Zamparo - Istituto Bertoni

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Zamparo - Istituto Bertoni
ALFONSO ZAMPARO
Il dott. Alfonso Zamparo è nato a BRANDZEN ( Comune di Buenos Aires ) in Argentina il 7
gennaio 1907 dove (dal 6-12-1904 ) erano emigrati i sui genitori Pietro ed Erasma Ioan per lavorare
come braccianti agricoli in una fazenda . Nel 1909 torna in Italia a Fauglis (Gonars-UD) paese
natale dei genitori. Frequenta le scuole fino alla IV inferiore dell’Istituto Tecnico “Zanon “ di
Udine. Intanto la famiglia si era trasferita prima a S.Giorgio di Nogaro dove il 27 febbraio del 1920
muoiono tragicamente i suoi tre fratellini ( Rodolfo, Giovanni , Maria ) ancora fanciulli a causa di
un residuato bellico , e poi , nel 1924 , a Osoppo dato che il padre aveva trovato lavoro come
casellante delle Ferrovie dello Stato.
Da Osoppo ,dopo la visita di leva, nel 1927 parte per Roma dove sarà per tre anni Corazziere del
Re e poi , per 10 anni (dal 1930 al 1940 ), Gendarme Pontificio e cittadino del Vaticano.
A Roma studia e lavora conseguendo prima il Diploma di Geometra e ,il 22 novembre 1937 , la
Laurea in Economia e Commercio con 100/110 . Il 30 aprile 1940 lascia la Città del Vaticano e
ritorna cittadino italiano. Il 10 giugno 1940 , allo scoppio della II ^ guerra mondiale , è richiamato
alle armi e destinato a Trieste dove conosce la moglie Lidia Bisiani che sposerà il 20 agosto 1942.
Da Trieste è inviato con l’esercito italiano in Iugoslavia (Mostar nell’Erzegovina ).
Dopo l’ 8 settembre 1943, con lo scioglimento dell’esercito ,è tra i primi partigiani del Corpo
Volontari della Libertà – I Divisione “Osoppo-Friuli” – Battaglione “Italia”. Dal 1 ottobre 1944 è
comandante della III compagnia del battaglione “ Basso Cormor “. Il suo nome è Liviano. Anche il
fratello Rodolfo partecipa alla lotta partigiana con la brigata “ Garibaldi “ . Il suo nome è Davide e
opera prima nel basso Friuli e poi in Carnia.
Il 19 dicembre 1944 , arrestato a Fauglis dai fascisti delle “ Bande Nere “, è incarcerato a
Palmanova e “, interrogato con torture ,non pronunciò una sola parola che si riferisse
all’organizzazione delle formazioni patriottiche ed agli uomini che le componevano ” (*) . Non gli
fu risparmiata neppure l’impiccagione per le braccia.(**) Da Palmanova il 17 febbraio viene
trasferito nel carcere di Udine di via Spalato .
In Udine l’11 febbraio 1945 vi fu una rappresaglia delle S.S. che scelsero casualmente 11 vittime
proprio in questo carcere .L ‘eccidio avvenne presso il muro della porta est del cimitero S . Vito di
Udine dove ora si trova la lapide in memoria.
Il 24 febbraio 1945 ,con il trasporto 121, viene deportato nel Campo di sterminio di Dachau dove
giunge circa alle ore 10 del 28 febbraio .Col il numero di matricola 142334, viene assegnato prima
al blok ( baracca ) 19, stube ( stanza ) III, poi, quando inizia il lavoro forzato , al blok 22.
Compagni di sventura ,nel trasporto 121, vi furono ,tra gli altri, : il dott. Faustino Barbina, Paolo
Spezzotti, il prof. Violino Giuseppe, Don Erino D’Agostini, Don Albino Fabbro , Don Eugenio
Marin,il dott Giovanni Agnoli, Toniut Guido, Tomadini Giuseppe, l’avv. Egidio Zoratti . E anche
Giorgio Morocutti e Federico De Pauli che non tornarono.
Dopo immense sofferenze, vivo per miracolo ,è tra i pochi superstiti liberati dagli americani della
7^ armata il 29 aprile 1945. Il 27 maggio , con un’ autocolonna comandata da un tenente colonnello
americano, è trasportato da Dacau a Bolzano e, da qui, a Udine con un automezzo della
Commissione Pontificia di Assistenza dove giunge il 29 maggio alle ore 16 circa in piazzale 26
Luglio ( Tempio Ossario) . Pesa 41 Kg.
Nel dopoguerra per nove anni ( dal 1945 al 1954 ) è Direttore dell’Ufficio Provinciale del Lavoro
prima ad Udine, poi a Grosseto. Sua grande gioia è la nascita della figlia Lauretta il 15 dicembre
1946 . Iscritto all‘Albo dei Dottori Commercialisti dal 25-05-1955 svolge la sua attività come libero
professionista nella provincia di Udine . Dal 1955 al 1970 è insegnante presso gli Istituti
Professionali e Tecnici “P.Valussi “ e “ B. Stringher “ di Udine. E’ presidente della Cooperativa
“Fides “ di Torviscosa da lui fondata, e ricopre incarichi amministrativi nelle cooperative “Costiva “
e “Scarico merci ferrovie “ di Udine e provincia. E’ tra i primi a far parte della costituita
Associazione Nazionale Ex Deportati Politici (ANED), dove , fino quasi agli ultimi anni di vita , si
è prodigato in numerosi incarichi amministrativi fra cui quello di Revisore dei conti dell’ANED
Nazionale.
Muore a 93 anni e mezzo il 16 luglio 2000 a Scorzè (VE). Il suo nome è nella lista dei deportati K.
Z. a Dachau sulla Gazzetta Ufficiale della R .I. n. 130 del 22-05-1968 , pag.179 con il numero
122056.
(*) dall ‘ “ Attestato di servizio del patriota Zamparo Alfonso (Liviano) “– firmato: il comandante
del BTG. “B.Cormor” A.Minin Diaz -. S.Giovanni 10-06-1945.
(**) al presente diario è allegata copia degli atti del processo in cui mio padre ha testimoniato le
torture subite nel carcere di Palmanova
DACHAU, li 9-5-45
Il primo pensiero di questi brevi appunti ,tracciati nella non più troppo triste prigionia del campo
di concentramento di DACHAU, va alla mia cara Livia , la mia sposina affettuosa , che lasciai
desolata e sola in quel lontano 19-12-1944, data del mio arresto. Con tale pensiero voglio ed intendo
salutare la mia sposa, baciarla,stringerla spiritualmente al mio cuore e dirle tutto il mio smisurato
affetto.
Il secondo pensiero , non meno intenso del primo, corre alla buona vecchietta che vive a Tarvisio:
alla mamma santa. Ella ha sofferto e pianto fortemente durante questi mesi. E ne aveva ben
ragione:nell’altra guerra tre figli ,ancora giovinetti, perdettero la vita per lo scoppio di una bomba;
in questa i due maschi , già uomini fatti ,si sono buttati nella lotta partigiana per la Patria
immortale , ed hanno sofferto pene enormi , facendone soffrire non meno intense ai familiari. Qui
perciò voglio salutare e baciare la buona mamma e dirle, con la voce del pensiero , che sono ancora
vivo e che presto ritornerò in Patria per abbracciarla.
Pensieri , non meno affettuosi , vanno al buon papà , vecchio di ferro , che soffre in silenzio e tenta
sempre di rincuorare tutti , pur sentendo lo strazio nel proprio cuore; alla cara e santa sorellina
,paziente fidente in Dio e nel suo onnipossente aiuto ; al rude fratello, a Rodolfo ,” Davide delle
bande partigiane”, combattente dalla tempra di ferro , che dovette ramingare assai per le montagne
della nostra Carnia e poi sparire senza poter dare più notizie di sè. Sarà vivo o avrà raggiunto la
schiera degli eroi? Non voglio pensare a cose brutte e abbraccio anche il nostro Ninat (*) assieme a
tutti , con la certezza nel cuore di essere presto fra i miei cari.
Passiamo ora a fissare qualche scena o fatto ,presente e passato, senza ordine cronologico della
triste vita del campo di Dachau. Dire tutto non si può ,anche perché la mente è restia a percorrere a
ritroso un ben triste cammino. Ma prendiamo intanto il presente e con la data fermiamo la mente un
istante.
Siamo al 9 di maggio . Ieri è stata celebrata la prima festa della vittoria! La Germania non esiste
più, la superba, la prepotente, la grande Germania è stata domata e dominata. Un mondo nuovo
sorge e un altro precipita nel baratro del nulla. Quel beato mortale che non ha avuto la sventura di
conoscere a fondo il vero volto del tedesco , può fermarsi serio e preoccupato di fronte allo sfacelo
del mondo tedesco-nazista, ma chi ha la triste esperienza e conoscenza della realtà, grida felice di
fronte a questa giustizia di Dio.
Ieri 8 maggio è stata ,anche nel campo ,celebrata la festa della vittoria. Abbiamo avuto la visita
dell’ambasciatore degli Stati Uniti presso il governo di Parigi. La cerimonia si è svolta con tutta
semplicità e schiettezza. Come siamo lontani dalla gazzarra artificiosa delle cerimonie fasciste! In
Italia vi erano solo evviva ,battimani e urla comandati a bacchetta; qui, nessun apparato imponente ,
ma solennità e compostezza. Ho visto il vero volto della democrazia, dove la distanza morale e
spirituale degli uomini è ridotta ai minimi termini. L’alto personaggio ha rivolto brevi parole. Parole
veramente brevi :una trentina in tutto ; siamo lontani ormai dai paroloni degli imperatori testemorti. Ringraziò commosso dell’accoglienza; disse che gli Stati Uniti aiuteranno tutte le nazioni nel
campo rappresentate e terminò accennando al rimpatrio di tutti i prigionieri del campo che ,per suo
personale interessamento , dovrebbe avvenire nel minor tempo possibile. Auguriamoci che questo
minor tempo sia veramente breve e si riduca a questo mese soltanto. Questa vittoria è stata una
vittoria anche della nostra Patria sia pure per un tantino soltanto. Con essa l’Italia si è liberata
dall’idra fascista. Il prezzo che ha dovuto pagare è stato rilevante , forse troppo alto, ma gli italiani
di buona tempra , capiscono la loro colpa e sono pronti a recitare il mea culpa senza,del resto,
umiliarsi e ridursi allo stato di servilismo spirituale verso le altre nazionalità. Riconoscere la propria
colpa può essere , anche per la collettività nazionale, indice di sanità mentale e morale. Noi italiani
veri abbiamo la colpa riflessa : abbiamo troppo tollerato , troppo pazientito , ci siamo lasciati
imbrigliare da quattro manigoldi in camicia nera. Ci siamo sollevati tardi , ma ci siamo sollevati.
Abbiamo patito e sofferto , più ancora patiremo e perciò la vittoria è un po’ anche nostra.
---------------------------------------------(*) Ninat :diminutivo familiare di Rodolfo
DACHAU 13-5-1945 – Domenica
[...] Ma riandiamo al passato! O meglio, fissiamo il presente perché meglio risalti il triste tempo del
dominio nazista. Siamo arrivati a pane e zuppa a volontà!! Insisto sul vitto come pietra di paragone.
Ieri sera ho avuto , tra pane del giorno e companatico serale , tanto quanto era il vitto giornaliero per
otto giorni . La fetta di patè o salame in regime SS era 1/8 del pezzo consegnatomi per il solo pasto
di ieri sera e nella giornata ho avuto un pane intero di kg. 1 tanto quanto serviva per la razione
giornaliera di 8 uomini. A parte che la zuppa ora ha una quantità di condimenti e di generi
alimentari che può calcolarsi di gran lunga superiore a quanto somministravano in otto giornate, si
può mettere il vitto del giorno d’oggi pareggiato a quello di dieci giornate in regime SS.
Questo può dirsi il quadro culinario ma , vicino ad esso, vi è quello morale e spirituale che ha un
valore anche superiore o perlomeno uguale, perché la fame porta alla lotta per la vita e trascura o
cancella ogni spiritualità di essa. E’ l’esistenza che viene posta in ballo: lo spirito si affievolisce
all'unisono con le forze morali. Rubare delle patate da un carro che passa ;togliere da tasca il tozzo
del pane al compagno di giaciglio ; raccogliere dall’immondezza le bucce delle patate o delle rape ;
vedersi togliere dalla mano con violenza la razione appena avuta, facendoti saltare totalmente il
pasto, sono scene che non tengono conto di alcun senso morale , ma badano esclusivamente alla
conservazione della propria vita materiale.
Lo spirito e la mente sono di nuovo in atto , sia nel campo della convinzione religiosa che in quello
del partito politico. Le bandiere, la croce gigantesca che si erige maestosa sullo sfondo del viale
centrale, gli altari accostati alle testate delle barricate, le funzioni, le Messe , i rosari e ancora le
musiche, i cori, le riunioni di nazionalità e di partito, i giornaletti redatti a cura dei vari comitati
nazionali, i libri che si vedono nelle mani di certi internati, sono tutti segni inconfondibili
dell’attività di vita spirituale davvero siamo tornati uomini !!
Prima della liberazione queste cose erano bandite. Ognuno di noi aveva sempre davanti agli occhi
l’incubo dei pugni , calci e bastonate dei capoccetti e degli stubisti ; aveva nelle orecchie l’eco dei
colpi presi dai compagni e sentiva il ripetere continuo delle parole minacciose, delle urla violente,
rauche, lugubri dette e ridette dai capi e dai soliti stubisti. Neppure la notte si poteva dire di restare
tranquilli . Molte notti nelle ore più varie si sentiva il terribile aufstehen !! ( in piedi ) il rauss !!
( fuori ) gutturale ripetuto con rabbiosa forza e accompagnato da nervate, spintoni violenti ,
pedatoni alle gambe e agli stinchi.
E non importava che fuori il tempo fosse inclemente: molte volte pioveva a dirotto, l’aria sferzava
fredda e violenta, le carni poco o nulla coperte. Scarpe rotte o addirittura mancanti non erano motivi
di esenzione , anzi una volta ci obbligarono ad uscire scalzi e nevicava. La ragione di queste sveglie
notturne non si sapeva mai . Alle volte contavano e ricontavano gli uomini inquadrati per file di 10
e divisi per stube in ogni blocco ; altre volte non contavano neppure: i capi stavano al riparo e noi a
battere i denti e i piedi dal freddo. Dopo un certo tempo , che alle volte era di 10 minuti soli , altre
che si protraeva anche per 2 ore, ci facevano rientrare. Ci mettevamo nuovamente a letto, bagnati
fradici e non si arrivava neppure a scaldarsi che venivano le 4.10 , ora canonica della sveglia. Dieci
minuti al massimo dovevano essere sufficienti per essere in riga nel lungo cortile interbaracca. Il più
spesso l’acqua per bagnarsi il viso non c’era, altre volte si sentiva correre entro i lavandini , ma la
porta era chiusa……quando si poteva arrivare al rubinetto uno spintone ti spostava dopo aver
bagnato una sola mano : erano in media 700 e più uomini che anelavano a bagnarsi gli occhi in quei
5 e meno minuti di tempo che avevano a disposizione.