ca al Mezzogiorno - Corriere del Mezzogiorno

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ca al Mezzogiorno - Corriere del Mezzogiorno
MEZZOGIORNOECONOMIA
III
LUNEDÌ 16 SETTEMBRE 2013
Sviluppo & territorio
Dove va l’auto del Sud
Primo piano
Maurizio Landini (Fiom Cgil)
Come è accaduto
in Serbia, Brasile e Usa,
tocca al governo intervenire
per chiedere
a Fiat di fare di più
produttivi campano e lucano non ci si limiti alle piccole cilindrate»
ca al Mezzogiorno
tori e a Melfi siamo lontani dalla piena occupazione»
Melfi
Pomigliano
Termini Imerese
Lo stabilimento è troppo
«Panda dipendente»
Il futuro si giocherà
con la 500 X e la Mini Jeep
S
L
A venti mesi dalla chiusura
si apre uno spiraglio: anzi 4
A
i potrebbe dire che lo stabilimento Fiat di Pomigliano è «Panda
dipendente». Se il modello del segmento A della casa automobilistica torinese va bene, allora i lavoratori, gli attuali 3.150 in organico,
possono dormire notti tranquille e pensare a un futuro più roseo. Non
a caso la missione produttiva della Panda, trasferita dalla Polonia al
sito campano nasce sostanzialmente per «salvare» lo stabilimento partenopeo. Missione produttiva avviata a Pomigliano dopo aver raggiunto l’accordo sindacale (senza Fiom) che per la prima volta nella storia
della Fiat e dell’industria italiana ha sancito nuove regole, successivamente recepite dal Contratto collettivo di gruppo. Ovviamente una
«scommessa» che Fiat ha recepito fino in fondo, tanto da trasformare
la fabbrica in una delle più avanzate d’Europa. Non a caso lo scorso
luglio lo stabilimento ha ottenuto la medaglia d’oro per il World class
manufactoring, raggiungendo il primato tra le fabbriche italiane del
Lingotto. Il Giambattista Vico è il primo stabilimento italiano a essersi
aggiudicato la medaglia Gold del Wcm, che abbraccia la sicurezza,
l’ambiente, la manutenzione, la logistica e la qualità. L’impianto, al
centro della cruciale revisione dei rapporti di lavoro, è stato infatti
radicalmente riattrezzato con uno sforzo tecnologico considerevole e
l’adozione di sistemi produttivi all’avanguardia. Dal punto di vista tecnologico l’impianto è altamente automatizzato, come è testimoniato
dal centinaio di robot Comau di ultima generazione (a polso cavo)
capaci di effettuare oltre 500 punti di saldatura in pochissimi minuti.
Ma a Pomigliano non ci sono solo «macchine che costruiscono macchine». L’impianto è popolato dalle persone per la cui formazione sono
state svolte oltre 200mila ore di «lezione» con l’obiettivo di migliorare addestramento e capacità al fine di aumentare la qualità anche attraverso il know-how e la motivazione. È stato messo a punto un programma teso a individuare le professionalità giuste per la corretta
mansione. La decisione di puntare sulle risorse umane è una delle primarie linee strategiche che hanno guidato il rinnovamento di Pomigliano e tutta l’operazione Panda. Il personale è stato coinvolto in molte fasi: dalla industrializzazione alla messa a punto dei cicli produttivi
delle vettura, fino all’organizzazione delle postazioni di lavoro. Dai lavoratori sono giunti migliaia di suggerimenti tesi a migliorare le condizioni di lavoro, l’efficienza delle operazioni, la riduzione delle possibilità di errori di montaggio con benefici diretti sulla qualità finale dell’auto. Sono state escogitate soluzioni atte a prevenire gli eventuali difetti.
Non a caso gli uomini della ricerca e dello sviluppo di Fga sono fisicamente presenti nello stabilimento e lavorano a contatto con i cosiddetti tecnologi di linea. Le vetture prodotte giornalmente, in questo momento, sono 735. Ma se il mercato dovesse riprendere come nelle
aspettative, a regime si potrebbe arrivare a realizzare poco più di mille esemplari ogni giorno. A livello europeo la Panda è — ex aequo
con la 500 — prima nelle vendite del segmento A. A livello italiano
invece è prima in assoluto nel suo segmento. Ovviamente il futuro
dello stabilimento è legato a quello della Panda. Finché il modello
avrà successo non si prevedono cambiamenti. Insomma è una vera e
propria sfida quella delle tute blu di Pomigliano e soprattutto del management del Lingotto. Ma anche del nuovo direttore di stabilimento
appena insediatosi a Pomigliano. È Carlo Materazzo , giovane ingegnere in carriera proveniente dallo stabilimento Sevel (Val di Sangro)
dove si produce il Ducato. Un cambio di direzione dopo otto mesi che
rispetta la logica di Fiat di far cambiare stabilimento con frequenza
per acquisire sempre maggior esperienza. Il predecessore, con la stessa logica, infatti è stato destinato all’avviamento del secondo stabilimento brasiliano attualmente in costruzione a Pernambuco.
a 500 X e la nuova Mini Jeep sono i prototipi del segmento commerciale B sui quali lo stabilimento Sata di Melfi si gioca il suo
futuro con Fiat. Sono definite B-Cuv, compact utility vehicle. Le prime
a fuoriuscire dalle officine di Melfi saranno quelle del marchio Jeep,
alla fine di quest’anno. Nella primavera 2014 è prevista la loro commercializzazione. Poi toccherà alla nuova versione della 500. La loro produzione era stata annunciata lo scorso anno dall’amministratore delegato
della Fiat Sergio Marchionne. Un programma di investimenti che si
aggira attorno al miliardo di euro, per riconvertire una delle due linee
di produzione dello stabilimento, ma che, in cambio, ha visto i 5 mila e
541 dipendenti (di cui 5.056 operai, 411 impiegati e 74 quadri) costretti
alla cassa integrazione straordinaria, a rotazione, per due anni, a partire dal febbraio scorso. Un destino che accomuna i lavoratori lucani a
quelli piemontesi di Mirafiori, per i quali la Fiat ha chiesto la proroga,
dal 1˚ ottobre, della cassa integrazione straordinaria per la riorganizzazione dello stabilimento. A Melfi la nuova linea è pronta a lavorare su
quattro modelli diversi di automobile, dopo la realizzazione di una nuova sala metrologica nel reparto stampaggio, nuove linee di produzione,
nuovi robot e ampliamento sala metrologica nel reparto saldatura, adeguamento del reparto verniciatura e massiccio intervento su quello di
montaggio. Ma finché la produzione dei due nuovi modelli non andrà a
regime, vale a dire dal 2015, lo stabilimento continuerà a marciare col
50% del personale, sfornando, nei tre turni, non più di 900 modelli
giornalieri, a fronte di una capacità produttiva di 370 mila vetture l’anno. Con un salario, ridotto del 30%, che arriva a 1.200 euro, assegni
familiari compresi. Per altri due anni proseguirà sull’altra linea la costruzione della Grande Punto, modello che ha trainato vendite, produzione e lavoro fino allo scorso anno (173 mila esemplari) ma che nel
2013 è stato venduto meno (la produzione si è fermata a 80 mila modelli ed entro la fine dell’anno si assesterà attorno ai 100 mila).
La produzione della Grande Punto è il nodo cruciale dello stabilimento. L’auto, dopo il 2015, andrà fuori produzione. E a Melfi nessuno
sa cosa accadrà. «Viviamo nell’incertezza — spiega il segretario regionale Uil, Carmine Vaccaro — non conosciamo i programmi di Fiat sulla "Cinquecentona", la vettura che sostituirà la Punto. Dal Salone di
Francoforte sono arrivate voci sulla possibile distribuzione della produzione della nuova auto in Polonia e Serbia. Noi chiediamo di portare
qui la produzione assieme a quelle della 500L e 500X, perché lo stabilimento di Melfi ha tutte le carte in regola per lavorare su tutti i modelli
del segmento B». Con la somma di queste produzione, Melfi sfornerebbe 1.600 esemplari giornalieri, altrimenti «nel 2015 — aggiunge Vaccaro — rischiamo che il 50% del personale sia dichiarato in esubero, perché la produzione di 500 X e Mini Jeep non supererà i 240 mila modelli
all’anno». Più sereno il dirigente nazionale della Fim Cisl, Leonardo
Burmo: «Gli investimenti sono stati fatti e Melfi rimane lo stabilimento
tecnologicamente più avanzato del gruppo. I segnali, nonostante la crisi, sono confortanti. Non siamo certo ai livelli del passato, dove si arrivava a produrre 400mila vetture all’anno, ma siamo sulla strada giusta
per il futuro». Di tutt’altro avviso è invece Emanuele De Nicola, segretario regionale della Fiom Cgil: «Il piano di investimenti non dà certezze. Al termine della produzione della Punto si rischia l’esubero di migliaia di lavoratori, che raddoppiano se si considerano gli oltre 3 mila
dell’indotto. Gli operai sono sottoposti a turni sempre più stressanti e
non c’è trasparenza nella gestione della cassa integrazione, per la quale
chiediamo da tempo un registro. Il futuro di Melfi e della Fiat in Italia
va discusso col governo. Per uscire dalla crisi bisogna pensare all’auto
del futuro e al trasporto pubblico sostenibile».
PAOLO PICONE
GINO MARTINA
FABIO SCAVUZZO
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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Chi va a Roma prende la poltrona
ssolutamente vietato cantare vittoria, ma l’estate che sta per concludersi porta con sé segnali di ottimismo sul fronte della Fiat di Termini Imerese, chiusa venti mesi fa. Sono giorni cruciali per il destino dei circa
1.300 ex dipendenti del Lingotto (gli esodati sono 640) — 1.200 quelli tutt’ora in cassa integrazione, che scade a dicembre, mentre un centinaio sono gli operai delle fabbriche dell’indotto che usufruiscono della Cig in deroga — visto che entro il mese è previsto un nuovo tavolo al ministero
dello Sviluppo economico per dare seguito ai passi in avanti delle scorse
settimane. Poco più di un mese fa, infatti, dall’ulteriore scouting avviato
dal Governo nazionale e dalla Regione siciliana sono emersi quattro progetti imprenditoriali «in stato avanzato» per «un’operazione di attrazione
di investimenti» che sta iniziando a dare i suoi risultati. All’incontro, presieduto dal sottosegretario al ministero dello Sviluppo economico Claudio
De Vincenti, hanno preso parte il presidente della Regione Rosario Crocetta, il sindaco di Termini Imerese Salvatore Burrafato , esponenti di Confindustria Sicilia, il responsabile delle Relazioni industriali di Fiat Pietro De
Biasi, sindacati nazionali di categoria e territoriali. Nell’occasione De Vincenti ha confermato l’interesse per lo stabilimento siciliano da parte di
aziende attive nel settore dei carburanti di seconda generazione, in quello
della trasformazione di motori per autobus da normali in ibridi e dei generatori a biomasse. Crocetta, da parte sua, ha annunciato la presentazione
di nuovi progetti industriali nel campo dell’energia verde. I rappresentanti
dei lavoratori hanno insistito, soprattutto, sulla necessità di non procedere
ad alcun licenziamento e di ottenere un prolungamento della Cig, con il
ricorso alla deroga, proprio per consentire il decollo dei progetti di nuova
industrializzazione. Spiragli aperti anche dalla Fiat, che ha dato la disponibilità a non procedere alla messa in mobilità e a richiedere, a partire da
gennaio 2014, la Cig in deroga. «Dopo tanta incertezza — ha detto De
Vincenti — finalmente entriamo nella fase di realizzazione degli investimenti. E la risposta positiva di Fiat alla nostra richiesta di attivare ammortizzatori sociali anche per il 2014 rappresenta un ulteriore elemento utile a
rasserenare il clima». Del resto, a quasi due anni dalla chiusura dello stabilimento che nei tempi d’oro occupava oltre 3.200 persone compreso l’indotto, Termini fa i conti con una realtà amara: sono 3.500 i posti persi nel
2012, 54 le attività imprenditoriali chiuse, crolla anche il numero dei residenti (-6,5% rispetto all’anno precedente). E inoltre, secondo i dati forniti
dal sindaco Salvatore Burrafato, la chiusura della Fiat ha avuto sul Pil dell’Isola un impatto negativo dello 0,46%, con la perdita di 825 milioni di
euro. «Dell’Accordo di Programma, sottoscritto nel febbraio 2011, restano
ancora in campo — sottolinea Burrafato — Biogen Termini Spa e New
Coop che prevedono il reimpiego di circa 140 addetti. Le nuove proposte
giunte al tavolo del dicastero di Via Veneto sono: Mossi e Ghisolfi (azienda leader nel settore bio-carburanti di seconda generazione) e Landi Renzo (azienda che opera nella produzione di impianti a gas Gpl e gas metano). L’azienda di biocarburanti occuperebbe circa 250 addetti. L’azienda
Landi Renzo circa 100 lavoratori. A ciò va aggiunto anche il programma di
interventi promosso dalla Holding Radiomarelli messo in campo dal presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta che prevede l’occupazione
di circa 500 lavoratori». Nei giorni scorsi, infine, l’assessora regionale alle
Attività produttive Linda Vancheri si è recata a Roma per concordare col
ministero un calendario di incontri per accelerare gli interventi per Termini Imerese, «a cominciare — ha spiegato — dalla rivisitazione dell’accordo di programma alla luce delle nuove proposte da parte di investitori
disponibili a rilanciare l’area industriale e all’eventuale necessità di modificare la dotazione finanziaria». I dirigenti dei dicasteri dello Sviluppo e del
Lavoro hanno accolto la richiesta e si può quindi dire che sui tavoli ministeriali è tornato il dossier Termini Imerese.
a cura di Rosanna Lampugnani
L’uva tra ciliegia (destra) e olio (sinistra)
Nell’epoca delle grandi intese la Regina «unisce» l’offerta di primizie alla Camera
I
n primavera il centrodestra pugliese si presenta
alla Camera con le meravigliose ciliegie Ferrovia e l’appuntamento è ormai tradizione, parlamentari e commessi
se lo aspettano. In autunno è
il centrosinistra che si mobilita in senso agricolo per sponsorizzare l’olio. Quest’anno,
grazie al governo delle larghe
intese - finché regge - le due
fazioni sono diventate complici per illustrare e pubblicizzare quanto di più buono produca il Tacco, cioè l’uva. In questo caso si tratta di uva Regi-
na, prodotta nell’agro di Adelfia e, infatti, dalla cittadina del
barese a Montecitorio sono arrivati il sindaco, l’assessore all’agricoltura e anche il presidente della pro-loco. A fare gli
onori di casa, tra gli altri, i deputati Pd Colomba Mongiello e Dario Ginefra e i deputati Pdl Antonio Distaso e
Nuccio Altieri. Ben venga,
dunque, qualunque iniziativa
volta a presentare il «Made in
Puglia», ma (lo diciamo sommessamente) per un’efficace
azione di marketing forse ci
vuole altro. Per esempio è inte-
ressante ciò che si sta facendo
in Veneto: un network per l’innovazione vitivinicola, cioè
una rete tra operatori ritenuta
strategica per raggiungere
nuovi traguardi di qualità, tipicità, mercato. Se si tiene conto
— dati forniti da Mongiello
— che il 2013 si chiuderà con
un trend positivo per l’export
dell’agro industria (più 7%) si
capisce l’importanza del settore per tutto il Sud.
***
Dal Mezzogiorno arriva, intanto, una nuova proposta che
con uva e ciliegie non ha nulla
La delegazione di parlamentari
pugliesi con l’uva alla Camera.
A sinistra Sergio Boccadutri
a che spartire. Il deputato siciliano di Sel, Sergio Boccadutri, ritiene che si debba escludere la possibilitá, per chi è
stato condannato in via definitiva per corruzione, concussione o frode fiscale, di finanziare un partito. Insomma, no ai
soldi sporchi buttati negli emicicli di Camera e Senato e dunque ecco l’emendamento al testo di legge sul finanziamento
dei partiti, peraltro scandalosamente ancora in alto mare.
Ma a chi pensava l’onorevole
Boccadutri — palermitano
doc, tesoriere di Rifondazione
comunista prima, di Sel poi
— mentre scriveva le sue righette? L’autore dell’emendamento ha dichiarato: non c’entra niente Silvio Berlusconi !
***
Intanto va avanti, anche se
con molta fatica, la norma per
ripristinare la commissione bicamerale contro la contraffazione. A distanza dio molti mesi dall’inizio della legislatura
si fa fatica a «partorire» una
struttura importante che molti risultati ha dato, negli anni
scorsi, nella battaglia contro i
marchi falsi, i cibi spazzatura
lanciati sui mercati nazionale
e estero, con il marchio italico.
A chi fa paura? O è una questione di spartizione di poltrone che impedisce il varo della
legge? Intanto giovedì scorso
sono scaduti i tempi per la presentazione degli emendamenti al testo e in questa settimana, salvo imprevisti, si svolgerà la discussione nella commissione Attività produttive, in
aula - salvo complicazioni - dovrebbe approdare lunedì prossimo.
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