psicologia dell`orientamento scolastico e professionale

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psicologia dell`orientamento scolastico e professionale
INSEGNAMENTO DI
PSICOLOGIA DELL’ORIENTAMENTO SCOLASTICO E
PROFESSIONALE
LEZIONE II
“LA PSICOLOGIA CULTURALE ”
PROF. SSA M. BEATRICE LIGORIO
Psicologia dell’orientamento scolastico e professionale
Lezione II
Indice
1
Psicologia culturale -------------------------------------------------------------------------------------- 3
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
(L. 22.04.1941/n. 633)
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Psicologia dell’orientamento scolastico e professionale
Lezione II
1 Psicologia culturale
La psicologia culturale nasce dalla premessa che l'esperienza umana è per sua natura sociale
e situata: nessuno è privo di un ambiente culturale, di un caratteristica rete di saperi e di pratiche
che producono la sua personalità. Bruner ritiene che le scienze cognitive abbiano perso di vista gli
intenti iniziali che consistevano nel definire il "sapere" come concetto centrale della psicologia: non
stimoli e risposte, non comportamenti osservabili, non istinti biologici e loro trasformazioni, ma
saperi. In luogo dell'elaborazione dell'informazione, Bruner propone una scienza mentale centrata
sui processi attraverso cui personalità e cultura sono costruiti e negoziati all'interno di una
comunità. L'attenzione viene quindi rivolta al processo formativo più che alla valutazione
quantitativa. La comprensione della mente deve considerare gli effetti derivati dalle credenze, dai
desideri, dagli intenti e dalle influenze indotte dall'ambiente. Gli individui operano all'interno di una
realtà che influenza la costruzione dei saperi e ne viene a sua volta influenzata. Il processo di
costruzione assume la forma di una trama narrativa, letta alla luce del mondo simbolico che si
evolve e si arricchisce quando il nuovo viene assunto dalla tradizione senza distruggerla. La vitalità
della cultura, e degli individui che vi appartengono, consiste pertanto nella capacità di risolvere
conflitti, comprendere differenze, rinegoziare significati. Il suo veicolo più significativo e
rappresentativo è il linguaggio: viene attivato tramite un'interazione con altri parlanti fino ad
assumere le funzioni comunicative e formali della reiterazione culturale. La visione dinamica e
interattiva che ispira la psicologia culturale prospetta una più consapevole presa di coscienza delle
relazioni tra individui e società: conoscere se stessi, gli altri e il mondo significa prendere parte ad
un processo di scelte e di ricostruzioni continue.
Fu lo psicologo ed antropologo americano Douglass Price-Williams -- oggi professor
emeritus al Dipartimento di Psichiatria e Antropologia dell'Università di California a Los Angeles -uno dei primi a proporre il termine di "cultural psychology" in una sua conferenza a Honolulu nel
1978, in occasione di un convegno sull'approccio interculturale (Price-Williams, 1979). Più tardi, lo
stesso Price-Williams ritornò sul tema, sottolineando come l'approccio interculturale, sia in
antropologia che, a maggior ragione, in psicologia, dovesse basarsi su una "psicologia culturale"
che ne legittimasse i fondamenti (Price-Williams, 1985).
Ciò nonostante, la cultural psychology anglo-americana rimane ancor oggi strettamente
legata a preoccupazioni comparativistiche tra diverse culture: il problema della "diversity" continua
Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore
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ad essere una preoccupazione maggiore per la società nordamericana e le sue imprese educative
(cfr. Cole, 1996; Shweder, 1991; Stigler et al., 1990). Anche Jerome Bruner (1990) adottò il
termine di psicologia culturale, le sue preoccupazioni però rimangono legate alla problematica della
diversità culturale e del confronto tra culture.
È soprattutto in Europa centrale che la psicologia culturale prende progressivamente forma
come disciplina autonoma, distinta dalla psicologia interculturale e intesa come studio del rapporto
tra l'individuo e la sua cultura. Già nel 1957 all'Università Cattolica di Nijmegen fu istituita una
cattedra speciale in cultuurpsychologie e psicologia delle religioni, alla quale fu nominato l'illustre
religioso e psicologo olandese Han Fortmann. Il progetto di allora era però soprattutto di
promuovere un approccio "scientifico" allo studio delle religioni, e la psicologia culturale
mitteleuropea rimase a lungo assorbita dalle problematiche del vissuto religioso.
Molto più tardi, grazie anche alla progressiva secolarizzazione degli incarichi accademici
all'Università di Nijmegen, prese forma verso la metà degli anni '90 il Nijmegen Cultural
Psychology Group, che contribuì a ricentrare la psicologia culturale sulla problematica dello
sviluppo dell'identità quale nodo di articolazione tra cultura e individuo. La psicologia culturale
europea ha forti legami con la psicoepistemologia genetica piagetiana, della quale condivide
l'approccio genetico e costruttivista.
Importante è anche il contributo di Michael Cole, che unisce la costruzione di una robusta
teoria della cultura come insieme di processi di mediazione, riprendendo l'approccio della scuola
russa ed in particolare Vygotskji, con la conduzione di studi sul campo che fanno ormai parte della
storia della psicologia. Tra questi ricordiamo in particolare i lavori degli anni sessanta sulla
memoria tra i bambini Kpelle, una popolazione di coltivatori di riso stanziata nella Liberia centrale,
che portò non solo alla comprensione del ruolo che le agenzie di socializzazione giocano nella
acquisizione di particolari classi di conoscenza ma anche ad una più generale chiarificazione delle
caratteristiche e dei limiti della ricerca cross-cultural. Se la mediazione della cultura, attraverso gli
artefatti, permea tutti i processi di apprendimento, comprensione e comunicazione, allora ogni
confronto tra ambienti culturali differenti esigerà che le categorie di analisi siano riformulate a
seconda degli ambienti culturali coinvolti. Il contributo di Cole alla psicologia culturale è di grande
rilievo, come si evince dal volume "Cultural psychology: a once and future discipline" del 1996 che
contribuisce anche a dare l'avvio allo sviluppo recente degli studi ergonomici che vede gli ambienti
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di lavoro come caratterizzati da particolari sistemi di mediazione, sia fisica che ideale. Di qui
partono gli studi di Internet come ambiente di mediazione e della cooperazione come azione e
conoscenza culturalmente distribuita.
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