Eros - Gianluca Tenti

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Eros - Gianluca Tenti
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Sessualità e Sensualità
Il confine tra l’eros e la pornografia? Più che una
domanda è una sfida che si combatte da sempre. E
che Monsieur ha voluto raccogliere intraprendendo
un viaggio alla scoperta dei suoi epigoni, al riparo
da silicone, voyeurismo digitale e televisione trash
L’EROTISMO È UNA
COSA SERIA
[ DI
GIANLUCA TENTI
]
IN ALTO, IL CELEBRE CONIGLIETTO CON IL PAPILLON SIMBOLO DI «PLAYBOY», REALIZZATO DA ANDY WARHOL NEL 1985. A DESTRA, L’IDEATORE DELLA RIVISTA,
HUGH HEFNER CON L’ATTRICE CARRIE LEIGH FOTOGRAFATI DA HELMUT NEWTON NEL 1984 (L’IMMAGINE È TRATTA DA «JOCK AND NERDS», RIZZOLI NEW YORK).
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Monsieur uomo elegante uomo
Sessualità e Sensualità
Che non sia più sensuale il bikini del topless...
c
C’è un sottile filo di seta nera che definisce il
confine tra eros e pornografia. È un confine
labile, sensibile all’alito di una brezza, al sussurro, alla sensualità che fatica a marcare la
differenza dalla sessualità, alla femminilità che
sottende il valore di un omissis: perché tutti
considerano la donna oggetto del desiderio,
quando in realtà è soggetto del desiderio. E
della passione. Scrivo queste righe per protestare contro gli eccessi di certa società che
continua a svendere quanto già non è andato in saldo: il sesso. Narcotizzata da pratiche
precoci, spoglie di sapori, in un’overdose da
prestazioni a suon di pastiglie blu. Scrivo
per protestare contro l’unico metro di giudizio che domina certi rapporti di coppia: ambizione, mercimonio, spirale d’interessi che si
concretizzano tra lenzuola sgualcite nell’odore
del falò delle falsità. Non è nostalgia. Non è sfoggio del mito: Eros, figlio
di Afrodite e Ares, univa la terra Gaia (madre primordiale) con il cielo Urano (padre primordiale), e le sue frecce fecero innamorare Medea e Giasone, Didone ed Enea, finché pungendosi lui stesso finì con Psiche. No.
Il mio è un appello, una sfida al mondo dove tutto è surrogato, dove domina il voyeurismo di certa tv trash, dove non c’è più spazio per i sospiri
ma solo per finti gemiti, dove un clic del mouse connette a siti e video
etero-lesbo-gay-trans-asian-gangbang-pregnant-black-sadomaso-animal. Mi domando che ne è del corteggiamento, del grande gioco della seduzione, della conquista cerebrale che accompagna quella carnale. È un
appello, una sfida a riscoprire (nell’oggi del tutto si può) l’intensità di un
dialogo tra sguardi sconosciuti in una cena di gala, il respiro di una scia di
profumo che attraversa una strada, il desiderio di un dialogo sentimentale, la filosofia di una notte davanti a un camino acceso dove il tepore di un
palmo sfiora la pelle provocando quello che oggi ci è negato: il brivido di
un piacere capace di rigenerarsi all’infinito.
Guardo il calendario e riscopro tre compleanni che rimandano ad antichi giochi di seduzione: 60 anni fa gli americani facevano esplodere sull’atollo di Bikini due bombe al plutonio. L’eroina era l’atomica, così chiamavano Rita Hayworth. E per esaltare le forme della femmina Louis Réard
s’inventò quel taglio di stoffe che il couturier francese Jacques Heim
(sarto di madame De Gaulle) avrebbe reso famoso nel mondo. La prima
collezione si chiamò Atome. Fu presentata da Michelle Bernardini, ballerina del Casino de Paris, ai bordi della piscina Molitor nella Parigi che
fece scandalo. Sembrò una nuova revolution. Nessuno osò ricordare ai cugini d’Oltralpe che nei mosaici della nostra Sicilia del Romano impero le
ginnaste apparivano ricoperte da due indumenti analoghi. La storia della moda ricorda che Lucia Bosé fu Miss Italia con un due pezzi. Ma ci vollero quattro anni perché la stampa si decidesse a parlarne. Accadde nel
1950, su Elle. Poi arrivò Brigitte Bardot con il suo 1956 e l’anno successivo con il microbikini. Ma prima della divina B.B. un paparazzo al Festival di Venezia era rimasto sedotto da Diana Dors, sdraiata col suo bikini di visone su una gondola sul Canal Grande. L’Italia, bacchettona, sguin-
zagliò la polizia che, sotto il comando del puritano Mario Scelba, girava le spiagge centimetro alla mano per verificare le misure dei
costumi. Penso al bikini e mi domando se
non sia più sensuale del topless, nell’era del
bisturi, nel suo gioco col pareo del vedo-non
vedo, delle eleganti trasparenze. Sempre sessant’anni fa, sempre a Parigi, c’era chi s’inventava una seconda giovinezza per lo striptease. Tutto era nato nel 1894 al Moulin
Rouge dove madame Mona (per fortuna i
francesi, nella pronuncia, mettono l’accento
sull’ultima sillaba...) mostrò per un istante in
controluce il primo corpo nudo al pubblico
quando la seduzione erano le affiches di Toulouse Lautrec. Ma nel 1946 della libertà riconquistata, al Crazy Horse di Alain Bernardin, il menù della serata furono tacchi a
spillo e vestiti luccicanti. Quelli che resero celebre Patrizia Novarino, pardon Rosa Fumetto, che su quel palco faceva la gatta. Lì era importante la
ricerca sul come mostrare il corpo. E lo strip poteva essere ginnico, poetico o provocante. Altro sarebbe diventato al Rugantino di Roma, dove Aiché Nana stava procreando, senza saperlo, la Dolce vita. Penso allo striptease, una pratica che era delle schiave nere, vendute sulle piazze di Georgia,Texas e Lousiana. Salivano sui palchi, quelle carni d’asta, vestivano stracci e facevano vedere, poco alla volta, la mercanzia. Il battitore urlava.
Esaltava la bellezza del capezzolo, la pelle, le gambe forti e lunghe. Altro
era nella Parigi di Dodò d’Amburgo, la vedova allegra. Altro era nel West
di Rose Louise Hovick, al secolo Gypsy Rose Lee, la regina del nudo, che
capì nella Grande depressione che agli uomini il varietà non bastava più:
iniziò a togliersi in scena gli abiti, lentamente. Conquistò i dollari, la fama e Hollywood. Penso alla donna soggetto del desiderio. E la vedo invece oggetto nei go-go bar della lap-dance, a New York come in Asia.
Faccio un passo indietro nel tempo. Ottant’anni fa nasceva Hugh Hefner,
quello della Mansion, quello del vero impero dei sensi. Lui, figlio dell’America puritana, si è inventato Playboy. «L’ho fondata senza data, perché
non sapevo se mai sarei riuscito a farne un secondo numero», rivelerà attorniato dalle sue conigliette. In copertina mise una sconosciuta Marilyn
Monroe, in edicola furono 50mila copie. Ha inventato le playmate, le compagne del college, con lo slogan: «Non esistono solo madonne sugli altari e puttane sulle strade: anche le ragazze perbene amano il sesso». Nacquero club, cameriere-conigliette, casinò, hotel e ci fu anche un aereo
privato che solcava i cieli d’America col suo simbolo. Anni dopo, Atlantic City gli chiuse il casinò per scandali di droga e omicidio: Hefner non
era coinvolto direttamente, ma il suo Shangri-la diventò un inferno. E le
femministe lo presero di mira. Urlavano: «L’utero è mio e lo gestisco io»,
nelle piazze di Parigi, New York e Milano. Ricordo quel periodo, la protesta dilagava non in difesa della femminilità, ma del potere al femminile. Ricordo i roghi del reggiseno. Ricordo Kid il Creolo che saliva sui palchi incandescenti di Las Vegas con le sue coconuts al guinzaglio. Non solo nudo per la rivista di Hefner: in quelle pagine ci fu spazio per la storia.
BRIGITTE BARDOT (IN ALTO) È IN BIKINI NEL 1957 SUL SET DEL FILM «GLI AMANTI DEL CHIARO DI LUNA» DI ROGER VADIM NEI PANNI DI URSULA. NELLA PAGINA
A FIANCO, SOPHIA LOREN IN LINGERIE NEL 1963 IN «IERI, OGGI E DOMANI» DI VITTORIO DE SICA: INTERPRETA MARA, ANNA MOLTENI E ADELINA SBARATTI.
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Sessualità e Sensualità
Monsieur uomo elegante uomo
Non c’era soltanto nudi nelle pagine di Playboy
m
Martin Luther King e Malcolm X. La
contestazione contro la guerra del Vietnam. Scrisse Hefner nell’introduzione:
«Gli affari di Stato saranno fuori dai nostri
confini. Non ci aspettiamo di risolvere alcun problema mondiale o provare alcuna
grande verità morale. Se riusciamo a dare
all’uomo americano un po’ più di risate e un
piccolo diversivo rispetto alle ansie dell’Atomic age, sentiremo di aver giustificato la nostra esistenza». Quella rivista ha insegnato al mondo le misure della playmate del mese, l’iconografia del peccato, ma
anche come si prepara un perfetto Martini (1955). Come si arreda una casa. E come la si vive, se si pensa a una doppia pagina centrale sulla quale è stampata una
sposa, in vestaglia rosa, che strappa la guida tv. Certo, ci sono i nudi. C’è uno storico topless di Sophia Loren. Ma
ci sono soprattutto idee e opinioni. C’è Jack Kerouac che scrive sulle
origini della beat generation. C’è eleganza. C’è un Playboy jazz festival allo stadio di Chicago, con il sestetto di Miles Davis, la band di Count Basie, il quintetto di Dizzy Gillespie e, nell’agosto 1959, il grande Louis. Ci
sono le novelle di Ian Fleming. C’è il pensiero di Fidel Castro, c’è un memorabile testo di Martin Luther King in morte di Bob Kennedy.
Il sesso è ricercato. Non è solo nudo. Sono trasparenze, giarrettiere, autoreggenti, guêpière, baby doll e perizoma. Ecco, qual è il confine tra eros
e pornografia? Pornografia deriva dal greco: porne-prostituta e grapheinscrivere. Ed è certo che se Vladimir Nabokov, rifiutato dagli editori, non
avesse incontrato Maurice Girodias (stampava letteratura pornografica)
un racconto come Lolita sarebbe rimasto inespresso. Ma tra i due estremi, l’arcaico e la letteratura digitale preda di cronache da basso coito, eros
e pornografia continuano a combattere la loro partita. E allora questa è
la sfida. Parlare con l’altro. Raccontare e raccontarsi in un lento strip-tease dei sensi. In un cedimento che non sia frustrante cannibalismo di un
sesso senza senso. Ci sono i Grandi a ricordarcelo. Non le pornostar che
pure hanno avuto epigoni del calibro di Moana Pozzi. C’è il secondo cerchio dell’Inferno, in cui Dante colloca i lussuriosi nel «loco d’ogne luce muto», sorvegliato da Minosse, dove echeggiano «le strida, il compianto e il
lamento», dove la bestemmia scandisce il tempo e il Poeta soffre la storia
di Paolo e Francesca, il loro pianto, il loro lamento, il loro desiderio, «di
Lancialotto come amor lo strinse». Dante sublima l’anima. Assai più licenzioso risulta un insospettabile Leonardo, come ricorda Riccardo Reim
ne Il corpo della musa (Editori Riuniti): al suo volume attingo per riferire
di «facezie», come quella che il da Vinci compone insieme al Codice
atlantico. «Una lavava i panni e pel freddo aveva i piedi molto rossi», scrive Leonardo, «e, passandole appresso, uno prete domandò con ammirazione donde tale grossezza derivassi; al quale la femmina subito rispose che
tale effetto accadeva, perché ella aveva sotto il foco. Allora il prete mise mano a quello membro, che lo fece esser più prete che monaca, e a quella accostandosi, con dolce e sommessiva voce pregò quella che ’n cortesia li do-
vessi un poco accendere quella candela». Eros
e pornografia, qual è il confine? Nell’antologia
del Reim scorrono gli artisti d’Italia. C’è l’Aretino Pietro che Guillaume Apollinaire gratificò con l’epiteto di divino Giano bifronte, con
i suoi Sonetti, ma anche rimandi a Nicolaus
Chorier con la sua Aloisia Sigaea. C’è il mito,
«la leggenda più che la storia e il luogo comune più della fama», di Giacomo Casanova. C’è
Gabriele D’Annunzio, il Vate, che «visse sempre alla ricerca di nuove e squisite sensazioni in
nome di un compiaciuto erotismo», che conquisterà con Maria Hardouin di Gallese, Barbara Leoni, fino ai fuggevoli rapporti con la
Contessa Lara, la Duse, la marchesa Parlotti,
la contessa Mancini, Nathalie de Goloubeff,
«fino ai piaceri da Priapo decrepito nell’harem
di Gardone in cui, si dice, accanto alle eglee si
ammisero gli icoglani». E poi c’è Aldo Palazzeschi con i suoi Fiori, dove «la violacciocca/fa certi lavoretti con la bocca».
L’erotismo è cosa seria. È una scoperta immaginifica che fa scorrere le parole stampate sotto lo sguardo assetato di nettare nella Filosofia nel boudoir
di Donatien Alphonse François marchese De Sade, che sull’iniziazione della giovane Eugénie a opera di madame de Saint-Ange, dal 1795, inizia
quanti alla letteratura si rivolgono per scoprire il mistero. È contaminazione.
Ha un che della pittura di Freud e Klimt, di Schiele e Kokoschka, e pure
del Tintoretto. Erotismo è desiderio e immaginazione. È fattore cerebrale che penetra assai più delle carni. È assieme ricerca che trae ispirazione
da opere del XVI secolo come il Catalogo di tutte le principali et più onorate cortigiane di Venetia e un certo voyeurismo dettato da licenze modaiole
come la minigonna creata da Mary Quant nel Bazaar di Kings road, nella swinging london del 1963. È una sequenza di fotogrammi che spaziano dal Bell’Antonio di Bolognini (1960) al gioco tra amanti di Ieri, oggi e
domani (1963) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni. È certa morbosità di Agostino di Alberto Moravia e l’Ultimo tango a Parigi con la scena proibita tra Marlon Brando e Maria Schneider. È un mix tra la Bella
di giorno Catherine Deneuve e la prima Emanuelle Laura Gemser. È un
po’ Sharon Stone di Basic Instinct e un po’ Stefania Sandrelli de La Chiave di Tinto Brass, prima che il venexiano deviasse lungo la «bordel line».
È Malizia di Laura Antonelli e l’intelligenza di Ugo Tognazzi. È il pensiero alla sciagurata legge della socialista Lina Merlin che il 20 settembre
1958 chiuse le case chiuse e lasciò per le strade le prostitute. È questo e molto altro. Un gioco che si instaura tra uomo e donna che vogliono conoscersi.
Capirsi. Amarsi. Non sono i fumetti Manga, gli autoscatto, il Viagra e i video amatoriali. È il Delta di Venere di Anaïs Nin, la prima che coniò l’erotismo al femminile. È il suo racconto di come un collezionista di libri offrì a Henry Miller 100 dollari al mese per scrivere racconti erotici. È
esplosione di femminilità che, in un mondo di bellezza omologata dal bisturi, domina nel fascino incorruttibile di Anna Magnani. Perché la bellezza non si esprime a colpi di silicone, necessita di contenuti. È uno sguardo, un profilo e una caviglia. È una carezza. L’erotismo è una cosa seria.
IN UN ELEGANTE ABITO LUNGO DALLE SAPIENTI TRASPARENZE, ECCO EDMONDE GUY (IN ALTO), TRA LE BALLERINE PIÙ FAMOSE DEL MOULIN ROUGE, QUI IN
UN RITRATTO DEL 1923. NELLA PAGINA A FIANCO, UN’INVIDIABILE FOTO DI GRUPPO PER HUGH HEFNER E LE CONIGLIETTE DEI SUOI PLAYBOY CLUB, NEL 1963.
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