COMUNICATO STAMPA della ARCIDIOCESI DI

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COMUNICATO STAMPA della ARCIDIOCESI DI
ARCIDIOCESI DI TORINO - CURIA METROPOLITANA, www.diocesi.torino.it
Ufficio Comunicazioni Sociali
Via Val della Torre, 3 - 10149 TORINO TO
Tel. 011.5156315 - fax 011.19837873, [email protected]
COMUNICATO STAMPA
TORINO:
21 NOVEMBRE PER I CRISTIANI
PERSEGUITATI IN IRAQ
PER INFO E INTERVISTE: Ufficio Pastorale Migranti, tel. 011202319
PANORAMICA SUGLI ULTIMI AVVENIMENTI
Sull’onda degli attentati che nelle ultime settimane hanno colpito la comunità irachena cristiana, e su quella degli
appelli rivolti al mondo dalla gerarchia ecclesiastica del paese, ieri, 10 novembre 2010, il Cardinale Angelo
Bagnasco, ha invitato tutte le diocesi italiane a dedicare le preghiere di domenica 21 NOVEMBRE “ai cristiani
perseguitati in Iraq ed ai loro persecutori.”
L’uso del termine “persecuzione” in questa frase segna una svolta importante e dà la misura della disperazione
di questa comunità che è ormai, come nelle parole del Patriarca della chiesa cattolica caldea, Cardinale Emmauel
III Delly “braccata ovunque”.
La strage nella chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza che ha causato la morte di 44 dei fedeli
riuniti per la Santa Messa ed il ferimento di un centinaio di altri il 31 ottobre scorso, ma soprattutto la “caccia” al
cristiano che nei giorni scorsi ha colpito le singole case in diversi quartieri della capitale irachena anche con
l’utilizzo di colpi di mortaio, ha nuovamente generato il panico che inevitabilmente spingerà molte famiglie alla
fuga.
Inutili risultano quindi gli appelli dei vescovi e dei sacerdoti che ricordano ai fedeli come l’Iraq sia la loro patria,
una terra dove i loro antenati vivevano già prima della conquista islamica e dove si erano convertiti al
Cristianesimo grazie alla predicazione di San Tommaso Apostolo.
“Questa non è più la mia patria” è la risposta più comune che i fedeli danno a questi appelli mentre, come
afferma Mons. Jean B. Sleiman, Arcivescovo latino di Baghdad, le richieste di certificati di battesimo, primo
passo verso il tentato espatrio, aumentano di giorno in giorno.
Questa situazione che colpisce per l’efferatezza, i fedeli colpiti in chiesa durante l’Eucarestia o ricercati casa per
casa, non è purtroppo nuova. Ad ondate successive gli iracheni cristiani sono state vittime innocenti della
violenza. Il 2004 è stato segnato dagli attentati alle chiese che hanno causato morti, feriti, ingentissimi danni
materiali alle strutture, conseguente chiusura di una parte di esse e fuga delle famiglie che le consideravano
punto di aggregazione e, perché no, eventuale rifugio.
Il 2006 ed il 2007 sono invece stati caratterizzati dai rapimenti di laici e soprattutto di sacerdoti e vescovi che
hanno ancor di più minato la fiducia della comunità in una possibile sua permanenza nel paese. Tra essi
ricordiamo quello di Mons. Faraj P. Rahho, rapito ed ucciso da colpevoli mai davvero ricercati e trovati dal
governo. Per non parlare delle uccisioni a sangue freddo dei sacerdoti di tutte le confessioni tra le quali, per
particolare crudeltà, ricordiamo quella di Padre Ragheed Ghanni, un giovane sacerdote di Mosul, ucciso a
sangue freddo insieme a tre diaconi della sua chiesa dopo aver rifiutato la conversione all’Islam.
Il 2008 ed il 2009 saranno ricordati per le violenze che hanno colpito Mosul non risparmiando neanche i
conventi delle suore, e dalla fuga dalla città di migliaia di famiglie verso l’estero o verso la regione settentrionale
controllata dai curdi.
Non c’è pace per i cristiani iracheni perché, come ha detto un sacerdote qualche giorno fa: “E’ terribile vivere
sapendo che qualcuno sta cercando di ucciderti”.
Una situazione questa che era emersa, anche se in forme più “diplomaticamente corrette” dal recente Sinodo per
il Medio Oriente convocato da Papa Benedetto XVI dal 10 al 24 ottobre scorsi in cui, seppur prudentemente, si
era accennato alle sofferenze della comunità cristiana in tutto il Medio Oriente, ma in cui un’attenzione
maggiore era stata rivolta a quella di Terra Santa e dell’Iraq.
COSA FA LA DIOCESI DI TORINO
La proposta di Mons. Bagnasco è stata ben accolta: “Ci riempie di gioia. È un segno della vicinanza delle
diocesi italiane che a più riprese ci stanno esprimendo la loro solidarietà” ha dichiarato infatti Mons. Shleimun
Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad, e non può non essere particolarmente sentita a Torino la cui
Arcidiocesi ormai dal 2000 si è spesa, più delle altre ed in modo continuativo e quindi non legato al fattore
emergenza, per sostenere la comunità irachena cristiana.
L’ufficio Missionario Diocesano guidato da Don Bartolo Perlo e soprattutto l’Ufficio Pastorale Migranti guidato
da Dan Fredo Olivero hanno seguito infatti questa comunità attraverso progetti di sostegno mirati non solo a dare
un aiuto materiale ma anche, e forse soprattutto, a far sì che non si sentisse abbandonata e dimenticata.
Acquisti di beni primari per lo svolgimento delle attività parrocchiali, contributi per il Natale dei bambini di
alcune chiese a Baghdad, scambi di disegni ed auguri per le festività natalizie e pasquali tra essi e coetanei di
Torino e provincia, ospitalità a sacerdoti di Baghdad nella nostra città e nella cintura, sono stati alcuni dei
progetti curati dall’Arcidiocesi.
Ad essi si aggiunge quello ancora in corso di aiuto ad una casa di riposo gestita da laici e consacrati legati alla
chiesa siro cattolica e sita nel quartiere di Al Karrada, non lontana proprio dalla chiesa di Nostra Signora della
Salvezza, teatro il 31 ottobre di quella che è ormai comunemente conosciuta come “la domenica di sangue”.
Per l’impegno speso dall’Arcidiocesi di Torino in tutti questi anni e per quello futuro, ed a dimostrazione del suo
sincero interesse verso la comunità irachena di fede cristiana, la giornata del 21 novembre sarà una data
importante in cui invitare i fedeli a riflettere sulle sorti di chi, in un ambiente ostile, sta difendendo non solo la
propria ma anche la nostra fede e sulla possibilità di accorrere in suo aiuto.
Il fatto poi che essa coincida con quella dell’insediamento del nuovo Arcivescovo della città, Mons. Cesare
Nosiglia, non può non far leggere nella concomitanza non voluta un segno positivo di invito alla continuità del
sostegno che non si esaurirà con quello che sempre ha avuto nel Cardinale Severino Poletto un suo attento
patrocinatore.
Luigia Storti
Progetto Iraq
Ufficio Pastorale Migranti
Arcidiocesi di Torino
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