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Nessuna unità
con il governo di guerra!
Ritiro delle truppe, libertà per tutti gli ostaggi
e per il popolo iracheno
Il rapimento delle due volontarie italiane a
Baghdad, Simona Torretta e Simona Pari, ha scatenato
un’ondata di indignazione e sgomento in tutta Italia.
Concentra l’attenzione di tutti su ciò che sta accadendo
in Iraq. Prima dell’invasione e dell’occupazione
guidate dagli Stati Uniti d’America nel paese
mediorientale praticamente non esisteva il terrorismo e
le forze del fondamentalismo islamico erano
insignificanti. Oggi Baghdad e dintorni sembrano ad
occhi superficiali luoghi dove non ci siamo più né
legge né ordine, e gli sviluppi delle ultime settimane,
con l’uccisione di Enzo Baldoni e di numerosi altri
ostaggi, semplicemente incomprensibili.
Come di fronte a tutto ciò che non si comprende, la
soluzione al “caos” iracheno sembra la più semplice,
quella di unirsi tutti, noi italiani, contro il terrorismo.
Governo e opposizione, padroni e lavoratori, esercito
di occupazione e chi ha lottato contro la guerra.
Un esercito di occupazione
Ma aprendosi un varco nella spessa cortina
fumogena creata dai tv e giornali, la realtà della
situazione comincia a venire a galla. L’Esercito italiano
sta contribuendo a un’occupazione militare tra le più
crudeli degli ultimi anni. Difficilmente sapremo mai il
numero totale delle vittime irachene (solo a Baghdad
oltre diecimila), ma sappiamo che oltre il novanta per
cento della popolazione chiede che gli americani se ne
vadano dall’Iraq.
Il presidente degli Stati Uniti d’America, George
Bush, aveva dichiarato conclusa la guerra il primo
maggio dello scorso anno. Oggi il suo esercito non
controlla buona parte dell’Iraq, come ha ammesso il
segretario alla difesa Rumsfeld, mentre i soldati
americani morti sono arrivati a oltre mille ed i feriti a
settemila. Il più potente esercito del mondo è inefficace
davanti alla resistenza di massa di tutto un popolo.
La democrazia e l’autogoverno promessi dagli Usa
hanno le sembianze di Iyad Allawi, terrorista al soldo
della Cia ai tempi di Saddam, imposto dallo stessa
amministrazione Bush.
La libertà ha l’aspetto delle carceri di Abu Ghraib,
dove migliaia di prigionieri iracheni vengono torturati
barbaramente. I “nostri ragazzi”, bersaglieri e
carabinieri, seguono l’esempio americano. Recenti
confessioni rilasciate al “Manifesto” rivelano che la
routine giornaliera a Nassiriya consiste nel bruciare le
case dei residenti, dopo aver rubato all’interno tutto
quello che è possibile.
Il governo Berlusconi è il più fedele alleato di Bush
in questa guerra, secondo solo a quello inglese, e
quello italiano è il terzo esercito di occupazione in
termini numerici.
Unità nazionale per fare cosa?
Fin dall’inizio della missione italiana il governo di
centro-destra ha lanciato richiami all’unita nazionale
contro il terrorismo. Già in passato i settori moderati
dell’Ulivo avevano risposto a questo appello, ma
questa volta il consenso sembra unanime o quasi.
Luciano Violante dei Ds sul Corriere della Sera spiega
che chiedere il ritiro delle truppe equivarrebbe ad
“affiancarsi ai terroristi”. E aggiunge: “noi non
abbiamo mai chiesto il ritiro delle truppe”. Eppure
questo ci sembrava, pur fra molte ambiguità, il
contenuto della mozione dell’opposizione proposta in
Parlamento pochi mesi fa. Che sia quest’amnesia
improvvisa il prezzo che il leader dei Ds si sente di
dover pagare per sedersi al tavolo col governo?
Ancora più incomprensibile l’intervista del
compagno Bertinotti a la Repubblica, ribadita in
numerose interviste televisive. Per il segretario del Prc
“Ora salviamo le due ragazze del ritiro parleremo
dopo.” “Adesso stiamo parlando di come salvare delle
vite umane. In questi casi c’è un’urgenza temporale e
di valori che impone una gerarchia, una scelta. (…)
C’è l’altra dimensione, quella strategica, sulla quale
rimane un dissenso profondo con il governo. Ma è una
questione che va tenuta separata.”
Bertinotti parla di “salvare delle vite umane”,
eppure due giorni fa a Sadr City gli Usa hanno
ammazzato quaranta persone in un solo giorno, ieri a
Falluja settanta persone sono morte sotto i
bombardamenti. Queste non sono vite umane? Oppure
valgono di meno, perché come ci informa Bertinotti,
quella irachena fa parte “delle resistenze con la “r”
minuscola”, più o meno movimenti di Serie B.
Quindi, ci chiediamo, collaborazione col governo
per fare cosa: per mandare Frattini in Iraq? Fra gli
interlocutori del nostro Ministro degli Esteri c’è il
primo ministro iracheno Allawi, in questi giorni in
Italia, che pochi giorni fa ha dichiarato “quelli che non
combattono con noi, si ritroveranno con i terroristi”.
La lotta per la liberazione degli ostaggi non è
separata, passa per il ritiro di tutte le truppe dall’Iraq.
Emblematico è il caso dei due ostaggi francesi, che
sembravano sul punto di essere liberati, qundo
l’esercito americano ha lanciato un’offensiva in grande
stile su Falluja, la zona dove i due giornalisti sono
tenuti prigionieri. E poi ci chiediamo. Quale
movimento che vuol cacciare via le truppe dall’Iraq
sequestra dei pacifisti? Se tra gli obiettivi di questi
gruppi armati ci fosse quello di dividere il movimento
contro la guerra, qualche risultato lo stanno
raggiungendo. Non ci sorprenderebbe scoprire fra un
po’ di tempo che alcuni di questi gruppi terroristi
avevano relazioni con servizi segreti di paesi “amici
della democrazia”. Non sarebbe la prima volta, molti
gruppi fondamentalisti, come Al Qaeda, sono stati
finanziati e appoggiati per anni dagli Stati Uniti o
Israele.
Invece, qual è il risultato concreto del dialogo con
Berlusconi? L’opposizione cede sul ritiro delle truppe,
il governo insiste nel mantenere la missione!
Tutti terroristi?
Una nuova e pericolosa versione della politica dei
due tempi si fa strada in molti ambienti della sinistra.
Non sono pochi quelli che asseriscono, come Barenghi
del Manifesto, che “di fronte a un governo di tagliatori
di teste, preferiscono l’occupazione americana”, di
fronte al caos, l’ordine imperialista! Noi invece
pensiamo che la sconfitta dell’esercito americano in
Iraq darebbe il via a un’ondata di mobilitazioni
rivoluzionarie in tutto il Medio Oriente e non solo. La
sconfitta degli Usa in Vietnam o della Francia in
Algeria insegnano. Non è forse l’aura di invincibilità di
cui si ammanta l’imperialismo americano che esercita
un potente freno alle mobilitazioni delle masse
oppresse.
Si vuole dare l’idea che i gruppi armati in Iraq siano
tutti spietati assassini e rapitori di innocenti. Niente è
più lontano dal vero. Nel solo mese di agosto il
Corriere della Sera riportava oltre 2500 attacchi alle
truppe di occupazione in tutto il paese. Questa è
l’attività fondamentale della resistenza irachena, una
resistenza di massa che è doveroso appoggiare senza
riserve. I gruppi che seminano terrore fra la
popolazione e rapiscono occidentali sono una minima
parte.
Se oggi gruppi reazionari come Al Qaeda possono
pretendere di essere i più irriducibili oppositori
dell’imperialismo, questo avviene anche a causa delle
posizioni di compromesso, come quelle del Partito
Comunista Iracheno che è tuttora parte del governo o
di tanti dirigenti della sinistra in Europa. Capitolazioni
come quella di Bertinotti di fronte al governo non
fanno che allargare questo spazio
La stragrande maggioranza del popolo iracheno non
sogna affatto le teste o le mani mozzate ma la liberta
del proprio paese. Queste sono le rivendicazioni per le
quali Al Sadr è così popolare: non incita all’odio
religioso, ma all’unità di tutta la nazione. Questa
aspirazione all’indipendenza rende invincibile la
resistenza ed è un diritto fondamentale a cui deve
andare la solidarietà del movimento operaio italiano. Il
miglior modo per “salvare le vite umane” è proprio la
liberazione di tutti gli oppressi dallo sfruttamento
dell’imperialismo, che affama, tortura e uccide.
Non è a caso che il movimento contro la guerra
dimostra così tanta confusione. La mancanza di lucidità
è proprio fra i suoi dirigenti. Quando si mettono sullo
stesso piano ogni tipo di violenza, la repressione degli
oppressori e l’autodifesa degli oppressi abbracciando le
teorie astratte della nonviolenza, come la direzione del
Prc ha fatto in questo ultimo periodo, il passo
successivo è porre sullo stesso piano resistenza e
terrorismo, bombardamenti e difesa delle proprie case.
Quello che serve non è confondere le varie posizioni in
una generica “difesa dell’umanità”. È necessario invece
approfondire le differenze, e sono differenze profonde,
di classe. Ci sono oppressi e oppressori, c’e chi ci ha
portato alla guerra e ci guadagna e chi al conflitto si è
opposto e ha tutto da perdere. Il governo italiano ci fa
pagare la missione in Iraq con una finanziaria da
lacrime e sangue da 24 miliardi di Euro e poi ci chiede
di stringerci tutti intorno al tricolore. Questa unità a
senso unico non ci interessa.
In Spagna hanno ottenuto il ritiro delle loro truppe
con la mobilitazione di massa e cacciando il governo di
destra. Questa è la strada da seguire anche in Italia. La
mobilitazione del movimento operaio è decisiva per far
cadere Berlusconi. Ma non ci interessa sostituire il
governo delle destre con una coalizione di centrosinistra che inaugurò le “guerre umanitarie” con
l’intervento in Kosovo. C’è bisogno di un programma
che dica no ad ogni collaborazione di classe con i
padroni e i loro partiti in Italia e con l’imperialismo a
livello mondiale. Tale lotta, contro l’imperialismo in
Medio Oriente e il padronato in Italia, è legata alla
lotta per la trasformazione socialista della società. Per
questi obiettivi ti chiediamo di lottare insieme a noi nel
tuo luogo di lavoro o di studio, nei quartieri, nelle
organizzazioni di massa.
10 settembre 2004
a cura della redazione di
www.marxismo.net
redazione nazionale: 02-64 80 488
mail: [email protected]