice e Michela Rigitano .
Danilo non aveva saputo che inventarsi e aveva detto la verità , o almeno la parte della verità che
riguardava Felice e la sua moto .
Non lo sapeva dove l'aveva presa , aveva giurato in lacrime .
Li trovarono che tornavano a piedi , appena cinquecento metri fuori il paese di Moggiano che era a
una quindicina di kilometri dal loro villaggio .
Felice fu sottoposto ad un interrogatorio serrato e ridotto in lacrime anche lui .
La moto gliel'avevano rubata poco dopo l'ingresso trionfale in paese dei ragazzi grandi e l'avevano
pure umiliato prendendogli il cappellino e il giubbotto di pelle : non lo avevano menato solo perché
era troppo piccolo .
Felice piangeva lacrime di rabbia e frustrazione .
Scaricò parte della sua rabbia contro sua madre e si prese due schiaffi .
La madre di Danilo e Felice pensò che fosse meglio riparlarne dopo aver riportato al villaggio tutti e
tre e riuscì in qualche modo a reprimere la furiosa preoccupazione .
In tutto questo bailamme Michela Rigitano osservava con lo stesso distacco con cui si guarda un
film noioso alla televisione : la sua mente era occupata con cose molto più interessanti di quei due
bambini frignoni e di quella cicciona che strillava .
Michela Rigitano aveva visto il futuro che voleva tra le luci di Moggiano , tra gli chalet agghindati a
discoteche che vomitavano ragazzi bonissimi e ragazze vestite da dio , tra le macchine sportive e le
moto fichissime che solcavano il lungomare .
Era stata la serata più bella della sua vita .
La più bella fino ad ora .
E la prossima volta non si sarebbe portato dietro quel cretino che si era fatto soffiare la moto e si era
messo a piangere per quattro spintoni .
Erano quasi le undici quando arrivarono al villaggio : scaricarono Michela dai suoi genitori e con
poche parole la madre di Danilo e Felice rimandò al giorno dopo una spiegazione coerente dei fatti .
I genitori di Michela non erano molto d'accordo ma i due ragazzini davano risposte ormai
sconclusionate dalla stanchezza e alla fine accettarono .
Michela si liberò dell'interrogatorio molto in fretta : che ne sapeva dove quello aveva preso la moto
? Ce l'aveva ed erano andati a fare un giro . Ma quale pericoloso ? Quello scemo andava pianissimo
e ci avevano messo una vita ad arrivare a Moggiano .
I genitori esasperati la spedirono a letto .
Ma anche lei tardò a dormire .
I fratelli Bordò invece crollarono stremati dalle emozioni , dal vomito e dalle lacrime .
La vedova Bordò li guardò a lungo con preoccupazione e poi si preparò un cocktail bello forte .
Chi non dormiva era Giacomino , che anzi aveva deciso .
Il giorno dopo avrebbe sfidato suo padre e sua madre e avrebbe sfoggiato in spiaggia il suo segreto ,
il suo secondo desiderio .
Si alzò ancora una volta a guardarsi allo specchio : il tatuaggio gli copriva la parte alta del torace ,
la spalla e metà del braccio .
Serpenti , teschi e arabeschi formavano un disegno bellissimo sul suo corpo .
Era stato tutto il giorno in casa , adducendo il mal di stomaco , per evitare la spiaggia e svelare il
suo corpo e si era specchiato in continuazione .
Era almeno un anno che desiderava quel tatuaggio che aveva visto ad un cantante americano alla
televisione e adesso ce l'aveva .
I suoi avrebbero sbraitato e l'avrebbero punito e tutto il resto : di questo era certo e ne aveva paura
ma , dopo una giornata di riflessioni , aveva deciso che l'avrebbe tenuto .
Che potevano farci dopotutto i suoi ? Un tatuaggio non si può levare , in nessun modo .
A meno di non esprimere un desiderio ad una stella cadente , pensò sorridendo Giacomino .
Aveva il suo tatuaggio e aveva la sua maglietta , desideri che covava da mesi , se non anni .
Il resto non gli importava .
La notte , indifferente a tutto , spargeva i suoi minuti .
Non c'era nessuno che guardasse le stelle cadenti .
X
Il quinto giorno si videro a spizzichi e bocconi , come reduci della battaglia .
La mattina aveva portato sgridate e punizioni ma nessuna spiegazione plausibile : la famosa moto
era apparsa dal nulla e nel nulla era scomparsa .
Felice sosteneva di averla trovata .
La madre considerò se avvisare la polizia o i carabinieri e decise che non era il caso .
I fratelli Bordò erano in punizione : niente mare , fate i compiti per le vacanze .
Michela Rigitano pure era in punizione ma appena i suoi erano usciti si era piazzata davanti alla
televisione , felice come una pasqua .
Aveva progetti di vedere stelle cadenti , quella sera .
I suoi genitori erano andati dalla vedova Bordò e un terzo interrogatorio aveva dato gli stessi frutti
degli altri due .
Danilo viveva nella paura costante che suo fratello sapesse dei suoi desideri e lo sputtanasse da un
momento all'altro : soprattutto era preoccupato di sua madre e pensava che non sarebbe più riuscito
a guardarla negli occhi .
In una certa misura si sentiva un mostro , un pervertito .
Nascondeva a se stesso certi pensieri che stavano tornando a fare capolino sotto le sue paure .
Ma Felice stava zitto e si limitava a raccontare la stessa storia che ripeteva dalla sera prima : aveva
trovato la moto , l'aveva accesa , aveva chiesto chi voleva fare un giro , era andato a Moggiano con
Michela , dei ragazzi grandi gli avevano rubato la moto .
Inutile menzionare il cappellino con le lettere NY e la giacca di pelle nera .
Felice non pensava ne a Michela ne a Danilo e ai suoi segreti : Felice pensava a quegli stronzi che
lo avevano umiliato e li odiava con ferocia .
Felice pensava alle stelle cadenti che avverano i desideri .
Felice pensava a pistole e giustizieri della notte .
Vincenzo e Michela si incontrarono al bar del “ Capriccio “ e passarono il tempo assieme : non ci
furono silenzi imbarazzanti , avevano di che parlare .
Giacomino , che alla luce del sole si era scoperto molto meno coraggioso della sera prima , li
raggiunse con la sua maglietta della Germania anche se faceva trenta gradi e sudava copiosamente .
“ Volete vedere un fsegreto ? “ domandò dopo i saluti e i convenevoli .
Michela e Vincenzo si guardarono come a dirsi : un altro ?
Michele si era svegliato presto e aveva origliato .
La madre e la zia prendevano il caffè ed erano ignare di essere sorvegliate .
“ Aspettiamo ancora oggi , Tiziana “ diceva la zia alla mamma “ Se oggi non si fa vivo andiamo dai
carabinieri , ti ci porto io , prometto “ .
“ Sono così preoccupata , non ce la faccio più “ piagnucolava la madre .
Michele capì che non era il solo che non sapeva che fine avesse fatto suo padre .
Fece colazione veloce e si tolse dai piedi , portandosi dietro Luigi .
Non sopportava di vedere sua madre in quello stato , il senso di colpa lo azzannava alla gola .
Verso le undici Giacomino faceva vedere il suo tatuaggio anche a lui .
Passarono il resto della giornata a farsi domande e a darsi risposte e a fare ipotesi e ragionamenti :
Giacomino , Luigi , Michele , Michela e Vincenzo .
Parlavano e parlavano e parlavano e intanto una vocina faceva la stessa domanda nelle loro teste : e
tu cosa desideri ?
Aspettavano tutti la sera e il giorno si faceva interminabile .
Nessuno aveva voglia di farsi il bagno o di mangiare un gelato .
Perfino Vincenzo non insisteva per giocare a pallone e quello era un evento .
La cena a casa Bordò fu un supplizio silenzioso e interminabile : tutti e tre mangiarono di
malavoglia .
Alla fine la madre prese la parola guardandoli negli occhi :
“ Statemi a sentire molto attentamente . Tutti e due . “ i due bambini ricambiarono lo sguardo “ Se
non ve ne siete accorti io lavoro tutto l'anno come un mulo . E se permettete sono in vacanza anch'io
. E non ho intenzione di passarla a fare la sorvegliante di voi due . Ma vi faccio una promessa .” si
interruppe un attimo a fissarli in silenzio “ E prometto sul nome di vostro padre “ si fermò di nuovo
a guardarli . Danilo inghiottì saliva che sapeva di lacrime . Lui se lo ricordava il padre . “ Alla
prossima cazzata che combinate prendiamo e ce ne andiamo a casa . E non mi interessa se è colpa di
uno o dell'altro . Sono stata chiara ? “ domandò dura ai sue fratelli che risposero all'unisono di si . “
Bene . E adesso fuori che non vi sopporto più . Non vi voglio rivedere prima delle dieci . E non un
minuto più tardi “ . I due fratelli si alzarono da tavola e si avviarono a testa bassa verso la porta .
Danilo , passandole accanto , disse un “ mi dispiace “ sottovoce e con la voce roca .
“ Fuori “ rispose sua madre dura e uscirono .
Nello stesso momento a due minicondomini di distanza Giacomino Vandelli veniva scoperto e sua
madre , che era sempre molto melodrammatica , lanciava un urlo come se suo figlio fosse morto .
Era semplicemente entrata in camera , non bussava certo alla porta di suo figlio di dieci anni , e lo
aveva beccato mentre si metteva una maglietta nuova dopo essersi lavato .
Giacomino aveva provato a coprirsi ma la madre lo aveva costretto a mostrare il torace e poi aveva
strillato , come avesse visto il demonio .
Carmelo Vandelli era corso in camera dal terrazzino dove stava guardando il tramonto e aveva
trovato sua moglie sull'orlo del collasso : all'inizio non ci aveva capito niente e continuava a
chiederle “ Terè , che c'hai ? Che tieni ? “ mentre sua moglie gli si abbandonava nelle braccia come
una diva dei film del muto .
“ Tuo figlio “ era riuscita a biascicare lei e alla terza o quarta volta lui si era finalmente girato a
guardare suo figlio che a torso nudo guardava a terra e piangeva .
E aveva visto qualcosa di strano sul corpo .
“ Che hai fatto Giacomì ? Fammi vedere “ aveva ordinato , preoccupato : poteva essere sangue ?
Giacomino piangendo aveva scosso la testa .
“ Un ta.. un ta.. “ aveva provato a dire Teresa Vandelli ancora mezza rovesciata nel letto .
Ma Carmelo se l'era dimenticata .
“ Fammi vedere , Giacomino “ aveva ordinato e si era alzato .
Giacomino aveva solo continuato a piangere mentre si copriva alla bellemeglio con la maglietta .
Il padre si era alzato e gliel'aveva strappata dalle mani .
Poi era rimasto fermo , a fissare suo figlio con stupida meraviglia .
Per i seguenti dieci minuti c'erano stati solo urla e parolacce e schiaffi e pianti isterici .
La camera sembrava sopravvissuta ad un tifone .
Più tardi Carmelo Vandelli , che era di Reggio Calabria e si ricordava piuttosto bene della sua
infanzia , lo aveva messo a sedere sul divano e con un sussurro di rabbia contenuta , come un
uragano in una bottiglia aveva sibilato“ Chi è stato ? Chi è stato , Giacomì ? “
Giacomino piangeva con la testa china .
Il padre gli alzò la testa con delicatezza e lo guardò fisso negli occhi .
“ Giacomino “ cominciò , sempre con quella calma che faceva paura “ Stammi a sentire . “
Giacomino tirò su col naso .
“ Qui non si tratta di una bravata . Di una stupidaggine . Qui c'è qualche delinquente che fa tatuaggi
ai bambini . E chissà che altro . “
Gli occhi di suo padre erano di ghiaccio .
“ E tu mi devi dire chi è “ concluse suo padre “ Me lo devi dire , Giacomì “ .
Due ore dopo Carmelo Vandelli usciva da casa infuriato come un bisonte , fumando la trecentesima
sigaretta della serata e con un mal di testa che sembrava un trapano .
Se ne era uscito perché quanto è vero Iddio lo avrebbe ammazzato .
Aveva lasciato sua madre e suo figlio in preda ad una crisi di pianto isterico .
Camminava e bestemmiava sottovoce senza nemmeno accorgersene .
Una stella cadente .
Che lo aveva preso , per un cretino ? Lo aveva picchiato , lo aveva abbracciato , lo aveva
minacciato , lo aveva blandito .
Aveva provato tutto .
E quello ripeteva la stessa stupida storia : aveva visto una stella cadente , aveva espresso un
desiderio e si era ritrovato con il tatuaggio .
Ogni volta che ci pensava la sua rabbia saliva di un gradino e gli pulsava dietro le tempie assieme al
mal di testa .
Michele , Vincenzo e Danilo lo videro passare e si affrettarono a nascondersi : sembrava una tigre
liberata dopo giorni di digiuno e se li avesse beccati non si sarebbero certo divertiti .
Quando fu fuori tiro Vincenzo bisbigliò “ E pure il segreto di Giacomino non è più un segreto “ .
Felice se n'era andato per conto suo .
Danilo aveva provato a farlo ragionare ma suo fratello aveva una luce omicida negli occhi : l'aveva
guardato con fredda determinazione e l'aveva minacciato .
“ Danilo , se non ti togli di mezzo ti ammazzo di botte “ .
Danilo aveva passato anni ad esercitare la sua supremazia fisica sul fratello ma ora era diverso : ora
era spaventato e molto da quello che leggeva negli occhi del fratello .
“ E' come un pazzo “ aveva confidato agli amici che aveva trovato a bighellonare al parchetto “ Se
stasera vede una stella cadente non lo so che può fare “ ed era pallido .
“ Danì , ma allora è tutto vero ? “ aveva chiesto Vincenzo sbalordito .
Danilo aveva raccontato a bassa voce e con lo sguardo a terra le avventure sessuali degli ultimi due
giorni .
Gli altri due lo avevano ascoltati sbalorditi .
Alla fine Michele aveva detto con voce disperata “ Allora l'ho fatto sparire io “ .
Gli altri due lo avevano guardato senza muovere un muscolo .
Ma la risposta era si e lo sapevano tutti e tre .
Più o meno in contemporanea le due Michele erano in spiaggia sdraiate su due asciugamani che si
erano portate da casa .
Michela Rigitano parlava e parlava e parlava .
Lo sguardo fisso alle stelle raccontava di tutti i desideri che aveva in testa e della sua futura vita .
Michela aveva provato a ribattere , a spiegare , a capire poi si era richiusa nel silenzio .
Anche lei guardava il cielo .
Felice Bordò era sulla stessa spiaggia ad un paio di kilometri di distanza .
Ne la predica di sua madre ne i tentativi di Danilo lo avevano minimamente interessato : aveva
avuto un'idea quel pomeriggio e dopo non c'era stato spazio per nient'altro nella sua mente .
Superpoteri .
Altro che pistole e moto americane .
Volare .
Essere fortissimi come Hulk .
Uccidere le persone con la mente .
Felice sorrideva .
Era sicuro che ne avrebbe vista una .
La fine della serata li vide ognuno per conto suo .
I gruppetti erano durati poco .
Erano ognuno per conto suo ed era un fatto , come la mattina che segue alla notte .
Vincenzo , Danilo e Michele non avevano più saputo che dirsi e si erano separati .
Danilo se ne era andato a cercare suo fratello ma più che altro guardava il cielo .
Michele aveva i suoi pensieri e il suo senso di colpa : era rientrato a casa e aveva trovato sua madre
a letto e una bottiglia di vino quasi vuota sul tavolo in cucina .
Aveva preso una sedia ed era in balcone a guardare il cielo con i piedi appoggiati alla ringhiera .
Vincenzo era rientrato ed aspettava che i suoi dormissero per sgattaiolare fuori .
Giacomino pure si era ripreso dai suoi pianti e nel letto aspettava che tornasse suo padre : non
dormiva e non aveva intenzione di dormire .
Felice e Michela Rigitano erano sempre in spiaggia , sempre a due kilometri di distanza , e tutti e
due pensavano la stessa cosa : è ora che me ne vado a casa o domani sarò così sotto stretta
sorveglianza che non potrò nemmeno mettere il naso fuori .
Si avviarono a meno di un minuto di distanza l'uno dall'altra .
Michela Capanna era già a casa e guardava le stelle dalla finestra di camera sua .
Aveva mollato l'amica quando aveva scoperto qual'era il suo desiderio .
L'altra Michela l'aveva guardata con uno sguardo di rapace , come a dire “ se mi rubi il desiderio ti
ammazzo “ .
Fu l'unica che vide una stella cadente quella notte e passò i giorni seguenti a maledire quel
momento e se stessa .
Anche Luigi , che era tornato a Vareso con sua madre , avrebbe voluto vedere le stelle ma era
crollato dal sonno e dormiva a bocca aperta .
X
Il sesto giorno ci fu la riunione .
Si tenne allo chalet “ Capriccio “ e vide presenti solo i grandi .
Carmelo Vandelli sudava birre Peroni e schiumava ancora rabbia .
“ Qua c'è qualcuno che la deve pagare “ proferì come benvenuto .
Sua moglie sorseggiava granita e annuiva .
La vedova Bordò avrebbe preferito essere da un'altra parte e beveva una coca .
I coniugi Rigitano erano sulla stessa lunghezza d'onda di Carmelo .
Peppe Rigitano , canottiera nera di Vasco e occhiali da sole sulla testa rasata , agitava la sigaretta e
si lamentava che non si poteva più stare tranquilli nemmeno in vacanza .
L'Ingegner Capanna andò al pratico : c'era qualche sospetto ?
Gennaro Spataro , macellaio e padre di Vincenzo Spataro , la buttò li :
“ Dietro il Luna Park ci stanno gli zingari “
Una luce di odio si accese negli occhi di Carmelo Vandelli .
“ Gli zingari “ disse quasi a se stesso con il tono di chi si meraviglia di non averci pensato prima .
E chi cazzo poteva essere stato quel disgraziato che aveva deturpato il corpo di un bambino di dieci
anni ?
Gli zingari bastardi , ecco chi .
La vedova Bordò era dubbiosa : non ricordava di aver mai visto uno zingaro tatuato in vita sua .
E poi c'era la moto di Felice .
Più ci pensava e più si chiedeva dove finiva la realtà e dove cominciava la fantasia dei suoi figli : lei
tanto per cominciare questa famosa moto non l'aveva mai vista .
Poteva essere benissimo un vecchio motorino scassato .
I tre uomini però si erano convinti : soprattutto l'Ingegner Capanna era sicuro come un fanatico
religioso e pontificava senza freni .
“ E' tipico degli zingari non avere rispetto di nessuna legge .” recitava come un avvocato di un film
americano agitando il suo ghiacciolo al limone “ E se un bambino commette un errore .. Zac ..
eccoli pronti ad approfittarsene . “
Si decise per una spedizione e a nulla valsero le obiezioni e le preoccupazioni delle due donne
presenti .
La vedova Bordò li mollò dopo pochi minuti : che manica di deficienti !
Nel frattempo la madre di Michele si trovava nella piccola stazione dei carabinieri a denunciare la
scomparsa di suo marito : appoggiata come un'edera rampicante a sua sorella raccontava da un'ora
la stessa storia ad un carabiniere di Trento che boccheggiava alla macchina da scrivere .
I figli erano a mare e chiacchieravano nervosi : provavano la stessa sensazione di ansia che
provavano quando i loro genitori partecipavano alle riunioni con i professori .
Nessuno aveva visto una stella cadente la notte prima .
Nessuno nessuno ?
Michela Rigitano cominciava ad avere qualche sospetto .
Dov'era Michela Campana ? Perché non era scesa a mare ?
“ Sentite “ interruppe l'ennesima chiacchiera a vuoto sulle conseguenze della riunione dei grandi “
Io dico di andare da Michela . Quella tiene un segreto . “
I ragazzi si guardarono tra di loro e alla fine Giacomino domandò : “ Che fsegreto ? “
Michela Rigitano sbuffò infastidita “ E che segreto ? “ domandò sarcastica “ Ha visto una stella , è
chiaro . Sennò stava qua con noi “
Fissò gli altri negli occhi .
“ E forza ! “ li esortò strattonando Giacomino dalla maglietta “ Non è giusto ! Se ha visto la stella
ce lo deve dire . Forza . Andiamo ! “
I maschi si alzarono con lentezza e occhi dubbiosi e la seguirono senza proferire parola .
Michela guidava il gregge sicura , con la sicurezza di quelli che sono nel giusto .
A seguire Giacomino e Luigi che avevano legato visto che erano i più piccoli .
Michele , Vincenzo e Danilo si guardavano di sottecchi e ogni tanto buttavano uno sguardo a Felice
che chiudeva imbronciato la fila .
La piccola spedizione attraversò il paese e dieci minuti dopo erano tutti sotto il terrazzo
dell'appartamento affittato dall'Ingegner Capanna .
Michela si sentì chiamare alla finestra e si sentì precipitare in un incubo .
Nella sua orribile mattinata di tutto aveva bisogno meno che di quei curiosi a ficcanasare .
Fai finta che non ci sei , pensò .
Ma non poteva funzionare : c'era sua madre e anche se era davanti alla televisione imbottita di
tranquillanti prima o poi si sarebbe accorta di loro .
Con passi riluttanti Michela arrivò al terrazzino .
“ Ciao “ disse con voce tremante .
Magari sono venuti solo a vedere come stai , sussurrò una voce speranzosa nella sua testa .
Michela Rigitano saltò i convenevoli .
“ Come mai non sei venuta oggi a mare ?” domandò con tono sospettoso e perfino dal terrazzo si
scorgeva la curiosità negli occhi porcini .
“ Non .. “ cominciò Michela abbassando gli occhi “ Non mi sento tanto bene “ concluse con la
prima bugia che trovò in testa .
“ E certo , proprio oggi non ti sentivi bene “ la schermì gelida la Rigitano “ che tieni , freddo ? “ le
domandò .
Michela indossava una felpa rossa della Dunlop sopra i pantaloncini .
“ Forse ho un po' di febbre “ rispose Michela con voce incerta .
L'altra proseguì implacabile “ E certo , la febbre . E proprio oggi ! “ e rivolgendosi ironicamente
agli altri la compatì per finta “ Poverina , Michela , tiene la febbre “ .
Gli altri avevano facce che sembravano fatte di pongo e non sapevano che cosa dire .
Improvvisamente Felice parlò con voce roca , fissandola con occhi cattivi dal basso verso l'alto .
“ Tanto prima o poi devi uscire . “ le disse e Michela si portò istintivamente le mani sul petto .
Michela Rigitano prese al volo l'imbeccata “ Felice tiene ragione . Non puoi stare li chiusa per
sempre . Prima o poi ce lo devi dire cosa hai desiderato “ .
Michela li guardava con occhi sbarrati di paura dal terrazzo e si sentiva la paura come liquido
freddo nelle gambe .
“ Ma che dite ?” riuscì a sussurrare sgomenta .
“ Va bene , fai così “ la rimproverò l'altra con occhi fiammeggianti “ fai così , tieniti i segreti , brava
, fai così “ e annuiva con la testa .
Michela Capanna non ce la faceva più , le sembrava di svenire .
Indietreggiò senza riuscire a staccare gli occhi dalle loro facce e quasi cadde quando arrivò alla
porta finestra .
“ Andiamocene va “ disse la Rigitano “ Ma tanto torniamo “ disse a voce più alta per farsi sentire da
quella scema .
La scema intanto era in salotto a guardare sua madre che dormiva con la bocca spalancata davanti
alla tv accesa .
Grosse lacrime silenziose le scorrevano sul viso .
Piangendo se ne andò piano piano in camera sua .
Lo specchio le restituì la sua faccia rossa e i suoi capelli scombinati .
Poi abbassò lo sguardo e come per un maleficio fu costretta e vedere quello che aveva combinato :
nemmeno la felpa riusciva a nascondere la verità ai suoi occhi .
La parte anteriore del suo torace che la sera prima era liscia adesso sporgeva di parecchi centimetri .
Michela si passò per l'ennesima volta le mani su quel seno alieno , su quei due globi di carne e pelle
che la sera prima non c'erano e che le sembravano più dolorosi della peggior ferita .
Si buttò sul letto scossa dal pianto .
Anche da sdraiata con la faccia contro il cuscino le sentiva , le sue enormi mammelle schiacciate
contro il materasso .
Con che faccia avrebbe guardato suo padre ? E come avrebbe potuto uscire ? E il costume ? Tutti
l'avrebbero presa in giro , ne era sicura .
Il suo più grande desiderio si era rivoltato come un feto orribile e informe , una maledizione , una
gobba schifosa .
Michela continuava a piangere disperata mentre sua madre dormiva nella stanza accanto stordita dai
farmaci e suo padre faceva progetti di spedizioni punitive al campo degli zingari .
Il gruppetto dei ragazzi durò altri venti minuti e poi litigarono .
Fu Danilo a tirare fuori timidamente i suoi dubbi : forse Michela stava male davvero , forse avevano
esagerato .
Il fronte si spaccò subito .
Michela e Felice da una parte , gli altri tre dall'altra .
Luigi e Giacomino stavano zitti e neutrali .
Dopo pochi minuti Felice e Michela li mollarono e se ne andarono cospirando in direzione dei bagni
.
Gli altri cinque ragazzini rimasero a spartirsi un muretto sul lungomare , musi lunghi e poche parole
.
“ Io non ne voglio più di stelle cadenti “ disse dopo un lungo e imbarazzato silenzio Danilo con una
voce che era regredita di qualche anno per la paura “ Quello , Felice , è matto . Mi fa paura . E'
come .. come il cattivo dei film di Superman . Se vede una stella cadente io non lo so che può fare “
concluse ad occhi bassi .
Gli altri lo guardavano muti .
Danilo inghiottì e riuscì ad esprimere quello che temeva
“ Quello è capace che ammazza qualcuno “ confessò e rialzò gli occhi a guardarli .
Gli altri ressero il suo sguardo con imbarazzo e non dissero niente .
Passarono altri minuti sotto il sole cocente .
Ormai era quasi ora di andare a pranzo .
“ Io vi devo chiedere un favore “ disse piano Michele .
Gli altri si voltarono a guardarlo .
Michele andò avanti .
“ Mio padre è tre giorni che è sparito . Nessuno sa dov'è . Mia madre è andata dai carabinieri oggi “
Michele si interruppe e tirò su col naso . Lottava per non piangere .
“ Io credo … “ si interruppe di nuovo e si passò una mano sugli occhi “ Io credo di essere stato io .”
riuscì a concludere tra le lacrime .
Rimase a testa bassa a piangere , gli altri lo guardavano e non dicevano niente .
Alla fine si ricompose e riuscì ad andare avanti .
“ Ho pensato che se vedo una stella cadente lo posso far tornare . Se vedo una stella ed esprimo un
desiderio .. forse .. “ e si interruppe di nuovo ricominciando a piangere più forte .
Vincenzo Spataro fece due passi in avanti e gli posò una mano sulla spalla .
Michele sentì una stilettata di amore puro per l'amico che non lo lasciava solo .
“ Forza , facciamo il giuramento “ disse Vincenzo con la voce forte che hanno gli eroi e i padri
giusti “ Sputate sulla mano e giurate sul nome di vostra madre . “
Tutti si avvicinarono e si sputarono sulla mano destra .
“ Adesso uniamo le mani e giuriamo tutti : aiuteremo Michele a vedere la stella cadente e nessuno
esprimerà il desiderio così suo padre potrà tornare . Adesso unite tutte le mani e ripetete tutti . “
I cinque bambini , Michele compreso , unirono le mani in una stretta collettiva e recitarono a voce
composta e chiara .
“ Giuro su mia madre “ cominciarono recitando dietro a Vincenzo “ Che aiuteremo Michele a
vedere la stella cadente “ Vincenzo fece una pausa per guardarli negli occhi e riprese “ E nessuno
esprimerà il desiderio “ gli altri ripeterono dietro a lui “ Così suo padre potrà tornare “ conclusero
assieme e quando Michele alzò gli occhi sorridevano .
Luigi vinto dall'emozione piangeva anche lui : Giacomino gli passò un braccio intorno alle spalle
sempre sorridendo .
“ E se poi ne passa un'altra la lasciamo a Giacomino “ disse Danilo “ così si leva sto tatuaggio e suo
padre non lo ammazza di botte “ .
Tutti scoppiarono a ridere , compreso Giacomino .
Michele si sentiva felice e pieno di speranza , meglio di come si fosse sentito per giorni .
“ Grazie “ sussurrò a Vincenzo mentre se ne tornavano al villaggio .
X
La luna era calante sopra il piccolo campo degli zingari .
Piazzato dietro il luna Park consisteva di tre roulotte scalcinate .
Dal fondo della strada avanzavano cinque uomini in riga come in un film western .
L'unico uomo del campo era un sessantenne originario di Belgrado e alle nove e trenta di sera era
praticamente pronto a mettersi a letto .
Una bambina spaventata fu mandata dalle donne a chiamarlo .
“ Cinque uomini ?” domandò il vecchio rimettendosi i pantaloni .
Si avviò dietro la bambina e trovò le tre figlie e i suoi nipoti in piedi a guardare la strada : a pochi
metri cinque uomini li fissavano .
Carmine Vandelli era in canottiera e jeans e aveva nascosto nella tasca di dietro un coltello che
aveva requisito in uno dei cassetti della cucina .
L'ingegner Capanna aveva la camicia bianca che svolazzava sopra i pantaloni e nella tasca
posteriore la sua Beretta Special , al momento scarica .
Rigitano si era portato due cugini di Marsese che come lui erano militanti del Movimento Sociale e
con il quale era solito bersi una birra dopo le partite del Pescara .
I cugini avevano portato tre spranghe con la macchina .
Il vecchio zingaro , spaventato dalle facce truci , dovette raschiarsi due o tre volte la gola prima di
poter parlare .
“ Che volete ?“ disse con tono basso , un misto di paura e sospetto .
Carmelo Vandelli prese la parola .
Aveva bevuto birra tutto il giorno e aveva il tono strascicato degli ubriachi .
“ Voglio sapere chi ha fatto un tatuaggio a mio figlio “ dichiarò truce .
Le donne e il vecchio si guardarono per un attimo .
Alla fine il vecchio non poté che domandare “ Che tatuaggio ? “
L'ingegnere ringhiò eccitato “ Lo sapete benissimo quale tatuaggio ! Non fate gli stronzi sennò
finisce male ! “ minacciò e tirò fuori la pistola .
Gli zingari lo guardarono come se fosse pazzo .
I Rigitano intanto accarezzavano le spranghe .
Il silenzio pesava come piombo .
“ E allora ? Parlate o no ? “ domandò con la sua voce altalenante Carmelo Vandelli .
Il vecchio , che sentiva la paura risalirgli la schiena dorsale come un insetto freddo , regredì ad un
italiano elementare “ Noi non sappiamo nulla . Noi no tatuaggi “ balbettò .
Carmine Vandelli stava perdendo la sua poca pazienza .
“ Zingari bastardi “ sibilò e si guardò intorno .
Anche da ubriaco sapeva che non poteva attaccare a coltellate un vecchio , tre donne e i bambini ,
anche se erano zingari bastardi .
Si avvicinò ad una delle roulotte a zig zag , si sfilò il coltello dalla tasca posteriore e lo affondò in
una delle gomme posteriori .
Fece parecchia fatica perché il coltello non tagliava un granché e per via della sbronza .
Gli altri capirono l'antifona .
I Rigitano si dettero a tirare sprangate contro le altre roulotte spaccando finestrini e lunotti mentre
l'Ingegnere staccava con rabbia i panni stesi e li buttava per terra .
Le zingare e i bambini li guardavano con occhi pieni di paura rannicchiandosi vicino per cercare di
proteggersi tra di loro .
Il vecchio , un passo avanti e una sensazione di umido sul fondo delle mutande che credeva di
capire , ripeteva “ per favore , per favore , noi bravi , per favore , non fate male “ con forte accento
dell'Est.
Dopo qualche minuto i cinque uomini si fermarono ad ammirare la loro opera .
Carmelo Vandelli avanzò barcollante verso il vecchio con il coltello in mano .
Il vecchio lo guardava con occhi sbarrati .
Carmelo si piazzò proprio davanti a lui e alzò il coltello all'altezza degli occhi : si accorse di essersi
tagliato e di avere la mano piena di sangue ma lasciò perdere e guardò il vecchio negli occhi .
“ Domani sera torniamo “ disse sputacchiando e annacquando le esse “ Se non ci dite chi è stato
tocca a te . Hai capito ? “ urlò alla fine in faccia allo zingaro .
Lo zingaro si limitò ad annuire .
Qualsiasi cosa purché se ne andassero .
Il gruppetto dei cinque giustizieri si allontanò in fila così come era venuto .
Quando furono fuori tiro i bambini cominciarono a piangere .
Intanto a pochi chilometri di distanza Vincenzo Spataro usciva finalmente di casa : suo padre gli
aveva parlato con calma ma lo aveva tenuto lì per almeno un'ora .
“ Vincè , se sai qualcosa me lo devi dire “ continuava a ripetergli come un disco rotto .
Gennaro Spataro non aveva partecipato alla piccola spedizione : quando era tornato dal bar era
indeciso ma sua moglie lo aveva messo sotto .
“ Ma sei diventato cretino ? Mò ti vuoi mette a fa il giustiziere della notte ? Con quei due scemi ?
Ma che cazzo dici Gennà ? Ma fatti li cazzi tuoi che stiamo pure in vacanza !! “ aveva concluso sua
moglie e Gennaro Spataro non aveva avuto più dubbi e se ne era stato a casa .
Però gli era rimasta la curiosità .
Vincenzo però era stato una tomba ed era stato facile perché in fondo a lui non era successo niente .
Alla fine suo padre lo aveva lasciato andare .
Vincenzo aveva un piano semplice : guardare le stelle con gli altri e aiutare Michele , come aveva
promesso .
Tutto si aspettava scendendo le scale del piccolo condominio e andandosene al parchetto al piccolo
trotto tranne che di incontrare Michela Rigitano .
E invece eccola lì , a dondolarsi mogia mogia sulle altalene .
“ Ciao Michela “ esordì intimidito dopo un breve istante in cui aveva vigliaccamente pensato di
sgattaiolare “ Che fai qua ? “ disse avvicinandosi e arrossendo .
Michela Rigitano sfoderò il suo sorriso da civetta e rispose sfrontata “ Aspettavo a te “ .
Vincenzo ingoiò un bolo di saliva che sembrava due volte la sua trachea e non riuscì che a emettere
un singolo “ Ah “ .
Michela lo studiava dall'altalena .
“ Vieni , siediti qui vicino a me “ cantilenò mentre si dondolava pigramente “ non ti mordo mica “
aggiunse .
Vincenzo arrivò all'altalena su gambe che gli parevano di plastilina e si sedette composto come se
avesse un manico di scopa nel sedere .
Tentò un sorriso e sentì fisicamente la sua faccia esprimere un'espressione da idiota : il cuore intanto
sembrava essersi trasferito in gola e un certo movimento si avvertiva nelle parti basse .
“ Che ti pensi che sono cattiva ? Per il fatto di oggi di Michela ? Quello già mi è passato .” dichiarò
Michela muovendo una mano a spazzare via quell'argomento tanto stupido .
Vincenzo pensò a qualcosa da dire e non gli venne in mente niente .
Dieci minuti dopo la natura e l'iniziativa di Michela Rigitano avevano fatto il resto ed erano
nascosti dietro un cespuglio .
Michela lo accarezzava proprio lì mentre lui le si era aggrappato come dovesse cadere da una
scogliera .
Vincenzo non capiva più niente e sentiva solo la spinta del piacere che come un ascensore lo
portava in alto , in alto , in alto .
“ Tutte le stelle per me le devi desiderare “ gli sussurrava all'orecchio Michela e Vincenzo annuiva
con la testa tuffata dentro la maglietta della ragazzina .
“ Tutte per me .. solo per me … giuralo .. giura che tutte per me le desideri “ gli sussurrava Michela
languida e lui aveva alzato la testa e aveva detto di si , aveva giurato di si .
Secondi dopo il tessuto dei suoi pantaloni si bagnava all'altezza della cintura lampo .
Per un po' rimasero in silenzio sdraiati sull'erba rada .
Vincenzo si sentiva a disagio per via dei pantaloncini bagnati ma se il corpo non era più tutto un
fervore come cinque minuti prima in testa aveva la stessa confusione .
Immagini romantiche rubate alla televisione gli riempivano la testa .
Canzoni piene di violini .
Michela si tirò un po' su e lo guardò negli occhi .
“ Tutte per me “ gli disse guardandolo fissa fissa “ Hai giurato “ .
Vincenzo si sentiva pronto ad uccidere sua madre per lei e annuì lentamente .
Dopo altri quindici o venti minuti a guardare il cielo Vincenzo si alzò : si doveva per forza cambiare
i pantaloncini .
Michela lo attese di sotto .
Vide arrivare da lontano Michele e suo cugino Luigi e li accolse con il suo miglior sorriso .
I due cugini tardavano tanto perché a casa di Michele la situazione era sempre più tetra : sua madre
piangeva in continuazione e la zia non ce la faceva più .
Li aveva quindi reclutati per sparecchiare , lavare i piatti e ritirare i panni .
“ E' il minimo che potete fare “ li rimproverava dalla cucina “ E che siete due principini ? Aiutate
un poco anche voi ! “ e poi girandosi verso sua sorella “ E iamm Tiziana , nun fa cussì . E riprenditi
“ sbuffava .
Michele sentiva la rabbia che lo spingeva a rispondere male o a tirare i piatti dalla finestra ma
sentiva più forte il senso di colpa : in breve aveva passato due ore da incubo e non vedeva l'ora che
finisse .
Anche Luigi fu contento di uscire : non gli pesava tanto di fare i mestieri ma l'atmosfera era pesante
e ogni respiro che faceva gli sembrava di inalare depressione e veleno .
Alla fine la zia riuscì a far prendere una misteriosa pasticca alla madre di Michele e collassando sul
divano li congedò “ Statevene fuori almeno un'oretta ma state qua attorno . E state tranquilli che si
aggiusta tutto “ concluse con un sorrisetto diretto a Michele .
I ragazzi uscirono mentre la televisione cominciava il suo chiacchiericcio .
Quando Vincenzo scese con i pantaloncini cambiati li guardò con un'espressione strana che non
seppero interpretare .
“ Andiamo alla spiaggia “ disse Michela dopo qualche secondo di silenzio .
A nessuno venne in mente di domandare a fare cosa , lo sapevano fin troppo bene .
Si sdraiarono a guardare il cielo , parlando poco .
Michela si era piazzata accanto a Vincenzo , stretta stretta .
Dopo un'altra ventina di minuti , niente stelle , arrivò con passo strascicato Danilo .
“ Ciao “ salutò spiazzato dalla presenza di Michela appiccicata a Vincenzo .
Michela fu lesta a replicare con vivacità “ Ciao Danilo . E Felice ? “
Danilo si strinse nelle spalle .
“ Boh , se n'è uscito solo “ fu la sua risposta e non ci furono ulteriori commenti .
Non erano necessari .
Felice e Danilo Bordò erano per la verità in giro dalle nove , dopo una cena veloce .
La madre non li voleva in mezzo alle scatole quella sera e aveva fissato il coprifuoco alle undici .
Appena usciti da casa Felice aveva subito messo in chiaro le cose : senza nemmeno una parola lo
aveva piantato e si era allontanato con passo deciso e con le mani nelle tasche .
Danilo aveva cercato di ammazzare il tempo al chioschetto ma i videogiochi non riuscivano a
distrarlo dalle sue preoccupazioni .
Dopo un'ora interminabile era andato in spiaggia come radiocomandato .
Suo fratello era in spiaggia anche lui , sotto la pineta , da solo .
Prima aveva svolto una piccola commissione , aveva recapitato un piccolo messaggio di
avvertimento a Michela Campana .
Il messaggio era stato infilato dentro il guscio di plastica gialla della sorpresa di un ovetto kinder e
recitava :
“ULTIMATUM !
Ci devi dire il tuo segreto entro domani o lo scopriamo da soli !
Non fare la furba !!!”
Felice aveva tirato l'ovetto dalla strada verso il balcone dell'appartamento di Michela e aveva sentito
il rumore che aveva fatto sbattendo contro il vetro della porta finestra .
Era rimasto in attesa .
Nelle mani aveva una scorta di sassolini che aveva raccolto per tirarli contro la finestra e attirare
l'attenzione di Michela .
Non ce ne fu bisogno .
Pochi secondi dopo aveva sentito la porta finestra aprirsi .
Si era nascosto dietro una palma e aveva visto Michela Campana che usciva guardinga sul terrazzo .
Aveva ancora la felpa rossa .
L'aveva vista guardare qua e la con paura e poi chinarsi a raccogliere qualcosa.
Anche da dietro la palma Felice vide l'espressione di sgomento sul viso della ragazza : Michela si
guardò attorno come un cagnolino impaurito e poi batté in ritirata chiudendo la porta dietro di se .
Ha l'aria condizionata , pensò Felice e se ne andò provando una cupa soddisfazione .
Sdraiato in spiaggia si rivedeva la scena dentro la sua testa e sorrideva al buio : aveva fatto bene ,
pensava , Michela Rigitano aveva ragione .
Era una stronza .
L'altro pensiero fisso che gli girava per la mente era il suo desiderio : voglio gli stessi superpoteri di
Superman .
Facile .
E quando li avrebbe avuti avrebbe fatto un bel giro a Mosciano , per prima cosa .
Si passò le mani all'indietro e le intrecciò dietro la testa .
Stelle e costellazioni lo guardavano dal cielo buio .
Un bambino un po' grassottello che guarda in alto con determinazione sdraiato da solo in una
spiaggia deserta .
Gli stessi astri occhieggiavano dallo stesso cielo il resto dei ragazzi .
Michele aveva una sensazione strana : avvertiva una brutta consapevolezza che tra lui e Vincenzo
fosse cambiato qualcosa .
E sapeva anche cosa : Michela Rigitano .
Michele si accorse dopo un po' che la odiava e che una paura sottile gli passeggiava in fondo alla
mente .
Ma la cosa importante era suo padre : Michele guardava il cielo con disperata concentrazione
girando gli occhi di qua e di la come a voler racchiudere l'universo nel suo campo visivo .
Danilo aveva anche lui brutte sensazioni , meno definite e forse per questo più cupe : si sentiva
come se fosse al largo e non riuscisse più a nuotare , l'acqua che ti risucchia come fossero sabbie
mobili .
Giacomino era preoccupato per suo padre e per quello che poteva succedere .
Luigi si ripeteva nella testa la promessa del pomeriggio : il piccolo rito lo aveva affascinato e
immagini di cavalieri coraggiosi , come nel cartone animato dello Zodiaco , gli coloravano la testa .
Michela Rigitano non guardava il cielo perché non ne aveva bisogno : sussurrava nelle orecchie di
Vincenzo come un mantra la stessa frase “ Voglio essere una ragazza di “Non è la Rai “ .
“Voglio essere famosa “ .
Sussurrava e si strusciava al suo bel maschietto telecomandato ed era inebriata dalla sensazione di
potere .
Vincenzo riusciva a malapena a pensare : il suo corpo aveva interrotto il cessate il fuoco e aveva
ricominciato a pulsare di propria iniziativa .
La mente , completamente soggiogata , vomitava immagini di stucchevole romanticismo
intramezzate a piccoli filmini pornografici .
Il profumo , l'alito , la voce , il tatto di Michela lo stordivano e occupavano tutto il suo pensiero ,
come una forza aliena che avesse fatto prigioniera la sua coscienza .
“Hai giurato a Michele “ ripeteva una vocina da qualche parte ma era così lontana e fievole che
veniva continuamente soffocata al minimo struscio della ragazza che aveva accanto .
Come un meccanismo automatico il piccolo struscio rimetteva in moto la ruota panoramica di
sensazioni e pensieri e la vocina spariva .
La notte sembrava immobile e il tempo pareva fosse rimasto impigliato come un pulviscolo di
polvere tra le foglie .
Ma erano solo sensazioni ed arrivò il momento di andare a casa .
Fu proprio mentre si alzavano controvoglia e delusi che la scia di luce apparve sopra le loro teste .
La videro tutti attraversare la volta notturna con elegante lentezza .
Un pezzo di roccia che si brucia nell'atmosfera , pensò affascinato Danilo .
Poi si affrettò a esprimere il desiderio per Michele .
Tutti espressero desideri nel silenzio delle loro menti .
Tutti tranne Michela che invece strinse la mano di Vincenzo e premette il suo corpo contro il suo .
Michele desiderò con tale forza che rimase per quasi un minuto ad occhi chiusi dopo il passaggio
dell'astro .
Fallo tornare fallo tornare fallo tornare fallo tornare .
Speranza e paura facevano la lotta dentro di lui .
Aspettarono altri cinque minuti ma non ne videro altre e dovevano andare , altrimenti sarebbero
stati guai .
Camminarono in assoluto silenzio di ritorno a casa : si diedero una buonanotte quasi solenne e si
separarono .
Michele notò con preoccupazione e una punta di gelosia che Vincenzo si tratteneva con Michela
mentre si avviava al suo portone .
Rientrò con Luigi e trovarono sua zia che russava a bocca aperta davanti alla televisione accesa .
Michele andò a letto pieno di speranza e con un pizzico di preoccupazione .
Domani mi sveglio e papà è in cucina a bere il caffè con la mamma , si ripeteva nella testa ,
visualizzando la scena come alla televisione .
Danilo trovò suo fratello ad aspettarlo davanti al portone : Felice era li ma era come se non ci fosse .
Non si dissero nemmeno una parola e si coricarono .
Danilo era preoccupato : se non avesse sentito Felice alzarsi e sgattaiolare nella notte voleva dire
che l'aveva vista pure lui .
Vincenzo e Michela accompagnarono Giacomino fino al portone e passarono dieci minuti buoni a
scambiarsi baci umidi sotto il portone di Michela .
Michela andò a dormire soddisfatta come quei serpenti che riescono a ingoiare animali molto più
grandi di loro e passano giorni a digerirli .
Vincenzo salì le scale con un'andatura piuttosto comica causata dal dolore misto a piacere che gli
invadeva i testicoli : si mise a letto con un'espressione sognante e si abbandonò alle sue fantasie .
Se qualcuno gli avesse chiesto chi era Michele Apitrano in quel momento avrebbe solo potuto
domandare stupidamente : Michele chi ?
I cinque giustizieri della notte si ritirarono tardi dopo una lunga sessione di bevute celebrative al
Pub dello Squalo a Mosciano .
Avevano festeggiato soprattutto i cugini Rigitano fanfaronando delle loro imprese paramilitari allo
stadio : l' Ingegner Capanna , sempre pratico , era concentrato sulle prossime mosse della strategia .
Carmelo Vandelli era ancora in piedi principalmente perché beveva solo birra ma era in uno stato di
odio catatonico e non riusciva nemmeno più ad accendersi le sigarette .
“ Bastardi zingari schifosi “ bofonchiava mentre cercava di azzeccare la sigaretta con l'accendino .
Verso le due del mattino lo avevano accompagnato a casa tutti piuttosto ubriachi , anche l'ingegnere
che per darsi un tono da poliziotto americano aveva bevuto whisky liscio tutta la sera .
Mollarono Carmelo davanti al portone di casa sua e si congedarono con grandi pacche sulle spalle .
“ Signori “ disse a mo di congedo l'ingegner Capanna arringandoli come un generale sudista della
guerra civile americana “ La battaglia è appena cominciata . “ Si fermò ad aspirare dalla sua
sigaretta “ Boia chi molla “ concluse fiero ricordando il saluto che si scambiava quando era giovane
e aveva partecipato per qualche tempo alle riunioni della Fiamma Tricolore .
Mentre si incamminava con il petto in fuori verso casa sua figlia metteva a letto sua moglie , che
quell'estate era ormai una tossicodipendente da calmanti , e si predisponeva a passare la notte in
bianco a guardare il cielo .
Ma l'unica stella cadente l'aveva mancata perché faceva compagnia a sua madre davanti ad un film
idiota e quando l'alba spuntò sul mare Adriatico la trovò seduta sul suo letto con uno sguardo
disperato negli occhi rossi di pianto e cerchiati da occhiaie .
Sentiva il peso del suo seno come un coltello piantato nel cuore .
Era il settimo giorno .
X
Li arrestarono tutti tra le otto e le nove .
Giacomino fu svegliato dal campanello e osservò con orrore tutta la scena : quattro carabinieri in
divisa controllavano suo padre che si vestiva e recuperava spazzolino e dentifricio .
Carmelo Vandelli aveva l'aria di uno che fosse stato ripescato in una discarica e masticava tra i denti
minacce terribili verso i carabinieri e gli zingari .
Teresa Vandelli era svenuta già due volte e adesso giaceva sul divano con una pezza bagnata in
fronte e occhi da cerbiatto ferito .
Giacomino guardava i carabinieri in silenzio e non trovava forze nemmeno per piangere .
Aveva la sua maglietta della Germania e occhiaie profonde .
Nel giro di due ore i cinque uomini furono arrestati per minacce e violenza privata e portati al
commissariato di Pescara .
L'ingegner Capanna aveva tentato una poco probabile fuga dal terrazzino e aveva rimediato una
dolorosa distorsione alla caviglia .
Michela era rimasta accanto a sua madre sul divano , entrambe con lo sguardo fisso nel vuoto anche
se per motivi diversi .
L'altra Michela aveva altre cose in testa di quello scemo di suo padre e i suoi stupidi cugini : aveva
pazientato sbattendo con nervosismo il piede a terra che se lo portassero via ed era subito corsa ad
accendere la televisione .
Aveva cercato la pagina 393 del Televideo che consultava almeno una volta alla settimana : dovette
rileggere quattro volte per convincersi che era tutto vero .
“ Prossime audizioni per “ Non è La Rai “ .
Venerdì 9 Agosto Mosciano . “
Il giorno prima c'era Trento !!
Se lo ricordava benissimo !
C'era Trento ! Disse a se stessa sul divano .
Era tutto vero .
Sarebbe andata a “ Non è la Rai “ .
Immobile sul divano Michela Rigitano sentiva spandersi nelle sue viscere un benessere totale che
non aveva mai provato prima in vita sua .
Alla lontana sentiva sua madre che singhiozzava in cucina ma il rumore le era così insignificante
che poteva essere la pioggia , per quello che la riguardava .
Danilo si svegliò presto ed era solo .
Sentì subito il terrore invadergli la mente come uno stormo di pipistrelli .
“ Mamma ! Mamma ! “ gridò uscendo dalla sua camera in mutande .
Attraversò correndo il corridoio e si fermò di colpo quando arrivò in cucina .
Felice era seduto al tavolo di formica .
“ Feli' “ ansimò Danilo .
Il fratello aveva gli occhi bassi ed era come se non lo avesse sentito .
“ Felì , stai bene ?“ continuò Danilo e la voce gli tremava un po' “ Dove sta mamma ? “
Felice alzò gli occhi verso di lui e Danilo trasalì : erano iniettati di sangue e sembravano vibrare di
odio .
“ Chi è stato ? “ domandò Felice con voce roca , come dall'oltretomba .
Danilo fece senza accorgersene mezzo passo indietro , nella sua testa la paura frullava come un
uccellino impazzito .
“ Felì “ fu tutto quello che riuscì a dire e poi non seppe come continuare .
Felice inalò a lungo aria .
Aveva la faccia paffuta stravolta e gli occhi da pazzo .
“ CHI E' STATOOOO ? “ urlò dopo qualche secondo e la sua voce di bambino vibrò di note stridule
e cacofoniche , come unghie sulla lavagna .
Danilo fu scosso dai brividi .
Felice era diventato matto .
Adesso preso dalla rabbia scaraventava verso di lui gli oggetti del tavolo , bicchieri , confezioni di
brioche , pezzi di pane .
“ Era mia “ continuava a gridare mentre gli lanciava di tutto .
Un bicchiere si schiantò contro il muro a mezzo metro da Danilo che si era accucciato senza
pensarci .
Danilo , ormai preda del terrore , non lo capiva nemmeno più .
E' mia cosa ? Pensava mentre il fratello gli scagliava di tutto addosso urlando come un diavolo .
Passò forse un minuto , Felice che urlava e Danilo che si ritraeva come un topolino spaventato .
Felice smise di urlare e di tirare oggetti e si alzò lentamente .
“ Era mia “ disse quasi tra se e se “ La stella era mia . Chi è stato ? Chi è stato , Danilo ? “ e adesso
avanzava verso di lui .
Danilo era passato ad implorare dentro di se che si trattasse di un brutto sogno : adesso mi sveglio ,
adesso mi sveglio pensava ossessivamente .
Ma ci sentiva ancora e alla fine capì .
La stella cadente .
Felice aveva desiderato e non era successo niente : Felice aveva capito .
Aveva Felice ormai a un metro quando riuscì a balbettare “ N-non lo s-so , F-felì... te lo giuro , Ffelì “ .
Felice gli fu addosso : pesava dieci chili meno del fratello ed era alto almeno trenta centimetri di
meno .
Oltre a nove anni di sudditanza fisica .
Lo prese per il bavero e lo tirò su fino a che i loro visi non furono uno di fronte all'altro .
“ Sei stato tu ? Sei stato tu , maniaco schifoso ? “ gli sibilava Felice in faccia .
Danilo vedeva solo occhi neri di rabbia e furore .
“ Allora , spastico ? “ Felice lo scosse con entrambe le mani . .
Danilo si lasciò sbattere come un manichino .
“ Sei stato tu ? “ Felice aveva ricominciato a urlare sputazzando saliva “ E' stato quello stronzo di
Vincenzo ? Quella puttanella ? Me lo devi dire !! Me lo devi dire !! “ .
Danilo non trovava forze per reagire .
Era travolto dalla personalità impazzita del fratello , un estraneo .
Mamma , mamma , pensava e poco altro filtrava nella nebbia della paura .
Felice lo guardò per un attimo schifato , girò la testa con disgusto e tirò un lungo sospiro .
Un attimo dopo colpiva suo fratello con tutta la forza che aveva in corpo .
A pochi metri di distanza Michele era alle prese con la sua delusione .
Non c'era nessuno al tavolo della cucina .
Ne suo padre , ne sua madre .
Rimase indeciso sul da farsi e finalmente si scosse : girò per la casa e infine aprì piano la porta della
camera da letto .
Sua madre era nel letto che dormiva rannicchiata come una bambina piccola : aveva il viso ancora
contratto anche nel sonno e dopo qualche secondo Michele si rese conto che stava digrignando i
denti mentre dormiva .
Il rumore era orribile e una serie di brividi gli passarono lungo la schiena .
Michele si allontanò chiudendo dietro di se la porta piano per non svegliarla .
Senza sapere che fare aggirò il tavolo della cucina e si sedette su una delle quattro sedie di legno .
Intanto nella sua testa c'era un'assemblea di pensieri che dibattevano come in una di quelle riprese
del Parlamento che aveva visto di sfuggita alla televisione .
Le stelle cadenti sono una cazzata .
No , funzionano , ma qualcun altro ha espresso un altro desiderio .
C'è una spiegazione logica , come in tutte le cose .
Ma chi l'ha espresso il desiderio ?
Quella stronza di Michela sicuramente se ne fregava di te .
Ma non stava guardando .
E gli altri avevano giurato .
Si fidava degli altri .
E Vincenzo ?
No , Vincenzo non l'avrebbe mai fatto .
E via così in un dibattito interminabile che non portava a nulla .
Michele mandò giù meccanicamente una colazione raffazzonata ed uscì dall'appartamento .
Passò prima dal parchetto e trovò Giacomino che piangeva sulle altalene .
Giacomino piangeva forte e fu difficile capire che cosa era successo .
Michele ne rimase sconcertato : arrestati .
Negli stessi istanti la Vedova Bordò scopriva la stessa notizia dalla giornalaia davanti al
supermercato che aveva un cugino che lavorava in Questura .
“ Gli zingari hanno fatto la denuncia ieri notte “ raccontava alla piccola folla che si era riunita “
Pare che avessero una pistola “ piccole esclamazioni di meraviglia si sollevarono dalla piccola folla
.
La vedova Bordò si allontanò sconcertata con le borse della spesa : tutto per il tatuaggio di quel
bambino , pensava persa nell'incredulità .
Nel piccolo appartamento che affittava ormai da tre anni per le vacanze , a poco più di un
chilometro , il suo figlio minore stava picchiando il suo figlio maggiore con ferocia .
Michela Rigitano era davanti allo specchio e si provava tutti i vestiti che si era portata dietro
canticchiando assieme alla radio e sculettando insieme alla musica da discoteca .
Michela Capanna si era addormentata , sfinita dalla nottata in bianco , sul divano .
Sua madre Giovanna la aveva aggiustata in una posizione più comoda e aveva avvertito il morbido
sotto la felpa : sta crescendo Michelina aveva pensato in maniera sdolcinata senza chiedersi dove la
figlia avesse preso un seno tanto sviluppato nello spazio di giorni .
Ma lo Xanax stava facendo effetto e la sua vita si stava ritrasformando nello sceneggiato televisivo
che guardava con pacato interesse ormai da mesi : erano tutte cose che capiva , suo marito arrestato
, Michela che dormiva , ma non ne era minimamente toccata .
Galleggiando in una bambagia che sapeva di zucchero filato rosa si preparò la sedia a sdraio e si
accomodò spalmandosi crema solare .
Minuti dopo le tre pastiglie di Xanax che aveva tirato giù fecero il loro effetto e Giovanna Capanna
sprofondò in un buio catatonico e indefinito mentre il suo corpo magro sudava al sole di Agosto .
X
Non c'era il pronto soccorso , solo la guardia medica .
Danilo e Michela vi arrivarono più o meno alla stessa ora ma non si incontrarono .
Danilo era , almeno a detta di uno degli infermieri che lo avevano preso in carico , in stato di shock
: le ferite erano superficiali ma aveva preso parecchi colpi in testa e aveva vomitato dopo pochi
minuti sul lettino su cui lo avevano poggiato .
La madre , che lo aveva trovato solo in casa che piangeva e si teneva la testa tra le mani ,
passeggiava avanti e indietro in corridoio .
La Dottoressa Giulivi sudando abbondantemente era al telefono con il Pronto Soccorso di
Martinello .
“ Lo sediamo , ve lo venite a prendere e gli fate una TAC “ disse in tono risoluto mentre sudava e
fumava nervosamente “ No , una forte contusione . “ fece una pausa per aspirare “ Un bastone o
qualcosa del genere “ gettò la sigaretta e la stritolò con il tacco della scarpa con rabbia “ Va bene , si
, muovetevi “ .
Non fece a tempo a confermare l'ambulanza agli infermieri che Torelli , il più giovane e più
inesperto , arrivò correndo bianco come un cencio .
La dottoressa lo ascoltò sudando come una fontana per circa un minuto .
Torelli era a metà tra il terrorizzato e l'eccitato , notò parte della sua mente .
Aveva capito solo quattro cose del discorso sconclusionato : donna , stato di coma , calmanti ,
insolazione .
Spostò con una rude manata l'infermiere che se ne stava li a guardarla fermo come un palo come ad
aspettarsi una medaglia e si precipitò all'accettazione .
Entrando vide una donna adagiata su una lettiga , un'infermiera che le misurava il polso , un altro
infermiere che guardava come uno scemo ed una ragazzina in piedi in un angolo con gli occhi
grandi fissi dinanzi a se e le mani incrociate sul petto .
Si avvicinò alla lettiga e l'infermiera alzò lo sguardo e riferì “ Polso presente ma estremamente lento
. “ poi facendo un piccolo gesto in direzione della ragazzina “ Quella è la figlia . L'ha trovata
immobile al sole . Sul tavolino del salotto c'era questo “ e indicò un contenitore cilindrico .
La dottoressa guardò l'etichetta del contenitore e sentì una fitta di acidità allo stomaco .
Daversin , combinazione di barbiturici .
Cazzo , cazzo , cazzo pensò la dottoressa .
Ma che cazzo succede oggi ?
La dottoressa scosse il contenitore ed ascoltò il rumore di due o tre pasticche che rimbalzavano
all'interno .
Merda , quasi vuoto ! le comunicò una vocina nella sua mente e la dottoressa cominciò ad avere
paura .
D'un tratto si ricordò dov'era e di chi la stava guardando : alzò gli occhi .
L'infermiera aveva fatto il suo stesso ragionamento e le lanciò uno sguardo impaurito mentre
ispezionava le pupille della paziente .
L'altro infermiere aveva lo sguardo che hanno gli uomini quando regrediscono allo stato di bambini
eccitati .
La dottoressa distolse lo sguardo con disprezzo : stava cercando di pensare .
La ragazzina aveva capito anche lei : aveva lo sguardo basso e le lacrime le avevano disegnato
strisce sulle guance .
Ma non ha caldo ? Pensò la dottoressa guardando la pesante felpa rossa indossata da Michela .
Lei stava sudando praticamente ovunque .
“ Chiamo Pescara “ annunciò ritrovando una qualche forma di controllo “ Prova a farla vomitare “
ordinò all'infermiera china sul corpo incosciente “ E tu porta fuori la ragazzina , razza di scimunito
!! “ concluse urlando contro l'altro infermiere .
Quindici minuti dopo era a bordo dell'ambulanza inizialmente prevista per Danilo Bordò diretta
verso Pescara a tutta velocità , al telefono con lo specialista di tossicologia che le spiegava i
controlli e le procedure da eseguire .
Aveva lasciato le chiavi della sua macchina a Mariana , la più esperta delle sue infermiere , e le
aveva ordinato di portare il ragazzino in stato di shock a Martinello per i controlli .
La madre poteva venire con la macchina sua .
Michela Capanna era rimasta seduta nella piccola sala d'aspetto e , nel bailamme in cui era
piombato l'ufficio della guardia medica , nessuno si ricordava di lei .
Michela Capanna piangeva senza fare rumore e sudava dentro la sua felpa rossa .
Al bar dello Chalet “ Capriccio “ una decina di persone discuteva animatamente degli eventi .
Gaetano Spataro raccontava con foga dei progetti del giorno prima di quei matti , così li chiamava ,
e sbraitava che lui aveva provato inutilmente a dissuaderli .
Suo figlio intanto era dietro le cabine con Michela Rigitano che lo metteva al corrente della
grandiosa novità .
“ Andrò a Non è la RAI “ gli ripeteva Michela che pure sudava come una fontanella “ Mi prendono
sicuro . E' sicuro ! E' sicuro ! “ esclamava ad un passo da lui .
Vincenzo si sentiva strano e l'odore dolciastro del sudore di Michela gli stava facendo venire la
nausea : parte di se avrebbe voluto scostarsi ma non osava .
Nella sua mente l'eccitazione aveva lasciato spazio ad una specie di depressione , la sensazione di
aver sprecato se stesso , la sensazione di aver sbagliato tutto .
Davvero l'aveva fatto per lei ? Davvero era innamorato di lei ? Di questa specie di macchinetta con
le tette ?
Di colpo gli tornò in mente la scena del giorno prima : la stretta di mano e il giuramento .
La sensazione del senso di colpa lo colpì in un punto imprecisato tra lo stomaco e il cuore e la
nausea divenne di colpo insopportabile .
“ Dobbiamo andare con i tuoi “ lo riportò alla realtà Michela “ Quella scema di mia madre è tutto il
giorno che piange . Non ce la fa nemmeno ad andare in salotto “ .
Vincenzo , che stava sempre peggio , provò a dire “ Ma tuo padre... “ .
Poi si fermò sentendosi come un bambino che ha fatto qualcosa di male .
Michela lo squadrò per qualche secondo , come a soppesare la persona che aveva davanti .
“ Hai detto che avresti fatto tutto per me . “ gli disse gelida “ Te lo rimangi ? “
Vincenzo avrebbe voluto rispondere con tutto il cuore di si .
Si , me lo rimangio .
E poi sarebbe andato a cercare Michele .
“ No “ disse invece “ no , certo “ .
Michela lo fissò ancora per qualche secondo .
“ Andiamo da tua madre “ ordinò prendendolo per mano .
Erano le quattro del pomeriggio .
Michele Apitrano e suo cugino Luigi giocavano a briscola nel divano dell' appartamento di Michele
.
Giocavano senza entusiasmo , giusto per aver qualcosa da fare .
La situazione era uguale a quella del giorno prima .
Le due sorelle stavano riposando , o così avevano detto dopo un pranzo deprimente e interminabile .
Luigi , di solito un bambino solare , rimuginava triste sulla situazione e non trovava parole da dire
al cugino per cercare di tirarlo su .
Michele era perso nel gorgo dei suoi pensieri e giocava senza far caso alle carte che prendeva o
perdeva .
Nel silenzio del pomeriggio si introdusse improvviso il carillon chiassoso di uno di quei furgoncini
che d'estate girano per i paesi a pubblicizzare le feste e le sagre .
I due bambini ne ascoltarono distratti il rumore che si avvicinava e le parole che piano piano
diventavano intellegibili .
Questa sera .
Mosciano .
Discoteca il Pappagallo .
A partire dalle nove e trenta .
Non è la Rai .
Grande serata .
Audizioni .
Interverrà il famoso .
Non è la Rai .
Questa sera .
Mosciano .
Di colpo Michele si immobilizzò con una carta a mezz'aria come quando si gioca e si fa finta di
essere di sale , come una statua .
Luigi lo guardò senza capire .
Michele aprì la bocca e parlò con calma , come si parla quando si realizzano le cose in
contemporanea .
“ Non è la Rai … le audizioni di Non è la Rai … Michela “ Finalmente il suo sguardo mise a fuoco
“ E' il desiderio di Michela !! “ quasi gridò in faccia a Luigi .
Con il carillon che si allontanava Luigi guardò il cugino .
“ Ma non aveva guardato la stella “ disse perplesso ripensando alla sera prima .
Michele stette in silenzio per qualche secondo , ancora con le carte in mano .
Alla fine disse a voce alta quanto il suo cervello gli aveva appena sussurrato .
“ Vincenzo ! “
Luigi capì .
Ne fu tanto colpito che si portò una mano alla bocca : nella sua mente ricostruiva la sera prima ,
quella che si appiccicava tutto il tempo a Vincenzo e gli sussurrava nelle orecchie .
Subito dopo rivide Vincenzo che recitava a voce alta il giuramento .
Luigi non sapeva cosa fosse l'indignazione ma capiva benissimo cos'era il tradimento : si sentì
sgomento e fu come se qualcuno gli tirasse via la seggiola dell'infanzia da sotto il sedere .
“ Vincenzo “ ripeté Michele e la sua voce era strana , come un misto di rabbia e lacrime .
Si alzò e recuperò le ciabatte da sotto il divano .
Luigi lo guardò preoccupato .
Michele senza guardarlo annunciò “ Vado a cercarlo “ mentre si infilava la maglietta .
Luigi provò a protestare “ Ma la mamma ha detto di non andare da nessuna parte e … “ .
Si bloccò perché Michele era già alla porta e la stava aprendo .
Luigi ci pensò su un attimo e poi balzò in piedi .
“ Aspetta “ disse mentre si sbrigava a recuperare le sue cose “ Vengo anch'io “ .
X
Suo marito faceva lo sbruffone ma decideva tutto lei e lo sapevano benissimo entrambi .
Isabella Spataro aveva deciso : sarebbero andati a Mosciano .
Quella ragazzina , l'amica di suo figlio , l'aveva quasi commossa .
Non era giusto che non potesse partecipare alle audizioni che sognava tanto per quello che era
successo al padre : anche lei era stata una ragazzina e aveva sempre dovuto subire la vita invece che
provare ad inseguire i suoi sogni .
E poi , a parte tutto , una serata a Mosciano era una serata a Mosciano .
E poi la televisione .
Gaetano Spataro sarebbe rimasto volentieri a guardare la partita ma non provò nemmeno a ribellarsi
: la parola di sua moglie era legge e lui sarebbe stato il loro bravo autista e accompagnatore .
E in fondo si sentiva pure un po’ in colpa con quella ragazzina : a dispetto delle ipocrite tirate
morali che aveva sparato per tutto il pomeriggio la storia degli zingari era stata anche un po’ colpa
sua .
Vincenzo non aveva spiccicato una parola e aveva passato tutto il tempo a cercare di respingere la
nausea : i genitori avevano scambiato il silenzio del figlio per timidezza .
Passarono a casa Rigitano , consolarono con tante belle parole la madre di Michela e si diedero
appuntamento per le sette e mezzo al villaggio .
Caterina Rigitano nel frattempo era riuscita a parlare con l'avvocato : suo marito avrebbe dovuto
rispondere di accuse pesanti ma nei prossimi giorni lo avrebbero lasciato andare a casa , in attesa
del processo .
Fu persino invidiosa di non poterci andare lei a Mosciano , lei che era stata Miss Lampredotto 83 ,
ma aveva ritenuto che non fosse un comportamento socialmente accettabile date le circostanze e si
era consolata nell'augurare in bocca al lupo a Michela .
Michele e Luigi avevano girato per tre ore e non avevano trovato ne Vincenzo ne Michela : li
avevano mancati al “ Capriccio “ e non sapevano dove fossero .
Erano tornati al parchetto , ad annoiarsi sulle altalene .
Felice Bordò e Carmelo Vandelli provavano a una cinquantina di chilometri di distanza sensazioni
sorprendentemente simili per un uomo di quarant'anni e un bambino di nove .
Entrambi erano prigionieri .
Felice era prigioniero in camera sua ed era sdraiato sul letto : muoveva nervosamente il piede destro
e fissava il soffitto .
Carmelo era stato trasferito nel supercarcere di Ascoli Piceno e camminava per la sua piccola cella
tirando pugni contro le pareti .
Entrambi erano furiosi .
Felice odiava sua madre , che lo aveva imprigionato li dentro , quello spastico di suo fratello ,
quelli che erano stati suoi amici fino a qualche giorno prima , i giovanotti che gli avevano rubato la
moto a Mosciano , il resto dell'umanità , il mondo e l'universo .
Carmelo Vandelli odiava i poliziotti , i politici , i carcerieri , i carcerati , gli italiani e gli stranieri .
Ma soprattutto odiava gli zingari .
Se si fosse trovato davanti quel vecchio schifoso lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani
torcendogli quel collo da avvoltoio che si ritrovava .
Felice provava sensazioni pericolosamente simili verso sua madre .
Il sonno se li prese a distanza di pochi minuti nelle loro celle prima che arrivassero le otto e non si
svegliarono che la mattina dopo .
La dottoressa Silvia Giulivi aveva finalmente smontato e beveva birra Peroni gelata fumando al bar
dello Sparviero dietro la guardia medica .
Ogni sorso le pareva uno spicchio di paradiso .
La mente tornava agli eventi della giornata e un'immagine le tornava in mente con frequenza : gli
occhi neri pieni di disperazione di quella ragazzina .
“ Tua madre sta bene “ le aveva detto e quella non si era mossa .
Occhi come di chi è finito in un gorgo .
“ Era solo svenuta “ le aveva detto imbarazzata e aveva atteso una qualche reazione .
Disorientata da quei dolenti occhi neri aveva confessato la verità .
“ Quel tubetto che hanno trovato in casa ci ha fatto preoccupare . Quelle pasticche potevano essere
molto pericolose “ Una voce le ripeteva in testa che doveva essere impazzita a raccontare quel
genere di cose ad una bambina ma aveva continuato “ Invece non le aveva prese . Quel contenitore
doveva già essere vuoto da mesi . Dalle analisi abbiamo trovato solo tracce di calmanti molto
leggeri “ e qui aveva tentato un goffo sorriso “ Beh , meglio essere sicuri , comunque “ .
La ragazzina che continuava a tenersi la sua felpa rossa e le braccia incrociate sul petto aveva
sorriso anche lei , probabilmente per convenzione , per togliersela dai piedi .
Quel sorriso dolente , rassegnato e finto era stata la parte peggiore della sua giornata .
La parte peggiore della vedova Bordò era stata tutta la giornata .
Chi l'avesse vista sul terrazzino adagiata su un'elegante sdraio arancione a sorseggiare da un lungo
bicchiere e a guardare il tramonto avrebbe pensato ad una persona che si gode un lungo momento di
relax .
In realtà nel lungo bicchiere c'era il quarto Long Island in tre ore , nel posacenere una ventina di
cicche e , per quello che le importava , poteva essere notte in un parcheggio di periferia .
La sua mente era un ingorgo di angosce che l'alcool riusciva solo a confondere .
I suoi due figli dormivano a pochi metri da lei , aveva controllato .
Danilo non si era fatto niente di grave ma era stato terrorizzato per ore e aveva riempito di terrore
anche lei : Felice sembrava semplicemente un'altra persona .
Si , è vero , era sempre stato un po' aggressivo e aveva forse una vena cattivella ma non aveva mai
osato nemmeno risponderle .
Anche con il fratello era sempre stato costretto a subire .
Chi era questo piccolo mostro che aveva reagito con le mani ( con le mani ! ) fissandola con quello
che , ne era sicura , era odio puro .
Aveva dovuto chiuderlo in camera sua con la chiave e quello aveva continuato ad urlare per almeno
mezz'ora .
“ Me la pagherete “ ripeteva tirando pugni contro la porta e una paura sottile l'aveva assalita : e se
riesce a sfondarla ?
Danilo era in camera sua , sul suo letto matrimoniale .
Non diceva una parola dalla sera prima .
La vedova Bordò tirò giù un altro bel sorso e ruttò .
Con mani che le sembravano di qualcun altro pescò l'ennesima sigaretta .
Stava per accendere quando sentì le voci e il rumore di persone che si muovono sul vialetto di
ghiaia .
Con spenta curiosità si affacciò a guardare .
La famiglia Spataro si apprestava ad uscire per la serata : tutti rivestiti e pettinati .
Isabella Spataro si era messa un lungo vestito nero con un'ampia scollatura e portava i capelli sciolti
sulle ampie spalle : non era certo una bellezza e appariva anche un po' comica sui tacchi alti .
Ricordava vagamente un cinghiale sui trampoli .
Perfino quel grezzo di suo marito sembrava quasi una persona civile , con la camicia dentro i
pantaloni e i capelli imbrillantinati .
Vincenzo era in jeans e maglietta e la vedova Bordò notò che era pallido come un cencio .
Rimasero in attesa solo pochi secondi .
Chiamando a gran voce arrivò trotterellando la figlia dei Rigitano .
“ Eccomi qui , eccomi qui “ cinguettava gioiosa e si baciò con evidente complicità con il cinghiale
sui trampoli .
Un pensiero di curiosità , lento e apatico come un vecchio tram , attraversò la mente della vedova :
chissà dove vanno tutti in ghingheri ?
Poi tornò alle sue angosce .
Intanto la famiglia Spataro e la loro ospite si erano allontanati sul vialetto e stavano montando a
bordo della Regata Special rossa lavata per l'occasione .
La macchina lasciò il villaggio sollevando un polverone nell'aria calma della sera .
Nessuno si accorse dei due bambini in fondo alla strada che fissavano l'autovettura che si
allontanava .
Luigi e Michele guardavano l'auto che si allontanava pensando a cose diverse .
Luigi non avrebbe saputo dire a cosa pensasse suo cugino ma aveva un brutto presentimento .
Provò un'altra emozione che non aveva mai provato prima , una specie di egoismo adulto : vorrei
che fossimo andati in vacanza da un'altra parte .
Vorrei non essere qui .
La sensazione fu di un frutto acerbo che ti lascia la bocca amara .
Michele rimase almeno per un minuto a fissare il punto dove si trovava l'auto .
Poi girò sui tacchi e prese la strada di casa senza dire una parola .
Luigi lo seguì a testa bassa .
Era l'ultima notte
X
Mosciano sembrava sul punto di esplodere .
Sciami di famiglie si spostavano come un lungo corteo per il lungomare con lentezza esasperante :
bambini piccoli boccheggiavano aria pregna di umidità in passeggini di tutte le fogge circondati dal
rumore assordante della folla .
Ragazzi e ragazze chiassosi e allegri sgusciavano da ogni dove .
Bancarelle e camion che vendevano panini avevano invaso il paese .
Il puzzo e il fastidioso ronzio dei generatori riempiva l'aria .
Pochi chilometri più avanti una moltitudine ancora più fitta si era assiepata davanti al grande palco
montato sulla pista della discoteca “ Il Pappagallo “ .
Ai lati della pista erano parcheggiati due camion di Tivù Super Marche , l'ambulanza e due
autovetture dei vigili .
Una fila che pareva infinita portava al banchetto delle iscrizioni .
Sul palco si lavorava con la disperata frenesia dell'ultimo momento .
Gennaro Spataro avanzava a fatica nella calca e sulle labbra sentiva il sapore della brillantina che
gli colava sul viso mista al sudore . .
Aveva scaricato i tre passeggeri sul lungomare alle otto meno un quarto e aveva trovato parcheggio
quasi un'ora dopo .
Avanzava piano , a tempo con le centinaia di persone attorno a lui , cercando disperatamente di
rintracciare i suoi in quel bailamme infernale .
Finalmente , come per miracolo , vide suo figlio abbarbicato su una delle transenne .
Lo raggiunse faticosamente e urlando per via del chiasso domandò “ Dove sta tua madre ? “
Vincenzo alzò un braccio con l'entusiasmo di uno zombie e indicò in direzione del palco .
Gaetano si sforzò di individuare sua moglie ma si accorse presto che era un'impresa disperata .
Guardò suo figlio e si accorse della faccia che portava : pure a lui gli fa schifo tutto questo casino ,
pensò .
“Vieni “ gli gridò “ ci prendiamo una cosa da bere “ e aiutandolo a smontare si avviarono
controcorrente verso un banchetto di bibite .
Se la faccia di Vincenzo era quella di chi ha appena perduto una persona cara quella di Giacomino ,
che era a una cinquantina di metri ed un paio di migliaia di persone da lui , era quella di chi è così
costernato che non sa più nemmeno come sentirsi .
Attaccato alla mano di sua madre che lo aveva condotto in quel girone infernale Giacomino era
ormai poco più di un burattino .
Sua madre se lo portava dietro come ci si porta dietro una valigia .
Teresa Vandelli era passata dagli svenimenti della mattina all'euforia della sera con naturalezza da
attrice : alle dieci del mattino era al telefono con la sua migliore amica a recitare la scena della
moglie disperata e quindici minuti dopo prendevano accordi per la serata , discutendo di vestiti e
capigliature .
Giacomino , inerme spettatore delle volute emotive di sua madre , si era sottoposto senza protestare
ai preparativi e adesso si lasciava trascinare con i capelli appiccicati in testa vestito come un cretino
.
Non vide Vincenzo e se lo avesse visto non avrebbe saputo cosa dirgli : il suo orizzonte emotivo si
era ristretto all'idea di suo padre in carcere .
Suo padre in carcere per colpa sua .
E da li non si era più mosso , scivolando lentamente in quella specie di catatonia .
Fu con distratto fastidio che ascoltò la voce del microfono che sovrastava la folla .
“ Buonasera Mosciano “ esordì esultante il famoso presentatore Kevin Lasagna mentre la folla
esplodeva in un boato e contemporaneamente si spostava collettivamente in avanti .
Dietro il presentatore , da qualche parte tra le decine di persone che tentavano disperatamente di far
funzionare quel carrozzone improvvisato , Michela Rigitano e Isabella Spataro attendevano il loro
turno .
Entrambe eccitate e determinate come tigri si tenevano per mano ascoltando le parole sovraeccitate
che giungevano dal palco .
Lo spettacolo cominciò a rotolare rombando come il tuono sulle teste della gente , una valanga di
brutta musica e ragazzine minorenni che si dimenavano a tempo .
Nel frastuono di luci e rumori nessuno si interessò di controllare se gli astri stessero onorando la
notte di San Lorenzo .
Nemmeno Michela Capanna guardava le stelle cadenti .
Michela Capanna stava riconsiderando se stessa : una vocina da qualche parte nella sua coscienza
poneva domande che nessuno vorrebbe chiedere a se stesso .
Sei tutta qui Michela ?
Quello che ti interessa veramente è solo la tua accettazione sociale ? Essere popolare ?
Cosa pensi rappresentino i tuoi due seni rotondi e appetibili ?
In cosa pensi di essere diversa da Michela Rigitano ?
E cosa dice tutto questo della tua personalità ?
Dice forse che in fondo non sei che una ragazzina egoista che mette se stessa davanti a tutto ?
Non racconta forse della donnetta che diventerai ?
Michela Capanna si guardava in quell'orribile specchio dell'anima nel salotto buio
dell'appartamento anonimo che suo padre aveva affittato per le vacanze .
Suo padre era in custodia cautelare , quello era il termine corretto , a Pescara .
Sua madre era in custodia cautelare di Morfeo in camera da letto .
Si ritrovò a pensare a Danilo con triste nostalgia : Danilo l'aveva trovata interessante , per lo meno
come un'amica , quel giorno in spiaggia .
Esisteva un'altra via di uscita da quella solitudine che sembrava azzannarla nei suoi giorni di scuola
, anonimo agnellino in mezzo ai lupi .
Questa era la parte più brutta .
Il suo desiderio non era solo dannoso , l'aveva spersonalizzata .
Aveva venduto la sua anima , ecco cosa aveva fatto .
Nel silenzio e nel buio di un salotto inutile nuove lacrime le scorrevano sulle dolci forme del viso
adolescente .
Stupide lacrime , pensò .
Non servite a nulla .
Singhiozzava da sola seduta su quel brutto divano .
Anche Michele Apitrano piangeva ed erano lacrime amare .
Seduto sul suo letto ascoltava distrattamente la televisione cicalare nell'altra stanza e piangeva .
Pensava al suo amico Vincenzo .
Un amico che era stato un idolo per lui .
La sua mente proiettava masochisticamente filmati di loro due che giocavano a calcio , che
correvano da qualche parte , che parlavano di videogiochi , di paure , di sogni .
In cucina sua madre , Luigi e sua zia guardavano la diretta da Mosciano sulla tivù regionale .
Nessuna notizia di suo padre ma quel pensiero era evaporato come neve al sole .
Adesso c'era solo Vincenzo .
E lui .
E una nera nuvola di rabbia che stava montando dentro di lui .
Vincenzo sgattaiolò fuori da casa e nessuno dei suoi parenti si accorse di lui .
Danilo non dormiva più .
Era sveglio e aveva gli occhi aperti nel buio della stanza di sua madre .
Sua madre era accanto a lui nel letto matrimoniale e russava .
Puzzava di fumo di sigaretta e di alcool .
Felice , Danilo lo sapeva , era intrappolato nella loro stanza , a pochi metri .
Danilo non pensava .
Danilo riviveva gli eventi degli ultimi giorni con la sensazione che una pietra invisibile gli pesasse
sul torace .
Danilo rivedeva Felice che lo picchiava con la padella gridando come un pazzo e piangendo e
sputazzando .
Felice , suo fratello .
Danilo rivedeva la faccia feroce che menava colpi con tutta la sua forza contro di lui .
Felice , pensò disperato e anche lui cominciò a piangere silenziosamente nel buio .
A Mosciano la notte era illuminata da un universo di luci artificiali .
Il corpo di Michela Rigitano notò il calore che i potenti fari creavano sul palco della discoteca “ Il
Pappagallo “ ma lei non se ne accorse .
Non si accorse nemmeno del sudore .
Michela Rigitano danzava sotto i riflettori con tutta la forza che aveva dentro .
Nella sua mente bruciava una feroce concentrazione .
Questo era il suo momento .
Non c'era nient'altro .
Ogni mossa , ogni saltello sarebbe stato perfetto .
Non ci sarebbero stati errori .
La sua vita avrebbe preso il volo , nulla l'avrebbe fermata .
Il ritmo forsennato di una canzone di successo riempiva le orecchie del pubblico .
Vincenzo e i suoi genitori guardavano Michela che ballava a tempo e a tutti loro sembrava quasi
una dea , una divinità lontana anni luce dalla ragazzina che era stata solo il giorno prima .
Vincenzo ne aveva quasi paura .
I suoi genitori ne erano ammirati , specialmente sua madre che nella sua testa le dedicava silenziose
incitazioni sorridendo .
Alla fine dei tre minuti la piazza esplose in un boato .
Applaudivano tutti gridando e Michela si esibì in un piccolo inchino .
Sorrideva radiosa e anche sugli schermi televisivi sembrava l'immagine stessa della grazia e della
bellezza giovanile .
Solo Giacomino non applaudiva e sembrava un manichino da supermercato in mezzo all'entusiasmo
di quella folla che lo circondava .
Giacomino guardava di fronte a se senza vedere nulla .
Di fianco a se sua madre piangeva commossa e batteva le mani con frequenza da colibrì .
Giacomino guardava il vuoto e pensava a palle di neve che rotolano giù dalle montagne e via via
che rotolano diventano più grandi e travolgono tutto e tutti .
Mentre il presentatore riprendeva gridando eccitato il palco e Michela prendeva trionfalmente la via
delle quinte la decisione veniva presa nella stanzetta della regia .
“ Michela Rigitano , ecco qui “ segnalò uno degli autori della trasmissione televisiva indicando un
nome nella lista delle iscritte .
Minuti dopo grandiosi fuochi di artificio frastornavano l'aria mentre un incaricato della rete parlava
con Michela e Isabella Spataro di clausole e orari di registrazione .
Vincenzo e Gennaro Spataro guardavano le due donne da una decina di metri con la stessa
espressione vacua in volto .
Negli stessi istanti Luigi ascoltava la sigla di chiusura della trasmissione trasmessa sopra le riprese
dei fuochi di artificio e si chiedeva che stesse facendo Michele .
Si chiedeva se magari stesse male , oppure se stesse piangendo .
Si chiedeva se fosse il caso che si alzasse dalla sedia e andasse a consolarlo .
Si chiedeva se non fosse ora che si comportasse come un amico .
Luigi zittì in qualche modo quelle domande nella sua testa e si strinse a sua madre che lo guardò
con divertita meraviglia .
Michele era in spiaggia .
Non guardava nemmeno il cielo perso nei suoi pensieri .
Il silenzio era assoluto .
Se ne sono andati tutti a Mosciano , pensava con rabbia .
Bastardi , sussurrò nella spiaggia deserta .
E pensava soprattutto a Vincenzo .
Aveva giurato e lo aveva tradito .
Bastardo .
Michele non si era mai sentito così gonfio di furore in vita sua : avrebbe voluto distruggere tutto ma
si rendeva vagamente conto che così non avrebbe in nessun modo colpito il suo traditore .
Se lo fosse trovato davanti lo avrebbe assalito gridando .
Ma non ce lo aveva davanti .
Era a Mosciano con quella stronza .
E si divertivano alla faccia sua .
Michele raccolse un sasso dalla rena e lo scagliò rabbiosamente lontano .
No .
Non sarebbe bastato picchiarlo .
Non era abbastanza .
Ora lo sapeva .
Non era abbastanza .
Lo aveva tradito e per lui non doveva essere più niente .
Vincenzo doveva essere niente .
Il vuoto .
Michele alzò verso il cielo occhi fiammeggianti di vendetta e un destino maligno lo tentò come il
serpente di Eva .
Il sasso celeste illuminò il cielo sgretolandosi contro l'atmosfera terrestre .
Un sorriso terribile si spandeva come veleno sul viso di Michele .
Vincenzo deve sparire , pensò .
Vincenzo è sparito e non tornerà più .
Un attimo dopo la stella cadente spariva dissolta a rendere irrevocabile la sua scelta .
Michele rimase immobile , in spiaggia , in piedi , a fissare il mare .
A quattordici chilometri e sessantotto metri da lui , in una Mosciano colma di luci e rumore ,
Gennaro Spataro si voltava e avvertiva “ Vincè , non ti allontanà , che te perdi “ e qui si bloccava
perché Vincenzo non era più dov'era un secondo prima .
Gennaro bestemmiò in silenzio dentro di se .
Si rigirò e gridò verso sua moglie “ Isabè ! Isabè! “ .
La moglie che teneva per mano Michela si fermò a guardarlo con stanco fastidio .
“ S'è perso Vincenzo !” gli urlò Gennaro e si affrettò ad aggiungere di fronte alla moglie che
aggrottava le sopracciglia “ Lo cerco io . Andate avanti . Ci vediamo alla macchina , dietro alla
rotonda “ .
La moglie lo fissò per un attimo riflettendo amaramente su quanto era cretino suo marito .
Poi si girò senza degnarlo di una parola e ricominciò ad avanzare tra la folla sul lungomare .
Gennaro Spataro si avviò invece sussurrando parolacce tra la folla a cercare quel fesso di suo figlio .
Michela Rigitano camminava un passo avanti alla madre di Vincenzo e sorrideva come una regina .
Sui tacchi alti i suoi rotolini di grasso erano forme sinuose e il vestito lungo le metteva in risalto il
seno in fiore : i capelli bagnati e ricci le incorniciavano il dolce ovale del viso dove gli occhi
splendevano come diamanti .
Un sorriso trionfale e in qualche modo sensuale la illuminava .
Ogni quattro o cinque passi qualcuno le faceva i complimenti e Michela notata con soddisfazione il
tono di sottile deferenza di quelli che la approcciavano , il linguaggio del loro corpo che
sottolineava inconsciamente la sottomissione .
Michela notava come la guardavano i ragazzi , anche molto più grandi di lei e il suo cuore esultava
di gioia velenosa ad ogni sguardo d'odio e invidia che le amministravano le sue coetanee .
Michela non le guardava nemmeno ma si nutriva dei loro sguardi .
Nessuno in quella folla valeva ormai la sua attenzione .
Anche i ragazzi più belli erano ai suoi occhi solo degli sfigati .
Lei adesso puntava a qualcos'altro .
Prima di tutto Roma .
Avrebbe schiacciato sotto i suoi tacchi chiunque avesse provato a mettersi sulla sua strada come
scarafaggi .
Si sarebbe presentata con il suo sorriso dolce e la sua anima di freddo metallo negli studi televisivi e
avrebbe raso al suolo le sue concorrenti come un bulldozer .
E per quanto riguardava i ragazzi , anzi gli uomini , adesso erano diventati un mezzo , solo uno dei
tanti mezzi che Michela intendeva utilizzare per arrivare in cima .
Michela Rigitano aveva assaggiato altre volte il potere ma adesso aveva la possibilità di assaggiare
il potere con la p maiuscola .
Niente mi fermerà pensava dietro il suo sorriso dolce e umile .
Niente e nessuno .
La sua omonima intanto era stata vinta dal sonno .
Michela Capanna non aveva trovato nessuna serenità alla fine del suo lungo auto interrogatorio .
Gli occhi le si erano chiusi mentre la giostra dei suoi pensieri era ancora in pieno esercizio .
Giaceva mezza sdraiata sul divano , con i lunghi capelli castani che risplendevano alla luce tenue
della luna : gambe da gazzella si allungavano fino ai braccioli e il suo seno , finalmente liberato
dalla pensante felpa rossa che lo incarcerava da due giorni , puntava glorioso verso l'alto .
Michela Capanna era addormentata e bellissima come una ninfa in un quadro rinascimentale .
A poca distanza Michele Apitrano era invece il ritratto vivente di una tragedia .
Rannicchiato su se stesso si affondava le unghie nel cranio tra i capelli a spazzola mugolando e
lamentandosi come se lo stessero picchiando .
Lo aveva fatto di nuovo .
Ne era sicuro .
La cupa soddisfazione che l'aveva invaso dopo il suo terribile desiderio si era dissolta nel giro di
pochi minuti in un turbine di disperazione totale .
L'ho fatto di nuovo .
O Dio perdonami , l'ho fatto di nuovo .
Oddio , l'ho fatto di nuovo , sono un cattivo .
La realizzazione lo aveva colpito come un pugno invisibile emerso dalla nebbia della sua coscienza
.
Lui era un cattivo .
Un cattivo come quelli che aveva visto nei film .
Era una persona cattiva .
Tutto quello che desiderava era la distruzione .
Aveva distrutto suo padre .
E adesso aveva distrutto Vincenzo .
Era il peggior essere umano che avesse mai conosciuto .
Ed era tutto vero , non era un film americano .
Era una persona cattiva .
Orribile .
Un mostro .
No ! No ! Singhiozzava Michele contorcendosi nella sabbia come un eroe tragico .
Non sono un mostro .
Non voglio essere un mostro .
Non è stata colpa mia .
Rimase a dimenarsi , solo , sulla spiaggia deserta , per un tempo che non è possibile misurare .
Un tempo che non esiste .
Finalmente qualcosa scattò nel rutilare dei suoi pensieri e una luce spuntò nei suoi occhi .
Devo cercarlo , pensò Michele rimettendosi lentamente in piedi .
Non posso arrendermi .
Posso ancora farcela .
Michele si aggrappò a questi pensieri come una persona che sta affogando si aggrappa ad un pezzo
di legno sbattuto dalle onde del mare in tempesta .
Michele cominciò a correre .
Lo stesso atto del muoversi verso un obiettivo ( Non è impossibile ! Non è impossibile ! Non è
impossibile ! Dio , ti prego , fa che non sia impossibile ! ) ridette un senso più o meno razionale al
flusso dei suoi pensieri .
Erano passati dieci minuti e trovò la vecchia bicicletta appoggiata contro un muretto .
Michele balzò in sella e cominciò la sua Odissea .
Tre ore e quasi quaranta chilometri dopo sarebbe caduto sullo stradone che portava al Luna Park .
X
La notte era quasi pronta a lasciare spazio ad un nuovo giorno .
Il buio era ancora padrone di quello spicchio di terra ma un chiarore di alba si indovinava nell'aria .
Danilo camminava con passi lenti e pesanti con la testa china per la via deserta e silenziosa .
Sembrava che portasse un invisibile peso sulle spalle , tutto il suo corpo schiacciato come se la
gravità fosse raddoppiata e lo tirasse a terra con forza irresistibile .
Danilo aveva occhi che avrebbero spaventato chiunque lo avesse incontrato .
Ma non c'era nessuno .
Il paese osservava il magro ragazzino che si trascinava nel silenzio e pensare che dentro le case ci
fossero creature vive era come pensare che ci fosse vita nel grande vuoto dello spazio siderale .
La sensazione era quella del momento dopo l'apocalisse .
Danilo continuava ad avanzare ciondolando , le braccia poggiate lungo i fianchi , pantaloncini e
maglietta .
La luna era tramontata .
Solo stelle nel cielo .
Ma Danilo guardava a terra , asfalto screpolato .
Finalmente arrivò alla spiaggia e il mare cominciò a sussurrargli nelle orecchie la sua monotona
cantilena .
Danilo si sentiva così stanco che ogni passo sembrava uno sforzo irripetibile .
Continuò tuttavia a muoversi con esausta pazienza , un piede dopo l'altro .
Adesso sentiva sulla pelle la sensazione in qualche modo affettuosa della sabbia .
L'adriatico si spandeva di fronte a lui .
Danilo perse finalmente l'ultima delle sue forze e cadde in ginocchio sul bagnasciuga .
Alzò il viso reclinando la testa all'indietro sul collo e spalancando la bocca .
Le sue palpebre si aprirono con pesantezza , come fossero serrande di metallo pesante .
Un cielo sfocato si mostrò ai suoi occhi .
Danilo piangeva rumorosamente e mugolava con la testa reclinata verso l'alto .
Danilo era perso in un abisso di disperazione .
Tra i sussulti cominciò a pregare a voce alta .
Tremava tutto come un foglia e ripeteva tra le lacrime .
Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego .
Nella sua mente un'unica speranza .
Che tutto torni com'era .
Che tutto torni com'era .
Danilo pianse ancora più forte e lasciò un lungo ululato di puro dolore .
Quando l'ululato si spense assieme al suo respiro ricominciò a sussurrare .
Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego Ti prego .
Si passò una mano sugli occhi per poter vedere oltre il velo sfocato .
Ti prego Ti prego Oh per favore per favore TI prego .
All'orizzonte l'aurora avanzava implacabile , aliena alla vita .
Ti prego Ti prego Ti prego .
E la stella cadde .
Fece un percorso lungo , lungo un momento o un'eternità , come a voler osservare curiosa quel
ragazzino in ginocchio nella spiaggia deserta .
Il cuore di Danilo si contraeva con sempre maggiore velocità , come un motore che va fuori giri .
Come prima .
Come prima .
Nulla è successo .
Come prima .
I desideri non si avverano .
Tutto come prima .
Oh per favore .
Oddio , ti prego .
Per favore .
La luce dell'astro si spense .
Fu come se si tuffasse nel mare dell'aurora rosa che colorava l'orizzonte .
Danilo chiuse gli occhi , ancora piangendo .
Il desiderio era stato espresso .