Da sempre l`uomo ha costruito muri per difendersi e per proteggersi
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Da sempre l`uomo ha costruito muri per difendersi e per proteggersi
Chiara Balestrieri - Classe 3 Scientifico B Da sempre l’uomo ha costruito muri per difendersi e per proteggersi: dal Vallo di Adriano fino al più recente muro di Berlino, dalla Grande muraglia cinese passando per le moderne frontiere che dividono la Bulgaria dalla Turchia. Sono muri spessi di mattoni, barriere alte di filo spinato o profondi fossati controllati dai militari; sono muri ideologici che rinchiudono l’uomo nell’indifferenza; sono muri che rendono muto l’urlo di migliaia di persone perché non disturbi la vita tranquilla dei potenti. Dietro a questi muri gli occhi disarmati dei profughi incontrano la durezza di uomini armati: coloro che cercano sicurezza tra le mura di una casa si scontrano con muri che negano loro un futuro migliore. Ventisette anni dopo la caduta del muro di Berlino l’Europa non è ancora stanca di innalzare muri, l’uomo non ha ancora smesso di aver paura dell’uomo. Ebbene sì, perchè è proprio la paura per il diverso e lo straniero il terreno fertile per la nascita di nuovi muri. Ma chi è realmente diverso e straniero? Solo quando riusciremo ad andare oltre alla scorza della pelle, giù nel profondo del cuore, capiremo che coloro contro i quali ci battiamo non sono altro che uomini. Uomini che parlano lingue diverse dalla nostra, è vero, ma che comprendono tutti la lingua universale dell’amore; uomini con un cuore spesso dilaniato dalla guerra e dalla sofferenza, ma che non smette di palpitare di speranza. Finchè negli occhi dell’altro non riconosceremo una scheggia del volto dell’Infinito, non ci saranno ponti, ma solo muri. Gli emigrant rimarranno solo dei “nuovi barbari” da cui difendersi, anzi che degli uomini da difendere. C’è chi lascia la propria terra alla ricerca di un luogo in cui piantare i propri sogni perchè è difficile farli germogliare se sono le bombe a “dissodare” il terreno. C’è chi è stanco di masticare una vita troppo dura impostagli dai regimi totalitari del proprio Paese. C’è chi, semplicemente, non ha altra ricchezza all’infuori di ciò che indossa e, con un pugno di speranza in tasca, prova a supererare le frontiere e a raggiungere quell’Europa tanto desiderata. Molto spesso sono i governanti delle nazioni a costuire questi muri, mentre la gente comune chiederebbe pace e dialogo. Mi viene in mente il muro che separa la Palestina dallo stato di Israele: un muro alto e grigio che separa questi due territori confinanti. I bambini palestinesi giocano a calcio senza nessun problema con i loro amici israeliani, ridono con loro e si rincorrono, ma alla sera ognuno torna nella propria casa, immergendo gli occhi in un tramonto mutilato dal muro. I muri soffocano il fuoco della carità e ci rinchiudono nell’indifferenza perchè, quando lo sguardo di chi soffre è al di là di un muro, non interpella più il nostro cuore, abbiamo anestetizzato la coscienza. Pensiamo di isolare l’altro al di là del muro ma, in realtà, non ci accorgiamo che costruiamo solo le pareti delle nostre prigioni. Mettiamo continuamente barriere tra noi e la sofferenza, anche nel nostro piccolo, quasi come se il dolore fosse contagioso. Abbiamo sempre più paura di impastare le nostre mani di umanità e preferiamo sederci sulla comodità del quieto vivere. Per questo, per abbattere i muri non ci vuole pietà, ci vuole coraggio. Ci vuole quell’instancabile forza di chi vede nell’altro un fratello prima che uno straniero. Ci vuole la forza di chi riconosce la dignità di una persona prima della miseria che la ricopre. Ci vuole la forza di chi incontra la bellezza nell’anima dell’altro prima che la sua disperazione e sa medicarne le ferite con il balsamo dell’amore.