Ascensore a distanza ravvicinata
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Ascensore a distanza ravvicinata
Lunedì 27 Agosto 2012 IM MO BIL I & C OND OM I NI O 19 La Cassazione: l’opera abbatte le barriere architettoniche ed è funzionale all’abitabilità Ascensore a distanza ravvicinata Sì all’impianto in deroga alla vicinanza minima dall’immobile DI Pagina a cura GIANFRANCO DI RAGO 907 c.c.. Infatti, secondo il giudice di secondo grado, poiché l’art. 2 della legge n. 13/89 sull’abbattimento delle c.d. barriere architettoniche impone in ogni caso il rispetto della destinazione delle parti comuni (art. 1120, comma 2, c.c.), a maggior ragione deve ritenersi che tale norma non consenta di recare pregiudizio alle proprietà esclusive. Inoltre, sempre secondo la corte di merito, sarebbe stata la stessa legge or ora richiamata, laddove all’art. 3 si deroga espressamente al rispetto delle distanze previste dai regolamenti locali, senza fare alcuna menzione delle distanze minime previste dal codice civile, a rendere applicabili anche in materia condominiale le disposizioni in materia di vedute. L’ installazione dell’ascensore in un edificio condominiale, in quanto opera finalizzata all’abbattimento delle cosiddette barriere architettoniche e necessaria per la piena ed effettiva abitabilità di un appartamento, può avvenire anche senza il rispetto delle distanze legali tra immobili. Lo ha stabilito la seconda sezione civile della Corte di cassazione nella recente sentenza n. 14096 del 3 agosto 2012. Il caso concreto. Nella specie l’assemblea di un condominio aveva deliberato l’avvio di opere volte all’installazione di un impianto di ascensore esterno all’edificio e che avrebbe occupato una parte del cortile, venendo a trovarsi a distanza inferiore ai tre metri previsti dalla legge (art. 907 c.c.) rispetto alle finestre di alcuni appartamenti. Alcuni dei rispettivi proprietari avevano quindi impugnato giudizialmente la delibera condominiale sia per la predetta lesione del diritto di veduta sia per il pregiudizio che tale opera avrebbe comportato per il decoro architettonico dell’edificio. Il tribunale, tuttavia, aveva respinto il ricorso, qualificando l’ascensore quale impianto necessario all’effettiva abitabilità di un immobile, al pari di quelli di acqua, luce e gas, come tale non sottostante al regime civilistico delle distanze legali. Di avviso contrario era però stata la corte d’appello presso la quale i condomini avevano deciso di impugnare la decisione di primo grado, che aveva invece ritenuto pienamente applicabile nella specie il disposto di cui all’art. La decisione della Suprema corte. La decisione della corte di appello è quindi stata portata all’esame della Cassazione dal condominio, che reclamava la piena legittimità della deliberazione assembleare. E la Suprema corte, a sua volta, ha completamente ribaltato le argomentazioni giuridiche seguite dai giudici di merito, annullando la sentenza impugnata e stabilendo una serie di interessanti principi in materia di installazione degli ascensori e abbattimento delle c.d. barriere architettoniche. In estrema sintesi, i giudici di legittimità hanno infatti ritenuto che la normativa sulle distanze legali, per quanto applicabile anche in ambito condominiale (seppure in via subordinata alla disciplina delle cose comuni di cui all’art. 1102 c.c.), non opera nei confronti di quegli impianti, tra i quali è sicuramente compreso anche l’ascensore, che siano necessari all’effettiva abitabilità di un immobile. Inoltre, sempre secondo la Cassazione, l’applicabilità della normativa in materia di vedute anche in ambito condominiale non può ritenersi implicitamente confermata dal predetto art. 3 della legge n. 13/89 che, contrariamente a quanto ritenuto nella specie dai giudici di appello, riguarda soltanto i rapporti tra immobili confinanti appartenenti a diversi proprietari e non anche le ipotesi di condominio degli edifici. © Riproduzione riservata LE LINEE GUIDA GENERALI Maggioranza agevolata se in condominio c’è un disabile L’installazione di un ascensore in condominio, nei casi in cui l’edificio non ne fosse originariamente provvisto, costituisce un’innovazione di difficile realizzazione. La necessità di individuare spazi adeguati e il costo delle opere dell’impianto rendono infatti spesso arduo raggiungere il consenso della maggioranza dei condomini sulla scelta di procedere all’avvio dei lavori. Tuttavia, qualora nell’edificio risieda un soggetto diversamente abile e questi sia interessato a fare installare un ascensore nello stabile che ne sia privo, la legge consente di ottenere il via libera dell’assemblea con maggioranze alquanto ridotte, rendendo possibile superare, pur con importanti limitazioni, l’eventuale diniego frapposto dalla compagine condominiale. Le maggioranze agevolate previste per il superamento delle c.d. barriere architettoniche. Il condomino diversamente abile può infatti chiedere all’amministratore di sottoporre all’assemblea la delibera relativa all’installazione di un ascensore o di altro impianto utile alle sue esigenze. In questa ipotesi la proposta di installazione costituisce un intervento volto all’eliminazione delle barriere architettoniche, in base al disposto dell’art. 2 della legge n. 13 del 1989, che è possibile approvare con le maggioranze previste dal secondo e terzo comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti e almeno metà del valore dell’edificio in prima convocazione e un terzo dei condomini che rappresenti almeno un terzo del valore dell’edificio in seconda convocazione), anziché con quelle prescritte per le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. (un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio). La giurisprudenza ha però evidenziato che per avvalersi delle maggioranze inferiori di cui alla legge n. 13/89 è necessario che sia dimostrata la condizione di inabilità del condomino. Infatti, qualora l’installazione dell’ascensore costituisca invece una semplice innovazione volta a migliorare il godimento della cosa comune o, più semplicemente, l’utilizzo di alcuni appartamenti, la relativa delibera dovrà essere votata nel rispetto delle maggioranze prescritte dall’art. 1120 c.c.. Le limitazioni all’installazione dell’impianto di ascensore. Sia che la delibera sia diretta all’eliminazione delle barriere architettoniche sia nel caso in cui l’installazione costituisca una miglioria per il godimento delle parti comuni è comunque fatto salvo il disposto di cui agli artt. 1120, secondo comma, e 1121, terzo comma, c.c.. Pertanto non potranno in ogni caso essere approvate innovazioni che arrechino pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza dell’edificio o che alterino il decoro architettonico dello stabile. Al fine di non alterare la sicurezza e la stabilità dell’edificio occorrerà rispettare dei precisi requisiti tecnici, mentre occorre sottolineare che per il decoro architettonico la giurisprudenza ha specificato che la modifica diventa rilevante soltanto se e in quanto comporti un pregiudizio economicamente valutabile per l’edificio. Le innovazioni inoltre non devono rendere inservibili altre parti comuni all’uso cui sono destinate o ledere il godimento della proprietà del singolo condomino. La gestione dell’impianto. Con l’approvazione della delibera, l’assemblea può decidere che l’impianto sia di proprietà comune, e in tal caso le spese verranno ripartite tra tutti i condomini, ovvero che lo stesso resti di proprietà dei soli condomini che lo hanno accettato e se ne sono accollate le spese. Resta comunque in capo ai condomini contrari la possibilità di subentrare in un secondo momento nell’utilizzo e godimento del bene alle condizioni di cui all’art. 1121 c.c. (partecipazione alle spese per esecuzione e manutenzione dell’opera). La manutenzione dell’impianto costituisce un onere che deve essere sopportato da tutti i comproprietari secondo il criterio sancito dall’art. 1124 c.c., relativo alle scale, ma applicabile anche agli ascensori. Qualora invece il condominio non approvi l’innovazione prospettata o non si pronunci entro tre mesi dalla richiesta di modifica, l’art. 2, comma 2, della legge n. 13/89 consente che la persona con disabilità, ovvero chi ne esercita la tutela o la potestà, possa procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in opera di particolari innovazioni sulle parti comuni o di uso comune dell’edificio, quali l’installazione di servoscala o di altre strutture mobili e di facile rimozione, oppure alla modifica dell’ampiezza delle porte di accesso. Tali facoltà possono essere fatte valere non solo dal proprietario della singola unità immobiliare, ma anche dall’inquilino che abiti nell’edificio condominiale. Nel caso in cui l’ascensore, ancorché già esistente, sia bloccato ormai da tempo e l’eventuale rimessa in funzione dell’impianto comporti una spesa di notevole entità, sarà l’assemblea a dover autorizzare gli interventi di riparazione con le maggioranze di cui al quarto comma dell’art. 1136 c.c. (maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresentino almeno la metà del valore dell’edificio). Anche in questo caso in presenza di condomini disabili si applicheranno le norme stabilite per l’installazione con il conseguente ridotto quorum deliberativo, come se si procedesse a una nova installazione. Se invece gli interventi da eseguire non sono di notevole entità, si dovranno rispettare le maggioranze ordinarie, ovvero quelle necessarie per la regolare costituzione dell’assemblea. © Riproduzione riservata