Dal Movimento Cittadino "Donne" all` Associazione "Bianca Lancia"

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Dal Movimento Cittadino "Donne" all` Associazione "Bianca Lancia"
Associazione “Bianca Lancia”
Dal Movimento Cittadino “Donne”
all’Associazione “Bianca Lancia”
a cura dell’Associazione “Bianca Lancia”
1. La storia del Movimento Cittadino “Donne” di Manfredonia
Nel settembre 1988, il paventato arrivo nel porto di Manfredonia della nave
“Deep Sea Carrier”, carica di rifiuti tossici e nocivi, fece scattare l’allarme nella
popolazione già provata da due incidenti gravi: uno nel 1976 e l’altro nel 1979,
dell’Enichem Agricoltura, situata a soli 500 metri dal paese.
Il primo era dovuto alla fuoriuscita di migliaia di tonnellate di arsenico che
ha contaminato il territorio, il secondo alla fuga di ammoniaca, che ha costretto la
popolazione a fuggire dalla città.
La minaccia dell’arrivo della ‘nave dei veleni’ fece emergere una realtà, sopita
nella coscienza della gente, ma molto radicata: l’Enichem non era stata accettata,
ma subita per il ricatto del lavoro. In 40.000, i manfredoniani (ne sono 50/55.000)
manifestarono allora la loro protesta in un corteo lungo quanto la città.
L’allarme della nave mise in moto un altro livello di coscienza e di responsabilità verso il nostro territorio. Per due anni interi nella piazza principale della città,
migliaia di uomini e donne organizzarono una serie di iniziative di lotta che richiamarono l’attenzione non solo di donne e uomini politici, parlamentari nazionali ed
europei, ma anche delle prime pagine dei maggiori quotidiani, settimanali e di trasmissioni televisive di rilievo quali ad es. “Samarcanda”.
In quel contesto generale di lotta nacque il Movimento Cittadino “Donne”.
Noi donne fummo le più attive e le più numerose nel movimento.
Mettemmo subito in evidenza la difficoltà di fare arrivare la verità sull’Enichem
al potere istituzionale e ai mezzi d’informazione. Perciò imbavagliate per simboleggiare questa censura politica, in cinquemila ci recammo a Roma e prendemmo
parola in Parlamento davanti alle deputate di tutti i partiti.
Grazie al sostegno dell’allora eurodeputata Adriana Ceci andammo anche a
Strasburgo a porre davanti al Parlamento Europeo le motivazioni della nostra lotta e
fummo ricevute dal Presidente e dai membri della Commissione Ambiente.
Forti di questa esperienza comune abbiamo intrapreso il ricorso legale (firmato da tremila donne) alla Commissione europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo per denunciare l’inquinamento del territorio, i rischi sulla salute dei cittadini e cittadine e la mancata informazione in materia di rischio ambientale.
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È merito di una delle donne del movimento, Anna Guerra, l’aver tenacemente curato il percorso legale fino alla storica sentenza, emessa, poi, il 19/02/’98 dalla
Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Questa ha riconosciuto la violazione dell’art.
8 della Convenzione europea, che recita: “Ogni persona ha diritto al rispetto della
sua vita privata e familiare e del suo domicilio”. Di conseguenza né lo Stato, né
qualsiasi fabbrica può danneggiare l’ambiente in cui una persona vive.
Pertanto la Corte ha riconosciuto alle prime 40 firmatarie del ricorso il diritto ad un risarcimento in danaro dallo Stato italiano.
Il pronunciamento dell’Alta Corte di Strasburgo rappresenta un precedente
unico in Europa nel diritto internazionale in materia ambientale. La sentenza significa un di più: apre una strada nuova. Il diritto internazionale ha riconosciuto la
logica della difesa della vita e del territorio, di cui le donne sono portatrici.2
2. Il senso del Movimento Cittadino “Donne”
Molte volte abbiamo provato a chiederci il senso di una così grande e significativa partecipazione delle donne a questo pezzo di storia della città.
Il Movimento Cittadino “Donne” è stato infatti un evento politico veramente importante, imprevisto, sia pure allo stato nascente, qualcosa di straordinario che
andava al di là di noi.
In quelle giornate abbiamo visto operare l’autorità femminile anche da parte
di donne che, anche se poco istruite, dimostravano con libertà e spiritualità un grande
senso di sé.
In particolare le più anziane esprimevano l’antica saggezza femminile: erano le
Vestali della Terra, figure simboliche della madre, custodi del senso delle radici femminili.
Avvertivamo forte il desiderio di elaborare insieme, di prendere parola sul
destino della città, denunciando gli errori del passato per decidere sul presente e
prefigurare l’idea di un futuro diverso.
Con il Movimento, alcune donne hanno vissuto un nuovo senso di appartenenza al territorio, alla società, al proprio genere.
Molte di noi, infatti, venivamo da situazioni deludenti in campo politico e anche nella partecipazione ai movimenti femministi avevamo incontrato modalità dello
stare insieme troppo codificate, che non lasciavano spazio alla libertà di essere.
Nella piazza di Manfredonia, parlando di fabbrica e di ambiente, siamo riusci-
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È datata 17 dicembre 2002 la risoluzione del Consiglio d’Europa (Resolution Res DH – 2002 – 146) relativa
alla nostra sentenza che chiede conto al governo italiano dell’effettiva applicazione della stessa.
A tale risoluzione, il governo risponde che:
- ha diramato la sentenza a tutte le autorità interessate attraverso le riviste giuridiche «La rivista internazionale dei diritti dell’uomo», n. 2, maggio – agosto 1998;
- ha inserito nel sito web (www.dirittiuomo.it) la sentenza in italiano.
Ironia della sorte poi ribadisce che non c’è più pericolo per la popolazione di Manfredonia, perché l’attività dell’Enichem è cessata dal 1994 e che non c’è alcun deposito ad alto rischio.
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te a guardarci dentro e a valorizzare l’emozione di poter esprimere e manifestare con
libertà pensieri e sentimenti profondi, sentiti e custoditi da sempre nell’animo. Le
donne non riescono a fare, infatti, politica solo con la testa, ma anche con il corpo.
Tutte in realtà ci sentivamo a casa in quella grande piazza, ognuna aveva il
suo ruolo e contribuiva a far sbocciare e nutrire la parola femminile.
Lì, per la prima volta, abbiamo trovato mediazioni politiche femminili sul
destino della città.
Mentre, infatti, da ogni parte si affermava la necessità di conciliazione fra
ambiente e lavoro, le donne hanno messo in luce una visione più radicale. Affermare che, custodire le ragioni della vita è prioritario anche rispetto alla tutela dell’ambiente, è radicale nel senso che è intessuta di radice di vita.
Nella nostra elaborazione si prefigurava al di là dello sviluppo compatibile e
sostenibile, uno sviluppo vivibile, in cui la scelta di preservare la vita è un a priori.
Nel Movimento inoltre la parola femminile aveva il carattere della ‘gratuità’;
non ci hanno mai potuto imbavagliare, non abbiamo chiesto nessun beneficio in
cambio. La nostra è stata anche una parola difficile, in quanto ha segnato profondamente in termini di conflitti, e talvolta di lacerazioni, i rapporti familiari e sociali.
3. Il presente dell’associazione
Una parte delle 40 donne a distanza di 10 anni (maggio 1998) hanno deciso di
investire la quota del risarcimento nella fondazione dell’Associazione culturale “Bianca
Lancia” per mettere in campo bisogni, desideri, progetti a partire dall’essere donne e
per lasciare alle ragazze più giovani tradizione femminile come eredità per il futuro.
Le finalità alte di questa Associazione sono, come recita lo Statuto, la “difesa
della salute e dell’ambiente” e l’impegno per rendere “l’esistenza di uomini e donne
più ricca di senso”.
Perciò l’impegno politico delle donne dell’Associazione Culturale “Bianca
Lancia”, dalla sua nascita ad oggi, si è concentrato soprattutto sulla tutela dell’ambiente nuovamente minacciato dalle scelte del Contratto d’Area, deciso per Manfredonia nel 1998.
Proprio sulle problematiche legate al Contratto d’Area le donne di “Bianca
Lancia”, in questi ultimi quattro anni, hanno prodotto documenti, manifesti, dossier
e organizzato affollate assemblee, petizioni popolari, diversi convegni con la presenza di personalità della politica e della magistratura di spessore nazionale, tra cui
Il Respiro della terra e La salute è a rischio!
Importante per la città è stato anche il convegno dello scorso anno dal titolo
“Tra il grido e il silenzio scegliamo la parola”, dove insieme a donne autorevoli del
mondo della cultura nazionale abbiamo manifestato per la pace.
L’Associazione ha sostenuto poi, l’iniziativa del ricorso al TAR Puglia contro la nostra Regione, perché ha concesso alla Vetreria Sangalli l’autorizzazione ad
istallarsi, senza la Valutazione di Impatto Ambientale (V. I. A.), nonostante sia con129
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siderata industria insalubre di prima classe dalle leggi nazionali.
Infine, assumendoci in pieno la responsabilità della Sentenza di Strasburgo,
ci è sembrato naturale la Costituzione di parte civile al Processo contro l’Enichem,
perché sia ristabilita la verità su questa fabbrica di morte.
Al di là delle diverse iniziative, però, il senso del nostro stare insieme nell’Associazione è che “Bianca Lancia” rappresenta per noi un luogo politico, una finestra per dire parola femminile sul mondo.
Ci unisce l’amore per la città e la responsabilità che sentiamo verso di essa e la
possibilità e la necessità di comunicare con altre donne.
Il nostro percorso è però anche contrassegnato da fatica, da scacchi.
La fatica di affermare la verità radicale di cui siamo portatrici, una verità slegata dalla logica affaristica del denaro e da quella partitica del consenso e del potere.
La difficoltà di superare le differenze. Non sempre, infatti, abbiamo avuto
l’energia e la grandezza per andare oltre le differenze di cui ognuna è portatrice.
Non ci ha mai diviso però la sete di potere che spesso contamina i rapporti
all’interno dei partiti e delle associazioni e non ci ha divise l’amore per la verità. Il
conflitto nasceva, quando l’altra/le altre non era/non erano pronta/e a vedere e a
recepire la nostra verità
Perciò siamo state male, ma non ci siamo mai fatte del male. Nessuna di noi,
anche le donne che sono andate via dall’associazione, può dire di aver subito la
volontà prevaricatrice dell’altra, né può dire di essere mai stata strumentalizzata
come era accaduto spesso nei luoghi politici misti.
Siamo consapevoli che questo cammino, sia pure segnato da inciampi soggettivi e collettivi, rappresenta per ognuna di noi un ingrandimento e per la città
l’opportunità di un maggiore respiro democratico se gli uomini politici vorranno
mettersi in ascolto.
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